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Decreto vini dealcolati, presentata la bozza: «22,5 milioni di litri potenziali»

Italia potrà produrre vini dealcolati presentata la bozza del decreto masaf lollobrigida assodistil
Dopo mesi di discussioni, lunedì 25 novembre è stato presentato il nuovo decreto ministeriale che disciplina la produzione di vini dealcolati in Italia. Una tematica di crescente interesse per il settore del vino e per i consumatori, a livello internazionale, anche se il tema divide favorevoli e contrari. La cruciale riunione si è tenuta presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, guidata dal ministro Francesco Lollobrigida. Una presentazione scossa dalle perplessità di Assodistil, che ribadisce la richiesta di precise garanzie su tre punti focali relativi alla produzione di vini dealcolati in Italia: corretto inquadramento fiscale, gestione dell’alcol ottenuto, classificazione precisa del liquido idroalcolico, trattamento adeguato del liquido idroalcolico e ottimizzazione del processo di dealcolizzazione, in una chiave sostenibile.

Per i promotori dell’iniziativa in favore dei vini dealcolati, il nuovo decreto pone l’Italia all’avanguardia nella regolamentazione di un settore in rapida evoluzione. Come spiegato dal ministro Lollobrigida, l’adozione di regole «chiare e rigorose» garantirà la qualità del prodotto e la competitività delle aziende italiane, senza intaccare il valore culturale e la rappresentanza del Made in Italy nel mondo. La strada tracciata dal Ministero dell’Agricoltura non è solo una risposta alle esigenze del mercato, ma anche una testimonianza della capacità del comparto vitivinicolo di affrontare sfide globali rimanendo fedele alle proprie radici. Il segmento, stimato inizialmente allo 0,5% del mercato, potrebbe crescere del 15% annuo, secondo la Commissione Ue. In Italia, questo significherebbe circa 22,5 milioni di litri di vino dealcolizzato all’anno, con la necessità di gestire 225 milioni di litri d’acqua separata.

DECRETO VINI DEALCOLATI: IL CONTESTO NORMATIVO EUROPEO

Il decreto si inserisce nel quadro normativo delineato dal regolamento (UE) 2021/2117, che ha aggiornato l’allegato VIII del regolamento (UE) n. 1308/2013. Questo aggiornamento introduce, per la prima volta, la possibilità di adottare la pratica enologica della dealcolizzazione, consentendo una riduzione parziale o totale del tenore alcolico nei vini. Tale innovazione risponde alla crescente domanda di prodotti a basso contenuto alcolico o privi di alcol, particolarmente apprezzati da segmenti di consumatori attenti al benessere e a nuovi stili di vita.

VINI SENZA ALCOL, TRA SALVAGUARDIA DELLA VITICOLTURA E INNOVAZIONE

Il Ministero ha svolto un delicato lavoro di mediazione, coinvolgendo tutti gli attori della filiera per trovare un compromesso che salvaguardasse il patrimonio vitivinicolo nazionale senza trascurare l’opportunità di espandersi in mercati emergenti. Alla riunione hanno partecipato rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Federvini, Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federdoc, Assodistil e Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. La presenza di così tante realtà sottolinea il valore del dialogo istituzionale e dell’ascolto reciproco per definire norme condivise e rispettose delle peculiarità del settore.

DECRETO VINI DEALCOLATI: I DETTAGLI

Il decreto mira a regolamentare la produzione di vini dealcolizzati in Italia, stabilendo principi chiave per tutelare la qualità, la tradizione e l’autenticità del prodotto. Sul fronte della tutela delle denominazioni, sarà vietata la dealcolizzazione per i vini a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e Indicazione Geografica Protetta (IGP). Questa scelta preserva il legame inscindibile tra i vini di qualità, i territori di origine e i disciplinari di produzione che ne garantiscono unicità e autenticità. La bozza del decreto vini dealcolati prevede poi la separazione delle filiere produttive. Il processo di dealcolizzazione dovrà avvenire in strutture dedicate, fisicamente separate da quelle utilizzate per la produzione vitivinicola tradizionale.

Questa misura, secondo il governo, non solo garantisce il rispetto delle specificità produttive, ma introduce un livello di trasparenza indispensabile per tutelare la filiera. Tracciabilità e trasparenza sono altri due cardini della bozza del decreto vini dealcolati. Sarà obbligatorio tenere registri digitalizzati e ottenere specifiche licenze autorizzative per operare. Inoltre, l’etichettatura dei vini dealcolizzati dovrà riportare chiaramente la dicitura “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”, assicurando una corretta informazione ai consumatori.

I DEALCOLATI COME RISPOSTA ALLE ESIGENZE DEL MERCATO

La scelta del Ministero risponde a due obiettivi principali. Da un lato, si intende valorizzare le eccellenze italiane mantenendo intatte le peculiarità del vino tradizionale; dall’altro, si vuole offrire alle aziende italiane la possibilità di competere sul mercato dei vini dealcolizzati, un segmento in crescita nei Paesi del Nord Europa, negli Stati Uniti e in Asia. La capacità di innovare senza compromettere la qualità rappresenta un elemento strategico per il comparto, che da sempre si distingue per la sua capacità di coniugare tradizione e modernità.

VINO DEALCOLATO: UN’OPPORTUNITÀ PER IL SETTORE

Il vino dealcolizzato è percepito come un prodotto innovativo, in grado di intercettare target differenti rispetto a quelli del vino tradizionale. Si rivolge, in particolare, a consumatori attenti alla salute, a chi sceglie di evitare l’alcol per motivi culturali o religiosi e a chi cerca un’esperienza sensoriale simile al vino ma priva di effetti alcolici. Secondo recenti ricerche di mercato, il segmento del vino dealcolizzato è destinato a crescere del 15% annuo nei prossimi cinque anni, rappresentando un’opportunità economica significativa per le aziende italiane.

DECRETO VINI DEALCOLATI: ASSODISTIL CHIEDE GARANZIE AL GOVERNO

Non solo voci favorevoli per il nuovo decreto vini dealcolati. Durante l’incontro al Masaf tra il ministro Francesco Lollobrigida e le associazioni vitivinicole l’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e e acquavini AssoDistil ha ribadito i punti critici della bozza del decreto sulla dealcolizzazione del vino. «Pur apprezzando l’iniziativa» che permetterà la produzione di vini dealcolizzati anche in Italia, evitando costose esportazioni e reimportazioni, l’associazione ha sottolineato «alcune necessità fondamentali».

AssoDistil chiede in primis l’applicazione delle norme del Testo Unico Accise (D.L.vo n. 504/95), che impone il regime di deposito fiscale per le soluzioni idroalcoliche con gradazione superiore all’1,2%. La normativa vigente non può essere superata da un decreto ministeriale. Secondo punto nodale è, per Assodistil, la gestione dell’alcol ottenuto. Ogni produzione alcolica deve rispettare le leggi esistenti, con autorizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’alcol separato dovrebbe essere destinato a usi industriali o energetici per «evitare distorsioni di mercato», ovvero frodi. C’è poi il tema della classificazione precisa del liquido idroalcolico. Secondo Assodistil, definire tale prodotto come “intermedio” è scorretto, poiché non rientra tra i prodotti attualmente identificati dalla normativa (come vino, vermouth o sidri).

ALCOL, MOLTO PIÙ DI UN “RIFIUTO”

Quarta richiesta di Assodistil è quella di «evitare trattamenti inadeguati». Proporre di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, anziché come alcol, rappresenterebbe «un onere ingiusto per i produttori di vino dealcolizzato, che invece dovrebbero ottenere ricavi dalla vendita dell’alcol». Infine, un occhio alla sostenibilità, attraverso l’ottimizzazione del processo. AssoDistil sottolinea l’importanza di evitare sprechi d’acqua durante la dealcolizzazione. Il metodo a membrane, il più diffuso in Europa, permette il recupero separato di acqua pulita e alcol, garantendo sostenibilità ed efficienza.

«Aspetti sui quali non è possibile derogare – commenta Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiana  – primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto delle vigenti norme di legge previste dal D.L.vo n. 504/95, il c.d. Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi. AssoDistil – conclude Emaldi – plaude all’iniziativa del Ministro mirata a concludere velocemente l’iter normativo che consentirà agli operatori nazionali di poter finalmente produrre anche in Italia un vino senza alcole, evitando la attuale prassi di esportare vino verso altri Paesi europei in cui la dealcolizzazione è permessa, per poi reimportare lo stesso vino senza alcole per la successiva vendita sui mercati in cui tale prodotto è sempre più richiesto».

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Alcol dannoso per la salute, come le sigarette: l’Irlanda tira dritto


L’Irlanda tira dritto nella sua decisione di equiparare l’alcol, vino compreso, alle sigarette. Ieri il governo di Dublino ha notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) la bozza di regolamento della legge irlandese sulla salute pubblica (Ireland’s Public Health / Alcohol Act 2018) che stabilisce le regole per l’etichettatura delle bevande alcoliche, compreso l’uso di avvertenze sanitarie (health warnings). Il tutto nonostante la forte opposizione di diversi Paesi europei, tra cui Italia, Francia e Spagna, che giudicano le misure «incompatibili con il diritto dell’Unione europea». La procedura dell’OMC è l’ultimo passo procedurale prima che l’Irlanda possa adottare la legislazione.

«L’Irlanda – commenta Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale del CEEV Comité Européen des Entreprises Vins – ha deciso di non cambiare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante il fatto che ben 13 Stati membri (Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna) abbiano espresso commenti critici sul disegno di legge irlandese durante il processo di consultazione dell’Ue nell’ambito della procedura TBT. Ci si potrebbe chiedere a cosa serva la procedura di consultazione TRIS!».

LEGGE SULL’ALCOL: IRLANDA CONTRO 13 STATI MEMBRI

La bozza di regolamento irlandese è chiaramente incompatibile con il diritto dell’UE e persino le autorità irlandesi lo hanno riconosciuto, con umorismo, durante un evento sul cancro organizzato dalla Presidenza svedese il 1° febbraio. Anche winemag.it dimostra come il Drinks Calculator – strumento ufficiale del governo irlandese – consideri il consumo moderato di alcol non dannoso e addirittura favorevole alla salute.

Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici

«Di recente siamo stati sottoposti a un processo di valutazione da parte dell’UE perché chiaramente ciò che stavamo facendo violava in qualche modo il mercato unico. […] Siamo molto grati e in qualche modo sorpresi che la nostra proposta abbia superato con successo il processo di valutazione dell’UE. In qualche modo sorpresi è un eufemismo», ha spiegato il rappresentante irlandese. La legislazione armonizzata e il mercato unico dell’UE sono due delle più grandi conquiste dell’Unione europea e dei principali vantaggi per le imprese e i cittadini dell’UE.

«Sono la pietra miliare della sostenibilità economica delle aziende vinicole dell’UE – ricorda Ceev – il 99% delle quali è costituito da piccole e microimprese che non possono affrontare regimi di etichettatura diversi in ogni singolo Stato membro. Le parti interessate, gli Stati membri dell’UE e la stessa Irlanda sono consapevoli che la bozza di regolamento mette a rischio il mercato unico dell’UE. Tutti, tranne la Commissione europea».

IL SILENZIO DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Un terzo degli Stati membri dell’UE ha esortato la Commissione, attraverso una lettera comune inviata qualche giorno fa, a impegnarsi in «discussioni approfondite con le autorità irlandesi al fine di evitare barriere commerciali e mantenere l’uniformità e la fluidità del mercato unico, garantendo al contempo un’adeguata informazione ai consumatori».

Ma in questo caso, denuncia il Comité Européen des Entreprises Vins, la Commissione «non ha dimostrato alcuna volontà di agire in difesa dei Trattati UE, del mercato unico e della propria legislazione comunitaria».

«È giunto il momento – attacca ancora Ignacio Sánchez Recarte – che i partner internazionali a livello di OMC sollevino nuovamente le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese. L’Irlanda li ascolterà o rimarrà sorda come lo è stata ai commenti dei partner dell’UE? Ho forti dubbi su qualsiasi reazione. In assenza di un’azione da parte della Commissione europea, si può fare ben poco. Credo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia in grado di difendere l’UE in questa fase».

PALLINI (FEDERVINI): «APPORCCIO DEMONIZZANTE DELL’IRLANDA»

Per un’Europa immobile, un’Italia che inizia a fare nuovamente la voce grossa. Ad intervenire sull’argomento è Micaela Pallini, presidente di Federvini, che fa appello al Governo italiano: «Dopo avere guidato la battaglia in Europa invitiamo il Governo Meloni a fare altrettanto al livello di OMC, creando una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni».

«La proposta irlandese – attacca Pallini – è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso. Non a caso questa proposta, presentata alla Commissione Europea nei mesi scorsi, ha ricevuto il parere contrario di ben 13 Stati Membri».

«Purtroppo – continua Pallini – l’immobilismo della Commissione Europea ha di fatto creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi».

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Enoteche, preoccupazione per bozza nuovo Dpcm 6 marzo su divieto asporto vino

Divieto di asporto del vino dalle enoteche dalle ore 18. La norma, contenuta nella bozza del nuovo Dpcm 6 marzo 2021 che sta circolando in rete e dovrebbe essere approvata entro il 5 marzo, preoccupa Vinarius. L’associazione che raggruppa gli enotecari italiani è già costretta a fare i conti con la stessa misura sino alla scadenza del Dpcm 15 gennaio 2021, attualmente in vigore.

Verrebbe dunque «reiterato l’errore ampiamente denunciato e messo in luce» fin da subito proprio da Vinarius, relativo al divieto di vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica e analcolica da parte di tutti i negozi specializzati con codici Ateco 47.25.

Siamo seriamente allarmati e increduli – spiega Andrea Terraneo, Presidente Vinarius – all’idea che si possa nuovamente incorrere in quello che è stato in tutta evidenza un equivoco contenuto nel precedente decreto che aveva penalizzato l’operatività delle enoteche, dopo le ore 18.

In effetti le enoteche che hanno il 47.25 non sono enoteche di mescita ma negozi di vendita al dettaglio esattamente come la Grande distribuzione organizzata (i supermercati, ndr), gli alimentari non specializzati, fruttivendoli, macellerie che giustamente non sono stati colpiti da questa norma».

Un equivoco sottolineato alla Camera anche dall’onorevole Andrea Dara (Lega-Salvini premier), attraverso una interrogazione parlamentare. «Aveva fatto ben sperare gli enotecari italiani la risposta del ministro Patuanelli – sottolinea Vinarius – il quale ha dato prova che si fosse trattato di una svista».

Anche il senatore Gian Marco Centinaio (Lega Nord), ex ministro dell’Agricoltura, ha chiesto lumi sulla questione al governo. Ma i tempi al Senato, anche per l’inizio della crisi di governo, non hanno ancora visto la calendarizzazione dell’interpellanza.

Il Dpcm 16 gennaio mette Enoteche contro Supermercati. Vinarius: «Noi discriminati»

Ora che le forze politiche che ci hanno supportato in questo difficile iter sono al Governo – sottolinea Andrea Terraneo – è necessario intervenire fattivamente per una totale risoluzione del problema. Preghiamo pertanto le forze politiche di andare a rileggere la definizione del Codice Ateco 47.25».

La preoccupazione degli enotecari è acuita dal fatto che il nuovo provvedimento potrebbe interessare un periodo cruciale per le vendite di vino, come quello delle festività della Pasqua.

Le attività con Ateco 47.25, di fatto, dalle 18 alle 20 vedono mediamente il 30% del fatturato giornaliero, che diventa ancora più sostanzioso in concomitante delle festività, come quella pasquale.

«Ho apprezzato che molte altre associazioni si siano unite in queste ultime settimane al nostro richiamo di attenzione, che per primi ci siamo sentiti di denunciare. Ora noi tutti in Vinarius ci auguriamo che quella che è stata diffusa on line sia solo una bozza errata e che invece il nuovo Dpcm eviterà fattivamente una riedizione di questa stortura fortemente discriminatoria».

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