Si spengono le luci su Cocco Wine, manifestazione tenutasi lo scorso weekend a Cocconato d’Asti, in Piemonte. Due giorni nei quali le vie del borgo, considerato la “riviera del Monferrato” per la sua vocazione turistica, sono diventate vere e proprie strade del vino e del gusto, con banchi d’assaggio a cura delle sette aziende vinicole del territorio, ma non solo. Tema principale dell’evento il vitigno storico di Cocconato: la Barbera. E per quest’anno anche l’Albarossa, vitigno nato nel 1938 dall’incrocio tra Nebbiolo e Barbera, ad opera del professor Giovanni Dalmasso. Un’uva sulla quale le aziende del territorio puntano moltissimo. A confermarlo è Luigi Dezzani, titolare dell’omonima azienda vinicola, intervenuto in occasione di una degustazione guidata dell’autoctono. Ma andiamo con ordine. La manifestazione si è aperta sabato 3 settembre, alle 17. Dal piazzale Conbipel, storico marchio di Cocconato, una navetta conduceva i winelovers fino al borgo, distante circa 2,5 km. All’arrivo due casse, dove era possibile, con 12 euro, acquistare taschina, calice e ben 8 ticket per le degustazioni: 6 libere e 2 all’isola del vino. Quest’ultima aveva due filoni principali, Albarossa e i vini del Friuli, regione presente con circa venti aziende, una quarantina di etichette. Vini principalmente bianchi, ma anche qualche rosso interessante, purtroppo non acquistabili in loco. Alle casse un po’ di disinformazione, qualche prenotazione andata dispersa e gelo alla domanda “Chi guiderà la degustazione?”. Ottimo l’orario delle 17 per riuscire a scambiare qualche battuta con i produttori. Purtroppo già intorno alle 18.30 lunghe code e difficoltà a soffermarsi per avere informazioni sui vini proposti. Dalle 22 circa poi molti banchi semi chiusi e tanti vini terminati, qualche ubriaco, ma tutto sotto controllo. Pubblico da record secondo i dati GoWine, per un evento cresciuto di anno in anno, grazie all’impegno delle aziende locali che sono riuscite a mantenere un livello altissimo. Lo confermiamo.
LE NOSTRE DEGUSTAZIONI Tra le nostre degustazioni imperdibile l’Azienda Vinicola Bava, con l’ Albarossa Doc Rosingana e il Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza Piano Alto. Passiamo poi da Dezzani, dove ci concediamo delle bollicine rosè 531, spumante da uve Nebbiolo prodotto con metodo Martinotti lungo. Dodici mesi di permanenza sui lieviti per un vino davvero elegante, morbido, fruttato. Stefano, responsabile dell’azienda, ci racconta con passione tante curiosità. Dezzani è un’azienda di circa 50 ettari, circa 3 milioni le bottiglie prodotte con uve proprie e con il contributo di fornitori storici selezionati. Una produzione che per il 98% finisce all’estero. I Paesi serviti sono tantissimi e tra i tanti clienti addirittura le basi Nato, ghiotte di vini dolci come Malvasia e Moscato. L’Italia conta poco ed in particolare la Gdo, per la quale producono solo 3000 bottiglie di Syrah per una linea dedicata Crai, ovviamente da uve di terzi. Facciamo una sosta anche all’unico banco occupato da vignaioli Fivi. Si tratta della Cantina Mosparone, azienda di dieci ettari vitati nata nel 2008. Degustiamo un sorprendente Albugnano Doc Superiore prodotto in purezza con uve Nebbiolo accuratamente selezionate affinato per 24 mesi in botte di rovere francese e altri 12 mesi in bottiglia prima della sua commercializzazione. Sempre di Mosparone proviamo il Sauvignon Doc del Piemonte, il Sauvignon che non ti aspetti soprattutto per sapidità. E infine anche il vino chinato a base di Freisa Na Frisa, un vino da dessert che apprezziamo particolarmente per il perfetto equilibrio tra le sensazioni dolci ed amare, ma soprattutto che non eccede a livello di erbe. Menzione speciale, tra le degustazioni anche per Garrone Evasio, azienda di 12 ettari di Grana, in provincia di Asti. Circa 40 mila le bottiglie prodotte e vendute direttamente in cantina. Degustiamo il Ruchè di Castagnole Monferrato Docg, un naso intenso di viola e rosa, ciliegia e timo, ritrovati tutti al palato con un finale davvero persistente. Gradevole anche la loro Freisa, leggermente vivace per una rifermentazione in vasca, un vino fruttato con speziature di chiodi di garofano.
LA DEGUSTAZIONE GUIDATA Alle 21 partecipiamo alla degustazione guidata organizzata presso la Locanda Martelletti. Mancano le ostriche in accompagnamento indicate sul depliant, ma la presenza di Luigi Dezzani che impartisce una vera e propria lezione di enologia le fa dimenticare. Apre la discussione Cecilia Zucca, titolare dell’azienda biologica di Cocconato Poggio Ridente, nonché moglie di Luigi Dezzani che racconta del vitigno di Cocconato e della sua storicità. “La Barbera d’Asti – spiega Dezzani – vive su un disciplinare territoriale molto vasto, una denominazione che ha avuto anche diversi problemi di identità negli anni. Alcuni produttori si sono fatti carico di nobilitarla, a partire dagli anni Novanta”. Tra questi proprio Dezzani e Bava, aziende alle quali si sono aggiunte alcune realtà emergenti, oggi consolidate. Aziende che a Cocconato hanno trovato un terreno bianco, in alcune parti sabbioso, ma per la maggior parte tufaceo, in grado di conferire longevità e sapidità al vino. Una zona che gode di una posizione e di un microclima particolare.
Il primo vino in degustazione è proprio la Barbera d’Asti Superiore Dezzani 2013, annata difficoltosa rispetto alle fortunate che l’hanno preceduta. Una vendemmia condizionata da un meteo instabile. Il vino, già dall’esame visivo, dimostra di essere in grado di reggere bene il tempo, nonostante la longevità media della Barbera sia di circa 3 anni. L’Asti Superiore Dezzani si rivela complesso, con la percezione del frutto leggermente attenuata dall’affinamento in legno. Non particolarmente strutturata, ma molto fine ed espressione tipica della Barbera di Cocconato. Per dirla con le parole del produttore, “è proprio nelle annate difficili che i territori più vocati, come quello di Cocconato, riescono a tirare fuori il meglio”. Il secondo vino in degustazione è l’Albarossa Doc Poggio Ridente 2013. Dezzani racconta che “quella dell’Albarossa è una storia recente, nonostante la sua creazione risalga al 1938”. “E’ infatti l’ultimo vitigno certificato ‘nuovo’ in Piemonte. Combinazione – continua il produttore – nata dall’intuizione del professor Dalmasso, che pensò di incrociare due grandi vitigni del Piemonte. Il Nebbiolo, grande prodotto dai grandi profumi, ma debole di pancia. E la Barbera, con il suo colore, i profumi fruttati, ma scarsa in longevità”. Tra il 1994 e il 1995 si è ripresa la sperimentazione di questo vitigno ad opera di alcune aziende, tra cui proprio Dezzani. “Sono stati piantati tre ettari – spiega il vignaiolo – ed è iniziato l’iter di otto anni necessari per la certificazione: tre anni per andare in produzione e altri cinque per incontrare tutte le possibile condizioni di ‘annata’. Finalmente autorizzato dal 2000 come vitigno, grandi aziende importanti come Prunotto, Banfi e Gancia hanno creduto nell’Albarossa e hanno cominciato la produzione che ha visto le prime bottiglie dal 2005/2006 e dato luce ad una micro denominazione di 200 mila bottiglie. Poca roba rispetto al Barbaresco, ma produzione di grandi qualità”.
Poggio Ridente, di fatto, ad oggi è l’unica con produzione biologica di Albarossa. Alla degustazione il vino ha un colore molto intenso. E’ una caratteristica dell’Albarossa, un’uva che ha una buccia molto importante che si riflette nel colore del vino. Un vino che necessita di affinamento. Impossibile da consumare in annata. L’annata 2013 è pronta, ma un altro anno in bottiglia avrebbe giovato. Esente da difetti, mostra ancora un’acidità viva. Ma soddisfa il palato. Il terzo vino proposto è un vino del Friuli, un Refosco dal Peduncolo Rosso dei Colli Orientali di Scubla, testimone dell’enoteca dell’isola del vino presente lungo il percorso. Un vino proposto per alimentare la discussione e mostrare le capacità del Friuli, regione di grande vocazione bianchista, anche sui vini rossi, tra cui degni di nota sono lo Schioppettino, il Pignolo e appunto il Refosco. Questo di Scuba viene coltivato su terreni marnosi. La fermentazione avviene in acciaio per circa 12 giorni di contatto con le bucce, dopo lo sviamento si affina per 10 mesi circa in barrique e tonneau di rovere francese di diversa età e per altri 9 assemblato in acciaio. Un vino dai colori e dai profumi interessanti, profumi fruttati di mora, sottobosco, a profumi ‘chimici’ di acetone e selvatici. Molto elegante ed equilibrato, completamente diverso dai vini proposti in precedenza.
Anche il quarto vino non è piemontese. Si tratta di un Syrah Igt di Puglia Rosso dell’artigiano del vino Alberto Longo, direttamente dalla Daunia. Alberto Longo ha invertito le tendenze di una regione abituata a lavorare sui grandi numeri con le sue produzioni che viaggiano su rese molto basse, in questo caso 70 quintali per ettaro. L’annata è 2007, il vino è il 477, nome che indica la data di nascita del figlio. Vino che dopo la fermentazione malolattica viene affinato in botti di rovere francese, barriques e tonneaux, per circa 12 mesi ed almeno 18 mesi in bottiglia. Rubino intenso con unghia granata, profumi intensi di frutta a bacca nera, ampie note speziate, pellame, pepe. Sapore pieno e persistente. Il quinto vino ed ultimo vino, definito “di territorio, di radicamento”, è un Cannonau della Sardegna. Si tratta del Nepente di Oliena, riserva 2008, di Gostolai. Il colore è più scarico del Cannonau dell’immaginario collettivo. La componente olfattiva è particolare, con profumi terrosi, di macchia mediterranea, richiami minerali. Una vino dalla forte personalità, un vino che divide il pubblico. Chi vince? Una degustazione che già dal Refosco diventa indisciplinata. Il gioco di scatenare la discussione ha funzionato. Nel vino non vince nessuno, o meglio si vince sempre. Il gusto è soggettivo. Vince l’intervento di Dezzani, che spazia dall’Albarossa ai vini biologici, dalla solforosa ai vini senza solfiti, perdendosi poi (ma senza perdere il filo) negli sconfinati territori della filossera, della Persia e del Syrah. Un Dezzani che per tutta la degustazione rende sopportabile le sparate poco pertinenti di quelle che definiamo le “desperate housewife di Cocco Wine“. Bocca sempre aperta, anche per farci sapere di aver degustato, nella loro vita, anche “un ottimo vino da ‘incesto‘ tra Cannonau e Monica di Sardegna”. Dura la vita da reporter.
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