La Guida Vitae 2022 premia il vino di un suo socio bufera sul presidente Ais Sicilia camillo privitera etna doc primaterra
Il vino della cantina del presidente Ais SiciliaCamillo Privitera è stato premiato dalla stessa Ais nella Guida Vitae 2022, con le “Quattro Viti”. Il massimo riconoscimento dell’Associazione italiana Sommelier è stato dunque assegnato a un’etichetta – l’Etna Doc Rosso di Vigneti Primaterra – prodotta da un socio, nonché uno dei suoi massimi rappresentanti nazionali.
Un premio destinato a far discutere in vista del 54° Congresso Nazionale Ais, in programma a Bologna dal 19 al 21 novembre. A confermare che le “Quattro viti” alla cantina di Randazzo (CT) non siano passate inosservate in Sicilia, c’è l’email di alcuni vignaioli siciliani indirizzata a WineMag.it.
LA LETTERA
«Egregio Direttore – recita la missiva – mi chiamo X (omissis, ndr). Insieme ed un gruppo di amici ho deciso di scriverle per comunicare un fatto che ci dà parecchio fastidio e che ci sminuisce in quanto onesti lavoratori della terra e produttori di vino».
Abbiamo appreso che tra i vini con il più alto punteggio nella guida dei sommelier Ais, per la Sicilia è stato premiato il vino rosso della Cantina Primaterra dell’Etna, condotta dal presidente regionale di Ais Sicilia, Camillo Privitera.
Questo fatto pone seri dubbi sulle degustazioni effettuate per la guida dei vini siciliani dei sommelier, dal momento in cui lui stesso, oltre ad essere presidente regionale, è il responsabile effettivo della guida».
Ufficialmente, il responsabile della Guida Vitae per la Sicilia è Orazio Di Maria. Come confermano numerosi video, Camillo Privitera, proprio in virtù del suo ruolo, è sempre presente alle premiazioni, pur non partecipando alle degustazioni.
Un esempio? La diretta Facebook del 5 dicembre 2020, in cui il presidente nazionale Ais Antonello Maietta si collega in streaming con l’isola, per premiare Cantine Nicosia.
In quell’occasione, Graziano Nicosia, rappresentante della famiglia di produttori premiati dall’Associazione italiana sommelier con il Tastevin 2021, è seduto al centro. Proprio fra Orazio Di Maria e Camillo Privitera.
«Noi ogni giorno col nostro lavoro e col nostro sudore ci impegniamo assiduamente a fare vino – continua la mail inviata dai vignaioli siciliani a WineMag.it – e ci vediamo mortificati come piccoli produttori quando vediamo che, addirittura un presidente regionale dei sommelier, vede premiato un suo vino, non potendo far altro che pensare male di questo circuito».
«Perché l’Associazione dei Sommelier fa queste cose, penalizzando piccoli e grandi produttori a vantaggio di chi dovrebbe essere imparziale? La preghiamo cortesemente, direttore, di aiutarci a fare luce su questo avvenimento immorale e per noi ingiusto», è la chiosa alla lettera ricevuta dalla nostra redazione.
LA REPLICA DI CAMILLO PRIVITERA
Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, Camillo Privitera, titolare della cantina Primaterra con la moglie Tiziana Gandolfo, si mostra tranquillo e per nulla preoccupato dalle polemiche.
«Non mi devo giustificare con nessuno – commenta il presidente Ais Sicilia – e se qualcuno ha qualcosa da dire, è libero di farlo. È un tema che potrebbe essere sollevato per qualsiasi soggetto che fa comunicazione e che si occupa di vino. Basti pensare a tutto quel comparto dei cosiddetti influencer».
Sono uno che non ha mai chiesto un vino o bevuto un vino che fosse regalato. Cose dette così hanno il sapore della perfidia, della malafede e della cattiveria, ovvero il sapore del “niente”. Sarebbe più opportuno fare queste domande al referente della Guida, Orazio Di Maria».
«Il presidente Ais Sicilia non fa le degustazioni, non sceglie il gruppo dei degustatori e non partecipa minimamente in nessun contesto della Guida Vitae. Questa pubblicazione vive da anni, non da adesso, di una sua autonomia», conclude Camillo Privitera.
Più in generale, l’Etna Doc Rosso 2016 di Vigneti Primaterra è uno dei 18 vini siciliani premiati da Ais. Il massimo riconoscimento delle “Quattro Viti” è stato assegnato anche ad altri 6 vini prodotti sulle pendici del vulcano.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Rischia di perdere la mano in cantina torna a vendemmiare 25 anni dopo linfortunio la storia di Marco Collanega 1
«Non ho mai chiesto neppure un punto di invalidità, perché c’è sicuramente chi ha più bisogno di me. Negli anni ho imparato a convivere con il problema. E la vita mi ha detto bene in tutto il resto: ho un’impresa tutta mia, ben avviata. Quest’anno mi sono pure sposato!». La storia di Marco Collanega, classe 1991, è di quelle che fanno bene al cuore.
La vita del giovane è cambiata il 26 settembre del 1996. Alla tenera età di 5 anni, durante la vendemmia del podere di Castel di Guido, in provincia di Roma, il piccolo Marco infilava la mano nella pigiadiraspatrice.
Un incidente che ha segnato il futuro del vigneto, estirpato dopo il tragico infortunio. Nell’estate 2021, ben 25 anni dopo, Marco Collanega e la sua famiglia possono dire di essersi messi il passato alle spalle.
«Sono tornato a vendemmiare quest’anno – racconta il giovane a WineMag.it – dopo aver ripiantato una parte del vigneto estirpato in seguito all’incidente. Fondamentale in questa scelta è stato il supporto di Siria, la donna che è diventata mia moglie, lo scorso luglio. In tasca, il giorno del matrimonio, avevo il coltello da innesto di nonno Anselmo, che nel frattempo è venuto a mancare».
Insieme agli amici abbiamo prodotto circa 400 litri di rosso e 300 di bianco. Una piccola produzione artigianale, così come è sempre stata quella della mia famiglia, che vendeva il vino al mercato. Magari un giorno questo potrà diventare un lavoro vero e proprio per me e per mia moglie, che già mi affianca nella potatura e nella vinificazione».
Marco sogna un futuro da vignaiolo, ma nel frattempo si tiene stretto il suo lavoro nel settore dell’edilizia. Tutto quello che sa sulla viticoltura e sull’enologia, lo ha imparato dal padre Sergio, che lo ha accompagnato per anni nella riabilitazione.
«Per levarmi lo sfizio mi sono iscritto a un corso sommelier – racconta – completando il primo livello. Venendo da una famiglia che faceva vino in casa, ho trovato le nozioni molto utili e interessanti per l’attività che oggi porto avanti nel mio piccolo vigneto».
Dal cielo, nonno Anselmo avrà certamente di che sorridere. «È lui che mi ha trasmesso geneticamente questa passione – commenta Marco Collanega – ed è grazie a lui se la nostra famiglia, pur a livello artigianale, è legata alla viticoltura».
Una passione che oggi si riversa in 3 mila metri di varietà a bacca bianca e rossa, tra cui Montepulciano e Malvasia del Lazio. Tutte nelle mani, è il caso di dirlo, di Marco e della moglie Siria.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Giacomo Fenocchio verticale storica 1978 2020 per la nuova cantina Barolo en primeur per i turisti Claudio Fenocchio 1
Claudio Fenocchio era ancora un bambino mentre il padre, Giacomo Fenocchio, mandava in pensione i vecchi tini di legno sino allora utilizzati dal nonno. Assieme a lui introdusse in cantina l’acciaio, per le vinificazioni del Nebbiolo atto a divenire Barolo. «Grande modernità e più tecnologia, in aiuto al lavoro», ricorda con tono deciso quel bambino che nel frattempo è diventato grande. Lo stesso che oggi è chiamato a dare l’ennesima impronta decisiva alle sorti dell’azienda di Monforte d’Alba (CN), fondata nel 1864.
L’inaugurazione della nuova cantina, il cui biglietto da visita è un’ampia terrazza che invita a tuffarsi sul materasso di colline delle Langhe, arriva in un periodo cruciale. Quello in cui le figlie Letizia ed Eleonora, 19 e 17 anni, muovono i primi passi sulle orme del papà. Ovvero tra quei pochi tini del nonno rimasti dov’erano. E le idee che hanno rivoluzionato una delle più grandi denominazioni del vino italiano. Passi piccoli ma decisi, tra ciò che fu e ciò che è. Ancor più, tra ciò che sarà.
«Il Barolo da allora è cambiato tantissimo, tantissimo», ripete Claudio Fenocchio, quasi a voler esorcizzare il concetto e il tempo. «Noi siamo rimasti gli stessi – si affretta a precisare – ovvero quelli che propongono un Barolo legato alla tradizione. Questo non significa tarparsi le ali, o non voler crescere. La nuova cantina? È un passo necessario in quest’ottica. Ma ancor più un modo per poter accogliere nel migliore dei modi i tanti turisti e appassionati che vogliono conoscere i nostri vini. Permetteremo loro, per esempio, di assaggiare le nuove annate dalle botti».
È una sorta di democratizzazione inversa del Barolo, quella che propone Claudio Fenocchio. Una “liberalizzazione” che non parte dai “prezzi per tutti”. Bensì dall’en primeur quotidiana. Qualcosa che, da altre parti, è appannaggio di una cerchia ristretta di professionisti del settore, o addetti ai lavori, diventa pressoché la norma nel nuovo corso della Giacomo Fenocchio.
La prima vendemmia in questa struttura – spiega – è stata nel 1989. L’abbiamo ampliata ulteriormente con una nuova bottaia, all’interno della quale abbiamo insediato la ricezione. Tutti i clienti potranno assaggiare dalle botti e fare le degustazioni in cantina, ovvero nell’ambiente più adatto al vino. È un investimento nei turisti, che potranno scoprire man mano le nuove annate dei nuovi Barolo. I Barolo del futuro».
Diciassette ettari per circa 100 mila bottiglie e numeri destinati a crescere dalle 45 mila bottiglie riservate al Re dei vini del Piemonte. A seguire, nell’ordine, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto e Freisa. Senza dimenticare che qui, dal 2010, si producono anche due vini bianchi da uve Arneis in purezza (un Roero Docg e un Orange wine) e uno spumante metodo italiano, base Freisa.
La fiducia è tanta. «Il Barolo – chiosa Claudio Fenocchio – resta una delle denominazioni italiane di maggiore appeal. Credo che il Consorzio stia facendo molto bene sotto tutti i punti di vista, specie con lo slancio dato dall’evento a New York, prima della pandemia. Avanti così».
“Indietro”, sembra voler suggerire il vignaiolo di Monforte d’Alba, solo per le verticali. Come quella preparata per la stampa ieri, giorno dell’inaugurazione della nuova cantina. Dal 1978 al 2020. Spaziando tra i cru.
IL BAROLO GIACOMO FENOCCHIO DAL 1978 AL 2020
Barolo Doc Riserva 1978
Nella massa finale per lo più Bussia, seguito da Castellero e Cannubi. Bottiglia straordinaria (la seconda aperta), esprime ancora un frutto rosso pieno, accostato da riverberi di radici. Il tannino è morbido, ma non arreso.
La freschezza è disarmante per gli anni sul groppone. L’abbraccia una vena glicerica che, per gli “usi e costumi” dei tempi, va ben oltre i soli 13.5 gradi d’alcol in volume. In un calice, la storia di una famiglia Fenocchio, che non ha smesso di proporre vini di territorio, incollati alla tradizione.
Barolo Docg Bussia 1994
Tanto fiore, rosa, violetta. Frutto rosso timido appena versato, pronto poi a donarsi in tutta la sua integrità, generoso. Si apre bene, ma piano, anche in gustativa. Scivola lungo, su ricordi di radice che accompagnano il frutto croccante e un tannino ancora vivo, pur integrato.
Barolo Docg Bussia 2000
Annate molto calda in cui la Giacomo Fenocchio, con Claudio Fenocchio, inizia seriamente a proteggere l’uva dai raggi del sole. «Anziché defogliare, come si faceva per nelle annate fredde, decidemmo di non fare nulla, lasciando anche il cordone alto, per ombreggiare».
Il calice racconta alla perfezione l’andamento climatico del 2000. Naso largo sul frutto, che sfiora la lascivia d’uno sciroppo. Freschezza e tannino giocano a riequilibrare un sorso in perfetta corrispondenza, riuscendoci al meglio.
Barolo Docg Bussia 2004
Annata regolare, segnata da una vendemmia delle uve Nebbiolo andata in scena nel corso della terza settimana di ottobre. Naso profondo, sulle spezie e sulla liquirizia, che si ritrova nettamente anche al palato. Superlativa la gustativa, che si divide tra frutto preciso, pieno, e ricordi assieme caldi e freschi, speziati. Netto goudron e qualche sbuffo vago di zafferano mentre incede un allungo da favola, asciutto e giustamente tannico. Tra i migliori vini in assoluto della verticale voluta da Claudio Fenocchio.
Barolo Riserva Docg Bussia 2008 “90 dì”
Prima annata in cui viene riproposta, senza mai essere immessa sul mercato, una piccola partita di Nebbiolo “fatto come una volta”. Ovvero come lo faceva il padre di Giacomo Fenocchio: con “90 dì”, ovvero “90 giorni” (3 mesi circa) di macerazione (seguiti da 4 anni in botte grande e uno di vetro). Il risultato è una chicca prodotta in sole 300 bottiglie, di cui ne restano ormai ben poche.
Un esperimento servito tuttavia per ripensare la Riserva di Fenocchio, a partire dal 2010. La macerazione lunga non appesantisce il calice. Si crea anzi un scambio di battute tra finezze e tensioni, tra polpa e spezia (con la prima che prende il sopravvento). Siamo al cospetto di un vino che si discosta di molto dalla linea di rigore ed elegante essenzialità dei vini di Claudio Fenocchio.
Un nettare più largo, quasi interamente giocato sul frutto e su un’armoniosa beva, al limite del “rotondo”. Chiaramente il tutto è controbilanciato da una buona freschezza e da un tannino che rispecchia fedelmente i canoni dei Barolo di Bussia.
Barolo Docg Cannubi 2009
Liquirizia nera a primo naso, frutto succoso, ricordi sanguigni, ferrosi. Perfetta corrispondenza al palato, dove tuttavia si rivela – tra i vini in degustazione – quello meno equilibrato e in una fase di scombussolamento. Il sorso è diviso in maniera piuttosto marcata tra fenolico e frutto. La speranza è che scenda dall’altalena.
Barolo Docg Villero 2010
Molto balsamico, speziato. Goudron. In bocca si conferma vino profondo, fresco e speziato, ancora molto giovane. In chiusura esalta un frutto succoso, unito a un tannino vivo, elegante. Prima avvisaglia di quello che sarà, a partita chiusa, il cru più convincente della cantina.
Barolo Docg Castellero 2011
È l’anno dell’esordio per il cru fortemente consigliato a Claudio Fenocchio dal consulente della comunicazione, il pr Riccardo Gabriele. Sino ad allora (e dal 1952) Castellero finiva in blend nel Barolo d’entrata della linea. Sorprende (e pure tanto) per le note di frutta bianca, come melone bianco, pesca, albicocca.
In bocca risulta pieno, molto agile, a dimostrazione di quanto le sue caratteristiche marcassero il “Barolo quotidiano” della gamma. Alcol (15% vol.) integratissimo, gran bella freschezza e tannino levigato, splendidamente integrato. Grande intuizione.
Barolo Docg Castellero 2011 (magnum)
Le due bottiglie parlano la stessa lingua, ma la maggiore superficie di vetro sembra distendere ulteriormente il nettare, specie nella componente fruttata e, ancor più, in quella tannica. Curiosa la nota salmastra che mancava alla 0,75, così come mancavano risvolti sanguigni, qui pur percettibili col microscopio. Riecco la consueta freschezza, con un tocco in più di liquirizia nera che rende il nettare molto gradevole e dalla beva spasmodica.
Barolo Docg Cannubi 2017
Si ritorna su Cannubi e il naso si sofferma, come nel precedente assaggio, dapprima sulla spezia. All’accenno iniziale d’origano fa eco un frutto rosso godurioso, che prende sempre più spazio nel quadro complessivo. In retro olfattivo largo a terziari da legno quali fondo caffe e caramella mou, pur smorzati da una pregevole venatura salina e da un tannino vivo, ma molto elegante. L’annata è stata molto calda (non certo quanto la 2003).
Barolo Docg Castellero 2017
L’ultimo (in ordine temporale) dei cru della Giacomo Fenocchio si riconoscerebbe tra mille. Riecco il melone, la pesca bianca, i ricordi di albicocca. Vino croccante, quasi da morsicare. Materico, ma ancor più fresco e beverino.
Barolo Docg Villero 2017
Anche nell’annata 2017, il cru Villero si conferma ad altissimi livelli. Ancora una volta profondo, speziato, sanguigno, agrumato d’arancia rossa. In bocca riecco una prosa fresca, che gode dell’elegantissimo apporto fruttato-croccante, ma sceglie la spezia come compagna di vita. Tutto ciò tra l’ingresso e il centro bocca. Perché il finale riserva un’amarena netta, da fuochi d’artificio nel gioco prezioso con la scontrosità amaricante del tannino. Vino da applausi scroscianti per larghezza e profondità, verticalità e polpa.
Barolo Docg Bussia 2017
Si conferma succoso e speziato, in grandissimo equilibrio. Del resto è il vigneto più grande di Fenocchio, che consente di portare in cantina uve con maturazioni forse non omogenee al millimetro, perfette nel mix tra fenoliche e zuccherine.
Barolo Docg Cannubi 2018 e 2019
Annata segnata da molta pioggia tra agosto e l’inizio settembre. Il risultato è una vendemmia particolare, che sarebbe stata invece “classica”, in termini di tempi di raccolta. Venendo al calice, il Cannubi 2018 non sarà certo un campione di longevità. Sarà però uno di quei vini importanti e, al contempo, facili da bere. Scherziamo con Claudio Fenocchio e chiediamo se ha proceduto a una macerazione carbonica.
Sorride e poi conferma quando, tornati seri, usiamo l’aggettivo “diluito”: l’annata è di quelle in cui il rapporto tra succo e buccia è nettamente in favore del primo, proprio a causa delle piogge abbondanti in un periodo tanto delicato. Arriva poi l’assaggio da botte del 2019, vino ricco, sul frutto, ma al contempo pieno di energia, tra spezia e apporto fresco-acido. Un altro nettare di grande accessibilità e immediatezza.
Barolo Docg Castellero 2018, 2019, 2020
Oltre ai classici sentori di frutta a polpa bianca, che costituiscono il fil-rouge del cru, qui si centra forse una maturazione – o, meglio, un’epoca di raccolta – che regala alla particella maggiore complessità e rigore. Il salto di qualità definitivo sul cru Castellero è definitivamente compiuto, a 8 anni dall’esordio sul mercato, con la 2011. L’ulteriore assaggio da vasca della 2019 conferma le impressioni.
Anzi, esaspera ancor più il concetto di una quadra definitivamente trovata sul Castellero, nonostante la concentrazione d’aromi risulti maggiore rispetto alla 2018. Arriva poi il 2020 a suggellare la consacrazione di un Barolo dalla bevibilità disarmante, che non rinuncia tuttavia alla complessità.
Barolo Docg Villero 2018
Chi non ha bisogno alcuno di “aggiustamenti” e si è sempre espresso su livelli altissimi è invece il cru Villero della Giacomo Fenocchio. Naso elegantissimo, tra fiori, frutto e spezia. Si ritrova la stessa matrice al palato, dove un frutto pieno e succoso gioca a irritare un tannino in cravatta, che non perde le staffe. Neppure quando la liquirizia prova a imbalsamarlo, avvolgendolo. Alleata, in chiusura, una vena salina preziosissima che da un lato inspessisce ulteriormente il quadro e, dall’altro, chiama il sorso successivo.
Barolo Docg Bussia 2018 e 2019
Ancora una volta gran completezza nel Bussia che, nonostante la gioventù raccontata da un frutto tanto succoso quanto esuberante e preponderante, mostra ampissimi margini di evoluzione, nel segno della complessità. Scalpitano tannino e spezie, mentre la freschezza riequilibra morbidezze i cui contorni sono in decisa evoluzione. Salto oltre l’ostacolo con la vendemmia 2019, che regala un nettare dalle spiccate note floreali e dal tannino leggermente meno spigoloso, sempre all’insegna dell’eleganza.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Guida ai Migliori vini al supermercato 2022 la piemontese Teo Costa e Cantina Gdo dellanno 1
Terminate le degustazioni della Guida Migliori vini al supermercato 2022. I tasting alla cieca incoronano la piemontese Teo Costa Cantina Gdo dell’anno per Vinialsuper.
Le etichette premiate potranno esibire lo speciale bollino-sticker rilasciato dalla nostra testata. Un modo per distinguersi sullo scaffale e semplificare la scelta ai consumatori più attenti ai vini di qualità, anche al supermercato.
La scelta della Miglior cantina Gdo 2022 ricade infatti su una realtà famigliare che da anni è protagonista nella grande distribuzione, con una linea di prodotti che va ben oltre l’ottimo rapporto qualità prezzo.
TEO COSTA È MIGLIOR CANTINA GDO D’ITALIA 2022
Con i suoi vini bianchi e rossi, Teo Costa valorizza vitigni autoctoni piemontesi come l’Arneis e il Nebbiolo, dando vita a vini di assoluto rilievo nell’ambito delle Denominazioni delle Langhe.
Brillano, in particolar modo, il Barolo e il Barbaresco della linea Ligabue, proposti in bottiglie anni 50 di vetro scuro con etichette che celebrano le opere di Antonio Ligabue. Tutti vini in distribuzione nei supermercati Coop Nordovest, Gs, Margherita, Dimar, Fras.Co, Conad, Code’ Crai e Bennet.
A guidare la cantina Teo Costa di Castellinaldo d’Alba (CN) sono oggi i fratelli Marco e Roberto Costa. Al loro fianco papà Antonio e mamma Mariuccia, nonché i figli di Roberto: Isabella, Viviana e Manuel.
Spetta a loro, quinta generazione della famiglia Costa, spingere nel futuro un’azienda che conta 80 ettari di vigneti e 450 mila viti a frutto, tra le colline patrimonio Unesco delle Langhe, del Roero e del Monferrato.
UNA CANTINA MODELLO NEL CUORE DELLE COLLINE UNESCO
Un ambiente che Teo Costa vuole preservare e valorizzare, attraverso scelte concrete. Dopo anni di sperimentazioni, nel 2007 la famiglia ha brevettato un metodo di vinificazione senza solfiti aggiunti. Il primo in Piemonte.
La lotta ai “conservanti del vino” è il modo in cui si traduce (in cantina) il protocollo “Libera Natura”, applicato (in vigna) a tutela della biodiversità e della sostenibilità in viticoltura. Un insieme di regole creato nel 2011 e condiviso con altre realtà vinicole italiane, «vicine alla natura».
Nel “decalogo” produttivo di Teo Costa, quantità e qualità fanno rima, nel nome di un nuovo modo di interpretare il vino nella Grande distribuzione organizzata. Buono, rispettoso della tipicità dei vitigni e delle Denominazioni. E, non ultimo, a misura di portafoglio.
LA GUIDA AI MIGLIORI VINI AL SUPERMERCATO 2022
Roero Arneis Docg 2020 “Ligabue”, Teo Costa (Cantina Gdo 2022)
Barbera d’Alba Doc 2018 “Ligabue”, Teo Costa (Cantina Gdo 2022)
Barbaresco Docg 2018 “Ligabue”, Teo Costa (Cantina Gdo 2022)
Nebbiolo d’Alba Doc 2019 “Ligabue”, Teo Costa (Cantina Gdo 2022)
Barolo Docg 2016 “Ligabue”, Teo Costa (Cantina Gdo 2022)
Lambrusco di Sorbara Dop 2020 “Linea Stile”, Cantina di Carpi e Sorbara (Coop Alleanza 3.0, Conad Nord Ovest, Conad Centro Nord, Carrefour, Realco, Marketingross, Pam)
Lambrusco di Modena Dop 2020 “Linea Stile”, Cantina di Carpi e Sorbara (Coop Alleanza 3.0, Conad Nord Ovest, Conad Centro Nord, Carrefour, Realco, Marketingross, Pam)
Pignoletto Dop Vino bianco secco frizzante “Linea Stile”, Cantina di Carpi e Sorbara (Coop Alleanza 3.0, Conad Nord Ovest, Conad Centro Nord, Carrefour, Realco, Marketingross, Pam)
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc Amabile “Gran Gala”, Chiarli (Conad, Coop, Eurospar, Maxi‐Di, Pam‐Panorama, Iper La grande i – Finiper, Realco, Agora’, Bennet, Gs Market ed Express, Il Gigante, Maiora)
Lambrusco di Sorbara Doc Secco frizzante “Prestigio”, Chiarli (Conad, Coop, Eurospar, Maxi‐Di, Pam‐Panorama, Iper La grande i, Realco, Bennet, Gs, Market ed Express, Il Gigante, Migross, Maiora)
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Dop secco 2020 “Villa Cialdini”, Chiarli (Conad, Coop, Eurospar, Esselunga, Maxi‐Di, Pam‐Panorama, Unicomm, Iper La grande i – Finiper, Alì, Arca, Coal, Realco, Tosano, Paladini Supermerati)
Lambrusco di Modena Doc frizzante secco 2020, Cleto Chiarli e Figli (Conad, Coop, Eurospar, Esselunga, Maxi‐Di, Pam‐Panorama, Unicomm, Iper La grande i – Finiper, Alì, Arca, Coal, Realco, Tosano, Paladini Supermerati)
FRIULI VENEZIA GIULIA
Venezia Giulia Igt 2020 Ribolla Gialla, Az. Agr. Lorenzon (Il Gigante)
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Green Pass privacy e visite in cantina cosa prevede il decreto legge valido dal 6 agosto 2021
Serve il Green Pass per le visite in cantina? La risposta arriva dal Decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021 che determina i criteri di accesso da parte di visitatori ed enoturisti, pubblicato in Gazzetta ufficiale (n.175 23 luglio 2021) e valido dal 6 agosto 2021. Il provvedimento varato dal Governo riguarda, più in generale, le “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”.
SERVE IL GREEN PASS PER VISITARE LE CANTINE ITALIANE?
La risposta ai tanti winelovers, ma anche ai professionisti del settore del vino interessati a visitare le aziende, sono racchiuse all’articolo 3 del Decreto legge. Il testo in vigore recepisce alcune modifiche al DL 22 aprile 2021, n. 52, a sua volta ritoccato dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.
Le cantine non vengono menzionate esplicitamente, ma il provvedimento riguarda attività assimilabili. In sostanza, si rende obbligatorio l’«impiego di certificazioni verdi Covid-19» per le aree chiuse, anche in cantina. L’ingresso «è consentito in zona bianca esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19».
Le attività menzionate sono i «servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo al tavolo, al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi».
GREEN PASS IN CANTINA ANCHE IN ZONA GIALLA, ARANCIONE E ROSSA
E ancora: «Centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; concorsi pubblici».
Le disposizioni si applicano anche nelle zone gialla, arancione e rossa, «laddove i servizi e le attività siano consentite e alle condizioni previste per le singole zone». Come recita ancora il Decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021, «le disposizioni non si applicano ai soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute».
GREEN PASS E PRIVACY
Capitolo a parte quello della privacy dei clienti delle attività, comprese le cantine italiane, ai tempi del Green Pass. «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, e dell’Economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali – recita ancora il DL – sono individuate le specifiche tecniche per trattare in modalità digitale le predette certificazioni, al fine di consentirne la verifica digitale, assicurando contestualmente la protezione dei dati personali in esse contenuti».
Nelle more dell’adozione del predetto decreto, per le finalità di cui al presente articolo possono essere utilizzate le certificazioni rilasciate in formato cartaceo. I titolari o i gestori dei servizi e delle attività sono tenuti a verificare che l’accesso ai predetti servizi e attività avvenga nel rispetto delle prescrizioni».
Le verifiche delle certificazioni verdi Covid-19 (Green Pass) sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Il Ministro della salute, mediante ordinanza, può infine «definire eventuali misure necessarie in fase di attuazione del presente articolo».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sedilesu famiglia del vino di Mamoiada lazienda si fa in tre con Mulargiu Malarthana e Teulargiu salvatore sedilesu 1
Due progetti indipendenti, frutto di un delicato passaggio generazionale nella Sardegna del vino più autentica e profonda. Sedilesu si conferma “famiglia del vino” per eccellenza di Mamoiada (o Mamojà), con la nascita di Mulargiu Malarthana e Teularju. Questi i nomi delle due nuove cantine indipendenti, pur sempre legate a doppio filo alla casa madre.
Due «gemme», come piace definirle Salvatore Sedilesu, nate per dare spazio ai sogni e alle aspirazioni da vignaioli dei numerosi membri della famiglia sarda, nella Barbagia di Ollolai. A spiegare i dettagli dell’operazione è proprio il numero uno della cantina di via Vittorio Emanuele II.
«Io ho cinque figli – chiarisce – mio fratello e mia sorella rispettivamente quattro. Ci siamo dunque ritrovati nella condizione di dare all’azienda continuità generazionale. Per questo abbiamo “gemmato” da Cantina Giuseppe Sedilesu altre due aziende. Abbiamo diviso i corpi dei vigneti, continuando a lavorare stretto tra di noi. Tutta la materia prima che avanza ci viene conferita».
LA CANTINA MULARGIU MALARTHANA
Nel dettaglio, la cantina Mulargiu Malarthana è gestita da Francesco Mulargiu, figlio di Antonietta Sedilesu ed Emilio Mulargiu. Il giovane, da sempre immerso a pieni polmoni nella realtà di Mamojà, gestisce il ristorante Su Tapiu di Mamoiada ed è ormai pronto al vero salto di qualità, nella terra d’elezione del Cannonau di Sardegna.
La denominazione della nuova cantina unisce il cognome di famiglia – Emilio Mulargiu è tra i fondatori della stessa Sedilesu – e il nome della località in cui si trova la vigna di proprietà, Malarthana. «Con la vendemmia 2018 abbiamo prodotto solo 500 bottiglie – spiega Francesco Mulargiu a WineMag.it – ma nel 2019 il numero è salito a circa 4 mila. Con l’entrata in produzione della Riserva, arriveremo a 5 mila totali».
LA CANTINA TEULARJU DI MAMOIADA
«Le due “gemme” nate da Cantina Sedilesu – evidenzia ancora Salvatore Sedilesu – rispecchiano appieno il progetto di zonazione che l’associazione Mamojà vuole portare avanti sul Cannonau. Non a caso, anche la seconda cantina, denominata Teularju, porta il nome della vigna in cui si trova il terreno vitato, ovviamente nel territorio di Mamoiada».
La cantina è gestita da Francesco Sedilesu, fratello di Salvatore. Diecimila le bottiglie prodotte, su due etichette. Due progetti indipendenti, che sposano appieno la filosofia aziendale della casa madre Sedilesu.
«Faranno comunque la loro strada – precisa Salvatore Sedilesu – pur vinificando le proprie uve qui da noi, in cantina, come committenti. Sono due aziende nuove, che sapranno spiegare attraverso i loro vini l’intima interpretazione del territorio di Mamojà».
LA CANTINA SEDILESU
I dati più recenti della “casa madre”, fondata oltre 40 anni fa a Mamoiada, parlano dell’azienda simbolo del territorio, se non altro dal punto di vista dei numeri. Circa 120 mila le bottiglie prodotte in media ogni anno, grazie a 12 ettari di proprietà, 3 in affitto e alle uve di svariati conferitori, che allevano un totale di 5 ettari di vigneto.
Il mercato principale della Cantina Sedilesu è quello della Sardegna, regione in cui viene venduto il 50-60% della produzione. Il 40% circa restante finisce in Europa, con la Svizzera che guida la classifica dell’export. A seguire, Paesi del centro del continente come Germania, Austria e Olanda. Più di recente, la nota cantina di Mamoiada ha aperto sbocchi soddisfacenti negli Usa, in Canada e in Ucraina.
Spazio anche per il “nuovo mondo”, rappresentato dal Brasile. Il 2021, dopo la batosta del Covid-19 che ha segnato il 2020, ha convinto Sedilesu a spingersi verso Oriente, trovando un nuovo importatore in Corea. Vie infinite, insomma, quelle di Mamojà. Una volta di più se, dietro, c’è un’intera famiglia. Due fratelli, una sorella e 13 figli. Tutti nati sotto la stella del Cannonau.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quindici ettari vitati, quasi tutti a circa 300 metri dal corpo dell’azienda. Una masseria nel cuore della Daunia, a poca distanza dal suo luogo simbolo: il castello di Lucera. Una famiglia dedita alla viticoltura. Più di trent’anni di esperienza. Cantina La Marchesa è tutto questo, in uno: cantina dell’anno Sud Italia 2022 per WineMag.it, all’interno della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022.
Una realtà che si fa custode di un tratto di Puglia aspro, generoso. Fin troppo spesso dimenticato. Lo racconta al mondo attraverso i suoi vini. A condurre le vigne è Sergio Lucio Grasso, un vignaiolo vulcanico ed instancabile, legato alle proprie viti come se fossero un’estensione del proprio corpo.
CANTINA LA MARCHESA SUL PODIO DEL SUD ITALIA
A tratti ruvido nei modi, sempre schietto nelle parole, trasmette la sua energia e la vera essenza del territorio nei suoi vini. A fargli da contraltare è la moglie, Marika Maggi. Solare, aperta, fantasiosa donna del vino pugliese. È lei l’anima comunicativa della cantina La Marchesa. I due, insieme, sono una forza della natura.
Una voce unica, all’insegna dell’autenticità della produzione, divenuta l’ennesima ragione di vita comune. Nero di Troia, Montepulciano, Fiano e Bombino Bianco i vitigni coltivati con passione da Cantina La Marchesa e da cui nascono i cinque vini dell’azienda. Custodi di un territorio che merita un posto d’onore nel panorama vitivinicolo italiano.
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Podere Fedespina Cantina italiana dell anno 2022 WineMag.it esalta la nuova Toscana del vino Lunigiana 1
Alzi la mano chi conosce la Lunigiana. Adesso alzi la mano chi la conosce per motivi enologici. Così poche mani alzate? Della zona si parla pochissimo, non c’è motivo di vergognarsi del “vuoto cognitivo”. Per colmarlo c’è tempo. Magari a partire dal premio Cantina italiana dell’anno 2022 assegnato da WineMag.it a una famiglia che, proprio in Lunigiana, ha trovato prima una casa e poi una ragione di vita, nel nome del nettare di Bacco: Podere Fedespina.
L’anno speciale di Mirta Fedespina e del marito Antonio Farina, quello tatuato sul cuore, è il 1990. Nasce Matteo – il figlio che oggi ha deciso di abbandonare il traffico di Milano (e l’architettura) per portare avanti l’attività vitivinicola – e la coppia acquisisce un antico casale del Seicento di proprietà dello zio di Mirta, trasformandolo in un pregiato agriturismo, tuttora attivo e rinomato.
DAL SOGNO ALLA REALTÀ NELLA “NUOVA TOSCANA”: LA LUNIGIANA
Con i proventi dell’attività turistica, la famiglia finanzia negli anni la ristrutturazione dei vigneti e la realizzazione di una piccola cantina, che profuma d’artigianalità. L’incontro della svolta è quello con un enologo appassionato, immerso con l’anima nella sfida di rendere grande l’Alta Lunigiana del vino al fianco di Podere Fedespina: Francesco Petacco.
«Noi siamo un’azienda artigianale e identitaria, a partire dal logo, proseguendo nel packaging e concludendo nella produzione di vini identitari», sintetizza Antonio Farina.
Provare per credere i quattro vini capaci di sfidare il tempo, nel segno della tradizione della Toscana: Merlot, Ciliegiolo, Pinot Nero e, più di recente, le novità Vermentino, Durella e Chardonnay. Ovvero “Fedespina“, “Ca’“, “Spinorosso” e l’ultimo arrivato, “Bianco“.
Dove incontrare Podere Fedespina? Certamente in cantina, in via Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, 35 a Mulazzo, frazione Arpiola (provincia di Massa Carrara – MS). Oppure al Mercato dei Vignaioli Fivi 2021 di Piacenza (date confermate: 27/29 novembre). Buon futuro, Podere Fedespina. Buon futuro, Lunigiana.
Matteo Farina ha raccolto l’eredità (e la sfida) di Podere Fedespina, lasciando Milano e l’architettura per dedicarsi all’attività di famiglia
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Mandrarossa nuova cantina nel Menfishire allinsegna dellecosostenibilita 4
Nuova cantina per Mandrarossa Winery. La struttura, nel cuore del Menfishire – nome col quale viene indicata la zona di Menfi, in provincia di Agrigento – si estende per 700 metri quadri, su più livelli.
Gran parte dell’edificio risulta celato nel pendio naturale. Nel cuore di una Sicilia del vino tutta da scoprire, Mandrarossa può contare su una nuova barricaia, due sale degustazione, un wine shop e una terrazza.
L’affaccio è sulla natura selvaggia e sul mare incontaminato di Menfi, Bandiera Blu da 22 anni. In realtà, l’intera costruzione è stata pensata e realizzata come “terrazza”. Tre piani quasi completamente nascosti nel terreno. All’esterno, un basamento colorato orientato a sud ovest, dove poggia il corpo rettangolare con tetto inclinato.
DALLA BARRICAIA ALLA SALA DEGUSTAZIONE
È il livello più alto della struttura, custode della zona di accoglienza e del wine shop. Da qui inizia un percorso sospeso in passerella, a quota intermedia. Il visitatore viene condotto attraverso gli ambienti della bottaia (15 botti da 50 ettolitri e 100 barrique) e delle due zone dedicate a riserva dei vini.
Si arriva quindi nella sala degustazione, con due grandi aperture. Un punto funzionale e al contempo panoramico, con vista tra il mar d’Africa e le verdi colline di Menfi, dove sorgono i vigneti di Mandrarossa.
Materiali e colori interagiscono in simbiosi con il paesaggio naturale circostante. Il legno riveste i volumi della sala degustazione. I pigmenti naturali richiamano l’ocra delle perfette geometrie dei fazzoletti di terra che si distendono a perdita d’occhio.
La copertura è un tetto giardino, in un continuum collinare dove sono state messe a dimora essenze tipiche della macchia mediterranea, con piante ad alto fusto che da terra, come fondale e quinte naturali, si elevano a protezione esterna.
L’ECOSOSTENIBILITÀ
L’edificio ipogeo della nuova cantina Mandrarossa, scavato nel terreno, ottimizza l’uso della radiazione solare in ogni periodo dell’anno. Le facciate a sud sono protette da uno sporto ligneo della copertura, che favorisce l’ingresso dei raggi solari nel periodo invernale e lo impedisce in quello estivo.
Il tetto giardino costituisce una coibentazione naturale delle superfici orizzontali, grazie allo strato di terra che ospita la vegetazione. L’uso di materiali naturali come il legno per tutto il rivestimento della zona di accoglienza diminuisce l’emissione di CO2. Tutti gli impianti della cantina sono alimentati dall’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico.
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Vino star dei volantini di fine maggio grazie alla Cantina del Gigante ecco i vini da comprare
Finalmente una ventata di freschezza sui volantini della grande distribuzione validi fino a fine maggio dopo lo scenario plumbeo della prima quindicina del mese. Protagonista indiscusso Il Gigante, davvero imbattibile con il suo consueto speciale vini “La Cantina” valido fino al 27 giugno.
Sui volantini si respira l’estate con un focus su vini bianchi estivi e rosati. Tra le altre catene spicca Carrefour che offre ai suoi clienti un volantino corposo con un viaggio ideale tra i vitigni del buon vino italiano. Grandi nomi e qualche novità in assortimento.
Coop non è da meno con le sue proposte di vini abbinate a salumi e formaggi. Da oggi le valutazioni in cestelli saranno a piramide capovolta per un colpo d’occhio immediato sui best. Buona spesa!
Volantino Aldi, fino al 23 maggio Nessun vino da segnalare
Volantino Bennet fino al 26 Maggio – Sconto 50, 40, 30 Franciacorta Docg Castelfaglia: 11,50 euro (5 / 5)
Chianti Superiore Docg Santa Cristina Antinori: 5,58 euro (4 / 5)
Pinot Grigio Delle Venezie Cadis: 2,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Chiarli o Frizzante Bianco: 2,39 euro (3,5 / 5)
Custoza Doc Sartori: 2,98 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda o Pinot Nero Il Montù: 2,90 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Cantina di Negrar: 3,90 euro (3,5 / 5)
Sangue di Giuda Giorgi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc La Gioiosa: 3,58 euro (3,5 / 5)
Sangiovese Superiore Romagna Terre Cevico: 2,78 euro (3 / 5)
Terre Siciliane Igt Bianco o Rosso Botte Buona: 1,45 euro (3 / 5) Montepulciano d’Abruzzo La Cacciatora: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Carrefour Iper fino al 2 giugno, “Sottocosto Freschissimi” Valtellina Superiore Inferno Nera: 11,89 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Chardonnay Hofstatter: 8,29 euro (5 / 5)
Valle D’Aoste Mon Blanc Le Cretes: 7,90 euro (5 / 5)
Ribolla Gialla Igt Schioppetto: 10,90 euro (5 / 5)
Pinot Nero Koessler: 7,90 euro (5 / 5)
Pomino Bianco Doc Frescobaldi: 6,90 euro (5 / 5)
Lambrusco Marcello Oro Ariola: 4,49 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Planeta Bianco o Rosso La Segreta: 6,29 euro (5 / 5)
Greco di Tufo Docg Feudi San Gregorio: 8,90 euro (5 / 5)
Trento Doc Altemasi: 8,90 euro (5 / 5)
Franciacorta Docg Castelfaglia: 10,90 euro (5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Brut o Extra Dry Bortolomiol: 6,99 euro (4,5 / 5)
Rosso Valtellina Doc Nera: 5,59 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Sangue di Giuda Quaquarini: 3,39 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero vinificato in bianco Quaquarini: 3,29 euro (4 / 5)
Chianti Classico Docg Cecchi. 5,90 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg Il Cretto San Felo: 4,49 euro (4 / 5)
Bianco di Torgiano Torre di Giano Lungarotti: 6,70 euro (4 / 5)
Salento Igt Chardonnay Tormaresca: 6,39 euro (4 / 5)
Salento Igt Malvasia Bianca Tenute Rubino: 6,19 euro (4 / 5)
Etna Rosso Doc Torre Mora: 8,90 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Riserva Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Vernaccia San Gimignano Docg Piccini: 2,99 euro (4 / 5)
Falanghina del Beneventano La Vinicola del Titerno: 2,29 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Jelo Bisol: 5,90 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Signoria dei Dogi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Vigneti delle Dolomiti Igt Muller Thurgau Santa Margherita: 4,49 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio o Bonarda Casabella: 2,59 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Ortrugo o Monterosso Val D’Arda Casabella: 2,79 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Giorgi: 6,29 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Giorgi: 4,59 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Bottarelli: 6,99 euro (3,5 / 5)
Riviera del Garda Classico Chiaretto Bottarelli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Valcalepio Doc Cantina Bergamasca: 4,29 euro (3,5 / 5)
Trebbianino Val Trebbia Bonelli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Rosa Montagna: 3,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Montagna: 3,39 euro (3,5 / 5)
San Colombano Doc: 4,49 euro (3,5 / 5)
Riviera del Garda Classico Doc Groppello Bottarelli: 3,79 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio o Ortrugo Valtidone: 2,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Malvasia Vicobarone: 2,79 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Cavit: 3,39 euro (3,5 / 5) Vipra Igt Bigi: 3,29 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Doc Modena Villa Cialdini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Chardonnay Col Mesian: 4,69 euro (3,5 / 5) Spumante Cuvèe Gold 24k Pietro Gazzola: 2,39 euro (3 / 5)
Vermentino Sardegna Doc Tralcio Antico: 3,19 euro (3 / 5)
Chardonnay Frizzante Sparks: 2,99 euro (3 / 5)
Pecorino o Passerina Igt Terre di Chieti, La Calenzana: 1,99 euro (2,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Terre dei Passeri: 1,99 euro (1 / 5)
Riesling o Pinot Grigio Provincia di Pavia Terre dei Passeri: 2,49 euro (1 / 5)
Nero d’Avola Doc Poggio Dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Carrefour Market fino al 2 giugno, “Sottocosto” Chianti Riserva o Superiore Collezione Oro Piccini: 3,99 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Planeta Bianco o Rosso La Segreta: 6,29 euro (5 / 5) Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Cavit: 3,39 euro (3,5 / 5)
Volantino Carrefour Express fino al 1 giugno Ribolla Gialla 15 96 Volpe Pasini: 6,49 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Chardonnay Hofstatter: 8,29 euro (5 / 5)
Lambrusco Gran Crù Marcello Ariola: 5,99 euro (5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Masciarelli: 7,89 euro (5 / 5)
Morellino di Scansano Docg Il Cretto San Felo: 4,49 euro (4 / 5)
Toscana Igt Remole Frescobaldi: 4,49 euro (4 / 5)
Nero d’Avola Settesoli: 3,49 euro (4 / 5)
Valdadige Doc Pinot Grigio Santa Margherita: 4,99 euro (3,5 / 5)
Franciacorta Docg Terre d’Italia: 12,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Porta dei Dogi: 3,69 euro (3,5 / 5)
Terre di Chieti Pecorino o Passerina Spinelli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Sella&Mosca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ripasso Valpolicella Doc Terre d’Italia: 7,69 euro (3,5 / 5)
Corvo Igt Duca di Salaparuta: 4,29 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Conad fino al 30 maggio, “Prezzi a pezzi” Prosecco Doc o Rosè Villa Folini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Bufferia: 3,79 euro (3 / 5)
Freschello Spumante Extra Dry 2,59 euro (3 / 5)
Volantino Conad fino al 31 maggio, “Sconti fino al 50” Vini Settesoli: 3,48 euro (4 / 5) Trentino Doc Cabernet Cavit: 3,29 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Mionetto: 6,89 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Sella&Mosca: 4,79 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Campanone: 3,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Bufferia: 3,79 euro (3 / 5)
Vini Canterino Riunite: 1,34 euro (3 / 5)
Vini Maggi: 6 bottiglie 9,90 euro (1 / 5)
Volantino Coop fino al 26 maggio, “Scegli Tu Grandi Marche” Primitivo o Negroamaro Salento Notte Rossa: 3,79 euro (5 / 5)
Roero Arneis Docg Fontanafredda: 4,82 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Sedara Donnafugata: 6,39 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Gewurztraminer Cantina Produttori Bolzano: 8,49 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Sauvignon Erste Neue: 6,70 euro [usr4. 5]
Nero d’Avola Settesoli: 2,99 euro (4 / 5)
Ruchè Castagnole Monferrato Docg Ferraris: 4,99 euro (4 / 5)
Ribolla Gialla, Sauvignon o Schioppettino Furlan Faris: 4,88 euro (4 / 5)
Trentino Doc Muller Mastri Vernacoli Cavit: 3,65 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia o Castelmonte Crifo: 2,99 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Gutturnio o Ortrugo Cantagallo Valtidone: 3,48 euro (3,5 / 5)
Rosato di Alghero Doc Sella&Mosca: 3,59 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda Ca’ Bernini: 3,19 euro usr 3.5]
Vermentino o Monica di Sardegna Calarenas: 2,79 euro (3,5 / 5)
Langhe Doc Favorita Le Calende (3,5 / 5)
Chianti Docg Cecchi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Est!Est!Est! di Montefiascone Bigi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Bardolino, Chiaretto o Custoza Villa Molino: 2,27 euro (3 / 5)
Montepulciano o Trebbiano d’Abruzzo Rocca Ventosa: 2,29 euro
Dolcetto Doc Poggio Mandrina Barbanera: 2,99 euro (3 / 5)
Falanghina o Greco Ante Hirpis: 3,15 euro (3 / 5)
Rosato Salento, Trebbiano o Sangiovese Botte Buona: 1,59 euro (3 / 5)
New Volantino Coop fino al 2 giugno, “Le freschissime settimane” Terre Siciliane Igt Cento Passi Placido Rizzotto: 3,49 euro (0 / 5)
New Volantino Esselunga fino al 26 maggio, “Offerte Irresistibili Grandi Marche” Chardonnay Brut Cavit Intreccio: 3,99 euro (4 / 5)
Passerina ConteCarlo Umani Ronghi: 3,63 euro (4 / 5)
Nero d’Avola o Chardonnay Nadaria: 1,92 euro (4 / 5)
Prosecco Rosé Cantina Valdobbiadene: 4,40 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Le Fade: 3,99 euro (3,5 / 5) Custoza Doc Cesari: 2,34 euro (3,5 / 5) Aliante Sella&Mosca: 2,94 euro (3,5 / 5)
Cabernet Merlot o Chardonnay Pasqua: 2,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Modena Robanera Cavicchioli: 2,64 euro (3,5 / 5)
Negroamaro Cantina Due Palme: 2,49 euro (3,5 / 5)
Lago di Caldaro TerreSomme: 2,64 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Villa Rustica: 2,74 euro (3 / 5)
Volantino Il Gigante fino al 27 giugno, “La Cantina del Gigante” Chianti Docg Piandaccoli: 4,99 euro (5 / 5)
Barbaresco Docg Icardi: 9,59 euro (5 / 5)
Viogner Sicilia Gurgò Paolini: 3,79 euro (5 / 5)
Sangiovese Superiore Dop Contra Grande Az Agricola Branchini: 4,69 euro (5 / 5)
Rosso di Montalcino Doc Campone Frescobaldi: 6,19 euro (5 / 5)
Colomba Platino Insolia Igt Duca di Salaparuta: 6,99 euro (5 / 5)
Vino Nobile Montepulciano Docg Vecchia Cantina: 5,49 euro (5 / 5)
Lambrusco Grasparossa Doc Il Baluardo Chiarli: 2,99 euro (5 / 5)
Moscato d’Asti Docg Azienda Eredi Icardi: 4,89 euro (5 / 5)
Spumante Brut Metodo Classico Tenuta Cassinello Giorgi: 8,39 euro (5 / 5)
Grignolino Monferrato Casalese Doc Barlet: 3,39 euro (5 / 5)
Lugana Doc Fraccaroli: 6,29 euro (5 / 5)
Roero Arneis Docg Portacomaro: 5,40 euro (4,5 / 5)
Valpolicella Ripasso Doc Pagus Bisano: 6,99 euro (4,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc Portacomaro: 4,99 euro (4,5 / 5)
Erbaluce di Caluso Docg Serchè Produttori Monferrato: 3,49 euro (4 / 5)
Rosso Montepulciano Dop Vecchia Cantina: 2,79 euro (4 / 5) Chiaretto Riviera Garda Doc Vigne di Gema: 6,29 euro (4 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Millesimato Docg Coste Petrai: 7,99 euro (4 / 5)
Spumante Brut Lugana Doc Pratello: 7,99 euro (4 / 5)
Sangiovese Rosato Toscana Igt Vecchia Cantina: 2,79 euro (4 / 5)
Nero d’Avola Sicilia Doc Gurgò Paolini: 3,79 euro (4 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg Coste Petrai: 4,99 euro (3,5 / 5) Ortrugo Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Langhe Favorita Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Ortrugo Colli Piacentini Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Bianco Vergine della Valdichiana Doc Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,79 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla Igt Tre Venezie Borgo Dei Vassalli: 4,99 euro (3,5 / 5)
Custoza Doc Nuve: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vernaccia San Gimignano Il Palagio: 3,99 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Modena Doc Poderi Famiglia Cleto Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Verdicchio Classico Jesi Doc Monteschiavo Villa Le Querce: 2,99 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer Trentino Doc Allegorie: 6,29 euro (3,5 / 5)
Vermentino Sardegna Doc Calasetta: 4,99 euro (3,5 / 5)
Bianco D’Ameria Igp Umbria Castello delle Regine: 3,89 euro (3,5 / 5)
Corvo Glicine Sicilia Igt Duca Salaparuta: 3,98 euro (3,5 / 5)
Passerina Abruzzo Doc Tenuta Milli: 3,99 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Conti Uttieri: 4,99 euro (3,5 / 5)
Lagrein Trentino Doc Allegorie: 4,49 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Barbera Piemento Appassimento Doc: 4,79 euro (3,5 / 5)
Rosso di Montefalco Doc Ligajo: 4,49 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Tenuta Milli: 3,99 euro (3,5 / 5) Primitivo di Manduria Doc Luigi Guarini: 4,99 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Frizzante Doc Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Carignano Sulcis Doc Calasetta: 4,99 euro (3,5 / 5)
Morellino Scansano Docg Il Palagio: 4,89 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Colli Piacentini Doc Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc Rosè Millesimato Coste Petrai: 4,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Millesimato Astoria: 5,59 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc Extra Dry Porta Leone: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Ortrugo Doc Piani Castellani: 4,59 euro (3,5 / 5)
Malvasia Dolce Frizzante Doc Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Moscato Liquoroso Gregale Igt Florio: 5,59 euro (3,5 / 5)
Spumante Brut Millesimato Porta Leone: 2,99 euro (3 / 5)
Spumante Asti Docg Gancia: 3,79 euro (3 / 5)
Bonarda Oltrepò Pavese Doc Riccardi: 2,99 euro (3 / 5)
Grillo Sicilia Doc Fazio: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Riserva Docg La Pieve: 3,99 euro (2,5 / 5)
Chardonnay Igt Prov Pavia Commendator Pastori: 2,99 euro (1,5 / 5)
Bonarda Oltrepò Pavese Doc Commendator Pastori: 2,99 euro (1,5 / 5)
New Volantino Il Gigante fino al 30 maggio, “Al Costo”
Chianti Docg Piandaccoli: 4,99 euro (5 / 5)
Erbaluce di Caluso Serchè Produttori Monferrato: 3,49 euro (4 / 5)
Ortrugo Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg Coste Petrai: 4,99 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Volantino Iper, La grande i fino al 30 maggio, “Freschi e scontati” Falanghina del Sannio Mastroberardino: 6,99 euro (5 / 5) Negroamaro, Malvasia o Susumaniello Marmorelle Tenute Rubino: 5,99 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Riserva o Pecorino Val di Fara Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Piemonte Doc Rosso 50 anni San Silvestro: 6,99 euro (3,5 / 5)
Valpolicella Ripasso Superiore La Sorte: 4,99 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti o Gavi Docg San Silvestro: 4,49 euro (3,5 / 5)
Etna Rosso o Bianco Nicosia: 7,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Piccini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rive Della Chiesa: 3,49 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Casa Al Pruno: 4,99 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Duchessa Lia: 4,80 euro (3,5 / 5)
Vipra Rossa, Bianca o Rosa Bigi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Astoria: 4,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,49 euro (3,5 / 5)
Bardolino o Soave Classico Sartori: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vini Freschello: 1,79 euro (3 / 5)
Groppello o Chiaretto Garda Scolari: 3,99 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Barbera o Bonarda Crobara: 2,29 euro (2,5 / 5)
Nero d’Avola, Grecanico o Nerello Mascalese I Cavalieri: 2,99 euro (2 / 5)
Passerina o Pecorino Poggio dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Veneto Igt Cabernet, Pinot Bianco o Soave Alpa: 1,99 euro (1 / 5)
Sangiovese o Trebbiano Rubicone Alpa: 1,49 euro (1 / 5)
Spumante Millesimato Babulle: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Iperal fino al 25 maggio, “Affari ad un euro” Cecchi Chianti Classico Docg: 5,55 euro (4 / 5)
Santa Cristina Vini Igt Rosato Toscana: sconto 20% (4 / 5)
Vermentino Gallura Docg Superiore Cantina Pedres: 8,09 (4 / 5)
Fatascia Chardonnay Zibibbo Nero d’Avola: 3,99 euro (3 / 5)
Vini Citra Terramare: 2 euro (3,5 / 5) Barbera d’Asti Docg Versi Divini: 3 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,85 euro (3,5 / 5)
Metodo Classico Trento Doc Grigolli: 6,45 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo Langhe Doc Heredis Natale Verga: 4,69 euro (3 / 5)
Laurum Orvieto Doc: 3,29 euro (3 / 5)
Vini Ante Hirpis: 2,69 euro (3 / 5)
Vini Doc Almorano: 3 euro (3 / 5)
Vini Sette Archi: 3 euro (3 / 5) Vini Garzellino: 2 euro (1 / 5) Vini Il Gaggio: 2 euro (1 / 5)
Vini Le Rovole: 2 euro (1 / 5)
Volantino IperCoop fino al 2 giugno, “Le freschissime settimane” Aglianico Vulture Baliaggio Cantina di Venosa: 2,79 euro (4 / 5)
Pilu Niuru Salento Taurosso: 3,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Maschio: 4,75 euro (3 / 5)
Vino Martina Dop Miali: 2,95 (3 / 5)
Vino San Severo Dop Portale Antica Cantina: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino IperCoop fino al 2 giugno, “Sconti fino al 40” Sicilia Doc Bianco o Rosso La Segreta Planeta: 5,89 euro (5 / 5)
Vermentino o Primitivo Rosato Notte Rossa: 5,49 euro (5 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Fazi Battaglia Titulus: 3,99 euro (5 / 5)
Langhe Doc Favorita Teo Costa Ligabue: 4,79 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Sauvignon Wilhem Walch: 8,90 euro (5 / 5)
Falanghina del Sannio Dop Mastroberardino: 6,99 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Anthilia Donna Fugata: 6,90 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Muller Thurgau Produttori di Bolzano: 6,59 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Vinificato in bianco Torrevilla: 2,99 euro (3,5 / 5)
Friuli Doc Traminer Aromatico Terre Magre Piera: 6,15 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Gewurztraminer Mastri Vernacoli: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino Sardegna Aragosta Santa Maria La Palma: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla o Prosecco Villa Folini: 4,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentin Gutturnio o Ortrugo Vicobarone: 2,65 euro (3,5 / 5)
Soave Doc Cadis: 2,29 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Bolla: 4,89 euro (3,5 / 5)
Orvieto Doc Sensi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Docg Duchessa Lia: 4,89 euro (3,5 / 5)
Cortese o Chiaretto Monferato Doc Capetta: 2,99 euro (3 / 5)
Vernaccia di San Gimignano Docg Loggia del Sole: 3,45 euro (3 / 5)
Frascati Doc Gotto D’Oro: 2,99 euro (3 / 5)
Prosecco Docg Maschio: 4,89 euro (3 / 5)
Spumante Falanghina Ante Hirpis: 2,99 euro (3 / 5)
Freschello Vivace: 1,29 euro (2 / 5)
Volantino Lidl dal 24 maggio al 30 maggio, “Speciale Grigliata” Soave Doc Classico: 1,89 euro (2,5 / 5)
Bardolino Classico Dop: 1,59 euro (2,5 / 5)
Fragolino Rosso Frizzante: 1,19 euro (2,5 / 5)
Volantino Pam fino al 2 giugno, “Freschezza a prezzo basso”
Duca di Saragnano Vino da Uve Leggermente Appassite Puglia Igt: 3,99 (3,5 / 5) Primitivo di Manduria Doc Compagnia Mediterranea: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vini Freschello: 1,39 euro (3,5 / 5)
Rifugio del Vescovo Chianti Docg Cantina Sociale Colli Fiorentini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vini Igt Pasqua: 2,49 euro (3,5 / 5) Vermentino Di Sardegna Doc Calaluna Cantina Dorgali : 3,49 euro (3,5 / 5)
Ortrugo Doc Dei Colli Piacentini Frizzante Mossi: 3,79 euro (3 / 5)
Prosecco Spumante Superiore Extra Dry di Conegliano Valdobbiadene Docg Le Calleselle: 3,99 euro (3 / 5)
Spumante Tosti: 3,69 euro (3 / 5)
Verdeca Feudo Apuliano: 2,99 euro (3 / 5)
Nero di Troia Grifo: 2,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Emilia Igt Ca Dei Filari: 1,69 euro (2 / 5)
Merlot Veneto Igt Colle dei Ciprezzi: 1,69 euro (2 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Colle del Sole: 1,89 euro (2 / 5)
Vermentino Terre Siciliane Igt Colle del Sole: 2,29 euro (2 / 5)
Vino Bianco o Rosso Il Borgo: 0,99 euro (1 / 5)
Sangiovese Rubicone Poggio dei Vigneti: 1,49 euro (1 / 5)
New Pam Retail Pro fino al 27 maggio, “Grandi Marche a Piccoli Prezzi” Cabernet Sauvignon Beneventano Igp Calcapietra: 9,89 euro (4 / 5)
Gewurztraminer Santa Margherita: 6,99 euro (4 / 5) Santa Cristina Bianco Antinori: 4,99 euro (4 / 5)
Pignoletto Righi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Zibibbo igt Pellegrino: 3,99 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia, Malvasia Bianca Crifo: 2 pezzi 5,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Bolla: 5,49 euro (3,5 / 5)
Coda di Volpe Sannio Burnus: 4,49 euro (3,5 / 5)
Preula Del Levante Negroamaro Salento: 3,99 euro (3,5 / 5)
Tavernello bianco rosato: 1,49 euro (3,5 / 5)
Vini Botte Buona: 0,99 euro (3 / 5) Pinot Grigio Friuli Doc/Primitivo Salento Igt Baglio Le Mole: 4,49 euro (2 / 5) Oltrepò Pavese Barbera Le Cascine: 1,50 euro (1 / 5)
Volantino Tigros fino al 31 maggio, “Sconti fino al 50” Lugana Dop Bio Perla del Garda: 7,90 euro (5 / 5) Chianti Superiore Docg Santa Cristina Antinori: 5,99 euro (4 / 5)
Vini Diodoro Primitivo Salento o Malvasia, Negroamaro: 7,90 euro (4 / 5)
Chianti Docg Cecchi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Aragosta: 3,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Gutturnio o Ortrugo Cantagallo Valtidone: 3,90 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Il Picchio Verdicchio o Rosso Conero: 3,99 euro (3,5 / 5)
Vini Rue di Piane Spinelli: 2 pezzi 4 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Toso: 2,49 euro (3 / 5)
Spumante Doc Extra Dry Canel: 2,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Donelli: 2 pezzi 2,50 euro (3 / 5)
Nebbiolo Langhe Doc Heredis Natale Verga: 4,69 euro (3 / 5)
Volantino Unes fino al 1 giugno, “Prezzi a pezzi” Cirò Rosso Caparra e Siciliani: 3,29 euro (5 / 5)
Grignolino d’Asti Doc MMXX: 4,39 euro (3,5 / 5)
Vini Maschio: 2,59 euro (3 / 5)
Spumante Pinot Chardonnay Casa Kessel: 2,19 euro (3 / 5)
Pignoletto Decordi: 2,19 euro (3 / 5)
Inzolia Poggio di Venere: 2,39 euro (3 / 5)
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Nasce la Settimo Pizzolato Holding 20 milioni fatturato 2021
Riassetto societario per Cantina Pizzolato, che diventa Settimo Pizzolato Holding. La nuova realtà possiede il 100% di Cantina Pizzolato Srl, azienda vitivinicola con sede a Villorba, in provincia di Treviso. E fa da cappello all’Azienda Agricola Pizzolato Settimo. La previsione di fatturato per il 2021 è di oltre 20 milioni di euro.
«Una nuova veste quella della Settimo Pizzolato Holding – commenta Settimo Pizzolato – nata ad aprile 2021 dall’esigenza di potenziare l’azienda e dotarla di una struttura organizzativa moderna, efficiente e funzionale capace di cogliere le sfide del momento e di tradurle in progetti concreti, nella massima fedeltà ai valori che guidano da sempre il nostro agire: attenzione all’ambiente, alle persone e al territorio».
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La Panchina gigante del Groppello in Val di Non per salvare il vitigno dalla scomparsa 6
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Pietro Pancheri non è un Watusso, ma sulla Panchina gigante del Groppello anche la sua stazza imponente viene messa in discussione. Alta quasi due metri e mezzo, è la prima in Trentino Alto Adige e si trova in Val di Non. Non per caso. L’hanno voluta lì proprio Pancheri e la moglie Silvia Tadiello, titolari della cantina LasteRosse di Novella.
Un vero e proprio monumento gigante alle bellezze della vallata della provincia di Trento, reso ancora più speciale dalla vicinanza a un piccolo vigneto di montagna, coltivato con la rara uva Groppello di Revò.
Un modo per porre ancor più l’attenzione degli italiani e dei turisti internazionali sulla necessità di salvare questo vitigno, a rischio scomparsa. Proprio come fa LasteRosse, che ne ricava in purezza un pregiato rosso, uno spumante Metodo classico, una grappa e un altro vino rosso, “Privato“, in uvaggio con il Pinot Nero.
La Panchina del Groppello è raggiungibile a piedi, attraverso una passeggiata semplice di 10 minuti, partendo dal centro del paese di Romallo (TN) e dirigendosi verso via per San Biagio (coordinate sono: 46.391742, 11.068670). La si scorge a centinaia di metri di distanza, grazie al suo colore giallo, che simboleggia la luce della Val di Non.
Una novità per il Trentino Alto Adige, ma non per l’Italia. Le grandi panchine del progetto Big Bench Community Project sono tutte “fuori misura” e caratterizzate da colori vivaci.
Ideatore e promotore è Chris Bangle, designer americano che ha pensato così di promuovere le comunità locali, il turismo e le eccellenze artigianali, tra cui figura proprio il vino.
Un progetto no profit che vive grazie alle donazioni fatte da chi realizza una nuova panchina e dalla vendita in merchandising degli articoli ufficiali, souvenir originali e concreti per dire “Io ci sono stato!“.
Per l’esattezza, la Panchina della Val di Non, o del Groppello di Revò, è la numero 132. Il ricavato sarà devoluto annualmente, alle scuole e gli studenti del Comune del Trentino.
Il Groppello – sottolineano Pietro e Silvia Pancheri – nell’ultimo anno è stato oggetto di un progetto di salvaguardia lanciato da Cantina LasteRosse, attraverso l’adozione a distanza dei filari di vite».
Un’iniziativa che continua e che ha visto nascere un vero movimento di amore per questo vitigno: “You are Groppello“, di cui la panchina gigante è la ciliegina sulla torta.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Villa Calicantus e quel Chiaretto ChiarOtto che spariglia le carte a Bardolino
EDITORIALE – «Tale il vino, tale il vignaiolo», verrebbe da dire parafrasando il latino Talis pater, talis filius. Quattro chiacchiere al telefono con Daniele Delaini, il «vignaiolo non enologo» di Villa Calicantus, e capisci perché certi vini, pur degustati alla cieca, riescano a trasmettere un’energia particolare, quasi a parlarti e a sussurrarti all’orecchio, con fierezza, i perché della propria autentica “diversità”. Il vino in questione è “Chiar’otto“, il Chiaretto di Bardolino Classico 2019 della piccola cantina di Calmasino, che oggi conta 8 ettari di vigne in agricoltura biologica, ormai prossimi alla certificazione biodinamica Demeter.
Solo uno dei 50 campioni spediti alla stampa enogastronomica italiana e internazionale dal Consorzio di Tutela del “Vino Rosa del Garda“, nell’ambito di un’Anteprima 2021sui generis. La prima della storia “a distanza”, in accordo con le normative anti pandemia Covid-19. Un vino diverso da tutti gli altri, ma non per questo incapace di imporsi con una delle valutazioni più alte del panel, tra i 14 con punteggio compreso tra i 90 e i 93/100 di WineMag.it. Una “diversità autentica”, per l’appunto, che apre a scenari e considerazioni necessarie e particolari.
CHIARETTO E BARDOLINO SECONDO VILLA CALICANTUS
«Sin dall’inizio, nel 2011 – commenta Daniele Delaini – la nostra idea era molto chiara e rimane la stessa, pur essendo cresciuti da 1 a 8 ettari: la nostra produzione, di appena 30-40 mila bottiglie, è incentrata al 100% sulla qualità. L’obiettivo è dimostrare che quello di Bardolino può tornare ad essere il gran vino che è stato sino agli anni Ottanta, di cui purtroppo in pochi oggi si ricordano». Come? «Valorizzando le uve dei vigneti più vocati, nelle migliori zone – risponde il vignaiolo di Villa Calicantus – e, in cantina, rispettando la naturalità dell’uva lasciando esprimere le caratteristiche dell’annata. Noi non modifichiamo in alcun modo parametri quali tenore alcolico o colore e, tra gli altri accorgimenti, usiamo solo lieviti autoctoni».
Perché? Semplice. Vogliamo che i nostri vini esprimano la vigna da cui provengono. Una dei concetti fondamentali per noi è che ogni vigna abbia il suo vino e ogni vino la sua vigna, in modo tale da dare voce a quel luogo, quella vigna e, infine, a quell’annata».
Un approccio che porta il Chiaretto di Bardolino Classico 2019 ad avere un colore più carico della media degli altri Chiaretto presentati nell’ambito dell’Anteprima 2021, ma anche profumi e sapori più complessi.
Il tutto nel pieno rispetto delle caratteristiche delle uve Corvina, Rondinella, Molinara e Sangiovese e della vigna a pergola esposta a Sud, su suoli morenici, a 165 metri sul livello del mare, scelta per il rosato. «Non facciamo nulla di nuovo – chiosa Daniele Delaini – ma farlo a Bardolino è un po’ più complesso rispetto ad altre zone. Il mercato si aspetta vini commerciali, noi vogliamo dimostrare altro, ma all’interno del Consorzio. Sono convinto che il sistema si cambia da dentro. Quando sento colleghi che si lamentano, ricordo loro che sbattere la porta e uscire dalla stanza non serve a niente. Tanto è vero che quest’anno e il nostro ‘Chiar’Otto’ è stato bocciato in prima istanza dalla Commissione di degustazione».
Faremo ricorso? Al 90% sì, perché so che se non lo facessi me ne pentirei. È troppo importante che ci sia una voce alterativa all’interno dei Consorzi del vino italiano. ‘Consorzio’ significa ‘gruppo di persone che lavorano assieme’, ma non tutti devono portare avanti necessariamente avanti le stesse posizioni. Anzi, è giusto che i piccoli facciano sentire la voce e le loro esigenze in questo contesto».
Per la cronaca, Delaini sottolinea come il Chiaretto 2020 appena bocciato sia «molto simile al 2019», invece approvato e per l’appunto presente tra i campioni dell’Anteprima 2021: «Annate diverse – aggiunge – ma la vigna si è comportata sostanzialmente allo stesso modo, dando alcol e acidità simili, con un pelo in più di mineralità nel 2020».
LA BOCCIATURA DEL CHIARETTO CHIAR’OTTO NON FA MALE
Una bocciatura che riapre l’infinito e controverso capitolo delle Commissioni di degustazione delle Doc, che rischiano spesso, con i loro giudizi, di bocciare vini autentici, rispettosi di vitigni e terroir, depauperando le Denominazioni di sfaccettature preziose e originali. Ovvero delle principali virtù del Made in Italy enologico e della loro principale chiave di sopravvivenza e asso nella manica nel mercato internazionale, sempre più attento a cru e parcellizzazione.
Del resto, l’idea di Chiaretto di Bardolino di Villa Calicantus non si discosta molto da quella di alti produttori della provincia di Verona. «Dev’essere un vino che riesca a coniugare, come il Bardolino, complessità e bevibilità. Volendo semplificare, lo pensiamo come un “rosso leggero” o un “bianco pesante”, gestibile a tavola attraverso la temperatura di servizio».
«Il nostro Chiar’Otto – conclude Daniele Delaini – è buono fresco, come aperitivo. Un po’ più caldo mette in mostra un ventaglio infinito di possibilità di abbinamento. Personalmente non sono uno di quelli che con la carne rossa beve Amarone: ho bisogno di freschezza e leggiadria, il che non significa banalità». Con buona pace delle Commissioni di degustazione. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Tenuta Rottensteiner Maso Kristplonerhof boutique hotel Bolzano vigne passito Gewurztraminer Cresta 15
Si chiama Maso Kristplonerhof ed è il perfetto connubio tra “ospitalità” e “dolcezza”. Non tanto per la particolare cura assicurata agli ospiti di uno dei più antichi “masi” altoatesini, le cui prime tracce risalgono all’anno Mille. Quanto perché le finestre del moderno boutique hotel da esso ricavato si affacciano sul vigneto che dà vita a un passito di Gewürztraminer tra i più interessanti (e qualitativamente costanti) dell’Alto Adige: il “Cresta“, che figura nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it 2021.
Il “miracolo” si compie in località Guncina, proprio sopra Bolzano. Merito di una famiglia che ha saputo dividersi i compiti, quasi genealogicamente. Mentre papà Toni, il figlio Hannes Rottensteiner e la moglie Judith si occupano della cantina, Evi ha preso in mano le chiavi dell’ospitalità di Maso Kristplonerhof.
«I lavori di risanamento per la realizzazione di tre appartamenti nel vecchio fienile – spiega – si sono conclusi sul finire del 2019. La struttura era di proprietà del vescovo di Trento, motivo per cui la zona ancora oggi viene chiamata “Welschwinkel”, ovvero “Angolo italiano”».
Probabilmente il nome deriva dalla formulazione latina “Cresta piana“, che rimanda alla posizione del Maso, davanti al quale il vigneto scende leggermente, creando una stretta terrazza sul quartiere Gries di Bolzano.
Non solo Gewürztraminer tra le varietà allevate. Oltre al passito “Cresta”, nasce infatti qui l’omonima Schiava “Vigna Kristplonerhof”. La storia di Maso Kristplonerhof, peraltro, è tutta al femminile: passa di madre in figlia ormai da tre generazioni.
«Lo ho ereditato dai nonni materni – racconta Evi Rottensteiner – mia madre Rosl, primogenita di sei sorelle, col matrimonio si trasferì a Bolzano, nel maso Hofmannhof di proprietà di mio padre. Qui abitano ancora i miei genitori ed è il luogo dove hanno costruito insieme la cantina, gestita oggi da mio fratello Hannes. Anch’io sono nata e cresciuta là, trasferendomi al Kristplonerhof quando sono nati i miei figli Jan e Nora».
L’attuale “boutique hotel” è da sempre circondato da pascoli, vigneti e frutteti. A partire dal 1930 la famiglia ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla viticoltura, per produrre il vino da vendere direttamente nella trattoria di proprietà.
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Non essendoci più il bestiame, il fienile, tutelato dai beni culturali, è stato riconvertito in agriturismo, ma senza modificarne troppo l’aspetto, così da mantenerne intatto l’antico fascino. Sono stati ricavati tre appartamenti la cui progettazione e realizzazione è stata oggetto di particolare cura.
Ogni unità si trova su 2 piani, per una totale di 38 metri quadrati (quindi ideale per 2-4 persone) ma due unità sono collegate internamente e possono ospitare dalle 4 alle 8 persone.
Tutti i balconi sono esposti a sud, con vista sulle Dolomiti e sulla città di Bolzano, nonché sul vigneto tanto caro a Tenuta Rottensteiner, che si estende per 3,4 ettari. All’esterno è a disposizione degli ospiti un giardino molto curato.
Frutta e verdura vengono coltivate per uso privato, ma anche per gli ospiti che abbiano il desiderio di dedicarsi alla raccolta delle erbe e di vari tipi di verdura. Nel punto vendita ricavato in quella che era la cantina del maso, sono in vendita prodotti fatti in casa come marmellate, sciroppi, succhi, tisane, sale aromatizzato alle erbe, sughi e pesto.
E gli animali non sono scomparsi: ci sono gatti, conigli e galline che producono ottime uova per la colazione, punto di forza del Kristplonerhof. Il cestino del risveglio, preparato con cura in base alle preferenze dei singoli ospiti, è composto di pane fragrante, caffè o tè, latte, nonché dei prodotti del maso e della regione.
Prelibatezze locali come burro, marmellata, miele, uova, yogurt, succo di frutta e frutta fresca di stagione, vengono posizionate all’alba all’interno di una cassapanca, all’esterno dei tre appartamenti, pronte per essere consumate a colazione.
Giocoforza Maso Kristplonerhof è anche il punto di partenza di gite, passeggiate, escursioni in alta montagna, itinerari in mountain bike, equitazione e wellness, nonché della visita guidata e degustazione dei vini della Tenuta Rottensteiner.
ROTTENSTEINER: TRE VINI DA NON PERDERE
Alto Adige Doc Pinot Bianco 2019 “Carnol” Due vigne contribuiscono all’assemblaggio delle uve di Pinot Blanc. La prima si trova a 850 metri, l’altra a 650 metri sul livello del mare. Vino che esalta il terreno ricco di porfido, la sapidità. Entra dritto come una lama e chiude fresco, con un accento di pietra bagnata e fil rouge sulla salinità, ben accostata alla pienezza del frutto.
Alto Adige Doc St. Magdalener Classico 2019 Vigna Premstallerhof
Rosso rubino, bellissimo nella sua brillantezza. Naso di frutti rossi, fiori di rosa freschi, lampone, e tocco di spezia. Perfetta corrispondenza in bocca. Allungo amaricante che invoglia la beva.
Alto Adige Doc Gewurztraminer 2018 “Cresta”
Giallo dorato. Naso freschissimo, sorso pure. Grandissima precisione sia nella parte olfattiva che gustativa. Frutta tropicale matura, miele, crema pasticcera che cedono il passo ad una beva scorrevole e soddisfacente. L’assaggio delle vecchie annate conferma la straordinarietà di questo nettare.
La 2017 conferma gran equilibrio acido-zuccherino, mentre la 2009, dopo qualche minuto di ossigenazione nel calice, sfodera con grande generosità le note tipiche del vitigno. La vena dolce, da annata calda, è esuberante. Ma la freschezza la controbilancia ancora una volta in maniera ineccepibile.
Il primo naso di Cresta 2004 è invece più diretto, molto franco: conserva le venature di frutta sciroppata e porta in dote una nota di caramello accompagnata da un tocco fumé. Vira poi su frutta secca, noci, arachidi, vivo e pieno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Capriano del Colle Doc Bianco Superiore 2015 Otten2 Cantina San Michele
Chi l’ha detto che la Botrytis cinerea sia peculiarità dei soli vini Tokaji, Sauternes, Trockenbeerenauslese (ce l’avete fatta a pronunciarlo?) o dei muffati di Orvieto? In Italia, un po’ a sorpresa, ecco i benefici della “Muffa Nobile” in un micro areale della provincia di Brescia: la Doc Capriano del Colle.
La prova? La straordinarietà e unicità di “Otten:2“, vino prodotto da Cantina San Michele con uve Trebbiano provenienti dai vigneti di proprietà del piccolo comune lombardo. Solo uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso note di frutta surmatura, precise e composte, senza la minima sbavatura. In bocca una gran concretezza, suggellata dal gioco tra freschezza e rotondità. Vino importante, estremamente gastronomico. Lunghissimo.
Un Trebbiano davvero sorprendente nelle due fasi, distinte eppure molto ben amalgamante, capaci di creare un quadro di gran equilibrio: quella “dura”, calcarea; e quella “morbida” e suadente, conferita dalla Botrytis cinerea.
LA VINIFICAZIONE
Solo una parte delle uve è stata colpita dalla “Muffa nobile”, permettendo a Cantina San Michele una vendemmia tardiva utile alla concentrazione e all’ampiezza dei profumi. Le uve sono state sottoposte a una pressatura soffice.
La fermentazione di Otten:2 è avvenuta in vasche di acciaio a temperatura controllata, per 15 giorni. L’affinamento si è protratto in vasche di cemento, prima di un ulteriore riposo del nettare in bottiglia, per 12 mesi.
Dopo la fondazione avvenuta nel 1982, Cantina San Michele ha avviato un percorso virtuoso che ha trovato compimento all’inizio degli anni Duemila. Il vero anno anno della svolta è stato però il 2011, quando l’azienda agricola è finita nelle mani dei cugini Elena e Celeste Danesi.
I due giovani si sono posti l’obiettivo di valorizzare la produzione del Monte Netto, noto anche come Montenèt, nel dialetto bresciano, o “Monte di Capriano”. Una piccola collina di 133 metri di altezza, caratterizzata da un terreno di sabbia grigia, ghiaia e calcare. Un’area naturale protetta da Regione Lombardia, che vi ha istituito un Parco.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it il Trento Doc Riserva Brut 2011 di Cantina Rotaliana, uno dei due spumanti Metodo classico prodotti in Trentino dalla cooperativa di Mezzolombardo (TN).
LA DEGUSTAZIONE
Perlage finissimo e molto persistente per questa “bollicina” che si presenta molto bene al “primo bacio” con il calice. Finezza ed eleganza che rappresentano al meglio un packaging minimal, che invita ad un serio approfondimento del contenuto, ancor più della “forma”.
Il naso è generoso, ricco, baldanzoso, con predominanza delle note “grasse” conferite dallo Chardonnay (frutta esotica matura a polpa gialla, fiori bianchi e gialli appena sbocciati) rispetto al nerbo dell’altro vitigno che compone la cuvèe, il Pinot Nero.
Un ruolo da gregario, quello del Noir, che si conferma anche all’assaggio, fase in cui gioca un ruolo fondamentale nella ricerca (andata a buon fine) del perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze.
Frutto maturo, percezione minerale-salina e corredo fresco-acido parlano all’unisono a poco meno di 3 anni dalla sboccatura (marzo 2018) e a 10 anni esatti dalla vendemmia del Trento Doc Riserva Brut di Cantina Rotaliana.
Il tocco tostato percettibile in chiusura di sipario, con ricordi assimilabili al cereale e ancor più alla mandorla, completa l’allungo rendendo il sorso, pur fresco, ancora più rotondo.
LA VINIFICAZIONE
Le uve Chardonnay e Pinot Nero (70-30%) vengono raccolte a mano nelle aree più vocate a disposizione di Cantina Rotaliana (Val di Cembra e Val di Non). I vigneti sono posti a un’altimetria compresa tra i 500 e i 750 metri sul livello del mare.
Le piante affondano le radici in terreni asciutti e di medio impasto, ricchi di argilla, calcare e gesso. La vinificazione avviene in bianco, con pressatura soffice delle uve e fermentazione dei mosti sia in acciaio che in barrique, in percentuale più piccola.
In primavera, la lenta presa di spuma e la successiva permanenza sui lieviti per almeno 80 mesi precede remuage e sboccatura, aggiunta del liqueur d’expédition. Il dosaggio è di circa 6 grammi litro. L’affinamento in bottiglia si protrae per almeno 3 mesi dopo il dégorgement, in attesa della commercializzazione.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La Cantina delle famiglie di Bolzano nel cubo della citta kellerei bozen soci viticoltori
La cantina delle famiglie di Bolzano, nel cubo della città. Così ama definirsi Cantina Bolzano (Kellerei Bozen) nell’abbracciare sotto al proprio tetto i 223 soci viticoltori. Sono loro i protagonisti di una storia segnata sempre dallo stesso obiettivo: produrre e commercializzare i migliori vini dell’Alto Adige. In particolar modo, gli autoctoni Lagrein e Santa Maddalena (St. Magdalener).
Storie di famiglie diverse per origine e consuetudini, accomunate dalla passione per la viticoltura e dalla ricerca della miglior qualità possibile. Ma Cantina Bolzano è oggi diventata anche un simbolo della cultura vitivinicola della città altoatesina. Merito del nuovo e inconfondibile edificio a forma di cubo, che svetta sotto la montagna, nel quartiere di San Maurizio.
Un segnale chiaro della tradizione che si rinnova per inseguire nuovi traguardi di eccellenza, suggellati dalla produzione di vini premiati e riconosciuti non solo in Alto Adige e in Italia, ma anche a livello internazionale.
IL VINO COME RACCONTO DELLE FAMIGLIE
Cantina Bolzano è la cantina delle famiglie nel cubo della città perché i masi, le tenute, i vigneti arrampicati su ripidi pendii o a fondovalle parlano da soli. Raccontando la storia di chi, da decenni, con passione e dedizione al lavoro, si impegna a coltivare le quindici varietà di uve che portano alla creazione di vini dall’inconfondibile carattere regionale.
I 223 soci viticoltori, tanto di dinastia nobile quanto di origine contadina, hanno tramandato di generazione in generazione la passione per la coltivazione dei vigneti. sono accomunati dalla passione per la viticoltura e da un obiettivo preciso: produrre vino di qualità nel rispetto della natura che quella qualità rende possibile.
La cantina delle famiglie, dunque. Come quella di Hannes e Gottfried Plattner del Maso Huck am Bach. Un nome con un passato nella storia di Bolzano e una specialità: la coltivazione su viti vecchie oltre sessant’anni delle uve destinate al vino Santa Maddalena.
Proprio come la famiglia Falser di Maso Moar, che ha fatto del vino Santa Maddalena la sua missione. Ma ci sono anche aziende gestite da giovani sotto al tetto accogliente di Cantina Bolzano. È il caso di Hanno Mayr, che produce il suo Gewürztraminer in attesa di convertire l’intero vigneto al biologico.
Karl e Armin Platter del Maso Mock, già menzionato sulle mappe topografiche nel 1275, hanno dato ulteriore impulso alla propria missione impiantando un vigneto di Sauvignon su un pendio a 500 metri sul livello del mare, dove l’escursione termica e l’ottima esposizione regalano uve eccellenti, sin dagli anni Settanta.
UNA COLLABORAZIONE DI QUALITÀ
C’è poi la nobile famiglia degli Eyrl, che a Gries produce le uve Lagrein nella tenuta dell’omonimo quartiere che circonda Bolzano. Merlot, Gewürztraminer e Sauvignon Blanc sono invece le uve coltivate da Graf Huyn.
Un’azienda particolarmente attenta al rispetto della natura, tanto da aver trasformato alcuni vecchi macchinari, che oggi vengono alimentati da un impianto fotovoltaico.
Tra lo Sciliar e il Catinaccio, nel Giardino delle Rose, crescono le uve del Maso Baumann, famoso non solo per il Pinot Grigio e Pinot Bianco, ma anche per gli Schlutzkrapfen – le mezzelune ripiene solitamente di spinaci e ricotta, simili ad agnolotti – che si possono gustare nella rinomata osteria contadina.
Aziende familiari dunque, quelle di Cantina Bolzano, che producono vini premiati a livello nazionale e internazionale. Il risultato di un’idea tanto semplice quanto affascinante: valorizzare la qualità dell’uva e non la quantità.
«Perché il vitigno ha le sue peculiarità ed esigenze, che un buon enologo deve sapere riconoscere», spiega il winemaker Stephan Filippi (nella foto, sopra) che all’interno della grande famiglia di Cantina Bolzano ha dato vita nel 1988 al “Progetto Qualità“. Un disegno trasformato in un caposaldo.
Si è tenuto nel pomeriggio odierno il funerale di Luigi Gregoletto. L’ultimo saluto a uno dei padri del Prosecco, fondatore dell’omonima azienda vinicola di Premaor, si è tenuto alle 15 nella Chiesa Parrocchiale di Miane (TV).
A dare la notizia della scomparsa è stata la famiglia: «Questa mattina ci ha serenamente lasciato Luigi Gregoletto, fondatore della cantina Gregoletto. Lo ricordano con affetto la moglie, i figli, i famigliari e gli amici tutti».
La Famiglia Gregoletto vanta una lunga tradizione nel mondo del vino. Sono numerosi i documenti che testimoniano come coltivasse la vite sulle colline di Premaor di Miane, in provincia di Treviso, già all’inizio del Seicento. Non a caso, l’edificio che ospita la cantina è ricavato da una struttura di quell’epoca.
L’attività della famiglia ha avuto un notevole impulso nel dopoguerra, proporio grazie a Luigi Gregoletto, che ha iniziato a produrre vino secondo criteri di «qualità e tipicità». Oggi l’azienda possiede diciotto ettari di terreno vitato nei comuni di Miane, San Pietro di Feletto e Refrontolo.
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Franciacorta in lutto Monzio Compagnoni morto mentre spalava la neve
ADRO – Stava spalando la neve all’ingresso della cantina della Franciacorta che porta il suo nome, in via Nigoline 98 ad Adro (Brescia). È morto così MarcelloMonzio Compagnoni. Stroncato da un infarto, a soli 54 anni. Inutile la chiamata al 118, nella mattinata di martedì 29 dicembre.
Compagnoni, originario di Treviglio, in provincia di Bergamo, si era trasferito in Franciacorta per fondare l’omonima azienda agricola. A Scanzorosciate aveva conservato una vigna per la produzione di un’etichetta di Moscato di Scanzo, il “Don Quijote” (solo 2.500 bottiglie).
Di sua proprietà anche diversi terreni per i vini fermi della Bergamasca nei comuni di Grumello del Monte, che hanno affiancato quello di Loreto a Cenate Sotto. In Franciacorta, la produzione della cantina di Marcello Monzio Compagnoni era invece impostata sugli spumanti e sui vini fermi a denominazione Curtefranca bianco e rosso.
“Una realtà vitivinicola basata sullo studio, l’esperienza, la passione e una mentalità moderna e pragmatica, dall’anima produttiva”: così la descriveva lo stesso vignaiolo, che in terra franciacortina poteva contare sulla consulenza enologica di Donato Lanati.
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Cantina Bolzano la winery al cubo Alto Adige KBZ outdoor
Sono 223 i soci viticoltori protagonisti di Cantina Bolzano, una realtà che dalla sua fondazione persegue lo stesso obiettivo: produrre e commercializzare i migliori vini dell’Alto Adige, in particolare gli autoctoni Lagrein e Santa Maddalena.
Una “winery” che è divenuta simbolo della città, ancor più dalla realizzazione del cubo, la struttura che la contraddistingue e la rende riconoscibile tra mille, a livello internazionale. L’unica parte visibile di un nuovo edificio produttivo perfettamente integrato nella natura, ai piedi delle montagne del quartiere San Maurizio di Bolzano.
“La tradizione che si rinnova, per inseguire nuovi traguardi di eccellenza”, come amano sintetizzare all’unisono il presidente Michael Bradlwarter, il direttore Klaus Sparer e l’enologo Stephan Filippi.
UNA STORIA DI OLTRE UN SECOLO
La storia di Cantina Bolzano inizia nel 1908, quando 30 viticoltori del quartiere bolzanino di Gries decisero di fondare una cooperativa vinicola con lo scopo di vinificare uno dei vitigni più importanti della zona: l’autoctono Lagrein.
Qualche anno dopo, nel 1930 viene fondata da 18 viticoltori un’altra piccola cooperativa a Santa Maddalena, all’interno della quale i soci riuscirono a produrre da uve Schiava un vino di grande pregio: il Santa Maddalena.
Dalla fusione di queste piccole realtà vinicole nel 2001 nasce Cantina Bolzano, la cantina di produttori che si fa portavoce delle due varietà autoctone principi della zona: il Lagrein e il Santa Maddalena.
Di pari passo alle due realtà riunite sotto il nome di Cantina Bolzano, cresce anche il numero di soci, ad oggi 224, e si rende necessario unificare anche fisicamente le due sedi produttive. Nel 2015 viene posata la prima pietra della nuova cantina nel quartiere di San Maurizio alle porte della città di Bolzano.
L’edificio produttivo, costruito rispettando i più moderni principi di sostenibilità, viene completato nel 2018 quando per la prima volta le uve vengono consegnate e lavorate all’interno della nuova cantina.
LA “NUOVA” CANTINA BOLZANO
Il nuovo sito produttivo è perfettamente integrato nella superficie collinare circostante. Grazie alla sua strutturazione su 5 livelli, sfrutta la gravità per realizzare il processo di lavorazione a caduta dell’uva.
L’edificio unisce i principi di funzionalità e valorizzazione del vino a quelli di ecosostenibilità e tutela del paesaggio. Cantina Bolzano è infatti la prima cantina produttori certificata CasaClimaWine®.
Lo stabile è costruito sotto il livello del terreno ed è coperto in superficie da terrazze coperte da vigneti, per mimetizzare totalmente la struttura. L’unica costruzione in superficie è la parte centrale, dominata dal cubo che è diventato il simbolo della nuova Cantina Bolzano, anche grazie ai “filamenti” che ricordano una foglia di vite.
L’aumento dello spazio di lavoro con il nuovo stabilimento ha permesso di valorizzare maggiormente le caratteristiche delle selezioni. I vari “Cru” sono infatti lavorati in serbatoi separati per esaltare al meglio le proprietà di ciascuna zona di produzione.
CANTINA BOLZANO IN SINTESI
Fondazione: 1908 Cantina di Gries, 1930 Santa Maddalena, 2001 fusione in Cantina Bolzano, 2018 trasferimento nella nuova sede di San Maurizio
Posizione & territorio: Bolzano e dintorni. La zona vinicola di Bolzano è una delle principali aree vinicole della regione. I terreni di fondovalle sono ben ventilati, caratterizzati da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e beneficiano della vicinanza ai fiumi Adige e Isarco. Qui le uve, che crescono sui pendii ai piedi delle Dolomiti ad un’altitudine che va dai 200 ai 1000m. s.l.m., acquisiscono caratteristiche d’eccellenza. Ne sono esempio i due vini di punta della regione vinicola: Lagrein e Santa Maddalena (Schiava).
Modello aziendale: Cooperativa di produttori
Direttore: Klaus Sparer
Presidente: Michael Bradlwarter
Enologo: Stephan Filippi
Soci: 224
Superficie vitata: 340 ettari
Impianto: sistema a pergola per alcuni vigneti di Santa Maddalena; sistema a spalliera per la maggior parte dei vigneti.
Vino online al prezzo di cantina il Consorzio Montefalco fa concorrenza allHoreca
“Vini ai prezzi di cantina“. Così il Consorzio Tutela Vini Montefalco e Spoleto ha presentato ieri la sua ultima iniziativa: lo shop online delle aziende associate. A colpire, oltre all’assenza di aziende storiche come Arnaldo Caprai e Scacciadiavoli dell’ex presidente Amilcare Pambuffetti, è l’utilizzo della parola “naturale” tra i “filtri” applicabili per la ricerca dei vini: un termine giudicato “ingannevole per il consumatore” dall’Ue. Ancor più sorprendenti i prezzi concorrenziali praticati dal portale, in alcuni casi inferiori alla media online.
È corretto che un Consorzio faccia “concorrenza” agli operatori e-commerce e “fisici” dell’Horeca, oltre a occuparsi della sua promozione? Un primo commento arriva proprio da Marco Caprai, raggiunto telefonicamente da WineMag.it: “Concordiamo su molte iniziative del Consorzio Vini di Montefalco, ma aderire a questa iniziativa ci avrebbe fatto sentire, diciamo così, un po’ a disagio“.
Non abbiamo un e-commerce nostro – continua Caprai – e per questo l’adesione sarebbe stata ancor più un controsenso. D’altro canto, ci siamo appoggiati in questi anni a diversi operatori che ci hanno dato soddisfazioni crescenti, sviluppando le vendite in maniera veloce.
Rispetto il Consorzio e le cantine che hanno deciso di aderire a questa iniziativa, ma personalmente, senza polemica, penso che qualcosa non quadri in questa operazione”.
Qualche esempio? Il Montefalco Sagrantino 2015 di Antonelli San Marco è in vendita a 21 euro sullo shop online del Consorzio. Costa 20,50 euro su Tannico, ma 22,90 su Callmewine e 24 euro su Vinodalproduttore. Lo Spoleto Doc Trebbiano spoletino 2019 “Trebium” del presidente è in vendita a 10 euro sullo shop consortile; su Callmewine a 10,50 euro, mentre su Vinodalproduttore a 12,90.
Il Montefalco Sagrantino Docg 2015 “Carapace” di Tenuta Castelbuono – Lunelli è in vendita a 24 euro sul sito del Consorzio, mentre a 25,50 euro su Tannico. Curioso il caso di Tabarrini, che vende sull’e-commerce consortile il Sagrantino Docg 2015 “Campo alla Cerqua” a 50 euro: la stessa bottiglia è in vendita su Callmewine a 39,80 euro.
Situazione che si ribalta col Sagrantino 2015 “Colle Grimaldesco” firmato da Tabarrini: 30 euro sull’e-shop del Consorzio Vini e 32,50 su Callmewine. Stessa convenienza per il Montefalco Rosso 2016 “Boccatone”, che costa 16 euro sul portale del Consorzio e 17,50 su Callmewine.
Gran differenza tra il prezzo del Sagrantino 2016 “Vignalunga” di Moretti Omero: ben 7,70 euro tra il Consorzio Vini (34,80 euro) e Callmewine (42,50 euro). Getta invece ancora più confusione sul concetto di “prezzo di cantina” il Montefalco Rosso Colpetrone, in vendita sul nuovo e-shop consortile a 10 euro, ma a prezzo pieno su Callmewine a 9,50 (al momento scontato a 8,40 euro).
Molto attenta a non “ferire” la sensibilità dei clienti storici dell’e-commerce, invece, Lungarotti : il Montefalco Sagrantino Docg 2016 costa 20,50 su Tannico e 22,80 euro sul sito del Consorzio. Si riduce (di poco) la convenienza di Tannico sul Montefalco Rosso 2016 Lungarotti: 11,50 euro contro i 12 euro consortili.
Tra le referenze più convenienti dell’e-shop del Consorzio Tutela Vini Montefalco, il Sagrantino Docg 2013 “Collenottolo” di Bellafonte: 30 euro sul negozio online di Montefalco; 36,60 su Tannico e Callmewine (oggi in promo a 34,90 euro). Di un euro più conveniente il Montefalco Rosso “Pomontino” Bellafonte. La concorrenza, insomma, è servita. Ma serviva davvero, nel 2020 horribilis dell’Horeca, anche quella di un ente consortile?
LA VISIONE DEL CONSORZIO La data scelta per il lancio dello shop del Consorzio Tutela Vini Montefalco, del resto, non è stata casuale. Le saracinesche della “vetrina virtuale” si sono aperte ufficialmente lunedì 30 novembre, giorno del Cyber Monday, ovvero il lunedì successivo alla Festa del Ringraziamento negli Stati Uniti. Una data che chiude simbolicamente la settimana del Black Friday dedicata allo shopping on line.
Trentotto le aziende vinicole che hanno aderito a un’iniziative che consente ai winelovers di scegliere anche tra le “Scatole Tematiche” che conterranno vini di cantine diverse. A queste proposte si aggiunge la “Secret Box“, selezione speciale il cui contenuto sarà scoperto solo una volta giunto a destinazione.
“L’intento – spiega il Consorzio Vini Montefalco nel presentare l’iniziativa – è quello di avvicinare i consumatori in maniera diretta alle produzioni vinicole del territorio, ma anche approfondire conoscenze e curiosità sulle denominazioni tutelate”.
“Un filo diretto – continua l’ente – in un tempo in cui la virtualità è protagonista, nell’attesa di poter tornare a vivere la dimensione reale di un territorio unico e autentico come quello di Montefalco e Spoleto”. Prosit.
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Borgogna niente Grands Jours de Bourgogne Ecco Grands Jours en caves 2021
Dalle “Grands Jours de Bourgogne” alle “Grands Jours en caves” il passo è breve, ai tempi del Covid-19. Nel confermare l’edizione 2022 delle biennali “Grandi Giornate della Borgogna“, il Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne (Bivb) annuncia una novità per il prossimo anno: le “Grandi Giornate in cantina” 2021.
Con i viaggi internazionali ancora suscettibili di essere influenzati dalla pandemia nel marzo 2021 – spiega Raphaël Dubois, presidente dei Grands Jours de Bourgogne – abbiamo ritenuto che sarebbe stato poco coscienzioso organizzare in quelle date i tradizionali Grand Jours de Bourgogne, rimandati in questo 2020 a causa della pandemia”.
“Ma ci mancano i nostri clienti – aggiunge Dubois – e vogliamo dunque essere in grado di dare il benvenuto a tutti coloro che vorranno raggiungerci o saranno già in Borgogna. Questa vicinanza è essenziale!”.
Per un’intera settimana, dal 15 al 19 marzo 2021, ecco dunque un format che il Bivb definisce “diverso e leggero, ma che consentirà di mantenere il contatto tra professionisti, fondamentale per tutti”.
Con “Grands Jours en caves“, buyer, ristoratori, importatori, agenti e giornalisti potranno dunque mescolarsi al pubblico nelle cantine della Borgogna. Attenuando così l’attesa per l’edizione 2022 dei “Grands Jours de Bourgogne“. L’edizione 2020, inizialmente prevista dal 9 al 13 marzo, è stata infatti rinviata dagli organizzatori, vista l’evoluzione dell’epidemia di Covid-19.
Il consiglio di amministrazione dei Grands Jours de Bourgogne, dopo aver “studiato a lungo la possibilità di rinviare l’evento a marzo 2021, considerando vincoli sanitari, logistici e finanziari”, ha deciso di annullare definitivamente l’appuntamento del 2020, rimandando il pubblico alla prossima scadenza biennale del 2022.
Una decisione adottata 12 novembre dal Cda borgognotto, che è già al lavoro “per impostare la prossima edizione di Grands Jours de Bourgogne nel marzo 2022, in modo che possa aver luogo fisicamente e completamente“.
Da qui la successiva decisione di organizzare un evento diffuso sul territorio, “per mantenere il contatto con gli appassionati della Borgogna” dando loro la possibilità di vivere “preziosi momenti di convivialità“.
Le Grandi Giornate della Borgogna, del resto, non sono replicabili in alcuna maniera. Costituiscono una Biennale internazionale del vino con un concetto unico, creato nel 1992. I Grands Jours de Bourgogne sono riservati ai professionisti: sommelier professionisti, ristoratori, buyer, importatori, grossisti, agenti di vendita e giornalisti.
L’evento, spalmato su 5 giorni, prevede solitamente 12 degustazioni itineranti (da Chablis alla Côte Chalonnaise, passando per il Mâconnais, la Côte de Nuits e la Côte de Beaune), con mille espositori e una media di 2.500 visitatori.
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Capichera non è in vendita per 18 milioni di euro. La smentita ad alcune indiscrezioni di stampa arriva direttamente dalla cantina sarda situata ad Arzachena (SS), in Gallura. Che, anzi, rilancia il suo impegno nella produzione di alcuni tra i migliori vini della Sardegna.
“Quello che possiamo sottolineare ad oggi – sottolinea anzi sui social la cantina sarda – è che, anche nel terribile anno della pandemia 2020, siamo felici di aver esaurito la disponibilità di tutti i nostri vini in vendita, come da consuetudine ormai da anni e di aver ricevuto importanti premi e riconoscimenti in tutto il mondo”.
La smentita alle voci di una possibile vendita della cantina è netta: “È vero che nello scorso aprile abbiamo ricevuto da un primario operatore internazionale un’offerta d’acquisto per l’azienda di 18 milioni, ma è altrettanto vero che è stata prontamente rifiutata”, si legge nella nota affidata ai canali social ufficiali di Capichera.
Nel corso degli anni abbiamo costantemente ricevuto delle proposte di acquisizione ed è presumibile che ne arriveranno delle altre. Crediamo infatti che siano dinamiche abbastanza naturali nel mercato ed è per noi motivo di orgoglio, a distanza di 40 anni dalla fondazione di Capichera, ricevere ancora tante attenzioni e attestati di stima che evidenziano la qualità del nostro lavoro e il pregio dei nostri vini”.
“Ora – conclude la cantina di Arzachena – attendiamo, con l’entusiasmo e la passione di sempre, il confronto con i nostri clienti sulle prossime annate continuando a prenderci cura delle nostre vigne con dedizione e rispetto per la nostra meravigliosa terra Sarda e Gallurese, guardando al futuro con rinnovata fiducia”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Coronavirus medici contro Cotarella Assoenologi Il vino non previene il virus 1
Mentre Cantina Toblino continua a trincerarsi nel silenzio stampa, è Riccardo Cotarella in persona ad esporsi sul caso del licenziamento dei due enologi della società cooperativa di Madruzzo (TN).
Il numero uno di Assonologi interviene in esclusiva a WineMag.it in difesa dei colleghi Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli, fatti fuori dal Cda della cantina trentina: “Il provvedimento sembra spropositato“. Ma avverte: “La decisione sul declassamento delle uve spettava al Cda, non agli enologi”.
“Il caso – dichiara Cotarella – si presta ad almeno due ragionamenti. Un enologo ha il dovere morale, nonché professionale, di non prestarsi ad aggiustamenti delle uve non previsti dalla legge. Vale a dire: se entrano in cantina uve che non corrispondono alle caratteristiche previste dal disciplinare, è giusto declassarle”.
Ma laddove le normative permettano, attraverso procedure legalissime, di aumentarne per esempio il grado, oppure contenerne o aumentarne l’acidità fissa per raggiungere le indicazioni del disciplinari… La responsabilità finale di questa scelta non è più solo dell’enologo, ma compete all’amministrazione della cantina”.
I contorni poco chiari della vicenda e la presenza della sola “versione dei fatti” dei due enologi Tomazzoli e Pederzolli, suggerisce anche a Riccardo Cotarella la prudenza.
“Tutto dipende dal fatto che i due colleghi avessero o meno anche compiti di programmazione commerciale – sottolinea il numero uno di Assoenologi in esclusiva a WineMag.it – prerogativa che, generalmente, spetta al Consiglio di Amminsitrazione. In ogni caso, il licenziamento in tronco mi sembra un provvedimento sproporzionato”.
L’ipotesi avanzata da Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli è quella che sia stato creato un pretesto ad hoc (anzi, ad Igt) per giustificare il taglio. Di fatto, la coppia di enologi sostiene di aver operato alla stessa stregua degli anni precedenti con le uve destinate alla produzione dell’IgtVigneti della DolomitiNosiola, Schiava e Müller-Thurgau provenienti dai vigneti dei 600 soci della cooperativa, in Valle dei Laghi.
Se la consuetudine era quella di declassare le uve non consone, senza procedere ad arricchimenti pur legali, il discorso cambia del tutto e i colleghi avrebbero ragione. Ma a monte dei miei 58 anni di cantina suggerisco a tutti gli enologi di non assumersi mai responsabilità al di fuori della propria sfera operativa. E se questo succedere, prima di procedere è bene farsi mettere per iscritto come procedere”.
Intanto, secondo indiscrezioni che provengono dai corridoi di Cantina Toblino, la cooperativa guidata da Bruno Luterotti e Carlo De Biasi starebbe valutando una posizione più morbida nei confronti di Tomazzoli e Pederzolli.
Non si parla ovviamente di un reintegro, ipotesi che sarebbe rigettata dagli stessi winemaker. Piuttosto di una lauta indennità di buonuscita, utile a chiudere un capitolo che non fa certo bene alla reputazione della cantina trentina. A smuovere le carte in tavola, pare essere stato l’intervento di Tomazzoli coi vertici del Cda, in virtù del suo ruolo nel sindacato interno alla cooperativa.
“Il punto – dichiara a WineMag.it Marco Pederzolli – è che col nostro licenziamento si è creato un pericolosissimo precedente, che potrebbe allagarsi a macchia d’olio in tutte le sociali trentine e non solo: lasciare a casa chi si è comportato in maniera professionalmente prudente, come penso facciano tutti gli enologi in Trentino, non può far certo dormire sonni tranquilli a tutti gli onesti colleghi”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2016 Ergo Sum Cogito A Mirizzi
Monteccapone e Mirizzi, ovvero Verdicchio dei Castelli di Jesi. Gianluca ‘ Utopia ‘ Mirizzi ha lavorato tanto negli anni per trasformare i due brand di famiglia in sinonimi del vino simbolo delle Marche.
Montecappone è un’azienda esistente a Jesi dagli anni Sessanta, rilevata nel 1997 dalla famiglia Bomprezzi-Mirizzi, già proprietaria dell’omonima Enoteca di via Tuscolana, a Roma. Oggi sono 40 gli ettari di vigneti e oliveti a disposizione sulle colline di Jesi e dei suoi Castelli.
I vini simbolo i Montecappone prendono il nome di “Utopia“, a sua volta soprannome del titolare. Alla guida enologica della cantina c’è Lorenzo Landi, chiamato a valorizzare non solo il Verdicchio ma anche Montepulciano e Sangiovese, vitigni tradizionali dell’area che danno vita al Rosso Piceno.
Mirizzi prende invece vita nel 2015 dall’intuito di Gianluca Mirizzi, che sceglie lo stemma araldico di famiglia per abbinare tradizione e modernità del nuovo stile. Nascono così, tra le altre etichette, uno spumante Metodo classico (il “Millesimè“, base Verdicchio) e una linea di vini dai nomi curiosi: “Cogito A.“, “Ergo” ed “Ergo Sum“. L’azienda dispone di 6 ettari di vigneti e 3 di oliveti, in conversione biologica.
LA DEGUSTAZIONE
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Vsq Metodo classico Extra Brut 2017 “Millesimè”, Mirizzi (13%): 92/100
La sboccatura 2020 è indicata in etichetta. Alla vista giallo paglierino, riflessi dorati. Perlage molto fine, buona la persistenza. Naso minerale, con erbe fresche e mentuccia in prima fila. Poi frutto esotico, buccia di limone. Al sorso una gran pienezza: perlage cremoso che lavora su una beva intrigante, giustamente larga sul frutto, rinvigorita da ritorni di mentuccia e da una freschezza riequilibrante.Buona la persistenza, con ritorni agrumati e un accenno salino, sapido. Uno spumante gustoso, da apprezzare tanto a tutto pasto quanto su piatti di pesce e carne bianca. Il plus: riesce ad abbinare fantasticamente la fase larga e quella stretta, aspetto che esalta tanto il vitigno quanto la scelta, non scontata, del Metodo classico.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2018 “A.D. 1194 Federico II”, Montecappone (14%): 89/100
Dieci mesi sur lie. Giallo carico, dorato, luminoso. Naso super iodico e floreale, su note nette di ginestra al primo naso, anice e mentuccia al secondo, assieme a un tocco di pepe bianco. Per la parte fruttata, agrumi ed esotico, pesca, albicocca appena matura, mango.Ingresso e chiusura sul sale e, in centro bocca, un frutto pienamente maturo. In generale, una beva che coniuga ancora una volta la fase verticale a quella orizzontale. Bell’allungo sul sale e sulla mandorla, giustamente amara.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Docg Classico Riserva 2016 “Utopia”, Montecappone (14,5%): 92/100 Giallo paglierino. Naso molto intenso, su un bouquet di fiori secchi ed erbe pregevolissimo. La parte salina sfiora la salamoia d’oliva. Frutto ben pieno, ma dosatissimo: agrume, su tutto. Ancora un tocco di pepe bianco. Si apre piano, concedendosi al naso un po’ alla volta.Sorso suadente, specie in ingresso, largo, con la freschezza che accompagna dal centro bocca sino alla lunghissima chiusura, con il consueto tocco di mandorla amara. Vino che rivela una struttura più marcata rispetto ai precedenti, come si deve a una Riserva.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Docg Classico Riserva 2013 “Utopia”, Montecappone (14%): 89/100 Giallo paglierino, gran luminosità, bella densità. Naso profondo, che oltre all’erbaceo (mentuccia, anice, sbuffo di pepe bianco) va su una parte terrosa, di fungo, foglia di pomodoro che, unite, generano percezioni di umami nette, favorite dall’ossigenazione. C’è anche un ricordo iniziale di idrocarburo.E ancora tiglio, una parte mielata, foglia di the. Note iodiche senza fine. Un naso splendido, su cui tuttavia scivola il palato, al momento un po’ troppo condizionato dall’alcol. La sfera glicerica è troppo tonda e mette un po’ a sedere la freschezza. I ritorni erbacei in chiusura rimarcano le fattezze di un vino sull’altalena, in cui a rimetterci – al momento – è l’agilità di beva. Ma la stoffa c’è tutta.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Docg Classico Riserva 2010 “Utopia”, Montecappone (13%): 88/100 Colore giallo dorato intenso, riflessi ramati. Al naso note di frutta secca (arachidi), frutta disidrata (albicocca), un tocco mielato prezioso, fico secco, anice e mentuccia per la parte verde, con il consueto tocco di spezia (pepe bianco). In bocca, salinità e frutta secca dominano il sorso, con i ricordi di frutta disidratata già avvertita al naso.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2018 “Cogito A.”, Mirizzi (14%): 91/100 Giallo paglierino, luminoso. Naso che, oltre allo iodio, rivela una componente verde preponderante: buccia d’agrume, lime, mentuccia, pepe. Ricordi di crema pasticcera. Il frutto è ben presente: pesca matura, ananas. Bocca che abbina un ingresso largo, sul frutto, alla freschezza, grazie a ritorni di menta.La componente “aromatica” al palato è ampia, quanto il frutto maturo (melone e pesca bianca). Chiude lungo, largo e stretto, in un gioco prezioso tra rotondità e durezze. Vino decisamente giovane. Certamente un Verdicchio sui generis, da provare.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2018 “Ergo”, Mirizzi (14%): 92/100 Giallo dorato. Naso su anice, mentuccia, tocco di pepe, fiori di campo, iodio, che ha qualche tratto in comune con l’Utopia 2016 targato Montecappone. Uno sbuffo di liquirizia fa capolino con l’ossigenazione. Al palato la frutta matura e la freschezza. Gran concentrazione al sorso, in tutte le componenti. Chiusura lunga, sale e frutto preciso. Vino di grande eleganza.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2016 “Ergo Sum”, Mirizzi (15%): 93/100 Giallo paglierino intenso, luminiso, riflessi dorati. Ancora un naso su note di anice, mentuccia, fiori di campo e iodio, così come il palato risulta su una bella pienezza di frutto ed equilibrio conferito dalla freschezza. Il Rispetto ad “Ergo”, un vino ancora più intenso ed esplosivo, nell’espressività di tutte le sue componenti. Un Verdicchio giovanissimo e di gran prospettiva.
Rosso Piceno Doc “Utopia”, Montecappone: 90/100
Frutto, struttura, terziari integrati. Un Rosso Piceno che ha tutto, compresa una gran bevibilità e persistenza.
Sangiovese in Ungheria azione legale del Consorzio del Brunello di Montalcino Csaba Torok 2HA
Da una parte un vignaiolo ungherese, innamorato del Brunello di Montalcino tanto da piantare Sangiovese, chiamare un suo vino “Tabunello” e commercializzarlo sul sito web brunello.hu, da lui fondato. Dall’altra il potente Consorzio che tutela il noto vino rosso della Toscana, intenzionato a difendere il nome della Docg al cospetto del rischio di italian sounding. Sono gli ingredienti, in salsa legale, del caso internazionale che si è chiuso nei giorni scorsi tra le due controparti. Con un lieto fine.
Secondo quanto appreso in esclusiva da WineMag.it, il produttore ungherese Csaba Török ha provveduto nelle scorse ore a cancellare definitivamente il portale incriminato e ad eliminare qualsiasi riferimento alla Denominazione italiana in accostamento al Sangiovese Grosso presente nel suo parco vigneti.
Sulla base dell’accordo, la cantina 2HA Szőlőbirtok és Pincészet potrà tuttavia continuare a produrre l’etichetta “Tabunello”, molto nota in Ungheria per essere prodotta con la stessa uva del Brunello di Montalcino, allevata però nella regione Badacsony, a nord del lago Balaton.
È proprio qui, 150 chilometri a est dalla capitale Budapest, che si trovano i due ettari e mezzo di vigneti della cantina ungherese fondata da Csaba Török, che conta sulla consulenza dell’enologo italiano Alfredo Tocchini.
Non certo un colosso. Sono infatti appena 15 mila le bottiglie che 2HA produce ogni anno, con i 3 mila esemplari di “Tabunello” al vertice della piramide qualitativa. Un vino in vendita anche all’estero, a circa 25 euro (in Italia disponibile su vinoungherese.it).
Nessuno ha lavorato quanto il sottoscritto, negli ultimi 10 anni, per far conoscere il Sangiovese in Ungheria – commenta Török nel ricevere in cantina WineMag.it – così come tanti altri vini italiani.
Ho trascorso ore ed ore ad apprendere la storia della viticoltura italiana e delle sue grandi cantine, impiegando parecchie energie nel trasmettere questa mia passione ai miei connazionali: sommelier, giornalisti, esperti e appassionati”.
Proprio per questo, il vignaiolo ungherese si dice “colto di sorpresa” dalle lettere del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino, rappresentato da uno studio legale di fama internazionale come Tonon – Lo Vetro & Partners. Una vera e propria istituzione nel campo del Diritto civile, del Lavoro e Industriale, con sedi a Milano, Roma, New York, La Paz e Buenos Aires.
Gli avvocati Danilo Tonon, Andrea Kordi, Francesca Parato e Marta Lauria hanno avuto la meglio in via conciliativa. “È inimmaginabile il numero di consigli che ho dato in questi anni, qui in Ungheria, a professionisti e non solo, intenzionati ad assaggiare vini italiani e visitare cantine italiane”.
“Posso definirmi senza dubbio un ambasciatore del vino toscano in Ungheria e per questo sono un po’ deluso dall’azione legale intrapresa nei miei confronti”, si lascia scappare il vignaiolo, mentre mostra a WineMag.it le piante di Sangiovese che crescono rigogliose dal 2003 sulla pittoresca collina di Hegymagas, letteralmente “Montagna alta”.
Csaba Török avrà comunque modo di consolarsi. Il Consorzio di Tutela del Brunello lo ha invitato a visitare Montalcino e la Toscana. Dal canto suo, il vignaiolo ungherese si è reso disponibile a organizzare un tour del Balaton, con i rappresentanti dell’ente italiano. Con cosa si brinderà all’incontro? Un buon rosso, magari d’annata, è in testa alle previsioni dei bookmakers.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
terre di petrara miglior cantina d italia 2021 winemag it
ROMA – Il premio Miglior Cantina d’Italia 2021 di Winemag.it va alla cantina Terre di Petrara di San Mango sul Calore, comune della provincia di Avellino, in Irpinia. Una realtà capace di affermarsi in una fase cruciale: quella del passaggio generazionale, all’iterno della famiglia Simonelli.
“Questo premio che ci ha emozionato – sottolinea Giuseppe Simonelli, architetto e responsabile oggi della cantina di famiglia – perché abbiamo immaginato la gioia che avrebbe potuto dare ai nostri nonni e a chi ci ha messo in condizione di entrare in questa realtà. L’obiettivo di mantenere il sapore dei vini come era una volta si è rivelato un cardine fondamentale per raggiungere questo traguardo durante una degustazione alla cieca delle bottiglie”.
“Si tratta di un premio che ci stimola a continuare lungo la strada intrapresa e a ricercare una qualità sempre maggiore, pur conservando la tradizione”, fa eco Claudia Simonelli, economista e grande appassionata di vendemmia, appena reduce dalle fatiche sul campo.
Il grande valore aggiunto deriva proprio da quei terreni delle nostre proprietà e dalle loro caratteristiche straordinarie. Siamo sempre più certi che oltre il marchio ci sia un prodotto che offre la testimonianza dei sapori autentici: questo riconoscimento è proprio un invito a non cambiare mai le cose importanti”.
“Nell’ambito della degustazione alla cieca – commenta Davide Bortone, direttore di WineMag.it – la redazione si è espressa con voto unanime sul premio a Terre di Petrara, Miglior cantina d’Italia 2021. L’Irpinia è una terra straordinaria”.
“Dipinta così bene nel calice, mostra quanto la strada intrapresa da una larga parte della Campania del vino sia quella corretta: qualità, riconoscibilità delle peculiarità del terroir e grande lustro ai vitigni locali. Un premio – conclude Bortone – che, ci auguriamo, serva ad accendere la luce sull’Irpinia anche dal punto di vista dell’enoturismo, vera chiave del futuro di tutto il Made in Italy enologico”.
L’EVENTO
La premiazione e il momento conviviale con gli esperti del settore si è tenuto a Roma presso il ristorante Sa Cardiga, in sardo “La Graticola”. I titolari Alessandro Biagiotti e Alberto Boi con lo Chef Andrea Catania hanno proposto per una volta un menù dalle venature, dai colori e dai sapori della Campania felix e dell’Irpinia, con caciocavallo impiccato, scialatielli alle melanzane e manzo di prima qualità, innaffiato dall’ottimo Taurasi Docg e dal Fiano di nobile provenienza.
Dal prossimo 22 ottobre, a cadenza settimanale verrà inaugurata una Wine Experience in centro a Roma, presso lo Spazio Canova 22, nell’omonima traversa di Via del Corso, nei locali di un’antica fornace per il pane. Sarà proposta una degustazione di vini e prodotti tipici che vedrà come protagonista l’Irpinia.
“Periodicamente – prosegue Giuseppe Simonelli – vorremmo in futuro dare la possibilità di fare un’esperienza diretta nella nostra terra, per visitare i vitigni, la cantina e degustare i prodotti direttamente sul luogo di produzione. In termini di promozione e digitalizzazione, tra poche settimane attiveremo il nostro e-Commerce, che permetterà una più semplice e sicura pianificazione degli ordini”.
Il sito www.terredipetrara.it invece è attivo e consultabile per tutte le informazioni che riguardano l’azienda e i vini. “La logistica verrà semplificata in modo da ottimizzare ogni trasporto e velocizzare i tempi di risposta in modo intelligente e funzionale”, anticipa Simonelli.
“Gli obiettivi futuri della nostra azienda – prosegue il giovane manager – fanno parte di un ampio programma di pianificazione che prevede eventi, esperienze, promozione, logistica e nuovi prodotti”.
Per ora è stata avviata una produzione limitata che riguarda il Taurasi magnum ed il Taurasi riserva. A breve si intenderà inaugurare la commercializzazione dell’olio di oliva, altra eccellenza Irpina.
TERRE DI PETRARA E L’IRPINIA
Terre di Petrara si trova a San Mango al Calore, nella verde Irpinia, la parte più interna dell’entroterra campano. Questa zona, caratterizzata da un paesaggio collinare e dalle distese boscose, rappresenta un luogo intriso di memoria e di antica cultura.
Qui ha inizio la storia della famiglia Simonelli, che da secoli raccoglie i frutti della propria terra. Al 1816 risalgono le prime scritture ufficiali di questo percorso, oggi fedelmente riportati sulle etichette delle bottiglie.
La produzione a carattere locale era riservata a pochi intimi fino al 2009, quando i tre fratelli Giuseppe, Alberto e Mario Simonelli decisero di proporre i vini al pubblico affinché fossero apprezzati anche al di fuori dei propri confini. A vegliare sulle coltivazioni vi è una maestosa quercia centenaria, testimone della storia della Famiglia e del suo territorio, che oggi si pone quale simbolo nel logo di Terre di Petrara.
“Noi consideriamo il vino come convivialità e come atto di generosità – sottolinea Claudia Simonelli –. Nei tempi in cui le case dei nostri nonni erano aperte a tutti, si utilizzavano questi prodotti come momenti dello stare insieme. Ci piace immaginare che le persone che aprono questo vino vogliano cogliere l’occasione per condividere con i propri cari e amici i loro momenti più intimi”.
“Terre di Petrara – continua – è una realtà nuova per noi giovani che ci inseriamo in un mondo che prima vedevamo solo da lontano. Curiosi e determinati ad imparare il mestiere, abbiamo approfondito i temi legati alla terra, alla viticoltura e alla produzione, stimolando una grande passione per queste attività”.
La nostra missione consiste nel portare l’Irpinia al di fuori dei confini attraverso le sue meraviglie: questa terra può diventare un attrattore naturale nonché un motore che attiva un circuito basato sui prodotti e sui frutti della terra. Del resto le castagne, le nocciole, le olive, i formaggi e i salumi sono tutti prodotti che in Irpinia raggiungono altissimi livelli di qualità”.
“Noi giovani – conclude Claudia Simonelli – abbiamo il ruolo di proseguire un lavoro iniziato da molti anni e cercare di espandere la cultura dell’entroterra campano. La sfida più grande è stata quella di conservare il sapore originale gustato da chi stappò quel vino la prima volta, imbottigliando l’autenticità e lo stile che da sempre contraddistinguono la tradizione familiare”.
LE ORIGINI E LA CANTINA
La tradizione vitivinicola della famiglia Simonelli risale al 1816, anno in cui compaiono alcune documentazioni che testimoniano l’utilizzo dei terreni per la coltivazione della vite.
Terre di Petrara nasce nel 2009 dalla volontà di Giuseppe Simonelli, classe 1934, con la volontà di accrescere una produzione che in precedenza era destinata esclusivamente a famiglia e amici. Da subito l’azienda si pone il nuovo obiettivo di raggiungere un pubblico più ampio, comunque conservando i sapori dei vini che gustavano i nostri avi.
Ad oggi la produzione annua è di circa 30 mila bottiglie tra Taurasi Docg, Aglianico Dop e Fiano Dop, vini che hanno consentito alla cantina di aggiudicarsi il premio Miglior Cantina d’Italia 2021 di WineMag.it. I terreni appartenenti a Terre di Petrara hanno una dimensione di 8.5 ettari; 3 ettari sono dedicati alla coltivazione del vitigno Fiano e 5.5 ettari sono invece dedicati al vitigno Aglianico.
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Migliori vini al supermercato 2021 di Vinialsuper 1
Torna puntuale la classifica dei Migliori Vini al Supermercato di Vinialsuper.it, che incorona Settesoli “Miglior cantina Gdo” 2021. Quest’anno, la competizione ha riguardato un numero record di campioni, giunti da tutta Italia e degustati rigorosamente alla cieca dalla redazione.
In un momento difficile per il vino italiano, a causa dell’emergenza Covid-19, l’attività di Vinialsupermercato.it non si è fermata neppure per un istante ed è rimasta fedele ai propri canoni editoriali.
“Siamo sempre al fianco dei clienti dei supermercati – dichiara il direttore di Vinialsupermercato.it, Davide Bortone – guidandoli con il nostro sguardo più che mai critico nella scelta dei tanti vini presenti a scaffale, cercando di ‘educare’ sempre più palati ai vini di qualità”.
“La scelta della migliore cantina Gdo 2021 – continua Bortone – è stata anche quest’anno complicata. Sono sempre più, infatti, le cantine che operano con grande coscienza e rispetto delle Denominazioni del vino italiano, in un canale dominato troppo spesso dalla corsa al ribasso dei prezzi, e quindi della qualità, come quello della Grande distribuzione”.
“I vini di Settesoli – continua il direttore di Vinialsupermercato.it – parlano della Sicilia in maniera chiara e diretta e contribuiscono, in larga scala, alla crescita del brand regionale. Anche grazie a cantine cooperative come Settesoli, la Sicilia sta diventando un ‘marchio’ sempre più riconosciuto dai consumatori, compresi quelli attenti alla produzione biologica“.
Più in generale, la classifica dei Migliori Vini al supermercato 2021 di Vinialsuper.it vede ben rappresentate diverse regioni, dall’Alto Adige alla Sicilia, passando per Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia e Calabria.
In classifica solo i vini in grado di aggiudicarsi, nella degustazione alla cieca, da 4.5 a 5 “cestelli della spesa”, la speciale scala di valutazione del vino in vendita al supermercato ideata da Vinialsuper.
Tutti vini che fanno dell’ottimo rapporto qualità prezzo, nonché del rispetto della tipicità delle uve e dei territori di produzione, il loro punto forte. Ecco dunque l’elenco dei migliori vini in vendita nella grande distribuzione italiana, secondo il giudizio della redazione di Vinialsuper (Davide Bortone, Viviana Borriello, Giacomo Merlotti, Gabriele Rocchi).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
I migliori 100 vini italiani 2021 di WineMag.it la cantina dellanno e in Campania
Guida Top 100 Migliori vini italianiWineMag.it alla terza edizione, dopo l’esordio nel 2018. Confermata la scelta ecologica dell’e-book, in vendita su Amazon Kindle. Gli introiti serviranno a finanziare l’attività della nostra testata giornalistica, fieramente una delle poche realtà indipendenti nel panorama della critica enogastronomica italiana ed europea.
Anche quest’anno, la scelta delle etichette è giustificata da pochi, semplici dettami. Al centro dell’attenzione, su tutto, la tipicità e il rispetto del varietale: bando al cosiddetto “gusto internazionale” – ormai cambiato, anche grazie a consumatori sempre più attenti all’autenticità e alla territorialità – e a scelte “commerciali” che tendono a uniformare le diverse Denominazioni del vino italiano.
Fortemente connesso al primo caposaldo c’è il nostro desiderio di sotterrare l’ascia dell’integralismo e del “razzismo enologico“: ciò che deve colpire è il vino nel calice, non la filosofia produttiva (“convenzionale”, “naturale”, etc).
L’altro focus della Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it è su produttori e vignaioli che puntano sulla valorizzazione delle espressioni dei singoli “cru” del proprio parco vigneti.
In un anno come il 2020, segnato dalla pandemia Covid-19, capace di condizionare pesantemente anche il mercato internazionale del vino, speriamo di aver costruito una “carta” di vini italiani alla portata di tutti, capace di mostrare la bellezza dell’Italia, in una bottiglia di vino.
Un obiettivo centrato da Terre di Petrara, che WineMag.it premia “Miglior cantina dell’anno” 2021. L’azienda della famiglia Simonelli si trova in Irpinia, nel profondo entroterra della Campania.
Si tratta di una realtà storica, le cui prime tracce risalgono al 1816. “Una produzione a carattere locale riservata a pochi intimi fino al 2009”, spiegano i tre fratelli Giuseppe, Alberto e Mario Simonelli, che in quell’anno hanno deciso di “proporre i vini al pubblico, affinché fossero apprezzati anche al di fuori dei propri confini”.
Simbolo della cantina Terre di Petrara, una maestosa quercia centenaria, testimone della storia della famiglia e del suo territorio. Il manifesto della cantina è chiaramente in linea con la modernità elegante di cui WineMag.it vuole farsi testimone (e promuovere) nel mondo del vino italiano.
“La sfida più grande – sottolineano di fatto i fratelli Simonelli nel presentare la filosofia aziendale – è stata quella di conservare il sapore originale gustato da chi, quel vino, lo stappò la prima volta, imbottigliando l’autenticità e lo stile che da sempre contraddistinguono la tradizione familiare”. Missione compiuta. Nel calice.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sav 1785 birch sap il succo di betulla che fa tremare Champagne e Franciacorta 1
Segnatevi questo nome: Sav 1785. Lo “spumante” del secolo, o giù di lì, stando alla descrizione della “cantina” produttrice svedese, tale “Sav Winery AB” di Östersund. Non solo biologico, ma anche vegano esenza solfiti. Insomma (parolina magica) “naturale“: “Our production method makes the birch wine without sulfites, so we can confidently say that this is probably one of the purest wines you will ever experience“, si legge sul sito web ufficiale del produttore.
Viticoltura eroica ai confini del globo? L’ultimo successo della sperimentazione Piwi? L’investimento visionario di qualche imprenditore della Franciacorta o della Champagne, intimorito dai cambiamenti climatici? Nulla di tutto ciò. Semplicemente non si tratta né di “spumante” né di “vino“, definizioni legate ai soli prodotti ottenuti dalla fermentazione del mosto d’uva, non di altri frutti o piante.
Di fatto, Sav 1785 è un fermentato di linfa di betulla (in inglese birch sap) che viene abilmente spacciato per sparkling wine dai produttori svedesi, non a caso autoproclamatisi “Winery “. Una bevanda, si apprende, prodotta con il “Méthode Suédoise“, ovvero il “Metodo svedese”, anche questo auto brevettato: prima del termine della fermentazione in acciaio, il succo viene imbottigliato con lieviti e zucchero.
L’etichetta è in vendita come “mousserande vin“, ovvero “vino spumante”, anche sul sito web del monopolio svedese Systembolaget che, interrogato da WineMag.it, non si è ancora esposto sull’argomento. Il prezzo è di 119 corone, circa 11,60 euro.
Tecnicamente, Sav 1785 è un “Pétillant Naturel“, ovvero un frizzante, nato dall’incontro fra “enthusiastic entrepreneurs and seasoned international vinification experts“, accomunati da un obiettivo altisonante: “Our goal is to place the district of Sav on the world map of sparkling wines“. Mica noccioline.
Variegato e per certi versi misterioso il team di Sav Winery, azienda che somiglia più a una scommessa tra amici, che a una vera e propria “cantina”. Ai vertici, il managing director Christian Karlsson – nessuna notizia online sul suo conto – affiancato dal presidente del Cda Bengt Strenge, un passato da manager nel ramo delle telecomunicazioni (con Prodo Telecom Ab, società poi assorbita dalla francese Oberthur Technologies) nonché da titolare di un’agenzia di consulenza finanziaria.
Altra figura chiave della svedese Sav Winery, se non altro per la sua expertise in campo enologico, è il consulente internazionale Lars Torstensson, vignaiolo di lungo corso in Francia, per l’esattezza in Provenza, dove è stato addirittura premiato Vigneron de l’Année nel 1994 dalla rivista enogastronomica Gault Millau.
In quegli anni, Torstensson era alla guida enologica di Domaine Rabiega, azienda finita nelle mani di Vin & Sprit AB (oggi Pernod Ricard) tra i principali produttori di vodka in Svezia, col noto marchio Absolute Vodka.
Infine, nel ruolo di Sales Marketing manager di Sav, ecco Mikael Wrang: dirigente proveniente dal settore dell’informatica (è stato Business development manager di Xlent) nonché fondatore e Ceo di Bergman & Wrang AB, azienda del ramo dell’arredamento e dell’interior design – una piccola Ikea, per intenderci – nella quale ricoprire be tuttora incarichi dirigenziali.
Insomma, non proprio un gruppo di sprovveduti, capaci di ottenere ottimi risultati sui Social e – udite, udite – persino su riviste specializzate (del settore enologico, s’intende). Che non si tratti di dilettanti allo sbaraglio, bensì di una squadra che sa come “muoversi” nel marketing e nella comunicazione, lo dimostra anche l’ultima, imponente campagna pubblicitaria di Sav Winery, che propone la consegna gratuita di Sav 1785 in Uk, Francia, Olanda, Belgio, Germania, Danimarca, Ungheria, Italia e Spagna, a chiunque acquisti un minimo di 2 bottiglie.
Molto reattivo il servizio clienti, gestito in prima persona – a quanto pare – proprio da Mikael Wrang. Nel rispondere a una richiesta di chiarimenti sull’utilizzo dei termini “vino” e “spumante” connessi a una bevanda prodotta con linfa di betulla, l’azienda svedese mente (sapendo di mentire), scaricando eventuali responsabilità su una potenziale frode in commercio.
“We always try to say ‘wine made from birch sap’, when we use the word ‘wine’. In most cases, we only say sparkling’. In advertisement we try never to say only ‘sparkling wine’“. Resta un mistero l’utilizzo stesso della parola “Winery“. Anzi, no.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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