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31 luglio: il mondo del Rum festeggia il “Black Tot Day”

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Il 31 luglio 1970 alle ore 11.00, dopo 6 rintocchi di campana, venne dato l’ultimo “Up Spirits” sulle navi della Royal Navy. Si chiudeva un’era ed una tradizione. Per l’ultima volta ai marinai della Reale Marina Britannica veniva servita la razione giornaliera, il “tot“, di Rum.

Leggenda vuole che i marinai, per celebrare la fine di quel rito secolare, si presentarono con una fascia nera al braccio in segno di lutto. Nasceva così il mito del “Black Tot Day“.

La pratica di servire Rum sulle navi fu introdotta nel 1655 e regolamentata per la prima volta dall’ammiraglio Edward “Old Grog” Vernon il 21 agosto 1740. E proprio il “Grog” è ricordato come uno dei primi drink della storia a base Rum. Ecco quindi quattro proposte, fra tradizione e modernità, per celebrare il più estivo degli spirit.

DAIQUIRI
4,5 cl di Rum bianco
1,5 cl di succo di lime fresco
1 bar spoon di zucchero di canna
Shakerare e servire in una coppa precedentemente refrigerata

Il più leggendario dei drink non può mancare per questa occasione. Un racconto mai confermato vuole la sua nascita a Cuba nel lontano 1896 quando due ingegneri, un americano ed un inglese, mescolarono i soli ingredienti a disposizione per godersi un po’ di riposo dopo il lavoro.

Reso immortale da Hemingway – “El mi daiquiri en El Florida” – è, nella sua semplicità, una bevuta fresca e diretta, dissetante e verticale. Pericolosamente beverino è in grado di soddisfare ogni palato.

CUBA LIBRE
3,0 cl di Ron bianco (meglio se cubano)
Succo di mezzo lime fresco
Top cola
In un bicchiere highball pieno di ghiaccio mettere il rum ed il succo di lime e colmare con la cola

Considerato il “drink rivoluzionario” la sua storia è in realtà incerta. L’ipotesi più accreditata vuole la sua nascita fra il 1900 ed il 1902 a L’Avana quando, durante la guerra ispano-americana, i soldati erano soliti mescolare al rum la cola importata dagli Stati Uniti, alleati dei cubani.

Spesso confuso con il Run&Cola è uno dei long drink più famosi. Più leggero e facile da preparare di un Mojito regala una bevuta agile dove i toni talvolta duri del rum bianco sono moderati dalla morbida dolcezza della cola, resa non stucchevole dall’acidità del lime.

GAGA
4,0 cl di Campari Bitter
3,0 cl di Vermouth bianco
2,0 cl di Rum scuro
Versare gli ingredienti nel mixing glass con ghiaccio e mescolare – tecnica Stir&Strain – e versare, filtrando, in una coppa precedentemente refrigerata o in bicchiere Old Fashioned con ghiaccio.

Versione moderna e rivisitata in chiave rum del Boulevardier. Un drink elegante e completo che alterna le dolcezze del rum e del vermouth bianco alla parte amara e speziata del Campari. Una sorta di twist sul Negroni, spirito del Caraibe con cuore italiano.

GRAMPOPS
6,0 cl di Rum scuro (meglio se giamaicano)
1,0 cl di sciroppo di vaniglia
0,5 cl di sciroppo alle more
2 dash di Angostura Bitter
Mettere gli ingredienti in un bicchiere Old Fashioned colmo di ghiaccio e mescolare

Una recente ricetta che ripercorre il cocktail a base whisky per eccellenza, l’Old Fashioned, declinandolo sul rum. Una creazione che esalta le caratteristiche e la complessità del rum Giamaicano invecchiato senza coprirlo. Vaniglia e more donano freschezza esaltando i terziari dell’invecchiamento mentre l’Angostura sottolinea la complessa aromaticità del rum.

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Milano Rum Festival 2018: fascino, scoperte e conferme sul distillato dei Caraibi

MILANO – Basta uno sguardo social sul mondo del rum per capire che è in atto una sorta di rinascita di questo distillato.

Personaggi come Richard Seale (proprietario e master distiller di Foursquare) e Luca “Ruruki” Gargano (patron di Velier) hanno ingaggiato una lotta senza quartiere in difesa della qualità e della chiarezza nella comunicazione dello spirito dei Caraibi.

Troppa è la confusione, tra stili i cui confini si mescolano, colori improbabili e che poco raccontano, aggiunte più o meno mascherate, più o meno lecite, ed etichette che riportano numeri credibili quanto quelli dei sondaggi elettorali.

Il Milano Rum Festival, come già nell’edizione dello scorso anno, è una candela quando manca la corrente, per fare luce e smettere di andare a tentoni, vista anche la presenza di personaggi illustri e disponibili che lì si possono incontrare, ovviamente sempre con il bicchiere pieno.

L’organizzazione in loco è buona, il desk per la registrazione funziona bene a ritmi sostenuti, gli spazi sono sufficientemente accoglienti e nella hall dedicata alla manifestazione troviamo anche un banco che vende appetizer di buona qualità.

Purtroppo non possiamo dire altrettanto del sito, nel quale fino all’ultimo non siamo riusciti a trovare informazioni circa le masterclass organizzate. L’unica fonte di informazione era un cartello scritto frettolosamente posto accanto al desk. Peccato. Gli assaggi sono iniziati con tre bianchi molto diversi tra loro (si diceva del colore che da solo poco racconta).

LA DEGUSTAZIONE
Trois Rivieres Cuvèe de l’Ocean. Il color blu Tiffany che caratterizza tutta la produzione Trois Rivieres è stato un richiamo irresistibile. 42abv per questo rum AOC Martinique, prodotto da canna da zucchero coltivata vicino all’oceano, che dona freschezza e sapidità.

Grande equilibrio tra note dolci di canna da zucchero e frutti tropicali e più fresche e sapide di agrume, iodio ed erba fresca. Ritroviamo il tutto intatto anche in bocca, in perfetta corrispondenza. Lunghissimo.

Lo stile inconfondibile di una distilleria che non delude mai, tantomeno al Milano Rum Festival 2018.

Elements Eight Platinum. La melassa proviene dalla Guyana, la distillazione avviene in St. Lucia in colonna tradizionale. Blend di 8 rum invecchiati almeno 4 anni in botti ex bourbon viene poi filtrato fino a renderlo quasi bianco e completamente trasparente.

Al naso è fresco, con note agrumate e balsamiche, mentolate e di pino. In bocca è cremoso e piacevole anche se l’alcool spinge un po’ troppo per essere solo a 40abv. Buona la persistenza. La sua vocazione è nei cocktail.

Rum Fire Velvet. Siamo in Jamaica, dove il rum da 40 gradi finisce nei biberon. La distilleria è la storica Hampden, la materia prima la melassa e l’alambicco è discontinuo.

Terzo rum bianco, terzo stile, simile ai due precedenti nel bicchiere, totalmente diverso al naso, dove i suoi 63 gradi si percepiscono a distanza di un paio di spanne.

Le lunghe fermentazioni con presenza di dunder (residui di distillazioni precedenti) conferiscono una grande quantità di esteri, che si traducono in profumi e sapori complessi, pungenti e ricchi.

Frutta tropicale molto matura, spezie (anice), resina, salamoia, barbeque. In bocca stupisce per l’ingresso dolce e sorprendentemente morbido, ma bisogna essere veloci a coglierlo, perché poco dopo i 63 esplodono stordendo per un po’ le povere papille.

Niente paura però, come per il peperoncino occorre solo un po’ di pazienza. Serve che la tempesta si plachi quel tanto che basta per riuscire a riprendere in mano il timone della barca, per tornare a solcare i mari del Milano Rum Festival. Ed è un tripudio! Non è un rum per tutti, ma è un rum che tutti prima o poi dovrebbero assaggiare.

Foursquare 2004 cask strenght. Non poteva mancare una visita alLa (la L maiuscola è voluta, n.d.r.) distilleria di Barbados. La cosa che stupisce ad ogni incontro con la distillleria Foursquare è il perfetto equilibrio tra morbidezza e potenza, tra finezza e gusto.

Ci sono i pirati irsuti e senza paura, i nobili ammiccanti avvolti in sete preziose, e poi c’è Barbados. Per una volta la descrizione inizia dalla bottiglia. L’etichetta è il manuale di come dovrebbe essere. Si legge chiaramente l’anno di messa in botte (2004), l’anno di imbottigliamento (2011), il tipo di distillazione (blend di pot e column) e il legno in cui è stato invecchiato (ex bourbon).

Tutto chiaro e semplice, non serve scomodare Google al Milano Rum Festival per sapere tutto quello che c’è da sapere su questo rum. Ogni bottiglia dovrebbe avere un’etichetta così.

Al naso emerge chiaramente l’impronta di Barbados: frutta disidratata, spezie dolci, fumo e tabacco, vaniglia e caramello, finissimo. L’assaggio rappresenta il manifesto di Richard Seale: morbidezza senza dolcezza. I suoi rum sono sempre deliziosi e godibilissimi (fosse un vino si direbbe “di grande beva”) senza mai cadere nella ruffianeria. Dave Broom, descriveva un altro rum di Foursquare in due parole: “da meditazione”. Definizione azzeccatissima.

Abuelo Centuria. L’approccio ai rum latini, soprattutto dopo essere passati per la Jamaica o Martinica, può essere problematico. Occorre ricordare che il rum può anche essere leggero, esile e suadente.

È il caso del top di gamma della distilleria panamense, non presente nel listino della degustazione, ma che ci è stato comunque offerto in degustazione (grazie mille!).

Blend di rum invecchiati fino a 30 anni facenti parte della riserva di famiglia, è stato prodotto per la prima volta nel 2008 per festeggiare i 100 anni di Casa Varela, sede storica della distilleria.

Di un bel colore ambra con riflessi rossastri e di grande consistenza, alla prima olfazione mi ha stupito.

La tipica morbidezza latina, che spesso sfocia in dolcezza, qui si trasforma in eleganza assoluta. Albicocca, anice stellato, vernice, tabacco, macis, tutto sussurrato, tanto che vorrei ci fosse silenzio attorno.

Col passare dei minuti (a volte capita di voler assaporare ogni istante e di non decidersi a bere) le note eteree si attenuano ed emergono quelle più calde, burrose, e piccanti.

Anche in bocca risulta estremamente fine, coerente, in perfetto equilibrio tra morbidezza cremosa e dolce di miele, e sentori leggermente piccanti e speziati, persino balsamici. Una leggera nota tannica completa il quadro di un rum in abito da sera, che ti resta appiccicato in testa e non se ne va più, senza strafare, senza prepotenza e senza arroganza. Classe pura.

Oliver’s Exquisido Solera Vintage 1985. Ultimo nato in casa Oliver è un Solera di lungo invecchiamento che parte dall’alcool base ottenuto da 5 distillatori differenti ed affinato con un lungo, lunghissimo, processo Solera.

Ne risulta un Rum elegante e complesso. Austero al primo impatto, ce lo si aspetterebbe forse più morbido e “dolcione”, rivela grande armonia ed equilibrio.

Profondo al naso con note di spezie e di legni pregiati. In bocca rivela tutta la sua morbidezza ma anche la sua potenza. Lunga la persistenza. Fra i Single Cask presenti al Milano Rum Festival 2018 segnaliamo due Demerara.

Diamond 2003 e Port Mourant 2005. Il primo, intenso al naso, apre su sentori vegetali e fruttati di uvetta e frutta matura. In bocca è caldo e rotondo ed a fianco alla frutta si percepiscono note di cacao e spezie mentre la nota vegetale tende a ricordare la luppolatura da birra.

Il secondo ha profumi più legati alla frutta tropicale all’eucalipto ed al balsamico. Meno rotondo e più sapido al palato. Entrambi molto persistenti. Due prodotti diversi, ugualmente affascinanti.

Chiudiamo il nostro viaggio con un “fuori zona”. Rum Naga, dall’Indonesia. La canna da zucchero è coltivata sull’isola di Java, durante la lenta fermentazione la melassa viene arricchita dall’aggiunta di lievito di riso rosso giavanese, parte dell’invecchiamento avviene in botti di legno locale.

Un prodotto decisamente “locale”. Colore dorato che introduce un naso esotico. Note di mango, banana matura, spezie dolci e cacao accompagnate da una fondo vegetale di canna da zucchero che ricorda quella di molti agricole. In bocca è morbido e fresco grazie all’alcolicità che, seppur non elevata, si fa sentire.

Servizio a cura di Denis Mazzucato e Giacomo Merlotti

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