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La Puglia di Cantina Posta Pastorella: anfore, barrique e “naturalità”

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Poco più di 2,5 ettari di vigna a 3 km dal mare del Gargano a Vieste (FG). Una produzione di circa 18 mila bottiglie per Cantina Posta Pastorella, una piccola realtà che lavora e produce in un territorio più votato a turismo, pesca ed olio che non alla viticoltura.

È Antonio Pastorella ad accoglierci. È lui che una ventina di anni fa ha deciso di andare oltre la sua laurea in ingegneria meccanica per dedicarsi a questo vigneto le cui prime informazioni risalgono al 1983. Un vecchio vigneto che Antonio ha recuperato, convertito a regime biologico dal 2000, e dalle cui pergole ricava le uve per i suoi vini.

Poco Bombino, Trebbiano e Malvasia Bianca da cui si ricava l’unico bianco della cantina. Il resto è Montepulciano che regala i rossi ed i rosati di Cantina Posta Pastorella.

“Posta” perché la sede della cantina era anticamente una stazione di cambio cavalli per il servizio postale. Siamo infatti a metà strada fra Vieste e Peschici lungo un tratto di costa di grande bellezza.

Mare e terreno sabbioso-argilloso che donano alle uve le loro caratteristiche. Nessun ausilio chimico in cantina, neppure l’azoto per le colmature. Il risultato lo abbiamo nei calici.

LA DEGUSTAZIONE
Bianco della Posta (2017). L’unico bianco della cantina accoglie con profumi fruttati e di macchia mediterranea. Sapido in bocca e di buona acidità, non eccessivamente persistente.

Tre i rosati a base Montepulciano. Rosa della Posta (2017) è vinificato in acciaio, 12 ore di macerazione. Cerasuolo intenso ricco di profumi di frutti rossi e ciliegia, fresco in bocca con un tannino appena avvertibile ed un finale breve ma piacevole.

Damanera Rosato (2015) soggiorna in anfora di terracotta per un anno. Colore leggermente ossidato, è molto pulito al naso. Sentori di ciliegia matura e frutta a polpa gialla matura. In bocca si rivela fresco e scorrevole sul palato. Ad una nota tannica leggermente amaricante risponde un finale morbido, quasi dolce.

Donna Elda ha la stessa base ma viene affinato un anno e mezzo in barrique di rovere francese. È un rosato che gioca a fare il rosso. Se il naso ha la balsamicità ed i terziari tipici di un rosso che fa legno in bocca rivela la freschezza e l’agilità tipica di un rosato. Sul finale arriva un piacevole tannino ben integrato.

Ampia la gamma dei rossi. Rosso della Posta (2012) è vinificato in solo acciaio. Entry level della gamma ha un naso molto ricco di frutti a bacca rossa e gialla ed una leggera nota verde. Il tannino è vivo. Un vino pronto ma che non disdegna di essere dimenticato in cantina per un po’.

Damanera Rosso (2012), come il gemello rosato affina in anfora. Appena versato è un po’ chiuso e timido al naso ma col tempo rivela un bouquet ampio che spazia dalla frutta al fieno finanche ad una nota di biscotti al burro. In bocca è fresco e morbido con una leggera nota di ossidazione sul finale che ben accompagna i sentori retro nasali.

Don Carlo è vinificato in acciaio ed ottenuto dalle vigne più vecchie del vigneto. Due le annate degustate, 2010 e 2008. Il primo ha naso ricco in cui alla frutta si accostano spezie morbide (pepe bianco, cannella), tannino morbido e buona acidità. Nel 2008 emergono di più i terziari, radice di rabarbaro e liquirizia. Altrettanto equilibrato in bocca.

Chiude la degustazione Tennika (2006). Rosso con 36 mesi di affinamento in barrique di rovere francese. confettura di frutti rossi, vaniglia, salvia, rosmarino, nota balsamica ed un sentore di brace per un naso complesso ed accattivante. In bocca il legno non è invasivo. Morbido e caldo non si scompone durante la lunga persistenza.

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Approfondimenti

Rosati d’Italia: Il Bombino Nero protagonista al Vinitaly

Verrà firmato nel corso della prossima edizione del Vinitaly il protocollo d’intesa per i vini rosati d’Italia, che vedrà il Consorzio di Tutela dei Vini Castel del Monte al fianco del Consorzio di Tutela del vino Bardolino, il Consorzio Valtènesi, il Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo e il Consorzio di Tutela dei Vini Salice Salentino.

I cinque Consorzi ratificano così il proprio impegno congiunto per la promozione e la diffusione, in Italia e all’estero, della cultura e della conoscenza del vino rosato autoctono italiano, in tutte le sue declinazioni locali. Un progetto di respiro ambizioso, che mira alla costituzione del Centro del Rosato Autoctono Italiano: un luogo di confronto, promozione e di ricerca in cui possano essere accolte anche le altre denominazioni italiane dotate di analogo retaggio culturale.

Il rosato italiano rappresenta un unicum, che nasce dal sapiente rapporto tra le peculiarità pedoclimatiche dei singoli territori e l’arte dei vignaioli, che hanno saputo interpretare con perizia ed esperienza la vocazione di alcuni peculiari vitigni autoctoni.

Ne sono esempi mirabili il Cerasuolo d’Abruzzo, il Chiaretto del lago di Garda e il Rosato di Puglia, col Bombino Nero unico vitigno autoctono vinificato esclusivamente in rosato, prima DOCG dedicata a questa tipologia in Italia.

Il debutto congiunto dei Rosati d’Italia sarà a Vinitaly, a cui il Consorzio Castel del Monte parteciperà con degustazioni e attività. Quattro etichette del Consorzio saranno infatti protagoniste di una masterclass riservata a operatori stampa e trade, sul tema “Chiaretto, Cerasuolo, Rosato: i rosé italiani da uve autoctone”, che si terrà martedì 17 aprile, nella Sala Argento 2 del Palaexpo di Veronafiere (piano -1, ingresso A2).

Nel corso delle due sessioni della masterclass (I sessione dalle 11.00 alle 13.00; II sessione dalle 15.00 alle 17.00), condotta per il Consorzio Castel del Monte da Giovanni Ventrelli, verranno degustati vini delle aziende Rivera, Torrevento, Cantina di Ruvo di Puglia e Vignuolo – La cantina di Andria.

I Rosati del Consorzio saranno inoltre in degustazione, per tutta la durata della fiera, presso il banco d’assaggio allestito nella postazione del Consorzio Tutela Vino Bardolino Doc, Pad. 4 Stand G3.

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Cantina La Marchesa: la Daunia nel vino

È sempre piacevole tornare a Cantina La Marchesa, a Lucera (FG) strada provinciale n°8 al km 1. Sarà per la genuina schiettezza di Sergio, per il sorriso aperto e disponibile di Marika, per la calorosa accoglienza che sempre sanno riservare ai propri ospiti, per la grande pulizia dei vini, per la ruvida bellezza del territorio. Sarà per tutto questo e forse altro ma appena varcata la soglia della masseria ci si sente subito accolti in un mondo in bilico fra la tradizione ed il contemporaneo.

Il progetto di una cantina nasce alcuni decenni fa e si concretizza via via negli anni fino a diventare ciò che è oggi. Una cantina guidata da Sergio Lucio Grasso, il “vignaiolo”, e dalla moglie Marika Maggi, l’anima commerciale e “social”. Quindici ettari, tutti a meno di 300 metri dalla sede per poter essere costantemente presenti in vigneto.

Ed è così che Sergio vive il suo lavoro e la sua passione, costantemente a contatto con le sue viti. Spesso si sente dire che “il vino buono nasce in vigna”, ed è vero, ma quando guardi Sergio negli occhi capisci quanto questo possa essere vissuto con passione ed orgoglio, di cuore e di pancia. È vulcanico, incontenibile ed un poco rustico ma dalle sue parole emerge vivido l’amore per la terra e per questo tratto di Daunia ai piedi del Gargano, proprio sotto il castello di Lucera.

Non ti parla di sentori nel vino, di profumi o scorrevolezza nel bicchiere, no. Lui ti parla di viti, di terreno, di pioggia o siccità. Ti parla dell’annata e ti suggerisce (e ti serve) quest’annata o quella (anche se non l’ha ancora etichettata) perché vuole farti sentire la differenza, perché vuole renderti partecipe del suo mondo.

Si apprende così che la coltivazione avviene nel totale rispetto delle viti, applicando preventivamente tecniche di confusione sessuale per scongiurare il rischio di parassiti. Un’azienda “bio” senza mai aver cercato alcuna certificazione in tal senso.

Raccolta particellare in cassetta e selezione delle uve anche a nastro chiudono il ciclo di coltivazione della materia prima. Nero di Troia, Montepulciano, Fiano e Bombino Bianco che danno vita alla gamma di vini della Cantina che degustiamo guidati da Marika.

LA DEGUSTAZIONE
Igt Daunia, “Il Quadrello”. 100% Bombino Bianco, pressatura soffice, affinamento in inox. Giallo paglierino carco e luminoso, al naso è intenso con profumi floreali ed erbacei ed una bella nota di mandorla. In bocca è fresco, morbido e di buona sapidità. Nel retro olfattivo troviamo una buona corrispondenza ai profumi sentiti al naso. Sufficientemente persistente.

Igt Daunia, “Il Capriccio della Marchesa”. 100% Fiano, pigiatura soffice in pressa di piccola portata, fermentazione a 14° in barrique di rovere da 225 litri e maturazione sulle fecce fini. Un vino fortemente voluto da Marika, grande amante dei bianchi strutturati da invecchiamento. Il risultato è un vino giallo dorato, cristallino e trasparente. Il naso ha note evolute e complesse, ricco di frutta matura, frutta esotica e miele con una nota agrumata. In bocca è morbido e sostenuto da una viva acidità. Molto persistente. Un vino che non disdegna di essere dimenticato qualche tempo in cantina.

Igt Daunia, “Il Melograno”. Sola uva di Troia per questo rosato dal colore cerasuolo intenso e brillante. Profumi di frutti rossi come ciliegia, lampone e ribes ed una vena floreale. Fresco in bocca e di buona sapidità. Un rosato che non si fa dimenticare facilmente.

Cacc’e Mmitte di Lucera Doc. Uvaggio tradizionale (Nero di Troia, Montepulciano e Bombino), malolattica in inox ed affinamento di 6 mesi in tonneaux per questo vino rosso rubino con riflessi violacei. Profumo intenso di frutti rossi, macchia mediterranea e terziari di liquirizia. In bocca è armonico con tannini presenti e ben integrati nel sorso. Lunga persistenza.

Igt Daunia Nero di Troia, “Il Nerone”. 100% Nero di Troia, malolattica in inox ed affinamento di 12 mesi in barrique. Rosso rubino intenso. Complesso al naso con profumi di frutti rossi, confettura di ciliegie, spezie (pepe nero in evidenza), cacao amaro ed un tocco di tabacco. Armonico in bocca, morbido, con tannini setosi e buona acidità. Un vino fine ed elegante dalla lunga persistenza.

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Vini al supermercato

Nero di Troia Puglia Igp 2014, Grifo Ruvo

(3 / 5) l Nero di Troia è il vitigno a bacca nera principale del centro-nord pugliese, capace di dare vini strutturati e molto longevi. Il produttore Grifo, la Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, propone nei supermercati la vendemmia 2014 con denominazione Puglia Igp.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice il vino si presenta rosso rubino con riflessi porpora che denotano gioventù. Al naso si riconoscono note avvolgenti di ciliegia e lampone maturo, violetta, pepe rosa, timo e sullo sfondo sentori tipici dell’affidamento in legno.

In bocca però non rispecchia le aspettative create precedentemente. Il corpo non è del tutto pieno, il tannino è già evoluto e non molto presente, la persistenza è un po’ corta. Bottiglia che ha già raggiunto il suo equilibrio: fatto di per sé piacevole, ma deludente vista la sua giovane età.

Da prendere in considerazione se si cerca un vino immediato e non troppo impegnativo. Da degustare ad una temperatura di 16° gradi e da abbinare a un primo con ragù di carne.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto da una selezione di uve Nero di Troia in purezza coltivate a Ruvo di Puglia, su terreni marnosi-argillosi a 400 metri sul livello del mare. La vendemmia è svolta manualmente e, dopo la vinificazione, il vino affina in botti di rovere per alcuni mesi.

La Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia è nata nel 1960 e vanta ben 1020 soci conferitori, concentrati sulla “valorizzazione di vitigni autoctoni come il Nero di Troia, il Bombino Bianco, il Bombino Nero, il Moscatello Selvatico e il Pampanuto”.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Esselunga

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news ed eventi

La Capitanata dei vini della Daunia è pronta per il Vinitaly

Si è tenuto giovedì 31 Marzo un incontro presso la Sala Giunta di Palazzo Dogana della Provincia di Foggia, tra i rappresentanti delle principali aziende vinicole di Capitanata aderenti al Movimento Turismo del Vino Puglia, gli esponenti politici locali, le imprese vinicole e le associazioni di categoria per raccontare lo stato dell’arte e gli obiettivi da perseguire nella promozione del vino di Capitanata anche al Vinitaly. Una manifestazione ritenuta un’occasione imperdibile per incontrare i compratori e gli addetti del settore, ma anche per promuovere il territorio, parlare delle proprie eccellenze e del duro lavoro svolto per produrre qualità, degli investimenti fatti palcoscenico ideale per essere ambasciatori del territorio di Capitanata, da sempre a vocazione agricola, un territorio che grazie al San Severo rosso, rosato e bianco si fregia del riconoscimento DOC, la prima in Puglia e tra le prime in Italia, già dal 1968. Obiettivi ambiziosi che si possono raggiungere solo facendo squadra. ”Solo insieme possiamo vincere la battaglia con i competitor mondiali, non dobbiamo avere paura del nostro vicino, ma dobbiamo collaborare. Al Vinitaly saremo uniti per competere con il mondo”  ha spiegato Donato Giuliani della sanseverese Cantine Teanum. I produttori punteranno  su Nero di Troia e spumanti. ”Proprio adesso che l’asse produttivo sembra spostarsi dalla quantità alla qualità, con la competizione accesa nei confronti dei rinomati vini del Nord, serve saper trasmettere questo valore aggiunto del prodotto dauno. Il Primitivo e il Negramaro hanno raggiunto la fase matura del proprio mercato, adesso il prodotto in ascesa in Puglia è il Nero di Troia e su questo bisognerà puntare” ha affermato il presidente della Camera di commercio, Fabio Porreca. Lucio Pistillo, direttore dell’ Antica Cantina ha inoltre spiegato che nonostante a San Severo ci siano la gran parte dei 9mila ettari di Montepulciano della Puglia,  non è possibile indicarlo in bottiglia. Potrebbero puntare su uno dei vini più venduti al mondo ma le regole lo impediscono e non si possono informare i consumatori. ”Chi vende vino all’estero sa benissimo che bisogna dare un nome ed un cognome al prodotto, altrimenti non c’è mercato” ha commentato. Gianni Ciampi delle Cantine Passalacqua è invece intervenuto sul tema delle produzioni biologiche.”Stiamo tornando al passato puntando sul Nero di Troia e sul Bombino senza nessun tipo di additivo chimico. Facciamo il vino a fermentazione naturale come i nostri nonni. Il mercato italiano ha già riconosciuto la bontà di questa operazione, se è vero che l’80 per cento della produzione è venduta sul territorio nazionale e solo il 20 per cento all’estero prima o poi tutte le cantine seguiranno questa strada” ha commentato. Relativamente al discorso bollicine, la Cantina D’Araprì di San Severo ha già ottenuto risultati importanti nella spumantizzazione. Alberto Longo, proprietario Azienda Agricola Alberto Longo è pronto invece a lanciare il suo primo metodo classico e si è espresso molto fiducioso sulle prospettive future, ci sono  i margini per creare addirittura un distretto dello spumante, a favore del quali si sono anche schierati i sommelier della Capitanata.
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