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Dalla Reserva al Viñedo Singular: la Rioja traina il Rinascimento dei vini spagnoli

Dalla Reserva al Viñedo Singular la Rioja traina il Rinascimento dei vini spagnoli Viña Zaco 2017 di Bodegas Bilbaínas Viña Pomal

In Rioja, la più nota regione del vino spagnolo, il concetto di “Reserva” riferito ai tempi di affinamento in legno e in cantina non è mai stato così marginale, come lo è oggi. Nulla a che fare con i disciplinari di produzione, che continuano a prevedere dai 12 ai 24 mesi in rovere e dai 6 ai 24 mesi in bottiglia (Gran Reserva), prima della commercializzazione.

Il cambio generazionale sembra aver proiettato la Rioja ai vertici di un Rinascimento dei vini spagnoli che restituisce centralità a frutto, primari, varietale e Viñedo Singular, ovvero ai vini da “vigna singola”. Anche da lungo affinamento.

A dominare, nel calice, è sempre più spesso l’espressione del vitigno, con i terziari a fare da contorno. Una svolta epocale, che risponde anche al cambio delle tendenze di consumo tra i winelovers internazionali.

In quest’ottica, il Tempranillo trova nel Graciano, vitigno autoctono della Rioja – noto come Cagnulari in Sardegna – un grande alleato nelle scelte dei winemakers locali. Una varietà quasi scomparsa, ritenuta da molte Bodegas poco profittevole, per via delle basse rese.

Oggi invece rivalutata, grazie alla carica aromatica e cromatica che è in grado di conferire ai blend; nonché ai livelli di acidità adatti ai lunghi affinamenti (e ai cambiamenti climatici, ça va sans dire), inversamente proporzionali al tannino (già assicurato da Tempranillo, Garnacha TintaMazuelo).

HARO E IL SUO BARRIO DE LA ESTACÍON

L’epicentro e termometro del Rinascimento dei vini spagnoli è Haro, cittadina della Rioja Alta il cui ruolo è scolpito nei libri di storia del vino spagnolo (e francese).

È qui che si trova infatti il Barrio de la Estación, mitico “Quartiere della stazione ferroviaria” in cui hanno trovato casa, a partire dall’Ottocento, 6 cantine simbolo dei vini della Rioja (e dell’intera Spagna), tuttora attive: RodaLa Rioja Alta, Gómez Cruzado, Cvne, Muga e Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal.

Sui binari di Haro sono stati caricati, a partire dall’Ottocento, milioni di ettolitri di vino sfuso che hanno arricchito i vini di Bordeaux, ben oltre il periodo della Fillossera. Qualcuno sostiene infatti – nemmeno troppo sottovoce – che diversi vini della Gironda francese siano stati prodotti con basi della Rioja, «almeno sino agli anni Ottanta del Novecento».

Un legame, quello tra Haro e Bordeaux – distanti poche centinaia di chilometri – che ha consentito alla piccola cittadina spagnola di essere una delle prime in Europa (la prima in Spagna) a dotarsi di un sistema di illuminazione pubblica stradale, assieme a centri ben più vasti come Parigi e Londra.

L’illuminazione fu dapprima introdotta dai francesi nelle Bodegas spagnole della Rioja. Qui venivano conservati in barrique le “Réserve“, ovvero quelle partite di vino acquistate – o meglio “riservate” – dai commercianti francesi, destinate a raggiungere Bordeaux e il resto della Francia. Passano proprio dai binari del Barrio de la Estación.

VIÑA ZACO DI VIÑA POMAL: IL VINO SIMBOLO DEL RINASCIMENTO IN RIOJA

Tanti gli assaggi che contribuiscono al Rinascimento dei vini spagnoli in Rioja. Uno su tutti è in grado di sintetizzare la transizione in corso, sia dal punto di vista viticolo che enologico. Riversando nel calice tutta l’energia e il generale “clima di novità” della regione.

Si tratta del Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 di Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal, messo in commercio per la prima volta nel novembre 2021 dalla cantina di Haro. Tiratura limitata a sole 3.797 bottiglie per un rosso ottenuto da una singola vigna di Tempranillo. Viña Zaco, per l’appunto: viti di 35 anni di età media su terrazze, in prossimità del fiume che taglia Haro, l’Ebro.

Il terreno, di origine pleistocenica, è composto da conglomerati arrotondati, di roccia e calcare. Gli stessi ciottoli che emergono dal limo e dalla sabbia rossastra in altri vigneti di proprietà di Viña Pomal. Abbastanza per ricordare gli appezzamenti della Vaucluse che danno vita allo Châteauneuf-du-pape. Circa 450 metri sul livello del mare, con rese che non superano i 2 mila chilogrammi per ettaro.

Dietro alla rivoluzione del Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 c’è una donna, l’enologa Mayte Calvo de la Banda, a Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal dal marzo 2018. Subentrata ad Alejandro López nel ruolo di direttore tecnico, si è occupata dell’affinamento del vino, collocato ai vertici della piramide qualitativa della cantina.

Al di là delle uve raccolte a mano e della selezione dei migliori acini – in un’annata disastrosa come la 2017, segnata da una gelata epocale che ha distrutto il 70% del raccolto di Viña Pomal – la novità è rappresentata dalla tecnica di vinificazione. Cemento, lieviti indigeni e una sapiente macerazione conferiscono un carattere unico a questa etichetta.

«Il Tempranillo di Viña Zaco – spiega la winemaker Mayte Calvo de la Banda – è stato sottoposto a una macerazione a freddo per 12-18 ore. La fermentazione è avvenuta in serbatoi di cemento aperti, con punzonature manuali quotidiane per migliorare l’estrazione».

La macerazione totale nel 2017 è stata di 21 giorni, svinando nel momento di massimo equilibrio ed espressione del varietale. La fermentazione malolattica è avvenuta in botti di rovere francese di secondo passaggio e di media tostatura. In seguito, il vino è stato invecchiato in botti di rovere francese da 1.200 litri per 20 mesi».

VIÑEDO SINGULAR VIÑA ZACO 2017, LA DEGUSTAZIONE

Il risultato è un vino che abbina in maniera magistrale profondità e ampiezza, condensando nel calice gli accenti mediterranei e quelli atlantici della Rioja Alta. Una zona e un terroir che, nelle migliori espressioni, può essere paragonato all’esatta via di mezzo tra Bordeaux e la Borgogna. O al punto d’incontro tra Montalcino e Barolo.

Il Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 di Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal cattura l’attenzione sin dalla vista, col suo rosso rubino luminoso. L’unghia è giovane, violacea: mostra quanta strada abbia ancora davanti il nettare, in termini di evoluzione. Al naso precisi ricordi di fiori di violetta e frutta a polpa scura e rossa, croccante e succosa.

Mora e ciliegia, tanto quanto arancia rossa ed accenni di cedro. Un quadro armonico, impreziosito dalla profondità balsamica di eleganti rintocchi di liquirizia, eucalipto ed erbe tipiche della macchia mediterranea (rosmarino, alloro, timo).

Il sorso è suadente e si conferma d’eleganza inappuntabile. Corrispondenza perfetta tra naso e palato, nel segno dei ritorni di frutta e di spezie, in un quadro altrettanto fresco e balsamico.

Colpisce il gioco tra i tannini, distinguibili pur setosi, e il risultato della macerazione sulle bucce. Una scelta, quella avvenuta in fase di vinificazione, che apporta concretezza e peso “estrattivo” alla beva. Dal centro bocca, una vena sapido-minerale accompagna sino alla chiusura lunga, equilibrata, asciutta. In sintesi, un manifesto della nuova Rioja. Punteggio: 96/100.

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Barrio de la Estación – Haro Wine Station 2022, la Rioja incontra Bordeaux: i migliori assaggi

Chiamatelo incontro, più che confronto. La Rioja abbraccia in questi giorni Bordeaux, in uno dei luoghi simbolo, oltre che storici, dell’intera viticoltura spagnola: il Barrio de la Estación, noto a livello internazionale come Haro Wine Station. È il Quartiere della Stazione ferroviaria della cittadina di Haro, nel nord della Spagna, nel quale hanno sede ben 6 cantine: Roda, Muga, La Rioja Alta, Gómez Cruzado, Cvne e Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal.

La stessa Haro teatro della “Battaglia del vino”, ricorrenza annuale che vede contrapposte due bande a suon di getti di vino rosso, ospita a partire da ieri 6 cantine francesi di prim’ordine: Château Rauza-Ségla & Château Canon, Château Lynch Bages & Ormes de Pez, Château Smith Haut Lafitte, Château Léoville Barton, Château Petit Village & Château Beauregard e Château Canon La Gaffelière.

Una Bordeaux che torna, per certi versi, alle origini. Tra i mercati principali dei vini da taglio spagnoli commercializzati sui binari del Barrio de la Estación, tra la metà e la fine dell’Ottocento (i maligni dicono ben oltre, specie nelle annate sfavorevoli), c’era proprio la Gironda, casa della pregiata denominazione bordolese. L’Alta Rioja, del resto, dista meno di 400 chilometri da Bordeaux.

«RIOJA E BORDEAUX VICINI PER FILOSOFIA E RICERCA ECCELLENZA»

«I partecipanti – commenta María Urrutia, presidente dell’Associazione delle Cantine del distretto di Haro – hanno goduto di un’esperienza irripetibile ed esclusiva. Un vero privilegio, che ha dimostrato quanto Rioja e Bordeaux siano vicini nella loro filosofia e nella ricerca dell’eccellenza».

Caratteristiche – prosegue Urrutia – che collocano entrambi tra le regioni vinicole più importanti del mondo. Questo legame Haro-Bordeaux è stato mantenuto vivo perché, i nostri obiettivi nel 21° secolo sono gli stessi del 19° secolo: fare i migliori vini possibili nella nostra terra».

Incontro più che confronto, si diceva. Qualcosa di praticabile nella teoria e, per certi versi, anche nella pratica. Un po’ meno, calici alla mano. Ecco allora i migliori assaggi nella giornata d’esordio di Barrio de la Estación – Haro Wine Station, International Wine Encounters I – Bordeaux.

BARRIO DE LA ESTACIÓN, RIOJA-BORDEAUX: I MIGLIORI ASSAGGI

BORDEAUX
  • Château Canon La Gaffelière 2016 e Château d’Aiguilhe 2016, Château Canon La Gaffelière

Convincono entrambi i vini mostrati da Magali Malet-Serres, referente Sales Marketing & communications di Château Canon La Gaffelière. Li lega un netto fil rouge nella lavorazione del Merlot e nella profondità che contraddistingue naso e sorso. Vengono da parcelle diverse (ed è chiaro) e non si tratta di Merlot in purezza (50% nel primo, 80% nel secondo).

Ma la pulizia e voracità dei primari, accostata a un ventaglio di spezie che tendono il sorso dalla liquirizia all’umami, oltre alla precisione dei tannini, mostrano la mano, unica, del winemaker. Nonché il lavoro di questo Château su cloni e selezione massale, che rendono unico il patrimonio genetico dei bordolesi a disposizione del 1° Grand Cru Classé di Saint- Émilion (19,5 ettari complessivi).

Château Canon La Gaffelière 2016 degustato all’Haro Wine Station è maestoso, col suo 40% di Cabernet Franc e 10% di Cabernet Sauvignon a far da spalla al re delle varietà d’assemblaggio di Saint- Émilion (il Merlot, per l’appunto). Château d’Aiguilhe 2016 è chiaramente più morbido, ma tutt’altro che seduto. Il 20% di Cabernet Franc lavora sull’opulenza controllata del Merlot e rende questo vino tra i migliori assaggi qualità prezzo dell’intera Bordeaux.

  • Château Léoville Barton 2011Château Langoa Barton 2016

Diversi tra loro ma entrambi da segnalare i vini proposti da Château Léoville Barton, vere e proprie gemme della piccola Saint-Julien. C’è più Cabernet Sauvignon nel vino del 2011 rispetto al 2016 (80% contro 55% completati da Merlot e Cabernet Franc). Tannini finissimi per entrambi, con l’annata più vecchia che abbraccia una terziarizzazione compostissima, tra note terrose e cioccolato scuro.

Eccezionalmente fragrante il frutto della straordinaria vendemmia 2016, che ha appena iniziato il suo lungo percorso di crescita (anzi di ascesa) verso le vette che le competono, tra la freschezza e il garbo che contraddistingue la Médoc. Due pezzi da novanta, con la possibilità di privilegiare la 2011 in termini di dolcezza dei tannini, o la 2016 in caso di spazio libero – da occupare bene – in cantina.

 

  • Red 2019 Château Smith Haut Lafitte

Cabernet Sauvignon per il 59%, poi Merlot e un poco di Cabernet Franc e Petit Verdot. Vino che abbina in maniera esemplare frutto, freschezza e sapidità. Riempie il palato su tinte fruttate scure e lo stuzzica con un tannino sottilissimo, elegante e una vena sapido-minerale golosissima. In due parole, eleganza e potenza. Da vendere.

  • Château Petit Village 2017

Vino che rischia di pagare lo scotto tipico dell’annata successiva a quella considerata “eccezionale”. E invece no, nemmeno per idea. Settanta Merlot, 21 Cabernet Franc, 9 Cabernet Sauvignon, i numeri vincenti. Naso splendido, diviso tra succo e tensione, ciliegia e un tocco d’agrume che ricorda l’arancia sanguinella.

L’ossigenazione tratteggia pennellate ematiche e terrose capaci di ravvivare quel 50% di legno nuovo scelto in vinificazione. Al palato apre in perfetta corrispondenza. Spettacolare l’allungo, ancora una volta tra polpa e freschezza. In allungo, il tannino in cravatta gioca coi ritorni di fondo di caffè e le venature balsamiche. Buona vita davanti.

RIOJA
  • Rioja Doc 2011 Gran Reserva 904, La Rioja Alta

Tempranillo da vigneti di 60 anni (89%), completato da un 11% di Graciano. Colore che sfida il tempo: un bel rubino graffiato da unghie granata. Il naso è prezioso, ricco ed elegante. Abbina la polpa scura matura a quella rossa e più croccante, spaziando dalla mora alla ciliegia e dal ribes nero al lampone. Terziari molto ben integrati completano il quadro, conferendo profondità e balsamicità.

Sorso in perfetta corrispondenza, contraddistinto da tannini seducenti, A far da spina dorsale al sorso è un’elegante vena fresca, d’arancia sanguinella, che accosta le note speziate sino alla chiusura, asciutta. Se fosse Bordeaux, sarebbe un Saint-Julien. Uno di quei rossi che rimandano ad atmosfere confortanti. Soft rock.

  • Rioja Doc La Vicalanda Gran Reserva 2015, Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal

Bella coppia quella portata da Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal all’Encounters I – Bordeaux del Barrio de la Estación / Haro Wine Station. Viña Pomal Gran Reserva 2014 e La Vicalanda Gran Reserva 2015 sono vini molto diversi tra loro, per annata e per stile, che comunicano il savoir-faire enologico, oltre che la capacità di leggere il Tempranillo e le sue peculiarità in maniera esemplare.

Tra le due si fa comunque preferire La Vicalanda Gran Reserva 2015: vino elegante, che esalta la purezza dei primari del Tempranillo (qui in purezza ed allevato proprio ad Haro), nonostante l’affinamento in botti nuove di rovere francese d’Allier, per 24 mesi. Vino che viene immesso in commercio solo dopo ulteriori 36 mesi di “riposo” in bottiglia.

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