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Vendemmia 2024, anche il Centro Loira alle prese con la peronospora

Vendemmia 2024, anche il Centro Loira alle prese con la peronospora sancerre poully fume
In occasione della vendemmia 2024, i vigneti del Centro-Loira hanno affrontato sfide climatiche straordinarie, tra piogge costanti che hanno favorito la peronospora, ma anche gelate e grandinate. Tuttavia, grazie al sole di agosto e alle escursioni termiche, il “millesimo” è promettente. Lo riferisce il Bureau Interprofessionnel des Vins du Centre-Loire.
Fabrice Doucet, direttore ed enologo consulente del Servizio interprofessionale di consulenza agronomica, enologica e analisi del Centro (SIVAC), si spinge oltre: «A memoria d’uomo, l’annata 2024 non ha precedenti. Tra la pioggia, che non ha dato tregua ai viticoltori durante la primavera e l’inizio dell’estate, il gelo e la grandine, i vigneti del Centro-Loira non sono stati risparmiati».

I VINI 2024 DEL CENTRO LOIRA

La speranza di una buona annata però persiste, grazie al sole di agosto e ad un’escursione termica tra la mattina e la giornata che favorisce la maturazione delle uve. La vendemmia 2024 in Centro Loira risulta posticipata rispetto agli anni precedenti. Nonostante il forte impatto della peronospora, che ha ridotto i raccolti, si prevede un ritorno a vini dal profilo più classico, freschi e fruttati, segnando un’eccezione rispetto ai millesimi recenti, che hanno dato mosti e vini più densi e zuccherini. Le previsioni del Bureau Interprofessionnel des Vins du Centre-Loire riguardano pregiate denominazioni francesi, rinomate in tutto il mondo, come Sancerre, Pouilly-Fumé, Menetou-Salon, Quincy, Reuilly, Coteaux du Giennois, Châteaumeillant, Pouilly-sur-Loire, Côtes de la Charité e Coteaux de Tannay.

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Vino francese, il Bureau ha deciso: «Basta traduzioni del termine Bourgogne»

«Stop alle traduzioni del termine Bourgogne, tante da rendere schizofrenici i consumatori». È l’ultima presa di posizione del Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne (Bivb) in difesa della lingua francese e dell’identità della regione vinicola, contro traduzioni come “Borgogna“, in italiano, “Burgundy” per gli anglofoni o “Burgund” nei Paesi germanofoni.

L’obiettivo è chiaro: «Per aiutare i consumatori a scoprirci occorre rendere finalmente le etichette dei nostri vini coerenti con il nome del vigneto in cui sono nati. È quindi essenziale mostrare un unico nome potente, sinonimo di eccellenza e rispetto delle origini: Bourgogne».

I vini della Borgogna godono di grande fama in tutto il mondo. Una bottiglia di vino su due viene finisce all’estero, in quasi 170 paesi. Tuttavia, secondo il locale Bureau, «più lontano vive il consumatore rispetto alla Francia, più fa fatica a capire il nostro sistema di denominazioni».

La presa di posizione riguarderò tutte le tipologie, ovvero circa 200 milioni di bottiglie di vino targato Borgogna, dal Borgogne al Crémant de Bourgogne, passando per Bourgogne Aligoté, Vin de Bourgogne, Grand vin de Bourgogne

«Abbiamo ritenuto necessario ripristinare il nostro nome originale, Bourgogne – spiega François Labet, presidente del Bivb – per affermare la nostra vera identità, nell’integrità del suo insieme. Direi che se le nostre appellations sono i nostri nomi, allora Bourgogne è il nostro cognome. Quello che ci unisce tutti, con i nostri valori comuni e tutte le diversità dei nostri vini. E un cognome non si traduce!».

Un appello già lanciato a livello internazionale ai rivenditori dei vini della Borgogna, tanto che «a poco a poco – riferisce il Bureau – le cose stanno cambiando e sta iniziando a comparire, sui media o su alcuni siti partner all’estero, la parola Bourgogne, in francese. anche nei testi di presentazione».

«I terroir che siamo chiamati a promuovere, spiegandone le identità in tutto il mondo –  commenta Julien Camus, presidente della Wine Scholar Guild – non sono solo ancorati in un luogo geografico, ma anche in una realtà culturale e storica di cui la lingua è una componente fondamentale».

«Tradurre il nome di una regione – continua – toglie parte della sua identità. Questo è il motivo per cui sarebbe opportuno nominare sempre le regioni vinicole nella lingua dei loro abitanti. In alcuni casi, è l’accento che contribuisce a renderli unici».

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