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Muoia Sassicaia, con tutti i Ben Ryé

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EDITORIALE –
Caro Report ti scrivo, così mi distraggo un po’. E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò. Muoia Sassicaia, con tutti i Ben Ryé. Ma prima puoi spiegarci, una volta per tutte: perché? Fra citazioni letterali e rivisitazioni in salsa Rai, “L’anno che verrà” di Lucio Dalla calzerebbe a pennello per commentare la puntata I furbi del passito, andata in scena domenica 2 febbraio sulla tv nazionale. Se non fosse che, nel testo della canzone del 1979, la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione. Il nuovo anno è arrivato. Ma la litania di Report non è cambiata: sceglie uno stagno bello grande e lancia dentro una pietra di mezze informazioni e allusioni spacciate per scandali. Più per sentire il tonfo che fa, che per fare vera informazione. A meno che l’obiettivo non sia quello di portare avanti la battaglia dei “vinnaturisti”. Già perché di tutto si può accusare Report, tranne che di mancanza di coerenza.

REPORT E IL PARTITO DEI VINNATURISTI

Anche l’ultimo show del duo Ranucci-Bellano ha avuto come baricentro un atto di accusa, bello pesante, contro due brand che hanno scritto – stanno scrivendo e scriveranno, piaccia o no a Report – la storia del vino italiano nel mondo. Ovvero Donnafugata, che produce l’icona Ben Ryé, presente in gran parte dei ristoranti stellati (e non solo), italiani ed internazionali, così come in alcune insegne Gdo. E Cantine Pellegrino, nota per il Marsala e per il passito di Pantelleria, disponibile in varie fasce prezzo e tipologie, in supermercati ed enoteche. A fine 2024 era toccato a Sassicaia – mostro sacro di Bolgheri, di proprietà della famiglia Incisa della Rocchetta – finire sotto accusa. Nelle scorse ore è stato il turno delle due icone dell’industria vinicola della Sicilia. Il nodo della questione – lo ripeterò finché non mi stanco – dev’essere proprio questo.

RAI 3, REPORT E L’ODIO VINNATUISTA SPACCIATO PER INCHIESTA GIORNALISTICA

Chiunque bazzichi per fiere del settore, o abbia a che fare con produttori e amanti del vino naturale, sa che aziende-brand come Tenuta San Guido, Donnafugata e Pellegrino sono considerate alla stregua del diavolo in un segmento che innalza ad emanazioni di divinità alcuni difetti come brett, volatili e puzze di merda di stalla riscontrabili in più d’un “vino naturale”. Sfottere Sassicaia e Ben Ryé è un atto di rivoluzione tra vinnaturisti, paragonabile a quello dell’adolescente che fuma al parchetto coi coetanei, in sfregio ai genitori. Il ridicolizzare il successo commerciale di un vino o di una intera denominazione, per il solo gusto di farlo, è il sintomo più fieramente palesato dell’onanismo vinnaturista. Fenomeno di nicchia, che dilaga sempre più anche grazie a chi, per canone preso, ha deciso di parteggiare per questi ultras del vino, sulla tv nazionale.

IL SILENZIO DEI “VINNATURISTI DELL’EDITORIA”

Mentre vien da chiedersi quali saranno le prossime etichette commerciali nel mirino, emergono però due conclamati fatti. Sul cemento delle “serre” in cui appassisce il Ben Ryé, versato sui terreni del Parco Nazionale isola di Pantelleria – vincolo che, fino a prova contraria, dovrebbe preservare da qualsivoglia colata di calcestruzzo ed opere murarie – il titolare di Donnafugata, Antonio Rallo, tace. Trincerandosi, interpellato da Winemag attraverso il proprio ufficio stampa, dietro un laconico «no comment». Un vero peccato per l’occasione persa, che sarebbe stata utile a chiarire l’unico vero punto dolente (presumibilmente) toccato da Report nel servizio. A far ancora più “rumore” è il silenzio dei tromboni siciliani: ovvero quella stampa (di settore) che si spaccia per “nazionale”, appena può. Ma che quando si tocca l’isola, con argomenti scomodi o pericolosi per equilibri e adv, non ha neppure la decenza di scribacchiare due righe.

L’EX SINDACO 5 STELLE: «LE SERRE DI DONNAFUGATA? COME FORNI»

Vinnaturisti dell’editoria di vicinato, con la penna che funziona a targhe provinciali alterne, a seconda del vento che tira sull’isola: emuli di molti altri, dal centro al nord Italia. Nel servizio I furbi del passito, spazio infine per una vecchia conoscenza di Winemag: l’ex sindaco 5 Stelle di Pantelleria, Vincenzo Campo (2018-2023), a cui il duo Ranucci-Bellano si è sentito in dovere di dare la parola – sulla tv nazionale! – per consentirgli di paragonare (sentite bene…) le serre di Donnafugata a dei «forni». Alludendo, così, a un mancato rispetto del disciplinare di produzione del Passito di Pantelleria, da parte della nota cantina dei Rallo (ipotesi che risulta, carte alle mano, del tutto infondata). Un intervento utile ad introdurre una delle beghe più assurde dell’Italia del vino dei nostri tempi: la cosiddetta «sicilianizzazione dello Zibibbo». Un’altra storia di provincia, da scolarsi insieme a un buon Sassicaia, o Ben Ryé. Nella speranza di distrarsi un po’. I furbi del passito Report

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Cinque domande a Benedetto Renda sul neonato Consorzio Vino Marsala


L’unico quesito rimasto senza risposta? Quello sul numero di bottiglie totali che le 16 cantine aderenti al neonato Consorzio per la Tutela del Vino Marsala sono in grado di produrre. Per il resto, il presidente Benedetto Renda risponde a tutto tondo alle domande di winemag.it sul futuro di uno dei vini icona dell’Italia nel mondo: il Marsala.
Il nettare siciliano è all’ennesimo bivio, in seguito alla nascita del nuovo organismo di tutela.

Una buona notizia quella arrivata sul finire di novembre 2022, a distanza di (ben) 6 anni dalle dimissioni dell’ex presidente Giuseppe Ingargiola, conseguenti alla decisione di Florio (gruppo Duca di Salaparuta) di uscire dall’allora Consorzio. Un organismo «irrazionalmente monco», come lo definì in un celebre intervento Massimo Bellina, export manager delle Cantine Pellegrino, tra l’altro assessore della seconda giunta Lombardo.

«Un Consorzio – aggiungeva Bellina, sempre nel 2016 – che non aveva e mai avrebbe potuto avere la capacità di proteggere la denominazione Marsala e tanto meno tutelarne l’immagine. Non avrebbe potuto porre rimedio agli innumerevoli errori compiuti dagli stessi produttori, nessuno escluso, che nel passato nemmeno tanto lontano hanno inondato il mondo di “Marsala multigusti”, dolci e stucchevoli che se da un lato incontravano l’interesse di molti dall’altro minavano dalla base le velleità di vino blasonato che il Marsala aveva veramente alle sue origini».

Parole che continuano a risuonare a Marsala, in Sicilia e nell’Italia (del vino) intera, appesa alle labbra di un nuovo entourage, quello guidato per l’appunto dal presidente Benedetto Renda (Cantine Pellegrino) e dai vice Roberto Magnisi (Duca di Salaparuta) e Giuseppe Figlioli (Cantina Sociale Birgi) chiamati a cancellare anni di errori, alternati a stagioni di inspiegabile immobilismo. Un solo squillo, per la verità, tra il 2016 e il 2022: l’appello, nel 2019, del presidente della Strada del Vino Marsala, Salvatore Lombardo, per la rinascita del Consorzio e la “pace” tra i produttori locali.

A sessant’anni dalla fondazione, avvenuta il 27 dicembre 1962, il Consorzio per la Tutela del Vino Marsala ha così la grande occasione di cominciare da capo. La nuova assemblea si è riunita per l’esattezza l’11 novembre 2022, in concomitanza con la chiusura dell’annata agraria 2022. Piena l’adesione delle cantine Pellegrino, Florio (Duca di Salaparuta), Lombardo, Intorcia, Curatolo Arini, Fici, Alagna Giuseppe, Martinez, Vinci, Frazzitta, Birgi, Paolini, Casale, Colomba Bianca, Europa e Petrosino.

Presidente Benedetto Renda, nel futuro del Consorzio Marsala c’è la semplificazione (ovvero riduzione del numero) delle tipologie?

Il Consorzio creerà una commissione tecnica per la semplificazione ed evoluzione del disciplinare e certamente la riduzione del numero di tipologie è una delle ipotesi sul tavolo. Nel tempo le tipologie previste dal disciplinare sono cresciute nel numero, includendo anche varianti che presentano un notevole grado di similarità. Questa stratificazione rende più complesso il racconto del Marsala e, anche per questo, uno dei primi obiettivi della commissione sarà proprio quello di snellire e semplificare.

Quali saranno i cardini della comunicazione del Marsala a livello nazionale e internazionale?

È presto per parlare di comunicazione, che non potrà prescindere da un momento di ascolto a 360° del mercato. Credo però che partiremo da un maggiore impegno nel racconto del territorio, ancora poco valorizzato nello storytelling del Marsala. Obiettivo condiviso da tutti gli attori del Consorzio è parlare dei vini Marsala Doc con un lessico più contemporaneo, agganciando anche fasce di consumatori più giovani.

Si sta pensando a un ruolo per il “vino Perpetuo” all’interno della Doc Marsala o della Doc Sicilia?

Per il momento il focus sarà proiettato sulla Doc Marsala. C’è tanto da lavorare per raggiungere obiettivi qualitativi e ridefinire bene i confini in cui operare per valorizzare la Doc.

Come commenta i prezzi di vendita del Marsala nella Grande distribuzione?

Nella grande distribuzione si concentra il Marsala con minore invecchiamento. Negli anni c’è stata poca attenzione al prezzo di vendita. Il Consorzio intende dare maggiore impulso all’attività di controllo e indirizzo.

L’erga omnes figura tra gli obiettivi dichiarati del nuovo corso. Può entrare nel dettaglio?

Il riconoscimento dell’erga omnes, che riteniamo di poter raggiungere a breve, potrebbe creare un circolo virtuoso tra maggiore rappresentatività e capacità di raccogliere fondi. Sono entrambi elementi importanti affinché il Consorzio possa essere sempre più incisivo nella valorizzazione e promozione del Marsala.

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Approfondimenti

Cantine Pellegrino, nuovo impianto fotovoltaico a Pantelleria

È stato inaugurato a Pantelleria il più grande impianto fotovoltaico privato ad energia rinnovabile dell’isola. L’unico al servizio di un’attività produttiva: Cantine Pellegrino. Un impianto di potenza complessiva pari a 86,40 kWp, che permette alla cantina di essere quasi autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a fonti rinnovabili.

Il nuovo impianto è costituito da 270 moduli fotovoltaici del tipo vetro-vetro, di potenza pari a 320 Wp cadauno. L’installazione è avvenuta «nel pieno rispetto del paesaggio». Non risulta visibile da nessun osservatore e appare integrata nella skyline della zona.

L’investimento nel fotovoltaico consentirà a Pellegrino di godere di un notevole risparmio di energia elettrica, pari a circa 105 MWh l’anno. Anche l’ambiente ne trarrà beneficio. Si stimano infatti circa 49.600 kg di emissioni di CO2 evitate.

«Crediamo fortemente nello sviluppo sostenibile della nostra attività produttiva – commenta Benedetto Renda, presidente della Pellegrino e del Consorzio Vini Pantelleria Doc – e sempre e comunque nel rispetto dell’ambiente. Oggi siamo la prima cantina sull’isola ad essere dotata di un impianto fotovoltaico, ma ci auguriamo che anche altri possano seguire la nostra iniziativa al fine di preservare questo territorio unico e sostenerne l’economia».

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Cantine Pellegrino inaugura la Sala dei Manifesti Storici

Le Cantine Pellegrino, in occasione dei 140 dalla fondazione, inaugurano una nuova sala dedicata ai suoi Manifesti Storici, un luogo dove riscoprire il volto e l’immagine che nel tempo ha caratterizzato questa cantina, creata a Marsala nel lontano 1880 da Paolo Pellegrino.

La visita alla cantina si snoda lungo diverse sale prima di giungere ai Manifesti Storici, appesi alle pareti l’uno accanto all’altro, per consentire ai visitatori di cogliere le differenze di stile e di linguaggio usate dalla pubblicità nel corso degli anni. Un tunnel buio conduce ai manifesti, che illuminati singolarmente, si stagliano in una scenografica atmosfera.

Tra le linee più rigorose degli anni Venti del secolo scorso e lo stile pop e colorato degli anni Sessanta e Settanta si giunge alle immagini dei giorni nostri, con la definizione di uno stile New Vintage che è la cifra attuale della cantina, rappresentato dalla silhouette di una elegante donna che come abito veste una bottiglia di vino. Un poster ideato appositamente per la Pellegrino negli anni Sessanta da Dady, uno degli illustratori più celebri dell’epoca, come era consuetudine tra i grandi marchi.

La Sala Manifesti Storici, ubicata nella parte terminale delle bottaie storiche di Marsala, arricchisce e completa il percorso di visita in cantina di nuovi e interessanti contenuti. Con l’inaugurazione di questo ambiente infatti, il percorso di visita attraverso i luoghi sacri della produzione del vino si chiude in maniera del tutto nuova, approfondendo il colorato stile di comunicazione della cantina.

I Manifesti Storici non sono l’unica collezione custodita ed esposta nei locali delle Cantine Pellegrino. Cinque carretti siciliani dell’Ottocento perfettamente restaurati fanno bella mostra di sé in una sala dedicata, oltre a un magnifico calco in gesso originale della Nave Punica di Marsala, esposto in tutta la sua grandezza. Senza dimenticare una nutrita raccolta di attrezzi ultracentenari appartenuta a Mastri Bottai del luogo e la totalità del celebre Archivio Ingham-Whitaker, che custodisce la cronaca dei primi scambi commerciali del liquore marsala con l’Inghilterra.

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Povero Marsala: Cantine Pellegrino guida i prezzi più bassi al supermercato


MILANO –
Da un lato i prezzi più bassi al supermercato. Dall’altro l’organizzazione di cene nei ristoranti “in”, per proporre la “Marsala Revolution” attraverso alcune referenze dal packaging accattivante. Misteri del marketing. Fatto sta le storiche Cantine Pellegrino – al secolo Carlo Pellegrino & C. Spa – guidano il triste primato del Marsala a basso costo nella Grande distribuzione organizzata italiana.

È quanto emerge dall’inchiesta di WineMag.it tra le corsie delle maggiori insegne nazionali della Gdo: da Auchan a Conad, da Carrefour ad Esselunga, passando per Bennet, Coop, Eurospin, Lidl, Penny Market e Iper, La grande i.

C’è di più. Quasi mai, il nome “Cantine Pellegrino” appare per intero sulle etichette “primo prezzo”. Più facile trovare la sigla “C.P.C. Spa”, col riferimento della sede aziendale (via del Fante 39, Marsala). Si tratta appunto dell’acronimo della Carlo Pellegrino & C. Spa.

Tutto lecito, in un’Italia e in Europa che impone etichette “Chiare, Semplici e Leggibili”, ma che consente alle aziende di usare delle sigle, al posto del nome per esteso.

Un “escamotage” che molte cantine da milioni di bottiglie di vino a prezzo stracciato, destinato a supermercati e discount – impegnate però a promuovere quel paio di etichette destinate all’Horeca – conoscono bene.

Del resto, giusto vergognarsi di un Marsala che costa persino meno di quello degli imbottigliatori con sede legale a Piacenza (vedi quello di Giarola Savem) e Milano (quello di Giovanni Bosca Spa). Il record negativo spetta infatti alla referenza di Cantine Pellegrino proposta nei supermercati Esselunga.

Si tratta del Marsala Dop Fine I.P. Alagna – “Marca depositata Pietro Alagna e Figlio”: 3,58 euro risultano il prezzo più basso della Grande distribuzione italiana, per la bottiglia da un litro. Viene da chiedersi se Pietro Alagna, oggi novantenne presidente di Cantine Pellegrino, lo sappia.

A dire il vero, gli attenti buyer di Esselunga strappano il record per un solo centesimo ad Eurospin (avete presente? Quelli della campagna dei vini “Integralmente prodotti”, promossi da Luca Gardini) e Lidl, dove il vino simbolo della città trapanese (e della Sicilia intera) è in vendita a 3,59 euro al litro.

Clamoroso anche il prezzo del Marsala Fine Italia Particolare ambra secco di “F.F. Marsala” (Fratelli Fici): altra bottiglia da litro in vendita a 3,59 euro negli ipermercati di Iper, La grande i (Finiper).

Più in generale, come spesso accade nelle corsie del vino al supermercato, il quadro organizzativo del banco registra più di una pecca. Non è difficile trovare bottiglie di Marsala di vecchie annate, dimenticate sul fondo dello scaffale al posto di essere vendute prima dell’arrivo degli ordini della “vendemmia” più recente.

Per i clienti più attenti e preparati risulta così semplice procurarsi delle vere e proprie “verticali di Marsala“, come quella raccontata nei mesi scorsi dall’altra testata del nostro network, Vinialsupermercato.it (la polvere sulle bottiglie non si paga e le bottiglie risultano nel 90% dei casi molto ben conservate, nonostante i pregiudizi). Anche la costruzione del display, in molti casi, lascia a desiderare.

Tralasciando la violazione di Conad e di Iper, La grande i (che espongono un “vino aromatizzato” come il “Floriovo” indicando sull’etichetta la parola “Marsala”, cosa che del resto fa anche la nota enoteca online Bernabei) va sottolineato che solo i francesi di Auchan dedicano ai “vini liquorosi” una vera e propria “voce” a scaffale, ben visibile grazie alla cartellonistica.

Per il resto, il Marsala si trova spesso decontestualizzato dalla corsia dei vini. Nella maggior parte dei casi, le referenze presenti sono collocate tra i distillati o le creme liquorose, con risultati imbarazzanti per la nobile Denominazione siciliana.

Curiosa la scelta di Esselunga, che in ottica cross-marketing espone il Marsala su testate adiacenti la pasticceria, vicino a Passiti e vini spumanti dolci come il Moscato e il Brachetto d’Asti o frizzanti come il Sangue di Giuda dell’Oltrepò pavese. Ecco, nello specifico, la situazione riscontrata in occasione della nostra inchiesta, insegna per insegna.

IL MARSALA AL SUPERMERCATO, INSEGNA PER INSEGNA


Auchan

Ampio l’assortimento e ben esposto in verticale, in una sezione dedicata ai “vini liquorosi”. In alto due referenze di Carlo Pellegrino, linea “Baglio Kelbi”: 4,69 euro per entrambe le bottiglie da 75 cl (6,25 euro al litro).

Si tratta del Marsala fine I. P. Semisecco Dop e del Marsala Superiore S.O.M. Ambra secco Dop. Appena sotto, ad altezza presa, a 3,79 euro per la bottiglia da 75 cl (5,05 euro al litro) il Marsala fine imbottigliato da Casano Sas di Marsala.

È il Marsala fine ambra Semisecco “Antichi Bagli“. Accanto a lui il Cremovo di Pellegrino, sempre linea Baglio Kelbi, a 3,99 euro (5,32 al litro). Appena sotto, ecco il VecchioFlorio 2014: 75 cl a 7,99 euro (10,65 euro al litro). Due vendemmie a scaffale: 2014 davanti e 2012 dietro.

Più sotto, sempre in verticale, il “Terre Arse” vergine 2002. Presenti anche alcune bottiglie del 2000, mal esposte sul fondo: 11,29 euro il prezzo del mezzo litro (22,58 al litro). Ripiano più basso per “Targa riserva 1840”, altra etichetta di Florio: 11,43 euro la vendemmia 2003, bottiglia da 0,50 (22,86 al litro).

Bennet

Buon assortimento. Il Marsala superiore dolce Dop “Garibaldi” di Pellegrino è ad altezza presa (4,39 euro, bottiglia da 500 ml, 8,78 al litro), tra un Picolit da 11,85 euro e una grappa di Franciacorta.

Appena sotto nel display, in perfetta verticalizzazione, il Marsala fine Doc ambra semisecco di Martinez Srl, tra un Sangue di Giuda dell’Oltrepò pavese e una grappa gentile di Chardonnay.

Base dello scaffale riservata ad altre due referenze: il VecchioFlorio secco 2014 a 6,95 euro (750 ml) e il Marsala Ambra Semisecco “Gibò”, imbottigliato in zona d’origine per Giovanni Bosca Spa, Azienda con sede in piazza Diaz 1, a Milano: costo di 4,99 euro per la bottiglia da un litro.

Carrefour

Due referenze che paiono dimenticate nell’angolo basso dello scaffale, contro una colonna. Sono il VecchioFlorio 2014 (6,90 euro la 750 ml) e il Marsala fine I. P. “Liberti”, imbottigliato da D.D.S. Spa in via Florio, a Marsala (bottiglia da 1 litro a 4,49 euro).

Si tratta della sigla che “cela” Duca di Salaparuta, marchio che riunisce alcuni brand storici siciliani come Corvo e la stessa Florio. Certamente più rispettoso l’approccio alla Denominazione, rispetto a quello di Cantine Pellegrino.

Coop

Il Marsala si trova nella corsia dei superalcolici, per l’esattezza sul ripiano più basso dello scaffale. Due le referenze. Il VecchioFlorio a 6,85 euro (9,13 al litro), presente nel caos con ben tre vendemmie (2012, 2013 e 2014 esposte in ordine inverso rispetto alla basilare regola del first in first out) e il Marsala Fine Ambra Semisecco “Lilibeo” di C.P.C. Spa: 4,99 euro il litro. Riecco dunque Cantine Pellegrino a cimentarsi nel primo prezzo.

Nel supermercato Coop preso in analisi per la nostra inchiesta, le bottiglie di Marsala risultano esposte tra un “Anice forte” venduto a 5,89 euro e il Martini rosato perfetto per i cocktail, in vendita a ben 8,39 euro.

Conad

Due referenze, oltre al Floriovo (che in etichetta viene erroneamente indicato come “Marsala”). Ad altezza presa il Marsala Superiore Old Marsala Ambra secco, di Cantine Pellegrino: 5,25 euro per la bottiglia da 0,50 (10,50 al litro). Più in basso il Marsala Fine I. P. imbottigliato da F.F. Marsala (Fratelli Fici) per conto di Giarola Savem, azienda vitivinicola di Piacenza (5,29 euro la 75 cl).

Esselunga

Due referenze, ad altezza piedi, alla base di una testata condivisa con spumanti dolci, passiti e vin santo, intervallate dal “Cromovo” di Pellegrino. Si va dai 3,58 euro del Marsala Fine di “C.P.C.”, che offre appunto il primato del Marsala a basso costo della Grande distribuzione organizzata a Cantine Carlo Pellegrino, agli 8,39 euro del Marsala superiore Doc Secco VecchioFlorio, vendemmia 2014 (formato da 1 litro).

Eurospin

Ancora una volta decontestualizzato dalla corsia vini, il Marsala si trova poco lontano da una “crema di banana” da 4,29 euro (“liquore cremoso e avvolgente”) e da un passito di Pantelleria da 4,99 (Cantine Pellegrino), accanto a un vino aromatizzato all’uovo dello stesso brand. Una sola referenza, “Baglio delle Torri” in formato da 1 litro: 3,59 euro il prezzo.

Iper, La grande i (Finiper)

VecchioFlorio apre la linea a banco, ad altezza presa. Due le vendemmie presenti: 2014 davanti e 2013 dietro. Prezzo di 6,95 euro per la bottiglia da 75 cl (9,27 al litro). Il Marsala ha accanto una crema alla nocciola da 3,99 euro e il “Floriovo” Florio a 5,99 euro (altra etichetta fuorilegge del punto vendita, in cui è indicata la parola “Marsala”).

Più sotto, posizionato correttamente, un altro Marsala a 3,59 euro bottiglia da litro: è il Fine Italia Particolare Ambra secco di F.F. Marsala (Fratelli Fici).

Lidl

Ancora una volta il Marsala decontestualizzato dal banco destinato all’esposizione dei vini e collocato tra i distillati. Siamo tuttavia su un lungo lineare, che dal centro del punto vendita arriva a lambire le casse, interessando anche l’ampio assortimento che la catena tedesca riserva alle birre (anche “artigianali” italiane). Una sola referenza di Marsala, accanto a un Gin da 6,49 euro: il costo è di 3,59 euro per la bottiglia da litro.

Penny Market

La referenza è esaurita nel punto vendita visitato, ma gli addetti del supermercato confermano che in assortimento c’è un solo Marsala. Il costo è 3,59 euro, ma la bottiglia è da 0,75 cl (4,79 euro al litro).

Il Marsala è inserito nella corsia dei distillati, tra una grappa barricata da 5,99 euro e un surrogato dello Jägermeister prodotto in Germania, a 5,29 euro. Tant’è. Povero Marsala.

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Batò cambia etichetta ma non il gusto

Una nuova veste e il gusto di sempre. Lo storico marchio Cantine Pellegrino presenta la nuova etichetta di Batò, l’amaro siciliano realizzato secondo l’antica ricetta ancora oggi gelosamente custodita in esclusiva.

La ricetta di Batò è ancora la stessa, quella creata da Oscar Despagne per la cantina di Marsala. L’amaro è ottenuto dalla lenta e lunga macerazione in alcool di una selezione di erbe officinali ed essenze.

Al naso sono evidenti le note di arance amare, menta, cacao, liquirizia e caffè tostato. Il gusto invece è morbido e rotondo, con note dolci ma non stucchevoli.

Batò può essere gustato freddo, con ghiaccio o a temperatura ambiente ed eccelle in abbinamento ai dolci di ricotta, al gelato alla vaniglia o fior di latte.

Perfetto come dopo pasto o digestivo, accompagna i momenti di relax della giornata. Ideale per la preparazione di un cocktail piacevole e fresco: basta aggiungere 1/3 di Batò, 2/3 di acqua tonica, cubetti di ghiaccio e servire freddo in un bicchiere da amaro largo.

LA STORIA DELL’AMARO
Il nome Batò deriva dall’italianizzazione della parola bateau (barca in francese) e vuole rendere omaggio a un episodio che ha profondamente segnato la storia della famiglia Pellegrino e il destino di un territorio.

Alla fine del ‘700, un gruppo di intraprendenti imprenditori inglesi (Woodhouse, Ingham e Whitaker) si stabilisce nella costa occidentale della Sicilia per dare avvio a fiorenti scambi commerciali tra l’isola e la madrepatria.

Le navi, cariche di vino siciliano, partivano dal porto di Marsala alla volta dell’Inghilterra. Al ritorno, per ottimizzare i costi di trasporto, venivano poi caricate di pregiati prodotti inglesi come ceramiche e stoffe, tanto richieste dalla nobiltà e dall’alta borghesia siciliana.

Fu proprio una di queste navi, il batò rappresentato nella nuova etichetta dell’amaro, a portare nel suo viaggio di ritorno a Marsala il liquorista francese Oscar Despagne, chiamato da Paolo Pellegrino, fondatore di Cantine Pellegrino, per avvalersi della sue comprovate competenze tecniche.

Così, nel 1895, Despagne s’imbarca con tutta la sua famiglia da un piccolo porto francese, in prossimità di Bordeaux, per trasferirsi in Sicilia. In poco tempo diventa l’uomo di fiducia della famiglia e grazie al suo contributo la Pellegrino diventa una delle aziende siciliane vitivinicole più all’avanguardia dell’epoca.

Su richiesta di Paolo Pellegrino, Despagne crea un amaro ispirato alla grande tradizione liquorista francese, caratterizzato però dalle note calde e avvolgenti tipiche del Mediterraneo.

Il legame tra i due personaggi diventa ancora più forte dopo l’unione di Josephine Despagne, la bella e volitiva figlia di Oscar, con Carlo Pellegrino, primogenito ed erede di Paolo, da cui prende avvio la storia della più longeva dinastia siciliana del vino, oggi giunta alla sesta generazione.

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Approfondimenti

Al via la prima edizione del Pantelleria DOC Festival

In occasione della prima edizione del Pantelleria Doc Festival, il più grande evento dedicato alla scoperta dell’isola e dei suoi vini Doc che dal 31 agosto al 9 settembre animerà l’isola, enoturisti e appassionati del buon bere potranno visitare la cantine e scoprire tutti segreti sui vini ottenuti dalle uve di zibibbo, il vitigno principe di Pantelleria, coltivato con la tecnica dell’alberello pantesco, oggi riconosciuta patrimonio Unesco dell’Umanità.

Esaltare il potenziale turistico dell’isola così come non era mai stato fatto: questo, l’obiettivo principale del Festival organizzato e promosso dal Consorzio vini di Pantelleria Doc, in collaborazione con il consorzio turistico dell’isola Pantelleria Island.

Natura, sport, cultura, enogastronomia, eventi mondani, sono gli ingredienti che compongono e che danno colore a un programma di dieci giorni, in cui i vini di Pantelleria sono il trait d’union. Il Festival innesterà il proprio racconto sulla viticoltura eroica, simbolo stesso di Pantelleria, distribuendosi in una miriade di eventi che, partendo dalla scoperta del territorio e dei suoi prodotti, restituiranno una fotografia d’insieme unica, espressione di una sinergia autentica tra vino e turismo.

“Il termine viticoltura eroica – spiega Benedetto Renda, presidente del Consorzio vini di Pantelleria DOC e amministratore delegato di Cantine Pellegrino – non è utilizzato a caso, o arbitrariamente. Produrre vino a queste latitudini, che si tratti di passito, vini secchi o spumanti, è una vera propria impresa eroica: in media, infatti, a Pantelleria occorre più del triplo del tempo di lavoro che si richiede in altre realtà territoriali. Le condizioni geografiche estreme, l’orografia dei terreni in forte pendenza, il vento che soffia costante, le limitate disponibilità di manodopera, la scarsità di piogge e l’assenza di sorgenti d’acqua dolce rendono l’attività dei vignaioli un miracolo continuo, premiato dalla qualità di vini che non hanno eguali in tutto il panorama enologico”.

“Il Pantelleria DOC Festival – conclude il presidente Benedetto Renda – riunisce un mix irripetibile tra natura, sport, cultura, enogastronomia ed eventi mondani, un programma eccezionalmente variegato il cui trait d’union sono i vini panteschi e l’uva Zibibbo da cui nascono, corpo e anima dell’isola”.

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Vini al supermercato

Penny Market, il “vino del mese” è un insulto all’Oltrepò. Per 2 euro, meglio il Syrah Pellegrino

Stride, sul collo della bottiglia, la fascetta della Doc, dopo il primo sorso di Camé, Bonarda dell’Oltrepò Pavese vendemmia 2016 imbottigliato dall’Azienda Vinicola M.G. Sas a Cassolnovo, piccolo borgo alle porte di Vigevano (non esattamente, dunque, “Oltre il Po”). E stride, ancor prima, il manifesto affisso al cestone del Penny Market,
nel quale sono rovesciate le bottiglie di quello che viene presentato come il “Vino del mese”.

La promozione è di quelle accattivanti: al vino in questione viene applicato uno sconto del 27%, che porta il prezzo da 2,19 euro a 1,59 euro. Per intenderci, il Bonarda Camé costa 2,12 euro al litro. Bastasse la convenienza, saremmo a cavallo.

Dal nostro esame, il prodotto ne esce – di fatto – a pezzi. Spuma assente, naso grezzo, palato impastato da una pastosità che ricorda il ritrito. Undici gradi e mezzo la percentuale di alcol in volume.

Un’acqua rossa che offende un territorio intero, per mano di una catena della grande distribuzione come Penny Market, che con questa etichetta – a dispetto di un assortimento che può vantare punte di eccellenza nel rapporto qualità prezzo, come l’imbattibile Bolgheri InSogno di Podere Guado al Melo, non a caso inserito nella nostra classifica 2015 delle migliori bottiglie di vino acquistabili al supermercato – tocca uno dei suoi punti più bassi.
Avrebbe potuto seguirla a ruota Esselunga, se non fosse che il Syrah 2014 Terre Siciliane Igt Costa Gaia è prodotto da un mostro sacro come Cantine Pellegrino di Marsala. Gente che, se rischia, lo fa coscientemente.

Il vino in questione, in sell out a spot la scorsa settimana nella catena di Caprotti al fantasmagorico prezzo di 1,99 euro (al netto di un 50 e rotti percento di sconto) risulta letteralmente “regalato” nel suo apparire nel calice perfettamente didattico (più che mai adatto, dunque, al pubblico della Gdo).

Classiche note del vitigno che spaziano dalla frutta rossa al pepe nero, unite a una facilità di beva strepitosa, nonostante i 13% che lo rendono tutt’altro che un “vinello” da quattro soldi.

Due vini, il Bonarda Camé e il Syrah Costa Gaia, capaci di mostrare il duplice volto del rapporto qualità prezzo del vino al supermercato. Saper scegliere, per scegliere bene.

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Via le Cantine Florio dal Consorzio di Tutela del Marsala


Non c’è pace per il Marsala. Prima l’addio di Renato De Bartoli, figlio di Marco De Bartoli, il profeta del marsala, che ha deciso di lasciare l’azienda di famiglia per passare a Baglio di Pianetto, l’azienda siciliana della famiglia del conte Marzotto. De Bartoli, produttore del Vecchio Samperi, ha preso il posto di Alberto Buratto, amministratore delegato da una dozzina di anni, deciso ad accettare una nuova scommessa professionale. Ora la notizia delle Cantine Florio che abbandonano il Consorzio di tutela del vino Marsala fondato nel 1963 da produttori locali per promuovere la Doc Marsala e proteggerne l’identità dopo gli anni di calo del gradimento sul mercato.

L’azienda Duca di Salaparuta Spa, con i suoi tre brand Florio, Duca di Salaparuta e Corvo, di proprietà dell’Illva di Saronno, ha deciso di lasciare il Consorzio a causa dei «numerosi impegni italiani». «Stare nel Consorzio – hanno riferito i responsabili della Duca di Salaparuta – è un’attività che richiede tempo e non riuscivamo più a seguire questo compito nel modo giusto. Continuiamo a pensare che il Marsala sia un prodotto moderno, versatile, che sia vivo e che abbia un futuro. Siamo azienda leader del Marsala e andremo avanti».

«Noi crediamo in questo prodotto – aggiunge la società -. La nostra cantina di Marsala ha lavorato moltissimo, in questi anni abbiamo allargato la gamma di prodotti liquorosi e passiti e stiamo puntando molto sull’enoturismo. Con 50 mila visitatori all’anno in cantina siamo una tra le più grandi mete enoturistiche della Sicilia». Oltre all’uscita dal Consorzio da parte della Florio, si registrano anche le conseguenti dimissioni di Giuseppe Ingargiola, dipendente della stessa Florio e presidente del Consorzio.

Una dipartita, quella delle Cantine Florio, che ha destato preoccupazione alle Cantine Pellegrino. L’amministratore delegato, Benedetto Renda, anche vice presidente del Consorzio, spera in un dietro front e ha manifestato la disponibilità a discutere con la famiglia Reina, proprietaria della Florio, per comprendere meglio le ragioni dell’uscita che forse non convincono del tutto. Una decisione che segna la fine di un’epoca fallimentare secondo l’ex assessore alle Politiche Agricole del Comune di Marsala, il produttore Nino Barraco: «Il Consorzio, a maggior ragione con l’addio delle cantine Florio, non rappresenta più il bene del territorio e del brand Marsala».

«La politica del Consorzio – ha aggiunto il vignaiolo marsalese – non è riuscita nell’intento di far decollare il Marsala ma ha portato alla condanna del lavoro svolto dalle aziende che ne facevano parte. Bisogna adesso ripartire da zero con un consorzio che sia rappresentativo del territorio e in cui facciano ingresso anche i produttori di uva, senza i quali la Comunità europea non riconosce il ruolo dei consorzi. E con la riproposizione di un disciplinare che punti tutto sulla qualità dell’uva».

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Marsala, al vaglio il lancio della Docg. Proposta concreta o voli pindarici? Produttori divisi

Nel corso dell’ultimo incontro tra associati della Strada del vino e Consorzio Tutela del Marsala, l’assessore comunale all’agricoltura di Marsala, Antonino Barraco, ha lanciato una sua proposta per rilanciare l’economia cittadina e il suo prodotto. L’idea è l’istituzione di una Denominazione di origine controllata e garantita (Docg) Marsala. Tale vino sarebbe prodotto con uve di eccezionale qualità, con un titolo alcolometrico naturale minimo di 15 gradi escludendo aggiunte di alcol come avviene per il Marsala prodotto attualmente dal Consorzio e per i vini fortificati in genere. La prerogativa della gradazione comporterebbe anche la mancata produzione del prodotto in caso di annate sfavorevoli. Se da un lato la proposta ha accolto i pareri favorevoli di alcuni produttori presenti al tavolo di discussione, ha generato d’altro canto le perplessità di Diego Maggio, delegato del Consorzio, secondo il quale il nome potrebbe generare confusioni. Problema superabile quello del nome per l’assessore Barraco, che ha invitato le poche aziende attualmente produttrici del Marsala a lavorare in modo compatto e coeso per questa sfida. Il Marsala Doc ha attraversato momenti altalenanti nella sua lunga storia che risale ai primi dell’Ottocento, pagando in un passato relativamente recente lo scotto di produzioni più quantitative che qualitative.  La Docg è sicuramente un marchio di garanzia, ma la storia del vino insegna che la Denominazione di origine controllata e garantita non sempre sia garanzia di successi. Il “Marsala di Marsala” Docg, questo è uno dei possibili nomi lanciati all’incontro, diventerà davvero un prodotto di traino? Davvero tutti i produttori faranno a gara per produrlo? Per il momento fanno più riflettere le parole del direttore marketing delle Cantine Pellegrino, che su Facebook ha commentato la notizia con un genuino: “Ma quale Docg ….? Se la maggior parte dei produttori, alcuni dei quali promotori della Docg, vendono un litro di Marsala a 1,25 euro…???”.

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