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Vino italiano, indagine Mediobanca: Cantine Riunite-Giv resta leader nel 2021

Vino italiano, indagine Mediobanca Cantine Riunite-Giv resta leader nel 2021 Piccini meglio di Lunelli per incremento fatturatoI maggiori produttori di vino si attendono per il 2022 una crescita del 4,8%, che arriverebbe al 5,6% per la sola componente export. A spingere le vendite il successo delle bollicine (+5,7% i ricavi complessivi, +7,5% l’export) mentre i vini fermi si aspettano un +4,6% (+5,3% l’export). Più scettici sul futuro gli operatori esposti sul canale off trade (Gdo e Retail), mentre il maggior ricorso alla vendita diretta garantisce maggiore sicurezza. Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’indagine dell’Area Studi Mediobanca sul settore del vino italiano.

Lo studio riguarda 251 principali società di capitali italiane con fatturato 2020 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,3 miliardi di euro. Una cifra pari all’85,3% del fatturato nazionale del settore.

MIGLIORA L’EXPORT DI VINO ITALIANO NELL’UE

Il 2021 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un aumento del fatturato del 14,2% (+14,8% il mercato interno, +13,6% l’estero). L’Ebit margin ha riportato un lieve aumento al 6% rispetto al 5,4% del 2020, il risultato netto è passato dal 4,2% al 4,3% del fatturato.

I vini frizzanti (+21%) hanno accelerato più dei vini fermi (+12,4%) mentre le cooperative hanno contenuto la crescita al +9,2% (+19,6% le non cooperative). Prevalgono i mercati di prossimità (Paesi UE) con il 41,2% dell’export, seconda area di destinazione il Nord America (34,1%); crescita importante (+22,8%) per l’America centro-meridionale.

Il 2021, secondo lo studio Mediobanca, ha preservato il canale Gdo che, stabile al 35,6% del mercato, è cresciuto a valore del 13,5% e ha decretato la ripresa dell’Ho.Re.Ca. (+28,1%), che passa dal 15,6% al 15,9%. Due i trend in consolidamento: la premiumizzazione dei consumi e la maggiore attenzione alla sostenibilità.

Aumenti a doppia cifra per i vini Icon (+33,2%) e Premium (+20,2%), più contenuti per i vini Basic (+8,7%), pari a metà delle vendite complessive. Tiene il bio, con vendite 2021 in aumento dell’11%, per una quota di mercato del 3,3%; balzo in avanti per il vino vegan (+24,8%) al 2,2% del totale.

Sempre secondo lo studio di Mediobanca, cresce l’interesse anche per i vini naturali (+6,9%) e biodinamici (+2,4%) ciascuno confinato all’1% del mercato.

LE CANTINE ITALIANE BEST PERFORMER

Nel 2021 importanti operazioni di M&A nel mondo del vino hanno trasformato la classifica dei principali produttori nazionali. La leadership di vendite nel 2021 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 635,2 milioni (+9,7% sul 2020).

Al secondo posto la Italian Wine Brands (423,6 milioni di euro) che sale di cinque posizioni dopo l’acquisizione di Enoitalia e della statunitense Enovation Brands Inc. Completa il podio il polo Botter-Mondodelvino (Clessidra) in crescita del 19,3% sul 2020 a 415 milioni.

Seguono altre cinque società con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la cooperativa romagnola Caviro, il cui fatturato 2021 pari a 389,9 milioni di euro è cresciuto del 7,7%, la trentina Cavit (fatturato 2021 pari a 271 milioni di euro, +29,2% sul 2020), la toscana Antinori (265 milioni di euro, +24,6% sul 2020), la veneta Santa Margherita (220,6 milioni, +28,3%) e la piemontese Fratelli Martini che ha realizzato una crescita del 5,4%, portandosi a 219,4 milioni di euro.

In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2021, Tenute Piccini (miglior cantina Gdo 2019 per Vini al Supermercato – winemag.it) domina la scena con un +61% sul 2020 che la colloca davanti al gruppo Lunelli (+57,6%), a Terra Moretti (+47,6%), a Serena Wines 1881 (+40,1%) per chiudere con il +32,7% di Villa Sandi.

Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2021 vede in testa le società toscane e venete: Frescobaldi (25,6%), Santa Margherita (21,3%) e Antinori (17%). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 97,4%, Ruffino il 94,5% e il polo Botter-Mondodelvino il 91,1%.

I TERRITORI DEL VINO ITALIANO

Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2020 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,2%), seconda posizione per quelle venete (5,5%) e sul gradino più basso del podio le toscane (4,4%).

Secondo lo studio Mediobanca, i produttori toscani eccellono nella marginalità: con un Ebit margin al 14,6% distanziano i piemontesi (9,8%) e i lombardi (6,7%). In Toscana anche la maggiore stabilità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,5% del capitale investito.

Grandi esportatori i produttori piemontesi (72,2% del fatturato) e toscani (63,8%). Nel 2020 la maggiore proiezione internazionale ha salvaguardato le vendite dei produttori piemontesi (+10,8%) spinte dall’export (+20,1%) ma non è riuscita a fare altrettanto per quelli toscani (-11,2% in totale).

Recupero della Toscana nel 2021 con vendite in crescita del 24,9%. In avanzamento anche i produttori lombardi (+22,4% le vendite totali e +23,8% quelle oltreconfine) favoriti dalla maggiore diffusione degli spumanti (46,1% del fatturato).

IL SUCCESSO DEL VINO ONLINE

Oltre il 90% del wine e-commerce dei principali produttori è intercettato da piattaforme online specializzate con vendite in esplosione nel 2020 (+132,8% sul 2019). La classifica dei principali pure player , sempre secondo l’indagini dell’Area Studi Mediobanca, è guidata da Tannico, che nel 2020 ha registrato ricavi per 37,1 milioni di euro, in crescita dell’83% sul 2019.

Aumenti in tripla cifra per Vino . com (+218,7%) che, superando i 30 milioni di euro, ricopre la seconda posizione e per Bernabei (+160,4%) a 25,9 milioni. Sopra i 10 milioni di euro anche il fatturato di Callmewine (12,4 milioni), in aumento del 93,3%. XtraWine, raddoppiando il proprio fatturato rispetto al 2019, supera i 7 milioni di euro.

Winelivery si avvicina allo stesso importo dopo una crescita del 491,6%. Il 2020 è stato un anno di forte sviluppo anche per realtà di minori dimensioni, alcune delle quali, come Etilika, nate proprio in pieno boom. Per il 2021 è previsto un ulteriore balzo superiore al +60%.

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Vino e Spirits italiani: 2021 in recupero del 3,5%

Il vino italiano è in recupero del 3,5% nel 2021, a fronte del calo del 4,1% registrato nel 2020. Il risultato grazie alla spinta dell’export (+3,8%) che vede il migliore potenziale di crescita in Cina (+6,3%), Canada e Giappone (+5,9% annuo).

È quanto emerge dal primo report congiunto di Area Studi Mediobanca, Ufficio Studi di Sace e Ipsos sul settore vino & spirits italiano. Studio dedicato all’analisi dei mercati domestici e internazionali e alle dinamiche socio-culturali di consumo.

Boom dell’e-commerce (+74,9% le vendite sui siti aziendali) e degli investimenti nel digital (+55,8%) nel 2020. Crescita record per il bio (+10,8%) con un bevitore italiano su quattro si dichiara bio-fan e per i i formati alternativi al vetro (+5,8%).

Aumenta la ricerca di qualità ed esperienza insieme alla voglia degli italiani di frequentare le enoteche con i “non frequentatori” in calo dal 48% pre-pandemia al 42% post-pandemia. Spirits in calo nel 2020 dell’1,7%, ma con un rimbalzo del 5,4% atteso per il 2021.

L’ANDAMENTO 2020 E ATTESE PER IL 2021

Il 2020 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un calo di fatturato del 4,1% (-6,3% il mercato interno, -1,9% l’estero). L’ebit margin ha riportato una lieve contrazione arretrando al 5,8%, rispetto al 6,2% del 2019.

L’incidenza del risultato netto sul fatturato ha performato bene, con una leggera variazione dal 4,2% al 4,1%. I vini frizzanti hanno perso più terreno (-6,7%) dei vini fermi (-3,5%). Le cooperative hanno contenuto la flessione al 2%.

Il canale Gdo ha visto la propria incidenza salire al 38% rispetto al 35,3% del 2019 (a valore è cresciuto del +2,3%). Quello Horeca si contrae dal 17,9% al 13,4% (-32,7%), mentre wine bar ed enoteche passano dal 7% al 6,7% (-21,5%).

L’online è esploso durante la pandemia: +74,9% le vendite sui portali web di proprietà, +435% per le piattaforme online specializzate, +747% i marketplace generalisti. Nel 2020 gli investimenti nel digital dei maggiori produttori di vino sono aumentati del 55,8%, a fronte di un calo del 14,3% degli investimenti complessivi e del 13,4% della spesa pubblicitaria.

Le imprese con fatturato 2020 in aumento hanno venduto vino base (meno di 5 euro) per il 70,8% del loro fatturato. quota che scende al 52,6% all’interno del gruppo di imprese con vendite in calo. Ma lo spostamento verso segmenti più alti appare solo rinviato a quando si assesteranno gli stili di consumo post pandemici.

Sugli scudi il bio, con vendite 2020 in aumento del 10,8%, per una quota di mercato del 2,3%. Tiene il vino vegan (+0,5%, anch’esso al 2,3% del totale). Non fanno ancora presa i vini biodinamici, in caduta del 21,9% e confinati allo 0,1% del mercato.

Infine, il 2020 ha portato uno sviluppo del 5,8% per i vini confezionati in contenitori alternativi al vetro (brick, lattine, bag in box), leggeri, ecosostenibili, adatti all’online e in linea con l’interesse per le novità delle giovani generazioni.

I maggiori produttori di vino si attendono per il 2021 una crescita del 3,5%, che arriverebbe al 4,6% per la sola componente export. Per le maggiori società di spirits, si prevede un anno con vendite in crescita del 5,4% e del 4% per le esportazioni.

VINO E SPIRITS: PROPENSIONE AL CONSUMO INTERNAZIONALE

La mappa mondiale della propensione al consumo di vino e di spirits rivela che il rapporto maggiormente emancipato con il rito del bere è appannaggio dei Paesi di matrice anglofona (Australia, Gran Bretagna e Usa), con sporadiche incursioni di alcuni Paesi dell’Est europeo (Serbia e Polonia, con la Russia più arretrata) e del Nord del mondo (Canada e Svezia).

La Cina emerge come un mercato aperto e tollerante. La core Europe appare ben allineata in posizione intermedia con Germania, Francia e Italia che mostrano livelli simili di accettazione. Più problematico l’atteggiamento nel Sud e Sud Est del mondo, con la sola importante eccezione del Sud Africa. In generale la propensione al consumo di vino è superiore a quello degli spirits.

L’EXPORT ITALIANO

Nel biennio 21-22 si attende un aumento dei consumi di vino del 3,8% l’anno per molti tra i principali mercati. Per i due grandi importatori di vino italiano la crescita media annua è del 2% per gli Usa e del 3,1% per la Germania. In Svizzera i consumi di vino sono attesi stabili.

Discorso a parte per il Regno Unito. Crescita del 2,4% l’anno, ma prospettive complicate dagli sviluppi post Brexit. Opportunità possono arrivare da mercati già noti al vino italiano. Canada e Giappone segnano un consumo atteso in forte crescita (+5,9% annuo per entrambi). ma è la Cina a mostrare uno dei maggiori potenziali con un +6,3% annuo nel biennio 2021-22.

Una curiosità: il Vietnam, mercato ancora molto piccolo, ma che annovera una rilevante crescita dei consumi (+9,6%), anche grazie agli accordi commerciali con l’Ue che proteggono le indicazioni geografiche e riducono le tariffe e i dazi.

Le esportazioni italiane di vini e spirits valgono il 30% delle nostre vendite di alimenti e bevande oltreconfine e ammontano a 7,8 miliardi di euro nel 2020. Il comparto proviene da una crescita pluriennale: +6,3% medio annuo per i vini nel periodo 2010-19, che sale addirittura al +9,7% per gli spirits.

Il 2020 ha segnato una frenata: l’export di vini si è contratto del 2,3%, quello di spirits del 6,8%. Nel 2020 l’export di vino italiano vale 6,3 miliardi di euro e si stappa in prevalenza sulle tavole statunitensi (23,1%), tedesche (17,1%) e britanniche (11,4%).

Il 2020 ha consegnato variazioni differenziate: le nostre vendite sono in flessione negli Stati Uniti (-5,6%) e in Uk (-6,4%), mentre si è mossa in controtendenza la Germania (+3,9%). La pandemia ha colpito pesantemente gli spumanti (-6,9%).

Più modesto l’export italiano generato dal comparto degli spirits, che vale 1,5 miliardi di euro e ha nell’Europa la destinazione privilegiata (60,4%). Due i mercati di sbocco preferenziali, Stati Uniti e Germania, che fanno il 40% del totale.

Nel 2020 lo sviluppo del mercato statunitense (+21,5%) ne ha fatto il primo approdo per le vendite oltreconfine di spirits italiane, scalzando dal primo gradino del podio la Germania (+3,5%).

AD OGNI REGIONE I SUOI VINI

Nel 2019 il Veneto detiene il primato di vino prodotto, sia a volume che a valore, con il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia con il 19,6% a volume e il 13,3% a valore. Toscana e Piemonte hanno il 5% circa dei volumi, ma raddoppiano il peso se si guarda al valore.

Le caratteristiche regionali si notano anche nelle dinamiche di esportazione. La principale regione esportatrice, nel 2020, di vini è il Veneto con il 35,5% del totale delle vendite oltreconfine, più del doppio della seconda, il Piemonte con il 17,2%. La Toscana, terza regione, rappresenta il 15,5% dell’export nazionale di vino.

Nell’anno della pandemia il Veneto ha subito un calo dell’export del 3,3%, ma sono diminuite le vendite all’estero anche dei vini di Toscana e Lombardia. Fra le altre regioni il calo più consistente è dell‘Umbria (-24,2%), seguita dalla Valle d’Aosta (-21,9%), dalla Sardegna (-18,8%) e dalle Marche (-14,5%).

In controtendenza i vini del Trentino-Alto Adige, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte con aumento delle vendite al di fuori del territorio nazionale. Anche sui conti delle aziende i tratti regionali lasciano la propria impronta.

Il maggior Roi tocca agli abruzzesi (9,7%), piemontesi (8,6%) e veneti (7,8%). Best in class per solidità finanziaria i produttori toscani, con debiti finanziari pari ad appena il 26,8% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (66,9%) e toscani (61,7%) che superano il 60% di export sul fatturato.

L’EVOLUZIONE DEI CONSUMI POST-PANDEMIA

La pandemia ha inciso su alcune abitudini di consumo, anche in maniera sorprendente. La propensione dei consumatori ad acquistare bottiglie di vino nei supermercati è calata di 6 punti. Il 58% degli italiani che in epoca pre-Covid si approvvigionava nella Gdo si è ridotto al 52%.

La Gdo rimane il canale preferito per l’acquisto di vino, ma mostra dinamiche in evoluzione con una sempre maggiore ricerca di qualità, specificità e unicità. Un trend confermato dalla percentuale di persone che ha iniziato a frequentare enoteche, cantine e negozi specializzati.

Gli italiani che non si sono mai rivolti a un’enoteca per comprare una bottiglia di vino è in calo dal 48% prepandemico, al 42% attuale. L’aumento degli acquisti in enoteca ha coinvolto, in primis, l’universo femminile con un decremento delle non frequentatrici dell’8% (dal 52% ante Covid al 44% del 2021), ed ha toccato tutti i segmenti della società.

Si ha infatti una riduzione del 5% tra i Millennials, del 6% nella Generazione X e tra i Baby Boomers. Sono in aumento anche gli acquirenti di vino nelle cantine dei produttori: nel periodo pre-Covid gli italiani che non si erano mai recati in una cantina di un produttore erano il 46%, oggi scesi al 39%.

L’acquisto online è la stella dell’ultimo anno con l’e-commerce di proprietà consente alle persone di accedere direttamente al viticoltore. Prima del lockdown il 71% degli italiani non aveva mai fatto un acquisto online dai siti di una cantina, quota scesa oggi di sette punti (64%).

Inoltre, la percentuale di persone che prima del Covid non aveva mai fatto ricorso al sito e-commerce o all’offerta online di una enoteca era del 74%, oggi la percentuale è scesa al 69%. Alcuni tratti accomunano i nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori come la ricerca di qualità e il valore del locale, dei suoi prodotti e delle imprese.

In termini di costo della bottiglia, la tendenza, anche se con scostamenti minimi, sembra essere orientata verso due fenomeni. Da un lato una crescente polarizzazione della fascia di prezzo, con l’accentuarsi della forbice tra bottiglie di livello basso e alto. Dall’altro un conseguente indebolimento della fascia di prezzo intermedia, con uno scivolamento verso quella inferiore.

Infine, il tema bio fa registrare tre distinti livelli di interesse. I bio-attratti, altamente interessati ai vini biologici e che rappresentano il 36% dei bevitori I bio-light, caratterizzati da un approccio non convinto e un po’ modaiolo ai prodotti biologici che arrivano al 33%. Infine i bio-refrattari che formano il residuo 31%.

Tra i bio-attratti si possono trovare dei veri e propri bio-fan, che sono in parte anche high-spender, e valgono il 24% dei consumatori di vino.

LE MIGLIORI IMPRESE ITALIANE

La leadership di vendite nel 2020 è appannaggio del gruppo Cantine Riunite-Giv, con fatturato a 581 milioni di euro (-4,4% sul 2019), nettamente distanziato dalla seconda posizione ricoperta da un’altra cooperativa, la romagnola Caviro, il cui fatturato è cresciuto del 10%, avvicinandosi ai 362 milioni di euro. Completa il podio la veneta Casa Vinicola Botter (230 milioni, +6,4%).

Seguono altre cinque aziende con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la toscana Antinori, il cui fatturato 2020 pari a 215 milioni di euro ha subito un calo del 12,5%, la trentina Cavit (fatturato 2020 pari a 210 milioni di euro, +9,6% sul 2019), le piemontesi Fratelli Martini (208 milioni di euro, +1,1% sul 2019), Iwb (204 milioni, +29,7%) e la veneta Enoitalia che ha realizzato una crescita del +0,8%, portandosi a 201 milioni di euro.

In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2020, Iwb domina la scena con un +29,7% che la colloca davanti alla Contri Spumanti con un +13,8%, a Caviro e Mondodelvino, appaiate a +10%, a Cavit (+9,6%) e La Marca (+8,7%), per chiudere con il +6,4% di Botter e il +5,7% di Schenk Italia.

Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2020 vede in testa le società toscane e venete. Antinori (26%), Frescobaldi (24,5%) e Santa Margherita (24,2%). La recente acquisizione di Iwb su Enoitalia forma un player da circa 405 milioni di euro che sarebbe secondo in Italia nel 2020.

Le attività del fondo Clessidra (Botter e Mondodelvino) ammontano a circa 353 milioni e ne farebbero il quarto produttore italiano nel 2020, dietro Caviro.

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Enovitis: le nuove frontiere della ricerca al centro del convegno dedicato ai vitigni resistenti

Fabbrico (RE) – “La ricerca e l’innovazione non si possono fermare, perché rappresentano la chiave fondamentale per dare risposte alla sostenibilità, tema caro all’intero comparto vitivinicolo, intesa nella sua ampia accezione, economica, sociale e ambientale. In questa direzione il tema dei vigneti resistenti che stiamo affrontando oggi e il progetto portato avanti dall’Emilia Romagna rappresentano un’importante iniziativa per il futuro in termini economici e di sviluppo. La nuova PAC post 2020 sarà la giusta occasione per adeguare la normativa europea e favorire il trasferimento dell’innovazione dai centri di ricerca alle imprese, asset competitivo di primaria importanza per le nuove sfide del mercato”.

Con queste parole Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha espresso la posizione di UIV al convegno “Lambrusco: progetto ed esperienze per un vigneto sostenibile”, evento centrale, organizzato da “Il Corriere Vinicolo” e moderato dal Direttore Giulio Somma, della prima giornata di Enovitis in campo a Fabbrico (RE).

Focus è stato l’ambizioso progetto pilota “Vitigni resistenti in Emilia Romagna”, finanziato da imprese del settore, tra cui Cantine Riunite-Civ, in collaborazione con la Fondazione E. Mach, Vivai Cooperativi Rauscedo e Winepoint. A presentare i risultati del progetto avviato nel 2016 è stato Giovanni Nigro (Responsabile Filiera Vitivinicola e Olivo-Oleicola Centro Ricerche Produzioni Vegetali Soc. Coop.) che ha fatto il punto sullo stato di avanzamento e annunciato il nuovo sviluppo della ricerca sull’applicazione dei resistenti sui vitigni autoctoni.

“Qualsiasi imprenditore – ha commentato Corrado Casoli, Presidente di Cantine Riunite e Civ – deve porsi la questione dell’evoluzione nel campo della ricerca. La ricerca va fatta, perché essere contrari a priori significa non guardare al futuro. L’attenzione al cambiamento deve spingere a muoversi in una direzione che salvaguardi realmente il territorio e le sue caratteristiche. Per questo sosteniamo con orgoglio questo progetto. Attualmente il Lambrusco è il rosso più bevuto e venduto nel mondo, con 160 milioni di bottiglie prodotte. Per mantenere e accrescere il primato dobbiamo guardare al consumatore che è sempre più attento alla sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e umana”.

Ad approfondire le nuove frontiere della ricerca è stato Marco Stefanini (Unità di Genetica e Miglioramento Genetico della vite – Fondazione Edmund Mach), che ha spiegato le tecniche utilizzate per rendere i vigneti resistenti, partendo da quelle tradizionali, come l’incrocio tra varietà diverse, fino alla cisgenesi e il genoma editing, che accorcia i tempi della sperimentazione e permette di ottenere vitigni resistenti, mantenendo inalterato il patrimonio genetico della pianta.

Le prospettive aperte sono state contestualizzate all’interno dell’impalcatura normativa di carattere nazionale e comunitaria, che potrebbe subire interessanti cambiamenti con la prossima riforma della Pac, affrontata da Michele Alessi del ministero delle Politiche Agricole.

“Attualmente gli ibridi si possono utilizzare solo per i vini comuni e per quelli a indicazione geografica – ha sottolineato Alessi – Ma nella proposta di revisione della PAC avanzata dalla Commissione Europea c’è un’importante apertura per consentire in futuro la produzione anche dei vini Doc con i vitigni resistenti. Una proposta che dobbiamo analizzare con grande attenzione. Il Ministero si impegnerà a sentire tutte le voci delle imprese, facendosi carico delle loro istanze per capire come il sistema Italia vuole agire”.

Il convegno, che ha registrato il tutto esaurito, è stato al centro di una giornata che ha fatto registrare, oltre 4.500 presenze.

“Anche quest’anno Enovitis in Campo – spiega Luciano Rizzi, Direttore Commerciale Area Agriexpo&Tecnology Veronafiere – si conferma un grande successo. Da cinque anni collaboriamo con UIV in questa manifestazione unica nel suo genere, che sa intercettare i cambiamenti e le nuove esigenze del mercato. Cambiamenti che gli espositori hanno saputo cavalcare, puntando su innovazione e tecnologia”.

E proprio innovazione e tecnologia hanno trovato espressione massima nella premiazione dei vincitori dell’Innovation Challenge “New Technology Enovitis in campo 2018”, che quest’anno è stato assegnato a: Rex 4-120 Gt di Landini, un trattore dalla larghezza ridotta e con caratteristiche tecnologicamente perfezionate per ottimizzare le lavorazioni nel vigneto; Fendt 200 Vfp Vario di Fendt-Agco Italia spa, un trattore di facile conduzione e, in più, grazie alla tecnologia Gps Rtk, la macchina può essere direzionata in automatico tra i filari, applicabile nella viticoltura di precisione; Ibisco di Gowan Italia srl, agrofarmaco per la protezione della vite dall’Oidio.

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Cresce il settore vinicolo italiano: lo dice Mediobanca

 
Diffusi i dati di un’indagine Mediobanca fatta su 136 principali società di capitali italiane operanti nel settore vinicolo che nel 2014 hanno fatturato più di 25 milioni di euro e i cui bilanci sono stati aggregati per il periodo 2010-2014.  Si tratta di 42 cooperative (incluse sette S.p.A. e s.r.l. controllate da una o più cooperative), 87 S.p.A. e s.r.l. a controllo italiano e sette società a controllo estero che hanno segnato nel 2014 un fatturato pari a 6,2 miliardi di euro e un tasso di rappresentatività del 59,4% in termini di produzione (circa 10,5 miliardi di euro nel 2014) e del 61,6% in termini di export (5,1 miliardi di euro). Dall’indagine emerge un aumento di fatturato del settore vinicolo 2015 su 2014 del 4,8%, anche grazie alla crescita delle vendite estere +6,5%,  ma anche al buon contributo di quelle interne +3,1%. Un risultato, quello del comparto, decisamente migliore di quelli negativi dell’intera manifattura (-2,6%) e dell’industria alimentare (-0,8%). Anche se il 2015 si prospetta uno degli anni a crescita più modesta dal 2010, esso consente alle vendite del settore di superare del 31,6% i livelli del 2010, all’export del 46,6% e al fatturato domestico del 18,7%, lungo un trend di crescita ininterrotta anche se discontinua. Il maggiore sviluppo è stato realizzato dagli spumanti +10%, mentre i vini non spumanti si fermano a +3,7%.  Per i mercati esteri nel 2015 l’area più dinamica è il Sud America (+18,3% le vendite sul 2014), pur rappresentando una minima quota del fatturato estero (1,5%). Vivace anche la crescita del Nord America (+13,3%), dove si realizza ben  il 34% dell’export.  Il dato complessivo del +6,5 % delle esportazioni italiane di vino deriva da queste due regioni, poiché i Paesi UE sono cresciuti solo 3,7% e il resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE) del 3,2% e c’è stata una flessione del 10% sull’area asiatica. Per quanto riguarda le aziende, nel 2015, Cantine Riunite-GIV si conferma prima per fatturato (547 milioni, +2,7% sul 2014), seguita da Caviro in flessione del 4,4% a 300 milioni e da Antinori, primo gruppo non cooperativo che guadagna l’8,7% con 202 milioni di fatturato. In forte crescita Zonin (+14,3%) che con 183 milioni si porta dalla settima alla quarta posizione. Mezzacorona con 175 milioni (+2,1%) si conferma in quinta posizione. La divisione vini della Campari è sesta con 171 milioni, ma paga la crisi russa e perde il 18,2% di fatturato. Seguono nell’ordine: 7° posizione, cooperativa Cavit a 167 milioni (+1,9%); 8° posizione, Fratelli Martini a 162 milioni (+1,2%); 9° posizione, Botter a 154 milioni (+12,5%); 10° posizione, IWB a 145 milioni (+4%). Ma il record di crescita nel 2015 spetta alla cooperativa La Marca che passa da 60 a 76 milioni (+25,1%), scalando dalla 25esima alla 22esima posizione, seguita dalla Ruffino che sale del 17% da 81 a 94 milioni, portandosi dalla 21esima alla 18esima posizione. La più rilevante presenza sui mercati esteri è della Botter che vi realizza il 94,5% del proprio fatturato, seguita dalla Ruffino (93,1%), dalla Fratelli Martini (88,8%) e dalla Masi Agricola (88,4%); altre 15 società realizzano all’estero oltre il 50% delle vendite. Quanto alle prospettive per il 2016, tra le aziende coinvolte c’è molta positività, ma improntata a grande prudenza. Circa la metà ritiene di non andare oltre il 5% di crescita dei ricavi nel 2016. Le attese per l’export ricalcano la stessa tendenza, ma hanno un’intonazione un po’ migliore: il 94,5% degli intervistati prevede un fatturato in crescita o al più stabile nel 2016 (era l’89,5% nel 2015). ma solo 1 su 4 ha attese di crescita superiori al 10%. Solo il 5% degli intervistati invece teme in una riduzione dei volumi . I più frizzanti sulle previsioni sono, manco a dirlo, i produttori degli spumanti di cui un 15% si aspetta nel 2016 di aumentare il fatturato totale di oltre il 10%, percentuale che sale al 35% guardando i mercati esteri.
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Vini al supermercato

Pignoletto spumante Brut Doc, Righi

(3 / 5) Un prodotto di fascia medio bassa come bollicina a tutto pasto, tant’è il Pignoletto Spumante Brut Doc prodotto da Righi a Campegine, Reggio Emilia. Non c’è da aspettarsi chissà quali emozioni, è un vino semplice, fresco e beverino. Il Pignoletto Spumante Brut Righi si presenta con una bella spuma e con una bollicina fine, non a catenella, ma diffusa nel bicchiere, il colore è giallo paglierino scarico e al naso è davvero delicato con leggeri sentori di buccia di mela. Al gusto fruttato con un’effervescenza quasi prepotente che sgrassa, ma che non rimane acidula, un retrogusto leggermente amarognolo, ma non pesante, digeribile, ordinario e leggero, solo 11,5% di alcol in volume. Si abbina ad aperitivi, antipasti, primi piatti, arrosti di carne bianca e formaggi freschi. Quella del Pignoletto Spumante è una moda piuttosto recente, come tipologia di vino lo collochiamo tra un Pinot dell’Oltrepò e un Prosecco del Veneto di pari passo alla posizione geografica, una via di mezzo per gli amanti dei vini frizzanti o fan del Pignoletto che desiderano provare una versione innovativa magari anche in chiave cocktail del quale può essere un buon ingrediente. Il Pignoletto è un vitigno autoctono dell’Emilia Romagna diffuso in particolare nella zona di Modena e Bologna che si sta affermando come il vitigno bianco per eccellenza nella regione. In particolare, le uve utilizzate per il Pignoletto Spumante Brut Doc di Righi appartengono alla Doc Reno.

LA VINIFICAZIONE
La vinificazione avviene con il metodo Charmat in autoclave con una fase di maturazione sulle fecce fini di 30 giorni e ulteriori 60 giorni per accentuare le caratteristiche di finezza e aromaticità del vino, prima di essere imbottigliato. Righi appartiene al gruppo Cantine Riunite, Civ, nato nel 1950, che nel 2002 ha acquisito il gruppo Cantine Maschio arrivando ad essere il gruppo italiano leader nella produzione dei vini frizzanti.

Prezzo pieno: 5,39 euro
Acquistato presso: Bennet

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