Crescita doppia cifra percentuale per l’Etna Doc Spumante, che chiude il 2020 con una produzione di oltre 160 mila bottiglie, pari a +30% rispetto la 2019.
La produzione di spumanti Metodo Classico nel nostro territorio, sebbene sia stata introdotta nel disciplinare di produzione solo a partire dal 2011, vanta antiche radici – spiega Antonio Benanti, Presidente del Consorzio di Tutela Vini Etna Doc – Fu infatti il Barone Spitaleri, a fine ‘800, a intuire per primo le potenzialità del territorio etneo per la produzione di vini rifermentati in bottiglia”.
“Quei primi esperimenti avevano ovviamente come punto di riferimento i cugini d’Oltralpe nella scelta del vitigno da utilizzare. Bisogna aspettare la fine degli anni ’80 del secolo scorso per cominciare a vedere fiorire i primi pioneristici esempi di spumanti autoctoni grazie all’utilizzo del Nerello Mascalese”.
Il disciplinare di produzione Etna Doc consente la produzione della tipologia “Spumante” nelle versioni “vinificato in bianco” e “rosato”, con una permanenza sui lieviti di almeno 18 mesi. “Durante l’ultimo incontro del Consorzio, l’assemblea ha approvato la possibilità di produrre lo spumante solo con metodo classico, a conferma della volontà di voler continuare a perseguire senza indugio la strada della qualità”, sottolinea Maurizio Lunetta, Direttore del Consorzio di Tutela Vini Etna DOC.
“Tra le modifiche approvate dai soci del Consorzio, e che prossimamente entrerà definitivamente in vigore, vi è anche l‘aumento dal 60% all’80% dell’utilizzo del Nerello Mascalese, con l’obiettivo di voler legare ancor di più questa tipologia ad uno dei vitigni autoctoni più rappresentativi del territorio e che ben si prestano alla spumantizzazione”, conclude Lunetta.
Il Nerello Mascalese, antico vitigno autoctono che si presume sia originario della Contea di Mascali, è il più diffuso alle pendici dell’Etna e possiede alcune caratteristiche che lo rendono ideale anche per la spumantizzazione, a partire dalla grande acidità e dalla bassa concentrazione del colore
Sono due doti molto importanti – racconta Michele Scammacca, produttore e pioniere dello spumante Metodo Classico da Nerello Mascalese – che consentono di ottenere vini spumanti eleganti, minerali, in grado di far emergere il territorio di origine. Inoltre, nelle annate migliori, mostra una notevole vocazione alla longevità: la prolungata sosta sui lieviti riesce a regalare spumanti di notevole complessità e profondità”.
Il numero di produttori che imbottigliano e commercializzano lo spumante Etna Doc nel corso degli anni è cresciuto e oggi conta 16 realtà per un totale per l’anno in corso di più di 160 mila bottiglie, oltre 30% in più rispetto al 2019. Il Consorzio di Tutela Vini Etna Doc sta, inoltre, valutando la possibilità di inserire anche il vitigno Carricante all’interno del disciplinare di produzione per questa tipologia, una nobile uva autoctona a bacca bianca del territorio etneo, già utilizzata come base spumante da molti produttori in quanto dotata di caratteristiche ideali per la produzione di spumanti metodo classico.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
La vendemmia 2020 sull’Etna darà “vini di grande livello“. Ne è convinto Antonio Benanti, presidente del Consorzio di Tutela Vini Etna Doc.
La vendemmia etnea è iniziata nella seconda metà di settembre con la raccolta delle prime uve per le basi spumante e si è conclusa, tra le ultime in Italia, a fine ottobre con le due varietà a bacca rossa, il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio.
La maturazione delle uve è stata generalmente regolare, pur considerando le peculiarità di ogni varietà, le differenti altitudini e le caratteristiche dei quattro versanti. Anche se è ancora troppo presto per poter fornire dati in tal senso, la vendemmia 2020 sembra essere soddisfacente anche dal punto di vista quantitativo.
IL DETTAGLIO SUI VERSANTI Il dettaglio dei differenti versanti dell’Etna danno una fotografia delle tante differenze presenti all’interno di una denominazione ricca di sfaccettature e confermano la qualità della vendemmia appena conclusa. A Sud-Est, zona che beneficia sia dell’influenza del mare che di una eccellente luminosità, si trovano le condizioni ideali per la coltivazione sia del Nerello Mascalese che del Carricante.
Il versante Est, incastonato tra il vulcano e il mare con vigneti spesso molto ripidi, si caratterizza per la presenza preponderante del Carricante, caratterizzato da grande freschezza. Mentre il versante Nord è tradizionalmente riconosciuto come la zona principe per il Nerello Mascalese e dove solitamente si vendemmiano gli ultimi vigneti della Doc alle quote più alte.
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E’ il motore rombante dell’economia siciliana. La nuova America del vino italiano. L’Etna, con i suoi vini fini, eleganti e longevi, è l’immagine più fulgida del rilancio enologico del Meridione, a suon di Nerello Mascalese. Il simbolo della riscossa di tante regioni del Sud Italia, spremute per decenni da grandi e piccole aziende del Nord.
Conquistadores a caccia di uve “da taglio” cariche di colore, d’alcol e struttura, con cui blendare bacche bianche e rosse altrimenti incapaci di dare vini di peso. Qualitativo e commerciale.
Un tesoro, l’Etna, che ha ormai abbracciato la sua indipendenza. Una terra che abbiamo visitato in lungo e in largo, entrando in nove cantine in cinque giorni di tour. Piccole e grandi aziende, che operano o meno all’interno della Gdo, nella filosofia del nostro “contenitore unico” di informazioni controcorrente.
Quel che emerge è che ciò che alla Sicilia è stato preso in passato, alla Sicilia sta tornando con gli “interessi”. I 903 ettari vitati della Doc (2,5 milioni di bottiglie complessive su 117 iscritti al Consorzio) danno vita a vini capaci di competere con i più vocati territori vitivinicoli internazionali.
Che la discesa di tanti imprenditori sull’Etna non sia frutto di pura filantropia, bensì di marketing e tentativi di diversificazione, è chiaro a tutti. L’Etna “tira”. Negli ultimi mesi, infatti, è in corso una vera e propria gara per accaparrarsi gli ultimi terreni a disposizione nel comprensorio della Denominazione. Prima che il prezzo lieviti ancora, rispetto ai 100 mila euro all’ettaro attuali.
NICOSIA: DA “CANTINE” A “TENUTE” Il caso emblematico è quello di Cantine Nicosia. Il gruppo di Trecastagni (CT), molto attivo nella Grande distribuzione organizzata grazie alle uve dei conferitori, diventerà presto uno dei maggiori player sul vulcano.
Trentatré gli ettari di recente acquisizione sul versante Nord dell’Etna, il più vocato per la produzione dei rossi base Nerello Mascaese e Cappuccio.
Vigneti che entreranno in produzione entro il 2022. Secondo indiscrezioni, è in programma anche la realizzazione di un polo di accoglienza enoturistica nella zona di Linguaglossa. Hospitality e Spa, nel segno delle migliori boutique winery.
Il disegno è chiaro. Con la creazione di un nuovo brand, denominato “Tenute Nicosia“, la cantina che per anni ha puntato sulla Gdo (con picchi di qualità come l’Etna Rosso della linea “Grandi Vigne” dell’insegna Iper, la grande I) punta a un restyling d’immagine. Nascerà una nuova linea “top di gamma” destinata soprattutto all’Horeca, da affiancare a quella attuale del versante Etna Est (dove tra l’altro si trova il sito produttivo).
Nicosia, di fatto, è solo l’ultimo colosso che si unisce alla caccia all’oro dell’Etna. Un “battaglione” a cui i vari Firriato, Planeta, Donnafugata e Tasca d’Almerita (solo per citarne alcuni) hanno aderito ormai da anni.
L’ETNA CHE CONQUISTA
Ma se la scelta iniziale è di tipo commerciale (così come lo è stata certamente per produttori illuminati come Andrea Franchetti di Passopisciaro e Marco De Grazia di Tenuta delle Terre Nere) è anche vero che dell’Etna finisci per innamorarti, per davvero.
E allora ecco che anche i vini dei colossi (o di chi ha investito sull’Etna in maniera lungimirante, riconoscendone il potenziale economico, oltre che vitivinicolo) hanno senso di entrare nell’Olimpo enologico mondiale. Con punte di qualità assoluta, accanto ai “vini veri” e “naturali” di chi sull’Etna è nato (vedi Enòtrio di Nunzio Puglisi, nella foto sotto con la figlia Desirée) o ci è arrivato dal Belgio (come Frank Cornelissen).
Necessari però dei distinguo. Tra i “big” meglio Planeta di Firriato per i vini fermi, che mostrano ottimi margini di invecchiamento (sorprendenti i bianchi). Ottimi i due sparkling prodotti a Cavanera da Firriato, superiori al Metodo Classico base Carricante ottenuto dai vigneti di Sciaranuova – Planeta.
Per le “bollicine” dell’Etna, riferimento assoluto tutto da scoprire è Antonino Destro. La sua Azienda vitivinicola, con l’appoggio dell’enologo Giovanni Rizzo, offre una gamma straordinaria di Metodo Classico sensati e territoriali, con al vertice un “60 mesi” sui lieviti (base Nerello Mascalese vinificato in bianco) degno di entrare nella top 10 italiana dei migliori champenoise sotto i 35 euro (prezzo di cantina).
Spumanti, questi, in grado di far dimenticare in un baleno Charmat base Catarratto come “Pros.it” di Cantine Patria, più consoni a giocarsela (al ribasso) col Veneto della Glera Extra Dry, perfetta per palati avvezzi al frizzantino da aperitivo.
Poco Etna e poco senso (se non commerciale) per vini come questo: scimmiottanti il campione italiano di vendite internazionali from Treviso, scevro da qualsiasi identità etnea.
Tra l’altro uno spumante con un’etichetta – a nostro avviso – al limite della correttezza nei confronti del consumatore: “Pros” “.” “it” non vi ricorda nulla?
Sicuri che, vedendo questa etichetta su uno scaffale, in molti (soprattutto stranieri) non possano pensare di trovarsi di fronte a un “Pros”-ecco “It”-aliano? Una label molto “Patri”-ottica (scommettiamo) per le tasche della cantina di Solicchiata.
D’altronde, il Consorzio del Prosecco Doc ha ben altri problemi a cui pensare, tra cui l’allargamento della regolamentazione alla versione Prosecco Rosé, di cui già si parla ovunque.
Rapporto qualità prezzo molto interessante, invece, su tutta la linea di Antichi Vinai 1877, che a Castiglione di Sicilia è attiva con un sito produttivo di maestose capacità (oltre 1 milione di bottiglie potenziali, quasi la metà di tutta la Doc) al momento sfruttato dalla famiglia Gangemi per attività di imbottigliamento “conto terzi”.
IL CASO Una cantina, Antichi Vinai, artefice di un casus degno delle cronache vinicole nazionali.
Quello di Neromosso, “frizzante” da 2 bar (tecnicamente “vino bianco mosso di Sicilia”) piazzato sul mercato con grande successo a un costo incredibile per la tipologia: ben 9 euro in cantina (13,50 sul sito web della cantina).
Una “bolla” imitatissima in zona, dopo il lancio ufficiale avvenuto nel 2010. Si tratta di Nerello Mascalese vinificato in bianco, con piccole percentuali di uve a bacca bianca (Minnella e Zibibbo) che restituiscono un calice tutto sommato tipico in termini di mineralità etnea.
Altro discorso per Marco De Grazia e la sua Tenuta delle Terre Nere. Un’azienda che in pochi anni si è trasformata in un vero e proprio faro per l’Etna. Vini di una finezza assoluta, con la Borgogna a materializzarsi nei calici dei “cru” delle contrade.
Tenuta delle Terre Nere è la punta di diamante di De Grazia, ex commerciante di vini che ha dato vita alla rivoluzione dei Barolo Boys. Un marchio, “BB”, che ha consentito alle Langhe di farsi conoscere fino in America. Un miracolo replicato da De Grazia sull’Etna.
Chi deve crescere, invece, è Palmento Costanzo. Il recupero dell’antico caseggiato e della cantina – unico sito produttivo siciliano costruito all’interno di un antico palmento, risalente al XIX secolo – è iniziato nel 2011, ma il cambio di enologo ha forse creato qualche squilibrio tra le annate ad oggi in degustazione.
Una difformità che non aiuta la comprensione del tipo di lavoro che la famiglia Costanzo vuole intraprendere sull’Etna, anche se le premesse sono buone. Alla ristrutturazione dell’antico palmento (prevista Hospitality e Spa) sta facendo seguito un lavoro attento nei vigneti certificati biologici, che porterà presto alla presentazione di nuove etichette, tra cui il primo “cru” e il primo Metodo classico.
I VIGNAIOLI DA COPERTINA
Ex commerciante di vino, così come De Grazia, è Frank Cornelissen. Uno che dà del tu alla Muntagna, sulla quale sembra cresciuto. E nella quale, certamente, ha affondato le radici, oggi solidissime.
Cornelissen e Nunzio Puglisi di Enò-trio, uomini copertina del nostro tour, sono vignaioli diversi tra loro. Che hanno in comune, però, l’amore per l’Etna e la voglia di proporre un modello di viticoltura rispettoso dell’ambiente.
Intellettuale il belga Cornelissen, dentro e fuori da un calice in cui sviscera un minimalismo giapponese (del Giappone, non a caso, è originaria la moglie) ad eccezione del prezzo del vino di punta, “Magma”, in vendita a oltre 180 euro.
Maestro di vigna il siculo Puglisi, un lottatore in camicia che può vantare vigneti tra i più belli dell’Etna (certamente i più maniacalmente ordinati, anche grazie all’apporto della figlia Desirée) e tra i più alti in quota (oltre i mille metri quello di Traminer, cha dà vita a un vino strepitoso).
Due sperimentatori, Cornelissen e Puglisi, che meritano tutta l’attenzione autentica di chi cerca qualcosa di lontano dalle mode e dagli stereotipi del mondo del vino. Due da prendere in considerazione a tutti i costi, in previsione di un tour alle pendici dell’Etna.
Una panoramica, quella che avete appena letto, con la quale vogliamo introdurre un secondo articolo, dedicato ai migliori vini degustati in occasione del tour: online tra qualche giorno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Per la prima volta ci siamo presentati alla kermesse veronese in maniera compatta e coesa – dice Giuseppe Mannino, presidente del Consorzio Etna Doc – E i risultati ci gratificano degli sforzi fatti”.
Nel corso della fiera, la zona dedicata ai vini dell’Etna, all’interno del padiglione 2 della Sicilia, è stata presa d’assalto da migliaia di appassionati e addetti ai lavori: “Tantissimo interesse per le nostre produzioni – prosegue Mannino – Meno stranieri, più italiani che hanno voluto conoscere la storia del nostro territorio e assaggiare i nostri vini, soprattutto gli spumanti, vera novità di quest’anno”. Un’intera area, dunque, dedicata al mondo del vino etneo, tra Carricante e Nerello Mascalese e una degustazione, organizzata in collaborazione con il giornale online cronachedigusto.it e la regione siciliana che ha fatto registrare il “tutto esaurito” parecchie
settimane prima dell’evento.
Al tasting, 16 etichette di altrettanti produttori, che hanno raccontato, ad un pubblico molto attento, tutte le “sfumature” di bianco del Vulcano più alto d’Europa, in grado di regalare vini con una spinta acida notevole e una spiccata nota minerale. “Qui si producono vini unici – ha detto Mannino – L’interesse per i bianchi è cresciuto come mai prima d’ora. Tanto che i produttori esauriscono le scorte prima della nuova vendemmia. E la stragrande maggioranza di nuovi impianti sono a Carricante. Ora si sta cercando di capire la loro capacità di resistenza. Siamo ancora agli inizi e ne sapremo di più nei prossimi anni”.
I produttori, infatti, stanno conservando in cantina varie bottiglie di diverse annate per analizzare la capacità di invecchiamento dei bianchi. Ci sono segnali positivi. “Ho bevuto bianchi perfetti di 5 anni – spiega Mannino – Stiamo studiando. Ancora c’è poca storia e pochi dati da confrontare”.
Oltre 40 cantine, dunque, tra banchetti, aree degustazioni e stand, hanno accolto i visitatori raccontando le peculiarità di un territorio che sta vivendo un “momento magico”. “Fare sistema è l’unica via per vincere nel mondo – dice Mannino – Ora attenderemo il rinnovo dei vertici del Cda (a maggio) e poi pianificheremo il futuro”. Già nel prossimo anno, ha assicurato Mannino, l’Etna sarà presente di nuovo, con questa formula “di squadra” ormai collaudata, al Vinitaly.
E per la prima volta parteciperà al ProWein di Düsseldorf: “Andremo sempre con questa stessa formula, ci mostreremo compatti – dice Mannino – E dopo le elezioni, pianificheremo la presenza del consorzio alla varie rassegne internazionali. Verrà solo chi potrà e vorrà farlo, ma cercheremo di non lasciare indietro nessuno. Tutti siamo Etna e tutti siamo orgogliosi di esserlo. Anche facendo poche bottiglie”. A Verona il consorzio ha anche celebrato l’erga omnes, ma soprattutto ha festeggiato i 50 anni della denominazione. Il disciplinare, che nel corso del tempo ha previsto anche l’inserimento di ben 132 contrade a conferma di una diversità con pochi eguali, ha infatti visto la luce nel 1968 grazie a un gruppo di esperti che avevano ben intuito le potenzialità del territorio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Degustiamo oggi l’Etna Bianco D.O.C., annata 2015. Nasce come detto da suolo vulcanico all’interno della DOC Etna da sole uve Carricante parzialmente vinificate in legno. Il Carricante è un antico vitigno autoctono siciliano a bacca bianca così chiamato per la sua abbondante produttività che ha trovato nell’ambiente montano dell’Etna il suo ambiente ideale. Il vino si presenta giallo paglierino chiaro con riflessi verdi appena accennati.
Al naso emergono da subito note di frutta a bacca bianca, susina e pesca bianca, ed una leggera nota erbacea aromatica cui fanno seguito le evidenti note minerali. In bocca risulta pieno, di corpo, l’acidità è ben bilanciata dalla morbidezza probabilmente dovuta al parziale utilizzo di legno ma è la grande sapidità che sorprende e che invoglia la beva. In bocca ritroviamo tutte le note fruttate sentite al naso ma è la mineralità che diventa più evidente. Buona la persistenza.
Un vino bianco che coniuga in un sol bicchiere la tradizione del territorio con la modernità di un vino agile, il carattere vivido delle pendici vulcaniche con l’anima mediterranea di un bianco non banale. Senza dubbio ottimo abbinato a preparazioni di pesce… ma ci piace pensarlo anche con dei formaggi freschi o, visto che le giornate si allungano e si avvicina la bella stagione, anche servito come aperitivo accompagnato solo da qualche semplice stuzzichino.
LA VINIFICAZIONE
Le uve 100% Carricante, raccolte in cassa, vengono subito refrigerate ad 8 gradi, selezionate a mano e inviate ad una leggera pigiadiraspatura e a pressatura soffice. Il mosto decantato viene travasato e fermenta a 15 gradi, in acciaio inox e 15% del mosto in tonneaux. Il vino così ottenuto rimane sino a febbraio sulle fecce fini con continui rimescolamenti.
Planeta è oggi un punto di riferimento dell’enologia siciliana, in quanto capace di raccontare le varie sfumature enoiche che l’isola sa offrire. Lo fa forte di sei differenti cantine poste in sei zone (Sambuca di Sicilia, Menfi, Vittoria, Noto, Etna, Capo Milazzo), in sei differenti terroir, così da poter raccogliere e trasmettere le peculiarità dei vari vini e vitigni. “Nei posti belli si fa il vino buono”, disse Francesca Planeta in un’intervista alcuni anni fa. E così, quasi inseguendo il Genius Loci dei Latini, oggi i Planeta ci portano sul versante nord dell’Etna nella cantina di Feudo di Mezzo. La cantina nasce nel mezzo di una vecchia colata lavica del ‘500 e seguendo la filosofia dell’azienda è costruita in modo da integrarsi perfettamente nel territorio.
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(5 / 5)La finezza e i profumi del Carricante, unita alla potenza strutturale del Cataratto. C’è riuscita Firriato a produrre un vino “di territorio” con l’Etna Bianco Doc 2014 Le Sabbia dell’Etna. Un vino bianco serio, impegnato, elegante. E allo stesso tempo divertente, sorprendente, gustoso. Quasi da mordere. Un po’ come racchiudere in bottiglia lo spirito tumultuoso e volatile di un vulcano, per godersi lo spettacolo che sa offrire Madre Natura. Etna Bianco Doc 2014 Le Sabbie dell’Etna Firriato scende scorrevole e cristallino in un calice che si tinge d’un giallo paglierino chiaro, con riflessi verdognoli. Al naso è intenso, schietto, fine. Di quella complessità fatta dall’unione ordinata delle piccole cose: fiori di mandorla, ginestra e mimosa, frutti a polpa bianca come la pera e la pesca, oltre a immancabili richiami agli agrumi di Sicilia. Ricorda il mare e, forse per questo, l’impronta tipicamente salina che sarà il punto di forza al palato è già ben evidente, tra i profumi di frutta matura. In bocca, Sabbie dell’Etna Firriato si scopre vino di corpo, caldo, rotondo, tanto fresco da tendere al “vivo”, splendidamente sapido e di un equilibrio salino in perfetta armonia con le note di frutta che solo certi vini blend di Sicilia sanno regalare. Intenso, fine e persistente anche una volta deglutito. L’abbinamento migliore? Quello con l’estate. E con tutto ciò che parli di mare. A una temperatura di 10-12 gradi. Ottimo, insomma, il rapporto qualità prezzo.
LA VINIFICAZIONE
L’Etna Bianco Doc Le Sabbie dell’Etna 2014 Firriato è il frutto della vinificazione delle uve Carricante e Cataratto prodotte nel Comune di Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania. Il terreno è di tipo sabbioso, di matrice vulcanica, con elevata capacità di drenare le acque. L’esposizione dei vigneti è sul versante nord orientale dell’Etna, a un’altezza compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare, con allevamento a controspalliera. Poco più di quattromila piante per ettaro, per una resa di circa 7 mila kg. La vendemmia manuale ha inizio nella seconda decade del mese di ottobre. La pressatura delle uve è soffice e la fermentazione ha luogo a una temperatura controllata, tra i 16 i 18 gradi, per 15 giorni. Importanti per gli aromi e i profumi conferiti al vino i tre mesi di affinamento sulle fecce nobili, in serbatoi di acciaio inox con rimontaggi giornalieri. Segue una fase di affinamento in bottiglia, della durata di 2 mesi, prima della commercializzazione.
Prezzo pieno: 8,99 euro
Acquistato presso: Esselunga
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