Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Consumi in calo e ProWein 2025 in bilico: che aria tira in Germania?

Consumi in calo e ProWein 2025 in bilico le sfide del mercato tedesco editoriale winemag davide bortone
EDITORIALE – Il mercato vinicolo tedesco sta affrontando una fase di profonda trasformazione, caratterizzata da un calo nei consumi e da un cambiamento nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Questa tendenza potrebbe influenzare significativamente – anzi, ulteriormente, negli anni a venire – l’attrattività di ProWein Düsseldorf 2025, fiera alle prese con evidenti sforzi per restare tra
più rilevanti del settore, a livello internazionale. All’estero, in primis in Italia, si inizia a guardare con occhi diversi in direzione Berlino, lasciandosi piuttosto affascinare dalle sirene parigine. Ma i guai, per Messe Düsseldorf, sono in primis quelli di casa. Secondo i dati del Deutsches Weininstitut (DWI), nel 2024 il consumo di vino in Germania è diminuito del 4%, con una contrazione del fatturato del 5%.

MERCATO DEL VINO IN CRISI IN GERMANIA

Le vendite di vini tedeschi hanno subito un calo del 5%, mentre il fatturato è sceso del 6%. Monika Reule, direttrice generale del DWI, attribuisce questa tendenza ai cambiamenti demografici, alla crescente attenzione al prezzo e alla mutata situazione economica. «Lo scorso anno – spiega – il 4% in meno delle famiglie ha acquistato vino, con un’attenzione particolare ai costi. La riduzione della spesa ha portato a un lieve calo dei prezzi medi al litro per la prima volta dal 2010, con una diminuzione di quattro centesimi. Tuttavia, i vini internazionali, con un prezzo medio di 3,72 euro al litro rispetto ai 4,47 euro dei vini tedeschi, hanno mantenuto un leggero vantaggio competitivo». https://www.winesofgermany.com/news-media/news/news/1423/wine-consumption-in-germany-declining-in-2024

Di conseguenza, la quota di mercato dei vini domestici è diminuita di un punto percentuale, scendendo al 41% in termini di volume di vendite e al 45% in termini di fatturato. Tra i vini esteri, quelli italiani hanno mantenuto la quota di mercato più alta con il 18%, seguiti dagli spagnoli (14%, -1 punto percentuale) e dai francesi (11%, +1 punto percentuale). Anche il consumo pro capite di vino ha subito una flessione, attestandosi a 22,2 litri annui (-0,3 litri rispetto al 2023). Il mercato totale del vino in Germania, tra agosto 2023 e luglio 2024, ha raggiunto 15,9 milioni di ettolitri, mentre quello degli spumanti si è fermato a 2,6 milioni di ettolitri, confermando una contrazione generalizzata.

TANTE INCOGNITE SU PROWEIN 2025

La crisi del mercato tedesco si riflette così anche sull’attrattività di ProWein 2025. Già nelle edizioni precedenti si erano registrati segnali di declino, con una riduzione del numero di espositori e visitatori. Secondo l’ultimo comunicato stampa della fiera, sono attesi circa 5.400 espositori da oltre 65 nazioni. Ma, a metà febbraio, il database online ne elencava solo circa 4000. A farlo notare è niente meno che l’agenzia di comunicazione, marketing e pr Wine+Partners, con sede a Vienna. Questo pone ProWein in una posizione di crescente competizione con Wine Paris, che nel febbraio 2025 ha ospitato quasi 5200 espositori, consolidando la sua rilevanza nel panorama internazionale.

Quel che è certo è che l’industria vinicola sta cambiando focus. Molti operatori trovano il format di ProWein sempre meno moderno, sostenibile ed economico. Tra le problematiche più evidenti ci sono i disagi nei trasporti (in particolare gli scioperi della Deutsche Bahn), l’aumento esponenziale dei prezzi degli hotel e la necessità di ripensare l’organizzazione generale dell’evento. Messe Düsseldorf sta cercando di rispondere a queste difficoltà con una piattaforma di prenotazione alberghiera dedicata. Dal punto di vista dei contenuti, ProWein sta cercando di reinventarsi con il nuovo motto “Discover the Taste of Tomorrow“, che prevede un restyling visivo e la riorganizzazione degli spazi espositivi. https://wine-partners.at/en/news/prowein-2025?utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_campaign=w+p&utm_content=beitrag+1

PROWEIN COME PIATTAFORMA DI FORMAZONE PROFESSIONALE?

Tra le novità, vi sono le aree Organic World” e “World of Zero“, dedicate rispettivamente ai vini biologici e a quelli a basso contenuto alcolico, in risposta ai trend emergenti del settore. Inoltre, verrà dato maggiore spazio agli abbinamenti cibo-vino, con workshop e dimostrazioni di cucina dal vivo. In un’ottica di lungo periodo, ProWein punta a diventare una piattaforma di formazione continua per i professionisti del settore. Attraverso i “ProWein Business Talks“, che hanno preso il via nell’ottobre 2024 con un focus sulla digitalizzazione dell’industria vinicola. Non solo.

Attraverso il forum “Shaping the Future of Wine“, la fiera vuole promuovere un dialogo costante tra gli operatori. Per la prima volta, nel 2025 verrà inoltre allestito un forum specifico dedicato ai temi di business. Questo sarà dunque un anno cruciale per capire se ProWein riuscirà a mantenere la sua posizione di leader nel panorama fieristico internazionale. Tra contrazione del mercato tedesco, concorrenza sempre più forte di Wine Paris e necessità di rinnovarsi per soddisfare le nuove esigenze dell’industria vinicola, il ripensamento strategico è un must.

Categorie
news news ed eventi

Paura dell’alcoltest al ristorante? Tranquillo. Ti porta a casa il ristoratore


Hai bevuto vino al ristorante e hai paura dell’alcoltest? Nessun problema. Il ristoratore ti porta a casa e la patente è sana e salva. Ad una condizione: devi abitare a Venturina Terme, in provincia di Livorno. L’idea è di Stefano Sinibaldi, titolare del Bistrot Mezzo Km nella frazione di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. Una risposta, anzi una provocazione bella e buona, al nuovo codice della strada (già criticatissimo nel settore). Dal 14 dicembre 2024, pene e sanzioni per chi si mette al volante sopra al limite di 0,5 grammi per litro (tasso alcolemico rimasto comunque invariato rispetto al passato) sono state infatti inasprite. E gli effetti dell’entrata in vigore della stretta (economica) sull’alcol alla guida sono già clamorosi. Ben 38.200 patenti ritirate in seguito a oltre 760 mila alcoltest eseguiti dalla Polizia stradale, sul territorio nazionale.

NUOVO CODICE DELLA STRADA: TI PORTA A CASA IL RISTORATORE

Numeri che fanno un baffo al ristoratore livornese intervenuto ieri sera su Rete 4, durante la trasmissione Dritto e Rovescio condotta da Paolo Del Debbio. «Ho un bistrot a Venturina Terme, in provincia di Livorno – ha spiegato Stefano Sinibaldi di “Mezzo Km” – e con il nuovo decreto ci è calata moltissimo la vendita di vino. Non sono contro il decreto, ci mancherebbe. Anzi, sono contro quelli che bevono troppo. Ma, con il mio servizio di cortesia, permetto ai clienti che prenotano di essere riportati a casa, a fine cena. Lo posso fare solo nel Comune. Visto che la cosa funziona, la prossima settimana avrò una riunione con i ristoratori del mio Comune per estendere il servizio e meglio organizzarlo, inserendo ncc o taxi». A quel punto, «i ristoranti che aderiscono all’iniziativa potranno portare a casa la gente».

CONSUMI DI VINO E ALCOL CALATI AL RISTORANTE: TROPPA PAURA PER LA PATENTE

L’intervento del ristoratore Stefano Sinibaldi è stato anticipato dal servizio di Lorenzo Caroselli. Protagonisti alcuni ristoratori di Milano, che hanno confermato il calo drastico dei consumi di vino e alcolici da parte dei clienti, dall’entrata in vigore delle nuove norme del codice della strada. Le multe da 573 euro per un tasso alcolemico da 0,5 a 0,8, si spingono fino a 6 mila euro. E la sospensione della patente arriva fino a due anni. Abbastanza per fungere da ulteriore deterrente. Una vera e propria mazzata per gli operatori Horeca.

«I consumi sono più che dimezzati – riferisce al giornalista di Dritto e Rovescio un ristoratore – non beve più nessuno. Si beve meno della metà rispetto a prima». «Andiamo ad acqua perché è entrato in vigore il nuovo codice della strada», confermano due clienti di un’altra attività. «La gente di zona che va a casa piedi, beve. Però – sottolinea il secondo ristoratore milanese intervistato – lavoro anche con gente fuori zona, che ha il terrore addosso di bere un bicchiere di vino e poi andare a casa in macchina». In studio, opinionisti divisi tra detrattori e sostenitori delle nuove norme caldeggiate dal ministro Matteo Salvini. Finale melanconico per il giornalista Lorenzo Caroselli, costretto a tornare a casa in taxi dopo aver consumato, tra un’intervista e l’altra, uno Spritz, un bicchiere di vino bianco e un Gin Tonic.

Categorie
news news ed eventi

Vino, calo consumi negli Usa mette a rischio la “premiumizzazione”


Ancora in apnea i consumi di vino negli Stati Uniti. Nonostante la boccata d’ossigeno di aprile (+2%), il saldo tendenziale dei primi 5 mesi basato sugli ordini dei magazzini da parte di horeca e grande distribuzione segna un -8% di vendite complessive e -6% per i prodotti del Belpaese. E anche l’ipotizzata fine del surplus di magazzino tra i distributori resta una chimera, visto che il rapporto tra stock di alcolici e vendite effettive viaggia ancora a livelli molto alti con un’eccedenza di circa 10 miliardi di dollari. È quanto rilevato, oggi a Roma nel corso dell’assemblea generale di Unione italiana vini, dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base SipSource, piattaforma che misura le vendite – e gli effettivi consumi nel breve termine – nel 75% degli esercizi commerciali statunitensi.

IL CALO GENERALIZZATO DEI CONSUMI DI VINO NEGLI USA

Il Focus Usa dell’Osservatorio segnala un calo generalizzato da parte di tutti i principali Paesi fornitori ad eccezione del Cile (+12%) che ha puntato forte sui prezzi da saldo. L’Italia (-6%) fa meglio di Francia e Stati Uniti (-8%), di Australia e Spagna (-11% e -10%), ma non della sin qui inossidabile Nuova Zelanda, scesa anch’essa in terreno negativo (-1%). Per il nostro Paese, i segni negativi sono sparsi a piene mani: dal Pinot grigio (-7%) al Chianti (-14%), con la notizia che a fare meno peggio sono questa volta i rossi (sottozero da settembre 2022), che chiudono i cinque mesi a -6.5% contro il -8% dei bianchi.

Poteva andare peggio, secondo l’Oss. Uiv-Vinitaly, senza la stabilità del Prosecco (-0,6%) e dell’Asti (+1,6%) ma soprattutto senza la rilevante crescita dei metodi charmat non Prosecco (+7%), che oggi valgono il 24% dei volumi di spumante italiano consumati negli Usa. Un dato in netta controtendenza, quello degli charmat tricolori a basso costo (prezzo medio al consumo attorno ai 13 dollari), rispetto al trend delle bollicine nel primo mercato al mondo, con lo Champagne a -15%, il Cava spagnolo a -11% e gli sparkling domestici a -11%. Un dato, infine, evidentemente generato dalla forte tendenza cocktail che abbraccia sempre più la categoria, con crescite tumultuose tra gli 8 e i 13 dollari: +40% da gennaio a maggio. Una pulsione dal basso che sembra per ora concentrata in due areali ben definiti: la West Coast (+36% di vendite e 30% di share) e il Midwest (+9% e 18% di share).

VINO: «ANCHE LA PREMIUMIZZAZIONE IN DUBBIO»

«Sapevamo che sarebbe stato un inizio di anno complicato – ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi – ma sappiamo anche che il vino italiano ha anticorpi adeguati per reagire alle difficoltà. In questa fase bisogna però fare le mosse giuste: c’è l’esigenza di sostenere un cambiamento in atto già da vent’anni nella vigna italiana. Il settore si sta adattando ai mutati stili di consumo modificando il proprio potenziale produttivo meglio di altri Paesi, prova ne sia che oggi gli spumanti italiani rappresentano il 33% del totale dei consumi di vino del Belpaese negli Usa, quasi il quadruplo rispetto alla quota sparkling generale (9%). Ora serve fare di più, a partire dalla promozione fino alle politiche d’impresa – dalla managerialità alla flessibilità – che devono essere recepite dalle istituzioni, senza cedere a chimere assistenzialiste che nuocciono fortemente allo sviluppo».

L’attuale quadro generale – conclude l’analisi – sembra mettere in dubbio anche certezze sin qui date per assunte, come la premiumizzazione. A parte qualche nome prestigioso (Brunello e Chianti Classico, ma anche Bordeaux superiore, Pomerol e Margaux) che in generale segnano crescite, tra i classici del Vecchio Continente sembra perdere smalto il segmento luxury (over 50 dollari al consumo), con i rossi italiani a -8% e quelli francesi addirittura a -16%. Difficoltà anche per i bianchi ultra-premium, tra 25 e 50 dollari: il totale mercato è a -10%, con l’Italia a -12% la Francia a -6% e la Nuova Zelanda a -18%.

Categorie
Esteri - News & Wine

Calano i consumi di vino (fermo) in Germania

I consumi di vino pro capite in Germania sono calati tra il 2021 e il 2022. Nel periodo preso sotto esame (agosto 2021 – luglio 2022), i tedeschi hanno bevuto circa una bottiglia di vino in meno a testa, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che spiega anche il calo delle vendite e dei volumi dei vini italiani nella Gdo tedesca, certificato dall’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly, con Chianti, Lambrusco, Montepulciano d’Abruzzo tra le denominazioni del Bel Paese più penalizzate.

Come riporta l’Istituto Tedesco del Vino (DWI), l’attuale analisi del consumo di vino mostra un volume di 19,9 litri di vino consumati pro capite in Germania negli ultimi 12 mesi. Rispetto all’anno precedente, ciò corrisponde a una diminuzione di 0,8 litri di vino (4%) per persona e per anno. Il consumo pro capite di vino spumante è rimasto costante nello stesso periodo, con un volume di 3,2 litri.

Oltre agli acquisti di vino al dettaglio (retail-Gdo), l’ultima l’analisi del consumo di vino pro capite in Germania comprende anche le vendite Horeca. Il calcolo si basa su 16,7 milioni di ettolitri di vino e 2,7 milioni di ettolitri di spumante consumati in Germania.

Convertito per la popolazione totale tedesca, che è cresciuta di quasi un milione di persone a 84,1 milioni di abitanti rispetto all’anno precedente, si ottiene un consumo di vino pro capite di 23,1 litri di vino e spumante all’anno. Secondo il DWI, le novità relative al consumo di vino in Germania possono essere attribuite al cambiamento demografico e ai cambiamenti nel comportamento dei consumatori.

Categorie
news news ed eventi

Vini di Romagna: Albana superstar della vendemmia 2020. Produzione in calo

Il Consorzio Vini di Romagna ha presentato ieri i dati sulla vendemmia 2020, definita fra le più belle di sempre per la Docg, le 5 Dop, e le 4 Igt che, insieme, raggiungono il 60% dei vigneti dell’intera Emilia Romagna. A brillare, su tutte, è la stella dell’Albana, che sarà in grado di regalare grandi vini.

Più in generale, nell’anno segnato dall’emergenza Covid-19, la regione fa i conti con una flessione del 7,5% rispetto agli imbottigliamenti del 2019. Il prezzo dell’uva, stando alle rilevazioni dell’ente vini, «non ha invece subito contrazioni».

Il Romagna Sangiovese Doc si conferma la Denominazione numericamente più importante, con una superficie totale coltivata di 6235 ettari: nel 2020 ne sono stati prodotti 86.310,  pari a 11,5 milioni di bottiglie, in leggero ridimensionamento rispetto all’ottima annata 2019.

Per il Romagna Sangiovese Doc con MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva, ai vertici della piramide della Denominazione), prodotti 3.256 hl (il 4% della produzione romagnola), pari a 434.133 bottiglie. La crescita è significativa ed è giustificata dalle richieste di mercato crescenti.

La produzione di Riserva è di un milione e quattrocentomila bottiglie, in linea agli anni precedenti. Stesso discorso per la tipologia Superiore, che si attesta intorno ai 3 milioni e settecentomila bottiglie.

Buone notizie anche per l’Albana Docg (818 ettari): 5.673 ettolitri nel 2020, pari a 756.400 bottiglie, di cui 230 mila di Albana dolce e 487 mila in versione secca, in crescita. Il Passito, come evidenzia il Consorzio Vini, «continua ad essere estremamente apprezzato anche all’estero».

Il Romagna Trebbiano Doc, allevato su una superficie totale di 14170 ettari, si assesta invece sugli 8.678 ettolitri nel 2020, pari a 1,2 milioni di bottiglie. Significativi anche i dati del Rubicone Igt, che sfiora i 92 milioni di bottiglie, e gli ultimi arrivati del 2020: il Romagna Doc Spumante (bianco e rosato), raggiunge quota 292 mila bottiglie.

Cosa aspettarsi dai vini della vendemmia 2020? Dopo un inverno mediamente freddo e discretamente piovoso in dicembre, la primavera ha visto un alternarsi di giorni di pioggia, con forti gelate tra fine marzo e inizio aprile. La differenziazione a fiore è stata non elevata e il germogliamento anticipato.

Temperature basse fino a fine giugno, con il vero caldo che si è presentato solamente a fine luglio. Al momento della raccolta, mediamente anticipata soprattutto per i bianchi, si sono riscontrate forti contrazioni delle produzioni – diversamente da quanto prometteva la primavera – dovute soprattutto alla siccità abbinata al forte vento di libeccio nell’ultima parte dell’estate.

Per questo motivo, la vendemmia 2020 viene definita dal Consorzio «buona e giusta», con produzioni quantitativamente scarse rispetto alla media ma con uve molto sane e di qualità ottima. I bianchi hanno sofferto per il grande caldo di agosto, che ha sviluppato un corredo aromatico leggermente sottotono. Fa eccezione l’Albana, che con la sua rusticità ed acidità spiccata ha saputo resistere alle traversie.

Per i vitigni rossi c’è stata una forte accelerata nella maturazione dei vinaccioli e dei tannini prima di arrivare alle gradazioni zuccherine desiderate, portando a raccogliere uve mature, senza appassimenti evidenti, ma solo qualche caso di lieve sovra maturazione.

Se è vero che le produzioni hanno subito una discreta flessione rispetto al 2019, la qualità dei vini promette di sorprendere: l’annata 2020 si dispone a farsi ricordare «fra le più belle di sempre per la Romagna».

Categorie
Approfondimenti news

Wine Monitor, import di vino in calo: “Brexit e Trump pesano sulla fiducia”

Dopo un 2015 in cui l’import mondiale di vino è cresciuto a valore di oltre il 10% (grazie anche al rafforzamento del dollaro che ha permesso ai produttori europei di essere più competitivi e di godere di plusvalenze nei cambi), le stime Wine Monitor sugli acquisti di vino dei primi 8 mercati – che fanno quasi i 2/3 dell’import mondiale – non sembrano restituire valori altrettanto positivi. Guardando ai principali mercati di sbocco dell’Italia, gli Stati Uniti dovrebbero chiudere l’anno con un incremento inferiore al 2% rispetto al 2015. Il Regno Unito al contrario importerà meno vino (-9%) così come la Germania (-4%), mentre il Giappone chiuderà con una crescita vicina al 3% e solamente la Cina continuerà a correre a ritmi sostenuti (quasi +20%).

“In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci, anche i vini italiani risentono di queste incertezze e battute d’arresto dove i cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori”, dichiara Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma. Queste valutazioni partono necessariamente dagli ultimi dati disponibili in tema di commercio internazionale (settembre), dai quali si evince una preoccupante diminuzione delle importazioni di vini fermi imbottigliati – che rappresentano oltre il 70% degli scambi mondiali della categoria – in quasi tutti i principali mercati considerati, con cali superiori al 10% nel caso del Regno Unito.

VOLA IL PROSECCO
Continuano invece a crescere le importazioni di sparkling, con i nostri vini (Prosecco in primis) che la fanno da padrone, mettendo a segno aumenti del 30% sia negli USA che in UK, a fronte di medie di mercato nettamente inferiori (nel Regno Unito, mentre l’import di spumanti dall’Italia cresce del 31%, quello totale non arriva al +1% anche a causa di un arretramento dei francesi dell’11% che però pesano ancora per il 53% sull’import della categoria). “Guardando ai singoli competitor – continua Pantini – gli spumanti italiani crescono più dei concorrenti in tutti i principali mercati di consumo tranne in Giappone dove Francia e Spagna ci surclassano e la nostra presenza è ancora marginale, mentre nei vini fermi andiamo peggio di Nuova Zelanda e Spagna negli Stati Uniti, 2 del Cile in UK, gli unici vini a crescere in un mercato in calo, e nuovamente dei neo zelandesi in Canada”.

LA POLITICA
In buona sostanza, la gran parte dei mercati sta tirando il fiato con molti operatori che sembrano stare alla finestra anche alla luce delle diverse incognite che si stanno prefigurando per il 2017.

Tra queste una Brexit che non si capisce ancora quando si farà e con una sterlina che da prima del referendum ad oggi ha perso il 13% del suo valore nei confronti dell’euro (ma ben il 19% nei confronti del dollaro australiano e neo zelandese) e, contro tutti i pronostici, l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti le cui dichiarazioni in campagna elettorale, se dovessero trovare conferma in provvedimenti di politica economica, potrebbero deprimere ulteriormente il commercio internazionale.

E non solo per il “congelamento” del TTIP (dato per scontato ormai da tempo), quanto per quegli interventi di tagli fiscali, investimenti pubblici e ulteriore sviluppo della produzione nazionale di petrolio che, conducendo necessariamente ad una crescita dei tassi di interesse e ad una rivalutazione del dollaro potrebbero certamente favorire le importazioni di vino italiano negli Stati Uniti, ma contestualmente finirebbero per deprimere ulteriormente le economie di quei paesi basate sull’export di commodity come la Russia, da tempo in crisi e con importazioni di vino in continuo calo.

CANADA E VIETNAM
Ed è anche per questi motivi che assumono maggiore centralità gli accordi di libero scambio che l’Unione Europea sta negoziando con i paesi terzi e che dovrebbero trovare, per alcuni di questi, l’entrata in vigore nel 2017, con benefici per l’export dei nostri vini.

Vale la pena, in questa sede, ricordarne due: il CETA e l’EVFTA, rispettivamente gli accordi con il Canada e il Vietnam, per i quali si attende la ratifica del Parlamento Europeo e l’entrata in vigore (per il Ceta in via provvisoria) entro aprile del prossimo anno.

Si tratta di accordi che prevedono l’abolizione dei dazi a carico dei nostri vini (per il Vietnam la riduzione è pari al 50% nel primo anno fino ad arrivare all’eliminazione totale entro il settimo anno), il rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche e la rimozione delle barriere tecniche, tra cui si segnala la diversa modalità di calcolo delle imposte ad opera dei Liquor Board delle province canadesi che dai valori passerà ai volumi di vino importato, favorendo quindi i prodotti con prezzo medio più elevato.

Categorie
Approfondimenti

Coldiretti Lombardia: “Il maltempo condiziona la vendemmia 2016”

Il maltempo ha lasciato il segno. Secondo le prime stime della Coldiretti regionale, in Lombardia la vendemmia sta partendo in ritardo di una settimana rispetto allo scorso anno e con un taglio medio di almeno il 10% delle rese a causa delle grandinate che nei mesi scorsi hanno devastato la regione, in particolare la Bergamasca. Intanto oggi sono stati staccati i primi grappoli nei filari dell’azienda Faccoli di Coccaglio (Bs), nella zona del Monte Orfano, in Franciacorta, che è tradizionalmente la prima a partire in tutta la Regione e a livello nazionale. A seguire toccherà all’Oltrepò Pavese, alla collina di San Colombano, al Mantovano, alle altre aree bresciane del Lugana e della Riviera del Garda, alla Bergamasca e alla Valtellina. Quest’anno – stima la Coldiretti regionale – la produzione lombarda di vino potrebbe scendere intorno al milione e 100 mila ettolitri contro il quasi milione e 300 mila del 2015. In alcune aree della Bergamasca i cali nei vigneti potrebbero superare il 30%, così anche nel Mantovano dove la raccolta inizierà con almeno una settimana di ritardo rispetto all’anno scorso. Una diminuzione delle rese si attende in Franciacorta, mentre l’Oltrepo Pavese dovrebbe confermare, più o meno, i livelli 2015. Stessa situazione per le colline di San Colombano. Anche la Valtellina andrà lunga con la vendemmia, prevista dopo la metà di ottobre, con quantità in linea con quelle dello scorso anno.

In Lombardia ci sono oltre 20mila ettari a vigneto dei quali 17.500 sono dedicati a produzioni di qualità Doc, Docg e Igt. Le province più “vinicole” sono Pavia e Brescia, che da sole rappresentano i due terzi delle superfici vitate in Lombardia e il 70% delle oltre tremila aziende lombarde. A seguire si trovano Mantova, Sondrio, Bergamo, Milano e Lodi (con le colline fra San Colombano e Graffignana), ma zone viticole con piccole produzioni si stanno sviluppando anche fra Como, Lecco e Varese. L’intera filiera, fra occupati diretti e indiretti, temporanei e fissi, offre lavoro – stima la Coldiretti regionale – a circa 30 mila persone in Lombardia e la produzione genera un export di circa 280 milioni di euro all’anno, diretto in particolare verso Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera, Canada e Giappone. “Il vino – spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia – è uno dei pilastri della dieta mediterranea e un suo consumo responsabile ed equilibrato è fonte di salute”. In Lombardia – spiega Coldiretti su dati Istat – quasi 5 milioni di persone consumano vino durante l’anno e il 19% ne beve uno o due bicchieri al giorno

“Il vino italiano – conclude Prandini – ha successo in Italia e all’estero non solo per la qualità, ma anche per il racconto del territorio che è legato a ogni bottiglia che viene stappata. Dalle colline della Franciacorta a quelle del Chianti, dalle Langhe ai vigneti siciliani e pugliesi, dalla Valpolicella alle terre del Lambrusco, tra i filari si racconta un pezzo importante della storia d’Italia oltre a sviluppare un importante volano per la nostra economia e l’occupazione”. Con l’inizio della vendemmia in Italia si attiva un sistema che, solo con la vendita del vino, genera quasi 10 miliardi di fatturato e offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone. Nel primo quadrimestre del 2016 le esportazioni di vino Made in Italy sono ulteriormente aumentate del 2% in valore rispetto al record storico fatto segnare lo scorso anno, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, con il risultato che oltre la metà del fatturato realizzato dal vino quest’anno sarà ottenuto dalle vendite sul mercato estero.

Exit mobile version