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Terre d’Oltrepò, ecco i Piwi: in campo 7 incroci “resistenti” di Pinot Nero e Pinot Bianco


BRONI –
Cinque incroci “resistenti” di Pinot Nero e due di Pinot Bianco, per vincere la sfida dei cambiamenti climatici e trovare alternative al “biologico”. Queste le direttrici lungo cui si muove il “progetto Piwi” di Terre d’Oltrepò, cooperativa dell’Oltrepò pavese che raggruppa circa 700 viticoltori, per oltre 4 mila ettari di vigneto.

Le barbatelle sono state messe a dimora la scorsa primavera, in un terreno di circa mille metri quadrati di proprietà di uno dei conferitori, a Borgoratto Mormorolo (PV). Si tratta dei Pinot Bianco “109-033 SK-00-1/7 x Pinot blanc” e “109-052 SK-00-1/7 x Pinot blanc” e dei Pinot Nero “156-1017 Pinot noir x 99-1-48”, “156-869 Pinot noir x 99-1-48”, “156-680 Pinot nero x 99-1-48”, “156-537 Pinot noir x 99-1-48” e “156-312 Pinot noir x 99-1-48”.

Il campo sperimentale è gestito dallo staff agronomico di Terre, in collaborazione con i vivai Rauscedo e l’Università di Udine, con la supervisione del professor Osvaldo Failla, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.

“Si tratta dell’inizio di un percorso che ci consentirà di valutare la risposta, nel nostro territorio, di questi incroci resistenti alle malattie fungine – spiega Andrea Giorgi, presidente di Terre – altrimenti noti come Piwi. La risposta a peronospora e oidio è stata eccellente, solo con un paio di trattamenti”. La fase due sta per entrare nel pieno.

Procederemo a delle micro vinificazioni delle uve dei singoli incroci di Pinot Nero e Pinot Bianco, per comprenderne le caratteristiche e selezionare quelli che ci danno i risultati migliori”.

Dopo le variazioni dei protocolli di vigna e di cantina apportate dall’avvento dell’enologo Riccardo Cotarella, Terre d’Oltrepò si candida dunque ad apripista dei Piwi – questa la sigla con cui vengono indicati i “vitigni resistenti” – nel territorio che la vede protagonista, con quasi un terzo dei 13.500 ettari di vigneto oltrepadano.

Gli incroci di Pinot Nero e di Pinot Bianco potrebbero però riservare delle sorprese. “Ho assaggiato diversi vini prodotti con i Piwi – avverte Giorgi – e mi sono reso conto che i risultati sono molto differenti da quelli delle varietà tradizionali”.

Non sappiamo ancora cosa salterà fuori da questo progetto, ma l’impressione è che si tratti di qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati: non sarà il solito Pinot nero, per intenderci”. E allora perché investirci?

“Si sta un po’ perdendo la trebisonda sul tema del biologico – risponde il presidente di Terre d’Oltrepò – si parla molto dei cambiamenti climatici, del caldo, dei vigneti che si sposteranno sempre più a nord e in altezza, ma ci si dimentica che il clima è solo una delle componenti del terroir e dell’ecosistema delle vigne”.

“Se noi ci spostiamo troppo in alto, e penso in particolare ad alcune zone dell’Oltrepò pavese, troveremo sì temperature più fresche, ma non certo gli stessi terreni, adatti alla singola varietà”, ammonisce Giorgi.

Gli investimenti sui Piwi di Terre hanno anche una ragione economica. “Un singolo trattamento per un’avversità – evidenzia il numero uno della cooperativa – vale per i nostri soci 500 mila euro. Soldi che con le varietà resistenti è possibile risparmiare”.

“Sulla scorta di queste considerazioni – spiega ancora Andrea Giorgi – ci siamo mossi a 360 gradi. Da un lato per far capire ai viticoltori che si può produrre qualitativamente bene anche impiegando meno fitofarmaci e dall’altro investendo in questi incroci di Pinot Nero e Pinot Bianco”.

“Il vero problema di Terre d’Oltrepò – chiosa il presidente Giorgi – è che diversi soci soci sono stati guidati male nelle scelte delle varietà da piantare nei loro terreni, seguendo il mercato più che la vocazionalità. Il nostro lavoro consiste oggi nel far loro comprendere che terreno, mercato e obiettivi aziendali sono cardini inscindibili su cui costruire le strategie vincenti del futuro”.

Del resto, Terre d’Oltrepò si sta avvicinando al 100% di mutualità prevalente. La cooperativa, negli ultimi anni, ha dunque scelto di acquistare uve e vino solo dai propri soci, senza ricorrere al mercato, spesso segnato dalle speculazioni dei broker.

Unica eccezione nel 2017. “In quell’anno siamo stati l’azienda che ha denunciato più danni in Oltrepò a causa delle gelate – commenta Andrea Giorgi – forse perché gli altri sono stati più fortunati… Quell’anno la mutualità fu all’85%. Un bel traguardo essere arrivati in questo 2019 a sfiorare il 100%, anche se commercialmente avremmo guadagnato molto di più acquistando vini sul mercato”.

Il progetto sui Piwi non esclude comunque investimenti sul fronte del bio, che vede ancora una volta i soci di Terre protagonisti. A confermarlo è sempre il presidente Andrea Giorgi: “Abbiamo diversi viticoltori associati in conversione e una trentina già certificati bio, con i quali è iniziato un percorso per la produzione di due etichette”.

Si tratta di un bianco e di un rosso “Terre d’Oltrepò bio“, che in fase sperimentale saranno commercializzati esclusivamente all’interno del punto vendita aziendale. “Partiamo con i piedi di piombo – spiega Giorgi – in relazione a quello che riusciremo a vinificare e alla qualità delle uve che arriveranno in cantina, di vendemmia in vendemmia”.

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degustati da noi vini#02

Oltrepò pavese Doc Riesling 2017, Rebollini


Sarebbe bello trovarlo in qualche batteria di Timorasso, per confonderlo (ovviamente alla cieca) in particolar modo con quelli della sottozona della Val Borbera. Fatto sta che l’Oltrepò pavese Doc Riesling 2017 della cantina Rebollini Viticoltori dal 1968 è una vera sorpresa nel panorama oltrepadano dei vini di qualità.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, questo Riesling si presenta di un bellissimo giallo paglierino con riflessi dorati. Un naso immediato quello che lo contraddistingue, complesso e articolato. Si passa dai sentori di ginestra e fiori d’arancio alle note mentolate, quasi talcate. Il tutto su un sottofondo spiccatamente minerale, gessoso.

Non finisce qui. Con qualche giro di giostra nel calice, il nettare guadagna altri sentori. Si vira sulla frutta, tra l’esotico, la pesca e la mela selvatica, tendente al maturo. Ma anche su ben più preziosi e rari risvolti erbacei, di radice di liquirizia e fieno bagnato.

Al palato una perfetta corrispondenza. A convincere è lo straordinario equilibrio tra note fruttate, mineralità e freschezza, che chiude un sorso consistente, gustoso, goloso. Polposo e al contempo verticale. Una interpretazione davvero unica di quel grande vitigno che è il Riesling Renano, in un’areale come l’Oltrepò pavese dove non sempre viene così valorizzato.

Per l’abbinamento con la cucina, il Riesling 2017 di Rebollini offre un ampio parterre di occasioni. Si va dagli antipasti a base di salumi ai primi, come una vellutata di porri o asparagi, passando per piatti più raffinati e ricercati, a base di pesce. Un vino che non disdegna certo, proprio per le sue caratteristiche, anche la carne bianca.

LA VINIFICAZIONE
Il Riesling 2017 di Rebolini è ottenuto da vigneti di proprietà dell’azienda nel Comune di Borgoratto Mormorolo (PV), dove sorge la cantina, esattamente in località Sbercia. Terreni ricchi di calcare, ideali per il Renano. Dopo la raccolta, effettuata a mano in cassetta, il mosto sosta a contatto con le bucce per qualche ora.

Viene poi fatto fermentare a temperatura controllata, molto lentamente, per un periodo compreso tra i 15 e i 20 giorni. L’affinamento avviene in vasche di acciaio sulle fecce nobili. Successivamente viene effettuata una leggera filtrazione. Il nettare viene imbottigliato nel mese di marzo o aprile, in attesa della commercializzazione.

L’azienda Agricola Rebollini può contare su una superficie complessiva di circa 33 ettari, situati nella frazione Mairano del Comune di Casteggio, Calvignano, Borgo Priolo e Borgoratto. La cantina è oggi guidata da Gabriele Rebollini, che ha introdotto negli anni numerosi accorgimenti tecnologici per migliorare il livello qualitativo della produzione.

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