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Covid-19, appello dei Ristoranti del Buon Ricordo: “Tempo scaduto, sarà un disastro”

“I tempi sono scaduti! Se davvero i nostri locali dovranno rimanere chiusi per un altro mese in queste condizioni, sarà un disastro assoluto. Tanti di noi non riapriranno. Una volta tanto, sarebbe stato importante anticipare il problema, non rincorrerlo!”. Così, in una lettera inviata agli organi di stampa, i 103 ristoratori che fanno parte de L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, associazione che dal 1964 assicura “un viaggio tra i sapori e i colori della cucina italiana”. Un altro segnale preoccupante da un settore, quello della ristorazione, in ginocchio per via del lockdown dei decreti legati a Covid-19.

“Noi siamo da 56 anni ottimisti, vogliamo bene alla nostra Italia”, scrivono i ristoratori, divenuti celebri per l’omaggio dei piatti del Buon Ricordo a chi gusta il Menu del Buon Ricordo. “Faremo di tutto per non mollare. Ma da soli non possiamo farcela. Lo abbiamo detto in tempi ancora non così drammatici, ma nulla si è mosso”.

Il nostro è un grido d’allarme – si legge sulla lettera – che accomuna tutta la Ristorazione Italiana. Il Buon Ricordo grazie alla sua storia pensa di poter rappresentare le migliaia di colleghi sparsi per la penisola. Dateci un minimo di energia. Poi toccherà a noi di rimboccarci le maniche! W l’Italia, W la grande Ristorazione Italiana!”

All’inizio della lettera, i ristoratori del “Buon Ricordo” ripercorrono le tappe dell’emergenza Coronavirus. “Dal quel terribile 22 febbraio 2020 sono oramai trascorsi 38 giorni. Per tantissimi di noi ristoratori da quel momento gli incassi si sono azzerati. La paura ha iniziato a serpeggiare tra i clienti e gli eventi in programma sono stati tutti annullati. Subito abbiamo dovuto mettere il personale in ferie”.

Prima ci è stato ordinato di chiudere alla sera, poi di chiudere definitivamente quando oramai quasi tutti eravamo ovviamente già chiusi. Da allora sono passati giorni e settimane lunghissime. Tutto il Buon Ricordo, al pari dei colleghi della ristorazione italiana, ha aspettato aiuti rapidi e incisivi. Ancora nulla, eccetto una minima dilazione di pagamento delle tasse e contributi”.

“La cassa integrazione per i nostri dipendenti – precisano i ristoratori del Buon Ricordo – sta arrivando in queste ore. Nessun aiuto diretto da parte dello Stato a livello economico. I nostri colleghi all’estero ci fanno sapere di misure ‘importanti’ prese da governi come la Germania, la Francia, l’Ungheria. Per la ristorazione italiana, così come per la piccola e media impresa, quasi il nulla”.

Nel frattempo si moltiplicano in Italia le iniziative in sostegno della ristorazione. WineMag.it ha sposato quella, senza fini di lucro, nata dall’idea di un gruppo di giovani della provincia di Salerno. Il progetto, denominato Cucina Continua, mette in connessione i ristoratori con i clienti, sul modello dei Dining Bond in voga negli States.

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Agricoltura, Coronavirus “blocca” un milione di lavoratori stagionali nell’Ue

La chiusura delle frontiere scelta per fronteggiare Coronavirus “blocca” quasi un milione di lavoratori stagionali dell’agricoltura. Lo stima Coldiretti, nel ricordare le imminenti campagne di raccolta ortofrutticola. Dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Italia è allarme per l’Ue, che rischia di perdere quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore mondiale di alimenti per un valore si 138 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 22 miliardi.

La soluzione? “Dopo le merci – afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini – è necessario creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione Europea anche per la circolazione dei lavoratori agricoli”. A livello nazionale, l’associazione degli agricoltori chiede “una radicale semplificazione del voucher ‘agricolo’“.

L’obiettivo, per Coldiretti, è “consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.

I NUMERI IN EUROPA E IN ITALIA

A causa del Coronavirus, i 200 mila stagionali rumeni, polacchi, tunisini, marocchini e di molti altri Paesi che ogni anno contribuiscono ai raccolti primaverili francesi non potranno raggiungere il Paese e la Fnsea, la Coldiretti d’Oltralpe, è in allarme con il ministro dell’agricoltura Didier Guillaume che ha invitato quanti si siano ritrovati senza lavoro per via delle restrizioni imposte dal covid-19, ad “unirsi alla grande armata dell’agricoltura francese!”.

Il Ministro dell’Agricoltura tedesco Julia Kloeckner propone di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura i lavoratori del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di circa 300 mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni.

Un buco che pesa anche sulla Spagna rimasta, ad esempio, senza i soliti 10 mila lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole e  sta cercando nella popolazione nazionale come coprire questi posti vacanti e quelli delle campagne successive.

In Italia, su sollecitazione del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova è intervenuto per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne.

La proroga, secondo la circolare del Ministero degli Interni dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18.

“Un’esigenza che – sottolinea la Coldiretti – è stata resa più urgente dal caldo inverno che ha anticipato la maturazione delle primizie come fragole e asparagi proprio nel momento in cui la chiusura della frontiere per l’emergenza sanitaria ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di lavoratori dall’estero”.

IL DOSSIER IMMIGRAZIONE

Con il blocco delle frontiere alla circolazione delle persone resta però a rischio, sempre secondo le stime Coldiretti, più di ¼ del Made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370 mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero.

Si registrano infatti disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura. Fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti.

Secondo le elaborazioni Coldiretti, che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019 la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272).

Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia fino agli allevamenti e i caseifici della Lombardia.

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Voucher addio, vendemmia “in forse”: Coldiretti sul piede di guerra

Dall’idea di istituire voucher per il “noleggio” di “uno o due giorni di temporary export manager appositamente formati” nell’ottica di “internazionalizzazione delle aziende del vino italiano” – virgolettato da attribuire a Carlo Calenda, intervenuto nel settembre 2014 all’assemblea Federvini in qualità di vice ministro dello Sviluppo economico – all’abolizione totale dei voucher, votata giovedì dal Consiglio dei Ministri. L’Italia delle vendemmie si interroga, ora, sulle prospettive future.

“Occorre individuare immediatamente uno strumento ad hoc che sostituisca i voucher – tuona Coldiretti – e che tenga conto delle specifiche caratteristiche di stagionalità dell’agricoltura come avviene in tutti Paesi dell’Unione Europea”. E forse è proprio in questo senso che si sta muovendo il Governo. Il modello da imitare sarebbe proprio quello della Germania, dove in questi giorni si stanno riunendo molti imprenditori del vino italiano in occasione del Prowein di Dusseldorf. Una rivisitazione dei minijobs tedeschi, forma contrattuale studiata per il lavoro di breve durata o svolto in contesto familiare. Insomma, i voucher potrebbero semplicemente cambiare nome.

I VOUCHER DELLA DISCORDIA
Introdotti per la prima volta in agricoltura nel 2008, proprio in concomitanza con la vendemmia, i voucher sono stati negli anni criticati come “nuova forma di precariato”, per dirla con la Cgil.

“L’agricoltura nell’attività di preparazione dei terreni, di semine e trapianto di raccolta di ortaggi, frutta e uva è condizionata dagli andamenti climatici sempre più imprevedibili – evidenzia la Coldiretti – ed ha bisogno di strumenti che tengano conto di queste caratteristiche. Con la cancellazione dei voucher si mettono a rischio le produzioni agricole e si perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare 50 mila giovani studenti, pensionati e cassa integrati impiegati esclusivamente in attività stagionali che in agricoltura ne sono gli unici possibili beneficiari”.

“A differenza degli altri settori – continua Coldiretti – l’utilizzo dei voucher in agricoltura è rimasto pressoché stabile negli ultimi anni con circa 2 milioni di buoni venduti per un totale di 350 mila giornate di lavoro, che hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne. Si perde uno strumento che ha consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola, per il basso livello di burocrazia, con la domanda di lavoro di giovani studenti e pensionati in cerca di un reddito occasionale da percepire in forma corretta”.

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