Una birra artigianale facilmente reperibile sia inGdo che sui canali e-commerce. Ispirata alla tradizione delle Strong Ale, Cotta 68 di Mastri Birrai Umbri rappresenta tanto un buon punto di inizio per chi si avvicina al mondo della Artigianale quanto una bevuta piacevole per gli amanti del genere.
LA DEGUSTAZIONE
Schiuma abbondante, bianca, fine e molto persistente. Colore dorato intenso e molto velato, quasi a voler sottolineare che si tratta di una non filtrata. Il naso apre sulle note morbide e dolciastre del malto accompagnate da sentori verdi di erba tagliata e fieno cui seguono profumi di miele e scorza d’agrumi non appena la birra si scalda un poco nel bicchiere.
Il sorso è scorrevole e beverino, con una buona corrispondenza naso-bocca. L’amaro del luppolo si percepisce solo sul finale, non molto lungo, dove si rivela con una aromaticità leggermente balsamica. Semplice ma non banale si presta bene ad accompagnare salumi o formaggi di media stagionatura anche grazie al suo buon tenore alcolico (7,5%).
COTTA 68 – MASTRI BIRRAI UMBRI
Birra non pastorizzata e rifermentata in bottiglia di puro malto d’orzo coltivato in Umbria. Forte il legame col territorio con oltre mille ettari coltivati dal birrificio per ottenere le materie prime: orzo, farro, e grano, ma anche luppoli aromatici, cicerchie e lenticchie per arricchire le proprie birre.
Mastri Birrai Umbri nasce nel 2011 per volontà di Marco Farchioni, che dopo olio, vino e farina aggiunse la birra alle produzioni della famiglia Farchioni, impegnata da sette generazioni nella trasformazione dei prodotti agricoli. Un birrificio con malteria, per una produzione che oggi si attesta su 25 mila ettolitri l’anno.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Birrificio della Granda ha presentato le sue nuove birre artigianali in lattina, figlie dello stesso spirito proiettato al futuro del manifesto “Not Another Beer in the Dust“, aperta difesa dei valori delle birre artigianali contro i colossi del crafty.
Abbiamo intrapreso questa sfida – spiega Ivano Astesana, birrario di La Granda – e l’abbiamo portata avanti in un momento difficile perché crediamo che la lattina rappresenti bene la duplice anima della birra artigianale: da una parte è un prodotto semplice, adatto a tutti in tutti i momenti della giornata, è trasportabile e non ha le restrizioni del vetro; dall’altra è un materiale relativamente nuovo, pratico che rispecchia la voglia di continua ricerca e divertimento della sperimentazione”.
Contenitore riciclabile al 100%, leggera da trasportare e dagli indubbi vantaggi tecnologici poiché impedisce il passaggio di aria e luce preservando i profumi e gli aromi anche delle birre più complesse, la lattina è entrata solo negli ultimi anni nel mondo della Birra Artigianale, tradizionalmente legato al vetro.
Due le linee di prodotto: The Girls è la gamma più pop pensata per tutti i tipi di cliente e per avvicinare i neofiti alla vera birra artigianale, mentre H4TG (Hop For The Geeks), più complessa e ricercata, è pensata per gli amanti della birra.
Confezioni di design per vestire le nuove ricette, una compartecipazione tra arte e artigianalità, per sostenere e diffondere gli stessi valori di indipendenza, originalità. The Girls, disegnata da Diego Boscolo, rappresenta i personaggi di un mondo cyberpunk in cui ogni birra è rappresentata da una ragazza che ne rispecchia i caratteri.
Il design delle birre H4TG segue la profondità delle birre che ne fanno parte: ogni lattina è disegnata da un artista diverso, lo spazio è lasciato alla creatività e l’effetto è un pluralismo corale da collezione.
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Unionbirrai vuole la birra artigianale al supermercato Basta integralismo vittorio ferraris gdo 2
Il mondo dei publican, ovvero i gestori di pub e birrerie specializzate? “Estremamente autoreferenziale“. Un segmento “piacevole, bello, costruttivo” da cui, però, i produttori di birra artigianale dovrebbero sdoganarsi. Perché “rischia di non far uscire da quella cerchia del 3.7% di consumatori abituali“. Parole di Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai intervenuto nei giorni scorsi a un webinar organizzato dall’Associazione Donne della Birra.
Una vera e propria chiamata a una rivoluzione di concetto e di approccio al mercato, solo in parte frutto di elucubrazioni dettate dall’emergenza Covid-19 e dal periodo di lockdown che ha messo in ginocchio l’Horeca.
Di fatto, come riportato da Vinialsupermercato.it il 12 giungo, Unionbirrai ha ufficializzato un accordo con Aspiag Service, concessionaria dei supermercati Despar per Triveneto ed Emilia Romagna, utile a inserire le birre di 12 realtà brassicole artigianali di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige sugli scaffali di 39 punti vendita del territorio di appartenenza del birrificio. Solo un punto di partenza.
Secondo il numero uno dei piccoli produttori italiani di birra artigianale, il settore deve cercare altri sbocchi rispetto agli attuali, per trasformarsi da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa. Mostrando le reali differenze tra la “birra industriale” e quella più fedele alle tradizioni brassicole.
Durante il webinar, Ferraris (nella foto) ha infatti espresso la necessità di “aprire canali distributivi diversi da quelli su si è sempre lavorato”. In una parola, l’auspicio è per un’apertura maggiore dei micro birrifici nei confronti della Grande distribuzione organizzata, ovvero al mondo dei supermercati che operano in Italia, come appena accaduto con Despar.
Il grande slancio verso l’e-commerce, durante il lockdown, è stato da esempio e da maestro. “Il blocco dell’Horeca ha azzerato il consumo in mescita, ma gli appassionati ci hanno cercato lo stesso e con volumi assolutamente importanti” ha evidenziato Ferraris.
La difficoltà di reperire la tanto desiderata “artigianale”, del resto, è emersa in diversi sondaggi: i consumatori dichiarano di non consumare birra artigianale italiana “perché non la trovano”. L’approvvigionamento diventa così un problema più pressante di quello del prezzo.
“Noi non abbiamo accesso alla Gdo – ha sottolineato a chiare lettere il direttore di Unionbirrai – e quindi il nostro canale distributivo è sempre stato un altro. Ma il mondo della Gdo è imprescindibile! Non possiamo pensare che l’integralismo del mondo artigianale veda questa barriera netta tra i mercati”.
Indispensabile, però, che ogni canale rispetti i presupposti fondamentali della birra artigianale: la territorialità, la conservazione ed una politica di prezzi adeguata. Presupposti e problematiche, ha fatto intendere Ferraris, che possono essere affrontate in modo più semplice e costruttivo proprio con i canali distributivi più grandi e strutturati.
Basti pensare al problema della catena del freddo: è più facile pensare al trasporto refrigerato da parte delle insegne della Grande distribuzione che del singolo corriere espresso, per una consegna a privato di poche bottiglie.
L’obiettivo di Unionbirrai è dunque quello di lavorare su più fronti, ovvero supermercato ed e-commerce, per “fare i conti con un sistema che deve essere in equilibrio sempre perfetto“. “Viviamo in un mondo totalmente artigianale e rappresentiamo anche una filiera vera e propria, che è fatta da produzione, distribuzione e somministrazione”, ha aggiunto Ferraris, prima di una conclusione che non lascia spazio a interpretazioni.
“E un mondo che deve sfruttare questo momento particolare per crescere. E può crescere solo se la nostra birra la facciamo arrivare su tutti i canali, nel rispetto delle regole anche deontologiche”. In alto i calici.
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L’ultima novità di casa Unionbirrai è UB Academy, una piattaforma pensata per la formazione online con corsi e approfondimenti dedicati al mondo della birra artigianale italiana. Il portale è disponibile per i soci e i gli iscritti alle lezioni del primo semestre dei corsi di degustazione, rimandati a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. Ma presto sarà a disposizione di tutti gli altri associati.
“UB Academy era già nei nostri programmi – spiega Simone Monetti, Segretario Nazionale di Unionbirrai – ma siamo riusciti ad accelerare i tempi perché volevamo dare la possibilità ai nostri soci e corsisti di continuare la formazione anche in questo periodo di lontananza”.
“Guardiamo però anche al futuro – continua Monetti – e per questo abbiamo voluto creare una piattaforma interamente di proprietà di Unionbirrai, senza affidarci a server di pubblico dominio, in modo da poterla implementare anche nei prossimi anni, offrendo sempre più contenuti”.
Il portale mette a disposizione degli appassionati un calendario in continuo aggiornamento di contenuti live e on demand: dagli approfondimenti monografici dedicati alla storia della birra e dei singoli stili, fino agli abbinamenti con le diverse pietanze e alle curiosità del mondo brassicolo.
UB Academy è stata pensata inoltre per i soci produttori, con lezioni tecniche dedicate alle normative vigenti e ai temi di attualità, e per gli Unionbirrai Beer Taster, a cui vengono riservati Master di formazione e corsi di aggiornamento.
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A Beer&Food Attraction alla Fiera di Rimini torna il Concorso Birra dell’Anno di Unionbirrai, il trofeo brassicolo dedicato alle migliori birre artigianali italiane che festeggia la sua quindicesima edizione. La premiazione è prevista per sabato 15 febbraio 2020 alle 14.00, durante la prima giornata della manifestazione, quando verrà annunciato anche il Birrificio dell’Anno.
La fiera sarà inoltre l’occasione per presentare il nuovo portale dedicato al marchio Indipendente Artigianale, in programma domenica 16 febbraio alle 14.00.
“Il lavoro che stiamo facendo per identificare e promuovere i birrifici artigianali indipendenti – spiega Vittorio Ferraris, Presidente Unionbirrai – si è concretizzato anche nella creazione del sito www.indipendenteartigianale.it. Il portale funziona da vetrina per le realtà in possesso del marchio, che oggi sono già circa il 50% dei nostri associati, e come strumento per aiutare il consumatore a trovarne le birre in mescita nei locali aderenti di tutta Italia”.
L’edizione 2020 del Concorso ha registrato l’adesione di 302 birrifici artigianali per un totale di 2.145 birre iscritte, un 8% in più rispetto a quelle dello scorso anno. La loro valutazione è affidata a 108 giudici nazionali e internazionali: tra gli italiani molti sono i Beer Tasters, degustatori qualificati provenienti dai corsi Unionbirrai, mentre gli stranieri provengono da Paesi di tutta Europa, ma anche da oltreoceano, in particolare da Stati Uniti, Brasile, Messico e Paraguay.
Alle 41 categorie di birre già previste dal regolamento se ne aggiunge quest’anno un’altra riservata alle Sour Italian Grape Ale, birre dalle note acide ottenute dall’aggiunta di uve, mosto, vinacce o vino cotto.
Beer&Food Attraction sarà inoltre l’occasione di entrare in contatto con i numerosi incontri formativi organizzati da Unionbirrai. Oltre all’appuntamento di domenica dedicato al bilancio e alle novità relative al marchio Indipendente Artigianale, di particolare rilievo tra gli eventi rivolti agli operatori di settore sarà il dibattito di lunedì 17 febbraio alle 14.00 sulla situazione dei birrifici agricoli italiani, dalla filiera delle materie prime fino alla normativa di settore e le opportunità offerte dal mercato.
Il pubblico potrà invece approfondire la propria cultura birraria attraverso degustazioni, brevi corsi su come servire la birra e sugli errori da evitare quando si produce, incontri con i birrai e talk dedicati alle novità del panorama italiano.
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consorzio birra artigianale teo musso presidente 2
Dal 15 al 18 febbraio al polo fieristico di Rimini si svolgerà la sesta edizione di Beer & Food Attraction, fiera internazionale dell’out of home, e a sempre grande vetrina per la birra italiana ed internazionale.
Sarà durante questa importante occasione che il Birrificio della Granda presenterà il suo manifesto in difesa delle birre artigianali. Il birrificio con sede a Lagnasco (CN), forte di una crescita solida e costante negli ultimi anni, decide infatti di proporre nel mercato una missione importante:aiutare gli appassionati, soprattutto quelli alle prime armi, nel compiere scelte più consapevoli.
La volontà della Granda – insieme a tutti gli altri professionisti del settore – è quella di promuovere la cultura della birra craft, informando e aiutando gli appassionati in scelte maggiormente consapevoli, semplificando il linguaggio e creando porte d’accesso più comprensibili al mercato delle birre artigianali, anche in termini di prodotto.
“Il mercato delle birre craft – spiega Ivano Astesana, birraio di Grana – è assediato dai grandi gruppi industriali, che producono birre che di ‘artigianale’ hanno solo lo stile di comunicazione. Questo crea grande confusione nei clienti, che finiscono per comprare birre industriali, spendendo la stessa cifra che spenderebbero per aggiudicarsi una vera birra craft! Ciò che vogliamo fare è creare un network di comunicazione con i nostri colleghi.”
“Unendo gli sforzi – prosegue Ivano – possiamo creare cultura anche in chi non è ancora appassionato ma cerca qualcosa in più della solita birra piatta e omologata. Crediamo pertanto che sia utile immettere nel mercato prodotti artigianali comprensibili anche al bevitore inesperto, per fargli notare e apprezzare la differenza rispetto alle birre filtrate e pastorizzate.”
L’indipendenza intrinseca e ricercata dei birrifici, oltre alla volontà di fare squadra per aumentare la consapevolezza e la diffusione della birra artigianale hanno portato Ivano Astesana e il suo team, ad intraprendere questa impresa che sembra titanica. Con questo passo, Granda, inizia la sua campagna di condivisione con tutti gli operatori della birra artigianale: idealmente insieme per semplificare e demistificare il mercato.
IL MANIFESTO
Not Another Beer in the Dust
Come il polverone che hanno alzato, che dobbiamo diradare.
Come il polverone che vogliamo sollevare, per svegliare gli assopiti.
Vi hanno gettato fumo negli occhi, e avete bevuto birre che credevate artigianali.
Ma in verità sono tutte uguali.
È il momento di dire “basta!”, tutti insieme.
È il momento di non essere più una nicchia autoreferenziale.
La birra artigianale è di tutti, è per tutti, ed è dannatamente buona e diversificata.
Tutti insieme: produttori e appassionati, divulghiamo e semplifichiamo.
Condividiamo questo bendidio!
Diventiamo movimento!
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Santa Massenza, piccola frazione di Vallelaghi. Pochi chilometri da Trento, a destra dell’Adige, lungo la strada che attraversa la splendida Valle dei Laghi e conduce al lago di Garda. Poco più di 150 abitanti e 5 distillerie. Un fazzoletto di terra chiuso fra i vigneti ed il lago di Santa Massenza che custodisce la tradizione della distillazione artigianale. È qui che ogni anno va in scena la “La notte degli alambicchi accesi“.
Una manifestazione, organizzata con la collaborazione di Strada del Vino e dei Sapori del Trentino e Trentino Marketing, che fonde insieme teatro ed enoturismo svoltasi in questo 2019 dal 6 all’8 dicembre. Francesco Poli, Casimiro, Giovanni Poli, Maxentia, Giulio e Mauro Poli sono i produttori protagonisti.
Ci vuole più tempo a pronunciare i loro nomi che a recarsi a piedi da una distilleria all’altra. Centimetri che non impediscono, ad ognuna, di esprimersi con estrema identità. Tutte distillerie che “derivano” dall’attività di viticultura e “dall’esser vignaioli”. Tutte con un unico comune denominatore: la Nosiola.
L’unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca trova qui il suo areale d’elezione. Quel vitigno che sfruttando i venti locali (il Pelér e l’Ora) da vita ad un passito fragrante e profumato, il Vino Santo, da in realtà anche ottimi vini fermi, basti pensare alla versione “col fondo” della distilleria Francesco Poli.
Ma non solo. Le vinacce della Nosiola sono alla base delle grappe delle Valle dei Laghi. Talvolta in purezza e talvolta in taglio con altri vitigni. Talvolta bianca, talvolta invecchiata.
Ecco quindi tornare, ancora una volta, Distilleria Francesco Poli che nelle parole di Alessandro spiega la necessità di “tutelare la biodiversità trentina” attraverso i vini da Nosiola, il Vino Santo, e la grappa di Nosiola e di Schiava (altro vitigno trentino, stavolta a bacca rossa).
Graziano, presso Giovanni Poli, invita all’assaggio di una mini verticale. Grappa di Nosiola 24mesi sorprende con una freschezza mentolata. Grappa di Nosiola 36 mesi è più morbida ed avvolgente. Grappa di Vino Santo rimanda alla frutta secca ed alle note sapide.
Dalle mani di Bernardino Poli (Casimiro) escono vini freschi e piacevoli non solo da Nosiola ma anche una Schiava Rosè ed un bianco da Piwi (Solaris, Johanniter, Bronner) profumato e tropicale. Le grappe invecchiate sono morbide mentre le bianche tendono a marcare la nota “verde” tipica della grappa tradizionale.
Mauro, di Giulio e Mauro Poli, presenta una grappa di Schiava e Nosiola dritta e verticale, cosi come la Grappa Maxentia che fa dell’immediatezza il suo biglietto da visita.
MASO NERO
Ben fuori dalla Valle dei Laghi, a Grumo frazione di San Michele all’Adige, in piena Piana Rotaliana, ha sede un’altra importante realtà della distillazione artigianale: l’Azienda Agricola Zeni, guidata da Rudy e dal padre Roberto.
Sintetizzare Zeni con una Grappa è quantomeno riduttivo. Zeni è un’azienda vinicola certificata bio dal 2011. Oltre 12 ettari vitati che danno vita a circa 120.000 bottiglie anno suddivise in 13 etichette di vini fermi e 3 etichette di Trento Doc “Maso Nero” (dal nome del maso nelle cui cantine riposa il metodo classico).
Zeni è una distilleria da 12.000 bottiglie anno suddivisa in 8 etichette. Grappe bianche affinate un anno in acciaio e grappe invecchiate in oltre 200 barrique finanche a 15 anni.
Zeni è anche Nero Brigante. Birra artigianale (al momento in gamma un Blanche, una Vienna ed una Golden Ale) ad alta fermentazione che utilizza i lieviti del Metodo Classico.
Espressioni di Teroldego in acciaio e legno, entrambe identificative di un territorio e di uno stile. Una Nosiola “vinificata in rosso” per estrarre il più possibile dalle bucce ed affinata per un mese in legno che racconta l’aromaticità del vitigno.
Trento Doc Rosè, 60% Pinot Nero 40% Chardonnay, profumato e croccante. Trento Doc Pas Dosè, 100% Pinot Bianco, ricco e rotondo nasconde la sua viva acidità fino alla chiusura, leggermente amaricante, del sorso.
Grappe da Teroldego. La 12 anni, vendemmia 2004, conquista con eleganza ed un ottimo bilanciamento fra varietale e legno. La Grado pieno, 59%, vendemmia 2001, è potente ma l’alcool non disturba ed in bocca sviluppa un ventaglio di aromi degna di distillati esteri più blasonati.
LA GRAPPA TRENTINA OGGI
Tutelata sin dal 1960, data di fondazione dell’Istituto di Tutela, la Grappa Trentina è oggi uno dei fiori all’occhiello della distillazione Italiana. Un disciplinare ferreo che limita tanto la zona di produzione (alla sola Provincia di Trento) quanto i tempi di distillazione (che deve concludersi entro il 31 dicembre per garantire la freschezza delle vinacce).
Ad oggi sotto il marchio di tutela Grappa del Trentino IG o Grappa Trentina IG viene prodotta circa il 10% dell’intera produzione nazionale. Grappe dalle sfumature diverse a seconda della sottozona, dei vitigni utilizzati e della mano del distillatore. Perché, ancora oggi, distillare è un’alchimia di scienza ed esperienza.
A fare il punto sulla Grappa Trentina oggi è Mirko Scarabello, presidente dell’Istituto di Tutela. Nelle sue parole emerge il quadro di un prodotto che ha retto bene agli scossoni del mercato dell’ultimo decennio, dato dal calo generale del consumo di alcolici dato dalla crisi e dai maggiori controlli sulle strade.
La Grappa Trentina ha resistito grazie alla sua qualità in un momento storico che ha fatto “pulizia” di molti prodotti non eccelsi e ad oggi vede un graduale recupero di mercato. Mercato che si sta aprendo sempre più verso il sud Italia in regioni che si scoprono amanti delle buona grappa.
Quote di mercato rosicchiate agli altri competitor nazionali, in primis grappe Piemontesi e Venete, che spesso faticano a tenere il passo qualitativo della Grappa del Trentino pur spuntando, a volte, prezzi più alti sul mercato.
Quote di mercato che ancora non si riesce a sottrarre ai distillati esteri quali Whisky, Rum e Cognac forti non solo di una fama ed una tradizione difficile da scalzare, ma anche di una tipologia di consumo diversa.
Ecco quindi l’idea di proporre la Grappa anche come ingrediente nella Mixology, ad esempio attraverso la collaborazione e le creazioni del bartender Leonardo Veronesi (già incontrato da Winemag durante la nostra visita in Marzadro) per favorirne sempre più la conoscenza e la diffusione fra i consumatori più attenti.
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consorzio birra artigianale teo musso presidente 2
Con l’inizio dell’estate 2019 arriva il Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.
I fondatori sono Teo Musso del birrificio agricolo Baladin, Marco Farchioni del birrificio Mastri Birrai Umbri, Giorgio Maso del birrificio dell’Altavia, Vito Pagnotta del birrificio agricolo Serro Croce e Giovanni Toffoli della Malteria Agroalimentare Sud.
È quanto spiega la Coldiretti in occasione della nascita del primo Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana a Roma a Palazzo Rospigliosi proprio alla vigilia del solstizio con l’avvio dell’estate che è anche il periodo di massimo consumo della birra.
Lo scopo del Consorzio è la valorizzazione della filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra la bevanda artigianale e le materie prime, tra i piccoli produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.
Il Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si pone l’obiettivo di raccontare e promuovere, in Italia ed all’estero, la qualità delle materie prime e delle birre artigianali italiane, vero elemento di distinzione e di legame con il territorio italiano favorendo la coltivazione di orzo, dal quale si ricava il malto, e del luppolo, principali materie di base per la preparazione della popolare bevanda.
Il movimento della birra artigianale italiana, nato attorno al 1996 – dichiara Teo Musso, Presidente del Consorzio Birra Italiana – ha prodotto, negli anni, un incredibile fermento che ha interessato più generazioni di imprenditori favorendone una crescita rilevante e concreta che ha coinvolto un importante indotto di aziende e forza lavoro.
“Stiamo vivendo oggi un momento molto delicato del suo sviluppo e consolidamento – continua Musso – e mai più di oggi è necessario fare chiarezza sul concetto di birra artigianale e di birra artigianale da filiera agricola italiana”.
Per il numero uno di Baladin, “rafforzare il concetto di italianità preferendo nella maggioranza degli ingredienti le materie prime nazionali, è la via concreta per sostenere la differenziazione del prodotto e per consolidare la tradizione di una bevanda che deve essere considerata, prima di tutto, un frutto della terra”.
“L’Italia – conclude Teo Musso – è riconosciuta come un’eccellenza nella produzione agricola e i suoi prodotti, frutto di trasformazione, un’unicità dal grande valore. Perché la birra, prodotto agricolo, non deve essere valorizzato allo stesso modo dei grandi prodotti agricoli italiani? Il Consorzio Birra Italiana, nasce con lo scopo di favorire questo passaggio culturale”.
LE ATTIVITÀ DEL CONSORZIO
Il Consorzio sostiene i birrifici nel reperimento di materia prima italiana, da filiera tracciata e garantita con gli associati che si impegnano a utilizzare nelle loro produzioni almeno il 51% di materia prima italiana creando una filiera dal campo al boccale con una collaborazione sempre più stretta con i coltivatori italiani di orzo e luppolo.
Il successo delle birre nazionali ha già favorito anche la produzione del malto italiano salita fino a 80 milioni di chili nel 2018. La produzione di orzo italiano per la filiera della birra – spiega il Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana – rappresenta un’opportunità per l’agricoltura con il recupero anche di aree dismesse in fasce marginali, con una riqualificazione produttiva ed economica di quelle aree.
Per produrre il malto si fanno germinare i chicchi di orzo mettendoli a bagno in acqua per poi essiccarli in appositi forni, mentre il luppolo è una pianta rampicante alta fino a sei metri dalla quale si raccoglie il fiore che apporta alla birra il tipico gusto amarognolo, ha proprietà antiossidanti che migliorano la conservabilità e favorisce la persistenza della schiuma.
IL DISCIPLINARE Il disciplinare del Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si basa sulla definizione di “Birra Artigianale” stabilita per legge (art. 2 comma 4 bis della legge n. 1354 del 16.8.1962, come modificata dall’art. 35, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154) che indica in tre fattori cardine i criteri da rispettare da parte del birrificio: indipendenza del birrificio, limite di produzione stabilita in un massimo di 200.000 ettolitri all’anno e integrità del prodotto che non deve essere sottoposto a processi di pastorizzazione o di microfiltrazione.
Sul fronte dei consumi il Consorzio vuole spingere verso una maggiore trasparenza dei menù nei ristoranti, pizzerie, bar o pub, dove troppo spesso sotto la denominazione di birre artigianali vengono offerti marchi che sfruttano nomi o indicazioni geografiche che fanno pensare a bevande artigianali Made in Italy ma che in realtà – sottolinea il Consorzio – sono prodotte da colossi del settore a livello mondiale.
Il disciplinare del Consorzio prevede che alla denominazione di “Birra Artigianale” venga integrata l’indicazione “da filiera agricola Italiana”, laddove l’utilizzo di materia prima secca provenga in prevalenza dalla filiera agricola italiana, che la sede produttiva e legale dello stabilimento in cui viene prodotta e confezionata la birra sia situata sul territorio nazionale.
“Gli accordi di filiera – sottolinea il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini – sono strumenti fondamentali per difendere la produzione, garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore, rafforzare l’identità del sistema Paese e conquistare nuove quote di mercato in Italia e all’estero con prodotti di alta qualità che hanno spinto la crescita del Made in Italy nel mondo”.
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CONVERSANO – Tre giorni dedicati alla birra artigianale, 6 regioni rappresentate, 30 birrifici e oltre 10 pub coinvolti. È “A Sud“, il primo evento con solo birre dell’Italia meridionale che si svolgerà venerdì 28, sabato 29 e domenica 30 giugno alla Casa delle Arti di Conversano (BA). L’ingresso è alla cifra simbolica di 1 euro.
Puglia, Molise, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia le regioni coinvolte in questo evento che celebra la birra artigianale meridionale promuovendo la cultura e la conoscenza di questo mondo in continua crescita ed evoluzione.
Una grande festa per tante realtà del Sud, dedicata a professionisti e semplici appassionati del mondo brassicolo. Ogni sera uno spettacolo con protagonisti di grande successo della scena musicale contemporanea.
Non mancano le proposte di laboratori per chi vuole avvicinarsi alla conoscenza della birra artigianale e workshop per gli addetti al settore. Venerdì 28 inizio alle ore 17.00 con l’apertura delle spine, seguiranno alle ore 18.00 il workshop “Produzione, gestione e caratteristiche del lievito secco”.
Alle 19.15 il workshop “Progetto Pub: il valore dell’indipendenza” e alle 20.30 il laboratorio “Che storia la birra! – miti e leggende A Sud della birra artigianale”. Sabato 29 alle ore 17.00 apertura delle spine e alle ore 18.00 workshop “Decreto accisa microbirrifici. Cosa cambia e come adeguarsi”.
Infine, domenica 30 giugno un’intensa giornata di attività che avrà inizio alle ore 12.00 con l’apertura delle spine, e proseguirà alle ore 13.00 con il laboratorio – pranzo degustazione: “Metti la birra a tavola” e alle 15.00 con il workshop “Progetto Pub: il valore dell’indipendenza – dalla gestione dell’impianto alle strategie di marketing”.
Alle 16.30 la tavola rotonda con i protagonisti del movimento brassicolo A Sud, alle ore 17.00 con il laboratorio “Hobby homebrewing”, alle ore 18.00 il workshop “Ottimizzare i processi produttivi, tracciare la filiera e semplificare gli adempimenti. Integrazione con la fatturazione elettronica clienti e fornitori. Gdpr e Microbirrificio”.
Alle 19.15 con l’appuntamento “Porta la tua birra! Confronto tra homebrewers e Unionbirrai Beer Tasters”. Inoltre, grazie alla partnership con YHOP, scaricando l’app sarà possibile conoscere la tap list dell’evento.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Dal 20 al 23 giugno a Saluzzo torna C’è Fermento, la kermesse dedicata alle birre artigianali. Curato dalla Fondazione Amleto Bertoni, in collaborazione con Città di Saluzzo e Condotta Slow Food del Marchesato di Saluzzo, il Salone delle birre artigianali si conferma uno degli appuntamenti più attesi e importanti del settore, un punto di riferimento per birrai, intenditori e amanti della birra.
In un unico grande spazio è possibile non solo conoscere le migliori birre artigianali del territorio e nazionali, ma anche incontrare i Mastri birrai che ne sveleranno segreti e curiosità sulla lavorazione, produzione e abbinamenti.
Tutto pronto per quella che si preannuncia come un’edizione speciale: il 2019 segna infatti il decennale di una manifestazione che negli anni è cresciuta e che è pronta ad accogliere il suo pubblico più affezionato, proveniente da tutto il Nord Italia e dalla Francia.
Dopo che nel 2018 sono stati raggiunti oltre 20.000 ingressi, quest’anno si punta a superarli, grazie anche ad un programma dedicato ad un pubblico ampio. Le parole d’ordine? Birra, decennale, formazione, ma anche convivialità con una proposta di street food, racchiuse tutte in un unico concetto: fermento!
Quattro giorni in cui la protagonista assoluta è la birra artigianale, sia regionale sia nazionale, ma non solo: ad essere infatti attesi nel cortile della ex Caserma Musso di piazza Montebello, per la prima volta nella storia della kermesse, ci sono tre Mastri Birrai provenienti dal Nord Europa (Belgio, Inghilterra e Germania), ospiti speciali dell’edizione numero dieci.
Saranno loro ad animare il Salone, insieme ai diciotto birrifici italiani che vanno dal nord al sud, attentamente selezionati dalla Guida alle Birre d’Italia Slow Food e da un comitato scientifico formato da Luca Giaccone e Francesco Nota.
BIRRA E STREET FOOD
Oltre 120 le birre alla spina presenti, affiancate da 12 cucine di strada, selezionate dalla Condotta del Marchesato di Saluzzo Slow Food, per offrire al pubblico un percorso di tutto gusto tra le cucine di nord e sud d’Italia.
Resta invariato invece l’ingresso gratuito al Salone e la formula di acquisto, esclusivamente tramite gettoni del valore di 2 euro l’uno, delle degustazioni di cibo e birra negli stand, che avviene attraverso il bicchiere di vetro griffato C’è Fermento, da poter poi portare a casa come ricordo dell’esperienza.
Accanto a percorsi tematici e ai momenti di approfondimento organizzati da Union Birrai rivolti sia agli intenditori sia a semplici appassionati e curiosi, C’è Fermento propone un calendario di appuntamenti OFF: eventi collaterali, musica diffusa e live con la partecipazione di Radio Beckwith, laboratori e visite sul territorio che coinvolgono un pubblico molto eterogeneo, per luogo di provenienza ed età.
C’è Fermento si conferma anche quest’anno family friendly grazie alla collaborazione con il Ludobus Proposta 80 che offre uno spazio gioco e attività per i più piccoli.
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LEGNANO – Convinti dalla degustazione di Adorable Saison di Beer Farm Hoppy Hobby abbiamo deciso di incontrare il mastro birraio nel suo laboratorio di Legnano (MI), Corso Sempione 193. Giancarlo Longhi, leva 1977, laurea in ingegneria, sorriso aperto e disponibile, ci accoglie nella sua officina.
Piccola realtà puramente artigianale fatta di passione e competenza. Un piccolo impianto tradizionale a tre tini, semi-autocosturito, in cui le automazioni sono ridotte al minimo e dal quale nascono le 9 etichette del birrificio, circa 10.000 l/anno.
Appassionato di cucina e birre, in particolare dello stile belga, Giancarlo apre ufficialmente il suo birrificio a Legnano, tra Milano e Varese, poco meno di un anno fa. È il maggio 2018, ma studi prove e sperimentazioni erano già iniziate da tempo.
Complici un kit per l’home brewing ed un paio di viaggi in Belgio che gli hanno permesso di identificare la propria strada. Una strada fatta di ricerca e studio, di conoscenza degli aromi e dei meccanismi che li generano attraverso il comportamento dei lieviti.
“Sono appassionato di birre del Belgio – dice Giancarlo – dove il lievito la fa da padrona. Anche il malto, anche il luppolo giocano sicuramente un ruolo fondamentale, ma è il lievito che ti dà le caratteristiche più importanti”.
Se inizi a lavorare con tre, quattro, cinque ceppi di lievito, a conoscerli e a capirne la storia e le caratteristiche, che tipo di esteri e di fenoli producono, studiando queste caratteristiche, poi le ritrovi nella birra”
Questo uno dei due elementi chiave del suo approccio: la conoscenza e consapevolezza tecnica fatta di studio ed esperienza. L’altro elemento chiave? L’idea che la birra sia un bere “di classe”.
Nelle sue produzioni infatti si mantiene distante da quello che definisce “machismo da birra“: un atteggiamento che vede nella ricerca di birre dal corpo pesante, ad alto contenuto alcolico ed iper-luppolate la “birra” da “uomo”.
È invece nella ricerca di una bevuta raffinata, dell’equilibrio fra i vari elementi, della piacevolezza di beva il segreto delle birre di Hoppy Hobby. La birra come alternativa elegante al vino. La birra che si spina, serve e sorseggia in camicia e non necessariamente con indosso la maglietta della band Thrash Metal del momento.
LA BIRRA BRETTATA
La birra che fa godere di se ad ogni sorso senza necessariamente ammazzarti di alcool ed amaro del luppolo. Eleganza nella birra che ritroviamo in ogni sperimentazione del birrificio, come nella prima birra brettata, appositamente “contaminata” da brettanomyces. Quello che nel vino è considerato un difetto, nella birra viene invece ricercato come tratto distintivo.
Ancora in affinamento (in un locale separato per evitare contaminazioni) si presenta luminosa nel colore e dal naso intrigante: frutta gialla, nota agrumata ed un fondo di pepe bianco. In bocca l’acidità è evidente ma non invadente lasciando spazio ad un interessante retro olfattivo dolce di frutta esotica matura.
Competenza ed equilibrio, uniti ad un approccio “green” nella scelta di materie prime naturali e nella gestione delle trebbie che stanno decretando il successo del Beer Farm di Giancarlo, al punto da portarlo a pensare ad un prossimo ampliamento dell’impianto.
Ampliamento che, nonostante i legittimi dubbi legati alla capacità di confezionamento ed alla replicabilità delle ricette, si sta rendendo sempre più necessario viste le richieste del mercato che, seppur locale, sta dando riscontri molto positivi.
LA DEGUSTAZIONE
Oltre al campione “da vasca” della nuova brett-beer abbiamo la fortuna di degustare altre preparazioni di Beer Farm Hoppy Hobby.
Danke! Weizen ad alta fermentazione in stile tedesco. Schiuma bianca, copiosa e mediamente persistente. Al naso da subito note di banana e chiodi di garofano.
Frutta e spezia che ritroviamo anche in bocca accompagnate dalla viva frizzantezza e dalla piacevole freschezza. Amaro appena accennato. Finale asciutto e non eccessivamente persistente.
La Belle Blonde. Stile Belgian Blond Ale. Al naso note floreali ed un leggero ma intrigante sentore speziato che accompagna le delicate note fruttate. In bocca il corpo leggero invita da subito al sorso successivo, sorso che si arricchisce di un piacevole sentore di miele.
Old Style. Stile English IPA. Al naso alterna note floreali ad una nota quasi boisè cui segue un sentore di biscotti al burro. Complessa ma scorrevole al palato chiude il sorso con una sensazione fresca ed amaricante, agrume e luppolo che accompagnano la piacevole persistenza invitando al sorso successivo.
Adorable Seison. Complessa al naso. Frutta bianca e gialla. Pesca, albicocca e prugna gialla, ed una nota agrumata di scorza d’arancia. Poi spezia morbida come pepe bianco.
Di corpo medio e carbonazione fine è scorrevole in bocca, quasi setosa. Accompagna bene il sorso con una piacevole freschezza che la rende pericolosamente beverina.
Pagan Deity. Birra senza una definizione di stile nata dalla fantasia del Mastro Birraio. Colore rosso intenso, quasi mogano. Schiuma ambrata compatta e persistente.
Naso intrigante dove si alternano frutti gialli e frutti rossi (derivanti da due ceppi di lievito diversi che lavorano a temperature ed in tempi diversi). Pesca gialla, albicocca, mora, prugna, dattero.
Di buon corpo in bocca è avvolgente e coinvolge con sentori retro olfattivi che cambiano con la temperatura. Se fresca, questa etichetta di Beer Farm Hoppy Hobby regala frutta fresca e frutta secca, scaldandosi mette in evidenza note speziate e terziarie come caffè, cacao e radice di liquirizia.
Black Abbey. Stile Belgian Dark Strong Ale. Birra da meditazione. Prugna nera, fico, uvetta disidratata, pepe nero. In bocca è morbida ed arricchita da una piacevole pesudo dolcezza. Finale pulito e persistente.
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Se l’area nord-ovest di Milano non è famosa per la tradizione vitivinicola, altrettanto non si può dire dal punto di vista brassicolo.
Fra Milano e Varese hanno infatti sede non solo due importanti multinazionali della birra (AB InBev di Gallarate e Carlsberg Italia a Lainate), ma anche molti microbirrifici, brew pub e brew firm.
Ci occupiamo oggi proprio di una birra artigianale milanese, più esattamente di Legnano. Si chiama Adorable ed è una saison prodotta da Hoppy-Hobby Beer farm.
LA DEGUSTAZIONE
Colore dorato leggermente velato, di una velatura uniforme. Schiuma bianca, compatta, abbastanza persistente. Il naso fine, non troppo inteso, apre immediatamente su note fruttate. Frutta bianca, pesca ed albicocca, ed una nota agrumata di scorza d’arancia. Poi spezia morbida come pepe bianco.
In bocca è scorrevole. Di corpo medio e carbonazione fine, quasi setosa. Accompagna bene il sorso ricordando le stesse sensazioni del naso ma con in più una piacevole freschezza che la rende molto beverina.
Ottima birra “di facile beva” può regalare momenti piacevoli condita con amici e quattro chiacchiere ma anche dare soddisfazione a tavola con piatti di mare o, perché no, con carni bianche.
BEER FARM
Nato circa un anno fa, Beer Farm “Hoppy-Hobby” si configura come un vero e proprio laboratorio artigianale. Piccole dimensioni, produzioni contenute, automazione dell’impianto ridotta ai minimi termini.
Scelte compiute per svariati motivi, non ultimo il desiderio di trasferire nelle proprie birre quel sentimento di “genuinità domestica” di cui moto spesso si parla, ma che non sempre trova effettivo riscontro nelle produzioni.
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ROMA – Tutelare la birra artigianale a salvaguardia dei consumatori e promuoverne la filiera. Accordo raggiunto su più fronti tra l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e l’Associazione Unionbirrai, che raggruppa i Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani (PBII) e i piccoli produttori.
Una collaborazione che si sviluppa dalla definizione stessa di “birra artigianale”, sancita dalla legge 154/20165: “La birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”.
Nello specifico, l’accordo riguarda la condivisione delle linee guida volontarie per gli associati ad Unionbirrai, relativamente alle pratiche di microfiltrazione e ai processi produttivi, l’attività di formazione a beneficio di produttori e consumatori, e soprattutto la possibilità di segnalare all’ICQRF abusi nell’uso della denominazione “Birra artigianale”.
Alla luce del notevole successo che sta riscuotendo la birra artigianale in Italia, con questa collaborazione, il Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo intende valorizzare e riconoscere tutte le realtà grandi e piccole della filiera, promuovere i produttori italiani e sensibilizzare i consumatori di fronte alle eccellenze del nostro Paese.
UN 2018 DA INCORNICIARE
Un accordo che arriva a pochi giorni dalla riduzione delle accise per i birrifici artigianali, ormai in fase di approvazione definitiva con la Legge di Bilancio 2019. Una chiusura d’anno positiva, dunque, per l’intero movimento della birra non “industriale”.
A confermarlo sono i dati forniti da Coldiretti. I birrifici artigianali erano poco più di 200 nel 2008. Oggi, in Italia, sono oltre 860. Tradotto: + 330%. Con una produzione annuale stimata in 55 milioni di litri. L’approvazione dell’emendamento prevede una riduzione delle accise del 40% per chi produce fino a 10 mila ettolitri all’anno.
A spingere la nascita di nuove attività sono i consumi di birra, diventati negli anni sempre più raffinati e consapevoli. Con la ricerca di varietà particolari e numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo. Ma c’è anche quella alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Erano poco più di 200 nel 2008. Oggi, in Italia, i birrifici artigianali sono oltre 860. Tradotto: + 330%. Con una produzione annuale stimata in 55 milioni di litri. Ed è di oggi l’approvazione dell’emendamento che sostiene i birrai artigianali, prevedendo una riduzione delle accise del 40% per chi produce fino a 10 mila ettolitri all’anno.
A spingere la nascita di nuove attività sono i consumi di birra, diventati negli anni sempre più raffinati e consapevoli. Con la ricerca di varietà particolari e numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo. Ma c’è anche quella alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso.
La birra, come sottolinea la Coldiretti, piace a quasi la metà degli italiani adulti con un consumo pro capite medio di 31,8 litri all’anno. Il più alto di sempre, con una spesa totale delle famiglie che nel 2018 si stima raggiungerà per la prima volta il miliardo di euro. Una cifra calcolata sulla base del trend di crescita del primo semestre.
La birra artigianale rappresenta anche una forte spinta all’occupazione, soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore. Grazie alla spinta young sono state introdotte profonde innovazioni: dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità distintive o forme distributive innovative.
Sono un esempio i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica di Coldiretti. Stanno nascendo anche nuove figure professionali come il “sommelier delle birra“, che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne, tramite opportune tecniche di osservazione e degustazione, i caratteri principali di stile, gusto, composizione, colore, corpo, sentori a naso e palato.
Ma anche di individuarne gli eventuali difetti, oltre a suggerire gli abbinamenti ideali delle diverse tipologie di birra con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci. La birra è sempre più bevanda da degustazione, con richiami al territorio e al Made in Italy. Due caratteristiche evocate, non sempre a proposito, da etichette e pubblicità anche di grandi marchi industriali.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
BOLZANO – La Kombucha alla conquista del Bel Paese. Arriva in Italia l’ultima novità in fatto di beverage e cocktails che spopola tra gli amanti dei vini naturali e delle birre artigianali. Il ristorante Castel Flavon di Bolzano ha inaugurato sabato scorso il primo Kombucha bar d’Italia.
Si tratta di una bevanda fermentata probiotica a base di tè che, a partire dalla Cina, sta conquistando Stati Uniti e mondo anglosassone. Non a caso viene definita “elisir della salute immortale“. L’alfiere della Kombucha è Mattia Baroni, giovane chef d’avanguardia del ristorante Castel Flavon, noto per la sua elegante cucina a base di prodotti fermentati.
Dopo aver lanciato EatAlive, un menù realizzato partendo dalle tecniche di fermentazione antica che esalta digeribilità e integrità dei cibi conservandone gusto e sapore, Baroni propone la sua ricetta “bere sano”.
Nella carta dei vini del ristorante si trova una selezione di bevande a base di Kombucha studiate in abbinamento alle sue creazioni. Ma è altrettanto intrigante sperimentarle come proposta alternativa nella lounge Skybar di Castel Flavon che domina il capoluogo altoatesino.
LA KOMBUCHA Le prime notizie relative a questa bevanda risalgono alla dinastia cinese Qin (intorno al 250 a.C.). Un vero e proprio elisir per i cinesi, in virtù dei suoi benefici effetti sulla digestione e sulle funzioni vitali. In seguito la kombucha si diffuse in Russia e nell’Europa dell’Est, verso la fine del Medioevo, quando il tè per la prima volta diventò un prodotto alla portata di tutti.
La preparazione della kombucha è relativamente semplice. Il tè (verde, nero o un mix di entrambi) o altre infusioni tanniche, zucchero e acqua filtrata sono sigillati con un tappetino di cellulosa dall’aspetto viscoso chiamato Scoby, che è una coltura simbiotica di batteri e lievito.
Si fa galleggiare questo biofilm sulla miscela e si lascia fermentare dai 7 ai 30 giorni, a seconda delle condizioni atmosferiche e delle preferenze personali. Il gusto della Kombucha può essere personalizzato aggiungendo frutta e spezie.
IL FENOMENO I kombucha bar sono ormai un fenomeno a livello globale. Il salto della bevanda dai negozi di prodotti salutistici al mainstream, attraverso i caffè hipster, è stato rapido.
Considerata un efficace sostituto dell’alcol, anche se è frequente l’uso in mixologia, la produzione di Kombucha fresca (Raw Kombucha) sta uscendo dalla sua nicchia di cultori.
Conquistando spazi nel mercato dei giovani consumatori di birra artigianale e vini naturali anche nei classici pub e caffè di tendenza e spesso adottata da molte cucine gourmet per le sue qualità aromatiche e l’acidità naturale.
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Bacco Bacalà e birra artigianale a Sandrigo 1024x628 3
Bacco e Bacalà, e dunque vino e baccalà, si incontrano a Sandrigo. L’appuntamento è per domenica 23 settembre 2018 dalle 15.30 alle 21.30 a Villa Mascotto ad Ancignano di Sandrigo (Vicenza), con la quarta edizione dell’ormai tradizionale banco d’assaggio.
L’evento, organizzato dalla Pro Sandrigo e da AIS Veneto, porterà nelle sale e nel parco della villa il piatto della tradizione vicentina, proposto in abbinamento ad oltre centocinquanta etichette italiane ed estere e, per la prima volta, anche alle birre artigianali.
In degustazione sarà possibile trovare alcuni autoctoni come il Tai Rosso delle aziende Agricola Nani e Dal Maso, il Torcolato e il Vespaiolo delle cantine della Doc Breganze (Beato Bartolomeo, IoMazzuccato, Cà Biasi, Maculan, Le Vigne di Roberto, Col Dovigo e Faresin Società Agricola).
Si potranno assaggiare anche i vini delle Selezioni Roberta Moresco, sommelier e imprenditrice marosticana, ed etichette provenienti da grandi territori italiani vocati alla viticoltura come la Franciacorta e il Friuli, ma anche da Sicilia e Toscana, oltre che da alcune cantine francesi e slovene.
LA BIRRA
I sei birrifici artigianali che proporranno in degustazione i loro prodotti saranno Il Maglio, La Gastaldia, B2O, Il Grillo e Campobiondo, che presenterà Brezza e Mistica, una bionda e un’ambrata create appositamente per l’abbinamento ai piatti a base di stoccafisso, provenienti dal Veneto e il birrificio Bire Tosolini dal Friuli.
Incluse nel biglietto d’ingresso i visitatori potranno assaggiare tre specialità preparate con il bacalà: la pizza al Bacalà, il Bacalà mantecato e il Bacalà alla Vicentina con la polenta.
I biglietti sono disponibili in prevendita online sul sito www.festadelbaccala.com/bacco-e-baccala al costo di € 16. Acquistando direttamente il biglietto agli uffici della ProSandrigo (in Viale Ippodromo, 11 a Sandrigo) o all’ingresso della manifestazione (salvo esaurimento dei posti disponibili) il costo sarà di € 15.
Il biglietto comprende il kit degustazione con calice e tracolla porta calice, l’accesso a Villa Mascotto e al Parco, degustazioni illimitate di vino e i tre assaggi gastronomici.
Ci sarà inoltre la possibilità di degustare formaggi tipici del territorio e tutta la giornata sarà animata da intrattenimento musicale. Per info: info@prolocosandrigo.it – 0444 658148
Info in breve | BACCO & BACALÀ
Data: domenica 23 settembre 2018
Orario: Dalle 15.30 alle 21.30
Luogo: Villa Mascotto, Via Chiesa 1, Ancignano di Sandrigo (Vicenza)
Biglietto: € 16 in prevendita online. € 15 se acquistato agli uffici della ProSadrigo (Viale Ippodromo 11, Sandrigo) o direttamente il giorno stesso, all’ingresso della manifestazione, salvo esaurimento dei posti disponibili.
Comprende bicchiere, degustazioni illimitate, kit degustazione con calice e tracolla portacalice, accesso a Villa Mascotto e al Parco, uno spicchio di pizza al Bacalà, un crostino con Bacalà mantecato e un finger food di polenta e Bacalà alla Vicentina
Contatti e prevendite: Pro Loco Sandrigo | telefono 0444 658148
mail info@prolocosandrigo.it | sito festadelbaccala.com
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Matera, la città dei sassi. Matera, capitale europea della cultura 2019. Matera, nella sua immobile bellezza, è anche città brassicola. In via Beccherie, in pieno centro storico, proprio dietro la chiesa di San Francesco d’Assisi, si trova infatti Birrifcio 79.
IL BIRRIFICIO
Due fratelli, Vito e Domenico Ferrara, ed un amico, Eustachio Lapacciana. Domenico ed Eustachio, legati da profonda e ventennale amicizia sono entrambi classe ’79, anno cui si ispira il nome del birrificio.
L’idea di B79 parte da questi “giovanotti” innamorati del proprio territorio e delle sue peculiarità e dal loro “voler avviare un progetto imprenditoriale basato sulla valorizzazione di colture agroalimentari volano di uno sviluppo culturale complessivo del territorio lucano, con l’obiettivo di far emergere prodotti innovativi e potenzialità nascoste generatrici di benessere nell’accezione più ampia del termine”.
I primi esperimenti di home brewing (birra fatta in casa) partono nel 2006. Cinque anni dopo, nel 2011, in collaborazione col birrificio lucano Alba, nasce la prima birra imbottigliata, la prima ricetta di B79 destinata ad essere commercializzata.
Da allora è un crescendo che porterà alla costituzione, nel 2014, di Birrificio 79 con un progetto di “beer firm” (anzi meglio “brew firm”), un birrificio senza impianto di produzione. Un modello di “azienda aperta”, snella ed elastica, capace di sviluppare un sistema di rete con altre realtà (prima fra tutte quella con il birrificio Alba di Felice Curci) per cogliere e valorizzare le caratteristiche del territorio della Basilicata.
Forte attenzione alle materie prime. Selezione dei migliori malti lucani ed internazionali col desiderio di coniugare il “locale” col “globale” nella continua ricerca della qualità. Selezione attenta dei luppoli per creare una propria identità di “birra”. Questi gli ingredienti della produzione di B79.
Appoggiati al bancone, chiacchierando amabilmente con Domenico che si dimostra appassionato e disponibile, abbiamo avuto modo di degustare alcune delle più interessanti produzioni di B79.
LA DEGUSTAZIONE Eustakiainer. Weizen da 5,0%. Colore biondo chiaro pallido ed opalescente, caratteristico delle birre prodotte con malto di frumento. La schiuma bianca è fine, compatta e non eccessiva. Al naso è fruttata con note di frutta bianca (pesca e banana) ed una leggera vena citrica. In bocca è scorrevole con una piacevolissima acidità che invita al sorso. Finale armonico.
Mater. American Pale Ale da 5,6%. Malti inglesi e luppoli aromatici per questa birra ambrata con un bel cappello di schiuma fine. Profumi floreali e leggermente agrumati. Piena ed amara in bocca ma non stucchevole. Finale pulito.
oG79. Tripple da 9,0%. Tipicamente belga nello stile si presenta con un bel colore dorato carico e schiuma bianca piuttosto persistente. Speziata nei profumi si rivela dolce al sorso con note che ricordano la frutta esotica. Il finale è sorprendentemente secco, pulito e non particolarmente persistente , cosa che dona alla birra una “pericolosa” scioltezza nella beva.
Black Lake. Stout da 6.2%. Nera con schiuma persistente. Complessa al naso. Immediate le forti note di tostatura fra le quali si distinguono bene caffè e cacao con una leggera nota di liquirizia. Seguono agrumi e mosto cotto. Sul fondo si percepiscono note di frutti rossi. In bocca la carbonazione sposa la tostatura, la mitiga e rende percepibili al palato le altre note dando completezza e soddisfazione al sorso. Finale amaricante e persistente.
Birra del Notaio. IPA da 6,5% “sui generis”. Si presenta di bel colore ambrato scuro, inusuale per lo stile. Ci spiega Domenico che in questa ricetta ha voluto “metterci del suo” per creare un prodotto non banale, accostando materie prime locali ad un luppolo neozelandese. Il risultato è nel bicchiere. Una birra il cui aroma vira sul balsamico con note resinose e legnose bilanciate da una nota fresca di pompelmo.
BIRRIFICIO, BEER FIRM O BREW FIRM ?
Abbiamo detto che Birrificio 79 è un “beer firm” (più precisamente un “brew firm”), ma cosa significa esattamente? Cominciamo col dare con precisione le dimensioni del fenomeno “birrificio” e “beer firm”. Le realtà brassicole artigianali censite ad oggi in Italia sono 1.409 (dati microbirrifici.org), di cui 176 risultano chiuse o con produzione sospesa. Delle 1.233 realtà in attività ben 418 sono beer firm, pari al 33.9%. Come a dire che una birra artigianale su tre è figlia di un beer firm. Un fenomeno importante che merita attenzione.
Il termine beer firm identifica quelle realtà che non possiedono un proprio impianto di produzione e che quindi commissionano la produzione ad un birrificio vero e proprio. La definizione di beer firm può dare, e da, adito ad equivoci ed a critiche.
Vi sono infatti beer firm che commissionano ad un birrificio tanto la produzione quanto lo sviluppo della ricetta limitandosi a commercializzare quella birra con proprio marchio, allo stesso modo delle “privat label” della GdO. Questi beer firm in genere non hanno competenza in merito a materie prime e conduzione d’impianto.
Ecco perché è doveroso utilizzare il termine brew firm per identificare quelle realtà che, come Birrificio 79, sviluppano in proprio un ricetta secondo la propria esperienza e le proprie idee e la producono su di un impianto di terzi (in genere un altro birrificio artigianale) affittando l’impianto stesso e mettendoci mano personalmente, in accordo col mastro birraio proprietario, ed adattando la ricetta alla sala cotta a disposizione.
Questo approccio, se ben gestito, consente vantaggi sinergici tanto per il brew firm che può permettersi di sviluppare la propria impresa senza sobbarcarsi da subito il costo di dimensionamento, acquisto e realizzazione di un impianto, quanto per il birrificio che può così aumentare la produttività saturando le risorse. Ecco spiegata l’idea di “azienda aperta” e di “sviluppo di rete” messo in atto da Birrificio 79 (e da molte altre realtà Italiane).
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“Puglia: tarallucci e birra”. Così recitava un cartellone pubblicitario di una nota marca industriale di birra posto sul raccordo che dall’aeroporto di Bari-Palese immette sulla SS16 accogliendo chi arrivava a Bari con ironia, giocando sul modo di dire “Tarallucci e vino”.
Ironia fino ad un certo punto. Degli undici birrifici industriali italiani ben due sono in Puglia (dati Assobirra) e si contano ben 73 realtà artigianali (dati microbirrifici.org). Fra queste il birrificio Birranova di Triggianello, frazione di Conversano (BA), di cui oggi assaggiamo Arsa.
LA DEGUSTAZIONE Stile Smoked Porter, tipico del nord Europa, gradazione 5,5%. Arsa è realizzata utilizzando grano arso, prodotto che ha lunga tradizione nel tavoliere, unito a malto affumicato della regione di Bamberga, zona della Germania famosa per la “rauchbier” (la birra affumicata). Stili, tradizioni e culture che si legano fra di loro.
Di colore scuro, impenetrabile, con schiuma chiara e piacevolmente morbida. Al naso esplodono subito note affumicate e tostate, intense ed aromatiche che ricordano il fumo di legna ed il pane scuro tostato. Seguono note fruttate, frutta disidratata come prugne ed albicocche.
In bocca il corpo leggero accompagna il sapore tostato rendendolo agile e non stucchevole. Le note luppolate rendono il sorso secco e pulito. Di media persistenza chiude con piacevoli note fumose che ricordano da vicino il sapore del grano arso.
IL BIRRIFICIO Anni novanta. Un viaggio studio nel Regno Unito per imparare l’inglese. È così che Donato di Palma, a soli 16 anni, entra per la prima volta in contatto col mondo birraio del nord Europa, fatto di stili brassicoli diversi e variegati. Forte dell’amore per quel contesto compie i primi esperimenti di home brewing (birra fatta in casa), acquisendo così l’esperienza necessaria per concretizzare il progetto di un proprio birrificio nel 2007.
Oggi Birranova produce circa 2.000 ettolitri anno suddivisi in 17 tipi di birra diversi, fra classiche e stagionali, confermandosi una delle più importanti realtà brassicole del sud Italia. Birre che, come Arsa, emozionano raccontando di un territorio. Quella striscia di terra che collega il mare alle Murge.
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La birra artigianale di qualità avrà anche quest’anno un’importante vetrina su Roma. Si terrà nei gironi 6, 7 ed 8 ottobre la quinta edizione di “EurHop! Roma Beer Festival”, il salone della birra artigianale divenuto ormai un importante riferimento internazionale.
Oltre 50 birrifici artigianali italiani ed internazionali, due banchi di 45 metri con più di 300 spine (virtualmente il pub più lungo d’Europa), più di 350 birre in degustazione. Questi i numeri dell’evento allestito nei 2000 metri quadrati del Salone delle Fontane dell’Eur, il noto quartiere a sud della capitale.
EurHop! Roma Beer Festival è un evento a invito. La selezione dei birrifici partecipanti è stata effettuata da “Ma Che Siete Venuti a Fà”, storico pub attivo dal 2001, e “Publigiovane”, editrice della rivista di settore “Fermento Birra Magazine”. Spazio sia alle eccellenze ed ai birrifici storici d’Italia e del mondo (Birrificio Italiano, Baladin, Cantillon, Bruxton, solo per citarne alcuni) che alle novità ed alle piacevoli riconferme.
Momenti di incontro, didattica, cibo, musica e degustazioni guidate “live” (sarà presente anche Lorenzo Dabove, detto “Kuaska”, famoso beer taster internazionale), nonché mappa dell’evento e descrizione di tutte le birre presenti completano il quadro di un evento in cui addetti ai lavori, appassionati e semplici curiosi possono affrontare un viaggio consapevole nel mondo brassicolo.
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Come dice Rocco Papaleo in un noto film “Si, la Basilicata esiste. Esiste! È un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi. Io credo nella Basilicata.” È vero. E non solo esiste ed è una terra affascinante, ma esiste anche una Basilicata brassicola.
Undici le realtà birraie presenti nella regione (dati Microbirrifici.org). Oggi vi raccontiamo il Birrificio Birfoot di Matera, nato ad ottobre 2016 per mano del giovane mastro birraio Giovanni “Uacezza” Pozzuoli (leva 1992).
IL BIRRIFICIO Giovanni, dopo lunga esperienza come home-brewer, stage in birrifici e il conseguimento di diverse qualifiche professionali, ha preso coraggio e ha aperto il proprio micro birrificio. Con l’obbiettivo di esternare la propria passione per la buona birra.
Capacità produttiva di sette ettolitri, cura manicale per i dettagli, attenta selezione delle materie prime: questi gli elementi fondanti, i “core assets”, di Birfoot. Infatti, chiacchierando con Giovanni, emerge quanto lui sia consapevolmente convinto che “solo curando in modo rigoroso ogni singola fase del processo produttivo si possa ottenere e replicare un prodotto di qualità”.
Badare alla freschezza di tutte le materie prime selezionandole con attenzione diviene così un must irrinunciabile. Tre al momento le birre prodotte e commercializzate da Birfoot: una Blanche, una Apa ed una Strong Ale. Le abbiamo degustate tutte e tre.
LA DEGUSTAZIONE Albus. Blanche da 4,8%. Nella ricetta anche scorze d’arancia, coriandolo e pepe rosa. Colore giallo paglierino scarico, leggermente velata. Schiuma bianca fine e persistente.
Al naso è fresca ed agrumata, semplice quel tanto da invitare subito alla beva e complessa quel poco da creare un bella aspettativa. In bocca è scorrevole, la spiccata carbonazione non è fastidiosa e la rende setosa al tatto. Emergono le note dolci dei cereali, la leggera speziatura ed ancora un sentore di agrumi.
Finale mediamente persistente, fresco. Unico difetto, ma davvero piccolo piccolo, l’acidità non è molto sostenuta visto la tipologia di birra. Un poco in più avrebbe contribuito positivamente alla sensazione di freschezza. Nel complesso un buon prodotto.
Hop Jungle. American Pale Ale da 5,4%. Giallo dorato carico con riflessi che tendono all’aranciato. Schiuma abbondante, bianca e molto persistente.
Al naso è intensa. La luppolatura (ci dice Giovanni che sono stati utilizzati luppoli tedeschi ed americani) dona piacevoli profumi floreali ed una leggera nota agrumata cui si affiancano piacevoli sentori di frutta esotica matura. In bocca l’effervescenza è moderata e lega bene col gusto secco e pulito della birra. Sul finale, di media persistenza, emergono le gradevoli note amare tipiche dello stile.
Aztec. Strong Ale da 7.4%. Di ispirazione inglese si presenta con un bel colore ambrato, carico e luminoso, ed una schiuma fine e compatta. Complessa al naso con note di caramello e di frutta matura che lasciano presagire morbidezza al palato.
L’assaggio conferma l’intuizione del naso; è corposa e morbida con delicate note maltate e fruttate che portano il sorso verso una dolcezza non eccessiva, tipica per lo stile così come la lieve carbonazione. Buona persistenza.
Tre prodotti ben riusciti, in grado di coprire una buona gamma di gusti. E un produttore giovane, che non ha puntato sull’effetto moda delle “Ipa”, sviluppando invece birre con una propria identità e in grado di legarsi anche alla cucina del territorio. Albus, Hop Jungle e Aztec possono infatti accompagnare trasversalmente la tavola, dalle crudità di mare ai piatti di carne insaporiti alle erbe, dalle verdure fritte ai salumi più saporiti.
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Contrada Piana, Comune di Ponte, provincia di Benevento. In piena campagna, nei pressi della ferrovia, sorge il birrificio artigianale Maltovivo. Una grande struttura, dove ad accoglierci è il direttore marketing, Antonio Orlacchio: una persona estrosa ed istrionica. Quasi un poeta alla Oscar Wilde.
La visita al birrificio si svolge in modo del tutto originale, con la degustazione delle birre, ancor prima di visitare l’edificio. Con il boccale di birra in mano si iniziano a scoprire tutti i processi produttivi. Nel percorrere le varie sale, Orlacchio non si interrompe un attimo nel raccontare del progetto imprenditoriale e di come nascono le piccole creature Maltovivo.
L’amore per le birre artigianali ha portato giovani imprenditori beneventani a cimentarsi in questo ambizioso progetto. Le birre prodotte da Maltovivo sono ottenute da ingredienti selezionati, con metodi rispettosi dell’ambiente, della genuinità e della bontà del prodotto, secondo le migliori tradizioni tedesche. Lazio e Campania i mercati di riferimento per il birrificio artigianale Maltovivo.
LA DEGUSTAZIONE
A colpire è Noscia ti seduce per il suo cappello di schiuma bianchissimo e compatto. La birra è di colore ambra scuro. All’olfatto libera profumi di fiori bianchi e gialli, erba secca, piccole bacche rosse poco mature.
Al gusto si è colpiti dalla morbida avvolgenza della schiuma, seguita da una nota amaricante data dal luppolo, note tostate e di cioccolato. Il finale chiude su note vagamente dolci, che ricordano il miele di castagne.
La birra Noscia di Maltovivo va servita a una temperatura di 8-10 gradi. Accompagna carni grigliate, formaggi a pasta molle o semi stagionati.
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Finisce oggi, sotto la lente di ingrandimento di vini al supermercato una birra artigianale, Wayan di Baladin. Un fenomeno, quello dei birrifici e micro birrifici in continua crescita, con un bilancio di oltre 1000 “aziende” operanti ormai nel settore per un folto pubblico di beerlovers.
LA DEGUSTAZIONE Fa capolino dal nostro bicchiere da degustazione birra Teku con il suo giallo dorato, velata, ma comunque luminosa. La schiuma è bianca, compatta e cremosa, non eccessivamente persistente.
Se il primo profumo che ci arriva è il lievito, cosa piuttosto normale per una birra artigianale, subito dopo si avvertono note di frutta fresca dolce come la pera, agrumi, una pungenza speziata appena accennata ed una vaga nota floreale.
In bocca è scorrevole, la carbonazione le dona grande facilità di beva. Nel pieno del sorso ritroviamo tutte le note di frutta ed agrumi sentite al naso accompagnate da una bella acidità, ma sul finir di bocca le sensazioni cambiano, la speziatura ci solletica piacevolmente lasciando lo spazio a sensazioni floreali di gelsomino e genziana. L’aromaticità non è eccessiva, la persistenza è breve ed il tutto invoglia alla beva.
Nonostante sia opinione comune che l’abbinamento pizza birra sia il migliore, Vi proponiamo di esplorare nuovi accostamenti: la Wayan è estremamente versatile ed è perfetta in abbinamento a formaggi freschi, carni bianche e preparazioni di pesce.
IL BRASSAGGIO Wayan è prodotta secondo lo stile ”Saison”. Le birre di questo stile sono originarie della Vallonia, la parte francofona del Belgio ed in particolare della porzione occidentale della provincia di Hainaut. “Saison” in francese significa stagione, a simboleggiare la stagionalità di questa tipologia di birre che in tempi passati venivano prodotte nelle fattorie in inverno per essere poi consumate dai lavoratori stagionali (i saisonniers, appunto) durante i mesi estivi. Da qui anche il caratteristico contenuto di alcool “medio”: abbastanza alcoolica da potersi conservare per mesi, ma sufficientemente leggera da essere dissetante. La razione giornaliera prevista per i saisonniers era di massimo cinque litri di birra al giorno.
La ricetta di Wayan è complessa, numerosi gli ingredienti. 17 quelli riportati in etichetta (acqua, malto d’orzo, farro, malto di frumento, frumento, grano saraceno, segale, luppolo, scorza d’arancia, pepe, coriandolo, scorza di bergamotto, camomilla, cannella, radice di genziana, zucchero e lievito), ma in realtà molti di più. Basti pensare che son ben 5 i tipi di pepe utilizzati.
Rifermentata in bottiglia e non pastorizzata Wayan viene chiusa con tappo in sughero (come i vini) e sigillata con capsula in cera.
IL BIRRIFICIO Siamo in Piemonte a Piozzo, provincia di Cuneo.Terra di vino, di vino rosso e di Nebbiolo. È qui che i sogni, la passione, la caparbietà di Teo Musso hanno dato inizio alla storia di uno dei più importati birrifici italiani. Era il 1996 e la legislazione italiana non prevedeva la possibilità che si potesse produrre birra in modo artigianale.
Non lo prevedeva ma neppure lo vietava, e così Teo, insieme ad altri “pionieri”, si è fatto largo fra le lacune della legge, fra lo scetticismo di buona parte dell’opinione pubblica e fra una cultura della birra all’epoca pressoché inesistente.
Nell’epoca in qui, per tutt’Italia la birra è poco più che una bibita fresca e con la schiuma pubblicizzata da una ragazza bionda in abito da sposa (“una bionda per la vita”), Teo studia da mastro birraio in Belgio ed inizia la sua avventura.
Oggi Baladin è una realtà di 2.600 metri quadri e 12.000 ettolitri prodotti suddivisi in una trentina di tipologie diverse.
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Birra artigianali, street food, musica e divertimento. Dopo il successo dello scorso anno torna per la seconda volta ad Asti il tour di Birra d’Ecc, l’evento itinerante dedicato alle birre d’eccellenza. Da giovedì 16 a domenica 19 giugno la manifestazione, promossa di Birra Più e patrocinata dal Comune di Asti, animerà piazzale de Andrè con un ricco calendario di eventi gastronomici.
BERE – Cuore pulsante di Birra d’Ecc la birra d’eccellenza: birrifici e microbirfficici proporranno un’accurata selezione di etichette offrendo la possibilità di assaporare prodotti unici grazie alla competenza e alla preziosa arte dei mastri birrai presenti in piazza per suggerire agli avventori anche preziosi consigli sugli abbinamenti migliori con il cibo.
MANGIARE – Spazio anche alla gastronomia e allo street food on the road. A Birra d’Ecc si potranno gustare piatti della tradizione italiana rivisitata, ma anche specialità internazionali preparate sul posto da cuochi professionisti; in piazzale De Andrè saranno presenti stand variegati che proporranno decine di piatti diversi e per ogni palato naturalmente da gustare con un buon boccale di birra artigianale e d’eccellenza.
DIVERTIMENTO E ANIMAZIONE – Birra d’Ecc è anche divertimento con musica, animazione, concerti ed esibizioni live. Novità di quest’anno il Birra d’Ecc Animation Show, una sorpresa dedicata a tutti gli astigiani.
Gli operatori di Asintrekking, partner della manifestazione, allestiranno il villaggio degli animali: un’occasione per grandi e piccini di vedere da vicino e toccare con mano asinelli, cavalli nani e tanti altri piccoli amici. Ci sarà poi la possibilità di acquistare cosmetici e prodotti di bellezza a base di latte di asina rigorosamente a base di latte d’asina.
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Tornano a Roma due appuntamenti imperdibili per gli amanti della birra artigianale. Dal 15 al 17 aprile, nella splendida cornice della Limonaia di Villa Torlonia, ci sarà il FrankenBierFest. L’appuntamento, giunto alla seconda edizione, sarà un’occasione unica per conoscere da vicino la tradizione birraria della Franconia, la regione della Germania con la più alta concentrazione di birrifici al mondo.
Saranno presenti autorità del settore, esperti degustatori di fama internazionale, sarà allestita una mostra fotografica sull’argomento e presentato un libro dal titolo ”Birra in Franconia”. Il 24 aprile sarà la volta invece della sesta edizione di ”UMDB sul prato”, ergo, ”Un Mare di Birra… Sul Prato” . L’evento brassicolo primaverile, si terrà presso l’Agriturismo 4.5 sull’Ardeatina e radunerà migliaia di appassionati, per una giornata da trascorrere immersi nella campagna romana, all’insegna del divertimento e della birra artigianale, in compagnia dei Pub della Capitale.
Ma non finisce qui, perché a Giugno dopo essere rimasta ormeggiata per qualche anno è pronta a ripartire ”Un Mare di Birra-La prima crociera della Birra Artigianale. L’evento, curato sempre Publigiovane Eventi, anche casa editrice di Fermento Birra, era andato in scena nel 2011 e nel 2012.
Si salpa il 25 giugno a bordo della Cruise Roma Grimaldi Lines per una minicrociera di tre giorni, destinazione Barcellona, immersi tra le acque del Mar Mediterraneo e a bordo in un mare di birra. Il meglio delle produzioni artigianali italiane ed internazionali, a poppa e prua con special guest internazionali, dj set, beer tester, personalità ed amici del mondo birrario.
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Nasce la prima birra vaginale siglata ”The Order of Yoni”. Non si tratta di una lavanda intima, né di un lubrificante stile ”Strawberry Prosecco”, ma di una birra scura fermentata grazie ai lieviti selezionati dall’organo genitale femminile, prelevati con un tampone vaginale.
Per il primo lotto di produzione, i lieviti sono stati gentilmente offerti da una ”farfallina” d’eccezione, la modella ceca Alexandra Brendlova che non solo ha prestato i suoi batteri, ma anche la sua immagine per la campagna pubblicitaria.
”Bottled Instinct” il nome di questa insolita birra che sarà in commercio dal 2016 con l’obiettivo di raccogliere 150mila euro per realizzare una produzione di 6 lotti da 16.600 birre l’uno.
Ma non è la prima birra dai lieviti particolari. ”Ci sono iniziative simili che altri birrifici hanno fatto, più per provocazione che per produrre birra di qualità, anche se poi è stata commercializzata, trainata dalla curiosità” hanno spiegato gli operatori di Fermento Birra , network specializzato sulla birra di qualità.
In Italia ad esempio è già possibile bere una ”Beard beer” prodotta dal birrificio americano Rogue con i lieviti prelevati della barba del birraio. Batteri di pizza surgelata e banconote invece sono utilizzati da due birrifici, l’americano Evil Twin e il norvegese Lervig per la ”Big Ass Money Stout”.
La birra vaginale sembra l’ennesima trovata marketing di produttori che non sanno più cosa inventarsi nella giungla delle birre artigianali. D’altronde i batteri crescono dappertutto e diciamolo, poteva capitare anche di peggio.
Tra l’altro, per dovere di cronaca, i lieviti saranno selezionati da ”donatrici” sottoposte ad un rigido protocollo per evitare alterazioni ”aromatiche” della ”bernarda”, anche se la birra non avrà il gusto ”passerina”, del quale peraltro non è necessario bere una birra per saggiarne il sapore.
La birra, secondo i produttori, ha solo lo scopo di ”catturare” l’essenza della femminilità. ”She is into the bottle, literally” il claim di una delle pubblicità, tradotto ”lei è nella bottiglia, letteralmente”.
Non ci convince, ma tant’è. Siamo davvero curiosi di sapere come la definiranno i beer sommelier nelle loro degustazioni. Prezzo wholesale (all’ingrosso) circa 5 euro, non molto economica considerati poi i ricarichi medi. ”Ogni donna ha la sua fortuna e ce l’ha tra le gambe” come diceva in tempi non sospetti Honorè de Balzac.
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La birra fa bene allo sport agonistico o dilettantistico. In piccole quantità e lontano dallo sforzo fisico può sostituire qualsiasi integratore risultando addirittura più valido per la sua concentrazione di magnesio, fosforo, calcio e vitamina B. A sostenerlo Luca Gatteschi, medico della Nazionale italiana di Calcio e consigliere della Società italiana nutrizione sport e benessere sulle pagine di una rivista medica online. Secondo uno studio pubblicato sull’International Journal of Sport Nutrition inoltre, la reidratazione con birra e acqua non è inferiore a quella apportata con la sola acqua, considerato anche che le birre, in particolare quelle artigianali e non filtrate sono molto ricche di magnesio.
Il quantitativo corretto è di una lattina o bottiglia da 33cl per le donne e massimo due per gli uomini, purché di media gradazione alcolica e da assumere il giorno prima. Ma in generale, la birra come elemento della dieta, apporta anche altri benefici riconosciuti e comprovati da numerose ricerche scientifiche, sempre bevuta in quantità modeste e responsabilmente.
Il luppolo ha proprietà antiossidanti con effetto neuroprotettivo e potrebbe essere un valido supporto in soggetti diabetici o cardiopatici. Per il suo contenuto in calcio, assunta dalle donne in pre e post menopausa contrasterebbe l’osteoporosi. In generale, un moderato apporto di alcol rende anche più allegri e socievoli e si sa, chi vive felice vive più a lungo.
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