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Le 30 migliori Barbera d’Asti, Alba, Monferrato e Nizza a Rosso Barbera 2023

30 migliori Barbera d'Asti, Alba, Monferrato e Nizza a Rosso Barbera 2023Tutti la conoscono, tantissimi la amano, pochi lo dicono. La Barbera del Piemonte è quel vino tra le cui sicure sfumature rifugiarsi, nel bene o nel male della sua acidità appuntita e dei suoi eccessi d’alcol e legno. Un vino che ha poco di veramente “nuovo” da raccontare al grande pubblico, se non qualche coraggiosa e ben riuscita vinificazione alternativa, per esempio in anfora. Ed è forse proprio per questo che piace (a tutti, o quasi) ed è un vino di successo, ambasciatore del Made in Italy enologico (soprattutto piemontese) nel mondo. La Barbera è una certezza. Uguale a se stessa, ormai da tempo. Ecco le 30 migliori Barbera d’Asti, d’Alba, Monferrato e Nizza a Rosso Barbera 2023.

  1. Barbera d’Asti Docg 2022 Cascina Vigna, Az. Agr. Gozzelino Stefano
  2. Barbera d’Asti Docg 2018 Ricordi, Sant’Anna dei Bricchetti
  3. Barbera d’Asti Docg 2020 Romea, Az. Agr. Gozzelino Emiliano
  4. Barbera d’Asti Docg 2019 Bruna, Costa dei Tigli
  5. Barbera d’Asti Docg Pianoalto 2021 Libera, Bava
  6. Barbera d’Asti Docg 2022 San Bastian, Poderi Rosso Giovanni
  7. Barbera d’Asti Docg 2022 Pian Scorrone, Tenuta Il Falchetto
  8. Barbera d’Asti Docg 2022 La Maestra, Dacasto Duilio
  9. Barbera d’Asti Docg 2020 Margà, Vini Domanda
  10. Barbera d’Asti Docg 2021 Robiross, Prediomagno
  11. Barbera d’Asti Docg 2021 Desolina, Vinicola Arno
  12. Barbera d’Asti Docg 2022 Robiano, Az. Agr. Gatto Pierfrancesco
  13. Barbera d’Asti Docg 2022 P-Cit, La Montagnetta di Capello Domenico
  14. Barbera d’Asti Docg 2020 Rebarba, Cantine Post dal Vin
  15. Barbera d’Asti Docg 2020 Tanguera, Vada Azienda agricola di Guido Vada
  16. Barbera del Monferrato Docg Superiore 2019 Le Cave, Castello di Uviglie
  17. Barbera d’Alba Doc 2021 San Cristoforo, Marsaglia
  18. Barbera d’Alba Doc 2021 Anna, Pasquale Pelissero
  19. Barbera d’Alba Doc Superiore 2021 I Patriarchi, Francone
  20. Barbera d’Alba Doc Superiore 202o Bricco Capre, Mario Rivetti – Cascina Serre
  21. Barbera d’Alba Doc 2021 Castellinaldo, Marchisio Tonino
  22. Barbera d’Asti Docg Superiore 2019 Beneficio, Az. Vitivinicola Cascina Sciorio
  23. Barbera d’Asti Docg Superiore 2020 Litina, Cascina Castlet
  24. Nizza Docg 2020 Le Nicchie, La Gironda
  25. Nizza Docg 2020 Vialta, Az. Agr. Serra Domenico
  26. Nizza Docg 2017 Augusta, Isolabella della Croce
  27. Nizza Docg 2020 Viti Vecchie, Gianni Doglia
  28. Nizza Docg 2021 Moncucco, Dacasto Duilio
  29. Nizza Docg Riserva 2019 Quattrofilari, Beppe Marino
  30. Nizza Docg Riserva 2016, Garesio
LE MIGLIORI BARBERA DEL PIEMONTE A ROSSO BARBERA 2023

L’occasione per l’assaggio di circa 160 vini sugli oltre 300 in degustazione è stata appunto Rosso Barbera 2023, la più importante rassegna sul vitigno organizzata dal Comune di Costigliole d’Asti in collaborazione con il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, l’Associazione Produttori “Noi di Costigliole” e i sommelier Ais Asti, in scena dal 3 al 6 novembre al Castello di Costigliole d’Asti. Location per nulla casuale: si tratta del Comune più vitato del Piemonte a livello di denominazione e con più di 220 aziende dedite alla vinificazione del Barbera.

Tra i migliori assaggi figurano vini molto diversi tra loro, a conferma della grande versatilità del vitigno sulla base del microclima e delle caratteristiche del suolo. Colpisce l’uniformità dei vini proprio sulla base del territorio di provenienza, ancor più che per la tecnica di vinificazione. Il Barbera ama acciaio e cemento, regalando nettari dal frutto croccante, solo in apparenza semplici e degustabili anche col pesce. La musica cambia nelle versioni vinificate in legno, più corpose e strutturate ma sempre in grado di mostrare un ottimo equilibrio tra eleganza e potenza, almeno tra le etichette che figurano tra i migliori assaggi a Rosso Barbera 2023.

L’ALCOL DEL BARBERA NEL 2023: OCCHIO ALLA TEMPERATURA DI SERVIZIO

Un capitolo a parte è quello dell’alcol del Barbera, che merita un approfondimento. Nell’epoca in cui il consumo di vini rossi strutturati ha subito una battuta d’arresto a beneficio di spumanti, vini bianchi e vini rossi freschi, connotati dall’agilità di beva, il ruolo del marketing territoriale diventa sempre più centrale in territori contraddistinti dalla produzione di vini dall’alta percentuale alcolica. Su tutti, in Italia, la Valpolicella sta facendo di questo tema una bandiera della propria comunicazione nazionale e internazionale, sia nel confronto con la stampa sia sul fronte dei consumatori.

Ottima, dunque, la scelta di suddividere i 300 (e più) vini Barbera in degustazione sulla base della tecnica di vinificazione, oltre che della provenienza geografica e della denominazione. Ottimo anche il servizio dei sommelier Ais Asti, partner preziosissimi e fondamentali dell’evento più importante dedicato al vitigno principe del Piemonte. Ottima, infine, la presenza di vini da diversi territori del mondo, oltre che dalla vicina Lombardia (Oltrepò pavese). Ma nel 2023 si può (e si deve) fare di più, almeno a Rosso Barbera, per evitare di assaggiare vini da 15, 16 o 17 gradi a “temperatura ambiente”, incidendo sul loro profilo ancor più di quanto stiano facendo i cambiamenti climatici.

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Barbera d’Asti e Vini del Monferrato: vendemmia 2023 più scarsa del 10%


FOTONOTIZIA – Si stima una riduzione del 10% della quantità per la vendemmia 2023 dei produttori aderenti al Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Peronospora e altre malattie fungine, secondo quanto riferisce l’ente che ha sede a Costigliole d’Asti, non c’entrano. Le previsioni di una raccolta ridotta rispetto allo scorso anno sarebbero da imputare alla siccità. La qualità delle uve sarà tuttavia «
ottima dal punto di vista qualitativo e fitosanitario».

«Ad oggi – riferisce il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – il clima continua ad essere eccezionalmente caldo. Si prevede l’inizio della vendemmia nell’ultima decade di agosto, a partire da varietà quali Brachetto, Moscato e dai vitigni a bacca rossa, iniziando dai bricchi più esposti».

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Walter Massa e la sua Monleale: «In Piemonte 8 mila ettari di Barbera senza dignità economica»

«In Piemonte abbiamo sulle palle 8 mila ettari di Barbera che non hanno dignità economica. E per di più non esiste l’assessorato all’Agricoltura in Regione, perché un tizio che governa circa 3 milioni di ettolitri di vino prodotti e 15 milioni di ettolitri di vino comprati non può essere chiamato assessore all’Agricoltura, bensì al Commercio». Walter Massa ha appena finito di deliziare gli ospiti del Ristorante Montecarlo di Tortona con uno dei suoi pezzi da novanta – un Monleale 2000 in formato magnum – quando chiede l’attenzione della stampa presente in sala nell’ambito dell’Anteprima Derthona Due.Zero 2023. Il discorso è di quelli che lasciano il segno. Tema: la Barbera piemontese.

«Dobbiamo smettere di chiamarla “Barbera d’Asti” per poi vedere quella prodotta da Caldirola a 1,99 al supermercato, con tanto di fascetta. Se lo Chardonnay a Meursault si chiama “Meursault“, se la Malvasia puntinata a Frascati si chiama “Frascati“, se la Garganega a Soave si chiama “Soave“, un motivo c’è. Smettiamo di chiamare “Barbera” il vino fatto con l’uva Barbera. Diamogli nomi di fantasia, piuttosto. Dobbiamo imparare dalla Borgogna, dalla Francia, non dall’Oltrepò pavese: a Tortona nasce la rivoluzione della Barbera, che qui si chiama “Monleale” e basta». Walter Massa, in sostanza, invita tutti i “barberisti” a seguire l’esempio del Nizza Docg.

Ma anche il vitigno simbolo dei Colli Tortonesi, il Timorasso, è stato oggetto negli ultimi anni di un profondo restyling “concettuale”. I vini prodotti con uve Timorasso sui Colli Tortonesi potranno presto chiamarsi semplicemente “Derthona“, dall’antico nome romano della città capoluogo della regione vinicola, Tortona. Il tutto a partire dalla vendemmia 2022, grazie alla ratifica delle modifiche al disciplinare di produzione della Doc, che già prevedeva la sottozona “Monleale” per i vini ottenuti da Barbera (min. 85%; 72 quintali di resa per ettaro).

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Vendemmia 2020: raccolti in Italia 70 milioni di quintali di uve da vino

Il Report sull’analisi dell’andamento del mercato delle uve da vino nel 2020 promosso da Unioncamere e Bmti realizzata a partire dai prezzi rilevati dalle Camere di Commercio evidenzia l’andamento particolare per il settore vitivinicolo nel 2020.

Durante la vendemmia del 2020, in Italia, sono stati raccolti oltre 70 milioni di quintali di uve da vino (elaborazione Bmti su dati Istat), corrispondenti ad un aumento del 3% rispetto al 2019 e del 2% rispetto alla media del quinquennio 2015-2019. Questo incremento è il risultato di un andamento climatico che, nel complesso, ha favorito la maturazione dell’uva e la sua buona qualità.

Come altri comparti dell’agroalimentare, però, anche il mercato vinicolo ha risentito dell’impatto della pandemia. A fronte del buon andamento nelle quantità, con l’Italia che mantiene la leadership mondiale nella produzione di vino, meno positivo è stato il riscontro nei listini all’ingrosso a causa della chiusura totale dell’Horeca durante il lockdown di marzo e aprile e le successive chiusure parziali nell’ultima parte dell’anno.

A subirne maggiormente le conseguenze sono stati proprio i vini di qualità che sono i più consumati nella ristorazione. Secondo i dati di Unioncamere e Bmti, i prezzi del vino hanno subito un calo medio dell’1,4% rispetto al 2019. Più accentuata però la flessione in chiusura d’anno, con un calo a dicembre del 5% su base annua.

Pur con importanti eccezioni, il 2020 ha segnato ribassi anche per i prezzi delle uve da vino di diverse aree produttive del nostro paese. In particolare, tra le uve venete, si è registrato un ribasso del 6% annuo per le uve Glera atte alla Docg Conegliano Valdobbiadene, sebbene si tratti di un calo meno accentuato rispetto al biennio 2018-2019.

In leggero recupero, invece, le uve con cui viene prodotto l’Amarone (+5%). Spostandosi sul Lago di Garda si è osservata una ripresa anche per le uve del Lugana, rilevate sia dalla Camera di Commercio di Verona che di Brescia. In Lombardia, prezzi in calo per le uve atte a produrre Franciacorta e per le uve destinate ai vini dell’Oltrepò Pavese.

In Piemonte, è proseguita nel 2020 la crescita per le uve del Barbera d’Asti mentre si sono rilevati ribassi nel Cuneese per le uve di Barolo, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba. Tra le uve destinate ai grandi rossi toscani, si confermano stabili sui livelli del 2018 e 2019 quelle del Chianti Classico mentre sono risultate in calo quelle del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepulciano.

Al Sud, tra i vitigni irpini, si è registrata stabilità per le uve Aglianico per il Taurasi e un calo quelle per il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo, i cui valori rimangono però superiori alla media del quinquennio 2015-2019. Forte aumento rispetto all’annata 2019, invece, per le uve pugliesi.

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Cinque vini rossi per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it

Cinque vini rossi per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a una rigorosa degustazione alla cieca.

  • Barbera d’Asti Superiore Docg 2016 “Litina”, Cascina Castlet
    Inconfondibilmente Barbera. Frutto succoso, grondante, ben sostenuto da accenni di spezia e freschezza. In bocca gioca a fare la preziosa, svelandosi poco a poco. Bell’allungo speziato. Eleganza pura.
  • Amarone della Valpolicella Docg Classico Bio 2011 “Morar”, Valentina Cubi
    Colore seducente. Naso di frutto, di cuoio, sanguigno, ferroso, spezia, bacca di ginepro. Tutti profumi portati su da un alcol che fa da sprint ed è tutt’altro che disturbante. In bocca perfetta armonia tra note di frutta matura ed i ritorni di cuoio e liquirizia. Chiude sulla bacca di ginepro ed un tocco di prugna.
  • Colli Euganei Doc Merlot 2018 “Poggio alle Setole”, Vigne al Colle
    Rosso rubino, riflessi violacei. Un Merlot particolarmente espressivo, vero, tipico. Accenni verdi che donano freschezza alla parte di frutto maturo ed alla spezie dolce, liquirizia soprattutto. Grande bevibilità.
  • Toscana Igt 2015 “Cà”, Podere Fedespina
    Bel colore carico, gran bel frutto per un vino figlio della sua terra, anzi del suo terreno. Radici profonde che si fan largo tra il calcare. Ne risulta un sorso asciutto, di gran prospettiva, tra la pienezza dei primari e una riequilibrante verticalità. Quando si dice “in vino veritas”.
  • Colli di Salerno Igt Aglianico 2016 “Borgomastro”, Lunarossa
    Rosso rubino splendido. Al naso un gran frutto di bosco, tocchi di spezia nera e macchia mediterranea. In bocca meravigliosamente coinvolgente con le sue note di frutta croccante. Gran lunghezza. Un vino che sorprende per precisione.

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Canelli Docg, ok del Consorzio: in etichetta dal 2020. Sarà anche Riserva


CANELLI –
Canelli è Docg. Il Consorzio per la Tutela dell’Asti Docg ha approvato il provvedimento nel tardo pomeriggio di oggi, lunedì 15 aprile 2019. Quella che fino a ieri era una sottozona del Moscato d’Asti Docg, Canelli per l’appunto, diventa una Denominazione di origine controllata e garantita indipendente.

Si chiamerà Canelli Docg o Moscato di Canelli. La scelta, almeno nei primi mesi di vita della nuova Docg, sarà lasciata ai singoli produttori che poi potranno omettere la parola “Moscato”, in etichetta. Il provvedimento è il frutto di cinque anni di lavoro dell’Associazione Produttori Moscato di Canelli, riattivatasi nel 2014.

Un percorso già visto in Piemonte, in epoca recente. Il passaggio del Moscato di Canelli da sottozona a vera e propria Docg ricorda infatti quello del Nizza Docg, prima relegata al ruolo di sottozona della Barbera d’Asti Docg.

“Solo un punto di inizio – commenta il presidente Gianmario Cerutti – che ci vedrà impegnati nei prossimi mesi a seguire i passaggi in Regione, al Governo e poi a Bruxelles, in attesa della prima bottiglia di Canelli Docg, che potrà essere etichettata nel 2020“.

Poi – continua Cerutti – passeremo alla promozione della nuova tipologia proposta dal Disciplinare: la Riserva, con almeno 30 mesi di affinamento, di cui almeno 20 in bottiglia. Il nostro Moscato si differenzia dagli altri per la sua capacità di migliorare nel tempo. In particolare, dopo tre anni giunge a un percorso di terziarizzazione che conferisce nuovi aromi al nettare, rendendolo davvero unico nel genere”.

Anche per questo il presidente vuole rivolgere un invito ai consumatori, in vista dell’ormai prossima Pasqua 2019: “Bevete un Moscato di Canelli 2017 e vi renderete conto che è ancora più buono di quello d’annata!”

Il Moscato Bianco di Canelli trova il suo abbinamento perfetto con la pasticceria secca, le creme e i dolci a base di frutta. Ingiustamente relegato all’esclusivo consumo con i dessert si sposa in realtà alla perfezione anche a piatti salati, dai formaggi erborinati, alla Robiola di Roccaverano, ai salumi.

LA NUOVA DOCG
La zona del Canelli Docg o Moscato di Canelli è ristretta a 18 Comuni. Restano esclusi Alba, Rocchetta Belbo, Serralunga, Treiso e Trezzo Tinella. Tutti in provincia di Cuneo.

Sarà dunque possibile produrre il Canelli Docg col solo vitigno Moscato Bianco, nei Comuni di Bubbio, Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole Lanze, Coazzolo, Costigliole d’Asti, San Marzano Oliveto, Moasca e Loazzolo per la provincia di Asti.

Per quanto riguarda la provincia di Cuneo, i Comuni sono quelli di Camo, Castiglione Tinella, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Santo Stefano Belbo. Il nuovo disciplinare, tuttavia, interessa solo parzialmente i territori dei 18 Comuni in cui è ammessa la produzione.

“In questi anni – sottolinea il presidente Cerutti – il nostro lavoro si è concentrato studi di tipo geologico e microclimatico, utili a identificare solo le aree più vocate alla produzione di Moscato. Un vero e proprio lavoro di ricamo: la Docg vuole infatti essere un provvedimento ulteriormente migliorativo della qualità del nostro Moscato”.

Il disciplinare prevede la possibilità di allevare il vitigno storico di Canelli a partire da un’altezza di 165 metri sul livello del mare e fino a 500 metri. Sono stati esclusi tutti i vigneti con esposizione a Nord, a partire dai 400 metri.

I NUMERI DEL MOSCATO DI CANELLI
I dati più aggiornati della sottozona, riferiti a dicembre 2018, parlano di mezzo milione di bottiglie di Moscato d’Asti Docg Canelli. Ventitré le aziende produttrici, anche se a possedere vigneti all’interno del comprensorio della Docg sono 68 aziende.

“I numeri, in crescita dal 2014 – sottolinea ancora Gianmario Cerutti – dimostrano quanta attenzione ci sia stata a livello locale per questo progetto. Il numero stesso dei produttori iscritti all’Associazione è cresciuto dai 10 del 2014 ai 18 del 2019, interessando anche vignaioli dei Comuni limitrofi”. La riprova che il Canelli Docg è un vero progetto di territorio.

Del resto, la coltura della vite in questo angolo di Piemonte è attestata fin dell’epoca romana. Nel Medioevo, il Moscato arriva nella regione del Nord Italia per trovare una delle sue terre d’elezione. La sua presenza si concentrerà pian piano nelle zone più vocate di Canelli e dintorni, al punto da confondersi nel corso dei secoli, con la vita stessa della comunità.

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Nizza Docg: la mappa dei cru, verso il milione di bottiglie

NIZZA MONFERRATO – Prima sottozona della Barbera d’Asti Superiore, poi Docg indipendente. Ora una mappa delle vigne che identifica i terreni storicamente più vocati.

Un processo di “Barolizzazione”, che consacra il Nizza Docg tra le grandi denominazioni del vino del Piemonte. Dopo i vini di Langa e verso l’obiettivo del milione di bottiglie.

Molto più di un semplice compitino da svolgere a tavolino quello commissionato alla casa editrice Enogea, presentato lo scorso sabato al Foro Boario di Nizza Monferrato.

Alessandro Masnaghetti ha visitato le aziende della zona. Consumando, per un anno, suole e matite. Obiettivo: disegnare una carta utile tanto ai consumatori finali del Nizza Docg, quanto ai produttori e agli esperti del settore.

In definitiva sono più di sessanta i cru identificati. La mappa delle vigne del Nizza elaborata da Enogea non stabilisce differenze tra una produzione o l’altra. Nessun commento, insomma, sulle caratteristiche dei vini ottenuti da Barbera in purezza, nei diversi cru.

Questa è una delle sfide che attendono i produttori, impegnati da anni in degustazioni alla cieca delle proprie etichette. L’Associazione produttori del Nizza contava 15 “tesserati” nel 2000. Oggi sono 51, con ulteriori tre richieste al vaglio.

Il primo presidente dell’Associazione produttori Nizza fu Michele Chiarlo. Uno dei portabandiera globali della Barbera d’Asti e del Nizza Docg. Una denominazione che punta a raggiungere il milione di bottiglie e a triplicare il vigneto, fino a 700 ettari. Ma senza perdere di vista la qualità, dettata da un disciplinare di produzione più restrittivo rispetto a quello della Barbera d’Asti.

I NUMERI DELLA DENOMINAZIONE
I numeri sono tutti dalla parte del Nizza Docg. Tra le denominazioni italiane più performanti in assoluto. Non a caso, diversi produttori di Barolo stanno facendo shopping di vigneti nei 18 Comuni della zona Sud dell’Astigiano.

Secondo i dati ufficiali, il Nizza ha subito una vera e propria impennata dal 2015, in seguito al riconoscimento della Docg, avvenuta nel 2014. La superficie vitata è aumentata del 50% in tutti e due gli anni. Oggi tocca quota 196 ettari.

Numeri che si traducono anche in ettolitri. Nel 2017 la produzione si è assestata sugli 8.754 ettolitri di vino atto a divenire Nizza Docg. I mercati di riferimento sono gli Usa e la Svizzera. Ma i produttori riescono ad affermarsi anche a livello locale, soprattutto grazie a un turismo a caccia di eccellenze enogastronomiche.

Cifre rese possibili (anche) dal successo dalla Barbera d’Asti. “Il vino rosso piemontese – ricorda Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – più esportato al mondo. Su oltre 21 milioni di bottiglie prodotte, il 50% raggiunge i mercati esteri e porta fuori dai confini nazionali il nome ‘Asti’, creando forte richiamo turistico di città del vino e di territorio da scoprire attraverso i suoi paesaggi vitivinicoli unici”.

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Gianluca Morino: lettera aperta all’Italia del vino. Dagli States

Ogni produttore di vino italiano dovrebbe venire come minimo una volta all’anno qui negli States e cercare di frequentare il meno possibile i vari gruppi a tema sui social come Facebook – dove ho avuto recenti diverbi – oppure certe degustazioni o presentazioni fatte da sprovveduti per tirar su “due lire”, tanto per arrivare a fine mese.

Il mondo si muove ad un’altra velocità rispetto al nostro orticello che, spesso, retrocede per scarse competenze e preparazione sulla “materia vino” e la sua interazione con la società moderna. Va bene ciò che succede sui mercati della Francia, dell’Italia, o della Spagna, insomma dei principali produttori di vino a livello mondiale, ma è in altri ambiti che si sta giocando il futuro del vino italiano di qualità nel mondo.

Sicuramente gli americani, che noi spesso pensiamo distanti, sono quelli che più stanno influenzando il mondo del vino e non solo per essere il mercato numero 1 del pianeta.

E non importa se ieri, nella migliore pizzeria di Harlem, un bel vino rosso italiano lo si beveva in un tumbler, non importa se c’erano 8 vini rossi e 7 bianchi al bicchiere, e non importa se, quando ho chiesto il bicchiere tulipano, mi hanno guardato e detto “ah italiano” sorridendo.

Quel sorriso era un mix di venerazione per l’importanza che diamo al vino ma anche di consapevolezza di chi con il vino fa business, mentre noi siamo sempre troppo ancorati alla forma ed alle troppe parole. Non importa se spesso i buyer assaggiano il tuo vino nei bicchieri di plastica: “Cazzo me ne frega? Io voglio quel fottuto spazio in quello scaffale”, penso tra di me. E poi sono loro che acquistano e pagano il mio lavoro.

Non importa se spesso gli americani non fanno caso agli abbinamenti, non fanno caso se ha o meno il tappo a vite o se ha una bottiglia da 1,5 kg. Ciò che importa è che sia buono e che nei locali che frequentano sia disponibile e che ci sia al bicchiere. Chiuso.

Loro sono diversi da noi, molto più cordiali e aperti, soprattutto nei posti pubblici, ed intorno ad un bicchiere di vino, al bancone di un ristorante, puoi parlare e conoscere chiunque. Perché il vino è apertura mentale e fisica, predisposizione a qualcosa di bello. E poi sorridono e fanno domande quando gli dici che sei un italian wine producer.

IL FUTURO
Una cosa interessante sarà il futuro del vino in USA, che per anni è rimasto ancorato a una classe sociale di bianchi con un buon indice di scolarizzazione mentre, ora, generazione dopo generazione, stanno entrando nuovi attori.

Gli afro americani e gli ispanici, soprattutto millennials, si stanno avvicinando al vino ed iniziano a consumarne ma, attenzione, spesso hanno gusti, palato e abitudini diverse, per cui chissà che evoluzioni porteranno al mercato amando soprattutto vini dolci o con un finale morbido quasi dolce.

In mezzo a tutte queste cose tu ti ritrovi a vendere Barbera d’Asti che, al di fuori di alcune isole felici come NYC, è difficile da proporre perché semplicemente non la conoscono.

E qui c’è il fulcro del discorso perché, mancando comunicazione e marketing, il vino si ritrova solo in balia delle onde e, quando trovi un’attività interessata a proporla, comunque la Barbera deve essere vicina a standard gustativi minimi prossimi di una certa omologazione del gusto internazionale.

Per quello che non si può più pensare di andare avanti così, ma bisogna affrontare il trade senza paura e cavalcare, con comunicazione, marketing e web, il mercato con le sue esigenze, debolezze, punti di forza ed opportunità. La grande differenza con la Francia sta tutta qui: con fatturati in crescita in USA e con una qualità percepita notevolmente più alta della nostra.

Con parole come Bordeaux e Bourgogne, veicolate da grandi e famosi vini, loro riescono ad ottenere ottimi posizionamenti anche con gli entry-level, spesso più scarsi dei nostri pari italiani. Qui la carta vini di un famoso locale di Miami, dove potrete vedere l’esiguità della presenza italiana.

LA COMUNICAZIONE
Sia alla degustazione di Omniwines che poi girando con gli agenti per enoteche e ristoranti, è ormai chiaro quale sarà la tendenza del vino su New York, in Texas o in California: sarà necessario arrivare a comunicare DIRETTAMENTE con il cliente finale, per accompagnarlo nella sua scelta finale che per il momento, causa leggi federali, sarà ancora fatta nei wineshop e non nelle ecommerce.

I ragazzi leggono sempre meno le testate storiche e sempre di più cercano tutto online, dove vige sempre il mio motto: se ci sei, ci sei. Ma se non ci sei, non ci sei. Negli States delle poche, mal fatte e rade iniziative di Consorzi o Associazioni di Produttori, arriva ben poco; esiste una comunicazione privata di alcuni grandi nomi fatta dai relativi importatori ma nulla di più.

Qualcosa di questa comunicazione traborda, come dal tavolo del ricco Epulone, ma non è sufficiente a generare interesse e massa critica come vorrei ci fosse su #Barbera o #Nizza ad esempio. Ce la faremo? Non lo so. Per ora no di sicuro e la Francia ci sta schiacciando in maniera prepotente. Cambieremo? Temo proprio di no.

Gianluca Morino

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news ed eventi

Luca Gardini, spot per i vini del discount Eurospin: l’intervista

Il miglior sommelier del mondo presta il volto per pubblicizzare i vini di un discount. Non è una barzelletta. Succede per davvero. A 6 anni dal prestigioso riconoscimento della Worldwide Sommelier Association, Luca Gardini si rimette in gioco. E lo fa con Eurospin. La nota catena di discount italiani ha sottoposto al 35enne di Cervia una serie di assaggi. “Alcuni – spiega Gardini – mi hanno piacevolmente sorpreso al primo sorso. Su altri ci siamo confrontati e siamo giunti alla selezione finale. Da lì il progetto di realizzare una linea ‘garantita’, ma in pieno spirito Eurospin, senza brand per contenere i prezzi”. Così, il ‘mezzobusto’ del sommelier emiliano finisce dritto sulla home page del sito web del colosso di San Martino Buon Albergo (Verona). E sui volantini cartacei. Tra una confezione di prosciutto di San Daniele e quattro cotolette agli spinaci a prezzo stracciato, of course.

“Vini Doc, Igt e Docg integralmente prodotti in alcune delle più vocate zone viti-vinicole italiane”, quelli selezionati da Luca Gardini per Eurospin. Si passa dal Barbera D’Asti Docg Superiore a 2,39 euro al Nero D’Avola Terre Siciliane Igt a 1,85. Spazio anche per i vini bianchi. Come il Muller Thurgau Vigneti delle Dolomiti Igt a 2,99 euro, o il Fiano del Sannio Dop a 4,29 euro. Senza dimenticare rosati come quello del Salento, a 1,99. O vini frizzanti come il Pignoletto del Reno Igt a 2,29 euro, o il Verduzzo del Veneto Igt a 1,69. Gardini si materializza in persona in brevi video, sempre sul web, e ne presenta le caratteristiche. Consigliando gli abbinamenti. E tra un bicchiere e l’altro, trova il tempo per rispondere alle domande di vinialsupermercato.it.

Luca Gardini, miglior sommelier del mondo 2010, presta la sua figura per pubblicizzare i vini di un “discount”: com’è nata l’iniziativa?
Credo che tutti abbiano il diritto di bere vino e, anche se non possono o non sono disposti a spendere molto, debbano avvicinarcisi informati, consapevoli, incuriositi

Il miglior vino della cantina Eurospin nel rapporto qualità-prezzo? Nei mesi scorsi, noi abbiamo scovato un buon Aglianico del Salento
A voi la scelta, sono tutti vini che raccontano territori diversi, non ne esiste un preferito, ma di sicuro c’è il preferito per ogni occasione. Potrei comunque fare quello politicamente scorretto e scegliere il Lambrusco della mia Romagna.

Il vino e la Gdo moderna: qual è la sua opinione?
Il tempo a disposizione è sempre meno e poter trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno in un unico luogo, il supermercato per l’appunto, è un vantaggio di questi tempi moderni. La Gdo sta crescendo e non si interessa di vini solo a buon mercato, ma è sempre più attenta alla qualità e alla cura del cliente. Quest’esperienza ne è stato un esempio

In Italia esistono ancora vini “da discount” o “da supermercato”, nell’accezione negativa del termine?
Esisteranno sempre, ovunque. Penso sia per questo che figure come la mia vengono interpellate

Come si sceglie un buon vino al supermercato?
Documentandosi senza dubbio, e poi “sperimentando”. Ognuno ha il suo palato e va rispettato, non finirò mai di ripeterlo. Importantissimi sono anche la presentazione e lo stato di conservazione del vino o del prodotto alimentare che sia

Luca Gardini acquista vini al supermercato? Se sì, quali?
Confesso di avere poco tempo per andare al supermercato. Per fortuna ho qualcuno che ci va al posto mio, ma quando sono in viaggio mi soffermo sempre a guardare quali vini (e come) supermercati e Autogrill propongono al pubblico in giro per l’Italia e per il mondo

Vino e marketing: quanto conta oggi l’immagine e quanto la sostanza?
Quando l’immagine è sinonimo di garanzia non faccio distinzioni. Ricordiamoci che stiamo parlando di prodotti alimentari, la sicurezza prima di tutto. E poi, senza sostanza, l’immagine sarebbe bidimensionale. Non so se mi spiego…

Lo stato di “salute” del vino in Italia: una fotografia di Luca Gardini. Quali prospettive per il vino italiano nel mondo?
Il vino italiano nel mondo non ha ancora la posizione che merita. Dobbiamo collaborare tra italiani, produttori – giornalisti – testimonial, e unire le forze per farlo conoscere sempre di più. Perché chi lo prova, poi non torna più indietro

L’area vitivinicola più sottovalutata d’Italia? Quella, invece, più sopravvalutata
Sottovalutata forse la Sicilia. Ho bevuto grandi Nero d’Avola negli ultimi anni. Con mio grande piacere uno è anche arrivato al 4° posto della classifica Tws-Biwa, di cui sono fondatore con Andrea Grignaffini, che vede premiati i 50 migliori vini italiani da parte di una giuria di esperti internazionale. Sopravvalutata non saprei: amo troppo il vino per dire che qualcosa è “troppo”.

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Annata eccezionale per la Barbera d’Asti, quotazioni uve al rialzo

“C’è euforia e stiamo assistendo a una corsa all’accaparramento delle uve, come mai avvenuto prima”. E ancora.”L’annata 2016 della Barbera d’Asti sta già riscontrando una performance molto interessante sul mercato. Soprattutto gli areali dell’Albese hanno intuito che quest’anno è opportuno fare scorte di vino, dal momento che la qualità si preannuncia eccezionale”. Ecco quanto dichiarato dall’enologo Secondo Rabbione, responsabile del Centro Studi Vini del Piemonte di San Damiano d’Asti, alla Gazzetta di Asti. Nonostante la Commissione Prezzi della Camera di Commercio di Asti abbia già fissato le quotazioni per le uve è auspicabile, come per la vendemmia 2015 che i viticoltori ricevano offerte ben superiori, fino ad € 1,20 al chilo. Prezzi normalmente offerti per vendemmie selezionate o uve diradate. Un trend al rialzo dato dalla previsione di vini di estrema qualità per questa vendemmia. Secondo il Centro Studi Vini del Piemonte, giunto al terzo campionamento delle uve, i dati relativi a grado zuccherino e curve di maturazione sono sorprendenti. La media è di 21 gradi Babo, con un alcol potenziale di 14 gradi.  Considerato che questa media è inficiata dalle uve delle zone che hanno subito grandinate ci sono zone con potenziali gradazioni e possibilità di affinamento ben al di sopra di questi valori. Il clima degli ultimi giorni inoltre,  che ha visto un abbassamento delle temperature in concomitanza a precipitazioni ha giocato un ruolo fondamentale  per quanto concerne l’acidità, ridotta in  via lineare, con riduzione dell’acido malico e aumento progressivo del ph.

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