Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02 visite in cantina

La Sicilia del vino, sempre più matura e di qualità: radiografia di Sicilia en Primeur 2023

La Sicilia del vino, sempre più matura e di qualità radiografia di Sicilia en Primeur
È una crescita qualitativa generalizzata quella dei vini siciliani. A dimostrarlo, con una certa evidenza, sono gli assaggi alla cieca compiuti a Sicilia en Primeur 2023, annuale rassegna organizzata da Assovini Sicilia che raccoglie la quasi totalità delle eccellenze isolane. L’edizione andata in scena dal 9 al 13 maggio tra Taormina e Radicepura ha saputo rendere onore al claim voluto quest’anno dall’entourage del presidente Laurent Bernard de la Gatinais, “Ambasciatori e Custodi di Cultura e Territorio”. Chi più, chi meno, tutte le denominazioni siciliane rivelano l’ottimo lavoro dei produttori al cospetto di un’annata sfidante, dal punto di vista delle insidie climatiche. Oltre alla qualità in netta ascesa, quel che emerge è l’impulso dato dall’istituzione della Doc Sicilia a diversi territori.

Sull’isola, in maniera capillare, da Est a Ovest, da Nord a Sud, sono rinate denominazioni dimenticate (emblematico il caso del Mamertino) e altre stanno man, mano (ri)prendendo forma (su tutte, le maggiori attese si concentrano sull’eterna promessa Marsala). È una sorta di moto d’orgoglio “localista” quello scaturito dalla formalizzazione della Doc regionale, avvenuta il 22 novembre 2011. Undici anni in cui la viticoltura siciliana è cambiata radicalmente. Perdendo ettari (e non pochi: 40 mila, solo dal 2008 al 2018). Puntando su comunicazione e biologico (42 mila ettari “sostenibili” su 110 mila non sono pochi, anche se il “bio” è un dovere in regioni baciate da Dio come la Sicilia).

Riposizionandosi sui mercati, ben al di là degli sforzi compiuti “privatamente” dalle tante cantine-brand presenti sull’isola (Planeta, Donnafugata, Tasca d’Almerita, Florio e Pellegrino per citarne solo alcune). Partendo dai territori e dai terroir (il sempre più trainante Etna, su tutti). E, non ultimo, proponendosi con rinnovato orgoglio come meta per gli enoturisti nazionali e internazionali, senza il timore reverenziale di dichiarare – apertamente, come ha fatto il presidente Assovini Laurent Bernard de la Gatinais – che «il modello è la California», per le vincenti strategie di marketing dell’accoglienza adottate dallo stato Usa», da coniugare e rimodellare «sull’unicità e sulla ricchezza del patrimonio storico, culturale, archeologico e produttivo siciliano».

SICILIA EN PRIMEUR 2023: BENE GRILLO, NERO D’AVOLA, ZIBIBBO E INSOLIA

Quanto ai calici, con la vendemmia 2022, la Sicilia si conferma isola-continente del vino per tutte le stagioni. Grillo e Nero d’Avola risultano in grande spolvero in tutti gli angoli della regione. Stessa sorte per Carricante, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, i vitigni principali dell’Etna Doc. Sempre più chiara – ed è un’altra gran bella notizia – la profilazione dell’Insolia / Inzolia che perde – nella maggior parte dei casi – i tratti verdi e duri che ne caratterizzavano il profilo, nelle annate precedenti.

Una varietà che ha ottime chance di potersi ritagliare spazi di mercato in qualità di “Sauvignon siciliano“, per i suoi tratti aromatici ed erbacei. Nuova vita anche per lo Zibibbo. Nella sua terra d’origine, l’isola di Pantelleria, si registra una crescita esponenziale degli spumanti e dei vini fermi, rispettivamente del 68 e del 25% rispetto al 2018. Il tutto, senza che il Passito di Pantelleria ne risenta più di tanto. Cresce, anzi, anche lui, del 10% rispetto a 5 anni fa, secondo i dati forniti a winemag.it dal presidente del Consorzio, Benedetto Renda.

ANTEPRIMA VINI SICILIANI: LA SCOMMESSA PERRICONE

La vera sorpresa è però il Perricone, vitigno autoctono che, dagli assaggi in anteprima a Sicilia en Primeur 2023, risulta quello maggiormente cresciuto dal punto di vista qualitativo. La riscoperta del vitigno da parte di diverse cantine sta dando nuovo lustro alla varietà originaria della Sicilia occidentale, tanto da aprirgli nuove strade e opportunità anche sui mercati internazionali. Ottima e poliedrica l’interpretazione di Assuli, anche se il suo perfetto compimento è nell’interpretazione magistrale della cantina Feudo Montoni, capace di dare del tu a un vitigno burbero, ribelle, spigoloso, per certi versi selvatico, solo apparentemente da addomesticare, in vigna.

Grappolo grosso, buccia spessa. Il Perricone non ha paura delle malattie fungine e sembra voler quasi sfidare la grandine, con la sua attitudine alla maturazione tardiva. Nel calice ha tutte le carte in regola per diventare la “storia nuova” della viticoltura siciliana, capace di farsi amare per i tratti giovanili, fruttati; tanto quanto per il fascino nell’invecchiamento, al pari dei grandi vini rossi. Certo, aiutano vigneti come quello di Fabio Sireci (nella foto con Melissa Muller), a 800 metri sul livello del mare, vero orgoglio del titolare di Feudo Montoni, che è tra i viticoltori siciliani più disposti a scommettere sulle potenzialità ancora nascoste (ai più) del Perricone.

L’ETNA SI RIPOSIZIONA SUI BIANCHI DEL VERSANTE EST


Per una novità, una certezza in trasformazione, senza perdere identità: l’Etna. Sul vulcano siciliano stanno tuttavia cambiando i rapporti di forza tra i versanti. Se fino a ieri era il versante Nord quello più in vista e blasonato, i nuovi trend di consumo – che privilegiano vini bianchi e spumanti rispetto ai vini rossi – stanno dando grande visibilità al versante Est, in cui si trova in particolare il piccolo comune di Milo. I vigneti, che si estendono dai 700 metri sul livello del mare, svettano tutto attorno a piazza Belvedere, punto panoramico del paese di 1.072 abitanti da cui è possibile ammirare Taormina e, addirittura, scorgere il golfo di Catania e la Calabria.

La crescita dell’Etna Bianco Superiore di Milo sta assorbendo, per certi versi, il calo dell’Etna Rosso Riserva (-26,30% nel 2022, rispetto al 2021). Un exploit che ha il volto di Carla Maugeri (nella foto), vignaiola che insieme alle sorelle Paola e Michela ha ridato nuova vita all’azienda di famiglia, proprio a Milo. Al loro fianco, sin dagli esordi nel 2015, l’enologo Emiliano Falsini e l’agronomo Stefano Dini. Due le interpretazioni di “Contrada Volpare” 2021 degustate in anteprima durante il programma di Sicilia en Primeur 2023. Entrambe risultano capaci di abbinare note di erbe montane a una sapidità iodica, marina, unite a ricordi di agrumi come il bergamotto e di frutta a polpa bianca croccante (mela, susina bianca).

“Contrada Volpare Frontebosco” 2021 affina più a lungo in legno grande ed è un vino che esalata il grande potenziale dell’Etna nella produzione di vini bianchi tesi ed elettrici che, con il giusto apporto di terziari, possono diventare ancora più gastronomici e golosi, di gran persistenza aromatica. Vini che nascono da un vero e proprio museo a cielo aperto, frutto di un lavoro che Carla Maugeri definisce di «ristrutturazione conservativa». Il riferimento è al colpo d’occhio offerto dagli 83 terrazzamenti che circondano il caseggiato, a Milo, donando colore ai 2,8 chilometri di muretti a secco in pietra lavica nera che si snodano nei 7 ettari di proprietà.

ETNA DOC: LA CRESCITA DEGLI SPUMANTI E LA SCELTA DI BENANTI


Una terra, l’Etna, che invita oggi a investire (e a scommettere) sulla crescita internazionale di bianchi e spumanti da uve autoctone. Lo dimostra anche l’ultimo progetto di Mario Piccini, patron della «famiglia del vino toscano» che sul vulcano detiene la tenuta Torre Mora. È da poco sul mercato lo Spumante Metodo Classico Rosé 2018 “Chiuse”, prime 3 mila bottiglie di Nerello Mascalese in purezza vinificato in rosa, dosaggio zero. Quarantotto mesi sui lieviti e sboccatura a febbraio 2023 per una bollicina destinata a raccontare il vulcano siciliano in giro per il mondo, accanto ad altri fulgidi esempi.

Il riferimento è al “Sosta Tre Santi” di Cantine Nicosia, o a “Noblesse” e “Lamorémio” di Benanti, cantina che tuttavia ha scelto di non rivendicare la Denominazione di origine controllata (Doc) per i suoi spumanti, riservata invece ai suoi grandi bianchi e rossi. «L’Etna Doc è piccola – spiega Salvino Benanti (nella foto) a winemag.it – contando solo 1.200 ettari. Il mio timore è che la crescita della categoria “spumanti” finisca per mangiarsi “quote uva” utili alla produzione di vini fermi di qualità. Peraltro, l’Etna non ha storicità o reputazione nella produzione di sparkling. Fosse stato per me, avrei lasciato fuori gli spumanti dalla Denominazione, sperimentando su vigneti di quota non inclusi nel territorio della Doc».

Categorie
news news ed eventi

È morto Giuseppe Benanti, tra i padri del vino dell’Etna


Addio a Giuseppe Benanti, scomparso all’età di 78 anni e tra i pionieri del vino dell’Etna, in Sicilia. Il Consorzio di tutela vini locale si stringe attorno alla famiglia, definendo il Cavaliere del Lavoro Giuseppe Benanti un «visionario dalla forte personalità, pioniere dell’evoluzione nella vitivinicoltura etnea degli ultimi decenni e un trascorso da imprenditore di riferimento».

«La sfida lanciata alla ricerca continua della qualità e dell’identità resta un’eredità per tutti i produttori etnei. Alla signora Carmen, ai figli Antonio e Salvino , ai nipoti e a tutti i collaboratori dell’azienda Benanti Viticoltori vadano le più sentite condoglianze», conclude il Consorzio presieduto oggi da Francesco Cambria (Cottanera), che ha ereditato il ruolo proprio dal figlio di Giuseppe Benanti, Antonio Benanti.

I primi investimenti di Giuseppe Benanti sull’Etna, per l’esattezza con l’azienda Tenuta di Castiglione, risalgono agli anni Ottanta. I primi vigneti di proprietà e in affitto si trovano a Castiglione di Sicilia (Etna Nord) e a Milo (Etna Est). «Contemporanei da sempre» è il claim che oggi accompagna la Benanti Viticoltori, frutto dell’approccio innovativo del fondatore. La svolta dell’azienda vinicola avviene nel 1998, quando Tenuta di Castiglione diventa l’attuale Viticoltori Benanti.

Accanto a Giuseppe Benanti, sin dagli esordi, ci sono professionisti come il professor Rocco Di Stefano dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, il professor Jean Siegrist dell’Institut National de la Recherche Agronomique di Beaune, in Borgogna, nonché gli enologi Gian Domenico Negro e Marco Monchiero dalle Langhe, che per un lungo periodo affiancano il loro giovane collega etneo, Salvo Foti. La famiglia, di fatto, non è siciliana, bensì di antiche origini bolognesi.

L’albero genealogico fa risalire il ramo siciliano dei Benanti al 1734, quando un discendente viene inviato in Sicilia da Vittorio Amedeo d’Aosta. Da allora, di generazione in generazione, «fare vino sul vulcano» si trasforma in una missione volta ad esaltare le peculiarità dei vitigni autoctoni dell’Etna. Sino a raggiungere, oggi, una produzione annuale di circa 170 mila bottiglie, esportate nel mondo.

Categorie
news news ed eventi

Etna, vasto incendio sul Monte Gorna. Paura per i vigneti di Cantine Nicosia

Un incendio di vaste proporzioni ha rischiato di cancellare alcuni tra i vigneti più noti del versante sud-orientale dell’Etna, in Sicilia. Le fiamme, forse di origine dolosa, sono divampate nella notte tra lunedì 17 e martedì 18 agosto sul Monte Gorna, cono vulcanico inattivo e vero e proprio fiore all’occhiello di Cantine Nicosia.

Per spegnere l’incendio, divampato in contrada Ronzini e in via delle Acacie, tra i comuni di Trecastagni e Viagrande, sono intervenute tre squadre di vigili del fuoco da Acireale e Linguaglossa. Sul posto anche Forestale e Carabinieri che hanno sgomberato decine di abitazioni, a scopo precauzionale. Non risultano persone ferite o intossicate.

“Il gravissimo incendio – riferisce Graziano Nicosia – ha dato origine a una lunga e impressionante scia di fuoco che è arrivata a lambire i confini delle nostre storiche vigne sul Monte Gorna. Per fortuna, sembra che non vi sia stato alcun danno rilevante alle abitazioni e ai vigneti, che sono stati messi in sicurezza grazie all’intervento dei soccorritori, cui va tutta la nostra riconoscenza”.

Rimane, tuttavia, la ferita al paesaggio e la profonda amarezza per ciò che è successo e per quel che ne sarebbe potuto derivare. Episodi come questo, spesso purtroppo di origine dolosa, sono sempre più frequenti e rischiano di mandare letteralmente in fumo anni e anni di duro lavoro e sacrifici”.

“Il nostro pensiero – aggiunge Nicosia – va a tutti gli abitanti e i produttori di contrada Monte Gorna che, come noi, hanno trascorso una notte carica di ansia e preoccupazione, risoltasi fortunatamente solo in un brutto spavento. Infine, un grazie di cuore e un grande abbraccio a tutti coloro che ci hanno mostrato in queste ore difficili la loro vicinanza e solidarietà”.

Gli incendi non sono rari sull’Etna, come in tutto il centro-Sud Italia, durante l’estate. Spesso le fiamme lambiscono i vigneti atti alla produzione del prezioso Etna Doc.

Tra gli episodi avvenuti in passato è da ricordare l’incendio che ha lambito il vigneto centenario di Benanti sul Monte Serra, ancora una volta sul versante Sud-orientale. Era il giugno 2018. Nell’agosto 2019, le fiamme hanno invece interessato la zona Nord del vulcano siciliano, per l’esattezza il Comune di Randazzo.

“Quella degli incendi – commenta a WineMag.it Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Tutela Vini dell’Etna – è una piaga che interessa tutta la Sicilia. Purtroppo non è la prima volta che le fiamme rischiano di cancellare dei vigneti storici, con età superiore ai 100 anni: sarebbe stato un disastro. Dobbiamo comunque fare i conti con la ferita inferta al nostro patrimonio ambientale, per i danni inferti alla macchia mediterranea locale”.

Exit mobile version