Fuori da tutto, fuori dal caos. Il silenzio come regola d’oro. Che a parlare dev’essere il lavoro, la vigna. E infine il calice. Cascina Gnocco sembra aver trovato la formula magica per lavorare (bene) in una terra difficile come l’Oltrepò pavese. Una rivelazione maturata sacrificando un gioiello di rara bontà come il Pinot Nero “Nerone“, prodotto per sole due annate.
Un Noir vinificato in rosso che trova oggi, a 12 anni dalla vendemmia 2008, il suo compimento. In una parola, lo żènit dell’equilibrio tra un’estrema succosità, una rinvigorente freschezza e i preziosi sentori “terziari” che solo un lungo affinamento può regalare ai nettari più pregiati.
Un capolavoro che non esiste più nel “progetto Oltrepò” di Cascina Gnocco. La cantina di Mornico Losana (PV) guidata da Domenico Cuneo, ha infatti deciso di abbandonare la propria etichetta di Pinot Nero, per focalizzare la produzione sull’autoctona Mornasca.
Le uve del cru che un tempo davano vita a “Nerone”, oggi sono parte integrante della “Selezione Cotarella” di La Versa. Si tratta di cinque cloni da rosso (777, 943, 828, Mira 95 e Mira 3131) presenti in un singolo appezzamento, uno dei quali più ricco di antociani (le sostanze che determinano il colore del vino) rispetto alla media del vitigno.
Da qui il nome “Nerone”, assegnato a un Pinot Nero che, nonostante il consueto ed elegantissimo gioco tra trasparenze e rubino, si mostra più carico dei canoni cromatici e stilistici del re dei vitigni internazionali.
Con poca modestia – commenta Domenico Cuneo a WineMag.it – confermo a distanza di tempo che si tratta di un ottimo vino, ma la realtà è anche un’altra: le difficoltà e il sentirsi emarginato, perché in Oltrepò o fai parte della casta o sei nessuno, mi hanno portato ad abbandonare i tanti progetti che avevo in mente. L’unico che mi è rimasto riguarda la Mornasca: sono l’unico a vinificare questa rarissima uva e quindi non devo affrontare invidie e sarcasmi di nessuno”.
Il commento del titolare di Cascina Gnocco viaggia sul filo della malinconia e della voglia di rivalsa: “Faccio la miastrada, irta di difficoltà, ma fuori da istituzioni, Consorzi e quant’altro. Avendo abbandonato il progetto Pinot Nero, ho ancora qualcosa come 2-3 mila bottiglie di Nerone in deposito, per chiunque voglia assaggiarlo”.
“Nerone” è un vino nato e morto al vigneto dell’Ambrosina, due ettari allevati esclusivamente a Noir nel Comune di Oliva Gessi (PV), terra di alcuni tra i migliori Riesling oltrepadani. Esposizione a Nord e terreno gessoso ma fresco, per la presenza di falde acquifere non troppo profonde.
Un vino che sembra portare con sé la maledizione del quinto imperatore romano, morto suicida dopo 14 anni di regno. Incredibile come qualcuno, nella storia del vigneto dell’Ambrosina, abbia pensato di vinificarne le uve in bianco: un omicidio-suicidio enologico, paragonabile al gesto del capo di Stato Nerone, che incendiò la propria città, Roma.
“L’ho prodotto per 2 anni, nel 2007 e nel 2008 – spiega Domenico Cuneo – poi vinificato ancora per qualche anno e venduto sfuso, quindi praticamente ‘regalato’. Dal 2012 l’ho portato a Terre d’Oltrepò, dove sotto la guida di Cagnoni veniva vinificato in bianco. Negli ultimi anni, finalmente, con l’arrivo a Casteggio di Pietro Dilernia e della nuova direzione, viene vinificato in rosso. Fino all’attuale scelta di farne un cru“.
La produzione dell’appezzamento è bassa e varia molto di annata in annata. Si passa agilmente dai 95 quintali del 2019 ai 150 quintali di vendemmie meno recenti, con una media di 50-55 quintali per ettaro.
“La vinificazione – spiega il numero uno di Cascina Gnocco – veniva da me compiuta a temperatura non superiore ai 25 gradi per circa 8 giorni, in fermentini orizzontali con un paio di rimontaggi giornalieri, dopo la svinatura, sfecciatura in acciaio e un rapido passaggio in tonneau“.
Un onere che oggi spetta al numero uno di Assoenologi, Riccardo Cotarella e al suo staff di collaboratori di La Versa. Già, perché Nino Cuneo ha ormai in testa una cosa sola: la sua Mornasca, antico vitigno che ha recuperato dall’oblio, che come il Pinot Nero dà vini molto longevi.
“Un vino che non produciamo in tutte le annate – spiega – le ultime prodotte sono la 2016, già imbottigliata, la 2018 e la 2019 ancora in affinamento, con la prova in solo acciaio tuttora in corso sulla vendemmia 2018″.
La produzione si aggira sui 50-60 ettolitri di vino annui, grazie a un totale di soli 1,20 ettari. Oltre alla versione in rosso, Cascina Gnocco produce un Rosè Metodo Classico da uve Mornasca. Un altro gioiello che rischia di scomparire.
“Ho riscontrato una notevole difficoltà nel proporlo – ammette Domenico Cuneo – tanto da convincermi a chiudere la produzione con la vendemmia 2012, di cui ancora conservo 4 mila bottiglie sui lieviti, quindi più di 80 mesi”.
“In occasione dell’ultimo assaggio – chiosa Cuneo – mi sembrava un ottimo spumante, ma io sono di parte!”. Riassunto dell’ultimo virgolettato: cercasi brand ambassador per una cantina simbolo del terroir Oltrepò, che non vuole mollare, nonostante tutto e tutti. In alto i calici.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Bottiglie “fasciate” con la stagnola e lista “muta” dei vini in batteria. Tante conferme e qualche sorpresa alla degustazione alla cieca di vini dell’Oltrepò pavese organizzata dal Consorzio di Tutela oltrepadano. Ospiti del direttore Emanuele Bottiroli, abbiamo testato 57 referenze destinate agli scaffali dei supermercati italiani.
Quindici le tipologie: spumanti bianchi, rosati, Pinot nero vinificato in bianco, Pinot grigio, Bianco Provincia di Pavia, Riesling, Pinot nero vinificato in rosa, Bonarda, Rosso Oltrepò pavese, Pinot nero vinificato in rosso, Barbera, Buttafuoco, Moscato e, infine, Sangue di Giuda. Ecco dunque, suddivisi per categoria, i vini migliori per ognuna delle categorie. Al servizio Gaia Servidio, della Segreteria del Consorzio.
Spumanti bianchi (prima batteria): Brut Castel del Lupo s.a. Spumanti bianchi (seconda batteria): Gianfranco Giorgi 2013, Cantine Giorgi (vincitore assoluto di categoria)
Spumanti rosati (charmat): V.S.Q. Extra Dry Cuvée Eleonora, Giorgi Spumanti rosati (metodo Classico): Maison Royale 2012, Az. Agr. Tenuta Elisabet di Pagani Elisabetta (Terre Lombardo Venete Group) Spumanti rosati (menzione speciale): Rosé Mornasca, Cascina Gnocco
Pinot Nero vinificato bianco: Cantine Francesco Montagna (Broni)
Pinot Grigio e Bianco Provincia di Pavia: presenti solo – rispettivamente – La Diana di Cantine Giorgi e il Bianco di Tenuta Elisabet
Riesling: Giorgi 2015
Pinot nero vinificato rosa: Cantine Francesco Montagna (Broni)
Bonarda (batteria 2016): Bronis 2016, Terre d’Oltrepò (la spunta nel testa a testa con C’era una volta di Losito e Guarini); menzione speciale per La Brughera di Cantine Giorgi
Bonarda (batteria 2015, pari merito): Quaquarini e Conte Vistarino
Rosso Oltrepò Pavese: Avalon 2015, Tenuta Elisabet
Pinot nero in rosso: 7 stelle 2014, Az. Agr. Torti
Barbera: Az. Agr. Torti, vendemmia 2015; menzione speciale per Le Vignole della Società Agricola Fratelli Guerci di Guerci Claudio Cesare & C., Casteggio.
Buttafuoco: Quaquarini 2015
Moscato: Guarini per tipicità; La Signora 2016 di Castel Del Lupo (Calvignano)
Sangue di Giuda: Losito e Guarini
IL COMMENTO DEL CONSORZIO “Abbiamo registrato una grande adesione di aziende a questa degustazione con vinialsupermercato.it – dichiara il direttore Emanuele Bottiroli (nella foto, a sinistra), direttore del Consorzio di tutela vini Oltrepò pavese – sia perché è un media molto seguito, sia perché oggi la presenza in Gdo dei vini dell’Oltrepò pavese è ancora tutta da spiegare. Molte volte non viene percepita per come effettivamente si presenta a scaffale: ovvero con grandi produttori che abbinano un rapporto qualità prezzo eccezionale, e lo garantiscono al consumatore. Invece l’Oltrepò si vede ancora purtroppo per quei fenomeni di taglio prezzo sui quali anche il Consorzio è concentrato, con l’obiettivo di renderli sempre più un fenomeno residuale, accendendo l’attenzione rispetto alla qualità che invece in grande distribuzione organizzata i produttori, in particolare quelli di filiera, portano con le loro referenze”.
“Referenze – continua Bottiroli – che partono dal Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc che all’anno rappresenta 23 milioni di bottiglie, per finire poi in altri ambiti di alta gamma, rappresentati dal Metodo classico, dal Pinot nero e da vini dal profilo qualitativo molto interessante come il Buttafuoco e il Buttafuoco storico, che in Gdo si colloca quasi alla stregua dell’enoteca. Per non dimenticare i Riesling, venduti a un rapporto qualità prezzo vantaggioso per chi acquista”.
Per il Consorzio di tutela Vini Oltrepò pavese, la Gdo è “un’opportunità”. “Perché si può fare story telling territoriale”, spiega Bottiroli. “Per farlo – spiega il direttore – bisogna lavorare molto sul brand. Il brand Oltrepò pavese dev’essere la garanzia di questo terroir di 13.500 ettari di vigneti, 1.700 aziende vinicole impegnate e, per lo più, una tradizione contadine che è anche valoriale. Dentro una bottiglia in Gdo di Oltrerpò pavese, c’è la storia di tante famiglie che, da generazioni, coltivano i vigneti per fare qualità. La grande distribuzione è quindi certamente il mercato del futuro. Un luogo, questi supermercati, dove si incontra il cliente che purtroppo si incontra sempre meno in enoteca e si incontra, con ulteriore difficoltà, nella ristorazione”. Ed è su questa “sfida” che si concentra gran parte dell’impegno del Consorzio Oltrepò pavese. Su quella che, per dirla con Bottiroli, è la “percezione delle nostre etichette”.
Ma come si garantiscono, assieme, gli interessi di chi vede la Gdo come la gomorra del vino e chi, invece, con la Gdo campa? “Fortunatamente – risponde Emanuele Bottiroli – il nostro territorio presenta diversi modelli aziendali. C’è chi coltiva l’esclusivo interesse di posizionarsi nel mercato dell’Horeca e chi ha bisogno di lavorare nella Grande distribuzione in equilibrio tra vini quotidiani e vini di fascia medio-alta. Per tutti il Consorzio sta cercando di dotare tutta la sua Doc di fascetta di Stato: uno strumento che è garanzia per il consumatore, in termini di tracciabilità e di autenticità. Il nostro Cda ha già approvato questo iter nell’ambito di una revisione dei disciplinari che è un piano molto ampio che sta arrivando a compimento. L’altro tema è cercare di smettere di demonizzare un canale in sé e per sé: oggi in grande distribuzione ci sono grandi Champagne, grandi bollicine italiane, grandi vini da lungo affinamento. E dunque è ora di smettere di dire che soltanto le enoteche o il ristoratore stellato può proporre vini di qualità”.
E-COMMERCE E GDO A CONFRONTO
E l’e-commerce del vino? “E’ un fenomeno – commenta Bottiroli – che vedo con un po’ di preoccupazione. E’ completamente spersonalizzante. Oggi è ormai comune vedere catene come Esselunga, Iper o Carrefour che dedicano corsie molto belle e molto attrezzate nell’ambito della comunicazione dei vini e dei loro abbinamenti in cucina, addirittura con indicazioni sulla temperatura di servizio. L’e-commerce rischia invece, al contrario, di allontanare una zona rurale come la nostra dal consumatore, lavorando solo sui brand. Credo che in questa Italia che guarda sempre più all’estero, ci sia un modo per valorizzare il vino agli occhi del consumatore italiano, anche dicendo alla casalinga di Voghera che può bere spendendo il giusto, non pensando però di comprare sempre vini in taglio prezzo al posto di vini venduti al giusto prezzo. Un dialogo che va cercato con strumenti e intensità nuova”.
LA DEGUSTAZIONE Parole tutte condivisibili, quelle di un direttore e di un Consorzio che, dal giorno seguente l’attentato alle Cantine Vistarino, sembrano aver preso in mano con il giusto piglio la situazione. E finalmente. Dalla parte dell’ente di via Riccagioia 48 a Torrazza Coste (Pv), l’indubbia qualità del vino oltrepadano. Espressa fuori e dentro la Gdo. Sugli scaffali dei supermercati italiani si trovano prodotti di assoluto valore come quelli di Cantine Giorgi. Lo spumante Metodo classico Pinot nero Docg Gianfranco Giorgi si porta a casa con 14,60 euro in Gdo. Un regalo. E’ ottenuto da uve Pinot Nero 100% provenienti dalle zone più vocate, nei comuni di Montecalvo Verseggia, Santa Maria Della Versa, Rocca De Giorgi, ad un’altitudine compresa tra i 250 e i 400 metri sul livello del mare, in terreni calcarei argillosi.
Ottimo anche, per rimanere tra i vini migliori decretati da vinialsuper nella categoria “Spumanti bianchi”, lo Charmat proposto da Castel del Lupo, azienda agricola di Calvignano che, per il suo Pinot Noir Brut biologico, fa seguire alla fermentazione delle uve in vasche d’acciaio un ulteriore affinamento sui lieviti di circa quattro mesi in autoclave, dopo la presa di spuma. Prezzo? 7,50 euro al supermercato.
Cambiamo categoria per assistere a un altro trionfo di Cantine Giorgi. Tra gli “Spumanti rosati Extra Dry” dell’Oltrepò la spunta Cuvée Eleonora: 7,90 euro il costo di un nettare fragrante come un biscotto.
Tra i Metodo classico Rosè ecco spuntare il Cruasè Maison Royal 2012 dell’azienda agricola Tenuta Elisabet di Pagani Elisabetta, gruppo Terre Lombardo Venete Spa. Un 100% Pinot nero proveniente dai vigneti di Borgo Priolo, Montebello della Battaglia e Torrazza Coste. Raccolta manuale, pressatura soffice dei grappoli anticipata da una preziosa criomacerazione delle uve a 5 gradi. Lieviti selezionati e fermentazione in acciaio per 20 giorni, prima dell’affinamento della durata di 6 mesi, sempre in acciaio, malolattica, tiraggio a marzo e maturazione sur lies per almeno 36 mesi. Uno spumante cremoso, dalla bollicina finissima, suadente già dai riflessi aranciati di cui colora il calice. Prezzo folle (in positivo, ovviamente): solo 8 euro al supermercato.
Menzione speciale (e approfondiremo quanto prima il discorso) per il Rosè Mornasca Spumante Metodo Classico Igt di Cascina Gnocco. Questa cantina di Mornico Losana stupisce con uno dei suoi prodotti di punta del Il “Progetto Autoctoni”, che “nasce dal desiderio di raccontare il territorio utilizzando solo uve originarie dell’Oltrepò Pavese, e in particolare una varietà di uva rossa, la Mornasca, che alcuni secoli fa si sviluppò in alcuni vigneti siti nel comune di Mornico Losana. Con questa idea in mente, da qualche anno abbiamo abbandonato la produzione di altri vini che, seppur ottimi e di gran successo, ottenevamo con uve non autoctone dell’Oltrepò Pavese”. Chapeau. E una promessa: verremo presto a farvi visita, in cantina.
Cantine Francesco Montagna di Broni sbaraglia la concorrenza alla cieca nella categoria Pinot nero vinificato in bianco. Da dimenticare c’è solo il packaging, che fa eco a un sito web di difficile lettura. Ma se ciò che conta è il vino, non si discute: il prodotto, sullo scaffale per soli 4,99 euro, è validissimo. Sottile e finemente fruttato. Un vino in giacca e cravatta, seduto alla tavola di tutti i giorni.
Il Pinot grigio è di Giorgi: La Diana 2016 è in vendita a 7,60 euro. Il Bianco Provincia di Pavia 2015 di Tenuta Elisabeth: bel bere, per meno di 3 euro.
Nella categoria “Riesling”, il 2015 delle onnipresenti Cantine Giorgi (euro 6,90) la spunta per un soffio sul frizzante 2016 della linea Bronis, Terre d’Oltrepò.
Il miglior Pinot nero vinificato in rosa è quello di Cantine Montagna. Del pack abbiamo già parlato. Del vino non ancora: gioca “facile” in batteria con la referenza proposta dall’azienda agricola Losito e Guarini, che con l’intera linea “Le Cascine” si gioca letteralmente la faccia in Gdo (ed è uno di quei marchi che non fanno certo il gioco dell’Oltrepò pavese, con continui tagli prezzo sotto i 2 euro). Meglio parlare, dunque, di chi trionfa. Il Pinot nero vinificato resè Op Doc di Cantine Montagna è un dignitosissimo vino da tavola, dal bouquet fruttato ed aromatico di sufficiente qualità. Prezzo: 4,99 euro.
Lunghissima, invece, la lista di Bonarda proposti in degustazione. La spunta, per la vendemmia 2016, l’azienda agricola Quaquarini Francesco di Canneto Pavese (5 euro), a cui è andato il riconoscimento come “Miglior cantina Gdo 2016” di vinialsuper. La consegna della pergamena a Umberto Quaquarini è avvenuta in Consorzio, proprio in occasione della degustazione. Nello specifico del tasting alla cieca di Bonarda, si tratta di un pari merito con Conte Vistarino di Pietra de’ Giorgi (prezzo che si aggira tra i 5,90 e i 5,95 euro al supermercato). Menzione speciale, tra i 2015 degustati, per il Bonarda Bronis: altro riconoscimento, dunque, per questa linea di Terre d’Oltrepò. E sorprende il Bonarda La Brughera di Giorgi, cui sentiamo di riconoscere il premio della critica, scevro dalle logiche della Gdo: vino, addirittura, di ossimorica prospettiva. Provate a scoprirne il tannino.
Passiamo alla categoria “Rosso Oltrepò pavese” per trovare sul gradino più alto del podio lo strepitoso Rosso Op 2015 Avalon di Tenuta Elisabet. Sapiente mix di Barbera e Croatina da terreno calcareo argilloso. Il segreto sta nell’affinamento, che avviene solo parzialmente in inox per 12 mesi, mentre il resto destinato a tonneau e botte grande. Segue assemblaggio e chiarifica, prima dell’imbottigliamento. Sullo scaffale per poco più di 2 euro: provatelo.
Il miglior Pinot nero vinificato in rosso è dell’azienda agricola Torti. “L’eleganza del vino”, è il claim della cantina di frazione Castelrotto 6, a Montecalvo Versiggia. Uno charme che si esprime nella vendemmia 2014 del Pinot nero Op Doc 7 Stelle. Un nobile, tra i nobili dell’Oltrepò: profumo etereo e buona complessità al palato lo rendono un vino degno di piatti importanti, anche al di là di quelli della tradizione oltrepadana. Prezzo: dai 9,50 ai 12 euro.
Altro successo per Torti nella categoria Barbera Doc, in vendita dai 9 agli 11,50 euro. La vendemmia premiata è la 2015. Menzione particolare per il Barbera Op Doc 2011 Le Vignole della Società Agricola Fratelli Guerci di Guerci Claudio Cesare & C. (Località Crotesi 20, Casteggio). Otto euro il prezzo a scaffale di questa vera e propria gemma, la cui vinificazione prevede una macerazione sulle bucce di 15 giorni. “Un tempo il vigneto più piccolo era anche il più curato e prezioso tanto da essere affettuosamente chiamato Vignola. Oggi in questo amato terreno la famiglia Guerci produce con passione la sua Barbera. Un vino profumato, di carattere. Un vino di cui innamorarsi”. Nulla di più vero delle parole usate dalla stessa azienda, per presentare il proprio rosso.
Per il Buttafuoco si presenta in degustazione il solo Quaquarini (dov’è Fiamberti?) con la vendemmia 2015. Il premio per il miglior Moscato si divide tra la tipicità di Losito & Guarini – che guadagna punti in Gdo con tutta la linea “C’era una volta”, capace di spuntarla nel tasting anche nella categoria “Sangue di Giuda” – in vendita tra i 5,90 e i 6,90 euro, e il caratteristico taglio del Moscato 2016 La Signora della società agricola Castel del Lupo di Calvignano (prezzo: 6,50 euro). Un taglio, per intenderci, che lo avvicina di molto a quello piemontese.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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