È giallo sul nome del nuovo direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Riccardo Binda avrebbe accettato l’incarico da oltre una settimana. L’annuncio ufficiale da parte dell’ente di Torrazza Coste (Pavia) tarda però ad arrivare. Lo stesso vale per la smentita del direttore (potenzialmente) uscente, Carlo Veronese, che preferisce non rilasciare commenti, tanto sul suo presente quanto sul suo futuro. Secondo verificate indiscrezioni raccolte da winemag.it, l’arrivo del nuovo direttore Riccardo Binda e l’annuncio ufficiale del suo nuovo incarico di direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese sarebbero in bilico per via delle resistenze del Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, dal quale proviene.
BINDA IN OLTREPÒ? BOLGHERI NON MOLLA
L’ente toscano presieduto da Albiera Antinori non vorrebbe privarsi di Binda, che ricopre il ruolo di direttore dal gennaio 2014 ma che ha origini oltrepadane, per l’esattezza di Voghera. Da qui il giallo sul nuovo direttore del Consorzio Oltrepò pavese, dopo le rivoluzionarie elezioni dello scorso marzo che hanno portato all’elezione della nuova presidente Francesca Seralvo (Tenuta Mazzolino). Una scelta che ha fatto vacillare – sin dalle prime ore – la possibile riconferma del direttore Carlo Veronese, uomo ritenuto da molti vicino alla corrente che ha sostenuto – senza successo – il terzo mandato della presidente uscente Gilda Fugazza, considerata la figura più apprezzata dal mondo degli imbottigliatori operanti in Oltrepò.
LE SFIDE DI RICCARDO BINDA IN OLTREPÒ PAVESE
Di certo, per Riccardo Binda, l’avventura in Oltrepò pavese costituirebbe una sfida professionale dalle tinte completamente differenti rispetto a quelle di Bolgheri e Sassicaia. Non solo dal punto di vista della percezione delle denominazioni a livello di marketing nazionale e internazionale, ma anche del valore medio di mercato effettivo della produzione, sostenuta nel pavese da molti meno brand blasonati e da cantine che operano in assenza di una chiara piramide della qualità, ancora tutta da costruire nel pavese. Altro nodo che attenderebbe il nuovo direttore Riccardo Binda è quella dell’export dei vini dell’Oltrepò pavese, per via del peso meno rilevante della produzione oltrepadana rispetto a quella di Bolgheri e Sassicaia. Elementi che portano l’ennesimo “giallo pavese” ad infittirsi. Giorno dopo giorno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
BOLZANO – Nel 2015 era toccato ai vini di Bordeaux. Degustati alla cieca da una trentina di professionisti del settore, in un confronto con i tagli bordolesi altoatesini del team “Cortaccia Rossa“, i vini di Cantina Kurtatsch, Peter Dipoli, Baron Widmann e Tiefenbrunner avevano sbaragliato le etichette di Pomerol, St. Emilion, Pauillac, Margaux e St. Estèphe.
L’ascia del blind tasting, dopo aver falcidiato la Francia dei Cabernet Sauvignon, dei Cabernet Franc e dei Merlot premiati e strapagati a livello mondiale, ha mietuto una vittima eccellente nell’edizione 2019 di “Cortaccia Rossa”, andata in scena ieri pomeriggio al Centro di Sperimentazione Laimburg di Ora, in provincia di Bolzano.
Si tratta del Sassicaia 2016 di Tenuta San Guido, a cui la giuria internazionale – tra cui anche noi di WineMag.it – composta da stampa, sommelier e buyer, ha assegnato la (misera) media di 87,5 punti. Nulla di strano, se non fosse che si tratta della stessa vendemmia giudicata 100/100 da Robert Parker.
Bottiglia sfortunata? Non si direbbe, dal momento che il numero dei giurati è tale da giustificare l’apertura di almeno tre bottiglie della stessa etichetta. Allora, il sospetto, è proprio che la degustazione alla cieca giustifichi la défaillance del “mostro sacro” firmato Tenuta San Guido.
Come è facile intendere, l’edizione 2019 di “Cortaccia Rossa” ha visto protagonista il confronto tra i vini delle quattro cantine altoatesine unite per promuovere le varietà bordolesi dell’areale di Cortaccia (BZ) e il territorio di Bolgheri, ben più affermato a livello nazionale e internazionale.
Quattro “flight”, ovvero quattro sessioni di degustazione alla cieca, in ognuna delle quali si celava un solo vino dell’Alto Adige, accanto a tre vini provenienti dalla nota Denominazione toscana e – nuovamente – dalla Francia (Saint-Émilion, Pessac-Léognan e Saint Estéphe).
Nel primo flight la spunta l’Alto Adige Südtirol Doc 2016 “Frauenriegel” di Weingut Peter Dipoli (Merlot e Cabernet Franc). La media complessiva finale è di 89,3. Naso spiccatamente erbaceo, profondo, sulla spezia nera più che sul frutto. Presenza di Merlot piuttosto preponderante (55% a fronte di un 43% di Franc).
In bocca corrispondente, con frutto rosso e la rinnovata verve erbacea. Gran freschezza, ma un alcol che si deve integrare meglio in un palato in cui la maturità del frutto domina l’ingresso, per poi lasciare spazio alla spezia.
Secondo posto per il Bolgheri Doc 2016 “Camarcanda” (media “Cortaccia Rossa” 88,4/100). Medaglia di bronzo, a pari merito con 87/100, per l’Aoc Saint-Émilion Premier Grand Cru Classé 2016 “Chateau Canon La Gaffelière” e l’Igt Toscana 2016 “Oreno” di Tenuta Sette Ponti.
Interessante il risultato del secondo flight, dove a spuntarla è il Bolgheri Doc Superiore 2016 “Guado al Tasso” (90/100 la media dei degustatori di “Cortaccia Rossa” 2019). Secondo posto per l’Igt Toscana Cabernet Sauvignon 2016 dell’Azienda agricola Isole e Olena (media di 89,1/100).
Terzo l’Alto Adige Südtirol Doc 2016 “Auhof” di Weingut Baron Widmann (88,9 di media): bello il gioco tra morbidezza alcolica, spezie calde e vena erbacea. Vino di grande godibilità e prontezza al palato, dove manca però, per via i un frutto piuttosto maturo (fragola e lampone), un po’ di freschezza.
Quarto ed ultimo, sempre nel terzo flight, l’Aoc Pessac-Léognan 2016 “La Chapelle de la Mission Haut-Brion” con una media di 88,2/100 assegnata dai degustatori di “Cortaccia Rossa” 2019.
Penultimo flight dominato dal Langhe Doc 2016 “Darmagi” 2016 di Gaja (90/100), seguito dall’Alto Adige Südtirol Doc Riserva 2016 “Frienfeld” di Kellerei/Cantina Kurtatsch (89,8/100) tra i più schietti testimoni dell’attitudine di Cortaccia alla “bordolesità”, non ultimo in termini di potenzialità nel lungo affinamento in bottiglia.
Terzo posto per l’Aoc Saint Estèphe 2016 “Chateau Cos d’Estournel” (89,6/100). Quarto ed ultimo posto della batteria assegnato, appunto, al Sassicaia 2016 di Tenuta San Guido, con 87,5/100.
Quarto ed ultimo flight appannaggio dei cugini d’Oltralpe, che la spuntano con l’Aoc Pauillac Grand Cru Classè 2015 “Ch. Pichon Longueville Baron” (90,3/100 assegnati dalla giuria presente a “Cortaccia Rossa” 2019).
A seguire l’Alto Adige Südtirol Doc Riserva 2015 “Vigna Toren” firmato Tiefenbrunner – Schlosskellerei Turmhof (90/100). Bel frutto e spezia nera al naso, bella succosità al palato: un vino che, senza rinunciare a una grandissima godibilità e bevibilità, eccelle in freschezza e mineralità, in una chiusura lunghissima.
Medaglia di bronzo per il secondo Bolgheri Doc Sassicaia in degustazione a “Cortaccia Rossa” 2019: la vendemmia 2015 dell’etichetta di Tenuta San Guido (89,4/100, contro i 97/100 di Robert Parker e i 98/100 di James Suckling). Quarto ed ultimo piazzamento per l’Igt Vigneti delle Dolomiti 2015 “Tenuta San Leonardo”, unico trentino in gara.
IL COMMENTO
“La cosa importante di Cortaccia Rossa – sottolinea Peter Dipoli – è dimostrare che i quattro produttori aderenti a questa iniziativa non hanno invidia uno dell’altro. Nel mondo del vino, spesso, si ha paura di rimetterci qualcosa agendo in sinergia con i vicini di casa. Per noi non è così”.
“I 45 ettari attuali di varietà bordolesi presenti a Cortaccia – continua Dipoli – dimostrano a noi stessi, agli esperti e agli opinion leader del settore che i nostri vini meritano attenzione e hanno un rapporto qualità prezzo incredibile, se comparati con quelli di altri territori ormai affermati in cui si allevano Cabernet e Merlot”.
Le difficoltà dei produttori altoatesini sono soprattutto legate alla mancanza di un “brand bordolese”. “Devi portare la cartina geografica per vendere nel mondo il taglio bordolese della nostra zona – chiosa Dipoli – soprattutto in una fase come quella attuale, in cui sono i vini bianchi che tirano il mercato dei vini dell’Alto Adige”.
Siamo troppo piccoli per avere visibilità all’estero – conclude il vignaiolo – ma ‘Cortaccia Rossa’, con le sue degustazioni comparative svolte rigorosamente alla cieca, è un piccolo passo per dire al mondo che ci siamo anche noi: abbiamo poco vino in confronto ad altri territori, ma costiamo meno di un terzo di quelli con cui ci confrontiamo”.
Il prezzo medio delle etichette “bordolesi” di qualità dell’Alto Adige, di fatto, si aggira attorno ai 40 euro. Nulla in confronto ai blasonati rossi di Bolgheri come il Sassicaia, il cui valore oscilla al netto dei giudizi delle guide.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
A venticinque anni dal riconoscimento della Doc, Bolgheri punta al “consolidamento”. Il Consorzio di Tutela, che rappresenta oltre il 90% delle aziende e dei vigneti, annuncia infatti l’ingresso nella “terza era“. Quella della “maturità”, che sarà contraddistinta da un “aumento della produzione“. È quanto ha stabilito all’unanimità l’Assemblea dei soci del Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri Doc. L’aumento delle bottiglie non passerà tuttavia attraverso un aumento della superficie vitata. Sarà piuttosto allargata la possibilità di rivendicare la Denominazione di origine controllata ai vigneti atti alla produzione di Igt Toscana.
Molti dei nuovi ettari in realtà non si tradurranno in nuovi impianti – spiega il Consorzio livornese – ma nella possibilità di produrre Doc dalle vigne idonee già esistenti che, non essendo rivendicabili, al momento possono produrre solo Igt. La differenza tra superficie Doc e Igt a Bolgheri è di 185 ettari e il piano prevede l’assegnazione massima per 190″.
“Gli obiettivi principali – continua il Consorzio diretto da Federico Zileri Dal Verme– sono infatti due: il primo è quello di consentire a quei vigneti che sono da anni sul territorio e presentano tutte le caratteristiche produttive idonee alla Doc di poterla utilizzare. Dall’altro quello di dar modo ai produttori e soprattutto alle aziende medio-piccole di poter incrementare la loro capacità produttiva, per far fronte alle richieste crescenti dei mercati”.
“Ciò che preme e che serve a Bolgheri ora è fare in modo che i suoi produttori possano valorizzare al massimo i loro terreni, le loro vigne e i loro vini nell’ambito della Denominazione e sui mercati“, continua il Consorzio.
CHI NE BENEFICERÀ
La proposta è stata avanzata sulla base di quanto previsto dalla nuova legge regionale 73/2017 per la disciplina delle produzioni vitivinicole. Ma è da oltre un anno che il Consorzio Doc Bolgheri ha avviato consultazioni sul territorio, sfociate in Regione. “Il piano è innovativo anche a livello pratico – evidenzia il Consorzio – in quanto non è previsto un classico bando con graduatoria. Tutti i beneficiari in possesso dei requisiti previsti potranno infatti fare domanda per quanto gli spetta direttamente su Artea, in tempo utile da poter ottenere le nuove superfici rivendicabili per la prossima campagna vitivinicola”.
Secondo i dati più aggiornati a disposizione, risultano 1.370 gli ettari impiantati nel comprensorio della Doc. Di questi, 1.218 ha risultano intestati a soci del Consorzio: 1.163 sono rivendicabili a Doc, mentre il resto come Igt Toscana. Facendo riferimento alla superficie vitata iscritta ad albo Doc, il Cabernet Sauvignon risulta la varietà di uva più presente (36,67%), seguita da Merlot (23,42%), Cabernet Franc (11,98%), Petit Verdot (6,46%), Syrah (6,65%) e Sangiovese (1,48%). Quanto alle uve a bacca bianca, è netta la predominanza del Vermentino (8,84%) seguito da Viognier (1,43%) e Sauvignon Blanc (0,59%).
“LA TERZA ERA” DEI VINI DI BOLGHERI, TRA HORECA E GDO
Dal 1994 ad oggi, il Consorzio è passato dai sette soci fondatori agli attuali 55. Con loro sono cresciuti anche gli ettari, a partire dagli iniziali 280. Il numero di bottiglie è cresciuta in maniera graduale, grazie all’entrata in produzione dei vigneti, che a Bolgheri hanno un’età media di 14 anni e mezzo. “Questa tendenza produttiva – evidenzia il Consorzio – è andata di pari passo anche con l’apprezzamento del valore di Bolgheri da parte non solo della stampa ma anche dei mercati. Negli ultimi due anni il prezzo al dettaglio Horeca dei vini Doc Bolgheri è cresciuto del 10%, mentre nella Grande distribuzione organizzata sono raddoppiati i volumi di vendita e il fatturato, con un prezzo medio aumentato del 19% negli ultimi 5 anni”. “Si tratta di uno scenario incoraggiante – commenta il Consorzio – che però non deve portare a stravolgimenti di alcun tipo, per non comprometterne gli equilibri esistenti, dato che è grazie a questi che Bolgheri si è sviluppata in questo senso”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Indecisi sul vino per Capodanno? Abbiamo chiesto a “Iper, la grande i” 6 i vini della linea “Grandi Vigne” per il cenone dell’ultimo dell’anno. Ne è risultata una degustazione più che soddisfacente. Ennesima riprova del valore assoluto, soprattutto in termini qualità prezzo, di questo progetto di Finiper. Unico in Italia.
Una “private label” sui generis, capace di valorizzare le migliori Doc e Docg italiane grazie al contributo di cantine di prim’ordine, in grado di garantire standard qualitativi altissimi, a un prezzo più che mai onesto e alla portata della maggioranza degli italiani abituati ad acquistare vini al supermercato.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper un Metodo Classico (Trento Doc), due vini bianchi (Müller Thurgau e Vermentino), due vini rossi (Etna Rosso e Brunello di Montalcino) e un vino dolce (Moscato). Quasi tutti vini in promozione fino al 31 dicembre 2017 negli store a insegna “Iper, la grande i”.
Volete sapere chi la spunta? Ecco la nostra speciale classifica, con il suggerimento di fare la scorta, proprio in virtù del 20% di sconto valido sino a fine anno.
(5 / 5) Etna rosso Doc 2013 Sciara Scura, Cantine Nicosia Spa – Grandi Vigne. Blend di uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, di colore rosso granato. Naso complesso: viola e sottobosco fine (mirtillo, fragolina), confettura di more sottile. L’ossigenazione nel calice esalta componenti vegetali che richiamano la macchia mediterranea: evidentissimo il rosmarino e l’alloro.
Ingresso di bocca caldo, su sentori corrispondenti al naso. Tannini delicati, che uniti a una mineralità salina e a un’acidità ben bilanciata regalano un quadro di gran finezza. Chiusura di fatto fresca, tra il mentolato e l’amarognolo: un retro olfattivo nel quale i tannini sfoderano maggiore prepotenza, ma senza infastidire.
Un vino decisamente “gastronomico”, capace di esaltarsi ulteriormente se accompagnato dal giusto abbinamento con la cucina. Tradotto: primi piatti conditi da sughi saporiti, carni arrosto e alla griglia, selvaggina e formaggi stagionati.
Un gran bel vino, ottimo per la tipicità che è capace di esprimere e per l’impareggiabile rapporto qualità prezzo, specie se in promozione. A produrlo è Nicosia Spa, cantina di Trecastagni (Catania), fondata nel 1898 da Francesco Nicosia e oggi condotta da Carmelo Nicosia. Prezzo: 9,60 euro; sconto 20%: 7,65 euro.
(5 / 5) Brunello di Montalcino Docg 2012 Il Cassero, Caparzo – Grandi Vigne. Colore rosso rubino. Naso che fatica a concedersi, sotto la coltre del legno. Un vino che va aspettato. Oppure, per chi ha fretta di apprezzarne subito l’evoluzione nel calice, decantato almeno cinque o sei ore prima dell’apertura.
Ebbene sì, anche se si tratta “solamente” di una vendemmia 2012: ve lo consigliamo noi, che tra l’altro non siamo fan assoluti dei decanter applicati ad annate così “recenti”. Per questo Brunello facciamo un’eccezione e ne siamo felici.
Si resta comunque di fronte a un vino che mostra ampi margini di evoluzione in bottiglia, in totale coerenza con la Docg di Montalcino: vini capaci di “invecchiare”, in media, oltre 30 anni. Apprezziamo anche per questo “Il Cassero” di Caparzo: una cantina capace di regalare alla Gdo un vino “davvero vero”. Scevro dalle logiche commerciali della “pronta beva”, in cui cascano invece big come Frescobaldi (vedi il “Campone”). Dunque, chapeau.
In definitiva, quello selezionato da “Iper, la grande i” è un Brunello di Montalcino a tutti gli effetti, che piaccia o no ai consumatori meno preparati sull’argomento. Dopo diverse ore di ossigenazione, il vino mostra tutte le tipicità del più famoso dei vini toscani e della sua uva principe: il Sangiovese.
Naso che richiama un vegetale acerbo, assimilabile alle foglie del geranio. E dunque mela, limone, mandarino giovane. Non manca la componente dei frutti rossi e dei più maturi petali del fiore di rosa. Profumi che restano tuttavia nascosti da terziari di brace di corteccia di pino e da profumi che richiamano nuovamente la buccia d’agrumi d’arancia rossa e di pompelmo.
Ancora più evidenti i terziari di cuoio (più duri) e di zafferano (più morbidi, speziati, caldi e avvolgenti), uniti a percezioni vegetali di rosmarino, radici di liquirizia, terra bagnata e funghi. Leggerissimo il rabarbaro e la mentuccia, che assieme al fieno e al chiodo di garofano fanno da sfondo a un olfatto davvero complesso e prezioso.
Il palato, di fatto, è corrispondente al naso. Dominano i frutti rossi (in particolare la marasca e il ribes) e a impreziosire un quadro già ricco contribuisce una mineralità salina più che percettibile: ne giovano freschezza e corpo, per un vino che si candida a ottimo accompagnamento a piatti di carni ben strutturati (selvaggina, brasato). Un altro gran bel vino, per un prezzo così
Del resto a produrlo è Caparzo, storica azienda che può contare su 90 ettari di vigneto a Montalcino. Una cantina che punta ad etichette “al vertice della qualità, con tecniche produttive meticolose e di tipo artigianale”, ma con una mentalità “moderna nella gestione, efficiente e capace nei rapporti commerciali”. Prezzo: 27.90 euro; sconto 20%: 22,32 euro.
(4,5 / 5) Bolgheri Doc Vermentino 2016 “Duplice filar”, Tenuta Ladronaia – Grandi Vigne. E’ la new entry della linea Grandi Vigne, ma è già secondo a pochi, tra i vini bianchi di Iper. Un vino bianco, peraltro, prodotto in un terroir da rossi, come Bolgheri.
Uve Vermentino in quasi totale purezza, impreziosite (in maniera geniale) da una piccola percentuale di Sauvignon blanc. Il risultato è un vino che nel calice si veste d’un giallo paglierino invitante, limpido. Il naso non tradisce le aspettative.
Le note dominanti sono quelle mature, di frutti tropicali. Non manca la vena erbacea (in particolare del bosso) conferita dal Sauvignon. Ma sono davvero chiarissimi i richiami floreali al gelsomino che riavvicinano alla “terra” un olfatto che tende verso il mare livornese. Una mineralità salina che sarà ancora più evidente al palato, seppur celata sotto ai sentori maturi della frutta esotica.
La chiusura è a metà tra il balsamico e l’amarognolo tipico dei Vermentini, questa volta su note tendenti ad agrumi come il pompelmo. Perfetto l’abbinamento del Bolgheri Doc Duplice Filar con piatti di pesce, crostacei e carni bianche. Da provare in matrimonio con antipasti a base di salumi (prosciutto crudo) e formaggi vaccini e caprini poco stagionati.
L’azienda Tenuta Ladronaia è stata fondata nel 1950 dai nonni degli attuali proprietari Giuliano e Gessica Frollani, a Bolgheri, nel cuore della Toscana. Si estende su circa 120 ettari, di cui 30 coltivati a vigneto DOC Bolgheri e IGT Toscana. Prezzo: 9,50 euro; sconto 20%: 7,60 euro.
(4,5 / 5) Müller Thurgau Vigneti delle Dolomiti Igt 2016 Maso Carpine, Cantine Monfort – Grandi Vigne. Un Müller che, a differenza di quello di tanti competitor per fascia prezzo (e parliamo anche di cantine blasonate) non si scompone nel calice, a distanza di diversi minuti dal servizio.
Giallo paglierino con i tipici riflessi verdolini, “Maso Carpine” si libera generoso al naso, pur nella sua delicatezza. Un olfatto montano, fresco, piacevole. Chiare note di fiori bianchi e di frutti come la pera, cui fanno da contorno richiami erbacei e balsamici (leggerissima l’arnica) e minerali.
Palato corrispondente, che stupisce per la spinta delle percezioni iodiche e per l’elegante chiusura, tendente all’amaro del pompelmo. Ottimo a tutto pasto, il Müller Thurgau di Grandi Vigne accompagna bene anche lo speck e il prosciutto crudo. Non disdegna, ovviamente, anche piatti di pesce semplici.
A produrlo è Cantine Monfort, realtà famigliare con base a Lavis, in provincia di Trento. Lorenzo Simoni, insieme ai figli Chiara e Federico, porta avanti un progetto vitivinicolo “nel rispetto della tradizione e con la costante ricerca della qualità”. Prezzo più che competitivo: 5,90 euro.
(3,5 / 5) Metodo Classico Trento Doc Brut Maso Carpine, Cantine Monfort – Grandi Vigne. Ci spostiamo in casa spumanti di Monfort e della linea Grandi Vigne per il racconto di questo Metodo Classico trentino (sboccatura 11/2017). Una “bollicina” che, in realtà, non convince appieno.
Colpa di un dosaggio che, seppur coerente con la tipologia “Brut”, pare strizzare troppo l’occhio al gusto di più banali Charmat, come il Prosecco. Zuccheri che finiscono per coprire la tipicità del Metodo Classico Trento Doc, che si caratterizza per mineralità e taglienza.
Eppure, le premesse sono ottime. Nel calice, lo sparkling trentino di Grandi Vigne rivela un perlage fine e persistente, che si fa largo su tinte giallo paglierino. Fanno ben sperare anche gli agrumi percepibili al naso, anche se leggermente tendenti al maturo.
Non mancano i sentori legati ai lieviti in questo spumante base Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco che affina 24 mesi sur lie. Un Trento Doc che manca poi del grip atteso al palato: in bocca si mostra – in definitiva – troppo “piacione”.
Uno spumante, chiariamoci, che non può non piacere al consumatore medio. Soprattutto ai neofiti del Metodo Classico, che grazie a questa etichetta trovano un prezzo d’entrata molto interessante. Noi di vinialsuper, però, dalla linea Grandi Vigne ci aspettiamo di più. Prezzo 9,50 euro; sconto 20%: 7,60 euro.
(5 / 5) Moscato d’Asti Docg 2016 Frati e Mottura, Adriano Marco e Vittorio – Grandi Vigne. Giallo paglierino intenso per questo splendido vino dolce piemontese, a base di uve di Moscato bianco. A produrlo, di fatto, è un’azienda di massimo rispetto del panorama enologico del Piemonte.
Un naso che non può non essere definito, secondo le attese, “aromatico”. E’ dunque il tipico sentore di quest’uva a dominare l’olfatto, in un quadro piacevole che si arricchisce di richiami di salvia, ma anche si pesca e mela Golden.
Finalmente un Moscato non stucchevole al palato. Questo di Grandi Vigne regala una piacevolezza che non stanca, facendone un vino davvero adatto ad accompagnare il dolce delle feste. Anzi: la freschezza di “Frati e Mottura”, nome della vigna in cui viene prodotto, è letteralmente dissetante.
Semplice la tecnica di vinificazione: il mosto, ottenuto da una delicata pressatura delle uve, viene mantenuto a bassa temperatura fino all’utilizzo, per la presa di spuma finale. La parziale fermentazione avviene poco prima dell’imbottigliamento.
I fratelli Marco e Vittorio Adriano conducono la loro azienda nel cuore delle Langhe, producendo vini con uve esclusivamente di loro proprietà. Una famiglia che segue direttamente la vigna, in base a criteri di lotta integrata. La piccolissima produzione degli Adriano è una vera e propria chicca per i fedelissimi di “Grandi Vigne”. Prezzo: 6,20 euro; sconto 20%: 4,95 euro.
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