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Puglia Top Wines Road Show: i 10 migliori assaggi a Milano

MILANO – Si è aperto ieri, con il banco di degustazione di 60 etichette al The Westin Palace e una buona risposta del pubblico, il Puglia Top Wines Road Show. Il “tour metropolitano” dei vini pugliesi a Milano, organizzato dal Movimento Turismo del Vino Puglia, prosegue fino al 17 novembre (qui il calendario), per promuovere le etichette dei soci di Mtv Puglia. Tra i 10 migliori assaggi di WineMag.it qualche conferma e qualche novità assoluta.

I MIGLIORI ASSAGGI DEL PUGLIA TOP WINES ROAD SHOW


VINI BIANCHI
– Salento Igt Verdeca 2018 “Askos”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR)
È della cantina rivelazione del Puglia Top Wines Road Show a Milano il vino bianco che convince maggiormente al The Westin Palace. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, si mostra generosa al naso, su ricordi esotici, agrumati e leggermente speziati. Alla cieca, potrebbe essere scambiato per un altoatesino.

In bocca una Verdeca che mostra di avere molte più carte da giocarsi della semplice freschezza. A convincere è tutta la linea di questa realtà brindisina, che ha avviato un progetto di ricerca, selezione e valorizzazione dei vitigni autoctoni pugliesi.

– Gravina Dop Bianco 2017 “Poggio al Bosco”, Cantine Botromagno (Gravina di Puglia, BA)
Una dama. Greco Mascolino, Greco e Malvasia per un vino riconoscibile tra mille nel panorama dei bianchi pugliesi. A un naso di mare e di frutta esotica polposa, abbina un palato di buona struttura, gran freschezza e sensazionale gastronomicità.

Una vera e propria chicca, frutto di un cru situato a 600 metri sul livello del mare; una zona incontaminata, al confine con il più importante polmone verde della Puglia Centrale, il Bosco Difesa Grande. Un vigneto impiantato nel 1991 con uve selezionate in collaborazione con l’Università di Agraria della Basilicata.

VINI ROSATI

– Salento Rosato Igp 2016 “Diciotto Fanali”, Apollonio (Monteroni di Lecce, LE)
Una vecchia conoscenza dei lettori di WineMag.it: la vendemmia 2015 è infatti tra i migliori 100 vini 2018 della nostra testata. La casa di Monteroni di Lecce si conferma ad altissimi livelli anche con la vendemmia 2016. Un Negramaro in purezza, vinificato in rosa, ottenuto da vecchie vigne ad alberello. Frutto, consistenza, struttura.

– Nero di Troia Igp Murgia Rosato 2018, Azienda Agricola Mazzone (Ruvo di Puglia, BA)
Altra nostra vecchia conoscenza, il “Dandy” di Mazzone. Fa parte della linea “Trendy”, con “Trousse”. Anche la vendemmia 2018 dimostra che, oltre al marketing, c’è la sostanza. Un rosato materico, che a una freschezza esemplare abbina il frutto croccante del vitigno (ciliegia, ribes) e un’ottima persistenza.

VINI ROSSI

– Castel del Monte Rosso Riserva Docg 2013 “Il Falcone”, Azienda Vinicola Rivera (Andria, BT)
Fuori di metafora, vino che annata dopo annata si conferma al top della produzione di vini rossi della Puglia, in termini di finezza, eleganza e tipicità. Ottenuta da una base di Nero di Troia, la Riserva di Rivera si rivela suadente al naso, su ricordi di viola e ciliegia. Corrispondente al palato, dove dà il meglio di sé in un quadro di ottima corrispondenza. Tannini finissimi, struttura importante ma non prepotente, ha una lunga vita davanti.

– Primitivo Salento Igt 2017 “Askos”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR)
Delicatezza, eleganza, potenza. Può un vino coniugarle? La riposta è nel calice di “Askos”, Primitivo giocato sulla sottigliezza dei sentori, più che sulla classica grassezza e polposità del frutto. Dopo un naso preciso e giocoso, tra ciliegie, mirtilli e cannella, il palato regala un sorso mutevole: l’ingresso è una spremuta, un frullato. Ma già in centro bocca, freschezza e tannino, uniti a ricordi di pepe, riportano la beva su canoni seriosi. Il finale è lungo ed elegante.

– Negroamaro Salento Igp 2015 Collezione Privata Cosimo Varvaglione, Varvaglione (Leporano, TA)
Eleganza e potenza per questo Negroamaro che fa parte della collezione privata di casa Varvaglione. Pregevole, al naso, la pulizia delle note fruttate spiccatamente mature, sferzata da richiami pepati, di spezie dolci e di liquirizia. Al palato il vino si conferma “importante” e strutturato. La freschezza compensa le note fruttate mature e la vena balsamica regala una beva corposa ma agile. Vino di assoluta gastronomicità.

– Salento Igt 2017 “Mlv”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR)
Il “taglio” con percentuale di vitigni internazionali più centrato del Puglia Top Wines Road Show di Milano. In questo caso Cabernet Sauvignon al 30%, completato da Primitivo (40%) e Negroamaro (30%).

Naso intenso e profondo, sui frutti di bosco e sulla spezia. Al palato rivela una struttura potente ma elegante. Il tannino tiene a bada la grassezza del frutto e la chiusura risulta così asciutta, giocata su pregevoli ritorni terziari, tra la liquirizia e il fondo di caffé.

– Castel del Monte Doc Nero di Troia 2017 “Violante”, Azienda Vinicola Rivera (Andria, BT)
Frutto abbinato a una struttura non banale per uno dei rossi di Rivera che conduce verso il top di gamma, costituito da “Il Falcone”. La base vitigno, del resto, è sempre il Nero di Troia. L’affinamento in cemento, dopo un naso floreale, fruttato e leggermente speziato, regala freschezza e piacevolezza al sorso.

– Nero di Troia Puglia Igp 2016 “Sico”, Cantine Le Grotte di Pasquale dell’Erba (Apricena, FG)
Giovane cantina fondata nel 2014 nella provincia foggiana. Mora netta al naso per il Nero di Troia “Sico”, con spolverate di spezia nera. Buona corrispondenza al palato, morbido e goloso, ma senza risultare banale. Buona anche la persistenza, su ricordi di erbe e macchia mediterranea.

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Nero di Troia Nature Rosè, Mille Ceppi e Parco Marano: assaggi di Puglia

Pensi alla Puglia del vino e si materializzano Primitivo e Negroamaro. In realtà, nel Tacco d’Italia, c’è un altro vitigno che merita grande attenzione: il Nero di Troia. Ne abbiamo assaggiati tre, in vendita in enoteca.

Lo spumante metodo classico Brut Nature Rosè 2013 di Alberto Longo, il Puglia Igt 2014 “Mille Ceppi” di Michele Biancardi e il Castel del Monte Doc 2014 “Parco Marano” di Giancarlo Ceci.

Autoctono pugliese, il Nero di Troia deve il suo nome alla cospicua presenza di polifenoli, composti che determinano il colore del vino. Talmente presenti da colorare di “nero” il vino ottenuto dall’uva di Troia. Tante, però, le differenze nei tre assaggi. Ecco i dettagli.

Spumante metodo classico Brut Nature Rosè 2013, Alberto Longo
Il colore invitante è il primo elemento che colpisce chi si accinge alla degustazione di questo spumante. Un rosa intenso, luminoso, spezzato come un fulmine da un perlage fine e persistente. Un ricordo tutt’altro che malinconico della vividezza cromatica dell’Uva di Troia.

Al naso, immediata la croccantezza del ribes, del melograno e della ciliegia. Sentori che ritroviamo anche in un palato fin da subito gustoso, tattile. Sembra di masticarla quella frutta, che s’impreziosisce nel finale di percezioni minerali, iodiche.

Il risultato è il perfetto equilibrio in uno spumante dal sorso mai troppo morbido o troppo acido. Il Rosè del compromesso. Quello che in pochi, in Puglia, sanno fare così bene. Un Bru Nature dritto, conciso, autentico. Bravo Longo, vero e proprio vanto enologico della città di Lucera (Foggia).

Nero di Troia Puglia Igt 2014 “Mille Ceppi”, Michele Biancardi
Ci spostiamo più a sud, a Cerignola. Restiamo dunque in Daunia. Il produttore consiglia un consumo precoce di questa etichetta: “Berla subito”. Noi arriviamo tardi (vendemmia 2014). E sarà forse per questo che “Mille Ceppi” non ci entusiasma appieno.

Intendiamoci: nessun difetto, il vino ha retto benissimo la guerra col tempo, è perfetto, privo di qualsivoglia difetto. Michele Biancardi lo produce da una selezione accurata dei migliori ceppi del suo Nero di Troia, affinati 8 mesi in anfore di terracotta.

L’effetto ricercato non è quello delle ossidazioni alla “georgiana”, anzi. Biancardi punta tutto sulla freschezza del “frutto”, tipica del vitigno.

L’anfora serve dunque a non snaturare il vino e a favorire una perfetta elevazione del varietale. Di fatto, a quattro anni dalla vendemmia, è “solo” il frutto che resta.

Oltre a una percezione zuccherina degna dei vini “commerciali”. Un prodotto che, certo, accontenta appieno chi cerca palati “morbidi” e facilità di beva. Ma bisogna poterselo permettere (costo attorno ai 20 euro).

Castel del Monte Doc 2014 “Parco Marano”, Giancarlo Ceci
Cambiamo provincia, rotta verso Sud. Ci fermiamo ad Andria, più esattamente in Contrada Sant’Agostino, per il racconto del Nero di Troia di Giancarlo Ceci.

Piccola premessa: questa cantina, all’ottava generazione, ci ha già convinto ampiamente al Merano Wine Festival 2017 (pur non risultando tra i migliori assaggi assoluti).

L’azienda di Giancarlo Ceci è Agrinatura e opera in regime biologico dal 1988. Nel 2011 il grande passo verso il biodinamico. Braccio destro di Ceci è l’affermato enologo Lorenzo Landi.

“Parco Marano”, a differenza dei precedenti, compie un passaggio in barrique di rovere francese (14 mesi), prima di un ulteriore affinamento in acciaio e in bottiglia. Il risultato è un Nero di Troia complesso ma sottile.

Il legno, utilizzato in maniera magistrale, non “uccide” il varietale. Anzi. Al naso si esaltano i sentori “terrosi” che costituiscono il fil rouge dell’intera produzione di Giancarlo Ceci. Un altro “vino vero” questo “Parco Marano”, frutto di una Puglia che ha tantissimo da dare all’enologia italiana. Anche in genuina purezza.

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