Con 29,7 milioni di euro nel 2022, Angelini Wines & Estates festeggia il record di fatturato. Una crescita del 18% rispetto al 2021 e del 50% negli ultimi due anni che consente alle aziende del gruppo – le toscane Val di Suga, Tenuta Trerose e San Leonino, la friulana Cantina Puiatti, la storica azienda Bertani della Valpolicella e, dal 2015, Tenute San Sisto e Fazi Battaglia nelle Marche – di guardare con fiducia a un anno sfidante come il 2023.
Angelini Wines & Estates oggi conta su un totale di 1.700 ettari di proprietà, dei quali 460 vitati, con una produzione complessiva di circa 4 milioni di bottiglie l’anno. Alla crescita di fatturato ha corrisposto un incremento della marginalità industriale e commerciale, in modo particolare per Bertani e Val di Suga, «risultato – spiega Angelini Wine Estates – di un miglioramento nel posizionamento strategico dei prodotti, di maggiore efficienza e di ottimizzazione dei processi a tutti i livelli operativi».
ANGELINI WINE ESTATE: CRESCONO HORECA ED EXPORT
La crescita di fatturato è avvenuta in tutti i mercati dove Angelini Wines & Estates, parte di Angelini Industries, opera. In quello domestico, tradizionalmente rilevante, è stata del 4,4%, trainata dalla forte crescita del canale Horeca (+20,5%) che ha più che compensato il rallentamento del canale moderno – Gdo (-8,6%, in linea con l’andamento del settore del vino al supermercato, dopo due anni di forte crescita).
Ma è in primis l’export che ha registrato una performance molto positiva: +33,3% rispetto il 2021 (che si aggiunge al +31% di crescita del 2021 rispetto il 2020), soprattutto in Usa (+142%) e in area Asia-Pacific (+43%). Lo sviluppo del volume d’affari registra un andamento positivo anche a inizio 2023.
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SANT’AMBROGIO di VALPOLICELLA (VR) – Per il secondo anno consecutivo il Consorzio Vini Valpolicella sceglie l’Institute of Directors, al 116 di Pall Mall a Londra per il suo evento esclusivo nel Regno Unito. A condurre la masterclass dell’11 dicembre sarà Peter McCombie, Master of Wine da 25 anni e uno dei massimi esperti di vino italiano nel mondo. A seguire, un Walk Around Tasting con 12 aziende del territorio.
“Il Regno Unito si conferma piazza strategica per i vini rossi dop del Veneto – spiega Olga Bussinello, direttore del Consorzio – dove la Valpolicella incide per il 70%, con il primo semestre 2019 che ha segnato un +16,2% a valore sull’anno scorso e un +36,6% a volume. Il secondo Paese al mondo per import enologico, ritaglia inoltre un’importante fetta del suo paniere all’Amarone della Valpolicella, che qui fa arrivare l’11% dell’export totale del grande rosso veneto”.
Si arresta, invece, dopo diversi anni la corsa del vino italiano negli UK, a causa della decisa frenata nei primi 8 mesi di quest’anno degli sparkling (-9,1%). Nonostante ciò, in rialzo le performance dei vini fermi negli UK, che nei primi 8 mesi dell’anno siglano un +2,8% (fonte: Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor).
Le aziende che partecipano all’evento di Londra: Bertani, Costa Arènte, Cristiana Bettili Wines, Fumanelli, Latium Morini, Le Guaite di Noemi, Montresor, Pietro Zanoni, Roccolo Grassi, San Rustico, Sartori di Verona, Trabucchi.
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VERONA – In attesa che l’Unesco riconosca il metodo dell'”Appassimento” come “Patrimonio immateriale dell’Umanità” – iter già avviato, che richiede ancora un minimo di 3 anni – Verona celebra all’Anteprima della vendemmia 2014 i 50 anni dal riconoscimento della Doc Amarone della Valpolicella.
Ieri, al palazzo della Gran Guardia di piazza Bra, sono stati presentati alla stampa 43 campioni. Oggi l’evento è aperto al pubblico, dalle 10 alle 19 (biglietto in vendita qui). Un tasting numericamente dimezzato rispetto all’Anteprima 2017, quando nei calici c’era l’Amarone 2013.
Due i motivi. Molti produttori, a causa delle avverse condizioni meteo, hanno deciso di non imbottigliare l’Amarone 2014, declassando i vini ottenuti da uve Corvina, Corvinone e Rondinella. Duecentocinquanta i millimetri di pioggia caduti solo a luglio. Circa il 50% della produzione è andato perduto, col 30% in meno dell’uva messa a riposo.
In secondo luogo, è in atto da diversi anni una scissione tra le “Famiglie storiche” dell’Amarone (le cosiddette “Famiglie dell’Amarone d’Arte”) e il Consorzio di Tutela Vini Valpolicella. Una partita che si gioca su temi legati alla qualità del Re dei Vini della Valpolicella, “minata dall’aumento delle produzioni nei vigneti di pianura”.
La mancanza di marchi pregiati come Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato ha certamente impoverito le batterie in degustazione.
I NOSTRI TOP
Tra i 43 campioni della vendemmia 2014, a dire la verità, la qualità è media, con poche punte d’eccellenza. Accanto a tanti vini puliti e dignitosi, ma comunque non memorabili, segnaliamo una decina di assaggi che si “staccano”. Mostrando buoni margini di miglioramento in bottiglia, negli anni a venire.
Tra questi, molti sono prodotti da giovani aziende, condotte da giovani produttori. Un aspetto che fa ben sperare per il futuro della Valpolicella e dell’Amarone. Un vino che, da solo, accentra 2 miliardi di export. Gli ultimi dati, di fatto, risultano positivi: 600 milioni di euro di fatturato complessivo per la Denominazione, nel 2017.
Rendita fondiaria giunta a quota 24 mila euro. E un +10% di crescita sui mercati internazionali, con la Germania che segna il vero boom (+30%). Al top anche l’Italia: +20%. Alla Gdo “un ruolo marginale”, ma comunque a doppia cifra (25%), con una crescita altrettanto positiva nel 2017: +13%.
Tra gli Amarone delle vecchie annate la spunta, su tutti, la straordinaria produzione di Celestino Gaspari, con la sua Zýmē. L’allievo di Quintarelli cammina ormai da anni sulle proprie gambe, portando avanti con grandissima coerenza la propria filosifia. Zýmē, di fatto, è ormai un must quando si parla di Veneto, Valpolicella e vini italiani ai vertici della qualità.
1) Amarone della Valpolicella Classico Docg 2014 “Acinatico”, Accordini Stefano. Non è un caso se, tra i promossi, troviamo l’Amarone della Accordini Stefano. SI tratta dell’azienda collocata gegraficamente più in alto nella Valpolicella Classica, a 550 metri sul livello del mare.
“Un giusto mix tra innovazione, tradizione e moda”, come piace definirlo a Marco Accordini. Una definizione perfetta per un Amarone che, nel calice, presenta un naso suadente, intenso. Corrispondente al palato, sfodera una persistenza tra le migliori dell’intera Anteprima, su note saline e di liquirizia.
Convince appieno anche “Il Fornetto” 2011, nome del vigneto di 1,4 ettari dal quale prende il via la storia della cantina, grazie al nonno di Marco, Stefano Accordini.
Un vero e proprio “cru” sui 26 ettari complessivi attuali dell’azienda (250 mila bottiglie l’anno). Solo 3 mila bottiglie per questa gemma, su cui vale davvero la pena investire, anche in prospettiva.
2) Amarone della Valpolicella Classico Docg 2014 Albino Armani. Non certo un Amarone “grasso”, come tanti altri. Di Armani premiamo l’eleganza e la raffinatezza, soprattutto dopo l’assaggio di un’altra etichetta, ai banchi di degustazione. Grazie a “Cuslanus” Riserva 2013, la filosofia produttiva di questa azienda è finalmente chiara.
Albino Armani cerca Amaroni in cravatta. Di poche parole, ma diretti. Un vino pulito, pronto, senza fronzoli, quello uscito dalla vendemmia 2014. Un Amarone quotidiano, che non richiede abbinamenti particolarmente complessi ed elaborati. La vittoria della semplicità, senza cadere nell’esilità di tanti altri campioni dell’Anteprima 2018.
La Riserva 2013 “Cuslanus” si inserisce nello stesso filotto. Ma una selezione più accurata nel vigneto posto a 500 metri sul livello del mare, rende la spezia più integrata nel contesto. Un Amarone più strutturato, senza perdere tuttavia la consueta eleganza.
3) Amarone della Valpolicella Docg 2014, Bertani. Menzione Valpantena per l’Amarone 2014 della storica Bertani, una delle aziende che ha deciso di non produrre l’Amarone “top di gamma”. Quello nei calici dell’Anteprima, tuttavia, pare molto più di un semplice ripiego.
Un Amarone che – come conferma poi ai banchi di degustazione Rossana Schioppetto, Trade Marketing & Communication di Bertani – punta a un target ben preciso: i giovani che si affacciano per le prime volte alla degustazione del Re della Valpolicella. Tradotto: facilità di beva, freschezza e sentori accattivanti ma tutt’altro che ruffiani. Un buon prodotto, ma certo non un Amarone da intenditori.
4) Amarone della Valpolicella Docg 2014 “Punta Tolotti”, Ca’ Rugate. Il “cru” di Montecchia di Crosara, a 440 metri circa sul livello del mare, regala un Amarone di buona prospettiva. Botte grande di rovere austriaco e tonneaux (al 90% di quinto passaggio) per l’affinamento di “Punta Tolotti”.
Caldo che pare abbiano scaldato il bicchiere, prima di servirlo, rivela uno dei nasi migliori delle batterie in Anteprima. Sbuffi di pepe nero ed erbe di campo fanno da contorno alla frutta rossa. Corrispondente al palato, con piacevoli richiami erbacei freschi che lo rendono balsamico.
Di Ca’ Rugate assaggiamo anche l’Amarone 2007, affinato solo in tonneaux. Una conferma delle ottime prerogative di Punta Tolotti 2014: 10 anni sulle spalle e ancora tanta vita davanti.
5) Amarone della Valpolicella Classico Docg 2014, Corte Lonardi. E’ stato imbottigliato appena 15 giorni fa l’Amarone 2014 Corte Lonardi in degustazione al palazzo della Gran Guardia. Ma si capisce subito che non si tratta di un’etichetta spinta da logiche commerciali.
Vigne a 400 metri sul livello del mare a Marano di Valpolicella e doppio passaggio in tonneaux di 25 e 50 ettolitri per un Amarone che si prepara a sfidare il tempo, nelle logiche aziendali ben esposte da Silvia Lonardi, a capo delle Vendite dell’azienda condotta dal padre Giuseppe.
Frutta, spezia e componente vegetale sono ben integrate nel sorso, asciugato da un tannino che deve ancora arrotondarsi. Un vino prospettiva, appunto. Così come la Riserva 2012 di Corte Lonardi (3 e mezzo di tonneaux e 1 anno e mezzo di bottiglia), altro assaggio che ci convince in pieno.
6) Amarone della Valpolicella Docg 2014, I Tamasotti. Giacomo Brusco, 28 anni, e Sabrina Zantedeschi, 25, si sposeranno presto. Ma “I Tamasotti” sono già un riuscitissimo matrimonio d’intenti: quelli di Giacomo, agrotecnico che ha ereditato i vigneti (3 ettari) e l’agriturismo di famiglia, e Sabrina, enologa fresca di laurea all’università di Verona.
Il loro Amarone 2014 (1100 bottiglie prodotte) colpisce per lo stile moderno ma non ruffiano e per la “verità” del naso e del palato. Un vino tutto sommato pronto, con ampi margini di miglioramento in bottiglia, negli anni. Naso caldo e suadente, che spazia dalla marasca al ribes, passando per grassi richiami di toffee.
Li troveremo anche al palato, uniti a un tannino vivo, ma non disturbante. La prima vendemmia di Amarone, per questa coppia di giovani produttori veronesi, è la 2013: solo 600 bottiglie. Ragazzi di cui si sentirà parlare in futuro, ne siamo certi.
7) Amarone della Valpolicella Docg 2014, Le Guaite di Noemi. Quello de Le Guaite di Noemi è l’unico campione prelevato da botte che ci convince, durante il tasting della vendemmia 2014. Il successivo assaggio di altri Amarone, di vendemmie precedenti, conferma le aspettative.
L’annata 2014 si presenta tutto sommato pulita al naso in tutte le sue componenti, dalla frutta al vegetale, passando per le spezie, ben integrate. La bocca è ancora scomposta, ma serve tempo per valorizzare quello che pare il “plus” dell’etichetta: una componente minerale davvero interessantissima.
Ottimi gli Amarone 2008 e il 2009 serviti dalla giovanissima Noemi Pizzighella. Una che ci sa fare davvero: entrata di recente nell’azienda di famiglia, ha rivisto il packaging e rilanciato le vendite in Italia, con un esemplificativo +120% nel primo anno di attività.
I modelli sono Dal Forno e Quintarelli. I vicini di casa Giacomo Brusco e Sabrina Zantedeschi de “I Tamasotti”. Tutto bene, insomma, per un’altra realtà tutto sommato recente, che si affaccia sulla Valpolicella dal 2002.
8) Amarone della Valpolicella Dop Classico 2010 “Campedel”, Gamba. Menzione particolare per questo Amarone ottenuto dal vigneto Campedel di Gnirega, nel cuore della Valpolicella Classica, a un’altitudine di 300 metri sul livello del mare.
Bel frutto e un’evoluzione tutta giocata su sentori speziati pregevoli, uniti a una mineralità che chiama il sorso successivo. Uno di quegli Amarone che non stancano mai. Da mettere in tavola subito, con almeno un paio di bottiglie di “scorta” in cantina.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5)Un vino potente, caldo, asciutto. È il Rosso di Montalcino Doc 2013 della cantina Val di Suga Srl Grezzana, azienda vitivinicola del colosso Bertani Domains Srl (Tenimenti Angelini) che opera appunto anche nel Comune della provincia di Siena dove è consentita da disciplinare la produzione di questo noto vino italiano. Nel calice, il Rosso di Montalcino Val di Suga si presenta di un rosso rubino intenso, con riflessi violacei. Il naso è un incendio: una vera e propria invasione dei tipici sentori del Montalcino. Si avvertono la particolare vena legnosa, nonché i richiami ai piccoli frutti di bosco e alla ciliegia. Timida anche qualche nota di mandorla, che avvolge il naso e smorza piacevolmente gli altri sentori, addolcendo l’esperienza olfattiva. Al palato, il Rosso di Montalcino Val di Suga conferma l’antipasto offerto al naso, proponendosi come uno dei rossi tipici senesi più potenti e di qualità in commercio nella grande distribuzione italiana (leggi qui la recensione di un altro Montalcino). Alla buona tannicità, che fa presagire la possibilità di conservare ancora qualche mese l’annata 2013 senza stapparla, si accostano le note di ciliegia e frutti di bosco e more sotto spirito. Grande corpo, grande equilibrio, grande carattere. Perfetto l’abbinamento con i piatti della tradizione toscana, ma anche a primi piatti con ragù e secondi di carne, bianca e rossa (meglio però il maiale o il vitello).
Il Rosso di Montalcino Val di Suga è uno dei prodotti di punta nella Gdo del gruppo Angelini-Bertani, che in quattro diverse regioni d’Italiana detiene 350 ettari di vigneti per un totale di 500 ettari di terreni. Il giro d’affari nel 2013 ammonta a circa 20 milioni di euro di fatturato tra Belpaese ed estero, con 3 milioni di bottiglie smerciate. Tra gli obiettivi del gruppo Bertani, quello di produrre in Toscana vini con l’utilizzo in purezza del Sangiovese, senza l’utilizzo sempre più frequente di altri uvaggi, su tutti Cabernet e Merlot.
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