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Puglia: approvata la legge sulla birra artigianale regionale

Puglia: approvata la legge sulla birra artigianale regionale

La giunta regionale della Puglia ha approvato all’unanimità la legge regionale sulla valorizzazione e promozione della birra artigianale pugliese. La legge è stata promossa dalle delegazioni locali di Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) e Confartigianato.

Un nuovo strumento legislativo a supporto dei birrifici, analogamente a quanto già accaduto in altre regioni italiane come Lazio, Piemonte, Umbria, Abruzzo, Lombardia. Una legge molto dettagliata che punta allo sviluppo del settore, comprendendo aspetti quali il turismo brassicolo, i concorsi nazionali e internazionali e l’internazionalizzazione dei microbirrifici.

La nuova legge si riferisce espressamente ai “Piccoli birrifici indipendenti” (come definiti dalla legge 154/2016), ai “Microbirrifici” (birrifici indipendente con una produzione annua inferiore ai 10.000 hl) e ai “Birrifici agricoli” (imprese agricole che producono birra). La Legge stanzia per i vari interventi a favore del settore brassicolo pugliese 100 mila euro per ognuno degli esercizi 2022 e 2023.

I finanziamenti saranno rivolti a progetti per la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori del settore. Lo sviluppo dei canali e-commerce. La creazione e promozione di una filiera pugliese della birra artigianale. L’incentivazione dei produttori che utilizzano materie prime locali e l’acquisto di macchinari in funzione delle innovazioni tecnologiche.

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Birra: consumi a +18,4% e +4% di export nel 2021

Volano i consumi di birra nel 2021 con un aumento record del 18,4% degli acquisti domestici in Italia. A fare da traino le ondate di caldo torrido, con il crescente successo di bionde e rosse artigianali Made in Italy.

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, diffusa in occasione della Giornata internazionale della birra. Un dato beneagurante rispetto alle difficoltà causate dal Covid al settore che nel 2020, che ha visto un calo del fatturato pari al 35%.

BIRRA: UN SETTORE IN CONTINUA CRESCITA

Il consumo pro capite nel nostro Paese è arrivato a 36,8 litri. La birra rappresenta un traino per l’economia alimentando una filiera che, fra occupati diretti e indotto, offre lavoro a oltre 140 mila persone. In crescita anche le esportazioni dopo le difficoltà registrate lo scorso anno a causa delle pandemia, con un aumento del 4% nei primi quattro mesi del 2021.

A spingere la ripresa è soprattutto la birra artigianale che conta circa 550 milioni di litri prodotti ogni anno, un terzo dei quali arriva da aziende agricole che trasformano direttamente i prodotti agricoli. Un consumo diventato negli anni sempre più raffinato e consapevole con specialità altamente distintive e varietà particolari.

Sono i giovani produttori, i più attivi nel settore, a portare profonde innovazioni. Dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole ma anche la produzione di specialità altamente distintive. Non ultimo forme distributive innovative come i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.

Si stanno peraltro creando anche nuove figure professionali, come il “sommelier delle birra“. Figura che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne i caratteri principali di stile e gusto, per suggerire gli abbinamenti ideali con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci.

BIRRA ARTIGIANALE “MADE IN ITALY”

Proprio per sostenere la produzione tricolore di birra è stato promosso dalla Coldiretti il Consorzio Birra Italiana che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale creando un rapporto più solido tra i produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.

Il Consorzio rappresenta il 27% della birra artigianale prodotta in Italia ed oltre il 51% del malto da orzo italiano e oltre la metà dei terreni coltivati a luppolo. Per garantire l’origine del prodotto è stato realizzato anche il marchio “artigianale da filiera agricola italiana” che mira a garantire e tracciare la prevalenza di materia prima dalle campagne del Belpaese, ponendo attenzione sulla remunerazione etica della filiera e di tutti i suoi attori.

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Birra umbra agricola ed artigianale: una legge per tutelarla

Dopo Lombardia, Abruzzo e Piemonte è ora l’Umbria a puntare al riconoscimento della propria birra artigianale regionale. È il Consigliere regionale della Lega e vicepresidente dell’Assemblea Legislativa Paola Fioroni ad annunciare di aver depositato come prima firmataria una proposta di Legge Regionale.

Questa legge – dichiara Fioroni – intende individuare e tutelare la birra umbra agricola ed artigianale nella sua specificità ed unicità e sostenere il settore brassicolo regionale attraverso una serie di interventi ed iniziative. Abbiamo definito un piano triennale regionale che prevede un impegno economico annuale per l’attuazione della legge pari ad 80 mila euro nel 2022 e 2023 e 50 mila euro già nel 2021».

«Si intende altresì – aggiunge il Consigliere – introdurre la figura professionale del Mastro Birraio, istituire il registro dei birrifici artigianali ed agricoli umbri e dei relativi mastri birrai. Si creerà inoltre un portale telematico regionale sulla birra agricola e artigianale, con fine pubblicitario e promozionale e per una maggiore conoscibilità dei birrifici agricoli ed artigianali umbri».

UMBIRA: TERRA DI BIRRIFICI

l’Umbria conta numerosi birrifici artigianali, alcuni dei quali fanno uso di materie prime locali e filiera corta, la cui qualità delle birre è riconosciuta sia a livello nazionale che internazionale.

«La birra umbra artigianale e agricola – aggiunge il segretario regionale, Virginio Caparvi – è un prodotto che merita di essere di essere riconosciuto, tutelato e valorizzato, anche attraverso la creazione di un apposito marchio. Intendiamo dare visibilità al modello virtuoso che si è generato nella nostra regione e che ha creato centinaia di addetti qualificati».

La Legge vuole sostenere il settore anche attraverso l’incentivazione all’acquisto di strumenti e macchinari per introdurre processi innovativi nelle lavorazioni. Si vuole inoltre promuovere la formazione e qualificazione professionale attraverso la collaborazione ed apposite convezioni con Università, enti qualificati e centri di ricerca operanti nel territorio regionale.

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Marchio “Birra contadina”: scontro Coldiretti-Consorzio Birra Italiana-Cascina Motta

È bufera sull’utilizzo della formula “Birra contadina” da parte di Coldiretti e Consorzio Birra Italiana. I due enti avrebbero utilizzato indebitamente il termine lo scorso 17 febbraio, nell’ambito del webinar “Come nasce la birra contadina“. Quest’ultimo sarebbe in realtà «un marchio privato» registrato da Massimo Prandi, imprenditore e socio del birrificio artigianale Cascina Motta. L’unica, dunque, a poter usare “birra contadina” riferendosi «a un preciso disciplinare di produzione».

IL PUNTO DI VISTA DI COLDIRETTI
«La situazione sembra un po’ paradossale – dichiara a WineMag.it Domenico Bosco di Coldiretti – “Contadina è un aggettivo e come tale non può essere registrato in esclusiva, così come “birra”, che è un termine generico. La registrazione potrebbe aver senso solo a fronte di una veste grafica particolare che comunque non è stata da noi utilizzata».

«L’incontro web – prosegue il dirigente della Confederazione – voleva essere un momento informativo generale e non legato ad uno specifico prodotto commerciale. Siamo Coldiretti, l’aggettivo “contadino” in un certo senso ci appartiene ed è in questo senso che è stato utilizzato».

Coldiretti si dice sicura che la definizione “Birra contadina” non possa essere registrata come marchio privato in quanto troppo generico e relativo ad una macro categoria di prodotto, analogamente a quanto successo alcuni anni fa col colosso Carlsberg Italia che tentò di registrare il marchio “luppolo“, vedendosi sconfitta in sede legale.

Dello stesso avviso anche Consorzio Birra Italiana che. Pur chiamandosi fuori dalla querelle in quanto ospite e non organizzatore della webinar in questione, il direttore generale Carlo Schizzerotto esprime «perplessità rispetto alla validità di registrazione su di un marchio a nome comune» sostenendo inoltre di aver già fatto presente la situazione a Prandi in passato.

LA RISPOSTA DI MASSIMO PRANDI
Massimo Prandi, in qualità di proprietario del marchio “Birra contadina” dal 2016, ribadisce invece come la registrazione sia avvenuta «nel pieno rispetto della legalità» e ricorda come «già in passato» abbia «diffidato bonariamente Coldiretti e Consorzio Birra Italiana dal suo utilizzo». All’orizzonte ci sarebbe una diffida formale.

«I marchi “Birra contadina” e “Birrificio contadino” sono stati da me registrati – sostiene Prandi – e concessi in uso esclusivo ed oneroso a Cascina Motta, di cui faccio parte. Questo perché Cascina Motta rispetta il disciplinare di produzione che è stato depositato contestualmente ai marchi. Vale a dire che Cascina Motta produce birra a fronte di materie prime autoprodotte ed autotrasformate».

Nel progetto di Prandi vi è una severa distinzione fra le “Birra contadina” e la “Birra da filiera agricola” (o “Birra agricola“). Mentre la prima è prodotta da un’azienda agricola che integra in se l’intera filiera produttiva “grain to glass” (dalla campagna al bicchiere), la seconda è una birra prodotta da un birrificio che fa uso esclusivamente di materie prime da filiera agricola italiana ma non necessariamente autoprodotte.

Nulla osta, quindi, a che il marchio venga concesso, a fronte del riconoscimento di una royalty, ad ogni altro birrificio artigianale che dimostri di rispettare il disciplinare di autoproduzione delle materie prime.

Convinto della sua posizione, Prandi annuncia di fatto di voler procedere per vie legali nei confronti di Coldiretti e del Consorzio Birra Italiana, per «l’uso improprio del marchio registrato».

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