Agroalimentare vini da tavola spacciati per Dop e Igp in Piemonte sanzionate tre imprese
Proseguono senza sosta, in tutta Italia, i controlli dei Reparti del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare sui marchi di qualità. Importanti risultati anche nel settore del vino, della birra e dei distillati. Nelle provincie di Asti e Cuneo sono state sanzionate tre imprese che pubblicizzavano sul sito internet aziendale vini comuni da tavola, menzionando vitigni ascritti a Do e Ig.
I titolari sono stati sanzionati per un importo complessivo di 1.500 euro. Multa che sale a 4 mila euro in provincia di Catania. Qui, un’azienda dedita alla produzione e commercializzazione di birra, è stata pizzicata per evocato in etichetta la denominazione protetta Cioccolato di Modica Igp.
Il tutto, in assenza di autorizzazione del Consorzio di Tutela. Sono state così sequestrate 800 bottiglie di birra da 33 centilitri del valore complessivo di 3.200 euro. In provincia di Catania è stato invece deferito un imprenditore che commercializzava distillati facendo riferimento al Fico d’India dell’Etna Dop.
I frutti erano tuttavia privi della certificazione. Contestualmente sono state sottoposte a sequestro 65 bottiglie, per un valore complessivo di euro 400 euro. Ma i controlli dei Reparti del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare hanno riguardato anche il Food.
AGROALIMENTARE: OPERAZIONI DEI CARABINIERI IN TUTTA ITALIA
In provincia di Cremona è stato diffidato il titolare di un caseificio per aver fatto riferimento alla Mozzarella di Bufala Campana Dop sul sito internet aziendale, in violazione alla normativa sull’etichettatura.
In provincia di Novara il titolare di un caseificio è stato diffidato in quanto, nella propria attività, erano presenti cartelli pubblicitari e prezziario che evocavano la Mozzarella di Bufala Campana Dop e il Pane di Altamura Dop, senza averne titolo. Inoltre è stato sanzionato per la mancata iscrizione al sistema di tracciamento del latte bufalino.
A Parma sono state denunciate tre persone poiché utilizzavano, nella produzione dei gelati, nocciole e limoni comuni anziché quelli a marchio di qualità, Nocciola di Piemonte Igp e Limone di Sorrento Igp, come invece dichiarato nei cartelli esposti al pubblico.
A Modena è stato denunciato un commerciante che esponeva, in apposite vaschette presso il banco vendita, mozzarella generica sprovvista del confezionamento originario, dichiarando falsamente sul cartello esposto al pubblico essere Mozzarella di Bufala Campana Dop.
FORMAGGI E FRUTTA NEL MIRINO
In provincia di Cuneo è stato diffidato il rappresentante legale di una cioccolateria per aver prodotto e commercializzato “Cioccolata Fondente Extra con Nocciole Piemonte” senza l’autorizzazione del Consorzio di Tutela della Nocciola Piemonte Igp.
In provincia di Massa Carrara è stato denunciato il rappresentante legale di un pastificio perché utilizzava, nella preparazione di pasta fresca ripiena, anziché formaggio Fontina DOP, come indicato in etichetta, un prodotto non appartenente al circuito tutelato.
Controlli dei carabinieri per la Tutela Agroalimentare anche in provincia di Napoli. Insieme agli Agenti Vigilatori del Consorzio di Tutela del Grana Padano, i militari hanno ispezionato diversi supermercati, sequestrando 60 chilogrammi di formaggio stagionato. Era falsamente etichettato e venduto come Grana Padano Dop (valore di circa 650 euro).
Nella stessa provincia è stata contestato a un’imprenditrice il mancato adempimento delle prescrizioni impartite in una precedente verifica. La donna era stata diffidata per aver indebitamente evocato, nella presentazione e nell’etichettatura dei prodotti pubblicizzati online e rinvenuti anche presso la Grande distribuzione organizzata, la denominazione protetta Fico d’India di San Cono Dop. In Sicilia, altro imprenditore è stato diffidato a eliminare dal sito internet del caseificio ogni riferimento alla Provola dei Nebrodi Dop.
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Volano i consumi di birra nel 2021 con un aumento record del 18,4% degli acquisti domestici in Italia. A fare da traino le ondate di caldo torrido, con il crescente successo di bionde e rosse artigianali Made in Italy.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, diffusa in occasione della Giornata internazionale della birra. Un dato beneagurante rispetto alle difficoltà causate dal Covid al settore che nel 2020, che ha visto un calo del fatturato pari al 35%.
BIRRA: UN SETTORE IN CONTINUA CRESCITA
Il consumo pro capite nel nostro Paese è arrivato a 36,8 litri. La birra rappresenta un traino per l’economia alimentando una filiera che, fra occupati diretti e indotto, offre lavoro a oltre 140 mila persone. In crescita anche le esportazioni dopo le difficoltà registrate lo scorso anno a causa delle pandemia, con un aumento del 4% nei primi quattro mesi del 2021.
A spingere la ripresa è soprattutto la birra artigianale che conta circa 550 milioni di litri prodotti ogni anno, un terzo dei quali arriva da aziende agricole che trasformano direttamente i prodotti agricoli. Un consumo diventato negli anni sempre più raffinato e consapevole con specialità altamente distintive e varietà particolari.
Sono i giovani produttori, i più attivi nel settore, a portare profonde innovazioni. Dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole ma anche la produzione di specialità altamente distintive. Non ultimo forme distributive innovative come i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.
Si stanno peraltro creando anche nuove figure professionali, come il “sommelier delle birra“. Figura che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne i caratteri principali di stile e gusto, per suggerire gli abbinamenti ideali con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci.
BIRRA ARTIGIANALE “MADE IN ITALY”
Proprio per sostenere la produzione tricolore di birra è stato promosso dalla Coldiretti il Consorzio Birra Italiana che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale creando un rapporto più solido tra i produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.
Il Consorzio rappresenta il 27% della birra artigianale prodotta in Italia ed oltre il 51% del malto da orzo italiano e oltre la metà dei terreni coltivati a luppolo. Per garantire l’origine del prodotto è stato realizzato anche il marchio “artigianale da filiera agricola italiana” che mira a garantire e tracciare la prevalenza di materia prima dalle campagne del Belpaese, ponendo attenzione sulla remunerazione etica della filiera e di tutti i suoi attori.
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Pawse la prima birra analcolica per cani Made in Italy
FOTONOTIZIA – Si chiama Pawse la prima birra per cani analcolica Made in Italy. Sarà distribuita da fine giugno in lattina da 33 cl. Una bevanda che viene descritta come «non gasata, proteica e vitaminica, senza additivi chimici».
La birra analcolica per cani Pawse è stata testata nelle Marche, pur essendo prodotta da un’azienda veneta. Un prodotto nato dall’amore per gli animali degli italiani. Ad oggi il 28% delle famiglie del Bel paese ospita in casa almeno un cane.
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Birra italiana Annual Report 2020 produzione in calo a causa della pandemia
L’Annual Report 2020 di AssoBirra certifica il segno meno della birra italiana a causa della pandemia. Un «calo fisiologico», che rispecchia l’impatto della pandemia sul comparto birrario italiano. Lo scorso anno, la produzione nazionale di birra ha visto un calo dell’8,4%.
Netta anche la flessione dei consumi, pari all’11,4%. Più contenuta la diminuzione dell’export, che ha segnato una decrescita del 4,8%, a causa delle restrizioni imposte dalle dall’emergenza Covid-19.
Una fotografia ribaltata rispetto a quella dell’anno 2019, che aveva messo a segno record storici in termini di produzione, consumi ed export ma che necessita però di essere analizzata in filigrana.
L’ANALISI DI ASSOBIRRA
Secondo l’Annual Report 2020, la birra è stata la bevanda più consumata dagli italiani. Persino durante il lockdown, riuscendo a creare socialità anche quando sembrava impossibile o quasi.
Inoltre, l’anno scorso, la birra si è confermata una bevanda irrinunciabile sulle tavole dei connazionali, sinonimo di qualità, nonché protagonista di momenti di relax e condivisione.
In questo contesto, la birra rimane un importante patrimonio per l’Italia. Lo testimoniano i numeri. La filiera brassicola nel 2020 conta circa 900 imprese e oltre 115.000 occupati lungo tutta la filiera dalle imprese agricole fino ai punti di consumo out-of-home.
E infatti ogni persona occupata in produzione contribuisce a creare ben 31,4 posti di lavoro. Il tutto si traduce in un valore condiviso generato dalla birra in Italia che nel 2019 ammontava a 9,5 miliardi di euro.
La birra è dunque una ricchezza per il tessuto economico italiano e per l’industria agroalimentare e pertanto va supportata e valorizzata affinché possa tornare a crescere.
LE CIFRE DEL COMPARTO
Il 2020 è stato sicuramente un anno in salita, in cui la crisi pandemica ha toccato tutta la catena del valore generato dalla birra, in Italia come nel resto d’Europa, determinando un inevitabile contraccolpo sui dati di mercato.
Secondo l’Annual Report 2020 di AssoBirra, la produzione nazionale di birra si è attestata a 15.829.000 ettolitri, calando dell’8,4% rispetto al 2019 (quando aveva raggiunto i 17.288.000 ettolitri).
I consumi, colpiti dalle restrizioni imposte nel fuori casa, hanno segnato un calo dell’11,4% (18.784.000 ettolitri nei confronti di un 2019 che aveva superato la quota dei 21 milioni di ettolitri).
Anche l’export, dopo anni di crescita, subisce un calo, seppur più contenuto, del 4,8% con volumi esportati pari a 3,3 milioni di ettolitri riconfermandosi comunque significativo nei Paesi a forte tradizione birraria, a dimostrazione della qualità della birra italiana.
Tra i principali Paesi importatori troviamo ancora in pole position il Regno Unito (47,3%); gli USA (7,3%) e l’Australia (7%). Di contro si segnala un calo dell’import del 15%.
IL COMMENTO
«Anche durante la pandemia – sottolinea Michele Cason, Presidente di AssoBirra – la birra ha dato prova di ricoprire un ruolo di primo piano nel panorama dell’industria delle bevande e quindi per l’economia nazionale».
Non solo si è confermata bevanda da pasto per eccellenza, ma vero e proprio catalizzatore di connessioni e protagonista indiscussa di momenti di socialità. Al di là, quindi, del quadro difficile che emerge dalla lettura dei dati del nostro Annual Report 2020, crediamo sia indispensabile ricostruire sin da subito le premesse per dare nuovo impulso al potenziale di sviluppo italiano».
«Per ripartire – aggiunge Cason – dobbiamo sostenere la capacità di investimento delle imprese, garantire misure di rafforzamento della struttura finanziaria, puntare sulla competenza e sulla formazione dei lavoratori, giovani e donne in primis».
Non solo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, secondo la numero uno di Assobirra, «va tradotto in azioni concrete volte a promuovere innovazione, qualità e sostenibilità. L’industria della birra e AssoBirra sono in prima linea per contribuire alla rinascita dell’Italia».
LE RICHIESTE ALLE ISTITUZIONI: FOCUS SU HORECA. E ACCISE
La birra è una bevanda cara agli italiani che non porta ricchezza solo a chi la produce, ma anche a tutti i player a valle e a monte della filiera e allo Stato. È un comparto produttivo popolato di grandi, medie e piccole imprese radicate su tutto il territorio nazionale. Nel periodo 2015-2019, ha registrato una crescita significativa in termini di investimenti, entrate fiscali e occupazione.
Le limitazioni e il blocco del canale Horeca – tra i più colpiti dall’emergenza Covid-19 – ha generato una perdita di oltre 20 mila posti di lavoro nel solo primo semestre 2020 in Italia.
Inoltre, se fino al 2019, aveva raggiunto i 9,5 miliardi di valore condiviso, di cui 5,9 miliardi di euro nel solo canale out-of-home, nel primo semestre 2020 si evidenzia un decremento di 1,6 miliardi di euro, rispetto alle stime, che annulla di fatto quasi tutta la crescita degli ultimi 4 anni.
Alla luce di queste considerazioni, AssoBirra si fa portavoce di due richieste al Governo: un sostegno immediato sulla birra alla spina attraverso un credito di imposta destinato direttamente all’Horeca e nella prossima Legge di Bilancio una riduzione triennale delle accise che gravano sulla birra.
«La ripresa del comparto birrario, che in un solo semestre ha visto l’azzeramento dell’intera crescita dell’ultimo quadriennio, passa da interventi mirati di fiscalità dedicati al settore», dichiara Alfredo Pratolongo, vicepresidente di AssoBirra con delega a Relazioni Istituzionali e Comunicazione.
Un incentivo fiscale di 10 centesimi al litro sulla birra in fusto per sostenere gli oltre 140.000 punti di consumo, quali bar, ristoranti e le 80.000 pizzerie è un sostegno immediato per le sofferenze dell’Horeca e dei birrifici artigianali che può generare un effetto moltiplicatore lungo tutta la filiera».
I SOSTEGNI
La misura è sostenuta da emendamenti presentati al Decreto-legge Sostegni Bis dalla quasi totalità delle forze di maggioranza presenti alla Camera, unitamente ad emendamenti che mirano ad introdurre agevolazioni fiscali e semplificazioni per il comparto delle birre artigianali.
Un intervento che punta a dare una boccata di ossigeno a tutta la filiera della birra italiana. In particolare all’Horeca, canale prioritario soprattutto per i micro-birrifici che si reggono proprio sul rapporto con i distributori diretti e che hanno sofferto in modo significativo nel 2020, con una perdita della produzione e del fatturato superiore al 70%.
Serve tuttavia riprendere anche un percorso serio di revisione delle accise – precisa Pratolongo – ancora oggi una zavorra che, a causa degli iniqui aumenti intervenuti nell’ormai lontano 2013, blocca le potenzialità di sviluppo del settore.
Occorre operare con un meccanismo di regressività che colpisce i prodotti di minor costo, favorendo l’import da Paesi che godono di regimi fiscali da accise nettamente più favorevoli che in Italia e danneggiando l’export italiano che nel solo 2020 ha segnato un -4,8%».
All’esame del Parlamento vi sono, inoltre, proposte emendative dedicate ai birrifici sotto i 50 mila ettolitri. Misure che, insieme al credito di imposta sulla birra in fusto, servono secondo Assobirra a «dare aiuto ai microbirrifici e birrifici artigianali». Proprio queste, infatti, le attività sulle quali l’impatto della pandemia è stato «particolarmente rilevante». Un dato emerso con chiarezza proprio dall’Annual Report 2020 di Assobirra.
«Semplificazione e fiscalità agevolata sono la ricetta giusta per mantenere vive e soprattutto far crescere tante realtà imprenditoriali del comparto che in questi anni hanno contribuito attivamente alla crescita e allo sviluppo della filiera e della cultura birraria nel nostro Paese» commenta Matteo Minelli, vicepresidente di AssoBirra con delega all’Internazionalizzazione e allo sviluppo Associativo, con particolare riferimento ai Birrifici Artigianali.
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Unionbirrai, l’associazione dei piccoli birrifici indipendenti, interviene duramente sul possibile provvedimento riguardante l’innalzamento del limite per l’applicazione dello sconto del 40% sulle accise, dagli attuali 10 mila ettolitri a 50 mila ettolitri. Il provvedimento gioverebbe solo «alla “Superlega” della birra artigianale italiana».
Tale provvedimento – commenta Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai – prevede una dotazione finanziaria di un milione di euro e, per quanto di nostra conoscenza, riguarderebbe solo 8 birrifici italiani, ovvero meno del 1% dei produttori presenti sul territorio nazionale».
«Unionbirrai – prosegue Ferraris – ha sempre sostenuto la necessità di avere uno sgravio sulle accise anche per i birrifici aventi produzione superiore a 10 mila hl, ma con una logica di progressività fiscale, che in questo provvedimento sarebbe totalmente assente».
Secondo Unionbirrai questo provvedimento rappresenterebbe un duro colpo per i piccoli birrifici indipendenti, che da circa un anno fanno i conti con grossi cali di fatturato, reggendosi solo per merito degli stessi produttori, fortemente motivati a superare la crisi, e sostenuto dagli sforzi di ristoratori e publican che hanno saputo adeguarsi e reinventarsi e dai fedeli consumatori di birra artigianale.
«Un milione di Euro di certo non risolleverebbe le sorti del nostro comparto – conclude Ferraris – ma potrebbe essere una grande boccata di ossigeno per decine di piccole aziende produttrici. Distribuirli a pochi e grossi costituirebbe un messaggio tragico per tantissimi piccoli imprenditori».
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Una birra che “fa schifo”, ma che serve a sensibilizzare i consumatori sui problemi legati ai cambiamenti climatici. L’idea è del birrificio New Belgium Brewing di Fort Collins Colorado (Usa), che in concomitanza con l’Earth Day, la Giornata della Terra del 22 aprile, propone la neonata Torched Earth Ale (letteralmente “Birra della Terra bruciata”), nuova versione del suo marchio di punta Fat Tire.
La birra è provocatoriamente prodotta utilizzando «alcuni degli ingredienti, tutt’altro che ideali, che sarebbero disponibili e accessibili per i produttori di birra in un futuro devastato dal clima senza una tempestiva ed aggressiva azione per affrontare la crisi climatica».
Sono quindi stati utilizzati malti affumicati «per imitare l’impatto che gli incendi avranno sull’approvvigionamento idrico» ottenuti da cereali resistenti alla siccità, come il miglio e il grano saraceno, che saranno più facilmente disponibili rispetto al tradizionale orzo.
Al posto dei luppoli solitamente usati New Belgium ha optato per il dente di leone, fiore resistente ed onnipresente sul pianeta, insieme a un estratto industriale di luppolo per dimostrare il tipo di ingredienti di ultima generazione e bassa qualità che si potrebbe essere costretti ad utilizzare.
Ne risulta una birra che è più un «liquido amidaceo scuro con aromi affumicati». «Torched Earth Ale – continua New Belgium Brewing – non corre certo il rischio di vincere dei premi, ma evidenzia la posta in gioco del cambiamento climatico per gli amanti della birra di tutto il mondo».
Una pessima birra insomma, che però è stata realmente prodotta in “quantità super limitate” e che sarà disponibile solo fino ad esaurimento presso i punti vendita del birrificio, sia fisici che on-line.
LAST CALL FOR CLIMATE
D’altro canto non ci sono andati leggeri i ragazzi del New Belgium con la loro campagna “Last Call for Climate” creando la «nuova birra da un futuro che speriamo non debba esistere».
Come sottolineato sul sito Internet del birrificio, «il 70% delle grandi aziende non ha ancora piani significativi per affrontare il cambiamento climatico entro il 2030, l’anno in cui gli scienziati affermano che il cambiamento climatico potrebbe essere irreversibile».
Se non hai un piano per il clima – sottolinea Steve Fechheimer, Ceo di New Belgium Brewing – non hai un piano aziendale. Un’azione aggressiva per aiutare a risolvere la crisi climatica non è solo un imperativo ambientale e sociale urgente, ma è anche un gioco da ragazzi per le big».
“Aziende – prosegue Fechheimer – che cercano di creare valore per gli azionisti a lungo termine, di competere con rivali come la Cina e di creare posti di lavoro ben retribuiti. In quanto azienda di medie dimensioni il New Belgium può avere solo un impatto limitato. C’è bisogno che anche i “big guys” si diano da fare!».
L’anno scorso Fat Tire è diventata «la prima linea di birra americana certificata a emissioni zero» ed ora New Belgium punta a «raggiungere emissioni nette zero in tutta l’azienda entro il 2030».
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Secondo i dati presentati da Iri nel report “Birra nel 2020: un anno difficile ma con ottimi risultati” l’anno scorso le vendite di Birra in Italia hanno superato per la prima volta gli 11 milioni di ettolitri ed i 2 miliardi di euro di fatturato con un +10,7% in valore, nettamente superiore al +3,0% registrato nel 2019, grazie alle vendite nella Grande distribuzione. Cifre che Unionbirrai contestualizza, attraverso il presidente Vittorio Ferraris.
La crescita del 9,0% in volume trova spiegazione nell’aumento del consumo domestico legato ai periodi di lockdown e alla chiusura dell’Horeca. Trend positivo, quindi, per i canali della Gdo, in particolare per i Discount (+15,7%), a scapito del consumo fuori casa, come confermano i dati dei Grossisti di Bevande che registrano sulla Birra un -35,4% in volume e un -35,8% di ricavi.
Situazione più tranquilla per i Cash&Carry dove nel 2020 la Birra rimane stabile in volume (-0,1%) ma perde il 2,3% in fatturato a fronte del calo del prezzo medio dovuto al differente mix: cresce la fascia Mainstream a discapito delle marche Premium e aumenta la quota del vetro nel formato da 66 cl e cala quella del formato da 33 cl.
Le Birre Standard restano le preferite dai consumatori (42,3% in volume) mentre le Special Beer (le Birre Speciali) segnano il più alto tasso di crescita rispetto al 2019, con un +18,9% in volume e +19,6% in valore. Importante balzo in avanti anche per il segmento delle Analcoliche e Light che cresce dell’11% in volume.
IL PUNTO DI VISTA DI UNIONBIRRAI
Ciò che non emerge dall’analisi condotta da Iri è come la riduzione dei consumi fuori casa abbia portato con sé anche uno spostamento verso le birre industriali, a discapito delle produzioni artigianali.
A farlo notare è per l’appunto Vittorio Ferraris, presidente di Unionbirrai, l’associazione di categoria dei produttori di birra artigianale, in una lettera aperta al Sole 24 ore pubblicata anche sui social.
Il numero uno dell’associazione sottolinea come i dati descrivano «una realtà del prodotto birra in Italia ai tempi del Covid-19 molto parziale e principalmente incentrata su produzioni di tipo industriale».
«Il nostro è un prodotto “vivo” – prosegue Ferraris – che richiede attenzione e cura lungo tutta la catena distributiva. Per queste ragioni il nostro mercato è quasi totalmente costituito dal canale Horeca e ovviamente la prolungata chiusura di pub, bar e ristoranti ha tolto moltissimi sbocchi commerciali alle nostre attività. Una vera beffa: ufficialmente autorizzati ad operare, praticamente fermi per mancanza di clientela».
«I produttori di birra artigianale – conclude il Presidente – sono un esercito di Davide contrapposti a pochi enormi Golia. Sicuramente i numeri delle multinazionali definiscono il trend del comparto. Ma dentro a quei numeri si nascondono centinaia di piccole imprese italiane nel cuore, nel capitale e nel personale».
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Titolari e dipendenti dei birrifici artigianali italiani si sono uniti in una manifestazione virtuale attraverso i social al grido di «Noi siamo la birra, non lasciateci soli», con l’obiettivo di far sentire la loro voce e puntare l’attenzione sulle difficoltà che il settore sta affrontando a seguito della pandemia e delle restrizioni ad essa connesse, oltre che sulla voglia di ricominciare a lavorare dei numerosi addetti del settore.
L’iniziativa social identificata con l’hashtag #noisiamolabirra e promossa da Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, punta a sottolineare la volontà dei produttori di birra artigianale di riaccendere gli impianti e ripartire con la loro attività, quasi totalmente ferma negli ultimi mesi di conseguenza al blocco del canale Horeca.
Un doppio appello da parte dei birrifici artigianali: da una parte alle istituzioni per sottolineare la necessità che si riporti equilibrio nella filiera e nel comparto della ristorazione, dall’altro ai consumatori perché sostengano “la rivoluzione nel bicchiere” scegliendo di bere la birra artigianale italiana.
Le restrizioni dell’ultimo anno stanno mettendo a dura prova un settore che, per 25 anni dalla sua nascita nel 1996, è cresciuto costantemente diffondendosi su tutto il territorio nazionale ma che, seppur individuato tra quelli operativi, oggi risente direttamente delle limitazioni sugli esercizi di somministrazione.
Tanti sono gli impianti totalmente o parzialmente fermi, il cui fatturato in media risulta essere dimezzato nel 2020 rispetto all’anno precedente, e quasi il 70% dei birrifici artigianali ha usufruito nell’ultimo anno della cassa integrazione per i propri dipendenti. Rispetto al 2019, inoltre, si aggira intorno al 60% la perdita del fatturato 2020 relativo alla somministrazione diretta dei propri prodotti per quelle attività che la affiancano alla produzione.
Per questo i birrifici indipendenti hanno scelto di far sentire la loro voce attraverso alcuni video veicolati sui social, in cui raccontano la voglia di riaccendere gli impianti e sostenere la necessità di una riapertura stabile e in sicurezza dei pubblici esercizi, anche nelle ore serali, per ridare di conseguenza vita ad un settore il cui mercato di vendita è quasi esclusivamente connotato nei pub e ristoranti.
Motivazione per cui già da tempo Unionbirrai si batte per uno specifico codice Ateco che differenzi la produzione di birra artigianale da quella industriale, due prodotti per natura estremamente differenti, con l’obiettivo che alla birra artigianale sia riconosciuta la sua caratteristica di prodotto fresco e con elevata deperibilità, e che ha nella maggior parte dei casi una shelf life estremamente ridotta a differenza della maggior parte dei prodotti industriali.
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«Alex inutile e triste come la birra senz’alcol» scriveva Enrico Brizzi in “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, nel 1994. È passato più di un quarto di secolo e l’idea della “bionda senza alcol” non è cambiata. Si pensa alla birra analcolica come a qualcosa che vada bene giusto “in pizzeria”, con gli amici. Quando hai estratto la pagliuzza più corta e tocca a te guidare.
Perché diciamoci la verità: si compra la birra analcolica al supermercato solo se hai ospite l’amico astemio. La sollevi guardingo dallo scaffale, come un ladro. E la riponi nel carrello sperando che nessuno ti veda.
E una volta in cassa fai finta di niente, sorridi imbarazzato e cerchi di non incrociare lo sguardo della cassiera. Con l’atteggiamento dell’alunno che ha passato il weekend sui videogiochi, al posto di mettersi a studiare. Estremizziamo, ovviamente. Ma non troppo.
IL TREND
La vendita di birra a basso contenuto alcolico ha superato globalmente i 4 miliardi di dollari nel 2019 coprendo il 30% del mercato Usa e il 5% del mercato europeo. Non solo.
Da un’analisi di Global Market Insights recentemente pubblicata emerge un trend che porterà l’analcolica ad un giro d’affari di oltre 29 miliardi di dollari entro il 2026 con una produzione mondiale che supererà i 3 miliardi di litri.
Non esattamente bruscolini, tant’è che tutti i colossi mondiali della birra si stanno muovendo in questa direzione. Ultima in ordine cronologico Diageo che ha annunciato per il 2021 il lancio di Guinness 0.0, la prima Irish Stout a zero contenuto di alcol. Un settore che fa gola anche ai birrifici artigianali, alcuni dei quali l’hanno recentemente inserita in gamma.
Una crescente domanda di prodotti “low and no” alcol influenzata non solo dalle leggi sempre più restrittive in materia di consumo di alcolici, ma anche dalla volontà dei consumatori di adottare stili di vita più sani e un regime alimentare meno calorico.
Non a caso Heineken fa vanto della leggerezza della sua lager 0.0 riportando sulla confezione «69 calorie a bottiglia» e con uno spot pubblicitario ambientato in palestra. Lo abbiamo già scritto a inizio anno: le “Kcal” in etichetta saranno a nostro avviso un trend del 2021, anche nel mondo del vino.
LA DEGUSTAZIONE
Ma come si comporta la birra analcolica alla prova del calice? Abbiamo voluto testare le birre analcoliche reperibili nelle maggiori insegne della Grande distribuzione organizzata, ovvero al supermercato. Al solito, senza pregiudizi.
Occorre innanzitutto fare una precisazione: per la legge italiana si definisce “analcolica” una birra con un tenore alcolico inferiore a 1,2% (negli Usa il limite è 0,4%, in Uk di soli 0,05%). Occorre quindi fare attenzione all’etichetta se si vuol acquistare qualcosa di totalmente privo di alcol, così come all’indicazione delle calorie se vogliamo un prodotto “dietetico”.
Bavaria 0.0 – 0,0% – 24 Kcal/100 ml
Colore dorato, schiuma scarsa e scarsamente persistente. Al naso note di camomilla ed una leggera vena di erbe aromatiche come timo. Scorrevole al sorso e poco persistente non presenta alcuna nota amara.
Clausthaler Original – 0,49% – 26 Kcal/100 ml
Dorata con schiuma bianca, soffice e poco persistente. Naso erbaceo, fresco. Sentori di erba tagliata e cereale accompagnati da un tocco di camomilla. In bocca l’amaricante del luppolo accompagna la breve persistenza.
Moretti Zero – 0,0% – 20 Kcal/100 ml
Giallo paglierino carico, schiuma scarsa. Floreale al naso invita subito al sorso ma tradisce le aspettative nella fase gustativa. In bocca si svuota completamente lasciando solo un vago ricordo.
Tourtel – 0,5% – 22 Kcal/100 ml
Colore dorato carico che strizza l’occhio all’ambrato. Anche qui la schiuma ha vita breve. Al naso è il malto che la fa da padrone, facendo pensare ad una eccessiva “dolcezza”. In bocca la vena amara riporta in ordine la degustazione.
Beck’s Blue – 0,3% – 23 Kcal/100 ml
Dorato carico. Schiuma bianca ben poco durevole. Camomilla e miele al naso. Sfuggente in bocca. Amaro non pervenuto.
Heineken 0.0 – 0,0% – 21 Kcal/100 ml
Giallo paglierino carico sormontato da un bel cappello di schiuma bianca. Naso erbaceo ma poco intenso e sorso scorrevole ma equilibrato. Brevissima la persistenza. Una birra che “sa di poco”, ma quel poco è fatto bene.
Birra Coop Italiana Analcolica – 0,5% – 19 Kcal/100 ml
La privat label di Coop è prodotta nello stabilimento Pedavena con 100% malto d’orzo italiano. Il naso gioca su note di fieno, malto e camomilla. La nota amara guida il sorso togliendo stucchevolezza. Insieme a Clausthaler e Heineken è probabilmente la migliore alternativa “da pizzeria”.
Brooklyn Special Effect Hoppy Lager – 0,4% – 29 Kcal/100 ml
Prodotta in Europa da Carlsberg si presenta di color ambrato e schiuma soffice. Naso accattivante che gioca su note floreali e fruttate figlie dell’abbondante luppolatura aromatica. Bocca ricca e profumata anche se leggermente disequilibrata. Una birra a cui piace “vincere facile” col suo stile che strizza l’occhio alle APA.
Paulaner Weissbier Non-alcoholic – 0,0% – 24 Kcal/100 ml
L’unica Weiss della degustazione e pertanto outsider in un panel di lager, si presenta leggermente torbida e con l’abbondante schiuma tipica dello stile. Al naso non si avverte la differenza rispetto alle lager. Anche qui la tipica parte erbacea del frumento “vira” in camomilla. In bocca non si distacca dalle concorrenti.
Appare chiaro come l’assenza di alcol influenzi, e non poco, il gusto della birra. Al naso le tipiche note di malto e di fieno tendono ad addolcirsi ulteriormente e a ricordare sentori di camomilla e miele appiattendo lo spettro olfattivo. In bocca, inoltre, si avverte l’assenza della sensazione di calore tipica delle bevande alcoliche, risultando zoppa. Manca, in sostanza, qualcosa che sostenga il sorso.
COME SI PRODUCE LA BIRRA ANALCOLICA?
Vi sono differenti processi per la produzione di queste tipologie di birra sostanzialmente raggruppabili in due categorie: tecniche di diluizione e tecniche sottrattive.
Le tecniche di diluizione si basano sulla preparazione di mosti in cui, per via degli ingredienti utilizzati, l’attività enzimatica porta alla formazione di destrine ottenendo così un ridotto contenuto di zuccheri fermentescibili. Questo, unito all’uso di lieviti a basso potere alcoligeno o che degradano l’alcol per via ossidativa, porta a fermentare birre a basso tenore alcolico.
Nelle tecniche sottrattive si separa l’alcol normalmente presente nella birra a fine fermentazione con metodologie chimico-fisiche come l’evaporazione sottovuoto, l’osmosi inversa o la dialisi su membrana. Si tratta sostanzialmente di avanzate tecniche di filtraggio che, seppur tecnologicamente controllabili, eliminano dalla birra non solo l’alool ma anche quelle sostanze con peso molecolare simile a quello dell’etanolo.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Aumento record del 16% degli acquisti di birra delle famiglie, che si classifica come la bevanda che fa registrare il maggiore aumento nel 2020. Boom nel carrello che però non è in grado di compensare il crollo dei consumi provocato dalle chiusure di pub, bar, ristoranti e pizzerie ed il blocco di fiere, sagre e street food.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea relativi ai primi sei mesi dell’anno. I consumi fuori casa per pranzi, aperitivi e cene sono stimati in calo del 48% nel 2020 con una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, a partire da vino e birra dove la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Ad essere duramente colpite sono le birre artigianali con una brusca inversione di tendenza rispetto al successo fatto registrare in Italia dove si è verificata una moltiplicazione di iniziative imprenditoriali con 862 birrifici agricoli e artigianali, in aumento del 330% negli ultimi dieci anni. Si stima complessivamente un dimezzamento delle vendite per le birre artigianali nonostante il balzo fatto registrare dal commercio elettronico.
II consumo della birra artigianale è diventato negli anni sempre più raffinato e consapevole con specialità altamente distintive e varietà particolari. Si tratta di realtà molto spesso realizzate da giovani, che sono i più attivi nel settore con profonde innovazioni che vanno dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole ma anche la produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i brewpub.
Riduzione o sospensione delle accise e credito d’imposta al consumo, come già proposto da Assobirra, nonché aiuti alla digitalizzazione per la vendite on line e la sterilizzazione dell’Iva, secondo il Consorzio Birra Italiana che riunisce le migliori realtà produttive nazionali, sono alcune delle misure urgenti per salvare il comparto.
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Latinos evadevano laccisa sequestrate 1.800 bottiglie di superalcolici e birra
Circa 1800 bottiglie di bevande tra superalcolici come Rum e Vodka ed alcolici (birra), importate da paesi extra-Ue senza assolvimento dell’accisa in Italia. Ma anche una “montagna” di sacchi di prodotti alimentari destinati a ristoranti etnici operanti in Italia: ben 9 tonnellate il peso complessivo.
È quanto scoperto dai Finanzieri della Sezione Operativa Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Como, al termine di una mirata attività info-investigativa a Cologno Monzese, in provincia di Milano. La merce, secondo gli inquirenti, sarebbe stata destinata alle numerose comunità di latinos, la cui presenza è forte soprattutto nell’hinterland milanese.
Frode in commercio, cattivo stato di conservazione di prodotti alimentari, sottrazione al pagamento delle accise sulle bevande alcoliche e inosservanza della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro: queste le violazioni portate alla luce dalle Fiamme Gialle, che hanno sequestrato l’ingente quantitativo.
L’operazione rientra nel quadro delle attività svolte dalla Guardia di Finanza quale Polizia Economico-Finanziaria a contrasto delle frodi commerciali, a tutela delle entrate erariali, della concorrenza, del mercato, del consumatore e dei distretti industriali nel settore della produzione, dell’importazione e della commercializzazione di generi alimentari.
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Nove italiani su 10 hanno acquistato birra nell’ultimo mese, attestandone il ruolo di bevanda principalmente da pasto. Sono queste le principali evidenze della seconda edizione del Centro Informazione Birra, la fotografia trimestrale del mondo birra, targata AssoBirra in collaborazione con la società di ricerche BVA Doxa, che ha come obiettivo quello di offrire una panoramica aggiornata e completa del settore birrario italiano.
In epoca di Covid-19, quindi si rafforza il legame tra gli italiani e la birra, nonostante il drastico cambiamento delle abitudini di consumo imposto dall’emergenza sanitaria in corso. E così è stato anche durante il periodo estivo che, dopo mesi di duro lockdown, sembrava aver regalato una boccata d’ossigeno ai player della filiera birraria e agli italiani stessi che, per una finestra di tempo, si sono potuti riconnettere alle abitudini che caratterizzavano la vita prima della pandemia.
Secondo l’indagine di BVA Doxa in casa o fuori casa alla birra non si rinuncia ed anche se resta forte l’abbinamento con la pizza (è così per il 94% degli intervistati), la “bionda” è sempre più al centro anche di degustazioni in abbinamento a cibi come formaggi (69%), aperitivi prima di pranzo o cena (66%) o in accompagnamento a piatti tra i più diversi della cucina mediterranea (66%).
La birra, inoltre, si conferma sinonimo di convivialità. Per l’86% degli italiani la birra è adatta a qualsiasi occasione e favorisce la socializzazione. Il gusto rimane il principale driver di scelta (38%) in particolare per la metà dei giovani dai 25 ai 34 anni (48%), seguito dal legame della birra con la tradizione (22%) e dalla connessione che ha con il territorio (16%).
I CANALI DI ACQUISTO
La Gdo si conferma il canale preferito per gli italiani che ritengono importante vedere fisicamente il prodotto prima di comprarlo. A maggior ragione alla luce delle ultime restrizioni sulla chiusura anticipata o totale dei punti di consumo fuori casa. Di fronte allo scaffale, crescono consapevolezza e attenzione nella scelta: la metà degli intervistati sceglie la birra in base al colore (55%), alla provenienza (47%), alle caratteristiche (37%) e allo stile (30%).
In uno scenario in cui il ricorso al digitale si fa sempre più forte anche alla luce dell’evoluzione della crisi sanitaria, cresce il numero di italiani che acquistano birra online (19%). Di questi, 1 su 4 dichiara di aver iniziato ad utilizzare il canale e-commerce proprio durante il primo lockdown. Tra i vantaggi dell’acquisto in rete, la possibilità di informarsi più approfonditamente (69%) e di lasciarsi ispirare da più varietà di birra presenti nelle vetrine virtuali (43%).
PAROLA ALLA FILIERA
A dispetto dell’amore degli italiani per la birra, l’intera filiera sta subendo un contraccolpo pesantissimo a causa della crisi sanitaria in corso. Tanto più che le recenti restrizioni decise a livello nazionale e territoriale hanno di fatto azzerato le possibilità di consumo fuori casa. Mettendo seriamente a rischio gli oltre 5,7 miliardi di euro di valore condiviso generato dalla birra e che sono da ricondursi all’horeca, su un totale di 8 miliardi di euro al 2018. Sul piatto anche 144.000 posti di lavoro da proteggere.
Ma non c’è solo l’horeca a soffrire, lo fa anche l’intera rete distributiva; una categoria fondamentale che svolge un compito decisivo per la filiera agroalimentare italiana. “L’allentamento delle misure imposte dall’emergenza Covid-19 in estate sembrava aver regalato una boccata d’ossigeno al settore, ma non è stato così per tutti. I distributori, ad esempio, hanno continuato ad accumulare perdite nelle grandi città” afferma Dino Di Marino, Direttore Generale di Italgrob.
Temo – prosegue Di Marino – che la seconda ondata andrà a debilitare del tutto il sistema horeca. Un’analisi di TradeLab che prende in considerazione questo secondo semi lockdown con l’Italia divisa in fasce, stima una perdita del mercato di circa 35 miliardi.
In questo scenario – dice ancora il Direttore – la birra gioca un ruolo vitale perché per i distributori del beverage vale circa il 40% del fatturato. Parafrasando il dato di TradeLab, quindi, anche il mercato della birra nella distribuzione nel comparto horeca potrebbe sprofondare del 45%. Se poi il lockdown dovesse diventare nazionale, il tracollo sarebbe totale”.
“La ripartenza non sarà semplice: occorrono piani di rilancio eccezionali e interventi strutturali. In altre parole: un grande sforzo collettivo, con le istituzioni in prima linea. Come Italgrob – conclude Di Marino – auspichiamo un coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, anche perché soltanto con piani e progetti comuni potremmo intercettare le risorse del Recovery Fund e indirizzarle laddove servono realmente”.
“Ad esempio, condividiamo pienamente il lavoro portato avanti da AssoBirra per richiedere una riduzione delle accise sulla birra: siamo convinti che potrebbe senz’altro essere uno degli strumenti da mettere in campo per sostenere il canale horeca e incentivare, al contempo, anche il consumatore finale”.
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Anche le aziende produttrici di vino e birra potranno usufruire dell’esonero al versamento dei contributi previdenziali previsto dal Decreto Ristori 2. Lo annuncia la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova.
“Nel consiglio dei ministri di questa notte col Decreto Ristori 2 – dichiara – abbiamo stanziato ulteriori 340 milioni di euro per garantire, anche per il mese di dicembre, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali delle imprese, operanti su tutto il territorio nazionale e appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura, comprese le aziende produttrici di vino e birra”.
“In questa fase così difficile il sostegno alla filiera della vita, alle imprese, alle lavoratrici ed ai lavoratori che vi sono impegnati è imprescindibile”, ha aggiunto la ministra Teresa Bellanova dopo l’approvazione stanotte in Cdm del Decreto Ristori 2.
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“Non si vive nemmeno più alla giornata. Si vive all’ora. Con questa sorta di nuovo lockdown anti Covid-19 si ricomincerà a fare quel poco di delivery, ma con una condizione molto diversa da marzo. Perché se allora un po’ di fieno in cascina magari c’era, adesso non ce n’è più. Il delivery sono briciole, ci copri un po’ i costi vivi ma non ci ripaghi gli investimenti“.
A parlare a Giancarlo ‘Giamma’ Longhi, mastro birraio del giovane micro birrificio Beer Farm Hoppy Hobby di Legnano, tra Milano e Varese. In un’intervista rilasciata a WineMag.it, denuncia la situazione in cui versa il settore della Birra Artigianale a fronte dell’ultimo Dpcm.
Confermando, di fatto, quanto sottolineato da tante sigle Horeca come Italgrob, Assobibe e Assobirra, oltre a Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) e Gh: le misure hanno quasi azzerato il mercato. Nelle parole di Longhi, tutto lo sconforto di una categoria che si sente “dimenticata dalle istituzioni”.
Eravamo in piazza a Milano con Fipe mercoledì scorso (28 ottobre) quando sono arrivate le prime notizie ufficiali sul DL Ristori con le indicazioni dei codici Ateco. Fra questi non figuravano i produttori di birra o di vino.
Ma come? Chiudi pub e birrerie perché lavorano la sera dopo le ore 18, limiti tantissimo ristoranti ed enoteche, chiudi definitivamente le tap room e non contempli negli aiuti i maggiori fornitori di queste categorie?.
Vi è un bonus di Regione Lombardia, una sorta di ticket di 150 euro, di cui possono usufruire i ristoratori per l’acquisto di vini della regione. Un aiuto nato per supportare i produttori di vino. E i produttori di birra? Niente“.
Uno scenario pesante quello descritto dal mastro birraio Giancarlo Longhi. Dopo un settembre in cui si avvertiva una cauta ripresa, con i clienti che avevano iniziato ad avanzare ordini interessanti, anche in vista di un presunto trend di crescita autunnale, ecco arrivare il nuovo improvviso giro di vite. Un Dpcm che ha bloccato la ristorazione, canale di vendita prevalente della Birra Artigianale.
Col primo lockdown ho perso circa il 20% dei clienti – sottolinea il titolare del birrificio milanese – adesso quanti ne perderò? Ma non penso solo a me, la situazione è analoga per i miei colleghi.
Per esempio Orso Verdedi Busto Arsizio (VA) ha una produzione molto grossa e due tap room, una a Milano e l’altra a Varese. Loro fanno infustamento isobarico ed avevano in affinamento circa 5 mila litri di birra già pronti: adesso che fanno? I fusti a chi li vendono? Li tengono fermi per mesi?”.
Analoga situazione per il Birrifico War di Cassina de’ Pecchi (MI), che “ha messo in cassa integrazione i birrai dipendenti proprio perché sanno che non venderanno nulla, da qui a chissà quanto”, riferisce ‘Giamma’ Longhi.
“La Birra Artigianale – evidenzia ancora – è un prodotto fresco: puoi tenerne alcune tipologie in cella, per un po’ di mesi, ma non si va molto lontano. Birrificio Italiano alla sua Tipopils (storia ed icona della birra artigianale italiana nel mondo, ndr) dà 6 mesi di scadenza proprio per avere un prodotto perfetto”.
“Stiamo parlando di prodotti di eccellenza, per i quali la freschezza viene prima di tutto. Se blocchi questo processo uccidi la qualità del prodotto ed il concetto stesso di artigianalità. I pub, ora, dovranno svuotarle i loro fusti e buttare le birre. Piange il cuore a pensare a tutto questo. C’è sconforto. C’è tanto sconforto“.
Nelle parole di Longhi si ritrova anche l’incertezza di chi è impossibilitato a pianificare il proprio lavoro, alle porte di un Natale 2020 che si preannuncia in sordina, dal punto di vista commerciale: “Basti pensare all’organizzazione prenatalizia. Ho dei clienti che ogni anno fanno le cassette personalizzate per i loro clienti”.
“Quest’anno, se chiudono tutto, le cassettine le regaleranno lo stesso? Forse no. Però io le devo preparare in anticipo, le devo preparare adesso. Cosa faccio? compro le cassette, compro le bottiglie, faccio le cotte personalizzate per poi magari sentirmi dire ‘Giancarlo mi dispiace, è tutto chiuso l’ordine non mi serve più’?”.
Siamo nel periodo in cui, dopo la crisi del 2008, ci si stava risollevando proprio grazie allo spirito artigianale. L’Italia è stata resa grande dagli artigiani. Senza andare troppo lontano da Legnano e da Milano, pensiamo a Parabiago ‘Città della calzatura’. Cambiamo regione, andiamo in Piemonte: lì ‘Ferrero’ ti inventa la ‘Nutella’. Senza citare poi tutte le eccellenze nel caffè e nell’enogastronomia”.
Pensiamo a tutti questi grandi artigiani che sono diventati specialisti nella propria nicchia, o grandissimi nomi del proprio settore. Se ammazzi questa gente, cosa trovi poi? Cosa ti resta?
Sono anni in cui sono nate tante nuove cose bellissime: birre, agricoltura di precisione, amari, distillati e via dicendo. Giovani ragazzi che hanno iniziato ed investito, credendo in un progetto che è anche culturale: tutte persone che, adesso, sono seriamente in pericolo”.
Non meno importante, la paura di perdere non solo gli “artigiani del gusto” ma anche il consumatore. Quel consumatore sempre più attento che è stato, ed è, motore del mercato artigianale. Lo stesso che ora, a fronte delle restrizioni e delle difficoltà finanziarie, rischia di “regredire” e interrompere il proprio percorso di crescita. L’orizzonte è oscuro, insomma. Da una parte e dell’altra del boccale.
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Birra AssoBirra Il settore brassicolo come leva per la rinascita dellItalia 5
AssoBirra ha formulato due proposte, una strutturale ed una congiunturale, a supporto non solo del comparto “Birra”, ma dell’intera filiera. Il tutto durante un incontro istituzionale digitale al quale hanno preso parte, oltre al presidente Michele Cason e al vice Alfredo Pratolongo, anche l’onorevole Fabio Melilli, presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, Luciano Sbraga, vice direttore generale di Fipe e Luca Paolazzi, partner di Ref Ricerche e Ceresio Investors advisor.
RIDUZIONE DELLE ACCISE
Una richiesta chiara, precisa e strutturale: riduzione della accise. L’accisa è una tassa che incide in maniera significativa su tutta la filiera, che colpisce tutti gli attori – produttori, distributori e consumatori – e che, come sottolinea Luca Paolazzi, è una tassa regressiva che ha un’incidenza maggiore sulle birre più popolari e un peso inferiore su quelle di fascia alta.
Le accise – dichiara Alfredo Pratolongo – sono salite del 30% fra il 2013 ed il 2015 aumentando il differenziale fra i prodotti. Ricordiamo infatti che la birra è l’unica bevanda da pasto sottoposta ad accisa.
Questo ha portato ad una penalizzazione degli investimenti che invece sono aumentati quando le accise erano calate nel 1,7% nel periodo precedente gli aumenti. Occorre una revisione strutturale delle accise per riportare ‘frizzantezza’ ed investimenti nel settore”.
Secondo le stime di AssoBirra una riduzione del 30% delle accise nei prossimi 3 anni sarà compensata dall’aumento dei numeri di vendita. Un aumento dei volumi che porteranno con se nuove entrate per le casse dello stato, sotto forma di Iva ed altri contributi, generando un saldo positivo.
Alfredo Pratolongo – Vice Presidente AssoBirra
CREDITO D’IMPOSTA PER LA “BIRRA ALLA SPINA”
Di natura congiunturale la seconda proposta di AssoBirra: attivare un credito d’imposta per la birra alla spina. Una misura a favore non della produzione della birra ma rivolta espressamente al consumo. Dei 9,0 mld di euro generati dal comparto ben 5,7 sono da ricondursi al canale Horeca, canale duramente colpito tanto dal lockdown della scorsa primavera quanto dalle recenti restrizioni.
La birra – sottolinea Pratolongo – crea valore e può essere un’importante supporto nel momento in cui riaprirà la ristorazione. Ad esempio in Italia si contano circa 120.000 pizzerie, basti pensare al valore aggiunto che la birra ha sullo scontrino medio di queste pizzerie.
Il credito d’imposta per i prossimi 6 mesi, 10 mesi o per un anno sulla birra alla spina porterà un beneficio agli esercizi commerciali dando più marginalità a fronte di un prevedibile calo del numero di clienti, stimolando gli imprenditori a rimanere nel business“.
“In questo momento la Birra sta chiedendo qualcosa che non è per se stessa – conclude il Vice Presidente – ma per i punti di consumo. L’Horeca è il canale che più è capace di remunerare la filiera e la cui chiusura ha penalizzato chi ha investito in qualità e posizionamento del prodotto. Durante il lockdown c’è stato un aumento dell’e-commerce ma che non sostituisce la ristorazione sul valore aggiunto”.
La proposta trova l’appoggio di Luciano Sbraga, Vice Direttore Generale Fipe, il quale sottolinea come “oltre 130 mila esercizi a novembre non saranno aperti perché svolgono la loro attività prevalentemente la sera o esclusivamente dopo le ore 18, perché mancano i turisti o i pranzi di lavoro”.
Non siamo irresponsabili ma chiediamo il rispetto come imprese. Occorre approcciare il problema dal punto di vista della filiera per stimolare la domanda. Corretto in questo senso ridurre la tassazione”.
LA BIRRA COME MOTORE DELL’ECONOMIA
Come emerge dai dati presentati da Luca Paolazzi, Partner di Ref Ricerche e Ceresio Investors advisor, il comparto Birra è uno dei motori trainanti dell’economia del paese. Un settore che nel decennio 2009-2019 ha segnato un +35% in valore, figlio di un +24% della produzione ed un export cresciuto del 98% a fronte di un calo del 4% dell’import.
Nello stesso periodo il Pil è cresciuto “solo” del 2%, l’attività manifatturiera ha segnato un +16% ed i consumi delle famiglie sono cresciuti dell’1%. La birra cresce e genera valore ad un tasso nettamente più veloce rispetto all’economia del paese.
Proprio questo poderoso tasso di crescita (+5% nel solo 2019 a fronte di un -1,3% dell’intera industria italiana), unito alla grande convivialità tipica dello spirito italiano che la birra porta con se, sono il pilastro su cui AssoBirra formula le sue proposte.
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Ha scatenato un turbinio di polemiche l’ordinanza di Regione Lombardia che vieta la vendita di alcolici dalle ore 18. Il provvedimento “anti movida”, varato per arginare Covid-19, comporta tra l’altro la chiusura delle corsie di vino, birra e bevande alcoliche al supermercato. Da giovedì 22 ottobre sarà inoltre coprifuoco per le strade, dalle ore 23.
Duri gli attacchi della clientela, che giudica “proibizionista” la misura del governatore della Lombardia, Attilio Fontana. In molti si riallacciano alle parole di Giorgia Meloni, che ha giudicato il Dpcm del Governo “più utile a combattere la cirrosi epatica che il Coronavirus”.
Non a caso, l’articolo pubblicato da Vinialsupermercato.it e rilanciato anche da altre testate nazionali (con foto rubate alla nostra redazione, come nel caso de Il Fatto Quotidiano), ha fatto il giro del web e scatenato anche l’ira di numerosi produttori di vino. Dal Nord al Sud Italia.
Dalla provincia di Pavia l’attacco di Torrevilla: “Ho indirizzato una mail all’assessore Rolfi – annuncia a Vinialsuper il presidente della cantina oltrepadana, Massimo Barbieri (nella foto, a destra) – mi auguro sia abbastanza chiara per spiegare tutto il mio disappunto per la chiusura delle corsie del vino al supermercato, dalle ore 18″.
“È un provvedimento assurdo: non ritengo che le persone che escono dal lavoro dopo le 6 del pomeriggio e intendano acquistare una bottiglia di vino siano le stesse che, in serata, facciano della movida sconsiderata. I ragazzi, tra l’altro, sono liberi di accedere ai supermercati anche di giorno: il provvedimento, in questo senso, penalizza il consumo famigliare“.
“Quella del governatore Fontana – attacca Barbieri – è un’ordinanza veramente pesante, difficile da capire. Le cantine, già penalizzate dalle perdite nel canale Horeca, nei 3 mesi di lockdown, lavorano ancora oggi al 50% del potenziale. Aggiungere anche questa ulteriore penalizzazione per le aziende di produzione e commercializzazione è una cosa veramente pesantissima”.
“Mi chiedo se chi scrive queste ordinanze abbia un minimo collegamento con la realtà: ho dei seri dubbi. Tra l’altro, da febbraio 2020, quindi con i primi casi di Covid-19, Torrevilla non ha avuto alcun piacere di avere un colloquio a livello istituzionale con chi ci amministra in Regione Lombardia: sono molto deluso“, conclude il presidente di Torrevilla.
Stesso disappunto espresso anche da Andrea Giorgi, presidente del gruppo Terre d’Oltrepò e La Versa, “Ancora una volta siamo stati colpiti da un’ordinanza che mette a dura prova il nostro lavoro. Da noi, in cantina, viene l’appassionato e il winelovers, non certo il giovane che intende fare assembramento. Siamo costretti a subire una chiusura anticipata quotidiana che ci penalizza in un momento così complicato per la vendita del vino. Avanzerò con una lettera le mie perplessità alla Regione:”
Duro anche il commento che arriva dalla Puglia, da una delle cantine più attive nella Grande distribuzione: “L’ordinanza regionale che impone lo stop alla vendita di vino e prodotti alcolici dopo le ore 18 al supermercato – sottolinea Luca Buratti, direttore vendite Italia Gdo di Notte Rossa – appare l’ennesima dimostrazione di come la politica non abbia nessuna competenza su ciò che fa“.
“Le motivazioni di tale decisione sono avvolte nelle nebbie lombarde, che in questo periodo sono tornate a farsi vedere, ma cercando di usare il buon senso, anche se qui sembra totalmente smarrito, si potrebbero ipotizzare due motivazioni alla base della decisione”.
Continua Buratti: “La prima, che sembra simile a quanto fatto per il non food durante il lockdown, potrebbe essere una sorta di “non concorrenza obbligata” della Gdo verso l’Horeca“.
“Se quest’ultima non può vendere alcolici, allora anche la Gdo non lo deve fare. Balza agli occhi di tutti che è sufficiente fare la spesa alle 17 e portarsi a casa tutto quello che serve”.
“Peraltro – aggiunge il direttore vendite di Notte Rossa (nella foto, sotto) – in questo periodo un po’ di alcol potrebbe alleviare lo stress. Ma allora non dovrebbero nemmeno vendere beni alimentari, visto che il divieto per i cittadini vale per ‘consumazione di alimenti e bevande su aree pubbliche’. Per altro confermato anche dall’obbligo di chiusura dei distributori di alimenti e bevande“.
“La seconda, non meno strampalata, potrebbe derivare dall’idea che se l’Horeca non può vendere alcolici dopo le 18 per evitare assembramenti esterni ai locali, allora la gente potrebbe andare al supermercato ad acquistare il famigerato prodotto, causa di raduni oceanici e feste pro Covid-19″, continua Buratti.
“Il mio buon senso non mi fa ipotizzare null’altro. Dando però spazio alla fantasia (fantascienza) potrei spingermi a pensare che non sapendo che cavolo fare e non avendo la minima idea delle dinamiche dei consumi, abbiano scelto questa strada tirando a casaccio i dadi o estraendo a sorte un provvedimento qualsiasi con lo scopo di far vedere che sono capaci di decidere e di fare”
L’attacco di Notte Rossa all’ordinanza di Regione Lombardia prosegue su toni molto accesi: “Questa situazione, dove ogni governatore fa quello che vuole, spesso random e senza logica, deriva dal fatto che il governo centrale non è assolutamente capace di fornire linee guida precise ed esatte, obbligando le regioni a seguirle con diligenza assoluta”.
Fa eco Paolo d’Adamo, neo responsabile vendite Gdo di Cantine Settesoli, realtà di Menfi, in Sicilia: “Penso e credo sia ancora presto per vedere effettivamente dei riscontri del provvedimento sulle vendite, che temo saranno negativi. Avremo un effetto, seppur limitato, sulle vendite in Gdo. Non ci aiuta, peraltro, sul fronte dell’Horeca, l’ulteriore decisione di Regione Lombardia relativa al coprifuoco dalle ore 23″.
Tra le critiche, anche quella del Consorzio Vino Chianti: “Vietare dalle 18 la vendita del vino nei supermercati, nelle enoteche, in tutti gli esercizi commerciali e artigianali, è una follia, un attacco al buon senso, un provvedimento incomprensibile”, commenta il presidente Giovanni Busi.
“Si vuole attaccare e criminalizzare il vino – continua – come fosse la causa degli assembramenti. La cosa incredibile, e che ci stupiamo non venga colta è che ad essere penalizzate sono soprattutto le persone che dopo il lavoro fanno la spesa e magari per cena comprano una bottiglia di vino”.
“Di solito i giovani, a cui crediamo sia rivolta questa misura, hanno più tempo libero: il vino possono comprarlo anche prima delle 18 e poi berlo fuori, per strada. Non è difficile da comprendere, ma di cosa stiamo parlando?”, chiede il presidente del Consorzio Vino Chianti, in rappresentanza dei produttori toscani. Tra questi anche Mario Piccini, che ha indirizzato una lettera ad Attilio Fontana.
La preoccupazione per le ripercussioni di questa misura sono tante. “Attaccare il settore nel canale della grande distribuzione, l’unico che ha retto e ha garantito nel corso della pandemia la sopravvivenza di molte aziende, significa non comprendere la gravità della crisi che sta mettendo in difficoltà imprese e lavoratori. La Regione Lombardia ci ripensi”, conclude il presidente del Consorzio Vino Chianti.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
È guerra della birra sulla riviera romagnola. Dopo aver “appreso con rammarico” la decisione di Unionbirrai di interrompere la collaborazione con Beer & Food Attraction e di spostare in altra sede fieristica (Parma, ndr) i propri eventi associativi, Italian Exhibition Group ha deciso di dare vita alla Rimini Beer Week.
L’evento sarà presentato nel dettaglio dal 21 al 24 febbraio 2021, proprio nell’ambito di Beer & Food Attraction 2021. La Rimini Wine Week 2021, anticipano gli organizzatori, “renderà Rimini la capitale italiana della birra, in contemporanea alla tenuta di B&FA”.
Sarà un evento diffuso che collegherà la presenza in fiera con quella nella città, dando alle aziende interessate una possibilità finora vissuta solo in altri settori ed in altri territori
“Beer & Food Attraction – continua Italian Exhibition Group – è cresciuta in modo parallelo ed efficace ai birrifici artigianali e molti produttori hanno potuto espandere la propria attività grazie alla tipologia di visitatore che caratterizza la fiera”.
B&FA continuerà quindi a proporre questo settore italiano di eccellenza al proprio pubblico qualificato, potendo contare: sulla giusta visitazione, sulla integrazione con le altre merceologie presenti in fiera, su una data favorevole al ciclo di mercato e sul consolidamento di Rimini come piazza di riferimento per la promozione e commercializzazione del settore della birra. Una serie di fattori che solo a B&FA sono presenti nella loro completezza”.
In questo senso, la Rimini Beer Week “rafforzerà il legame con il territorio”. “Si tratterà di un evento diffuso – conclude Italian Exhibition Group – che collegherà la presenza in fiera con quella nella città, dando alle aziende interessate una possibilità finora vissuta solo in altri settori ed in altri territori”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Il Consiglio Ue ha dato il via libera alle nuove accise sull’alcol che entrerà in vigore a gennaio 2022. Le norme approvate assicureranno ai piccoli produttori artigianali l’accesso a un nuovo sistema di certificazione europeo e quindi la garanzia di accesso ad accise più basse nella Ue.
La riforma prevede anche un aumento dal 2,8% al 3,5% della soglia per la birra a “bassa gradazione alcolica” che può beneficiare di aliquote ridotte. L’innalzamento della soglia è pensato tanto incentivare i consumatori a scegliere bevande alcoliche con una gradazione inferiore rispetto a quelle più forti riducendone così l’assunzione, quanto per incoraggiare le birrerie a innovare e a creare nuovi prodotti con una gradazione alcolica inferiore.
Con le nuove norme, inoltre, si chiariscono le condizioni di applicazione dell’esenzione dalle norme in materia di accise per l’alcol denaturato utilizzato, ad esempio, nei prodotti per la pulizia.
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Mc Chouffe, o “La Chouffe“, è uno dei marchi di birra belga più riconoscibili sugli scaffali dei supermercati grazie alla famosa etichetta con lo gnomo agghindato in modo diverso a seconda della tipologia di birra. Nel caso delle Brune lo gnomo appare in kilt e cornamusa a sottolineare il sapore tipicamente “Scottish” della birra.
LA DEGUSTAZIONE
Di colore ambrato molto carico e con riflessi ramati è sormontata da una schiuma beige cremosa e persistente. Al naso ricorda molto una Scotch Ale con un sentore prevalente di caramello cui si affiancano profumi di frutti rossi ed un leggera nota di banana. Un leggero tocco di spezia dolce, cannella e vaniglia, chiudono il quadro olfattivo.
Di corpo medio in bocca prevalgono le morbidezze per un sorso dolce e facile. Note di malto tostato e frutta secca accompagnano la persistenza, non lunghissima, che chiude in modo leggermente amaricante.
MC CHOUFFE
La storia della Brasserie D’Achouffe inizia sul finire degli anni ’70, nel mezzo della Vallée des Fées, “Valle delle Fate” in Belgio, quando due cognati, Pierre Gobron e Chris Bauweraerts decisero di creare la propria birra nel garage della suocera di Chris. Inizialmente considerato un hobby, il birrificio Achouffe si è sviluppò rapidamente e nel 1992 venne acquistato un nuovo impianto passando da 22 a 70 ettolitri per ogni produzione.
Il birrificio Achouffe ha da sempre prodotto solo bottiglie grandi da 75 cl introducendo la prima bottiglia da 33 cl solo nel maggio 2009. Attualmente sono otto, più le edizioni speciali, le birre in gamma.
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Birra AssoBirra Il settore brassicolo come leva per la rinascita dellItalia 4
La produzione di birra nel 2019 ha segnato un +5 %, a fonte di un -1,3% dell’intera industria italiana, creando un valore aggiunto di 9 miliardi di euro lungo una filiera che parte dalle coltivazioni di orzo e luppoli e si conclude al consumo. Filiera che coinvolge settori diversi fra loro e di cui la produzione rappresenta solo uno dei tasselli del puzzle.
AssoBirra, forte di questa considerazione e dei numeri estremamente positivi presentati oggi nell’Annual report, propone il comparto come una delle leve su cui lavorare per il rilancio del paese post lockdown. Proposte concrete, di breve e di lungo periodo, per la ripartenza.
Credito d’imposta di valore pari all’accisa sulla birra in fusto, quindi venduta alla spina, per dare immediata marginalità ai dettaglianti. Un aiuto diretto all’horeca, canale ove si sviluppano i due terzi del valore aggiunto del settore e messo in ginocchio dalla pandemia. Nel lungo periodo si rende invece necessario un intervento strutturale.
Quella che fino a ieri era una richiesta oggi è diventata una necessità – dichiara Alfredo Pratolongo, Vice Presidente di AssoBirra – Non tutti sanno che in Italia la birra è l’unica bevanda da pasto a pagare le accise, una penalizzazione assolutamente ingiustificata che ha visto un aggravio fiscale del 30% tra l’ottobre 2013 e il gennaio 2015″.
I NUMERI DEL COMPARTO
Nel 2019, la produzione di birra in Italia è passata da 16,4 a 17,2 milioni di ettolitri, in linea con il trend positivo che negli ultimi 10 anni ha visto la produzione aumentare i volumi del 35%. Al 9° posto in Europa per produzione l’Italia è cresciuta anche per quanto riguarda l’export con un volume di 3,5 milioni di ettolitri (+13%).
L’incremento ha riguardato l’intero comparto, compreso il ramo dei piccoli produttori che in Italia conta circa 850 strutture per una crescita totale del +3,8%. Risultati trainati dal consumo interno che ha raggiunto la cifra record di 34,6 litri pro-capite e che si riflettono anche sull’occupazione per un totale di oltre 144 mila occupati lungo tutta la filiera.
Il 2019 ha confermato la crescente predilezione degli italiani per la birra che assume un ruolo sempre più di rilievo nel panorama italiano e di conseguenza nell’economia nazionale – afferma Michele Cason, Presidente di AssoBirra – Tuttavia, l’emergenza sanitaria mette a rischio la sopravvivenza di molte realtà e le prospettive di crescita a medio termine”.
“Siamo convinti che le potenzialità insite nella filiera dell’orzo, così come nella coltivazione del luppolo, meritino un’adeguata valorizzazione soprattutto a livello europeo di politica agricola comune”.
LA SOSTENIBILITÀ COME VALORE
Gli investimenti in sostenibilità del comparto hanno consentito di raggiungere e superare con un anno di anticipo gli obiettivi previsti per il 2020: riduzione di acqua del 35%, di Co2 del 58%, ed energia del26%. Un altro passo in avanti nel percorso di sviluppo sostenibile dell’Italia alla luce delle sfide contenute nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Continua inoltre l’impegno delle aziende brassicole nella promozione del consumo responsabile, con campagne d’informazione mirate ad aumentare la consapevolezza dei consumatori sui rischi connessi all’abuso e all’uso scorretto delle bevande alcoliche, stimolando il confronto con le Istituzioni sulle misure da adottare congiuntamente per sensibilizzare l’opinione pubblica.
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Birra artigianale Salumi Veroni lancia Toladolsa con Birrificio Lambrate
CORREGGIO – Veroni, storico produttore di salumi, a 95 anni dalla fondazione entra oggi nel mondo della birra in collaborazione con il Birrificio Lambrate, produttore milanese tra i precursori in Italia della birra indipendente artigianale.
Tre gli stili disponibili – Pils, Ipa, Bock – del nuovo brand Toladolsa, termine dialettale emiliano che invita gli italiani a prendere la vita con dolcezza (tola-dolsa) dopo le difficoltà di questo ultimo periodo, disponibili in lattina.
“Abbiamo voluto scegliere un partner che si distingue per la scelta di materie prime naturali e di alta qualità, nonché per i metodi di lavorazione che preservano le proprietà organolettiche e il tipico sapore aromatico della birra non filtrata e non pastorizzata”, commenta Marco Fattori, responsabile vendite NT Italia di Veroni.
Abbiamo optato per un formato non usuale forse per le birre artigianali, quello in lattina di alluminio, perché volevamo poter preservare al massimo la qualità del nostro prodotto e sfruttare a pieno la nostra catena del freddo che può consegnare a oltre 5000 punti vendita al dettaglio in tutta Italia”.
La lattina di alluminio sta incontrando sempre più l’approvazione degli esperti e degli appassionati della birra artigianale per numerosi motivi: la pellicola neutra che riveste l’interno assicura il mantenimento delle proprietà organolettiche, mentre la protezione totale dai raggi Uv e dalla luce e l’assenza di ossigeno data dalla chiusura ermetica migliorano la conservazione del prodotto.
Il pack, oltre ad essere ecosostenibile, è facilmente trasportabile e immagazzinabile e favorisce un raffreddamento più rapido della birra. Sfruttando inoltre la catena del freddo già attiva per i prodotti salumi Veroni, Toladolsa arriva direttamente nei punti vendita fresca e senza aver subito sbalzi termici, garantendo ancora di più la qualità del prodotto.
Dal 2015 il trend della birra è in forte aumento in Italia che nel 2019 ha registrato un aumento del 3,3% rispetto allo 0,8% della birra commerciale. Le donne sono diventate le nuove consumatrici di birra (in Italia il 70% la beve abitualmente mentre gli uomini sono il 77%), clienti attente, che cercano varietà e vogliono scoprire nuovi gusti. Con il suo design accattivante, la birra Toladolsa punta alla generazione dei più giovani, ai Millennials e alla generazione Z.
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Unionbirrai vuole la birra artigianale al supermercato Basta integralismo vittorio ferraris gdo 2
Il mondo dei publican, ovvero i gestori di pub e birrerie specializzate? “Estremamente autoreferenziale“. Un segmento “piacevole, bello, costruttivo” da cui, però, i produttori di birra artigianale dovrebbero sdoganarsi. Perché “rischia di non far uscire da quella cerchia del 3.7% di consumatori abituali“. Parole di Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai intervenuto nei giorni scorsi a un webinar organizzato dall’Associazione Donne della Birra.
Una vera e propria chiamata a una rivoluzione di concetto e di approccio al mercato, solo in parte frutto di elucubrazioni dettate dall’emergenza Covid-19 e dal periodo di lockdown che ha messo in ginocchio l’Horeca.
Di fatto, come riportato da Vinialsupermercato.it il 12 giungo, Unionbirrai ha ufficializzato un accordo con Aspiag Service, concessionaria dei supermercati Despar per Triveneto ed Emilia Romagna, utile a inserire le birre di 12 realtà brassicole artigianali di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige sugli scaffali di 39 punti vendita del territorio di appartenenza del birrificio. Solo un punto di partenza.
Secondo il numero uno dei piccoli produttori italiani di birra artigianale, il settore deve cercare altri sbocchi rispetto agli attuali, per trasformarsi da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa. Mostrando le reali differenze tra la “birra industriale” e quella più fedele alle tradizioni brassicole.
Durante il webinar, Ferraris (nella foto) ha infatti espresso la necessità di “aprire canali distributivi diversi da quelli su si è sempre lavorato”. In una parola, l’auspicio è per un’apertura maggiore dei micro birrifici nei confronti della Grande distribuzione organizzata, ovvero al mondo dei supermercati che operano in Italia, come appena accaduto con Despar.
Il grande slancio verso l’e-commerce, durante il lockdown, è stato da esempio e da maestro. “Il blocco dell’Horeca ha azzerato il consumo in mescita, ma gli appassionati ci hanno cercato lo stesso e con volumi assolutamente importanti” ha evidenziato Ferraris.
La difficoltà di reperire la tanto desiderata “artigianale”, del resto, è emersa in diversi sondaggi: i consumatori dichiarano di non consumare birra artigianale italiana “perché non la trovano”. L’approvvigionamento diventa così un problema più pressante di quello del prezzo.
“Noi non abbiamo accesso alla Gdo – ha sottolineato a chiare lettere il direttore di Unionbirrai – e quindi il nostro canale distributivo è sempre stato un altro. Ma il mondo della Gdo è imprescindibile! Non possiamo pensare che l’integralismo del mondo artigianale veda questa barriera netta tra i mercati”.
Indispensabile, però, che ogni canale rispetti i presupposti fondamentali della birra artigianale: la territorialità, la conservazione ed una politica di prezzi adeguata. Presupposti e problematiche, ha fatto intendere Ferraris, che possono essere affrontate in modo più semplice e costruttivo proprio con i canali distributivi più grandi e strutturati.
Basti pensare al problema della catena del freddo: è più facile pensare al trasporto refrigerato da parte delle insegne della Grande distribuzione che del singolo corriere espresso, per una consegna a privato di poche bottiglie.
L’obiettivo di Unionbirrai è dunque quello di lavorare su più fronti, ovvero supermercato ed e-commerce, per “fare i conti con un sistema che deve essere in equilibrio sempre perfetto“. “Viviamo in un mondo totalmente artigianale e rappresentiamo anche una filiera vera e propria, che è fatta da produzione, distribuzione e somministrazione”, ha aggiunto Ferraris, prima di una conclusione che non lascia spazio a interpretazioni.
“E un mondo che deve sfruttare questo momento particolare per crescere. E può crescere solo se la nostra birra la facciamo arrivare su tutti i canali, nel rispetto delle regole anche deontologiche”. In alto i calici.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Volantini di fine giugno verso lestate senza guizzi
Prosegue l’analisi dei volantini dei supermercati del mese di giugno 2020, con le promozioni valide nei prossimi giorni. Lo scenario è sostanzialmente poco avvincente, nella maggior parte delle insegne della Gdo.
La “cantina” di Esselunga propone questa volta promozioni di vini 1+1, alcune super vantaggiose. Sconti per titolari di carta Fidaty e “prezzi corti” legati anche all’iniziativa “Lombardia in Tavola“.
Bene in Conad la promozione sulle 6 bottiglie di Bonarda Doc della cooperativa Cantina Valtidone a 9,90. Nessuna promo da strapparsi i capelli da Iperal e Tigros, che danno più spazio speciali aperitivi o birra: a questo link l’analisi dell’offerta brassicola.
Volantino Aldi, dall’8 al 14 giugno Trebbiano d’Abruzzo Doc: 1,29 euro (3 / 5)
Volantino Auchan, dal 4 al 17 giugno Vermentino di Sardegna Doc, Sella & Mosca: 4,99 euro (3,5 / 5)
Primitivo di Manduria Doc, Marcianti: 3,49 euro (3 / 5)
Valpolicella Ripasso Doc Araia, Cantina di Soave: 4,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg, Cecchi: 5,49 euro (3,5 / 5)
Volantino A&O, dal 3 al 16 giugno Vino Cabernet “Le vie dell’Uva”: 2,89 euro (3 / 5)
Vino bianco frizzante “Freschello”, Cielo & Terra: 1,99 euro (2,5 / 5)
Vino Valpolicella Ripasso “Le vie dell’Uva”: 6,50 euro (3,5 / 5)
Volantino Bennet, dal 4 al 17 giugno Spumante Prosecco Doc “Campo del Passo”: 2,98 euro (3 / 5)
Chianti Docg, Cecchi: 3,59 euro (3,5 / 5)
Volantino Carrefour Market, dal 5 al 15 giugno Negroamaro Salento Igt / Bianco Sicilia Igt Botte Buona, Caviro: 1,49 euro (3 / 5)
Bonarda Oltrepò pavese Doc, Terre dei Passeri: 1,69 euro (2 / 5)
Vini La Calenzana: 2,75 euro (3 / 5)
Chianti Docg / Orvieto Doc Poggio al Sole: 2,75 euro (3 / 5)
Nero d’Avola Sicilia Doc, Rapitalà: 4,19 euro (5 / 5)
Trento Doc Brut, Rotari (Gruppo Mezzacorona): 7,49 euro (5 / 5)
Volantino Carrefour, dal 5 al 15 giugno (1+1)
Inzolia / Grillo/ Nero d’Avola / Syrah Igt Terre dei Vespri: 6 euro (2 pezzi) (3 / 5)
Malvasia Nera / Primitivo / Negroamaro Igp “Centocampi”, Cantine Coppi: 3,99 euro (3,5 / 5)
Bonarda Oltrepò pavese Doc, Terre dei Passeri: 1,69 euro (2 / 5)
Vermentino di Sardegna / Rosé di Alghero Doc, Sella & Mosca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Chardonnay alto Adige Doc “Kössler”: 6,99 euro (5 / 5)
Müller Thurgau Doc, St. Michael Eppan (San Michele Appiano): 8,70 euro (5 / 5)
Volantino Carrefour Express, dall’11 al 23 giugno
Umbria Igt Vipra Bianca: 4 euro (3,5 / 5)
Sangionvese Puglia Igt Il Feudo: 1,79 euro (2,5 / 5)
Linea Vini Maschio: 2,49 euro (2,5 / 5)
Volantino Coop, dall’11 al 23 giugno Vini Cavit Trentino: sconto 40% (3,5 / 5)
Volantino Conad, dal 10 al 22 giugno Bonarda Doc Valtidone: 6 pezzi 9,90 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Reggiano Doc Ca de Medici: 2,99 euro (3,5 / 5)
Pinot Grigio Doc Cavit: 3,98 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Doc Cantina Manzini: 1,99 euro (3 / 5)
Prosecco Doc Maschio: 3,69 euro (3 / 5)
Freschello Bianco o Rosè: 1,45 euro (2,5 / 5)
Volantino Conad City dal 10 al 22 giugno Passerina Offida Docg Barò: 3,99 euro (3,5 / 5)
Sangiovese Rubicone Igp Montaia: 3,98 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Zonin: 3,99 euro (3,5 / 5)
Volantino Crai, fino al 24 giugno Dogliani Docg, Cantina Clavesana: 3,00 euro (5 / 5)
Chianti Docg / Orvieto Doc, Piccini: 3,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Despar, dal 28 maggio al 17 giugno – “1+1 gratis” Prosecco Treviso Doc Santa Bona: 4,79 euro (3 / 5)
Dolcetto Piemonte Sant’Andrea: 2,29 euro (3 / 5)
Volantino Esselunga, dall’11 al 24 giugno
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Le Fade: 1+1 7,99 euro (5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Cantina del Giogantinu: 1+1 7,69 euro (3,5 / 5)
Chianti Riserva Docg Collezione Oro Piccini: 1+1 7,90 euro (5 / 5)
Primitivo del Salento Cantine Due Palme: 1+1 4,49 euro (5 / 5)
Franciacorta Docg Castel Faglia: 9,90 euro (5 / 5)
Lugana Dop Cà Maiol: 5,67 euro (4,5 / 5)
Bonarda Conte Vistarino: 4,18 euro (5 / 5)
Volantino Eurospin, dall’11 al 25 giugno Prosecco Doc Treviso: 2,49 euro (3 / 5)
Volantino Famila Superstore, fino al 24 giugno Prosecco Doc Extra Dry, Valdo: 2,99 euro (3,5 / 5)
Volantino Iper Famila Galassia, dal 4 al 17 giugno Nessun vino da segnalare
Volantino Iper Famila Galassia, dal 4 al 17 giugno – “Speciale Sapori Regionali” Barbera del Monferrato Doc Barone Stabilini: 2,98 euro (3 / 5)
Piemonte Doc Chardonnay Barone Stabilini: 2,99euro (3 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo Vicobarone: 1,99 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Terre da Vino: 3,59 euro (3,5 / 5)
Cortese Alto Monferrato Duchessa Lia: 2,99 euro (3 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo Valtidone: 2,29 euro (3,5 / 5)
Volantino Gulliver, dal 4 al 17 giugno Valdobbiadene Docg Prosecco Marca Oro Valdo: 3,99 euro (3,5 / 5)
Sicilia Doc Inzolia Settesoli: 3,49 euro (3,5 / 5)
Sicilia Doc Syrah Settesoli: 3,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Il Gigante, dal 4 giugno al 17 giugno – “50×50” Chianti Docg Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,29 euro (3,5 / 5) Valdobbiadene Superiore Docg Prosecco Superiore Docg Porta Leone Millesimato Extra Dry: 4,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco di Sorbara / Grasparossa o Castelvetro Chiarli: 2,69 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Treviso Coste Petrai: 3,99 euro (3,5 / 5)
Sicilia Doc Inzolia Settesoli: 3,49 euro (3,5 / 5)
Sicilia Doc Syrah Settesoli: 3,49 euro (3,5 / 5)
Bardolino Doc/Chiaretto o Soave Doc Cantine Pasqua: 2,89 euro (3,5 / 5)
Volantino Il Gigante dal 21 maggio al 28 giugno – “La Carta dei vini” Pignoletto frizzante Modena Doc Villa Cialdini Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Brut Millesimato Vecchia Modena: 3,49 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Grasparossa Doc Il Baluardo Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Lounge Astoria: 3,79 euro (3,5 / 5)
Cortese Monferrato Casalese Doc Barlet Cantina Produttori del Monferrato: 3,39 euro (4 / 5)
Grignolino Monferrato Casalese Doc Barlet Cantina Produttori del Monferrato: 3,39 euro (4 / 5)
Erbaluce di Caluso Docg Serchè Produttori del Monferrato: 3,49 euro (4 / 5)
Barbera Monferrato Sup. Docg Serchè Produttori del Monferrato: 3,99 euro (4 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Monte Schiavo Villa Le Querce: 2,99 euro (3,5 / 5)
Bianco Vergine della Valdichiana Doc Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,79 euro (3,5 / 5)
Rosso di Montepulciano Doc Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,79 euro (3,5 / 5)
Nobile di Montepulciano Docg Vecchia Cantina di Montepulciano: 5,49 euro (3,5 / 5)
Sangiovese Rosato Igt Vecchia Cantina:2,79 euro (3 / 5)
Ribolla Gialla Igt Borgo dei Vassalli: 4,99 euro (3,5 / 5)
Sauvignon Blanc Isonzo Doc Borgo dei Vassalli; 4,99 euro (3,5 / 5)
Viogner Sicilia Doc Gurgò Cantine Paolini: 3,79 euro (5 / 5)
Nero d’Avola Sicilia Doc Gurgò Cantine Paolini: 3,79 euro (3,5 / 5)
Pecorino Igt Terre di Chieti Sinello: 3,79 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Riserva Sinello: 3,89 euro (3,5 / 5)
Valpolicella Ripasso Doc Pagus Bisano: 6,99 euro (4,5 / 5)
Chiaretto Bardolino Doc Pagus Bisano: 2,99 euro (4 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc Produttori di Portacomaro: 4,99 euro (4,5 / 5)
Roero Arneis Docg Produttori di Portacomaro: 4,99 euro (4,5 / 5)
Chianti Docg Il Masso: 2,99 euro (3 / 5)
Cabernet, Merlot, Shiraz Asiotus: 3,69 euro (3,5 / 5)
Roscio Amerino Rosso Igp Castello delle Regine: 3,89 euro (3,5 / 5)
Bianco d’Ameria Igp Castello delle Regine: 3,89 euro (3,5 / 5)
Pecorino Igt Colline Pescaresi Tenuta del Priore: 3,59 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Tenuta il Priore: 3,59 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Toscana Igt Fattoria Il Palagio: 4,19 euro (4 / 5)
Passerina Marche Igt Tenuta De Angelis: 4,79 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Uttieri: 4,99 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Gewurztraminer Astoria: 6,19 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Cala dei Mori: 4,39 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc La Ghironda Fraccaroli: 6,29 euro (4 / 5)
Chiaretto Garda Classico Doc Vigne di Gema: 6,29 euro (4 / 5)
Prosecco Millesimato Doc Treviso Le Contesse: 3,99 euro (3 / 5)
Spumante Cuvèe Millesimato Extra Dry Coste Petrai: 3,29 euro (3 / 5)
Spumante Asti Docg Gancia: 3,79 euro (3,5 / 5)
Spumante Brut Alta Langa Metodo Classico SanSilvestro: 7,99 (4,5 / 5)
Dolcetto Alba Doc SanSilvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Alba Doc SanSilvestro: 3,89 euro usr 3.5]
Moscato d’Asti Docg Icardi: 4,89 euro (5 / 5)
Barbaresco Docg Icardi: 9,59 euro (5 / 5)
Chianti Docg Piandaccoli: 4,99 euro (5 / 5)
Lambrusco Emilia Igt Senzatempo Riunite: 2,99 euro (3,5 / 5)
Cabernet Toscana Igt Colle al Sasso Famiglia Petracchi: 3,85 euro (3,5 / 5)
Merlot Toscana Igt Colle al Sasso Famiglia Petracchi: 3,59 euro (3,5 / 5)
Primitivo di Manduria Doc Selezione Luigi Guarini: 4,99 euro (3,5 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Campone Frescobaldi: 14,39 euro (5 / 5)
Rosso di Montalcino Doc Poggio Salvi:8,39 euro (5 / 5)
Spanna Doc Il Massoroccato: 4,99 euro (4 / 5)
Volantino Iper, dal 5 giugno al 14 giugno – “La Grande Dolcezza”
Prosecco Doc, Ribolla Gialla o Cuvèe Rosè Villa Folini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Custoza Doc, Bardolino Doc o Soave Doc Cadis: 2,99 euro (3,5 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Fazi Battaglia: 3,49 euro (5 / 5)
Passerina Igt Fazi Battaglia: 3,49 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Modena Doc Corte Rosa, Chiarli: 1,99 euro (3,5 / 5) Montepulciano d’Abruzzo, Cerasuolo o Pecorino Igt Bio Natum Agriverde: 3,49 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Brut Cantina Pedres: 4,79 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Sangusta Pedres: 4,79 euro (4 / 5)
Barbera Doc Appassimento San Silvestro: 4,45 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Extra Dry I Magredi Valdo: 3,99 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Il Penacin Grandi Vigne: 5,95 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg La Fagnina Grandi Vigne: 4,69 euro (3,5 / 5)
Volantino Iperal, dal 10 al 23 giugno
Chianti Docg Campana Melini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumanti Rosé Valdo: 5,19 euro (3 / 5)
Volantino Iperal, dal 10 al 23 giugno (Valido solo a Castione e Fuentes) Chianti Docg Antica Sala Sensi: 2 euro (3,5 / 5)
Vini Terre Fredde Tre Venezie: euro (3,5 / 5)
Lambrusco Rosato Doc Civ: 2 euro (3 / 5)
Linea Vini Sette Archi: 3 euro (3 / 5)
Linea Vini Grigolli: 3 euro: (3,5 / 5)
Linea Vini Le Vie Del Canto: 3 euro (3 / 5)
Sicilia Doc Nuttata o Mattinata Madaudo: 3 euro (3,5 / 5)
Linea Vini Spinelli Rue di Piane: 2,99 euro (3,5 / 5)
Inzolia o Nero d’Avola Shedar: 2,19 euro (1,5 / 5)
Muller Thurgau Durello Maximilian I: 3,39 euro (3 / 5)
Muller Thurgau Concilio:3,90 euro (3,5 / 5)
Prosecco Asolo Docg Dal Bello: 4,99 euro
Trento Doc Rotari:6,90 euro (5 / 5)
Franciacorta Brut Docg Solive: 9,95 (4 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Scudo Verde Ca Val:5,19 euro (3,5 / 5)
Spumante Garda Doc Maximilian I: 2,99 euro (3 / 5)
Spumante Gran Cuvèe o Rosè Canel: 2,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Ipercoop, dal 4 giugno al 17 giugno
Barbera del Monferrato o Dolcetto d’Acqui Capetta: 3,20 euro (3 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Loggia del Sole: 1,97 euro (3 / 5)
Prosecco Doc, Zonin: 3,99 euro (3,5 / 5)
Volantino Lidl dall’ 8 giugno al 14 giugno
Negroamaro Salento Igp: 1,49 euro (3 / 5)
Ruchè di Castagnole Monferrato: 4,99 euro (3,5 / 5)
Lugana Dop: 4,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Pam, dall’11 al 24 giugno Chianti Docg Rifugio del Vescovo: 2,90 euro (3 / 5)
Müller Thurgau o Chardonnay Mastri Vernacoli Cavit: 3,99 euro (3,5 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Le Calleselle: 3,99 euro (3 / 5)
Penny Market, dal 4 al 10 giugno Grillo Bio Rocche di Issu: 2,29 euro (3 / 5)
Chianti Docg: 1,89 euro (2,5 / 5)
Solopaca Doc bianco/rosso: 1,49 (2,5 / 5)
Volantino Simply Market, dal 4 al 17 giugno Vermentino di Sardegna Doc, Sella & Mosca: 4,99 euro (3,5 / 5)
Primitivo di Manduria Doc, Marcianti: 3,49 euro (3 / 5)
Valpolicella Ripasso Doc Araia, Cantina di Soave: 4,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg, Cecchi: 5,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Tigros dal 10 al 22 giugno Oltrepò Pavese Bonarda Sole: 1,49 euro (2,5 / 5)
Vini Terre Siciliane Il Roccolo: 2 pezzi 4 euro (2,5 / 5)
Lambrusco Vecchia Modena Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Est!Est!Est!Montefiascone Bigi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Fiano o Greco Ante Hirpis:2,69 euro (3 / 5)
Chianti Classico Giglio del Duca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Garda Doc Valdo: 3,89 euro (3,5 / 5)
Vini Natum Bio Pecorino, Montepulciano: 3,98 euro (3,5 / 5)
Chardonnay, Syrah Rapitalà: 4,49 euro (5 / 5)
Spumanti Linea M.O Mionetto: 6,90 euro (3,5 / 5)
Cannonau Sardegna Cantina Pedres: 9,90 euro (4 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Cantina Pedres: 9,90 euro (4 / 5)
Volantino Unes/U2, dal 10 al 23 giugno Rosatello Ruffino: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Giospago: 4,89 euro (3 / 5)
Pecorino Antichi Poderi Leopardi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Freisa d’Asti Duchessa Lia: 3,19 euro (3,5 / 5)
Cotes Du Rhone: 3,19 euro: (3 / 5)
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Campari punta sulla Cina nel tentativo di ravvivare le vendite colpite dalla crisi del coronavirus avviando dei test per portare l’Aperol, il prodotto di punta dell’azienda, nel paese simbolo dei mercati orientali. “I test sono iniziati poche settimane fa e andranno avanti fino alla fine del primo trimestre del prossimo anno” – ha detto Kunze-Concewitz, Amministratore Delegato della società, aggiungendo che i test sono in corso in più di cinque delle maggiori città della Cina.
L’ingrediente principale del popolare cocktail Aperol Spritz, ha guidato le crescite dell’azienda nel corso degli ultimi anni anche grazie alla popolarità tra i consumatori che postano sui social media. La sua espansione, tuttavia, si è arrestata bruscamente nel primo trimestre, a causa della crisi del coronavirus, con vendite in calo del 5,3%. Le vendite di Aperol sono diminuite dello 0,2% su base annuale, dopo aver riportato una crescita del 20,5% nel 2019.
“Una grande fonte di domanda per Aperol è la ricerca di un’alternativa alla birra e la Cina rappresenta un enorme mercato della birra. È per questo che crediamo fortemente che ci sia un’opportunità per lo sviluppo di Aperol in Cina” – ha detto Kunze-Concewitz. Secondo Campari infatti in molti paesi i consumatori si sono spostati dalla birra all’Aperol Spritz.
Ora il gruppo milanese intende raggiungere lo stesso obiettivo in Cina, facendo leva sulla popolarità dell’Aperol come prodotto simbolo dello stile di vita italiano, che i turisti possono assaggiare solo durante le loro vacanze in Europa. Le vendite di Campari in Cina nel 2019 ammontavano a meno dell’1% del fatturato totale dell’azienda (pari a 1,843 miliardi di euro).
Campari ha recentemente acquisito il 49% di Tannico, piattaforma di e-commerce italiana di vini e premium spirit, impegnandosi così a sviluppare vendite al di là dei punti vendita per prodotti alimentari e bevande, per far fronte ai cali dovuti alla chiusura dei bar e dei ristoranti nei suoi mercati tipici, investendo sul’e-commerce e di digital marketing.
Negli Stati Uniti, il mercato principale di Campari, le cosiddette vendite “off-premise” sono aumentate tra il 50% e 60% ad aprile e maggio, su base annuale, compensando quindi le contrazioni delle vendite nei bar e ristoranti. Ciò è avvenuto anche in Canada, Australia, Germania e Nord Europa.
In Italia, il secondo maggior mercato di Campari, l’incremento delle vendite nei supermercati e via e-commerce visto ad aprile e a maggio non è stato sufficiente a compensare il calo del consumo nell’horeca. Di conseguenza, il coronavirus infliggerà ulteriori danni nel secondo trimestre, durante l’alta stagione per gli aperitivi.
“Il coronavirus avrà un impatto negativo maggiore sulle nostre operazioni nel secondo trimestre, anche se il consumo negli ultimi mesi è incoraggiante” secondo l’Amministratore Delegato.
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Ristoranti e wine delivery la carta del vino va ripensata. Prezzi compresi
Prezzo d’acquisto (da parte del ristoratore) moltiplicato per due o per tre (per il cliente), quando va bene. È a queste cifre che siamo abituati ad acquistare (e bere) il vino al ristorante. Sui “ricarichi” – a volte giusti, a volte esorbitanti – incide il servizio al tavolo, il tovagliato, la qualità dei bicchieri, la presenza o meno di un sommelier in sala e, ovviamente, il livello della cucina.
Pensare oggi di applicare gli stessi prezzi della carta vini del ristorante al wine delivery è il grande errore che sta compiendo una buona fetta della ristorazione, nel riorganizzarsi a fronte del lockdown da Coronavirus. Un discorso che vale pure per la Coca-Cola, o per l’acqua. Insomma, per tutta la lista dei drink.
Drink al prezzo del ristorante in una carta delivery attiva dal 12 maggio: acqua a 1 euro, Coca-Cola a 3, birra Becks a 4 euro
Alcuni ristoranti, così come le enoteche che abbinano il “food” al “wine“, sembrano non aver compreso la lezione di insegne come Signorvino. Il brand del gruppo Calzedonia, che non rinuncia ad aprire punti vendita confermando in toto il programma di aperture per i prossimi anni, ha fatto scuola su questo fronte.
Da Signorvino si consuma il vino al tavolo, servito alla corretta temperatura da un “wine expert“, allo stesso prezzo d’acquisto a scaffale. Senza “ricarico”. Motivo in più per ripensare la carta vini prima dell’avvio della consegna a domicilio, rinunciando a un poco di margine per incentivare le vendite e le rotazioni delle proprie etichette, sotto “lucchetto” per via del lockdown. Magari con proposte di abbinamento al food delivery, studiate ad hoc.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
L’ultima novità di casa Unionbirrai è UB Academy, una piattaforma pensata per la formazione online con corsi e approfondimenti dedicati al mondo della birra artigianale italiana. Il portale è disponibile per i soci e i gli iscritti alle lezioni del primo semestre dei corsi di degustazione, rimandati a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. Ma presto sarà a disposizione di tutti gli altri associati.
“UB Academy era già nei nostri programmi – spiega Simone Monetti, Segretario Nazionale di Unionbirrai – ma siamo riusciti ad accelerare i tempi perché volevamo dare la possibilità ai nostri soci e corsisti di continuare la formazione anche in questo periodo di lontananza”.
“Guardiamo però anche al futuro – continua Monetti – e per questo abbiamo voluto creare una piattaforma interamente di proprietà di Unionbirrai, senza affidarci a server di pubblico dominio, in modo da poterla implementare anche nei prossimi anni, offrendo sempre più contenuti”.
Il portale mette a disposizione degli appassionati un calendario in continuo aggiornamento di contenuti live e on demand: dagli approfondimenti monografici dedicati alla storia della birra e dei singoli stili, fino agli abbinamenti con le diverse pietanze e alle curiosità del mondo brassicolo.
UB Academy è stata pensata inoltre per i soci produttori, con lezioni tecniche dedicate alle normative vigenti e ai temi di attualità, e per gli Unionbirrai Beer Taster, a cui vengono riservati Master di formazione e corsi di aggiornamento.
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RIMINI – La 6° edizione di Beer&Food Attraction, la manifestazione dedicata a tutta la filiera dell’eating out targata Italian Exhibition Group, si terrà alla Fiera di Rimini dal 15 al 18 febbraio 2020.
Beer&Food Attraction si conferma riferimento di un comparto nel quale il mondo delle birre e delle bevande dialoga con quello food, per proporre a tutti gli operatori dell’out of home un’esperienza unica. Si consolida come piattaforma per tutti i nuovi e contemporanei modi del bere e mangiare fuori casa, anticipando le esigenze del mercato dei prossimi anni e lanciando tendenze e novità.
Non è un caso che Löwengrube, la nota catena italiana di ristoranti birreria, che promuove lo stile originale della bierstube bavarese con oltre 25 punti vendita in franchising, abbia scelto proprio Beer&Food Attraction. Sempre in ambito food sono di rilievo le conferme da parte di aziende leader come Marr, Pregis, Greci, Demetra e Menù.
Lo sviluppo di nuovi modelli di eating out è confermato anche da aziende che fanno il loro esordio in fiera: Fiorucci con gli hot-dog, Heinz e Develey con le salse, per fare qualche nome, sono un chiaro segnale del nuovo posizionamento della manifestazione.
Vanno in questa direzione anche le novità in tema di eventi: il Pizza Experience, format che si terrà all’interno della Pizza Arena (padiglione A3), vedrà una serie di show cooking, contest e academy con alcuni dei più grandi pizzaioli italiani e non, evento organizzato da IEG in collaborazione con la rivista Pizza e Pasta Italiana.
Italian Exhibition Group e la Federazione Italiana Cuochi riaffermano inoltre a Beer & Food Attraction per i prossimi tre anni i Campionati della Cucina Italiana, che vedranno il confronto tra i più grandi cuochi provenienti da tutte le regioni italiane.
Novità 2020 sarà il contest dedicato allo Street Food, ormai un must, con ricette che spesso nascono dalla tradizione e sono poi rivisitate con ingredienti e gusti innovativi. Una sfida tra chef a colpi di profumi e sapori con un unico obiettivo: proclamare il miglior Street Food d’Italia.
Eccezionale è anche la risposta da parte dei birrifici artigianali, che hanno già superato le vendite di spazi del 2019 e si confermano il cuore pulsante della manifestazione. Da segnalare le conferme di Baladin, Nuovo Birrificio Italiano, Birrificio Lambrate e dei Mastri Birrai Umbri.
Vanno alla grande anche le aree dedicate alle birre speciali, con gli importanti ritorni, tra gli altri, di Menabrea e Bitburger e le conferme di Forst, Warsteiner, Birra Castello, Birra del Borgo e Birra Amarcord. Crescono anche gli spazi di Interbrau, Radeberger, Brewrise, Ales & Co. e Cuzziol, per citarne alcuni.
Riconfermato a Rimini l’International Ho.Re.Ca Meeting di Italgrob – Federazione Italiana Distributori HoReCa – con un’importante crescita del settore del beverage. Appuntamento immancabile per Coca-Cola, Red Bull e Pepsico, che hanno già confermato di esserci per il secondo anno consecutivo.
A conferma che l’arte della Mixology cresce sempre di più in una manifestazione che ambisce a diventare capitale dell’Ho.Re.ca.
Non poteva inoltre mancare la contemporaneità con BB TECH Expo, fiera professionale delle tecnologie per birre e bevande. In esposizione le più innovative tecnologie processing e di imbottigliamento.
Anche l’edizione 2020 si rivolge esclusivamente agli operatori professionali della filiera. La sola giornata di sabato 15 febbraio sarà aperta al mondo dei foodies e beer lovers.
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Nel calice vincono le tradizionali bollicine (Prosecco e spumanti continuano la loro crescita ininterrotta). Per la birra è un veroboom (7 milioni di ettolitri nei primi 6 mesi del 2019). E spunta la nuova moda delle acque aromatizzate (negli ultimi 12 mesi le vendite a valore registrano un +164,7%) a fronte di un calo delle bibite gassate. Un altro segno inequivocabile della tendenza salutista in corso.
È quanto emerso oggi a Milano, sul fronte del beverage, in occasione della presentazione del Rapporto Coop 2019, che fotografa l’Italia dei consumi. Più in generale, negli acquisti al supermercato vince l’instant food (+9,3% in un anno) e tra le nuove tendenze approdate giocoforza anche nella grande distribuzione si ritaglia uno spazio preponderante l’offerta di sushi.
Il 42% degli italiani è un assiduo acquirente. Non è un caso quindi che, mentre si riduce per la prima volta la spesa per smartphone (-1,6% da gennaio a luglio 2019), esploda il fenomeno delle instant pot, le pentole elettriche (+72,8% le vendite nei primi 7 mesi dell’anno), che promettono successi culinari istantanei.
In questa rivoluzione gastronomica perdiamo di vista anche il concetto di “portata”. Al primo e secondo piatto della tradizione privilegiamo gli snack (dolci o salati, poco importa, crescono entrambi a doppia cifra), ma anche frutta e verdura meglio se già confezionate, le barrette sostitutive dei pasti e tutto ciò che può rappresentare un piatto pronto.
Il carrello degli italiani si riempia di fibre e proteine (nel 2018 su Google alla parola proteina sono associate 64 milioni di ricerche) a scapito di grassi e carboidrati. Il 2019 segna dunque, dopo anni di riduzione dei consumi il grande ritorno della carne (+3,5% le vendite nel 2019), soprattutto italiana.
L’italianità è infatti l’altro tema chiave se si fotografano le ultime tendenze in fatto di cibo e arriva a contare di più persino rispetto al sapore e al prezzo. Il 78% dei consumatori è rassicurato dall’origine 100% italiana e questi prodotti crescono del +4,8% in un anno (2018 su 2017). Sicurezza è la parola vincente anche a tavola.
Interessanti, ancora più in generale, le conseguenze dei cambiamenti climatici che, entro il 2100, finiranno per favorire i Paesi del Nord Europa, a discapito di quelli del Sud. L’Italia si presenta “vulnerabile” agli effetti del climate change, al quinto posto in questa speciale classifica, dopo Albania, Macedonia, Romania e Bosnia.
Clamoroso, sempre in questo campo che coinvolge direttamente centinaia di migliaia di agricoltori, il dato sull’utilizzo dei fondi europei relativi ai danni del meteo. L’Italia è il primo Paese per fondi ricevuti (19 miliardi) ma l’ultimo per utilizzo (5,3 miliardi).
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Suvvia, capita a tutti: entriamo al supermercato ed acquistiamo una birra economica. Quel peccattuccio che agli amici amanti della birra (quelli che “ne sanno”) non confessi perchè se no “chissà che cosa pensano”. Eppure esplorare il mondo delle birre economiche può rivelarsi uno sport divertente ed utile.
Oggi ci regaliamo la possibilità di assaggiare Perlenbacher Strong, una bionda tedesca (acqua, malto d’orzo ed estratto di luppolo gli ingredienti dichiarati in etichetta) di buona gradazione (7,9%) distribuita in Italia da Lidl in latina da mezzo litro (come la gemella Hefeweissbier).
LA DEGUSTAZIONE
Biondo dorato. Schiuma voluminosa ma non molto persistente. Al naso apre su di un sentore metallico che però svanisce rapidamente lasciando posto ad una nota luppolata piacevole che ricorda molto le pils. In bocca la carbonatura si rivela leggera, contribuendo a pulire il palato senza però nascondere il sapore della birra stessa. Semplice e tuttavia intensa se la gioca solo sulla dolcezza del malto e l’amaro-aromatico del luppolo che a tratti porta la mente alla mela rossa ed alle castagne. Sorso abbastanza pieno che però non è supportato da una persistenza degna di nota.
Una birra “easy”, forte quanto basta, che svolge bene il suo lavoro soprattutto se consideriamo il suo prezzo di vendita. Una birra che può facilmente piacere ai bevitori di quei marchi commerciali noti per la loro “forza” o “amarezza” che, schiettamente detto, costano alla bottiglia da 33cl molto di più.
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È la birra giapponese per definizione, la più venduta nel Paese del Sol Levante. In Italia è facilmente reperibile in Gdo, la si trova praticamente in ogni sushi bar e spesso viene pure regalata come omaggio quando acquistiamo sushi da asporto. Si tratta di Asahi Super Dry, la birra bandiera di Asahi Breweries che da poco più di un anno viene prodotta per l’Italia e l’Europa nello stabilimento Peroni di Padova.
LA DEGUSTAZIONE
Colore biondo, schiuma bianca mediamente persistente. Al naso, sottile e poco intensa, prevale un sentore fresco ed erbaceo. Anche in bocca non si rivela molto intensa, poco luppolata regala la piacevolezza dei sentori di malto-cereali accompagnati da una tattilità scorrevole, quasi sfuggente. Effettivamente “secca” (come il nome lascia supporre) resta costante nei sentori durante la breve persistenza.
Una birra dissetante ma che non lascia memoria di se e forse proprio in questo risiede parte del suo successo. È infatti agilmente abbinabile a molti piatti in quanto non li sormonta, non li “distorce”, pur contribuendo a pulire il palato fra i bocconi o le portate.
ASAHI SUPER DRY
Entrata in commercio nel 1987 fu la prima Dry ad apparire sul mercato giapponese. Il suo successo lo deve probabilmente all’approccio con cui l’azienda sviluppò la ricetta. Sembra infatti che l’idea della Super Dry nacque dall’intervista di oltre 5.000 consumatori per identificare quali fossero le specifiche di un prodotto che potesse pienamente soddisfare il cliente.
Potremmo quasi considerarlo un approccio Kaizen (il “miglioramento continuo” tanto caro all’industria) alla birra. Miglioramento continuo che la porta oggi ad essere una birra non pastorizzata e microfiltrata, una cruda a tutti gli effetti anche se la cosa non viene specificata e forse proprio per questo prodotta sullo stabilimento Peroni che già produce un’altra cruda.
Birra a bassa fermentazione, la ricetta prevede malto d’orzo, amido di mais, mais e riso (questi gli ingredienti dichiarati in etichetta) come miscela di cereali per ricercare le caratteristiche organolettiche tipiche del marchio.
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