Dal 20 al 23 giugno a Saluzzo torna C’è Fermento, la kermesse dedicata alle birre artigianali. Curato dalla Fondazione Amleto Bertoni, in collaborazione con Città di Saluzzo e Condotta Slow Food del Marchesato di Saluzzo, il Salone delle birre artigianali si conferma uno degli appuntamenti più attesi e importanti del settore, un punto di riferimento per birrai, intenditori e amanti della birra.
In un unico grande spazio è possibile non solo conoscere le migliori birre artigianali del territorio e nazionali, ma anche incontrare i Mastri birrai che ne sveleranno segreti e curiosità sulla lavorazione, produzione e abbinamenti.
Tutto pronto per quella che si preannuncia come un’edizione speciale: il 2019 segna infatti il decennale di una manifestazione che negli anni è cresciuta e che è pronta ad accogliere il suo pubblico più affezionato, proveniente da tutto il Nord Italia e dalla Francia.
Dopo che nel 2018 sono stati raggiunti oltre 20.000 ingressi, quest’anno si punta a superarli, grazie anche ad un programma dedicato ad un pubblico ampio. Le parole d’ordine? Birra, decennale, formazione, ma anche convivialità con una proposta di street food, racchiuse tutte in un unico concetto: fermento!
Quattro giorni in cui la protagonista assoluta è la birra artigianale, sia regionale sia nazionale, ma non solo: ad essere infatti attesi nel cortile della ex Caserma Musso di piazza Montebello, per la prima volta nella storia della kermesse, ci sono tre Mastri Birrai provenienti dal Nord Europa (Belgio, Inghilterra e Germania), ospiti speciali dell’edizione numero dieci.
Saranno loro ad animare il Salone, insieme ai diciotto birrifici italiani che vanno dal nord al sud, attentamente selezionati dalla Guida alle Birre d’Italia Slow Food e da un comitato scientifico formato da Luca Giaccone e Francesco Nota.
BIRRA E STREET FOOD
Oltre 120 le birre alla spina presenti, affiancate da 12 cucine di strada, selezionate dalla Condotta del Marchesato di Saluzzo Slow Food, per offrire al pubblico un percorso di tutto gusto tra le cucine di nord e sud d’Italia.
Resta invariato invece l’ingresso gratuito al Salone e la formula di acquisto, esclusivamente tramite gettoni del valore di 2 euro l’uno, delle degustazioni di cibo e birra negli stand, che avviene attraverso il bicchiere di vetro griffato C’è Fermento, da poter poi portare a casa come ricordo dell’esperienza.
Accanto a percorsi tematici e ai momenti di approfondimento organizzati da Union Birrai rivolti sia agli intenditori sia a semplici appassionati e curiosi, C’è Fermento propone un calendario di appuntamenti OFF: eventi collaterali, musica diffusa e live con la partecipazione di Radio Beckwith, laboratori e visite sul territorio che coinvolgono un pubblico molto eterogeneo, per luogo di provenienza ed età.
C’è Fermento si conferma anche quest’anno family friendly grazie alla collaborazione con il Ludobus Proposta 80 che offre uno spazio gioco e attività per i più piccoli.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Se l’area nord-ovest di Milano non è famosa per la tradizione vitivinicola, altrettanto non si può dire dal punto di vista brassicolo.
Fra Milano e Varese hanno infatti sede non solo due importanti multinazionali della birra (AB InBev di Gallarate e Carlsberg Italia a Lainate), ma anche molti microbirrifici, brew pub e brew firm.
Ci occupiamo oggi proprio di una birra artigianale milanese, più esattamente di Legnano. Si chiama Adorable ed è una saison prodotta da Hoppy-Hobby Beer farm.
LA DEGUSTAZIONE
Colore dorato leggermente velato, di una velatura uniforme. Schiuma bianca, compatta, abbastanza persistente. Il naso fine, non troppo inteso, apre immediatamente su note fruttate. Frutta bianca, pesca ed albicocca, ed una nota agrumata di scorza d’arancia. Poi spezia morbida come pepe bianco.
In bocca è scorrevole. Di corpo medio e carbonazione fine, quasi setosa. Accompagna bene il sorso ricordando le stesse sensazioni del naso ma con in più una piacevole freschezza che la rende molto beverina.
Ottima birra “di facile beva” può regalare momenti piacevoli condita con amici e quattro chiacchiere ma anche dare soddisfazione a tavola con piatti di mare o, perché no, con carni bianche.
BEER FARM
Nato circa un anno fa, Beer Farm “Hoppy-Hobby” si configura come un vero e proprio laboratorio artigianale. Piccole dimensioni, produzioni contenute, automazione dell’impianto ridotta ai minimi termini.
Scelte compiute per svariati motivi, non ultimo il desiderio di trasferire nelle proprie birre quel sentimento di “genuinità domestica” di cui moto spesso si parla, ma che non sempre trova effettivo riscontro nelle produzioni.
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ROMA – Tutelare la birra artigianale a salvaguardia dei consumatori e promuoverne la filiera. Accordo raggiunto su più fronti tra l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e l’Associazione Unionbirrai, che raggruppa i Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani (PBII) e i piccoli produttori.
Una collaborazione che si sviluppa dalla definizione stessa di “birra artigianale”, sancita dalla legge 154/20165: “La birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”.
Nello specifico, l’accordo riguarda la condivisione delle linee guida volontarie per gli associati ad Unionbirrai, relativamente alle pratiche di microfiltrazione e ai processi produttivi, l’attività di formazione a beneficio di produttori e consumatori, e soprattutto la possibilità di segnalare all’ICQRF abusi nell’uso della denominazione “Birra artigianale”.
Alla luce del notevole successo che sta riscuotendo la birra artigianale in Italia, con questa collaborazione, il Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo intende valorizzare e riconoscere tutte le realtà grandi e piccole della filiera, promuovere i produttori italiani e sensibilizzare i consumatori di fronte alle eccellenze del nostro Paese.
UN 2018 DA INCORNICIARE
Un accordo che arriva a pochi giorni dalla riduzione delle accise per i birrifici artigianali, ormai in fase di approvazione definitiva con la Legge di Bilancio 2019. Una chiusura d’anno positiva, dunque, per l’intero movimento della birra non “industriale”.
A confermarlo sono i dati forniti da Coldiretti. I birrifici artigianali erano poco più di 200 nel 2008. Oggi, in Italia, sono oltre 860. Tradotto: + 330%. Con una produzione annuale stimata in 55 milioni di litri. L’approvazione dell’emendamento prevede una riduzione delle accise del 40% per chi produce fino a 10 mila ettolitri all’anno.
A spingere la nascita di nuove attività sono i consumi di birra, diventati negli anni sempre più raffinati e consapevoli. Con la ricerca di varietà particolari e numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo. Ma c’è anche quella alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Facilmente reperibile in lattine da mezzo litro presso i punti vendita Lidl, PerlenbacherHefeweissbier (o Wheat Beer) è ora sotto la nostra lente di ingrandimento.
LA DEGUSTAZIONE
Di colore dorato torbido, come una hefe Weiss dovrebbe essere. Schiuma bianca e fine ma poco persistente.
Naso non molto inteso in cui spiccano note di grano ed agrumate di pompelmo cui seguono delicati sentori di banana e vaniglia. In bocca il corpo è leggero e beverino, tipico dello stile.
Buona freschezza ed amaro del luppolo poco marcato che gioca a nascondino con la dolcezza dei cereali.
Non molto persistente lascia la bocca pulita. Una birra semplice e non molto strutturata che non disdegna di essere assaggiata. Ottima da sola nella semplicità di una bevuta rinfrescante può essere buona compagnia di piatti a base di carni bianchi non troppo saporite.
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Erano poco più di 200 nel 2008. Oggi, in Italia, i birrifici artigianali sono oltre 860. Tradotto: + 330%. Con una produzione annuale stimata in 55 milioni di litri. Ed è di oggi l’approvazione dell’emendamento che sostiene i birrai artigianali, prevedendo una riduzione delle accise del 40% per chi produce fino a 10 mila ettolitri all’anno.
A spingere la nascita di nuove attività sono i consumi di birra, diventati negli anni sempre più raffinati e consapevoli. Con la ricerca di varietà particolari e numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo. Ma c’è anche quella alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso.
La birra, come sottolinea la Coldiretti, piace a quasi la metà degli italiani adulti con un consumo pro capite medio di 31,8 litri all’anno. Il più alto di sempre, con una spesa totale delle famiglie che nel 2018 si stima raggiungerà per la prima volta il miliardo di euro. Una cifra calcolata sulla base del trend di crescita del primo semestre.
La birra artigianale rappresenta anche una forte spinta all’occupazione, soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore. Grazie alla spinta young sono state introdotte profonde innovazioni: dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità distintive o forme distributive innovative.
Sono un esempio i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica di Coldiretti. Stanno nascendo anche nuove figure professionali come il “sommelier delle birra“, che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne, tramite opportune tecniche di osservazione e degustazione, i caratteri principali di stile, gusto, composizione, colore, corpo, sentori a naso e palato.
Ma anche di individuarne gli eventuali difetti, oltre a suggerire gli abbinamenti ideali delle diverse tipologie di birra con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci. La birra è sempre più bevanda da degustazione, con richiami al territorio e al Made in Italy. Due caratteristiche evocate, non sempre a proposito, da etichette e pubblicità anche di grandi marchi industriali.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
PIACENZA – Non solo ottimi vini al Mercato dei Vignaioli Indipendenti Fivi 2018. Vinialsuper ha scovato qualche chicca anche tra i distillati e le birre in degustazione lo scorso weekend a Piacenza.
LE GRAPPE
Intensa e vinosa al naso la Grappa monovitigno Barbera “L’Audace” di Vigneti L’Annunziata. Figlia di viticultura Bio ed ottenuta da un singolo vigneto degli anni ’60 si presenta limpida e con chiare note fruttate al naso.
Grappa di corpo avvolge il palato durante il sorso in modo vellutato. Buona persistenza ricca di note in accordo col naso.
Molto elegante la Grappa di Vino Nobile di Montepulciano de Il Molinaccio. Distillata dalla pluripremiata distilleria Nannoni di Paganico coinvolge cui suoi profumi floreali ed erbacei. Fiori bianchi, erba tagliata e fieno. In bocca è setosa con alcol molto ben integrato e per nulla fastidioso.
Dalle Lipari Fenech propone due versioni della proprio Grappa di Malvasia delle Lipari: bianca ed affinata. È la seconda a sorprendere maggiormente: a fianco dei sentori floreali e fruttati presenti anche nella versione bianca si avverte una spezia dolce e soprattutto una nota mentolata che dona freschezza all’intero bouquet.
Pojer e Sandri presentano una grappa monovitigno di Traminer ed un Brandy, entrambi distillati internamente. Pulita ed aromatica la grappa mentre il Brandy, etichettato come “Acquavite Di Vino“, è un prodotto di grande eleganza in cui l’affinamento il legno non toglie né copre il corredo “vinicolo” dei profumi.
LE BIRRE Due le birre che segnaliamo. Prima fra tutte “Volpe Spaziale” del Birrificio Stuvenagh (l’anima brassicola della cantina Castello di Stefanago). Si tratta di una IGA (Italian Grape Ale) su base Saison cui viene aggiunto mosto di Riesling.
Colore dorato e schiuma bianca è una birra acidula e rifrescante il cui naso gioca a nascondino fra fiori e spezie. Una birra complessa al ma contempo di facile beva.
Al proprio banchetto De Tarczal presenta Inclusio Ultima. Sviluppata con Birrificio Italiano è una birra a bassa fermentazione con aggiunta di luppoli in fiore in bottiglia per la rifermentazione e prodotta come un Metodo Classico: remuage e sboccatura per eliminare i lieviti ed aggiunta di liqueur d’expedition (in questo caso mosto).
Ne risulta una birra di grandissima eleganza. Dorata e con schiuma persistente porta in se un bagaglio aromatico fatto di crosta di pane, erbaceo fresco e frutta fresca. In bocca grande equilibrio fra la morbidezza e l’amaricante dei luppoli. Non lunghissima la persistenza, Inclusio Ultima lascia riscoprire nel retro olfattivo tutti i propri profumi.
gaiogaio calabretta 225×300
Prosecco di Valdobbiadene Superiore Docg 2016 Bosco di Gica Adami 300×200
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Oktoberfest, la più famosa festa della birra al mondo, inizia oggi, 22 settembre, a Monaco di Baviera. Un’occasione ghiotta per i supermercati per proporre birre in offerta, non solo tedesche.
Alcune catene (Tigros, Famila, Auchan, Pam, Carrefour) presentano riferimenti all’Oktoberfest già nei volantini in corso. Sono solo 6 i birrifici storici di Monaco di Baviera autorizzati ad etichettare la loro birra tipo Marzen come Oktoberfestbier: Paulaner, Spaten, Hofbräu (noto anche come HB), Hacker-Pschorr, Augustiner e Löwenbräu.
I PREZZI A VOLANTINO HB Oktoberfestbier compare, in bottiglia da 50 cl, sui volantini Tigros a 1,19 euro e Famila a 0,79 euro. Più articolata l’offerta di Paulaner presente in bottiglia da 50 cl, lattina da 50 cl e lattina+boccale da 1 litro.
Bottiglia presente in Tigros e Famila allo stesso prezzo (1.29€), non così invece la Lattina da 50cl proposta da Tigros (1,19 euro), Famila (0.69 euro) ed Auchan (1,39 euro). Litro+boccale presente in Tigros a 7,90 euro, Pam 8,90 euro e Carrefour 9,95 euro.
Se Famila fa meglio di Tigos su HB, la situazione si inverte su Löwenbräu la cui bottiglia da 50 cl è in offerta da Tigros a 1.19 euro e da Famila a 1,49 euro. Il birrificio più presente è Spaten, la cui bottiglia da 50 cl è in promozione da Tigros e Carrefour a 1,19 euro, da Auchan a 1,29 euro e da Famila a1,49 euro.
L’OKTOBERFESTBIER
La birra dell’Oktoberfest è una birra tipo Marzen, cioè un pale lager a bassa fermentazione tradizionalmente prodotta a marzo (da cui il nome) al termine della stagione brassicola. Birra di medio corpo ha note più marcatamente maltate rispetto alle lager e meno luppolato delle pils.
Qualitativamente le 6 oktoberfestbier di Monaco sono paragonabili e decretare la migliore è questione di gusto personale. Liberi quindi di acquistare in base al prezzo, alla fiducia del punto vendita, al gusto o anche alla volontà di provare l’offerta di Paulaner per bere la propria birra da un boccale da litro, così come viene servita nei tendoni dell’Oktoberfest.
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Bacco Bacalà e birra artigianale a Sandrigo 1024x628 3
Bacco e Bacalà, e dunque vino e baccalà, si incontrano a Sandrigo. L’appuntamento è per domenica 23 settembre 2018 dalle 15.30 alle 21.30 a Villa Mascotto ad Ancignano di Sandrigo (Vicenza), con la quarta edizione dell’ormai tradizionale banco d’assaggio.
L’evento, organizzato dalla Pro Sandrigo e da AIS Veneto, porterà nelle sale e nel parco della villa il piatto della tradizione vicentina, proposto in abbinamento ad oltre centocinquanta etichette italiane ed estere e, per la prima volta, anche alle birre artigianali.
In degustazione sarà possibile trovare alcuni autoctoni come il Tai Rosso delle aziende Agricola Nani e Dal Maso, il Torcolato e il Vespaiolo delle cantine della Doc Breganze (Beato Bartolomeo, IoMazzuccato, Cà Biasi, Maculan, Le Vigne di Roberto, Col Dovigo e Faresin Società Agricola).
Si potranno assaggiare anche i vini delle Selezioni Roberta Moresco, sommelier e imprenditrice marosticana, ed etichette provenienti da grandi territori italiani vocati alla viticoltura come la Franciacorta e il Friuli, ma anche da Sicilia e Toscana, oltre che da alcune cantine francesi e slovene.
LA BIRRA
I sei birrifici artigianali che proporranno in degustazione i loro prodotti saranno Il Maglio, La Gastaldia, B2O, Il Grillo e Campobiondo, che presenterà Brezza e Mistica, una bionda e un’ambrata create appositamente per l’abbinamento ai piatti a base di stoccafisso, provenienti dal Veneto e il birrificio Bire Tosolini dal Friuli.
Incluse nel biglietto d’ingresso i visitatori potranno assaggiare tre specialità preparate con il bacalà: la pizza al Bacalà, il Bacalà mantecato e il Bacalà alla Vicentina con la polenta.
I biglietti sono disponibili in prevendita online sul sito www.festadelbaccala.com/bacco-e-baccala al costo di € 16. Acquistando direttamente il biglietto agli uffici della ProSandrigo (in Viale Ippodromo, 11 a Sandrigo) o all’ingresso della manifestazione (salvo esaurimento dei posti disponibili) il costo sarà di € 15.
Il biglietto comprende il kit degustazione con calice e tracolla porta calice, l’accesso a Villa Mascotto e al Parco, degustazioni illimitate di vino e i tre assaggi gastronomici.
Ci sarà inoltre la possibilità di degustare formaggi tipici del territorio e tutta la giornata sarà animata da intrattenimento musicale. Per info: info@prolocosandrigo.it – 0444 658148
Info in breve | BACCO & BACALÀ
Data: domenica 23 settembre 2018
Orario: Dalle 15.30 alle 21.30
Luogo: Villa Mascotto, Via Chiesa 1, Ancignano di Sandrigo (Vicenza)
Biglietto: € 16 in prevendita online. € 15 se acquistato agli uffici della ProSadrigo (Viale Ippodromo 11, Sandrigo) o direttamente il giorno stesso, all’ingresso della manifestazione, salvo esaurimento dei posti disponibili.
Comprende bicchiere, degustazioni illimitate, kit degustazione con calice e tracolla portacalice, accesso a Villa Mascotto e al Parco, uno spicchio di pizza al Bacalà, un crostino con Bacalà mantecato e un finger food di polenta e Bacalà alla Vicentina
Contatti e prevendite: Pro Loco Sandrigo | telefono 0444 658148
mail info@prolocosandrigo.it | sito festadelbaccala.com
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Preannunciata dagli spot pubblicitari con lo chef Alessandro Borghesedi cui ci eravamo occupati, Leffe Ambrée è finalmente sotto la nostra lente di ingrandimento.
LA DEGUSTAZIONE Si presenta di un bel colore ambrato carico, pieno, con riflessi ramati. Al naso note dolci di malto e fresche d’agrumi. In bocca entra morbida e scorrevole. Non troppo calda nei sui 6,6%.
Oltre agli agrumi in bocca emergono anche una piacevole speziatura ed una leggera tostatura. La nota amaricante del luppolo si percepisce solo nel finale e durante la persistenza non lunghissima.
Una birra semplice ma gustosa che può trovare svariati ruoli negli abbinamenti gastronomici. Sufficientemente scorrevole da scivolar via con degli aperitivi e con un corpo leggero che può accompagnare piatti di carne bianca o anche di carne rossa “non impegnativi”.
LEFFE Fondata nel 1152 a Leffe, oggi quartiere di Dinant in Vallonia, l’abbazia di Notre Dame de Leffe iniziò a produrre birra nel 1240 con lo scopo di ottenere una bevanda sana in un periodo di continue e pericolose epidemie. L’abbazia conobbe periodi di crescita e splendore fino alla rivoluzione francese, periodo nel quale il birrificio venne distrutto.
La produzione di birra ripartì solo nel 1952 grazie alla collaborazione con un birrificio di Bruxelles, birrificio successivamente acquisito dalla multinazionale AB InBev (leader mondiale della produzione di birra). Seppur non più prodotte nel monastero le birre Leffe mantengono una loro precisa identità.
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POLLENZO – L’alimentare è il settore traino del nostro Paese, e cresce con un tasso di variazione che supera il doppio (+3,6%) del PIL italiano (+1,5%). Restano notevoli differenze tra i comparti e le migliori performance di crescita se le aggiudicano i settori del caffè, food equipment (macchine ed attrezzature per la produzione alimentare), distillati e vino.
Questo emerge dall’Osservatorio sulle prestazioni delle aziende italiane del settore agroalimentare, elaborato dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il sostegno di Gruppo Banca del Ceresio.
Il Food Industry Monitor è stato presentato a Pollenzo di fronte a una platea di imprenditori e manager di settore, operatori del mercato finanziario, rappresentanti del mondo istituzionale, ricercatori e operatori della comunicazione.
A presentare e discutere i dati, i relatori dello studio: Carmine Garzia, coordinatore scientifico dell’Osservatorio e Professore di Management presso UNISG; Michele Fino, Professore di Diritto presso UNISG; Gabriele Corte, Direzione Generale Gruppo Banca del Ceresio; Carlo Petrini, Presidente UNISG e Fondatore Slow Food; Oscar Farinetti, Presidente Eataly; Gabriele Noberasco, Presidente Noberasco.
E ancora: Gianmario Cillario, Managing Director Eurostampa (leader mondiale nella produzione di etichette, vanta il primo centro d’innovazione e design del settore presente con siti produttivi anche in Scozia, Francia, Ohio, California e Messico); Franco Costa, Costa Group (il suo polo tecnologico comprende la produzione di tutte le parti tecniche dell’arredo di settore, dislocata su vari dipartimenti: ferro, legno, vetro, alluminio e resina.
Tra i suoi clienti, i grandi brand internazionali: Autogrill, MyChef/Chef Express, LVMH – La Grande Epicerie de Paris, Barilla, Rana, Ferrero , CioccolatItaliani e molti altri), Alessandro Santini, Head Corporate Advisory Gruppo Banca del Ceresio; Marta Testi, Head of ELITE Growth Europe (piattaforma internazionale di servizi integrati creata per supportare le imprese nella realizzazione dei loro progetti di crescita).
La quarta edizione del Food Industry Monitor presenta i dati economici e competitivi di 815 aziende per un fatturato aggregato di circa 61 miliardi di Euro rappresentative del 71% delle società di capitali operanti nel settore Food italiano.
L’analisi è stata sviluppata prendendo in esame 15 comparti, per ciascuno dei quali è stato selezionato un campione rappresentativo di aziende di medie e grandi dimensioni che hanno sede e operano in Italia. I comparti analizzati sono: acqua, birra, caffè, conserve, distillati, dolci, farine, food equipment, latte e derivati, olio, packaging, pasta, salumeria, surgelati e vino.
Lo studio focalizza l’analisi su un periodo di 8 anni (2009-2016) e analizza l’evoluzione delle performance dei singoli comparti e dell’intero settore food in relazione all’evoluzione dei principali settori dell’economia italiana. Per l’analisi sono stati considerati 4 profili principali: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria.
“L’industria italiana del food emerge come un settore dall’elevata capacità di creare valore aggiunto, come avviene nel lusso, un altro settore di eccellenza del made in Italy. Le aziende del food italiano creano valore aggiunto con il brand, l’innovazione e le scelte in materia di distribuzione e promozione. Il confronto intersettoriale conferma le ottime performance del settore agroalimentare”, ha spiegato Carmine Garzia, relatore dello studio, coordinatore scientifico dell’Osservatorio e Professore di Management presso UNISG.
Il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2016 è superiore a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES). “I nostri modelli – ha concluso Garzia – ci confermano anche per il 2018-2019 una crescita in linea con quanto registrato finora ed un trend estremamente positivo per l’export”.
“La nostra industria agroalimentare possiede un know-how di prodotto e di processo unici, che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione. La redditività commerciale, come sottolinea lo studio, ha subito una lieve contrazione nel 2017 (4,2%), tuttavia si rileva una buona tenuta della struttura finanziaria sostanzialmente invariata dal 2016 al 2017”, ha commentato Alessandro Santini, Head Corporate Advisory Gruppo Banca del Ceresio.
“In questo senso la finanza può e deve essere al servizio dello sviluppo e dell’internazionalizzazione delle imprese italiane: uno strumento chiave e potenzialmente vincente”.
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ROMA – Dalla collaborazione tra Birra Peroni e CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, nasce oggi a Roma Campus Peroni, una nuova realtà per la formazione e l’innovazione sui due pilastri della “qualità Peroni”: la coltivazione sostenibile dell’orzo distico da birra e il Malto 100% Italiano, ingrediente principale della birra nata nel 1846.
Un centro d’eccellenza per la promozione e la diffusione della cultura della qualità e della sostenibilità in ambito agricolo e cerealicolo.
Attraverso Campus Peroni, l’azienda birraria si pone un ambizioso obiettivo: “Coltivare la cultura della qualità fin dai banchi di studio e sviluppare ulteriori attività di formazione a favore dell’intera filiera”.
Un’oportunità in più anche per i 1.500 agricoltori della filiera Peroni, ad oggi al lavoro su circa 17 mila ettari di campi coltivati ad orzo tra Umbria, Lazio, Toscana, Molise, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche, Campania e Puglia.
Nell’ambito di Campus Peroni saranno anche loro, infatti, ad essere coinvolti nel Master di I livello in Agricoltura di Precisione istituito dall’Università di Teramo, in collaborazione con lo stesso CREA.
I DETTAGLI Il progetto è stato presentato oggi alla presenza del Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Alessandra Pesce. Sono intervenuti Salvatore Parlato, Presidente del CREA, Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne Birra Peroni e Chiara Di Pietro, Brand Manager Peroni Family.
Grazie al protocollo d’intesa firmato tra Birra Peroni e CREA vengono messe a sistema e implementate le iniziative di formazione e training che Birra Peroni sviluppa a sostegno della sua filiera agricola, con l’obiettivo di migliorare la qualità e le performance ambientali della produzione cerealicola.
“Il progetto presentato oggi ricalca nei suoi obiettivi il modello virtuoso di scambio tra ricerca, formazione e produzione”, ha dichiarato il Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Alessandra Pesce.
“È il modello che ci consente di guardare con fiducia all’agroalimentare del futuro – ha aggiunto Pesce – che, grazie a una stretta integrazione tra innovazione, trasferimento e nuove generazioni, è in grado di innalzare la competitività e la sostenibilità delle produzioni”.
“Questa iniziativa si pone come strumento per la valorizzazione dell’intera filiera nazionale, sostenendo il miglioramento qualitativo dell’orzo e del luppolo italiano, evitando la loro importazione e garantendo il massimo della trasparenza per i nostri consumatori, sempre più attenti alla provenienza delle materie prime e alla qualità del prodotto”, ha concluso il Sottosegretario.
I PARTNER: DALLE UNIVERSITA’ AGLI AGRICOLTORI Per quanto riguarda l’implementazione della cultura della qualità, hanno già aderito a Campus Peroni i Dipartimenti di Scienze Agrarie delle Università di Firenze, Università di Perugia, Università di Teramo e Università della Tuscia i cui studenti avranno la possibilità di seguire un percorso didattico che prevede momenti di lezione frontale, workshop e visite “sul campo”.
Con la partecipazione degli stessi agricoltori della filiera, che agiranno come veri e propri tutor, gli studenti potranno dunque apprendere tecniche e modelli della coltivazione dell’orzo distico da birra, del processo di maltazione e la gestione di una moderna azienda agricola.
Attraverso Campus Peroni, quindi, l’esperienza maturata dalla filiera agricola Peroni e nella produzione del Malto 100% Italiano diventa patrimonio condiviso anzitutto con le nuove generazioni, con le radici ben piantante nella storia e nella tradizione, ma in un’ottica di sviluppo futuro, ricerca e innovazione.
“L’iniziativa di oggi – ha dichiarato Salvatore Parlato, Presidente del CREA – rappresenta l’inizio di una proficua collaborazione con Birra Peroni, orientata alla valorizzazione delle produzioni italiane in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale”.
Si tratta di un nuovo importante tassello nell’ambito della ricerca sulla filiera della birra, che il CREA sta svolgendo già da qualche anno, che sarà arricchita dall’attività di formazione agli studenti universitari e dalla consulenza alle imprese.
“La filiera orzo birra – ha aggiunto Parlato – richiede l’uso di varietà di orzo appositamente selezionate e adatte alle condizioni pedoclimatiche italiane così come l’uso di tecnologie di precisione per la gestione e il monitoraggio delle colture, utilizzando anche sistemi di integrazione di dati diversi, compresi quelli meteorologici”.
Parlato ha ricordato poi che “il CREA è l’unico ente di ricerca in grado di fornire tutto il know-how necessario per la valorizzazione della filiera orzo-birra italiana”.
IL KNOW HOW PERONI “Da anni lavoriamo a stretto contatto con la rete degli agricoltori della nostra filiera che supportiamo anche attraverso attività di formazione finalizzate a migliorare la sostenibilità e la resa delle colture”, ha detto Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne Birra Peroni.
“Sotto questo profilo – ha aggiunto – abbiamo voluto mettere a condividere il nostro know how con alcune tra le più importanti università italiane con le quali vogliamo impegnarci, insieme al CREA, nella diffusione e promozione della cultura della qualità, un tassello fondamentale per la crescita e l’affermazione del Made in Italy”.
“La qualità Peroni – ha detto Chiara Di Pietro, Peroni Family Brand Manager – nasce e cresce durante quel percorso che lega la passione dei nostri agricoltori, che lavorano per produrre l’orzo che diventerà poi Malto 100% Italiano, all’esperienza dei mastri birrai che forgia le caratteristiche uniche della nostra birra”.
“Un prodotto pensato, fatto e amato in Italia – ha precisato Di Pietro – un simbolo di convivialità e dello stare insieme, ma anche di legame con i territori e con le persone che, giorno dopo giorno, danno il loro meglio per far arrivare sulle tavole degli italiani una birra che unisce le generazioni nel segno della qualità e dell’italianità”.
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La Saison Cazeau è una birra belga, prodotta secondo lo stile Saison, originario del Belgio, ma oggi diffuso in varie parti del mondo.
LA DEGUSTAZIONE Di colore dorato chiaro ed opalescente nel calice la schiuma è presente ed è discretamente persistente.
Al naso, appena versata, si mostra subito con una prorompente nota floreale intensa che però tende a sparire nel breve tempo.
In bocca la sensazione floreale è coperta da sensazioni agrumate acerbe che intensificano un amaricante persistente. Con una carbonazione non spinta, ma adeguata si lascia bere in scioltezza complice una gradazione modesta (5% di alcol in volume) ed un corpo davvero esile. Sufficientemente equilibrata, nel complesso risulta apprezzabile, ma non eccelsa.
Per la Saison Cazeau sono stati utilizzati tre luppoli, Norther Brewer, Fuggles e Sterling combinati all’aroma di fiori di sambuco. 32 ebu il grado di amarezza.
IL BIRRIFICIO
La storia del birrificio Cazeau parte nel lontano 1753 a Templeuve, in Vallonia. Tra passaggi di mano a figli e nipoti la svolta avviene nel 1892 sotto la guida di Arthur e Charles Agache che avviano un vero e proprio sviluppo commerciale. Con la prima guerra mondiale arriva una battuta di arresto e il birrificio diventa addirittura un deposito di armi tedesco.
Dopo aver ripreso l’attività, il birrificio nel 1969 si converte ad attività di mera distribuzione ed è solo nel 2004 che Laurent Agache erede della famiglia decide di far ripartire la brasserie lanciando, il 1 maggio dello stesso anno, “Tournay Blonde”.
La Saison, prodotta dal 2008 è la penultima nata in casa Cazeau che produce, ad oggi, una gamma di 5 birre artigianali.
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L’Oltrepò Pavese non è solo terra di grandi vini, ma anche di buone birre. Ne è un esempio il Birrificio Stüvenagh di cui oggi assaggiamo “Madamigella MutMut”.
LA DEGUSTAZIONE Color rosso ramato con riflessi tendenti al mogano. Schiuma bianca, fine, mediamente persistente. Al naso svela subito una certa dolcezza con sentori floreali e di frutta disidratata (albicocca e dattero). Leggera nota speziata.
L’ingresso in bocca è morbido. Poco amara avvolge il palato con una bella rotondità pur nella sua grande scorrevolezza e facilità di beva. In bocca ritornano le sensazioni fruttate accompagnate da una bella nota di malto. Anche qui una leggera spezia accompagna la degustazione. Buona la persistenza.
Una birra pulita ed equilibrata, ottima compagna a tavola si accosta bene a formaggi mediamente stagionati o salumi saporiti. Interessante potrebbe essere anche un incontro col dessert a fine pasto.
MADAMIGELLA MUTMUT Alta fermentazione in stile Strong Ale, 6.5%, per questa ricetta di Birrificio Stüvenagh. In fermentazione viene aggiunto miele millefiori prodotto in azienda, da qui probabilmente deriva parte della sua morbidezza ed il bel sentore floreale.
“Miele millefiori prodotto in azienda” perché questa è la filosofia aziendale. Incastonato nell’Oltrepò in mezzo a prati e vigneti, Stüvenagh è una sorta di azienda agricola biologica che coltiva l’orzo, i cerali e il coriandolo con cui si producono le birre.
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Pilsner Urquell è la prima birra chiara al mondo, prodotta da 174 anni con la stessa ricetta, solo a Plzen, in Repubblica Ceca. Protagoniste, durante il Vinitaly, saranno le caratteristiche wooden barrel, le originali botti in legno da 25 litri, realizzate a mano dai mastri bottai di Pilsner Urquell.
Considerato il successo che hanno riscosso l’anno scorso, il ritorno delle botti si prospetta anche per questa edizione di Vinitaly un evento molto speciale perché questa birra “craft”, non filtrata e non pastorizzata, si può normalmente degustare solo nelle cantine della fabbrica di Plzen. L’occasione è data dalla volontà di festeggiare la presenza, a Vinitaly, della uperpremium Business Unit di Birra Peroni e le sue speciali referenze, dando modo ad addetti ai lavori e ai consumatori di assaggiare questa Pilsner Urquell proprio come si fa nelle cantine di Plzen.
Tutto questo è possibile, mantenendo la freschezza del prodotto, grazie a consegne speciali che partiranno, direttamente dalla fabbrica, appena prima dell’evento, perché questa birra cruda ha una vita di pochi giorni (scadenza 5 giorni dal confezionamento).
LE BIRRE DI VINITALY Il pubblico avrà quindi la possibilità di assaggiare Pilsner Urquell, nella sua versione non filtrata e non pastorizzata, solo domenica 15 e lunedì 16 aprile alle ore 12. L’appuntamento è al Pad C, stand C46.
Insieme a Pilsner Urquell, la “Superpremium Business Unit” di Birra Peroni, che, dal 2011 segue con successo Pilsner Urquell e i brand Superpremium del Gruppo, proporrà altre interessanti referenze.
A partire dalla una novità firmata Meantime: ANYTIME, una APA in Limited Edition. Una American Pale Ale (4,7%alc.) dal gusto rinfrescante, dall’amarezza contenuta e con un finale pulito e asciutto. Disponibile esclusivamente in fusto da 16lt.
Meantime è, insieme a Fuller’s, uno dei marchi inglesi più interessanti a livello internazionale. Di Meantime sono già in commercio quattro referenze, London Pale Ale, India Pale Ale, Yakima Red e London Trip.Hop.
Fuller’s è presente tra le birre della gamma con London Pride (con la possibilità di spillarla a pompa, come nello stile tradizionale inglese) Golden Pride e la India Pale Ale e la Porter.
Non mancherà nemmeno Grolsh Lager, la Premium Lager olandese prodotta con la stessa ricetta di 400 anni fa con due luppoli: il primo, aggiunto all’inizio del processo, che le conferisce il gusto intenso, e il secondo, alla fine, che la rende fresca e aromatica.
Insieme a Pilsner Urquell sarà dunque possibile degustare la gamma completa delle referenze, di grande rilievo nel panorama birrario internazionale, che fanno parte del bouquet.
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Olandese quanto i tulipani, Hertog Jan è una birra che negli ultimi anni è reperibile anche in Italia, anche se in modo timido ed altalenante. Abbiamo avuto la fortuna di degustare per voi la versione Dubbel.
LA DEGUSTAZIONE Hertog Jan Dubbel è una birra che si inserisce nella grande tradizione delle “dubble” belghe brassate anche in territorio olandese.
Colore bruno dai bei riflessi rosso-ramati e sormontata da una schiuma bianca soffice e mediamente persistente. Al naso giunge subito una piacevole nota maltata che si completa su sentori di frutta secca e spezie dolci.
In bocca la luppolatura è delicata e non eccessiva, e così la leggera nota amara lascia spazio alla morbidezza del malto caramello. Ritorno delle spezie, delicate, nel finale ad accompagnare la persistenza, lunga a sufficienza per assaporare le sfumature della birra.
Da servire in calici aperti tipo trappista, può accompagnare piatti di carne rossa non eccessivamente saporiti o diventare compagna di meditazione.
IL BIRRIFICIO Hertog Jan Brouwerij è un birrificio olandese di lunga tradizione, che avuto vicende alterne che lo hanno portato finanche a cambiare sede, da Deest (dove fu fondato) alla cittadina di Arcen en Velden.
Ma fu negli anni ottanta che ebbe la sua riscossa divenendo uno degli attori più importanti nella rinascita della cultura della birra in Olanda. Acquisito nel 1995 dalla multinazionale AB InBev è ulteriormente cresciuto divenendo uno dei marchi più noti nel Nord Europa.
Una curiostà: il nome Hertog Jan, ovvero “Duca Giovanni”, è dedicato alla figura storica del Duca Giovanni I di Lorena e Brabante detto Il Vittorioso.
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DUSSELDORF – Oltre 70 espositori provenienti da 15 Paesi presenteranno, in un proprio padiglione (il 7.0) birre, sidri e altre bevande alcoliche.
Per la prima volta, nel contesto della mostra speciale “Same but different”, la gamma dei temi Craft Spirits, Craft Beer & Cider (Bevande alcoliche artigianali, birre artigianali e sidri) si troverà al centro della particolare attenzione della ProWein.
“Queste bevande creative svolgono un ruolo sempre più importante negli ambienti dei bar urbani, nella gastronomia di tendenza e nel commercio specializzato, includendo sempre più nuovi gruppi di acquirenti – non solamente in Germania ma anche in campo internazionale”, dichiara Marius Berlemann, Global Head Wine & Spirits e Direttore della ProWein.
“Era ovvio quindi riprendere questo argomento alla ProWein e prepararle un grande palcoscenico. Non ci saremmo mai aspettati una risonanza così positiva”, afferma Marius Berlemann. I fornitori di Craft Spirits, Beer und Cider provengono dal Belgio, Germania, Francia, Italia, – ma anche da paesi d’oltremare come Australia, Cile, Perù o Sud Africa.
IL MONDO NEL BICCHIERE
Il tema principale, con 40 espositori, risulta essere quello dei Craft Spirits. Tra questi si troveranno alcuni protagonisti del ramo tra cui “Revolte Rum” del Maestro Distillatore Felix Georg Kaltenthaler o la “Siegfried Rheinland Dry Gin” con la sua gamma di gin artigianali.
Anche il Perù è rappresentato, con la sua bevanda nazionale peruviana Pisco. Non solamente dalla Scozia o dall’Irlanda arriveranno whisky selezionati a mano: anche la Svezia – finora non presente nel campo dei whisky – sta facendo sempre più un nome in questo mercato e questo già dal 1999.
Nella città svedese di Gävle si trova la Destillerie Mackmyra, che per esempio in occasione del 40° anniversario del gruppo britannico Rockband ha portato sul mercato con “Motörhead Whisky” in una edizione limitata, uno speciale Single Malt.
Inoltre nel padiglione 7.0 i visitatori della ProWein troveranno una raffinata selezione di circa 10 espositori di Sidro. In questo campo è la Francia a dare il tono con le sue composizioni perlate e secche, seguita dall’Irlanda, dall’Australia e dalla Germania.
BIRRA ARTIGIANALE Per gli specialisti che vorranno informarsi sulla birra artigianale saranno a disposizione informazioni alla mostra speciale “Same but different”. Circa 20 espositori provenienti da sette paesi presenteranno le loro creazioni di luppolo.
Una nuova generazione di birrai tratta in modo nuovo la lavorazione con lieviti, malto e luppolo; gli archivi vengono rovistati, vengono riscoperti usi storici e regionali di birre che, sul bollitore, vengono interpretati in chiave moderna.
Ottimi indirizzi alla ProWein sono per esempio “Craftwerk” (Padiglione 7.0, Stand D 35), una divisione della Bitburger Brauerei oppure la Birreria Artigianale di Amburgo con “von Freude” (Padiglione 7.0, Stand D 19).
Anche nelle nazioni prettamente a storia vinicola come l’Italia e la Francia, i fabbricanti di birra, si son fatti già un nome con le loro birre da buongustai, come ad esempio la “Birra Antoniada“ (Interbrau; Padiglione 7.0, Stand D 24), “Meteor” (Brasserie Meteor; Padiglione 7.0, Stand D 28) e la “Brasserie Alaryk” (Padiglione 7.0, Stand D 39).
Tra tutta questa diversità, ecco che la Fizzz-Lounge della Meininger Verlag (Padiglione 7.0, Stand C 43) è quello che ci vuole: i sommelier di birra Dirk Omlor e Benjamin Brouër presentano in degustazioni guidate, il mondo emozionante delle birre artigianali – dalle birre aperitivo, alle birre alla spina per arrivare poi alle marche Porter, Stout, Ale ed alle birre belghe.
BARISTI E HYGGE Per i fan del bar, la Fizzz Lounge ha pronta un’attrazione: chi non conosce l’atmosfera Hygge? Una casa a mare, un picnic sul prato, una serata davanti al caminetto – o detto brevemente: l’atteggiamento scandinavo rivolto al calore, al benessere ed al valore della vita.
Quattro ben noti trendsetter di bevande ad alta percentuale alcolica presenteranno le loro esclusive creazioni Hygge. Arnd Henning Heißen, il maestro degli aromi, è uno dei più esperti baristi della gastronomia tedesca e dirige al Ritz-Carlton di Berlino i due Bar-Istituzioni “The Fragrances” e “The Curtain Club”.
Stephan Hinz è considerato come visionario della cultura tedesca del bar, ed è proprietaro del bar di Colonia ”Little Link” ed ha già pubblicato numerosi libri premiati. Marian Krause appartiene ai più rinomati baristi del paese, e già all’inizio della sua carriera ha dimostrato le sue capacità nei maggiori concorsi di cocktails ed è stato anche uno dei migliori baristi del paese.
Una delle migliori Barmaid in Germania è Marie Rausch. L’autoproclamata cuoca delle bevande gestisce a Münster il ristorante bar “Rotkehlchen” ed è diventata nota come pioniera del trend dell’abbinamento degli alimenti (Foodpairing-Trends) ed anche maestra dei drink personalizzati. Anche nelle competizioni internazionali si è già fatta un nome.
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Un packaging davvero ben riuscito per la Leffe Royale Mount Hood, color bianco opaco con disegnati il luppolo Mount Hood (tipico dell’Oregon, con cui è prodotta) e fiocchi di neve. Anche quest’anno Leffe presenta la sua “Winter Beer”, una birra stagionale invernale nella scia delle cosiddette “birre di Natale”.
LA DEGUSTAZIONE Di color mogano intenso e sormontata da un cappello di schiuma bianca densa e persistente la Mount Hood invita ad un immediato assaggio già dal suo aspetto.
Buona intensità al naso con note speziate ed erbacee tipiche della varietà di luppolo. Salvia, timo e chiodi di garofano che cedono il passo ad una nota floreale e ad una leggera dolcezza di caramello.
In bocca dimostra di avere corpo, ma non risulta densa e pastosa come molte birre invernali, bensì piacevolmente scorrevole e beverina. I 7,5% di gradazione offrono una gradevole sensazione di calore senza sembrare eccessivi. Il sorso apre su sapori fruttati per evolversi rapidamente verso spezie e frutta secca. Buona la persistenza, su note fresche d’agrume e mentuccia.
Un birra che in tavola non disdegna di accompagnare piatti a base di carne di maiale o preparazioni di manzo e verdure.
LA STORIA DI LEFFE Nel 1152 venne fondata l’abbazia di Notre Dame de Leffe a Leffe (oggi quartiere di Dinant in Vallonia), ma la produzione della birra iniziò solo nel 1240 per poter disporre di una bevanda sana in un periodo di continue e pericolose epidemie. Fra periodi di crescita e periodi di buio l’abbazia continuò la sua produzione fino alla rivoluzione francese, durante la quale il birrificio venne distrutto.
La produzione di birra ripartì solo nel 1952 grazie alla collaborazione con un birrificio di Bruxelles successivamente acquisito dalla multinazionale AB InBev (leader mondiale della produzione di birra).
Le birre di Leffe oggi non sono più prodotte nel monastero, ciò nonostante mantengono salda la loro precisa identità.
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Il Milano Whisky Festival (lo scorso 11 e 12 novembre, presso l’Hotel Marriott di via Washington) si conferma essere il vero punto di riferimento per operatori ed appassionati del settore. Cresciuto negli anni, l’evento ha raggiunto nell’edizione 2017 la sua massima estensione tanto per “superficie” quanto per numero e tipologia di etichette rappresentate. Da quest’anno, infatti, l’evento non è più solo dedicato ai whisky (con una comparsata dei Rum, nelle ultime due edizioni) ma anche a molti altri Spirits: Cognac, Armagnac, Calvados, Applejack, Brandy etc.
La disposizione della sala, la presenza di produttori distributori e imbottigliatori indipendenti e la grande offerta di assaggi disponibili ha permesso a chiunque di organizzarsi il proprio percorso tematico per esplorare il mondo dei distillati secondo il proprio gusto, le proprie esigenze, desideri e curiosità. Tanti spunti di riflessione, dunque. Tra conferme e novità.
IL TOUR
Partiamo quindi dal classico dei classici, Macallan, che a fianco dei “soliti” Amber e Sienna ripropone qui la versione Fine Oak, linea di single malt (lanciata nel 2004) invecchiati in tre tipi di legno diversi (ex-sharry di rovere europeo, ex-sharry di rovere americano ed ex-bourbon). 12yo e 15yo in un crescendo di sensazioni fino al 18yo che col suo colore ambrato, i suoi profumi dolci di frutta (mela ed ananas), d’agrume e di spezie, il suo ingresso in bocca morbido ed il suo corpo con note di cioccolato e vaniglia ci ricorda perché Macallan, è Macallan.
Glenfiddich propone la verticale del proprio single malt (da 12yo a 26yo, tutti puliti e distintivi della distilleria), ma a cogliere la nostra attenzione è IPA Experiment.
Si tratta di un single malt no age che ha trascorso gli ultimi 3 mesi in affinamento in botti che hanno contenuto una birra IPA (Indian Pale Ale). Al naso dolcezza di malto, mela verde e pera con una nota erbacea di erba tagliata.
In bocca è vivace, con note di agrumi e vaniglia ed una nota verde forse dovuta ai luppoli della birra. Buona la persistenza.
Dalmore si conferma un riferimento per le Highlands centrali; tutti e tre i drum presentati (12yo, 15yo, 18yo) mostrano grande equilibrio olfattivo e gustativo. Stessa conferma per i 5 drum di Glenrothes.
Jura, a fianco del delicato Orign, dei torbati Superstition e Prophecy e del fruttato Elixir, presenta Diurach Own un 16yo che fra 14 anni dotti ex bourbon e 2 in botti ex sharry oloroso. Il risultato è un bicchiere dal profumo di agrumi, di mela e di cioccolato, un corpo dolce e resinoso con note speziate di chiodo di garofano ed un finale secco.
Presenti all’evento tutte e tre le distillerie di Campbeltown: Springbank, Kilkerran e Hazelburn. Tre distillerie vicine di casa, in un territorio difficile e dalle vicende alterne, con tre diverse filosofie produttive.
Se Springbank fa della torba “dolce” il suo marchio di fabbrica, Kilkerran alleggerisce le note di torba aprendo su sentori di frutta secca e caramello, mentre Hazelburn non fa uso di torba ed è una delle rare realtà scozzesi ad usare la tripla distillazione. Il risultato è uno scotch molto fruttato con una punta di spezie.
Conferme e certezze anche Balvenie e Tomatin, che presenta qui sia i classici spayside che il lievemente torbato Cù Bòcan. Ma lo scettro di Re della torba spetta anche quest’anno alla distilleria Bruichladdich col suo Octomore: 5 anni di invecchiamento e 208ppm di torba, è come mettere un caminetto che brucia legni aromatici dentro un bicchiere.
Buona anche la prova di Glenfarclas, verticale dai 10yo ai 25yo. Il 23yo ed il 25yo risultano rotondi e strutturati ma è il 15yo a sorprendere. Forse più “piacione”, più immediato e facile, dei fratelli maggiori ma dotato di grande equilibrio e di una nota cioccolatosa tanto al naso quanto in bocca che piacerà a buona parte dei consumatori, siano essi neofiti o esperti.
Sul fronte dei blended spicca Johnnie Walker che qui presenta i due nuovi Blenders Batch, Espresso Roast e Rum Cask Finish: note più tostate per il primo, maggiore dolcezza per il secondo.
Interessante anche la limited editon di Douglas Laing’s “Big Peat”, un blended Islay Malt ricco di note aromatiche.
L’Irish Whiskey si conferma un prodotto in crescita. Immancabile la presenza di Connemara, l’unico peated a doppia distillazione dell’isola, diventato ormai un’icona. Bushmills da un panorama completo dell’Irlanda del nord coi due blended, 1608 e Black Bush, e coi Single Malt da 10yo a 16yo.
Ma è Teeling a segnare il passo dell’Irish Whiskey. Single Malt (ormai un riferimento), Single Grain, Small Batch, Single Cask ed un interessantissimo Single Malt maturato in Stout Cask, botti che hanno contenuto la famosa birra scura irlandese. Se in bocca è pulito e non tradisce il suo essere un whiskey morbido, al naso e nel retronasale rivela tutte le note di tostatura tipiche della birra. Una pinta fatta whiskey.
A tenere alta la bandiera dei whiskey d’oltre oceano ci pensano la distilleria Harven Hill, con il suo Rittehouse, e la distilleria Elijah Craig. Rittenhouse è un Rye Bottled in Bond dal naso fresco, fruttato e poco speziato, scorrevole e leggero in bocca con un finale abbastanza persistente di pepe bianco.
Elijah Craig (nella foto, sotto) affianca al famoso 12yo, un Bourbon barrel proof da 68% (136 proof) che a dispetto della gradazione non è esageratamente forte al naso e quindi perfettamente godibile. Sentori di sciroppo d’acero e note legnose di vaniglia presenti tanato al naso quanto in bocca. Al palato rivela inoltre una piacevole nota di frutta secca ed un corpo pieno e vellutato. Lunga la persistenza.
Fra i paesi che solo recentemente si sono affacciati alla produzione di whisky restano in prima fila Taiwan ed India. La prima con la distilleria Kavalan che conferma la grande pulizia ed eleganza dei suoi prodotti, differenti per invecchiamento ma accomunati da piacevoli sentori floreali.
Dall’India ecco invece la distilleria Paul John, con tre prodotti fra cui spicca Edited un single malt figlio dell’elevato angle share della regione che presenta colore ambrato, naso di cereali, agrumi e spezie, palato caldo altrettanto agrumato ed una speziatura quasi piccante.
L’Italia è ben rappresentata da Puni, l’unica distilleria di whisky del bel paese. Quattro le proposte fra cui poniamo l’accento su Nero, un 3yo limited edition invecchiato esclusivamente in botti ex Pinot Nero dell’Alto Adige. Ambra chiaro con profumi di frutti rossi, sottobosco ed una nota di rovere. Palato caldo e giovane con note leggermente agrumate. Finale mediamente persistente con richiamo alla mora ed all’uva passa.
Si potrebbe continuare a lungo a parlare di tutti i prodotti presenti alla manifestazione, ma il modo migliore di esplorare il mondo degli spirits resta quello di munirsi di un bicchiere e trovare la propria strada, ricordando lo slogan che Dalmore ha scelto per l’evento: “Sometimes just raising a glass is a priviledge”. “A volte anche solo alzare un bicchiere è un privilegio”.
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3 Monts Grand Reserve La Brasserie de St Sylvestre 1 1
(4,5 / 5) “Pizza fredda e birra calda”. E’ quello che si augura ad un amico quando gli si vuole rovinare la serata. Non ci occuperemo di pizza in questo contesto. Ma sulla temperatura della birra le cose non sono semplici come si crede. E questa Bière de Garde ne è un esempio.
LA DEGUSTAZIONE La “3 Monts” Grande Reserve si presenta di un bel color ambra chiaro, che vira decisamente verso l’arancione. La schiuma non è particolarmente densa né persistente.
Molto profumata, al naso la prima sensazione (che rimarrà durante tutto l’assaggio) è amaricante di scorza di arancia, e ricorda un celebre aperitivo dello stesso colore, poi sensazioni di mela, malto e spezie in perfetto equilibrio. L’ingresso in bocca è fresco e amarognolo.
Nonostante gli 8,5 gradi alcolici, la birra risulta piuttosto leggera e conserva una buona facilità di beva grazie al ritorno delle sensazioni aromatiche di agrumi e bitter già apprezzate al naso. Grande finale, lungo, aromatico, piacevolissimo, che lascia la bocca pulita, fresca e profumata.
Il mastro birraio consiglia di degustare 3 Monts Grande Reserve a circa 10-12 gradi, che è bene ricordare, è circa il doppio della temperatura dei nostri frigoriferi, quindi nessuna paura a tirarla fuori un po’ prima del servizio. Con gli abbinamenti ci si può sbizzarrire: non disdegna né un panettone con dei buoni canditi né un’anatra all’arancia.
LA PRODUZIONE
La Brasserie de St Sylvestre si trova a Saint Sylvestre Cappel, nel Nord-Pas-de-Calais, al confine col Belgio.
Secondo i documenti conservati nel Municipio di questo piccolo comune (poco più di un migliaio di abitanti) un birrificio esisteva già prima della Rivoluzione Francese, sebbene solo negli anni 60 dell’800 Louis Devrière acquistò la Brasserie dalla famiglia Cordonnier ridando vita ad una tradizione antica.
La 3 Monts è una birra ad alta fermentazione che appartiene allo stile “Bière de Garde”, tipico della regione di Calais. Si tratta di birre “da conservazione”, tradizionalmente prodotte in primavera e conservate in cantine fresche per essere bevute durante l’estate. In genere sono birre artigianali, ma vi sono anche versioni industriali di questo stile, di cui la 3 Monts è senz’altro un ottimo esempio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Ci occupiamo oggi di una birra facilmente reperibile in GdO, ma che affonda le proprie origini e nella tradizione brassicola fiamminga. È la Pauwel Kwak, o semplicemente Kwak, prodotta dalla Brouwerij Bosteels di Buggenhout, Fiandre Orientali, Belgio.
LA DEGUSTAZIONE Stile Belgian Strong Ale, 8,4%. Colore ambrato carico, luminoso, con riflessi rosso rubino. La schiuma è bianca, fine, soffice e persistente. Al naso apre immediatamente su noti dolci di malto seguite da una nota leggermente aspra di frutti rossi (ribes) e da sentori di frutta disidratata come albicocca e dattero.
L’ingresso in bocca è pulito e con una moderata carbonazione. Di corpo fra il medio ed il pieno in bocca tornano le note maltate e fruttate contornate da un leggero sentore tostato e speziato. Il finale è secco e pulito, leggermente amaricante, che ne evita l’eventuale stucchevolezza e dona agilità al sorso. Di media persistenza.
Una birra in grado di accompagnare tanto piatti di carne bianca quanto dolci come crostate di frutta.
LA STORIA Fondato da Evarist Bosteels nel 1791 il birrificio per questa birra utilizzò (ed ancora utilizza) la ricetta di Pauwel Kwak per quella che è nota come “la birra dei cocchieri”. Pauwel fu un oste che possedeva una locanda, chiamata De Hoorn, nella vicina cittadina di Dendermonde.
Nella locanda erano soliti fermarsi per un po’ di ristoro le carrozze che percorrevano la via, ma un decreto Napoleonico impose ai guidatori delle carrozze della posta di non abbandonare mai il proprio carro per motivi di sicurezza. Kwak iniziò così a servire la propria birra ai cocchieri direttamente sulla carrozza con un bicchiere dalla forma particolare che non poteva essere appoggiato, ma che poteva essere agevolmente appeso ad una staffa sulla carrozza stessa.
Ancora oggi la Kwak si serve nel tradizionale bicchiere “da cocchiere”. Un’operazione di marketing lunga quasi due secoli e mezzo e perfettamente riuscita.
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Il prossimo anno la ProWein si terrà dal 18 al 20 marzo a Dusseldorf. Con oltre 6.600 espositori provenienti da tutto il mondo, la superficie espositiva della Fiera Internazionale per vini e Bevande Alcoliche è già da ora tutta esaurita.
Tutte le rilevanti aree di coltivazione del mondo sono qui rappresentate e danno un panorama completo sull’offerta globale di vini (qui i migliori degustati nel 2017 da vinialsuper). A queste si aggiunge una selezione di circa 400 specialità di bevande alcoliche.
Tra i nuovi arrivati si trovano uno stand collettivo del governo giapponese sul tema Sake come pure un grande stand dell’Ungheria, con diversi tipi di acquavite di frutta, della marca Palinka. La mostra speciale “same but different”, di nuova concezione, si dedica, come già preannunciato, al tema di tendenza delle bevande Craft, molto apprezzato dai visitatori. Circa 50 espositori presenteranno i loro prodotti come Craft Spirits, Craft Bier “Birra e Cider “Cedro”.
Questa mostra speciale verrà completamente spostata nel padiglione 7.0, cosi che un ulteriore padiglione si aggiungerà a quelli già esistenti della ProWein. Anche la fizzz craft Lounge, della Casa Editrice Meininger Verlag, Hot Spot per i baristi, si trasferisce nello stesso padiglione di “same but different” così che la scena internazionale del bar e della gastronomia troverà qui il suo ambiente adatto.
SVOLTA BIO E ORGANIC Una nuova ubicazione riceveranno anche gli espositori della Grecia. Alla prossima ProWein esporranno insieme all‘Austria e alla ProWein Tasting Area by Mundus Vini, nel padiglione 17.
Più ampio e più completo sarà invece il settore Bio nel padiglione 13 della ProWein. I visitatori specializzati troveranno qui tutte le rilevanti Associazioni di Agricoltura Biologica della Germania, Italia e Francia così anche numerosi espositori individuali provenienti da tutto il mondo.
Anche la mostra speciale Organic World è in una fase di crescita. Alla ProWein 2018 saranno presenti circa 40 espositori internazionali. Il settore Bio verrà arrotondato da un adeguato concetto gastronomico : la Lounge Organic , così come da una propria un’area per conferenze.
Una vasta e molteplice offerta sarà mostrata anche nel padiglione 9, in cui saranno presenti, in forma completa, tutti gli espositori d’oltremare. Qui si riscontra un incremento nei diversi gruppi d’oltremare come per esempio l’Australia, l’Argentina, il Cile, il Canada, la Nuova Zelanda, il Sud Africa e l’USA.
A ProWein 2018 sono inoltre previste numerose degustazioni nel Forum, nel padiglione 10 e 13. A queste si aggiungono numerosi eventi direttamente negli stand degli espositori. La gamma di circa 500 manifestazioni, spazia dalle degustazioni a livello nazionale fino alle presentazioni globali, come la zona di degustazione dell’internazionale “Premio Vinicolo Mundus Vini”.
Tra i punti forti del programma, la singolare Champagne Lounge con 40 Case tradizionali di Champagne. Questa sarà collocata al centro dell’Area Champagne in cui si presenteranno circa 150 Marchi. Lo speciale show “Packaging & Design” completerà l’offerta della ProWein e mostrerà le tendenze attuali e gli sviluppi nel settore del confezionamento.
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Matera, la città dei sassi. Matera, capitale europea della cultura 2019. Matera, nella sua immobile bellezza, è anche città brassicola. In via Beccherie, in pieno centro storico, proprio dietro la chiesa di San Francesco d’Assisi, si trova infatti Birrifcio 79.
IL BIRRIFICIO
Due fratelli, Vito e Domenico Ferrara, ed un amico, Eustachio Lapacciana. Domenico ed Eustachio, legati da profonda e ventennale amicizia sono entrambi classe ’79, anno cui si ispira il nome del birrificio.
L’idea di B79 parte da questi “giovanotti” innamorati del proprio territorio e delle sue peculiarità e dal loro “voler avviare un progetto imprenditoriale basato sulla valorizzazione di colture agroalimentari volano di uno sviluppo culturale complessivo del territorio lucano, con l’obiettivo di far emergere prodotti innovativi e potenzialità nascoste generatrici di benessere nell’accezione più ampia del termine”.
I primi esperimenti di home brewing (birra fatta in casa) partono nel 2006. Cinque anni dopo, nel 2011, in collaborazione col birrificio lucano Alba, nasce la prima birra imbottigliata, la prima ricetta di B79 destinata ad essere commercializzata.
Da allora è un crescendo che porterà alla costituzione, nel 2014, di Birrificio 79 con un progetto di “beer firm” (anzi meglio “brew firm”), un birrificio senza impianto di produzione. Un modello di “azienda aperta”, snella ed elastica, capace di sviluppare un sistema di rete con altre realtà (prima fra tutte quella con il birrificio Alba di Felice Curci) per cogliere e valorizzare le caratteristiche del territorio della Basilicata.
Forte attenzione alle materie prime. Selezione dei migliori malti lucani ed internazionali col desiderio di coniugare il “locale” col “globale” nella continua ricerca della qualità. Selezione attenta dei luppoli per creare una propria identità di “birra”. Questi gli ingredienti della produzione di B79.
Appoggiati al bancone, chiacchierando amabilmente con Domenico che si dimostra appassionato e disponibile, abbiamo avuto modo di degustare alcune delle più interessanti produzioni di B79.
LA DEGUSTAZIONE Eustakiainer. Weizen da 5,0%. Colore biondo chiaro pallido ed opalescente, caratteristico delle birre prodotte con malto di frumento. La schiuma bianca è fine, compatta e non eccessiva. Al naso è fruttata con note di frutta bianca (pesca e banana) ed una leggera vena citrica. In bocca è scorrevole con una piacevolissima acidità che invita al sorso. Finale armonico.
Mater. American Pale Ale da 5,6%. Malti inglesi e luppoli aromatici per questa birra ambrata con un bel cappello di schiuma fine. Profumi floreali e leggermente agrumati. Piena ed amara in bocca ma non stucchevole. Finale pulito.
oG79. Tripple da 9,0%. Tipicamente belga nello stile si presenta con un bel colore dorato carico e schiuma bianca piuttosto persistente. Speziata nei profumi si rivela dolce al sorso con note che ricordano la frutta esotica. Il finale è sorprendentemente secco, pulito e non particolarmente persistente , cosa che dona alla birra una “pericolosa” scioltezza nella beva.
Black Lake. Stout da 6.2%. Nera con schiuma persistente. Complessa al naso. Immediate le forti note di tostatura fra le quali si distinguono bene caffè e cacao con una leggera nota di liquirizia. Seguono agrumi e mosto cotto. Sul fondo si percepiscono note di frutti rossi. In bocca la carbonazione sposa la tostatura, la mitiga e rende percepibili al palato le altre note dando completezza e soddisfazione al sorso. Finale amaricante e persistente.
Birra del Notaio. IPA da 6,5% “sui generis”. Si presenta di bel colore ambrato scuro, inusuale per lo stile. Ci spiega Domenico che in questa ricetta ha voluto “metterci del suo” per creare un prodotto non banale, accostando materie prime locali ad un luppolo neozelandese. Il risultato è nel bicchiere. Una birra il cui aroma vira sul balsamico con note resinose e legnose bilanciate da una nota fresca di pompelmo.
BIRRIFICIO, BEER FIRM O BREW FIRM ?
Abbiamo detto che Birrificio 79 è un “beer firm” (più precisamente un “brew firm”), ma cosa significa esattamente? Cominciamo col dare con precisione le dimensioni del fenomeno “birrificio” e “beer firm”. Le realtà brassicole artigianali censite ad oggi in Italia sono 1.409 (dati microbirrifici.org), di cui 176 risultano chiuse o con produzione sospesa. Delle 1.233 realtà in attività ben 418 sono beer firm, pari al 33.9%. Come a dire che una birra artigianale su tre è figlia di un beer firm. Un fenomeno importante che merita attenzione.
Il termine beer firm identifica quelle realtà che non possiedono un proprio impianto di produzione e che quindi commissionano la produzione ad un birrificio vero e proprio. La definizione di beer firm può dare, e da, adito ad equivoci ed a critiche.
Vi sono infatti beer firm che commissionano ad un birrificio tanto la produzione quanto lo sviluppo della ricetta limitandosi a commercializzare quella birra con proprio marchio, allo stesso modo delle “privat label” della GdO. Questi beer firm in genere non hanno competenza in merito a materie prime e conduzione d’impianto.
Ecco perché è doveroso utilizzare il termine brew firm per identificare quelle realtà che, come Birrificio 79, sviluppano in proprio un ricetta secondo la propria esperienza e le proprie idee e la producono su di un impianto di terzi (in genere un altro birrificio artigianale) affittando l’impianto stesso e mettendoci mano personalmente, in accordo col mastro birraio proprietario, ed adattando la ricetta alla sala cotta a disposizione.
Questo approccio, se ben gestito, consente vantaggi sinergici tanto per il brew firm che può permettersi di sviluppare la propria impresa senza sobbarcarsi da subito il costo di dimensionamento, acquisto e realizzazione di un impianto, quanto per il birrificio che può così aumentare la produttività saturando le risorse. Ecco spiegata l’idea di “azienda aperta” e di “sviluppo di rete” messo in atto da Birrificio 79 (e da molte altre realtà Italiane).
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“Puglia: tarallucci e birra”. Così recitava un cartellone pubblicitario di una nota marca industriale di birra posto sul raccordo che dall’aeroporto di Bari-Palese immette sulla SS16 accogliendo chi arrivava a Bari con ironia, giocando sul modo di dire “Tarallucci e vino”.
Ironia fino ad un certo punto. Degli undici birrifici industriali italiani ben due sono in Puglia (dati Assobirra) e si contano ben 73 realtà artigianali (dati microbirrifici.org). Fra queste il birrificio Birranova di Triggianello, frazione di Conversano (BA), di cui oggi assaggiamo Arsa.
LA DEGUSTAZIONE Stile Smoked Porter, tipico del nord Europa, gradazione 5,5%. Arsa è realizzata utilizzando grano arso, prodotto che ha lunga tradizione nel tavoliere, unito a malto affumicato della regione di Bamberga, zona della Germania famosa per la “rauchbier” (la birra affumicata). Stili, tradizioni e culture che si legano fra di loro.
Di colore scuro, impenetrabile, con schiuma chiara e piacevolmente morbida. Al naso esplodono subito note affumicate e tostate, intense ed aromatiche che ricordano il fumo di legna ed il pane scuro tostato. Seguono note fruttate, frutta disidratata come prugne ed albicocche.
In bocca il corpo leggero accompagna il sapore tostato rendendolo agile e non stucchevole. Le note luppolate rendono il sorso secco e pulito. Di media persistenza chiude con piacevoli note fumose che ricordano da vicino il sapore del grano arso.
IL BIRRIFICIO Anni novanta. Un viaggio studio nel Regno Unito per imparare l’inglese. È così che Donato di Palma, a soli 16 anni, entra per la prima volta in contatto col mondo birraio del nord Europa, fatto di stili brassicoli diversi e variegati. Forte dell’amore per quel contesto compie i primi esperimenti di home brewing (birra fatta in casa), acquisendo così l’esperienza necessaria per concretizzare il progetto di un proprio birrificio nel 2007.
Oggi Birranova produce circa 2.000 ettolitri anno suddivisi in 17 tipi di birra diversi, fra classiche e stagionali, confermandosi una delle più importanti realtà brassicole del sud Italia. Birre che, come Arsa, emozionano raccontando di un territorio. Quella striscia di terra che collega il mare alle Murge.
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È un brand immediatamente riconoscibile sugli scaffali dei supermercati, anche dai non appassionati di birra. La gamma di Leffe è ricca e varia, vi parliamo oggi della Royale Whitbread Golding.
LA DEGUSTAZIONE Stile Belgian Strong Ale, 7,5%. Biondo dorato carico, tendente all’ambrato. Molto limpida nel bicchiere e sovrastata da un bel cappello di spuma color crema. Perlage abbastanza fine e piuttosto persistente.
Elegante al naso, di media intensità, si percepiscono sentori floreali e di frutta bianca matura, seguiti da note speziate e resinose con una punta agrumata che dona freschezza.
In bocca scopriamo una piacevole evoluzione di Leffe Royale. L’ingresso è morbido e sembra quasi prevalere la dolcezza, senza però perdere di equilibrio con l’amarezza dei luppoli e l’acidità.
Proseguendo emerge una leggera astringenza, che riporta in primo piano le note speziate. Di media persistenza, chiude ricordando sia le note fruttate che le luppolate.
Una birra elegante e pulita per chi cerca qualcosa di diverso e raffinato, senza spingersi fino alle trappiste o alle artigianali. Di corpo leggero, Leffe Royale si abbinata a piatti di pesce leggermente affumicato come il salmone, a formaggi non troppo stagionati o anche a pasticceria secca.
LEFFE Prodotta con tecnica di dry hopping (luppolatura a freddo) vengono utilizzate tre varietà di luppolo, di cui quella prevalente è il whitbread golding, coltivato nelle fiandre che è il responsabile delle note citriche e resinose.
Fondata nel 1152, l’abbazia di Notre Dame de Leffe a Leffe, oggi quartiere di Dinant in Vallonia, iniziò a produrre birra nel 1240 con lo scopo di ottenere una bevanda sana in un periodo di continue e pericolose epidemie. L’abbazia conobbe periodi di crescita e splendore fino alla rivoluzione francese durante la quale il birrificio venne distrutto.
La produzione di birra ripartì solo nel 1952 grazie alla collaborazione con un birrificio di Bruxelles, birrificio successivamente acquisito dalla multinazionale AB InBev (leader mondiale della produzione di birra). Seppur non più prodotte nel monastero le birre Leffe mantengono una loro precisa identità.
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A Cheese 2017 c’è solo l’imbarazzo della scelta. Tra una Conferenza e un Laboratorio del Gusto, la proiezione di un film e una degustazione, passeggiare per Bra (CN) durante l’evento internazionale dedicato alle forme del latte è un’esperienza unica e ricca di suggestioni.
Ecco una carrellata di luoghi e appuntamenti da non perdere alla prossima edizione di Cheese (15-18 settembre), che nel 2017 compie 20 anni.
CASA SLOW FOOD
Il consiglio per cominciare bene la visita di Cheese è partire da via Mendicità istruita, sede dell’associazione da oltre tren’anni e indirizzo noto in tutto il mondo agli appassionati della Chiocciola.
Proprio qui è allestita Casa Slow Food, con attività riservate ai soci e agli aspiranti soci. Tra queste gli Incontri Slow…con il latte crudo, un assaggio dei Master of Food, ovvero i corsi educativi che Slow Food propone ai propri soci in tutta Italia.
Per partecipare agli appuntamenti in programma basta verificare la disponibilità in Casa Slow Food. Per le scolaresche e i visitatori desiderosi di mettersi alla prova, niente di meglio che incontrare i produttori e scoprire i segreti del loro mestiere attraverso giochi e laboratori.
Il team di Slow Food organizza lungo via Vittorio Emanuele II la Via Lattea di Slow Food con quiz e momenti di intrattenimento a cura di Circowow. Tra le aree dedicate ai soci Slow Food si trova anche il Baby Pit Stop, riservato alle neo mamme e ai bimbi che hanno bisogno di un momento di relax.
IL MERCATO DEI FORMAGGI Proseguiamo con il Mercato dei Formaggi, che per la prima volta presenta solo formaggi a latte crudo. Piazza Carlo Alberto ospita una selezione dei migliori prodotti caseari italiani mentre via Audisio è il posto in cui assaggiare e acquistare i caci internazionali provenienti da UK, Olanda, Francia, Svizzera e Slovenia solo per citarne alcuni.
Mentre chi ha apprezzato iformaggi spagnoli nel 2015, Paese ospite due anni fa, sarà contento di dedicarsi alla più ampia esposizione mai registrata in undici edizioni della manifestazione: 12 bancarelle che ben descrivono la vivacità del movimento casaro spagnolo, tra cui anche l’associazione dei casari e formaggiai del Cammino di Santiago de Compostela, per ripercorrere aromi e consistenze della famosa via cristiana.
Nella vicina piazza Roma ci sono gli artigiani della ormai storica Via degli affineur e dei selezionatori. Tra questi anche quattro stand dedicati agli Stati Uniti, ospite d’onore di questa edizione. Il sabato e la domenica c’è anche ilMercato della Terra di Bra, dove trovare prodotti agricoli, freschi e di stagione venduti da chi effettivamente li produce.
Per un bicchiere di bollicine tra una degustazione e un acquisto, vi aspetta nel Mercato di piazza Carlo Alberto il Consorzio Alta Langa, Official Sparkling Wine della manifestazione. Il Mercato apre i battenti tutti i giorni alle 10, e fino a sera è possibile assaggiare e acquistare non solo formaggi a latte crudo ma anche aceti, mieli, mostarde, pani, confetture e tanto altro ancora.
VIA DEI PRESIDI, CASA DELLA BIODIVERSITA’ E SPAZIO LIBERO Un mercato particolare è quello delle vie Marconi e Principi di Piemonte, dove incontriamo i Presìdi (in tutto 48 italiani e 11 internazionali), il progetto con cui Slow Food tutela tecniche tradizionali, razze autoctone, prodotti artigianali e paesaggi rurali.
Si tratta di un’occasione unica per conoscere questi prodotti, compresi gli ultimi arrivati: il trentingrana di alpeggio, il çuç di mont dal Friuli Venezia Giulia, il pecorino a latte crudo della Maremma, l’abruzzese pecorino di Farindola, il pecorino del Monte Poro dalla Calabria e il Boeren Leyden tradizionale olandese.
Se volete saperne di più sui progetti di salvaguardia di Slow Food, basta partecipare agli appuntamenti della Casa della Biodiversità tra piazzetta Valfrè di Bonzo e via Marconi, dove tra un aperitivo e l’altro Cheese vi fa viaggiare alla scoperta dei Presìdi e dei prodotti dell’Arca del Gusto di tutto il mondo.
Tra le novità c’è lo Spazio Libero, dove assaggiare formaggi a latte crudo liberi da fermenti industriali, salumi liberi da nitrati e nitriti e ancora pane e pizza con lievito madre e birra Lambic a fermentazione spontanea.
LE PIAZZE, LE CUCINE E LA BIRRA Torna nel cortile delle Scuole Maschili la Piazza della Pizza: un viaggio dal Nord al Sud dell’Italia con quattro maestri che combinano gusti e ingredienti della propria terra. Per conoscere loro e gli altri protagonisti dell’area (e anche le loro creazioni) basta partecipare alle Storie di Pizza e ai Pizza Talk.
I laboratori sono in vendita on line e, durante Cheese, presso la Reception eventi di vicolo Chiaffrini, insieme agli altri appuntamenti su prenotazione ancora disponibili: Laboratori del Gusto, Scuola di Cucina e lo spettacolo di Luca Mercalli e Banda Osiris Non ci sono più le quattro stagioni.
Sempre nelle Scuole Maschili, ci sono i Chioschi regionali, dove degustare realtà gastronomiche provenienti da Lazio, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Se tutto questo vi ha stuzzicato l’appetito, è ora di dedicarsi alle Cucine di strada che animano anche piazza Spreitenbach, insieme ai Food Truck e alla Piazza della Birra che presenta decine di realtà brassicole artigianali italiane: impossibile non trovare quella che incontra i propri gusti!
RISOTTO&PASTA: AREA GOURMET GLUTEN FREE
Se siete intolleranti al glutine o semplicemente volete assaggiare piatti speciali e alternativi, spostatevi in piazza XX Settembre dove Cheese ha allestito l’area Risotto&Pasta, in collaborazione con Strada del riso vercellese di qualità, Aurora Naturale e Associazione di volontariato – Braidesi uniti per la celiachia onlus. Nella vicina via Pollenzo si trova la gastronomia No Glu (aperta tutti i giorni con orario continuato) che fornisce pane fresco senza glutine alla Gran Sala dei Formaggi oltre che in tutti i Laboratori del Gusto.
PIAZZA DEL GELATO
Arrivati a questo punto concedetevi un dolce: in piazza XX Settembre vi aspetta la Piazza del Gelato, curata dalla Compagnia dei Gelatieri fondata da Alberto Marchetti e in collaborazione con Inalpi.
Diversi showcooking, su prenotazione ma gratuiti, affiancano lo Spazio gourmet dove, grazie al due stelle Michelin Antica Corona Reale di Cervere, si impara ad accostare il gelato all’alta cucina.
GRAN SALA DEI FORMAGGI ED ENOTECA Anche l’undicesima edizione di Cheese vuole il suo salotto buono: nella Gran Sala dei Formaggi, sotto l’ala di corso Garibaldi, si trovano centinaia di specialità provenienti da tutto il mondo che potete abbinare a una delle 600 etichette italiane dell’Enoteca, abilmente selezionate dalla Banca del Vino di Pollenzo e dalla guida Slow Wine e sapientemente illustrate dai sommelier Fisar.
Per l’acquisto di cibo e vino debutta la moneta pulita che sostituisce i ticket di carta nei punti cassa gestiti da Slow Food: di legno certificato PEFC, è realizzata da Palm Design – impresa artigianale impegnata nella filiera del legno sostenibile – per conto di PEFC.
POLLENZO E CHEESE Sempre in corso Garibaldi ecco lo stand dell’Università di Scienze Gastronomiche, con attività organizzate dagli studenti, tra cui i Personal Shopper, percorsi pensati per chi vuole intraprendere un percorso guidato fra i banchi del Mercato, e l’Eat in: un lungo tavolo che ospita chi vuole fare due chiacchiere, ascoltare, imparare e condividere cibo e bevande.
Se siete interessati alle attività formative, potete visitare il campus a Pollenzo e approfittarne per una degustazione di vini e formaggi nelle cantine della Banca del Vino. Se invece volete imparare ad abbinare i formaggi con pasta o verdure e accrescere così le vostre abilità culinarie, iscrivetevi (online o alla Reception Eventi) alle Scuole di Cucina, dove due chef d’eccezione – Sergi de Meià dell’omonimo ristorante di Barcellona e Salvatore Tassa de Le Colline Ciociare di Acuto (Fr) – vi aspettano per mettervi alla prova.
B2B Cheese ha pensato a tutti, operatori del settore compresi: debutta la Business Area, organizzata da foodMOOD presso il Movicentro, uno spazio concepito per favorire l’incontro tra buyer internazionali, agenti della piccola e grande distribuzione, ma anche formaggiai, osti, start-up e i produttori di piccole e medie dimensioni sia italiani che internazionali selezionati da Slow Food. Per partecipare è sufficiente registrarsi nell’area dedicata.
SPETTACOLI, FILM, CONCERTI Cheese non si ferma mai, mettendo il programma un cartellone di spettacoli, film e concerti. Il 17 settembre alle 21 sale sul palco del Teatro Politeama Non ci sono più le quattro stagioni con Luca Mercalli e la Banda Osiris: uno spettacolo istruttivo e divertente che unisce arte, storia, scienze, musica e comicità.
Acquistate il biglietto on line o alla Reception Eventi: i proventi raccolti sono destinati a Menu for Change, la campagna internazionale di Slow Food sul cambiamento climatico che sarà lanciata proprio a Cheese. Per gli appassionati del grande schermo invece c’è Cheese on the Screen, un ciclo di film e documentari promosso e organizzato da Cinema Impero e Cinema Vittoria di Bra, in collaborazione con CinemAmbiente, Life e Slow Food, dedicato ai temi dell’agricoltura sostenibile, delle battaglie per la salvaguardia dell’ambiente e della produzione lattiero-casearia artigianale.
Cheese è anche musica grazie a Cheese On Stage con quattro concerti gratuiti che vedono l’electric swing di The Sweet Life Society nell’anteprima di giovedì 14, la fusione tra swing, manouche, folk, tango, rock e musica contemporanea dei Magasin du Café accompagnati per l’occasione dalle Madamé, lo Scottish e Irish punk rock dei The Rumjacks, e il folk occitano dei Lou Pitakass.
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La birra artigianale di qualità avrà anche quest’anno un’importante vetrina su Roma. Si terrà nei gironi 6, 7 ed 8 ottobre la quinta edizione di “EurHop! Roma Beer Festival”, il salone della birra artigianale divenuto ormai un importante riferimento internazionale.
Oltre 50 birrifici artigianali italiani ed internazionali, due banchi di 45 metri con più di 300 spine (virtualmente il pub più lungo d’Europa), più di 350 birre in degustazione. Questi i numeri dell’evento allestito nei 2000 metri quadrati del Salone delle Fontane dell’Eur, il noto quartiere a sud della capitale.
EurHop! Roma Beer Festival è un evento a invito. La selezione dei birrifici partecipanti è stata effettuata da “Ma Che Siete Venuti a Fà”, storico pub attivo dal 2001, e “Publigiovane”, editrice della rivista di settore “Fermento Birra Magazine”. Spazio sia alle eccellenze ed ai birrifici storici d’Italia e del mondo (Birrificio Italiano, Baladin, Cantillon, Bruxton, solo per citarne alcuni) che alle novità ed alle piacevoli riconferme.
Momenti di incontro, didattica, cibo, musica e degustazioni guidate “live” (sarà presente anche Lorenzo Dabove, detto “Kuaska”, famoso beer taster internazionale), nonché mappa dell’evento e descrizione di tutte le birre presenti completano il quadro di un evento in cui addetti ai lavori, appassionati e semplici curiosi possono affrontare un viaggio consapevole nel mondo brassicolo.
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Come dice Rocco Papaleo in un noto film “Si, la Basilicata esiste. Esiste! È un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi. Io credo nella Basilicata.” È vero. E non solo esiste ed è una terra affascinante, ma esiste anche una Basilicata brassicola.
Undici le realtà birraie presenti nella regione (dati Microbirrifici.org). Oggi vi raccontiamo il Birrificio Birfoot di Matera, nato ad ottobre 2016 per mano del giovane mastro birraio Giovanni “Uacezza” Pozzuoli (leva 1992).
IL BIRRIFICIO Giovanni, dopo lunga esperienza come home-brewer, stage in birrifici e il conseguimento di diverse qualifiche professionali, ha preso coraggio e ha aperto il proprio micro birrificio. Con l’obbiettivo di esternare la propria passione per la buona birra.
Capacità produttiva di sette ettolitri, cura manicale per i dettagli, attenta selezione delle materie prime: questi gli elementi fondanti, i “core assets”, di Birfoot. Infatti, chiacchierando con Giovanni, emerge quanto lui sia consapevolmente convinto che “solo curando in modo rigoroso ogni singola fase del processo produttivo si possa ottenere e replicare un prodotto di qualità”.
Badare alla freschezza di tutte le materie prime selezionandole con attenzione diviene così un must irrinunciabile. Tre al momento le birre prodotte e commercializzate da Birfoot: una Blanche, una Apa ed una Strong Ale. Le abbiamo degustate tutte e tre.
LA DEGUSTAZIONE Albus. Blanche da 4,8%. Nella ricetta anche scorze d’arancia, coriandolo e pepe rosa. Colore giallo paglierino scarico, leggermente velata. Schiuma bianca fine e persistente.
Al naso è fresca ed agrumata, semplice quel tanto da invitare subito alla beva e complessa quel poco da creare un bella aspettativa. In bocca è scorrevole, la spiccata carbonazione non è fastidiosa e la rende setosa al tatto. Emergono le note dolci dei cereali, la leggera speziatura ed ancora un sentore di agrumi.
Finale mediamente persistente, fresco. Unico difetto, ma davvero piccolo piccolo, l’acidità non è molto sostenuta visto la tipologia di birra. Un poco in più avrebbe contribuito positivamente alla sensazione di freschezza. Nel complesso un buon prodotto.
Hop Jungle. American Pale Ale da 5,4%. Giallo dorato carico con riflessi che tendono all’aranciato. Schiuma abbondante, bianca e molto persistente.
Al naso è intensa. La luppolatura (ci dice Giovanni che sono stati utilizzati luppoli tedeschi ed americani) dona piacevoli profumi floreali ed una leggera nota agrumata cui si affiancano piacevoli sentori di frutta esotica matura. In bocca l’effervescenza è moderata e lega bene col gusto secco e pulito della birra. Sul finale, di media persistenza, emergono le gradevoli note amare tipiche dello stile.
Aztec. Strong Ale da 7.4%. Di ispirazione inglese si presenta con un bel colore ambrato, carico e luminoso, ed una schiuma fine e compatta. Complessa al naso con note di caramello e di frutta matura che lasciano presagire morbidezza al palato.
L’assaggio conferma l’intuizione del naso; è corposa e morbida con delicate note maltate e fruttate che portano il sorso verso una dolcezza non eccessiva, tipica per lo stile così come la lieve carbonazione. Buona persistenza.
Tre prodotti ben riusciti, in grado di coprire una buona gamma di gusti. E un produttore giovane, che non ha puntato sull’effetto moda delle “Ipa”, sviluppando invece birre con una propria identità e in grado di legarsi anche alla cucina del territorio. Albus, Hop Jungle e Aztec possono infatti accompagnare trasversalmente la tavola, dalle crudità di mare ai piatti di carne insaporiti alle erbe, dalle verdure fritte ai salumi più saporiti.
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Contrada Piana, Comune di Ponte, provincia di Benevento. In piena campagna, nei pressi della ferrovia, sorge il birrificio artigianale Maltovivo. Una grande struttura, dove ad accoglierci è il direttore marketing, Antonio Orlacchio: una persona estrosa ed istrionica. Quasi un poeta alla Oscar Wilde.
La visita al birrificio si svolge in modo del tutto originale, con la degustazione delle birre, ancor prima di visitare l’edificio. Con il boccale di birra in mano si iniziano a scoprire tutti i processi produttivi. Nel percorrere le varie sale, Orlacchio non si interrompe un attimo nel raccontare del progetto imprenditoriale e di come nascono le piccole creature Maltovivo.
L’amore per le birre artigianali ha portato giovani imprenditori beneventani a cimentarsi in questo ambizioso progetto. Le birre prodotte da Maltovivo sono ottenute da ingredienti selezionati, con metodi rispettosi dell’ambiente, della genuinità e della bontà del prodotto, secondo le migliori tradizioni tedesche. Lazio e Campania i mercati di riferimento per il birrificio artigianale Maltovivo.
LA DEGUSTAZIONE
A colpire è Noscia ti seduce per il suo cappello di schiuma bianchissimo e compatto. La birra è di colore ambra scuro. All’olfatto libera profumi di fiori bianchi e gialli, erba secca, piccole bacche rosse poco mature.
Al gusto si è colpiti dalla morbida avvolgenza della schiuma, seguita da una nota amaricante data dal luppolo, note tostate e di cioccolato. Il finale chiude su note vagamente dolci, che ricordano il miele di castagne.
La birra Noscia di Maltovivo va servita a una temperatura di 8-10 gradi. Accompagna carni grigliate, formaggi a pasta molle o semi stagionati.
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RICETTA Lonza alla birra e peperoni alle olive 3 1
La ricetta della lonza alla birra e peperoni alle olive è molto veloce da eseguire, ma davvero gustosa. Gli ingredienti per 4 persone: lonza di maiale a fette (due fettine a testa possono bastare?).
Occorrono anche una birra chiara (suggeriamo l’utilizzo di una classicissima Peroni, visto l’abbinamento proposto); olio extravergine d’oliva (circa una tazzina da caffè); sale; rosmarino, salvia, aglio per insaporire; peperoni rossi (circa tre belli lunghi); olive nere di Gaeta; capperi sotto sale.
LA PREPARAZIONE
Iniziamo dai peperoni. Dopo averli lavati e privati dei semi, tagliamoli in listarelle lunghe e sottili, in modo che si cuociano velocemente. In una padella, metteremo olio (circa due cucchiai) e uno spicchio d’aglio che, una volta dorato, dovremo togliere.
Aggiungiamo i capperi e le olive che avremo denocciolato. E infine i peperoni. Saliamo e lasciamoli cuocere per circa dieci minuti a fiamma… allegra, moderata, andante! Adesso dedichiamoci alla lonza.
A me piace preparare un battuto fatto di erbe aromatiche appena raccolte e una puntina di aglio tritato e olio, per poi “massaggiare” la carne in modo da farla insaporire. Potremmo eseguire questa operazione prima di preparare i peperoni, così da far impregnare per bene la carne.
Ungiamo appena appena una padella e, quando l’olio sarà caldo, adagiamo le fettine di lonza e facciamola dorare su entrambi i lati. E adesso è il momento della birra! Versiamola sulla carne e poi lasciamo sfumare. Dopo pochi minuti la carne sarà pronta. Buon appetito!
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Nella riunione di Roma dello scorso 20 luglio, l’assemblea di AssoBirra, l’Associazione dei Birrai e dei Maltatori, ha eletto il nuovo presidente: Michele Cason (Malteria Saplo). Succede ad Albeto Frausin (Carlsberg Italia), che rimane negli organi dell’Associazione in qualità di past president.
AssoBirra rappresenta gran parte delle aziende che producono e commercializzano birra e malto in Italia, dando lavoro direttamente e con l’indotto a circa 137 mila persone.
Eletto all’unanimità, Cason sarà affiancato nel suo compito dai tre neo vice presidenti Antonio Catalani (Malteria Agroalimentare Sud), Matteo Minelli (Birra Flea) e Alfredo Pratolongo (Heineken Italia).
Nato a Merano (BZ), Michele Cason si laurea in Scienze Agrarie all’Università di Padova per poi prendere un master in Scienze Birrarie alla Nottingham University e frequentare la Hult International Business School. Dal 1998 lavora in Saplo, malteria controllata da Birra Peroni, dove ricopre vari ruoli fino a diventare membro del Consiglio di Amministrazione.
È membro, in rappresentanza dell’Italia, dell’Europen Brewery Convention, di The Brewers of Europe e siede nel Comitato Esecutivo e nel Comitato Tecnico di Euromalt. E’ inoltre membro del consiglio scientifico del CERB (Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra dell’Università di Perugia).
Nato a Melfi (PZ), Antonio Catalani si specializza in tecnologia birraria presso la UCL di Louvain in Belgio. Dal 1984 lavora presso la malteria Agroalimentare Sud – Italmalt di Melfi dove attualmente ricopre il ruolo di Direttore Generale. Dal 2007 è consigliere della Sezione Alimentare di Confindustria Basilicata. E’ inoltre vice Presidente del CLB (Cluster Lucano di Bioeconomia).
Nato a Gualdo Tadino (PG), Matteo Minelli è imprenditore nei settori delle rinnovabili, dell’agroalimentare e dell’edilizia. Amministratore Delegato di Ecosuntek S.p.A. (società quotata all’AIM-Italia dal 2014). Nel 2012 fonda la Matteo Minelli Agricola oggi Flea Agricola s r.l., che produce e commercializza birra artigianale in Italia ed all’estero. Dal 2016 è inoltre componente del Consiglio Nazionale dei Giovani Imprenditori di Federalimentare e del Comitato di Indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, oltre che Presidente della Sezione Territoriale Eugubino – Gualdese di Confindustria Umbria.
Nato a Milano, Alfredo Pratolongo dal 2005 è Direttore Comunicazione e Affari Istituzionali di Heineken Italia S.p.A.. Dal 2015 Vice-Presidente e dal 2017 Presidente della Fondazione Birra Moretti (organizzazione senza fini di lucro con l’obiettivo istituzionale di migliorare la Cultura della birra in Italia). Laureato all’università Bocconi, successivamente frequenta la Harvard Business School e IMD. Ha sviluppato un percorso professionale ventennale in ambito comunicazione e relazioni istituzionali, operando in primarie agenzie di comunicazione ed in realtà italiane (Replay) e multinazionali (McDonald’s Italia). (credits foto La stampa)
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