«Riparte il valzer delle acquisizioni tra le cantine italiane». Come riportato dal Sole 24 Ore, sei cantine italiane sarebbero in vendita. Le recenti riduzioni del costo del denaro stanno favorendo una nuova campagna di acquisizioni in tutto il Paese, da Nord a Sud, con un crescente interesse per le realtà vinicole di alta qualità e forte identità territoriale. Mentre il mercato del vino fermo di fascia media mostra segnali di difficoltà nei consumi, gli spumanti e le bottiglie provenienti da aree a denominazione, con un posizionamento medio-alto, continuano a suscitare grande appeal tra gli investitori.
CASTELLO DI NEIVE IN VENDITA?
Tra le aree di maggiore interesse spiccano le Langhe, dove tornano a circolare voci su un possibile cambio di proprietà del Castello di Neive, storica cantina del Barbaresco. Nei mesi scorsi si era già parlato di un interesse da parte della cantina Argiano di Montalcino, ma di recente sarebbero emersi nuovi potenziali acquirenti. Tuttavia, la situazione interna dell’azienda risulta complicata, con Carolina Stupino, erede del fondatore, pronta a vendere, ma sarebbe – sempre secondo Il Sole 24 Ore – in contrasto con un altro azionista di rilievo, il finanziere greco Giorgio Psacharopulo, titolare del 30% delle quote. Le prossime settimane saranno decisive per capire se verrà raggiunto un accordo tra i soci.
ZENATO NEL MIRINO DI SANTA MARGHERITA, FERRARI E FANTINI GROUP?
Cantine italiane in vendita anche in Valpolicella, altra denominazione di grande prestigio nel mirino degli investitori. La cantina Zenato, noto marchio del vino italiano grazie a prodotti come Amarone, Ripasso della Valpolicella e Lugana, sarebbe nel mirino di diversi pretendenti. Nonostante un apparente accordo interno che ha portato alla nomina di Lorenzo Miollo come amministratore, proseguono incontri sottotraccia con grandi gruppi vinicoli italiani, tra cui Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Cantine Ferrari e Fantini Group. Zenato rappresenta un brand di notevole valore, capace di attirare l’interesse di molti per la sua forza commerciale e la solidità dei suoi prodotti.
QUADRA FRANCIACORTA E MIRABELLA SUL MERCATO?
Non meno dinamica è la situazione in Franciacorta, dove alcune cantine potrebbero presto cambiare proprietà, spinte dalle difficoltà nel passaggio generazionale. È il caso di Quadra Franciacorta, azienda sul mercato per mancanza di eredi pronti a succedere al fondatore Ugo Ghezzi, e che sembra aver attirato l’interesse del Gruppo Unipol, già presente nel settore vinicolo con diverse realtà in Toscana e Umbria. Si confermerebbe coì difficilissimo, a Quadra, sostituire Mario Falcetti. Anche la cantina Mirabella potrebbe finire sul mercato, con il socio Giuseppe Chitarra intenzionato a cedere il suo 24%, nonostante l’opposizione della famiglia fondatrice Schiavi e di altri azionisti di rilievo.
VARVAGLIONE COMPRA CLAUDIO QUARTA? RUMORS SU CONTE SPAGNOLETTI ZEULI
Sul fronte delle cantine italiane in vendita, il Sud Italia non resterebbe escluso. In Puglia, la famiglia Varvaglione sarebbe vicina all’acquisto delle tre cantine di Claudio Quarta, due delle quali situate in Salento e una in Irpinia. Si tratta di Tenute Eméra, nelle terre del Primitivo di Manduria (Marina Di Lizzano, Taranto), Cantina Moros nella zona del Negroamaro (Guagnano, Lecce) e Cantina Sanpaolo, nel cuore dell’Irpinia (Tufo, Avellino).
Non resterebbe indenne dalla girandola di interessi e potenziali cambi di proprietà la Murgia. Sempre secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, l’azienda e i vigneti di proprietà del Conte Spagnoletti Zeuli, ad Andria (Tenuta Zagaria e Tenuta San Domenico) potrebbero passare nelle mani di Casillo Group, nota nel settore agroalimentare per marchi come Molino Casillo e Birra Molina. Anche in questo caso, le trattative sarebbe vicine a una conclusione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Con una lettera indirizzata al neo presidente Sergio Germano, Angelo Gaja dice la sua sulle recenti vicende del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Diversi i riferimenti all’operato del predecessore di Germano, Matteo Ascheri e alla bocciatura delle proposte di modifica del disciplinare dei due grandi vini rossi delle Langhe. Angelo Gaja arriva quindi a suggerire l’istituzione di un «Comitato Senior»: «Non lo invoco per me – precisa – non ho più l’età per farne parte. Vi farei confluire di diritto i past-President, che sono i preziosi depositari della memoria storica del Consorzio. Assieme mi piacerebbe vedere invitati anche soggetti che hanno conoscenze storiche ed attuali del mercato. Giusto per fare un esempio, Ernesto Abbona, già past-President di Uiv; Gianni Gagliardo, Presidente di Deditus; Piero Quadrumolo per le cantine sociali; Luca Currado Vietti, che ha viaggiato ovunque nel mondo; Oscar Farinetti ad immaginare il futuro…. Il “Comitato Senior” non potrà interferire con l’attività del Cda, avrebbe unicamente una funzione consultiva».
GAJA: PRESIDENTE TUTTO FARE VS PRESIDENTE SUPER PARTES
Nell’esordio della lettera, Gaja si congratula con Germano per il nuovo incarico, per poi fare una distinzione precisa tra i «presidenti tutto fare» e il «presidente super partes». «Caro Sergio – si legge nella missiva – complimenti e grazie per esserti preso un badò e di volerlo portare avanti con entusiasmo. “Presidenti tutto-fare”. Continuiamo su questa strada, è così da sempre, e grazie a trovarli quelli che si sacrificano a fare il Presidente-tutto-fare. Una volta eletti si insediano in ufficio e portano avanti il lavoro avvalendosi del sostegno dei collaboratori. Ma il “peso” resta principalmente sulle spalle del Presidente-tutto-fare. Si può pensare anche ad un altro progetto?», si chiede Angelo Gaja prima di definire cosa sia un «presidente super partes».
«Avere un Presidente super partes – spiega Gaja – che vigila sul CdA, affidando al Direttore il compito di creare/costruire/ispirare l’azione sociale? Ma un simile direttore è da inventare: che conosca almeno tre lingue estere, portatore di progetti innovativi e realizzabili, che abbia scritto libri, dotato di capacità oratorie, creatore di entusiasmo, una voglia matta di lavorare… e così il Presidente tutto-fare che è uno dei NOSTRI, ci rassicura, ci dà molte più garanzie, ne andiamo orgogliosi e ce lo teniamo stretto».
LA LETTERA DI GAJA A SERGIO GERMANO: «GUARDARE AVANTI» E «VIGNETI A NORD»
Altro “capitolo” della lettera di Gaja a Sergio Germano è intitolato «Guardare avanti». «In uno dei discorsi di fine anno – si legge nella missiva – il Presidente Mattarella invitava a “leggere il presente con gli occhi di domani”. In effetti voleva essere uno stimolo ad osare. Si è spesso portati a “leggere il presente con gli occhi di ieri”. Perché conosciamo il passato, sappiamo cosa è stato utile e cosa no, abbiamo acquisito delle sicurezze, ad avviare il “nuovo” siamo prudenti».
Ecco poi il nodo dell’apertura del disciplinare ai vigneti a Nord, naufragata tra le polemiche. «La questione – scrive Angelo Gaja nella lettera indirizzata a Sergio Germano – ha generato un refolo irriverente in un bicchier d’acqua. Ci sono produttori che già da tempo avevano piantato dei vigneti di Nebbiolo nel versante Nord. Sottoporre i vini che si producono da quei vigneti al giudizio della commissione di degustazione aiuterebbe a capire».
GAJA: «IGP PIEMONTE? LA CASELLA MANCANTE DEL VINO PIEMONTESE».
Sempre nella missiva indirizzata a Sergio Germano, Angelo Gaja allarga il cerchio e affronta una tematica “calda” del vino piemontese, ovvero la mancanza di una “denominazione di ricaduta” regionale, a fronte della presenza della Doc Piemonte. «Avevo invano sostenuto a lungo l’istituzione dell’Indicazione geografica tipica. Al Piemonte del vino manca una casella… sembra che siano in pochi ad accorgersene». L’accusa, nemmeno troppo velata e condivisa da diversi produttori regionali, è che la Dop Piemonte venga utilizzata, in assenza dell’Igp Piemonte, come “denominazione di ricaduta”. Con conseguente danno di immagine per il brand “Piemonte”.
LA STOCCATA A FONDAZIONE CRC E I GIOVANI
È ricchissima di tematiche la lettera di Gaja a Germano. L’iconico produttore suggerisce anche una diversa gestione di Barolo en Primeur. «I proventi delle bottiglie offerte all’asta dai produttori, unitamente a parte (da definire) di quelli delle barriques di Vigna Gustava – si legge – debbono andare interamente/esclusivamente al Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e non essere lasciati nella più ampia disponibilità della Fondazione CRC».
Infine, il nodo delle nuove generazioni: «Aiutare i produttori giovani a partecipare è il compito più difficile. Gli strumenti moderni però sono quelli già ampiamente utilizzati dai giovani. Dotare il Consorzio di un Blog, sul quale i produttori identificabili per nome e cognome possano comunicare, avviare confronti sui temi di interesse dei nostri vini». Le ultime righe della lettera al neo presidente Sergio Germano paiono un disclaimer: «Facile, comodamente seduti a casa propria, fare il grillo parlante. Non volevo essere arrogante. Caro Sergio, ti ringrazio in anticipo per il lavoro che svolgerai a beneficio di tutti noi. Con amicizia, Angelo Gaja».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Una cantina nata dall’intuizione di due fratelli, in grado di comprendere la grandezza e le sfumature dei terroir delle Langhe. Nel 2024 compie 30 anni la Adriano Marco e Vittorio di San Rocco Seno d’Elvio, piccola frazione di Alba nota a livello internazionale per i propri vini rossi e per essere ricompresa nella Docg Barbaresco. Sono le “nozze di perla” di una famiglia tanto eccezionale quanto normale, capace di presentarsi con la purezza e l’elegante semplicità di un’italianità ormai perduta. Il volto e l’immagine dell’azienda è oggi Michela Adriano. Alla figlia del compianto Vittorio – scomparso prematuramente all’età di 56 anni, nel maggio del 2022 – classe 1995, è affidata la svolta “in rosa” della cantina, sempre più proiettata sull’ospitalità e sui mercati internazionali. Non senza sorprese: proprio in onore del papà Vittorio Adriano, lo scorso 25 giugno è stato presentato in anteprima il Barbaresco Docg Riserva 2014 Basarin.
Un’edizione limitata, prodotta in sole 500 bottiglie e 100 magnum, fortemente voluta dal compianto viticoltore albese in risposta alle «critiche generalizzate della stampa di settore» sulla qualità delle uve della vendemmia 2014. Un vero e proprio tuffo nel tempo la proiezione del video ritrovato da Michela Adriano tra i ricordi del padre. Le immagini, girate nel vigneto Basarin, mostrano Vittorio intento alla vendemmia di splendidi grappoli di Nebbiolo, a riprova che il “millesimo” 2014 ha saputo offrire grandi risultati ad alcuni vigneron delle Langhe: «Stiamo vendemmiando il Nebbiolo – spiega il vignaiolo nella clip di repertorio – uva che diventerà Barbaresco. Siamo nel vigneto Basarin, a Neive, e devo dire che sono veramente sorpreso di vendemmiare dell’uva bellissima, sana, matura al punto giusto».
IL VIDEO RICORDO DI VITTORIO ADRIANO NEL VIGNETO BASARIN
«Abbiamo avuto un’estate molto difficile – continua – con un luglio molto piovoso. Però, ad agosto, le condizioni sono cambiate e dalla metà del mese in poi il clima è stato favorevole. Un settembre molto bello ci ha permesso di essere fortunati col Barbaresco […] e sono convinto che avremo poi degli ottimi vini dall’annata 2014. Sono molto contento e soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto». Una previsione che si è rivelata quantomai azzeccata.
L’immagine finale del video sfuma tra i vigneti e il cielo plumbeo, mentre in sala – in un gioco quasi mistico tra passato, presente e futuro – parte un applauso commosso, tra le lacrime di molti partecipanti e quelle di Michela Adriano, per la prima volta alla conduzione dell’assaggio dei vini aziendali di fronte agli ospiti chiamati a celebrare i 30 anni dell’azienda. Un esordio emozionante e coraggioso, vista la scelta di presentare – in onore e memoria del padre – solo vini dell’annata 2014, compreso un Sauvignon Blanc e un Moscato secco in stato di grazia.
IL VIGNETO DI ADRIANO A BRIC MICCA: ALTA LANGA O PINOT NERO IN ROSSO?
Il tempo, per i due vini bianchi, sembra essersi fermato in bottiglia a un decennio fa. E tutt’attorno, in cantina, a quel 1994, anno in cui i fratelli Marco e Vittorio Adriano presero le redini dell’azienda agricola del padre Aldo, fondata nei primi del Novecento dal nonno Giuseppe Adriano e dalla moglie Teresa. Fu loro la scelta, rivelatasi cruciale, di iniziare a vinificare e imbottigliare le uve dei vigneti di proprietà, al posto di venderle ad altri produttori della zona. Il successo della cantina Adriano, negli ultimi 30 anni, è stato tale da consentire di allargare l’azienda agricola – entrata nel frattempo nella Federazione italiana Vignaioli indipendenti, Fivi – sino agli attuali 53 ettari: 33 di vigna, 12 di noccioleto e la parte restante a bosco.
Radici saldissime ad Alba e nelle Langhe per la famiglia Adriano, pronta oggi a investire in denominazioni e vini ancora inesplorati. Promette molto bene il nuovo piccolo vigneto di Nebbiolo, Moscato e Pinot Nero in località Bric Micca, a Neive, dove la cantina Adriano Vini potrebbe cimentarsi nella produzione di Pinot Nero vinificato in rosso (Langhe Doc) e nell’Alta Langa Docg, in una zona particolarmente vocata sia per la qualità dei suoli – un mix tra la “Formazione di Lequio” e le “Marne di Sant’Agata” – sia per l’altitudine, che si assesta attorno ai 400 metri sul livello del mare. Le idee sul futuro della parcella non sono ancora chiare, ma il potenziale è di assoluto rilievo.
DAL DOLCETTO AL BARBARESCO: LO STILE “SEMPLICE” DI ADRIANO
Lo spirito imprenditoriale, del resto, è quello di sempre. «I miei nonni hanno capito che volevano e dovevano stare qui – racconta Michela Adriano – e lavorare duramente per fare qualcosa di buono. Con grande concretezza hanno tirato su le vigne dal nulla. Dopo di loro, mio papà Vittorio e mio zio Marco si sono resi conto che era ora di dare una rivincita a quella generazione di contadini “classici”, che stavano zitti di fronte a chi faceva loro “il prezzo” delle uve. Hanno voluto dare valore alle loro fatiche, iniziando ad imbottigliare in proprio e a premiare l’espressione dei singoli vigneti, in un’ottica di qualità e non più di quantità».
«Più vado avanti – aggiunge Michela – più mi rendo conto che la mia missione è quella di dare ulteriore valore a tutto quello che è stato fatto in passato in azienda, mettendolo a confronto con il resto delle produzioni più prestigiose del mondo nell’ottica di migliorarci sempre più, costantemente, rimanendo tuttavia noi stessi e continuando a proporre vini che ci diano una soddisfazione, su tutte: la bottiglia che finisce sul tavolo, tra una chiacchiera e l’altra, sulla tavola dei nostri amici e clienti». Idee chiare in casa Adriano, dal Dolcetto al Barbaresco: verso nuovi anniversari, con la forza della semplicità.
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Sergio Germano è il nuovo presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani. Il titolare della cantina Ettore Germano di Serralunga d’Alba è stato scelto dal consiglio di amministrazione del Consorzio piemontese. Sergio Germano succede a Matteo Ascheri e sarà chiamato a gestire cambiamenti che potrebbero risultare epocali per le denominazioni tutelate dall’ente, soprattutto sul fronte del Barolo che pensa di estendere la produzione ai versanti Nord delle colline. Altro tema caro a Germano è quello del tappo a vite, con le prime prove anche sul Barolo dopo il recente ingresso nell’associazione Gli Svitati.
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Il Barbaresco Docg Ovello 2020 di Carlo Giacosa è il miglior vino italiano 2024 per la Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it (acquistabile ancora per pochi giorni in prevendita a questo link). Il punteggio assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca è di 97/100. Le caratteristiche organolettiche dell’annata, a nostro avviso, certificano l’inizio di una nuova storia per questo cru, su cui incidono anche i cambiamenti climatici. Quello del Barbaresco Ovello, di fatto, è il naso più profondo, balsamico e – al contempo – esplosivo, sul fronte della spezia e del frutto, della ricercatissima gamma di “Barbareschi” targati Carlo Giacosa.
Un Ovello che si conferma splendido anche al palato, sulla ficcante morbidezza dei tannini – consentiteci l’ossimoro – che regala una beva elegantissima, già suadente. L’alcol, perfettamente integrato, ne arrotonda ulteriormente il profilo, rendendo questo 2020 già godibile, pur di immensa prospettiva in termini di possibilità di affinamento. Chiusura di ottima persistenza, sul frutto, che si conferma croccante e di pura eleganza.
BARBARESCO DOCG 2020 OVELLO, CARLO GIACOSA: 97/100 WINEMAG.IT
Le uve Nebbiolo di questo Barbaresco vengono raccolte nel cru Ovello, ad un’altitudine compresa tra i 220 e i 240 metri sul livello del mare. Siamo nella parte Nord della denominazione piemontese. Le viti, allevate a Guyot modificato ad archetto, sono esposte a Sud, Sud Ovest ed Est. Affondano le radici in un suolo compatto, con prevalenza di calcare e argilla. Una volta in cantina, il Nebbiolo atto a divenire Barbaresco Ovello viene diraspato e pigiato.
La fermentazione del mosto del Miglior vino italiano 2024 per la Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it si sviluppa a contatto con le bucce in vasche di acciaio, a temperatura controllata. Dopo la svinatura e il parziale illimpidimento, il vino matura in botti grandi di rovere francese. Viene quindi affinato in bottiglia, coricata nel silenzio e nel buio della cantina Carlo Giacosa, che si trova proprio al civico 9 di Strada Ovello 9, a Barbaresco.
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Angelo Gaja ha espiantato circa 1,14 dei 4,34 ettari di vecchie piante di Nebbiolo del suo vigneto Sorì San Lorenzo. Si tratta della parcella dalla quale nasce l’omonimo Barbaresco, tra i vini simbolo della cantina, nonché icona della regione vinicola piemontese. Un vino ricercato da collezionisti di tutto il mondo, entrato nel mito per il suo legame viscerale con il noto produttore. Forse anche per questo, Gaja è restio a commentare la decisione.
«La mia cantina non ha un sito web, figurarsi se voglio comunicare i dettagli sui lavori in corso al vigneto», sono le pochissime parole che l’imprenditore classe 1940 concede al telefono prima di riagganciare, salutando con la fretta di chi non vuole rilasciare alcuna dichiarazione. Un invito (indiretto) ad approfondire ancora più da vicino la notizia. Sul posto, di fatto, il (nuovo) colpo d’occhio del vigneto parla da sé.
Gli 1,14 ettari estirpati di Sorì San Lorenzo, nel cru Secondine, si presentano come la tavola spoglia di un ristorante stellato. Una macchia di colore marrone chiaro, con venature biancastre, tra le verdi file delle piante risparmiate dall’estirpo, e il bosco che scivola a valle. Il suolo si trova da giorni sotto l’assedio di pesanti cingolati. Sono almeno due gli operai intenti a livellare il vigneto, molto ripido, in attesa del probabile reimpianto.
Un cumulo di vecchie viti strappate dalla terra fa mostra di sé prima della fine della strada, a pochi passi dal cartello che indica il Cru Secondine. Una seconda catasta si trova sotto un albero, ai piedi del vigneto. È l’immagine perfetta di un pezzo di storia che se ne va. Un po’ per vecchiaia. Un po’, forse, per via una scelta imprenditoriale che sta facendo certamente discutere in tutta la zona. Senza spiegazioni ufficiali, è solo possibile ipotizzare quali siano le ragioni che hanno portato Angelo Gaja a sradicare un terzo del suo iconico vigneto di Nebbiolo.
GAJA E L’ICONICO BARBARESCO SORÌ SAN LORENZO
Siamo sul versante occidentale della denominazione, a pochi passi dalle sponde del fiume Tanaro, che divide Langhe e Roero. Una zona mitigata dalla presenza del corso d’acqua, in cui le piante di Nebbiolo, con età media di 75 anni, maturavano prima rispetto a molte altre zone di Barbaresco. Qualche vicino racconta come Gaja fosse tra i primi a raccogliere le sue uve in zona, raggiungendo ottimali gradi di maturazione senza il rischio di compromettere la qualità, a causa delle piogge. Quello che anni fa poteva essere un vantaggio, potrebbe poi essere diventato un ostacolo a fronte dei cambiamenti climatici.
Ecco perché è possibile ipotizzare che l’estirpo degli 1,14 ettari di Sorì San Lorenzo possano essere dettati, oltre che dall’anzianità delle piante, anche dalla scelta di impiantare un diverso clone di Nebbiolo, a maturazione tardiva: del resto sono 95 quelli ammessi all’interno della Denominazione. Da escludere, in merito al prossimo colpo d’occhio del vigneto, l’ipotesi del cosiddetto “ritocchino”, non più praticabile nelle Langhe divenute patrimonio Unesco.
Questa tecnica, infatti, prevede sì la disposizione dei filari nel verso della massima pendenza (nel caso specifico si raggiunge almeno il 30%) ma causa tuttavia problemi di erosione. Gli stessi che sono già ben visibili nella parte alta della porzione di vigneto espiantata, di proprietà di proprietà di altri vignaioli, dove è presente una scarpata piuttosto ripida.
GLI ALTRI PRODUTTORI DEL CRU SECONDINE
Di fatto, Angelo Gaja non è il solo a possedere vigneti all’interno del cru Secondine. Oltre a lui, capace di dare notorietà alla zona proprio grazie al suo vino Sorì San Lorenzo, ci sono La Spinona, i Produttori di Barbaresco e, da qualche anno, Stefano Sarotto, che alleva il vigneto di proprietà della moglie, Nora Negri (il primo Barbaresco, secondo indiscrezioni, porterà l’annata 2020 in etichetta).
Piccolissime porzioni sono poi di proprietà di altri privati. Non c’è solo Nebbiolo nel Cru Secondine, situato tra i 170 e i 245 metri sul livello del mare. Del 76% attualmente piantato a vigna, solo il 70% è da iscrivere al vitigno principe delle Langhe del Barolo e del Barbaresco. Il 15% è Barbera, l’8 a Langhe rosso 8% (Freisa, per esempio).
La parte restante è a Langhe Bianco, dunque a varietà di uve a bacca bianca (per esempio Chardonnay). I ben informati sanno che è lo stesso Gaja ad aver prodotto nella storia, in alcune annate, il suo Sorì San Lorenzo come Langhe Nebbiolo, al posto di Barbaresco. Il tutto giustificato con l’aggiunta di un 5% di Barbera al Nebbiolo. Una scelta che, almeno potenzialmente, avrebbe consentito un cospicuo surplus di produzione, calcolabile in media attorno al 25% in più.
Il tutto senza cambiare il prezzo, essendo Sorì San Lorenzo un vino icona, entrato nella storia dei grandi vini rossi italiani capaci di conquistare il mondo. E se è vero che “Sorì”, in piemontese, indica la porzione di vigneto più calda, perché ben esposta al sole, il futuro non potrà che essere luminoso. Anche in seguito all’estirpo.
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Cresce il vigneto Docg del Piemonte, in potenziale espansione di 622 ettari entro il 2025, anche con uno sguardo alla conduzione biologica e sostenibile. Nel 2023, nelle Langhe, aumenteranno gli ettari vitati di Nebbiolo per la produzione di Barolo e Barbaresco. Previsti anche nuovi impianti di Moscato Bianco per l’Asti Docg e di Cortese per il Gavi Docg. A fare “outing”, sino ad ora, è stato solo il Consorzio dell’Alta Langa Docg, che ha annunciato a fine dicembre 2022 una crescita di 220 ettari nel triennio 2023/2025, utile a sostenere il consolidamento sui mercati dello spumante Metodo classico piemontese, ormai assestatosi sui 3 milioni di bottiglie annue.
La richiesta di assegnazione da parte dei titolari delle aziende agricole del territorio è tuttora in corso. Il termine per la presentazione delle domande, in alcuni casi possibile già a partire dal 22 dicembre 2022, è previsto per il 15 febbraio 2023 sul portale Siap.
BAROLO, ALTRI 66 ETTARI: CORSIA PREFERENZIALE PER LA VITICOLTURA SOSTENIBILE
Il via libera a nuovi ettari per la produzione di Barolo risale a fine dicembre 2022. Tre giorni prima di Natale, Regione Piemonte ha messo sotto l’albero dei produttori di Langa l’approvazione del programma di regolamentazione triennale 2023/2025 e il “Bando regionale per la presentazione delle domande di assegnazione dell’idoneità alle superfici vitate, ai fini della rivendicazione della denominazione di origine controllata e garantita Barolo”.
La richiesta di 66 nuovi ettari nel triennio (22 all’anno; 0,5 ad azienda), avanzata dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, risale al 24 novembre 2022. L’approvazione regionale si basa sulle motivazioni – o, meglio, sull’analisi di mercato – fornita dall’ente presieduto da Matteo Ascheri. Il Consorzio ha «convenuto di andare nella direzione di una viticoltura sostenibile», inserendo per la prima volta «criteri che prendano in considerazione non solo le superfici, ma anche le modalità di conduzione, verso la sostenibilità agroambientale».
«Nell’ultima programmazione – come apprende winemag.it dal documento allegato dal Consorzio alla richiesta di nuovi ettari indirizzata a Regione Piemonte – la denominazione Barolo non ha visto la possibilità di avere nuovi ettari iscritti, in quanto l’ultimo bando era di fatto chiuso, avendo una dotazione pari a zero».
Questa scelta è stata, a suo tempo, motivata dalla prudenza verso una denominazione che cresceva costantemente. Si voleva avere un po’ di tempo per vedere quale fosse la reazione del mercato nell’assorbire il maggiore quantitativo di bottiglie prodotte. Nell’ultimo triennio le vendite sono aumentate, in particolare lo scorso anno abbiamo registrato un incremento del 22 % rispetto all’anno precedente ed anche le giacenze sono stabili o in calo. Segno tangibile dello stato di salute della denominazione».
Secondo il Consorzio, «mantenendo comunque sempre prudenza, pare dunque opportuno riprendere la programmazione, concedendo un aumento delle iscrizioni a Barolo nella misura dell’1% rispetto alla superficie totale, quindi 22 ettari all’anno». La richiesta viene definita dal Consorzio «un’apertura moderata a nuove superfici», il cui obiettivo è «anche quello di concentrare l’attenzione su vigneti già esistenti, senza andare a favorire un’ulteriore riduzione di terreni destinati ad altre colture».
PIÙ ETTARI PER IL BARBARESCO, MA CON CRITERI DI AMMISSIBILITÀ
In occasione della richiesta del 24 novembre, il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha affrontato con Regione Piemonte anche il capitolo Barbaresco. Sulla base del programma di regolamentazione triennale 2023-2025 e del Bando regionale per nuovi superfici vitate della Docg, l’ente ha deciso di proseguire sulla strada già tracciata negli anni precedenti. La crescita dei vigneti di Nebbiolo atti alla produzione di Barbaresco, disposti su un areale relativamente ristretto, sarà di 7 ettari all’anno, per un totale di 21 ettari nel triennio (0,5 ettari ad azienda).
Prima di avanzare la richiesta, il Consorzio di Tutela si è rapportato con le rappresentanze di filiera del territorio. La denominazione Barbaresco, del resto, è cresciuta in modo stabile sia per quanto riguarda la produzione, con una media di 4,8 milioni di bottiglie negli ultimi 5 anni, sia per l’imbottigliamento, pari a 4,6 milioni di bottiglie nell’ultimo anno.
«La proposta di mantenere i 7 ettari all’anno – apprende winemag.it dalla documentazione ufficiale – va nell’ottica di una crescita graduale della denominazione. La scelta di utilizzare per la prima volta criteri di ammissibilità, per quanto riguarda la nostra esperienza, è nell’ottica di evitare la presentazione di domande da parte di soggetti che difficilmente arriverebbero ad avere una positiva assegnazione, nel caso dello IAP (Imprenditore agricolo professionale, ndr), ed anche per non aumentare la superficie agricola destinata a vigneto, come dimostra l’ammissibilità riservata alle sole variazioni di idoneità (da Langhe Nebbiolo al 31/07/ 2021, ndr)».
15 NUOVI ETTARI DI GAVI DOCG NEL 2023
Un Natale 2022 “movimentato” anche in casa Gavi Docg. La determina di Regione Piemonte che approva la richiesta inviata dal Consorzio di Tutela il 4 marzo 2022 è arrivata il 21 dicembre. La denominazione di origine controllata e garantita che comprende i territori di 11 Comuni della Provincia di Alessandria potrà così crescere, nel corso del 2023, di altri 15 ettari (0,5 ad azienda).
ASTI DOCG: +300 ETTARI ENTRO IL 2024
Attraverso una «rimodulazione del programma triennale 2022-2024», anche il Consorzio dell’Asti Docg ha chiesto a Regione Piemonte l’approvazione della modifica delle superfici di Moscato Bianco per il 2023. Il quadro è per certi versi simile a quello del Barolo. A fronte della decisione iniziale di sospendere le iscrizioni di nuove superfici allo schedario viticolo, l’ente presieduto da Lorenzo Barbero ha inviato a Regione Piemonte una nuova richiesta, il 24 novembre 2022. La «rimodulazione» prevede, per il rimanente periodo 2023- 2024, un aumento del potenziale della denominazione per complessivi 300 ettari. In occasione della vendemmia 2021, gli ettari rivendicati sono stati 9.712, su un totale di 9.930 ettari (differenza pari ai vigneti non ancora in produzione).
Il Consorzio, sentite le rappresentanze di filiera del territorio, ha fornito a Piazza Castello un dettagliata analisi di mercato. «I dati recenti – si legge sul documento – dimostrano come la produzione venga completamente allocata sul mercato. La quantità commercializzata di Asti Spumante e Moscato d’Asti negli ultimi tre anni è in costante crescita, essendo passata dai 87,5 milioni di bottiglie del 2019 ai 91,5 milioni di bottiglie del 2020. Sino ai 103 milioni di bottiglie del 2021 (772.500 ettolitri)».
Alla base della richiesta di 300 nuovi ettari di Moscato Bianco ci sarebbero anche le condizioni del vigneto dell’Asti Docg. Da un’analisi compiuta dal Consorzio su dati di Regione Piemonte, risulta che l’età dei vigneti è mediamente elevata (34 anni) con più del 50% della superficie vitata con età superiore a 30 anni. «L’età avanzata dei vigneti – evidenzia l’ente di Asti – fa ipotizzare che la resa sia destinata a diminuire con il passare degli anni. Si ritiene quindi opportuno che, a fronte di una tendenza all’erosione del potenziale produttivo di Moscato bianco per Asti Docg, la superficie vitata venga incrementata».
Il provvedimento riguarda l’intero areale produttivo, ovvero 51 comuni compresi fra le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, nell’intento di «rispondere alle crescenti richieste di mercato, contribuendo a dare stabilità al valore della produzione vitivinicola e stimolando al contempo il rinnovo dei vigneti di Moscato bianco, per mantenere nel tempo una capacità produttiva adeguata alla richiesta di mercato». Una volta assegnati, gli ettari dovranno essere impiantati entro il 31 luglio 2026.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Grandi Langhe 2023 si terrà ancora a Torino, alle OGR – Officine Grandi Riparazioni (Corso Castelfidardo, 22). L’appuntamento con i produttori del Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani è per il 30 e 31 Gennaio 2023.
Non ancora disponibili le modalità di iscrizione. La due giorni di Grandi Langhe 2022, lo scorso 4 e 5 aprile, si è conclusa con 2.200 partecipanti provenienti da 15 Paesi del mondo. In degustazione le nuove annate di 11 denominazioni di 226 cantine.
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Nuove etichette per i vini di Lodali. La cantina di Treiso rilancia su Barbaresco, Barolo e sul resto della gamma, con un investimento sull’immagine. Un compito affidato all’agenzia Sga Wine Design di Bergamo, leader nel settore delle wine labels di qualità.
Walter Lodali ritiene i nuovi “vestiti” uno strumento necessario per dare ancora più importanza ai numerosi investimenti compiuti negli ultimi anni. Non ultima, l’entrata in produzione e l’acquisto di nuove particelle e cru delle due pregiate denominazioni delle Langhe. Una zona in cui Cantina Lodali gioca un ruolo da protagonista, dal 1939.
Al centro del restyling – e non poteva che essere così per una famiglia che nel 2019 ha festeggiato gli 80 anni di attività – c’è l’elemento affettivo. La scritta “Lorens“, in onore al defunto padre di Walter Lodali, marito della splendida donna del vino Maria Margherita Ghione, diventa ancor più il cuore battente dei vini top di gamma.
Lo studio a cui abbiamo affidato il lavoro sulle nuove etichette, durato circa un anno – spiega il padron della cantina di Treiso – ha ricavato la grafia di “Lorens” da un tema scolastico di mio padre, datato 2 settembre 1950. L’obiettivo, oltre a richiamare la sua importante figura, era quello di dare ai nostri vini un vestito che comunicasse la nostra vera identità. La nostra storia».
Dal punto di vista cromatico, lo sfondo avorio sostituisce quello bronzeo, conferendo maggiore eleganza. E richiamando, con una sorta di “greca”, un motivo degli anni 50, presente sui vini prodotti dal fondatore dell’azienda, Giovanni Lodali.
Sul resto della gamma spiccano invece le iniziali di Walter Lodali, “WL“, incrociate. Una scelta con cui l’attuale patron corona il percorso di totale dedizione alla cantina di famiglia, salvata da mamma Maria Margherita alla scomparsa prematura e improvvisa del marito, nel 1982.
IL VINO DA NON PERDERE: BARBARESCO DOCG 2018 LORENS
La nuova etichetta rende ancora più onore al Barbaresco Docg 2018 Lorens, uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Riassaggiato dopo le sessioni alla cieca della scorsa estate, conferma la prospettata crescita e il ruolo di vino bandiera di Cantina Lodali.
Al suo fianco il Barolo Docg Bricco Ambrogio 2018 che, dal canto suo, esalta il crescendo di Lodali sul re dei vini delle Langhe. Uve perfettamente sane e una lavorazione del tutto rispettosa della materia prima (e dei primari) favoriscono un calice che è goduria assoluta.
Un Barolo che spazia dai frutti rossi di bosco, freschi e croccanti, alle spezie, su una trama tannica elegante che regala una bevibilità assoluta, solleticata da venature sapide. L’ultima sorpresa della cantina di Treiso tinge il calice di bianco. È il Langhe Doc Chardonnay 2020 Lorens, ottenuto da barbatelle reperite in Borgogna.
Un vino che sta ottenendo consensi di mercato unanimi. Tanto da costringere Walter Lodali ad aumentare la produzione – avviata a partire da una singola barrique, nel 2012, quasi per gioco – sino alle 5 mila bottiglie della vendemmia 2021. E ad immettere sul mercato la 2020 prima di quando avrebbe voluto. Di certo, anch’essa, col vestito migliore. “Lorens”, lassù, non potrà che esserne fiero.
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Nuove date per Grandi Langhe 2022, altro evento che subisce l’impennata di casi Covid-19 in Italia. La manifestazione dedicata a buyer, enotecari, ristoratori e importatori italiani e internazionali è rinviata al 4-5 aprile 2022.
«In seguito al peggioramento della situazione dei contagi e delle misure previste dagli ultimi decreti che impongono importanti limitazioni e capienze ridotte agli eventi che prevedono la somministrazione di cibo e bevande», gli organizzatori hanno deciso di rimandare l’evento.
L’iscrizione, la location e le modalità rimangono invariate. I visitatori che hanno prenotato il proprio ingresso possono utilizzare il biglietto già in loro possesso per la prima o la seconda giornata della manifestazione. Le registrazioni sono momentaneamente sospese in attesa di nuove disposizioni sulle capienze. Riapriranno il 1 marzo.
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Grandi Langhe2022 si prepara ad accogliere i professionisti del mondo del vino a Torino il 31 gennaio e 1° febbraio 2022. Buyer, enotecari, ristoratori e importatori italiani e internazionali possono iscriversi alla più grande degustazione dedicata alle denominazioni di Langhe e Roero, accedendo al sito web ufficiale della manifestazione.
Per la prima volta anche i privati consumatori potranno accedere alla manifestazione, durante una sessione a loro interamente dedicata, lunedì 31 gennaio dalle 18.30 alle 21.30. In questo caso, l’iscrizione è possibile sul sito di Ais Piemonte.
GRANDI LANGHE 2022: LA NUOVA LOCATION DI TORINO
Con l’apertura ai privati il Consorzio prosegue la sua strategia promozionale volta a stabilire «un filo sempre più diretto con i consumatori finali», che per la prima volta dalla nascita della manifestazione potranno degustare oltre 1500 etichette presso le Officine Grandi Riparazioni – Ogr di Torino.
Saranno accolti a Torino anche 50 buyer selezionati provenienti da Usa, Canada, Regno Unito e Scandinavia. Ben 220 cantine del territorio presenteranno le proprie etichette nei suggestivi spazi di Corso Castelfidardo, 22. Una location scelta strategicamente, «sia per riflettere la crescita della manifestazione che per garantire il rispetto delle normative sul distanziamento».
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e il Consorzio Tutela Roero, con il supporto della Regione Piemonte, sono i promotori della manifestazione, giunta alla sesta edizione dopo lo stop del 2021.
LE ASPETTATIVE DEI CONSORZI DI LANGHE E ROERO
«Siamo entusiasti di portare Grandi Langhe a Torino per la prima volta. La manifestazione è cresciuta molto negli anni e si è posizionata tra gli appuntamenti imperdibili del calendario enologico italiano», spiega Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco.
Il 2021 è stato purtroppo un anno di pausa forzata – continua -. I nostri produttori non vedono l’ora di poter tornare a incontrare i propri clienti di persona. Abbiamo preso tutte le misure necessarie per garantire a espositori e utenti un’esperienza sicura, piacevole e soprattutto di altissimo livello».
«La decisione di portare Grandi Langhe a Torino, città simbolo del Piemonte e già Capitale d’Italia, dimostra l’importanza assunta dall’evento», aggiunge Francesco Monchiero, presidente del Consorzio Tutela Roero.
«Grandi Langhe 2022 sarà l’occasione per incontrare gli operatori del settore – continua – piemontesi e non, che giocano un ruolo chiave nell’identità del nostro vino. Grazie alla partecipazione di 50 buyer provenienti dall’estero, si creeranno nuove opportunità di sviluppo in paesi consolidati o emergenti».
GRANDI LANGHE 2022: INFORMAZIONI IN BREVE
Le porte di Grandi Langhe 2022 apriranno per i professionisti di settore il 31 gennaio e 1° febbraio.
Dove e quando: dalle 10 alle 17 presso la Sala Fucine di OGR a Torino, in Corso Castelfidardo 22.
I privati consumatori e gli appassionati potranno acquistare il biglietto di ingresso sul sito web di Ais Piemonte.
I partecipanti dovranno necessariamente iscriversi in anticipo sul sito web. Quindi stampare e presentare il proprio biglietto d’ingresso, unitamente alla certificazione verde Covid-19 (green pass).
È obbligatorio indossare la mascherina all’interno durante i momenti in cui non si degusta.
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Biotipo Nebbiolo Rosé, dal vigneto Mga Meruzzano di Treiso (350 m s.l.m.), impiantato nel 1995 con esposizione Sud-Ovest . Terreno calcareo-limoso e potatura corta a Guyot (8-9 gemme per ceppo). Densità di impianto di 4.500 piante per ettaro, con resa di 55 quintali (37 ettolitri). Ci sono casi in cui la carta d’identità del vigneto racconta il vino, ancor prima dell’etichetta e della bottiglia. Uno di questi è il Barbaresco Docg Cn_Centoundici di Orlando Abrigo.
Si tratta infatti di uno dei pochi “esemplari” di Barbaresco ottenuti dal biotipo Nebbiolo Rosé, in purezza. «Fino ad ora pochissimi produttori di Langa hanno deciso di utilizzare esclusivamente questo clone di Nebbiolo per ottenere un vino», spiega Giovanni Abrigo, dagli anni Ottanta al timone dell’azienda fondata dal padre Orlando, a Treiso d’Alba (CN).
Rispetto al più diffuso Lampià, infatti, la sottovarietà che dà vita a Cn_Centoundici non riesce a conferire al vino un colore particolarmente intenso, quanto sfumature più trasparenti, e quindi si è sempre preferito unirlo in blend».
LA VINIFICAZIONE DI CN_CENTOUNDICI
Dalla valorizzazione del vigneto alla massima attenzione in vinificazione, il passo è breve. Tutto inizia dalla pigiatura soffice delle uve Nebbiolo Rosé, con macerazione sulle bucce per circa 35/40 giorni in legno, a cappello sommerso.
Dopo alla svinatura il vino svolge la fermentazione malolattica in tonneaux (un quarto di legno nuovo), continuando negli stessi l’affinamento per altri 15 mesi. L’obiettivo? Mantenere la freschezza e l’eleganza tipiche del Barbaresco da Nebbiolo Rosé.
Imbottigliato nel mese di agosto, il BarbarescoCn_Centoundici affina ulteriormente per un minimo di 6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione. «L’aromaticità di questo Nebbiolo – garanrtisce Giovanni Abrigo – è molto fine ed elegante. La struttura è meno potente perché dotata di tannini più sottili, in grado di far emergere il lato più minerale e fresco di questo nobile vitigno.
«UN BARBARESCO VERSATILE E LONGEVO»
Il Nebbiolo Rosé è presente per un 5% all’interno dei vigneti della cantina Orlando Abrigo. Ed è sempre stato vinificato separatamente. «Lo studiamo da tempo – spiega il vignaiolo di Treiso d’Alba – poiché tutte le parcelle dei nostri cru vengono vinificate singolarmente. È stato naturale, dunque, comprendere e apprezzare i suoi indiscussi pregi negli anni. Abbiamo quindi pensato fosse arrivato il momento di imbottigliarlo separatamente, dando origine ad una nuova etichetta».
Il tutto senza rinunciare alla caratteristiche primaria del vino rosso “fratello” del Barolo: la longevità. «È un Barbaresco delicato e suadente, verticale e fine – conclude Giovanni Abrigo – che riesce ad essere molto godibile e versatile a tavola già in gioventù. Al contempo, Cn_Centoundici 2018 ha tutte le doti per poter evolvere, come da tradizione di questa denominazione, con il passare degli anni».
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Il Barbaresco Docg 2018 “Lorens” di Lodali è il vino che assicura la maggiore costanza qualitativa nel meritevole parterre di Lodali. Cantina che – al giro di boa dei 50 anni dalla fondazione – sta puntando tutto su un rilancio dei propri pezzi da novanta. All’insegna della ricerca della qualità assoluta.
Inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it, il Barbaresco Docg 2018 “Lorens” di Lodali col suo succo rosso e nero (ribes, fragolina, mora, mirtillo) convincerebbe chiunque ad avvicinarsi a quello che è tutto, tranne il fratello minore del Barolo.
Una pienezza e una precisione che si riversano parimenti al sorso, sino a completare l’opera con una chiusura lunga, a sua volta succosissima.
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Grandi Langhe, la manifestazione dedicata a buyer, distributori, enotecari e ristoratori italiani e stranieri, arriva a Torino il 31 gennaio e 1° febbraio 2022. L’evento, da anni uno dei primissimi appuntamenti del calendario enologico italiano, si terrà negli spazi di OGR Torino.
Dopo un anno di stop forzato dovuto alla pandemia le oltre 200 cantine di Langhe e Roero presenteranno le proprie etichette nell’hub di innovazione, enogastronomia e cultura del capoluogo piemontese. Una scelta strategica orientata alla volontà di farlo crescere sempre maggiormente
«Abbiamo deciso di cambiare la location di Grandi Langhe in primis per permettere il rispetto della normativa sul distanziamento. In secondo luogo per dare un segnale importante che rifletta la crescita che l’evento ha avuto nelle ultime edizioni. Le nostre denominazioni, inoltre, a inizio ottobre hanno registrato un +15% rispetto ai primi nove mesi del 2020». Spiega Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco.
GRANDI LANGHE 2022
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, insieme al Consorzio Tutela Roero, sono promotori della manifestazione, che nel 2020 ha registrato oltre duemila presenze da 34 paesi.
«In questi anni l’afflusso di operatori è aumentato costantemente. La scelta di portare l’evento presso OGR Torino è dovuta alla volontà di rispondere all’esigenza di accogliere un maggior numero di persone interessate a conoscere meglio i nostri vini». Dichiara il Presidente del Consorzio Roero Francesco Monchiero.
La due giorni sarà dunque la prima occasione dell’anno per assaggiare le nuove annate di Barolo Docg, Barbaresco Docg, Roero Docg e delle altre denominazioni del territorio.
L’elenco delle cantine partecipanti sarà disponibile. Le iscrizioni, riservate esclusivamente agli operatori di settore, apriranno nel mese di dicembre.
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Matteo Ascheri è stato riconfermato presidente del Consorzio di Tutela del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. È stato eletto giovedì 17 giugno dall’Assemblea dei produttori, insieme al nuovo consiglio di amministrazione.
Rappresenterà gli interessi di 527 aziende vitivinicole associate al Consorzio (63 milioni di bottiglie) che curano 10 mila gli ettari di vigneti (Barolo 2184 ettari; Barbaresco 725; Dogliani 813; Diano d’Alba 216; Barbera d’Alba 1630; Nebbiolo d’Alba 1020; Dolcetto d’Alba 1013; Langhe 2051 ettari, di cui 734 Langhe Nebbiolo).
CHI È MATTEO ASCHERI
Imprenditore vitivinicolo di Bra, classe 1962, una laurea in Economia e Commercio, guiderà uno dei Consorzi del vino italiano più in vista a livello nazionale e internazionale. Eletto presidente nel 2018, Matteo Ascheri è stato anche vicepresidente del Consorzio dal 1992 al 1994. In passato ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali.
Presidente del Consiglio di amministrazione e poi amministratore unico del Centro di Ricerca Vitivinicolo del Piemonte – Tenuta Cannona dal 1993 al 1999; presidente del Consiglio di amministrazione dell’Unione Produttori Vini Albesi dal 1991 al 1997; vicepresidente dell’Ente Turismo Alba – Bra Langhe e Roero dal 2002 al 2005.
Oggi siede nel Consiglio di amministrazione del Consorzio Turistico Langhe Monferrato Roero. Dal 2020 è inoltre presidente della collettiva dei consorzi piemontesi Piemonte Land Of Wine.
IL SECONDO MANDATO
Il secondo mandato di Ascheri si concentrerà in parte sul consolidamento dei risultati ottenuti nei primi tre anni di presidenza: promuovere le denominazioni Barolo e Barbaresco attraverso il programma europeo che nel 2020 ha portato 200 produttori di Langa a New York per il primo Barolo & Barbaresco World Opening; affrontare le sfide di settore in materia di sostenibilità ambientale ed etica del lavoro.
È inoltre in arrivo una campagna promozionale dedicata alla denominazione Langhe, una DOC che racchiude allo stesso tempo l’unicità e la complessità del territorio, un nome importante da rafforzare sia sul mercato italiano che su quello internazionale.
IL COMMENTO
«Questo secondo mandato – dichiara Matteo Ascheri – sarà un’opportunità importante per concludere il percorso iniziato nel 2018. Se in questi tre anni è stato importante consolidare i marchi Barolo e Barbaresco, da adesso in avanti sarà importante affrontare le sfide di tutte le denominazioni che rappresentiamo».
Quello che è certo è che nonostante le problematiche di quest’ultimo anno e mezzo partiamo da una base solida: nei primi cinque mesi del 2021 infatti le nostre denominazioni hanno registrato risultati molto buoni, con un +19,7% sull’imbottigliato e punte del 26-28% per Barolo e Barbaresco».
L’elenco completo dei consiglieri, dei vicepresidenti e del comitato di presidenza verrà pubblicato dopo il primo consiglio di amministrazione, previsto per mercoledì 23 giugno.
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È già stata ribattezzata “La Corriera delle Langhe“. Un progetto che unisce cantine, produttori di vino, aziende di trasporti, logistica e informatica nella zona Unesco del Piemonte, capitale di grandi vini come Barolo e Barbaresco, riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo.
L’ambizione del Consorzio di Tutela e della Coldiretti Cuneo – capofila di Ecolog, questo il nome ufficiale dell’iniziativa presentata via web, in mattinata – è quella di ridurre il numero di camion per le strade dei piccoli borghi delle Langhe. Incrementando al contempo la vendita diretta ai turisti stranieri, che avranno la possibilità di vedersi recapitato il vino a casa, anche Oltreoceano, dopo averlo degustato e ordinato in cantina.
Trenta le winery che hanno aderito alla fase sperimentale del progetto. La Corriera delle Langhe entra ora nel vivo, con l’appello a tutte le aziende del territorio ad «aderire a un percorso virtuoso, che va ben oltre l’attenzione alla sostenibilità in vigna e in cantina».
I PARTNER DI ECOLOG
Sandri Trasporti, con il capoprogetto Andrea Beggio, si occupa della movimentazione dei vini con automezzi ecologici refrigerati, nonché della logistica, potendo contare su un magazzino iper-tecnologico alimentato da un impianto fotovoltaico nel Comune di Santa Vittoria d’Alba. Qui avverrà consegna degli ordini e lo stoccaggio, sempre a temperatura controllata.
L’altra azienda piemontese Tesisquare, sotto la guida del Ceo Giuseppe Pacotto, si concentra invece sulla supply chain, garantendo l’efficienza dei processi digitali di comunicazione tra produttori di vino e autotrasportatori, nonché tra vignaioli e cliente finale: l’enoturista, specie quello straniero, a cui sarà recapitato l’ordine nel giorno desiderato. Direttamente a domicilio.
Nel nostro areale – ha spiegato Matteo Ascheri, presidente Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – si producono complessivamente circa 80 milioni di bottiglie.
Con Ecolog, rivolgendoci soprattutto alle cantine più piccole, situate in luoghi difficili da raggiungere ma responsabili del 60% della produzione complessiva, ci prefiggiamo di movimentare non meno di 30-40 milioni di bottiglie annue, riducendo l’impatto del trasporto sull’ambiente».
Secondo le stime, i singoli trasportatori compiono un percorso di 300 chilometri per la presa degli ordini nelle varie aziende agricole. L’obiettivo è di ottimizzare le tratte, riducendo il tragitto a 250 chilometri.
«Non una riduzione ragguardevole – ha sottolineato Ascheri – ma il vero scopo dell’iniziativa è ridurre i mezzi in transito tra le cantine, passando dai circa 30 a 20. Si assisterà così a una riduzione delle emissioni del 40%. Per le cantine e per tutto il territorio delle Langhe questo è un investimento, che porterà a benefici tangibili».
Ne è convinto anche Fabiano Porcu, direttore di Coldiretti Cuneo: «La congestione del territorio dovuta al traffico di mezzi di trasporto, anche pesanti – ha dichiarato – mal si coniuga con l’enoturismo. Ecolog mira a risolvere questo problema e non solo, affiancando le cantine nella vendita diretta al consumatore, specie estero. Un aspetto, quest’ultimo, su cui stiamo spingendo molto nell’ottica della semplificazione burocratica».
I BORGHI DELLE LANGHE SEMPRE PIÙ “CAR FREE” [metaslider id=57746]
Un aiuto arriverà a breve anche dalla Regione Piemonte, che plaude all’iniziativa con il presidente Alberto Cirio. «Bruno Ceretto – ha dichiarato il numero uno di Via Farigliano 9 – dice sempre che il miglior auspicio è che i turisti arrivino nelle Langhe con il Suv: non tanto per lo status sociale, ma perché questi autoveicoli hanno tanto spazio per il vino, nel bagagliaio!».
Scherzi a parte, con Ecolog le Langhe si muovono nell’unica direzione possibile: quella dello sviluppo e della crescita sostenibile, in un momento in cui la parola “sostenibilità” è divenuta quasi più importante, nel mondo delle Doc e delle Docg».
In quest’ottica, Regione Piemonte darà presto il suo appoggio concreto all’iniziativa. «Nella prossima programmazione del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) – ha annunciato Cirio – inseriremo stanziamenti ad hoc per rendere i Comuni delle Langhe aree pedonali, “car free”, attraverso la realizzazione di parcheggi, specie interrati e integrati nell’ambiente, come vuole la normativa delle aree Unesco, all’ingresso dei vari borghi».
«L’innovazione introdotta da Ecolog – ha aggiunto l’assessore regionale all’Agricoltura, Cibo, Caccia e Pesca Marco Protopapa – può diventare un esempio per tutti i territori italiani vocati a specifiche colture e alla tutela del paesaggio».
PRIMI COMMENTI DALLE CANTINE
Positivi i primi commenti che arrivano dai 30 produttori coinvolti nella fase sperimentale del progetto, sin dallo scorso anno. Come Livia Fontana della storica Azienda Agricola Ettore Fontana di Castiglione Falletto (CN).
Il periodo segnato dalla pandemia Covid-19 – ha commentato – è stato paradossalmente propizio per sviluppare questa iniziativa, vista l’assenza di turisti nelle Langhe.
La piattaforma è facilissima da usare, il ritiro dei vini è sempre stato super puntuale ed efficiente, oltre ad essere compiuto con mezzi ecologici e in grado di non interrompere la catena del freddo, dalla cantina al magazzino».
«Credo che Ecolog sia un progetto che meriti di poter essere allargato ad altri settori – ha aggiunto – e che aiuti i produttori a incrementare le vendite con gli enoturisti stranieri, soddisfacendo finalmente le tante richieste di acquisto che rimanevano inevase. Più siamo, più saremo, meglio sarà».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un finanziamento di 5 anni da parte di banca Intesa San Paolo, a fronte dell’iscrizione (in pegno) delle ultime tre annate di vino “atto a divenire” Barolo e delle ultime 2 annate di vino “atto a divenire” Barbaresco. C’è l’accordo tra Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e l’istituto di credito.
Il valore della garanzia, per la quale la Direzione Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa San Paolo ha stanziato un plafond di 50 milioni di euro, è calcolato sulla base del prezzo delle uve pubblicato dalla Camera di Commercio di Cuneo.
L’operazione si basa sulla struttura giuridica del “pegno rotativo non possessorio” su prodotti agricoli e alimentari, secondo cui il produttore può disporre liberamente del vino dato in garanzia per tutti i processi di lavorazione e affinamento.
Il Consorzio dei vini delle Langhe è intervenuto fin dalle prime fasi dell’accordo, facendo da tramite rispetto alle effettive necessità delle cantine e anche in futuro avrà un ruolo attivo nell’iniziativa.
L’operazione – tecnicamente una cartolarizzazione messa a punto dalla Divisione IMI Corporate & Investment Banking – è pensata proprio per venire incontro ai bisogni delle cantine, tra liquidità, credito e sostegno all’export.
«Nonostante i problemi legati alla pandemia e le previsioni funeste – commenta Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – il nostro settore ha retto bene nel 2020».
È chiaro che nel 2021 ci saranno ancora molte incertezze sui nostri mercati. Sapere di poter contare sulla collaborazione con un istituto di credito di primaria importanza e attento alle esigenze delle nostre cantine come Intesa Sanpaolo ci rende ottimisti e fiduciosi».
Per Teresio Testa, Direttore regionale Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo: «Abbiamo voluto costruire una soluzione su misura per il nostro territorio e darle forza con un primo stanziamento di 50 milioni di euro. Il vino che si affina in cantina diventa un attivo nel bilancio dell’azienda».
«Un’idea semplice – aggiunge Testa – ma che richiede una Banca che voglia assumersi il rischio, un partner affidabile come il Consorzio e il coraggio dei nostri produttori che comprendono come l’unica via praticabile sia continuare ad investire in digitalizzazione, nuovi strumenti di lavoro, formazione, comunicazione».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Più Barolo, Langhe Nebbiolo e Nebbiolo d’Alba, meno Barbaresco, Verduno Pelaverga e altri vini di Alba (Barbera, Dolcetto d’Alba e di Diano d’Alba). È quanto emerge dal confronto degli imbottigliamenti dei vini delle Langhe tra il 2019 e il 2020, con la Denominazione “allargata” piemontese che cresce dell’8%.
I dati, riferiti al numero di contrassegni venduti, fotografano lo stato di salute delle Denominazioni delle Langhe. Cifre in gran parte incoraggianti, visto il periodo storico segnato dalla pandemia Covid-19.
A sorprendere, su tutti, oltre alla crescita del Barolo, è il calo del Barbaresco. «Un decremento – spiega a WineMag.it Andrea Ferrero, direttore del Consorzio Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani – dovuto in parte all’andamento dell’annata 2017, scarsa rispetto alla 2016 dal punto di vista quantitativo».
Quanto al “Re dei vini italiani”: «Nonostante circolino quotazioni da considerare non attendibili e fuorviati – continua Ferrero – il prezzo del Barolo sfuso, come rilevato dalla Camera di Commercio di Cuneo, si attesta intorno a valori di circa 6,00 euro litro».
Una cifra che garantisce alle aziende una certa remuneratività, anche a fronte di forti promozioni come quelle dei supermercati o dell’Autogrill, molto in voga da diversi anni nel periodo delle festività, specie quelle natalizie.
Non a caso, i dati degli imbottigliamenti al mese di novembre 2020, con l’approssimarsi del Natale e del Capodanno, segnavano un +8% del Barolo, a confronto con il 2019. Ce n’è di più in circolazione, insomma, a riprova di una sorta di “democratizzazione” della Denominazione piemontese.
Il confronto definitivo tra gli ultimi due anni vede il “Re dei vini” crescere in definitiva del 4%, ovvero di quasi mezzo milione di bottiglie (461.019), passando da 12.520.225 del 2019 a 12.981.244 del 2020.
Cresce bene anche la Denominazione allargata della Langhe: +8% per le 23 tipologie aggregate, tra cui spiccano – oltre al Langhe Rosso e Bianco – i vini prodotti con gli autoctoni Freisa, Favorita, Arneis e Nas-cëtta e gli internazionali come Chardonnay, Sauvignon blanc e Riesling.
Bene il Langhe Nebbiolo (+4%) e il Nebbiolo d’Alba (+5%). Tra le Denominazioni che hanno subito il calo più significativo, oltre al Barbaresco (337.330 bottiglie in meno nel 2020, rispetto al 2019), figura col – 6% la Barbera d’Alba (- 657.095 bottiglie). Vero e proprio crollo per il Dolcetto di Diano d’Alba: – 14%, ovvero 84.839 bottiglie in meno.
Per il Verduno Pelaverga, il calo registrato tra un’annata e l’altra è di appena 2.635 bottiglie, a fronte di una produzione complessiva che, nel 2020, si è assestata sulle 153.519 bottiglie.
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Scegliere e riconoscere i migliori vini al supermercato diventa più semplice in Italia. A partire da oggi, il bollino di Vinialsuper, aiuterà i clienti a districarsi tra le migliaia di etichette presenti sugli scaffali delle insegne della Grande distribuzione organizzata (Gdo).
Gli sticker, di colore rosso e bianco come il logo della testata, ma personalizzabili a seconda delle etichette, risultano ben visibili su alcune delle bottiglie premiate nella Guida Migliori Vini al Supermercato di Vinialsupermercato.it, edita ogni anno dalla redazione.
Hanno già aderito all’iniziativa diverse aziende italiane. In primis Cantine Settesoli, che si è aggiudicata il premio di Miglior cantina Gdo 2021, grazie soprattutto alla linea di vini “Collezione“, da varietà autoctone siciliane.
Risalendo la penisola ecco Piccini, realtà della Toscana che ha ceduto lo scettro di miglior cantina d’Italia operante in Gdo proprio alla cooperativa siciliana di Menfi: sugli scudi i vini toscani targati “Collezione Oro“.
Al nord, per l’esattezza nel Piemonte delle Langhe, ecco Teo Costa, cantina a gestione famigliare con sede a Castellinaldo d’Alba (CN) che è riuscita a classificarsi nella Guida Migliori Vini al Supermercato 2021 con il Barolo Docg 2015, il Barbaresco Docg 2017 e il Roero Arneis Docg 2019 della linea “Ligabue“.
Per la Lombardia esporrà il bollino-sticker di Vinialsuper una piccola realtà dell’Oltrepò pavese, ovvero la cantina guidata da Giorgio Perego a Rovescala (PV). Il vino premiato è la Croatina “Myrtò” di Perego & Perego. Si tratta dell’unico vino (bio e vegan) venduto al supermercato dall’azienda, in particolare negli store Esselunga.
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Ottimizzare i flussi dei trasporti di vino in area Unesco riducendo l’impatto del traffico e delle emissioni in atmosfera e, attraverso un hub logistico, agevolare la vendita diretta a distanza anche attraverso l’e-commerce, nonché rendendo il territorio più vivibile per i cittadini e più godibile per i turisti. Sono questi gli obiettivi dell’ambizioso progetto, in studio da oltre un anno, messo a punto in stretta sinergia da Coldiretti Cuneo e Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, con la collaborazione di partner operativi per i trasporti, la logistica e l’informatica.
“Le strade e le colline vitate – dichiara il Presidente del Consorzio del Barolo Matteo Ascheri – sono sempre più frequentate, oltre che dai turisti tradizionali, dai cicloturisti, sull’onda del boom delle e-bike: un trend in crescita che ottimizza la fruizione delle attrazioni naturali e antropiche del territorio ma che mal si concilia con la circolazione di grossi mezzi quali autoarticolati o Tir”.
Si prevede allora un servizio di ritiro e consegna delle merci programmato nelle cantine, modificabile al bisogno, con automezzi di ridotte dimensioni e green, e il temporaneo stoccaggio in appositi magazzini condizionati e organizzati (hub) per la preparazione del groupage in attesa del carico sul mezzo, in genere di grande portata, verso la destinazione finale con percorrenza delle grandi arterie viarie”.
Il progetto, condiviso da tutti i componenti del gruppo di lavoro, intende offrire alle cantine un servizio per la movimentazione e la gestione delle merci in fase di vendita, fondato sulla sostenibilità, grazie all’utilizzo di mezzi idonei a ridurre il decongestionamento del traffico con possibile estensione ad altre aree, a beneficio di chi vive queste terre e di chi viene a scoprirle, attratto dalle opportunità di enoturismo offerte dai vitivinicoltori.
“In stretta connessione con questa attività – aggiunge il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – il gruppo di lavoro sta lavorando ad una rete che realizzi un servizio d’appoggio per le vendite oltre confine, anche tramite l’utilizzo di canali e-commerce, che durante il lockdown hanno dimostrato particolare efficacia. Un incentivo, dunque, alla vendita rivolta al consumatore finale, oggi ostacolata da formalità fiscali, doganali, burocratiche, oltre che da oggettive complicanze logistiche distributive”.
Raccolto il consenso dei rappresentanti dei Sindaci e dell’Associazione dei Paesaggi Unesco, Coldiretti Cuneo e Consorzio del Barolo sono pronti a realizzare il protocollo sperimentale che vedrà coinvolte alcune cantine, prima di estendere l’operazione all’intero territorio interessato.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Il Consorzio di TutelaBarolo BarbarescoAlba Langhe e Dogliani intende introdurre una riserva vendemmiale pari al 10% della produzione massima di uva ammessa per le Docg Barolo e Barbaresco, per la vendemmia 2020. L’ente deciderà come destinare la “scorta” in base all’andamento del mercato, entro il 1° gennaio 2024 per il Barolo e il 1° gennaio 2023 per il Barbaresco, prime date utili per l’immissione al consumo dei due vini.
La misura, come sottolinea il Consorzio di Tutela, sarà sottoposta al parere delle aziende associate nell’assemblea ordinaria che sarà convocata prima della nuova vendemmia. L’obiettivo è quello di “rafforzare le misure a tutela delle denominazioni Barolo e Barbaresco”.
Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre deciso di ridurre la quantità di vino non destinato alle Dop, modificando la destinazione degli esuberi di produzione di tutte le denominazioni, ad eccezione di Verduno Pelaverga Doc e Dogliani Docg.
Gli esuberi di produzione verranno quindi ridotti rispetto all’attuale 20% della resa a ettaro al 5%, con il restante 15% obbligatoriamente destinato ad usi alternativi, come la distillazione. Questo provvedimento consentirà di eliminare potenzialmente circa 70 mila ettolitri dal mercato, valorizzando le produzioni di qualità.
La resa di uva a ettaro delle Denominazione di Origine tutelate dal Consorzio infatti è tra le più basse in Italia e un’ulteriore eliminazione di eventuali esuberi di produzione, secondo l’ente, “contribuirà ad aumentarne il potenziale qualitativo, nel pieno rispetto della filosofia produttiva che il mercato ci riconosce da tempo”.
“Abbiamo volutamente atteso e riflettuto sulla situazione attuale prima di prendere dei provvedimenti – commenta il presidente del Consorzio Matteo Ascheri – per evitare di intervenire in modo affrettato. Abbiamo osservato con attenzione i dati dei primi mesi del 2020, che ci permettono un cauto ottimismo anche alla luce della recente ripartenza delle attività”.
Siamo ovviamente pronti a intervenire con ulteriori misure, se fosse necessario nei prossimi mesi. Il nostro obiettivo era e rimane la valorizzazione e la promozione delle nostre denominazioni attraverso strategie differenziate e mirate”.
Strategie che il Consorzio ha inizialmente messo in campo un anno fa, attraverso il blocco triennale degli impianti di nuovi vigneti destinati alla produzione di Barolo e ha rafforzato con una massiccia promozione sui mercati internazionali.
Sono inoltre in fase di studio e realizzazione alcuni progetti strettamente legati alla tutela del territorio e alla sostenibilità in ambito fitosanitario, con l’obiettivo di ottenere una fotografia reale della situazione nei vigneti e in cantina, oltre a un piano che punta a ottimizzare la movimentazione delle merci all’interno dell’areale Unesco.
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Una quinta edizione, quella di Grandi Langhe 2020 (ad Alba, 27 e 28 gennaio), col segno “più“. Aumentano infatti gli ingressi da parte degli operatori del settore, +30% rispetto al 2019. Oltre 2000 professionisti provenienti da 34 paesi nel mondo per degustare le nuove annate di Barolo 2016, Barbaresco 2017 e Roero 2017, e delle altre denominazioni di Langhe e Roero.
“Oltre un terzo dei partecipanti è arrivato dall’estero, a conferma del fatto che il nome di Grandi Langhe si sta affermando sempre di più anche fuori dall’Italia” – dice il presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani Matteo Ascheri.
Fra i 206 banchetti si disegna il tratto di una nuova annata, in particolare per il Barolo 2016, in gran forma e con ogni probabilità destinata a farsi ricordare a lungo nel calice: un’annata nel pieno delle potenzialità di affinamento per il rosso simbolo delle Langhe.
GLI ASSAGGI DI WINEMAG.IT
Conferme e novità, grandi e piccoli produttori fra gli assaggi di WineMag. Ecco quelli più convincenti.
Barolo Bussia Docg 2016, Fogliati. Un Barolo ricco, pieno e scorrevole. Naso che coinvolge alternando il frutto ad un terziario aromatico che a tratti ricorda sentori di brace. Tannino vellutato e grande freschezza. Un Barolo che sembra parlare la stessa lingua del vicino di cru (e, coincidenza, di banchetto) Giacomo Fenocchio. Ottima prima vendemmia per i fratelli Annalisa e Guido Chiappa.
Sono loro la “storia di copertina“. Ragazzi poco più che trentenni che hanno recuperato i vigneti di famiglia fra Castiglione Falletto e Monforte. Viti di circa 70 anni, condotte in regime bio, estese su 7 ettari ma di cui al momento solo 2,8 sono produttivi.
Circa 6000 bottiglie per una sfida ed una scommessa che, a giudicar dal loro primo Barolo, è vinta con ampio margine. Ne è conferma anche il Langhe Nebbiolo Docg 2018. Fiori e frutto al naso scalcianti nella loro gioventù ed una bocca sostenuta dalla stessa sapida mineralità del Barolo.
Barolo Bussia Docg 2016, Giacomo Fenocchio. Un nome che è una certezza ma in questo caso la mano di Claudio ha disegnato una linea di cru (Cannubi, Castellero, Villero e Bussia) che da soli spiegano il motivo di tanto successo. Il Bussia in particolare ha un naso ricco e profondo ed una mineralità che restano nella memoria.
Così come il Barolo Bussia Docg 2010, chiaramente più evoluto ed intrigante ma in qualche modo “fratello maggiore” del 2016. Due annate che messe a confronto hanno molto di cui parlare.
Barolo Docg 2016 “La Tartufaia”, Giulia Negri – Serradenari. Grande riconferma per Giulia, che dopo l’ottima performance del 2019 con “La Tartufaia” 2015 presenta qui una nuova annata del suo cru. Diverso eppur con la stessa prospettiva il 2016 ha naso complesso ed è avvolgente al palato in un gioco continuo fra freschezza e tannino.
Barolo Scarrone Docg 2016, Bava. Un Barolo ruvido che apre su note fruttate per chiudere il sorso con un tannino a tratti spigoloso. Vino che lascia immaginare possibilità di allungo e maggior finezza nel tempo. Impressione confermata dall’assaggio del Barolo Scarrone Docg 2011; vino succoso, pieno e fresco.
Un 2011 che per freschezza “e gioventù” se la gioca con molti 2016 presenti. Quando rispettare il vino ed il territorio paga “sulla distanza”.
Barolo Riserva Docg 2013, Virna Borgogno. Conquista subito per la sua balsamicità mentolata. Una freschezza al naso che fa da contraltare a terziari, piacevoli ed evidenti, “scuri” di spezie e frutta rossa surmatura.
Barbaresco Montersino Docg 2017, Albino Rocca. Pulito, preciso, “didattico” nel senso più bello del termine. Barbaresco che non fa discutere fra “modernità” e “tradizione”, semplicemente si fa apprezzare e gustare.
Barbera d’Alba Superiore Doc 2017, Marengo Mauro. Naso intenso e ricco di frutto rosso, lieve nota di legno. Armonico e sapido in bocca non nasconde la sua viva freschezza.
Langhe Nebbiolo Doc 2017, Garesio. Un Nebbiolo che apre ematico ed agrumato per regalare note floreali e di frutto rosso in un secondo momento. Piacevolmente scorrevole e minerale al sorso è dotato una piacevolissima persistenza.
Il Barolo Gianetto Docg 2016, sempre di Garesio e qui presente in campione per degustazione perché non ancora imbottigliato, è un vino di struttura in cui il tannino si presenta ancora in modo potente. Da riassaggiare fra qualche tempo.
Sul fronte dei bianchi a stupire è il Vino Bianco “Sabbia” 2017 di Demarie. Un Arneis macerato e brevemente affinato in barrique. Colore carico ma non “ornage”, occorre lasciarlo scaldare un po’ nel bicchiere per poterne godere a pieno.
Circa 3000 bottiglie che conquistano il naso con profumi di pesca, albicocca, camomilla ed un po’ di spezia. In bocca è sapido, fresco e di corpo. Lunga la persistenza sulle stesse note del naso.
Deltetto sfoggia una coppia di Arneis in splendida forma. Roero Arneis Docg 2018 “San Michele” è profumato al limite dell’aromatico. Frutta esotica che dona morbidezza e frutta bianca che da freschezza. Roero Arneis Riserva Docg 2017 “San Defendente” mostra una maggiore evoluzione.
Note morbide accompagnate da una mineralità di idrocarburo. Il campione di “Atto a diventare” San Defendente 2018 conferma la propensione della cantina ai bianchi da invecchiamento.
Langhe Nascetta Doc 2018, La Rachilana. Vitigno ancora poco noto e poco coltivato vista la sua scarsa rappresentazione qui a Grandi Langhe 2020. Quella di La Rachilana si fa notare per la sua facilità di beva. Apre il sorso in modo verticale per poi allargare su note fruttate durante la persistenza, non lunghissima ma assolutamente piacevole.
Langhe Doc Sauvignon 2018, Silvano Bolmida. Attenzione ai terreni ed alle tecniche di viticoltura che pagano (ancora) regalando un Sauvignon non banale. Pulito e preciso, sapido. Grande frutta e varietale ma senza quella potenza della “foglia di pomodoro” che solitamente ci si aspetta da questi vini. Un’etichetta già presente nella GuidaTOP 100 – 2019 di WineMag.it.
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ALBA – I migliori esemplari di Tartufo Bianco d’Alba, in abbinamento a prestigiose bottiglie di Barolo e Barbaresco, presentati nei grandi formati magnum, sono stati mandati all’incanto in occasione della XX edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba®, rinnovando il collaudato connubio tra questo magnifico prodotto della terra e la solidarietà internazionale. Il ricavato complessivo dell’edizione 2019 dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba ammonta a 420 mila euro, una delle somme più alte raccolte nella storia dell’evento.
Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani: “Il successo di un’altra Asta Mondiale conferma l’interesse e la passione del mondo nei confronti dei prodotti dell’eccellenza piemontese come il tartufo bianco e i nostri grandi vini Barolo e Barbaresco. Il sistema Piemonte del food and wine si dimostra ancora una volta vincente e unico”.
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TREISO – Gli sguardi della gente. Penetranti come coltellate. Giudicanti, indignati o compassionevoli. Eppure tutti tremendamente uguali. Vestiti di quell’ironia beffarda che i bempensanti riservano ai temerari, cercando di convincersi che siano mezzi matti, che prima o poi falliranno. Per arrivare a festeggiare nel 2019 le 80 vendemmie di Cantina Lodali a Treiso (CN), la signora Maria Margherita Ghione ha dovuto costruirsi attorno almeno due corazze. La prima per proteggere il cuore. La seconda gli occhi.
Oggi, Rita – in paese la conoscono tutti con questo nome – è una donna del vino senza spillette da mostrare né slogan ritriti da snocciolare sui palchi. Un’eroina con una storia di vita e d’amore da raccontare, all’insegna del Nebbiolo e delle sue sfaccettature più alte, che in Piemonte significano Barbaresco e Barolo.
Rita, classe 1941, faceva la parrucchiera quando Lorenzo Lodali, figlio di Giovanni Lodali, fondatore nel 1939 di una grande cantina a Treiso, le chiese di sposarlo: “Ma devi lasciare il lavoro”, le disse. Lei non esitò un attimo.
Appese forbice e pettine al chiodo. Chiuse il negozio. E il 15 agosto 1976 diventò la moglie di uno dei vignaioli più in vista di Treiso. Erano gli anni in cui Lorenzo lanciava sul mercato i primi cru di Barolo e Barbaresco.
Ma la soddisfazione più grande della coppia fu Walter: il figlio tanto desiderato, nato nove mesi dopo il matrimonio, nel 1977. Proprio nella città dell’amore, Venezia, qualcosa ruppe l’idillio. All’improvviso.
“Era notte fonda – racconta la signora Rita – e Lorenzo continuava a tossire. Uscì a farsi un giro, per prendere un po’ d’aria. Ma non servì a nulla. Dovemmo tornare a casa, a Treiso, interrompendo il tour al quale eravamo stati invitati per ritirare cinque premi“. La diagnosi del medico, un amico fidato di Milano, fu terribile.
Con il figlio ancora piccolo, la signora Rita capì che aveva poco tempo per imparare il mestiere. “Senza dirlo chiaramente – racconta – mi mettevo accanto a Lorenzo, mentre lavorava. Con la scusa di stargli vicino, annotavo come compilava le carte e come si muoveva in cantina. Facevo domande per capirne di più, insomma. Ho imparato così anche a scrivere a macchina, perché non ero mica una ‘studiata’ come lui”.
Il marito di Rita scompare nel 1982, a pochi giri di lancette da quel “sì” sull’altare e quando Walter aveva solo 4 anni e mezzo. “La gente del paese e la banca si aspettava che vendessi tutto – commenta decisa la signora Rita – ma feci di testa mia. Ricordo ancora gli sguardi e le chiacchiere, attorno alla mia decisione di non mollare l’azienda”.
Qualcuno, di certo, pensava fossi matta. Ma oggi posso dire che tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per mio marito: la cantina non poteva chiudere o essere venduta. Al posto di vendere io e mio figlio abbiamo investito. E oggi siamo qui a festeggiare le 80 vendemmie di Lodali”.
La grande festa, in compagnia dei dipendenti, dei clienti e della stampa, si è svolta lo scorso 29 ottobre a Treiso. L’aperitivo e la cena curata dagli chef di Florian Maison e de La Ciau del Tornavento, Umberto De Martino e Maurilio Garola, hanno fatto da contorno a momenti di sentita commozione, a coronamento del grande legame tra mamma Rita e il figlio Walter.
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“Abbiamo tenuto duro con un consulente enologo – sottolinea la regina di casa Lodali – fino a quando Walter si è iscritto alla scuola enologica. Il professore mi diceva che non aveva voglia di studiare, ma ho saputo convincerlo! La mia soddisfazione più grande è stata quando il docente è venuto in cantina a dirmi che adesso è lui che deve imparare da Walter!”.
“Fin da piccolo, a 7, 8 anni – conferma Walter Lodali, un omone dallo sguardo gentile – andavo in cantina a mettere le bottiglie vuote sulla macchina imbottigliatrice. Mia mamma mi ha insegnato a fare le fatture, a scrivere a macchina. Le devo tutto. Di donne del vino, oggi, ce ne sono tante. Ma negli anni Ottanta, c’era lei. E forse altre due”.
Andava da sola al mercato del vino di Alba, in mezzo a soli uomini, tra cui Gaja. Tutti le dicevano che si sarebbe ‘mangiata’ tutto, che avrebbe venduto tutto. Erano sicuri che non ce l’avrebbe fatta.
Adesso, essere qua a festeggiare le 80 vendemmie, per me è la conferma di aver scelto la strada giusta: quella di continuare sui passi segnati da mio padre e mia madre e, ancor prima, da mio nonno”.
“Ottanta vendemmie sono un piccolo traguardo, ma un grande stimolo ad andare avanti con la consapevolezza di vivere la vita più bella del mondo: semplicemente quella dei contadini, che coltivano la vite riuscendo a dare un’emozione, trasformando con serietà e pazienza l’uva in vino”, chiosa Walter Lodali.
Ed è il Barbaresco, ancor più del Barolo, la migliore espressione dei vini dell’ormai storica cantina di Treiso. Rocche dei Sette Fratelli (Giacone) più del Bricco Ambrogio, dunque, il cru che il figlio di Giovanni Lodali è riuscito a valorizzare e rilanciare.
Gli investimenti dell’azienda continuano nella Denominazione, con il nuovo impianto nell’area ricompresa nel cru Bricco di Treiso, che darà i suoi primi frutti tra circa cinque anni.
La produzione di Barbaresco passerà così da 15 a 28 mila bottiglie, staccando ulteriormente il Barolo (per il quale Lodali ha l’autorizzazione all’imbottigliamento fuori territorio, come cantina storica) fermo a 18 mila.
“Mi sento più barbareschista che barolista – ammette Walter Lodali – perché sono di Treiso, l’azienda è di Treiso e nel cuore e nel sangue ho il Barbaresco. Senza dimenticare il Nebbiolo, che è il più grande vitigno del mondo!”.
LA DEGUSTAZIONE
Nebbiolo d’Alba Doc 2018 “Sant’Ambrogio” (Magnum): 91/100
Annata in commercio dall’inizio del mese novembre. Si presenta nel calice di un rubino intenso, luminoso, con riflessi granati. Il naso è suadente e disegna note di frutta a bacca rossa e nera molto precise, giustamente mature, croccanti.
Spiccano ribes e fragolina di bosco, sulla mora. Note accese di spezia stuzzicano le narici, avvolte in un soffice velo di rosa, viola e cipria. In bocca è un tripudio di gioventù assoluta, su note corrispondenti al naso. Con l’ossigenazione, il vino guadagna in complessità e freschezza.
Le uve provengono dai vigneti del Comune di Pocapaglia (CN). La vendemmia avviene a mano, in cassette. Alla pigia-diraspatura e alla macerazione a temperatura controllata per circa 12 giorni, fa seguito un affinamento di 12 mesi in botti da 26 ettolitri di rovere di Slavonia. Tre mesi in bottiglia precedono la commercializzazione.
Barbaresco Docg 2016 “Lorens” (Magnum): 94/100
Un Barbaresco che, in una parola, si può definire “profondo”. Le note balsamiche giocano su una vena di agrumi e frutti rossi di gran precisione, ammantate dal fiore di viola. Dopo un approccio iniziale prepotente, anche l’alcol si integra e lascia spazio al bel bouquet. Il frutto, pieno e croccante, risulta corrispondente al palato.
Spazio anche a liquirizia e mentuccia, in un sorso fresco e di grandissima prospettiva. Elegante il tannino: ruvido al punto giusto, asciuga ma non tronca il sorso, pur rilevandosi (giustamente) in fase giovanile. Ottima la persistenza. Vino destinato ad avere un’ottima evoluzione in bottiglia.
Le uve provengono esclusivamente da Treiso. Il Nebbiolo viene diradato all’invaiatura e raccolto a mano in cassette, al momento della piena maturazione. Seguono pigia-diraspatura, macerazione a temperatura controllata per circa 25 giorni e affinamento per 24 mesi in barrique e tonneau. Dodici i mesi di bottiglia prima della commercializzazione.
Barolo Docg 2015 “Lorens” (Magnum): 92/100 Vino che tinge il calice di un rubino intenso e luminoso, con riflessi granati. Colpisce per la maturità del frutto, più piena di quella del Barbaresco. L’impressione, al netto di un tannino vivo, è che ci si trovi di fronte a un Barolo gustoso e goloso, giocato su prontezza, freschezza e facilità di beva. Un Barolo che ha comunque molta vita davanti.
Le uve provengono da vigneti di proprietà di Lodali, nel comune di Roddi (Bricco Ambrogio). Come per il Barbaresco, il Nebbiolo viene diradato all’invaiatura e la vendemmia avviene in maniera manuale, in cassette.
La tecnica di vinificazione prevede pigia-diraspatura, macerazione a temperatura controllata per circa 25 giorni e 30 mesi di affinamento in barriques e tonneaux. Dodici i mesi di bottiglia che anticipano la commercializzazione.
Moscato d’Asti Dop 2019: 89/100
Gran freschezza e beva instancabile per questo Moscato d’Asti che accompagna alla perfezione la pasticceria e il fine pasto. Giallo paglierino acceso, profuma di fiori freschi e ha un sapore armonico, dettato dall’aromaticità dell’uva.
La zona di produzione è quella di Treiso. Anche per il Moscato, la vendemmia di cantina Lodali avviene in maniera manuale, con selezione dei migliori grappoli. La fermentazione avviene in autoclave e si protrae per circa un mese. Sono tre i mesi che precedono la commercializzazione.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
BRUXELLES – Tra i 100 marchi di origine dell’Unione Europea rientrati nell’accordo Ue – Cina ci sono anche 13 Denominazioni del vino italiano. Si tratta di Asti, Barbaresco, Bardolino superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave e Vino Nobile di Montepulciano.
L’intesa è stata sottoscritta oggi fra il Commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan (nella foto, sotto) e dal ministro del Commercio cinese Zhong Shan. Adesso l’accordo deve essere esaminato dal Consiglio e dal Parlamento Europeo. La Commissione prevede che sarà operativo entro la fine del 2020.
La rappresentanza di prodotti enologici Made in Italy è cospicua se si considera che, in totale, sono 26 i marchi Dop e Igp riconosciuti dal Dragone. Nella lista bagnata da alcune tra le eccellenze enoiche italiane sono finiti anche alcuni fiori all’occhiello della gastronomia tricolore.
Si tratta di Aceto balsamico di Modena, Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana padano, Grappa, Mozzarella di Bufala campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Taleggio e Toscano.
In “cambio”, l’Ue garantirà la tutela di prodotti cinesi come Pixian Dou Ban (pasta di fagioli di Pixian), Anji Bai Cha (tè bianco Anji), Panjin Da Mi (riso Panjin) e Anqiu Da Jiang (Anqiu Ginger).
La lista finale di vini, formaggi e salumi è stata pubblicata dalla Commissione UE al termine dell’incontro decisivo odierno. L’accordo prevede tuttavia l’estensione della lista per proteggere altri 175 prodotti, entro il 2024.
CHIANTI NELLA LISTA, PARLA BUSI: “UNA BUONA NOTIZIA”
“Quella di oggi – commenta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi – è una buona notizia. Il fatto che il Vino Chianti sia stato inserito nella lista delle 100 Dop e Igp che saranno tutelate in Cina è un tassello importante per l’espansione commerciale del nostro prodotto su un mercato importante”.
“L’accordo fra la Commissione europea e il Governo cinese – conclude Busi – definisce un quadro di regole certe che vanno a vantaggio dei nostri imprenditori. La Cina riconosce nel Chianti non solo un brand ma anche una grande Denominazione e le riconosce la protezione che merita”.
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ALBA – Hanno tutti gli occhi chiari, azzurri come il mare, i “ragazzi” della terza generazione Ceretto. I figli di Bruno e Marcello (Roberta, Federico, Lisa e Alessandro), eredi della casa vinicola fondata da Riccardo negli Trenta, in località San Cassiano ad Alba (CN), hanno ereditato la luce posta sui cru del Barolo e del Barbaresco dai genitori. E l’hanno trasformata in uno sguardo “green“, da riversare interamente sui vigneti.
La certificazione biologica dei 170 ettari risale al 2015. Ma in realtà, dal 2003, sarebbe meglio parlare di una “scientifica applicazione della biodinamica in vigna, che va ben oltre il cornoletame“. A chiarirlo è Roberta Ceretto, figlia di Bruno, mentre crescono le superfici vitate della cantina che si avvalgono di principi steineriani.
Il nostro è un approccio scientifico alla biodinamica. Fare vino significa seguirlo in tutte le sue fasi, dalla vigna alla vendita. Quello che noi facciamo è accompagnarlo dal vigneto al consumatore finale. C’è molto più del cornoletame nella nostra idea di biodinamica”, chiarisce Roberta a WineMag.it, camminando sotto le volte della cantina storica del Monsordo.
Una convinzione che affonda le radici nella storia del territorio, fatta propria dalla famiglia Ceretto in una veste moderna, ragionata. Che va ben oltre il marketing e i “bollini”, utili a far felici i sempre meno numerosi “ultrà del vino che puzza“, purché sia autoproclamato “naturale” dal produttore. Gente di cui ha parlato di recente anche Alessandro Dettori.
“Mio padre e mio zio – sottolinea Roberta Ceretto – fanno parte di quella generazione che ha ‘costruito’ le Langhe, attorno al mito del Barolo e del Barbaresco. Non erano le Langhe di Fenoglio e della ‘malora’, ma non si allontanavano molto”.
“Di certo non erano neppure le Langhe che è possibile ammirare oggi passeggiando, dove è tutto bello, si mangia bene, eccetera. Vent’anni fa, quando ho iniziato a lavorare in azienda – ricorda Roberta – per me era difficile trovare qualcosa che funzionasse qui attorno: un albergo, un ristorante. Adesso, forse, le Langhe sono il territorio dove si mangia meglio in assoluto in Italia”.
Un’evoluzione, quella delle Langhe, che ha coinvolto e travolto (positivamente) anche l’enologia. “I vini sono migliorati tantissimo – ammette la figlia di Bruno Ceretto (nella foto, sotto) – e la gente non improvvisa più, come un tempo. Mio nonno è passato da autista di una cantina a produttore di vino. Mio cugino Alessandro, invece, ha fatto l’enologica, l’università, ha fatto vendemmie in giro, dappertutto”.
L’analisi di Roberta prosegue con limpidezza e lucidità. Mentre tutt’attorno il vino riposa nelle botti: “Non dovrei dirlo, per carità: c’è anche il discorso della conversione al biodinamico nel miglioramento dei nostri vini negli anni, acclarato dalla critica internazionale. Ma c’è da dire che Alessandro è molto più preparato. Il vino del contadino, fatto a sentimento, non esiste più”.
“Noi ci avvaliamo di due biologi a tempo pieno – sottolinea Roberta Ceretto – ma non perché il nostro sia un vino artefatto: lavoriamo a stretto contatto con la natura. Però, se devi fare una vendemmia, non entri in vigneto a caso! Frasi come ‘oggi mi sembra possa andar bene’, non funzionano più. Ogni nostra barrique è siglata, un programma ci aggiorna sulla progressione della maturazione: non esiste più nulla di improvvisato“.
Secondo Rudolf Steiner, padre della biodinamica, il letame di vacca che abbia partorito almeno una volta, infilato in un corno, sotterrato e recuperato prima di Pasqua, incrementerebbe la resa del terreno. Una pratica nota come “Preparato 500”, o “cornoletame”
“Vero che poi il produttore, e l’enologo nello specifico, hanno un talento nel riconoscere le varie fasi. Ma ormai, a un brand come Ceretto, non viene perdonato più nulla, soprattutto perché produciamo vini come Barolo e Barbaresco, che non sono generalmente accessibili a tutti i portafogli. Scoccia non spendere bene 100 euro“.
Già, perché “un vestito lo puoi cambiare ricorda Roberta – ma una bottiglia di vino no. E la faccia che ci metti è la tua, da produttore. In cantina, quindi, si lavora come in un laboratorio. Questo non vuol dire modificare la natura, ma seguirla, ben oltre il cornoletame. Sfruttando la tecnologia per migliorare quel che ci fornisce”. Voce del verbo Ceretto. Amen.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha scelto il palco di Collisioni per rivelare i dettagli dell’iniziativa promozionale annunciata lo scorso Vinitaly che prenderà il via il prossimo febbraio negli Stati Uniti, denominata Barolo & Barbaresco World Opening (BBWO).
Concepita come una vera e propria celebrazione dei marchi Barolo e Barbaresco, il progetto si articolerà su tre eventi.
Si partirà il 4 febbraio 2020 con la prima degustazione mondiale dedicata alle menzioni geografiche aggiuntive (MeGA) di Barolo e Barbaresco, aperta a operatori commerciali, giornalisti e privati consumatori.
“L’obiettivo è duplice: da un lato vogliamo illustrare nel modo più chiaro possibile al pubblico americano il concetto di menzione geografica aggiuntiva e di conseguenza, sottolineare l’identità unica di questi vini. Dall’altro vogliamo dare la possibilità agli operatori di settore di degustare per la prima volta il maggior numero possibile di menzioni di Barolo e Barbaresco. Per questo abbiamo in programma di allestire, oltre ai banchi dei produttori, un grande bancone di assaggio ‘geografico’, distintamente diviso per comune” ha spiega il Presidente del Consorzio Matteo Ascheri.
Il giorno successivo, i migliori palati dai cinque continenti selezionati dal Consorzio avranno il compito di degustare le nuove annate di Barolo (2016) e Barbaresco (2017) con lo scopo di assegnare un punteggio in centesimi alle due annate.
Il gran finale del Barolo & Barbaresco World Opening avrà luogo nel cuore del World Trade Center con una cena di gala stellata animata dalla presenza di Alessandro Cattelan in qualità di presentatore e da un concerto del gruppo musicale Il Volo. Il trio italiano, divenuto celebre in tutto il mondo per lo stile inconfondibile che unisce brani pop a
tonalità liriche, è stato infatti coinvolto come musical ambassador dell’iniziativa.
Dal mondo dell’enogastronomia a quello della musica: una celebrazione a tutto tondo non solo dei prestigiosi rossi piemontesi ma delle eccellenze che l’Italia ha sapientemente esportato in tutto il mondo.
Dopo quella newyorkese sono previste altre due edizioni, una a Shanghai (2021) e una sulla West Coast degli Stati Uniti (2022).
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Il bello è che potrebbe tirarsela come pochi in Italia, Matteo Ascheri. Invece, il presidente del Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani ti saluta con quel sorriso contagioso. Si libera presto dei buyer americani coi quali sta colloquiando. E ti concede l’intervista con una ventina di minuti d’anticipo rispetto all’orario prefissato a Vinitaly.
Se è vero che l’eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare, Ascheri ha imboccato la strada giusta. Per sé. E per il Barolo. Da tutti i punti di vista. Già, perché quella che sta apportando al Consorzio piemontese è una vera e propria Rivoluzione.
Culturale, d’immagine, di metodo. D’approccio. Ma soprattutto di comunicazione del Barolo, in Italia e nel mondo. Una rivoluzione vera, concreta. Fatta di parole e di fatti. Una “Revolution” che parte da un semplice assunto.
Per anni, il Consorzio del Barolo e del Barbaresco ha affidato la comunicazione alle aziende, chiamate a raccontare le Denominazioni in piena autonomia. Poi si è concentrato sul trade. Adesso è arrivato il momento di parlare al consumatore finale“.
Come? Le strade pensate da Ascheri sono molteplici. La più interessante, per chi ha sete di Barolo – ebbene sì, il Barolo si produce ma poi va bevuto – è la partnership con Vivino. “Chiederemo alle aziende del Consorzio di mettere a disposizione da un minimo di 6 a un massimo di 12-18 bottiglie di Barolo, da vendere a un prezzo interessante, stilato dalle stesse cantine”.
Una sorta di “operazione flash” pensata, appunto, per il consumatore finale. Che per un breve periodo potrà acquistare online dei grandi Barolo. E si parla di etichette di gran valore. Anche perché c’è di mezzo un risvolto Charity.
Riteniamo che questo sia un modo molto efficace e diretto per promuovere la Denominazione e ampliare il parterre del pubblico a persone che pensano di non potersi neppure avvicinare al Barolo”, spiega Ascheri. La somma raccolta sarà poi devoluta in beneficenza dal Consorzio di Tutela a un ente bisognoso, ancora da stabilire. Chapeau.
IL BAROLO NEI DISCOUNT Un modo come un altro per far parlare di Barolo. E arginare il fenomeno del ribasso negli hard discount. “Parliamoci chiaro – sottolinea il presidente del Consorzio – questa non è una battaglia alla Grande distribuzione o ai consumatori che, per motivi di portafoglio, fanno la spesa al discount. Il nostro obiettivo è controllare l’offerta, arginando fenomeni speculativi che danneggiano l’immagine della Denominazione”.
Eppure Ascheri sa bene che il fenomeno del Barolo al Lidl o all’Eurospin, o quello del Barolo in promozione a 10 euro sugli scaffali di altre insegne della DO, è frutto di un sistema in perfetto equilibrio.
“Il meccanismo che genera questo tipo di prezzi è assolutamente sostenibile a tutti i livelli – commenta il presidente – perché è redditizio per il contadino, redditizio per l’insegna della grande distribuzione e, soprattutto, vantaggioso per il consumatore finale”.
Quindi o ci lamentiamo e basta, aspettando che la cosa degeneri – chiosa Matteo Ascheri – o facciamo qualcosa. E non si tratta di scacciare i mercanti dal tempio, perché in fondo siamo tutti mercanti. Piuttosto dobbiamo fare in modo che le aziende trovino altri canali di vendita per le loro uve, in modo da colmare il vuoto in cui si inseriscono imbottigliatori che condizionano il prezzo del Barolo negli hard discount”.
I dati, del resto, parlano chiaro nelle Langhe. Su oltre 650 aziende produttrici di Barolo associate al Consorzio, oltre 350 fanno parte della categoria “imbottigliatori“. Non va meglio al Barbaresco, dove il gap si riduce ancora: qui sono più della metà dei 300 produttori consorziati.
SOLUZIONI? “ANCHE L’AUTOTASSAZIONE”
“L’offerta di uve Nebbiolo e, di conseguenza, di Barolo come vino finito – evidenzia Ascheri – è cresciuta a livello esponenziale. In 20 anni siamo passati da 1.200 a 2.200 ettari vitati e da 6 a 14,5 milioni di bottiglie“.
E’ arrivato il momento di governare questa crescita. Abbiamo bloccato fino al 2022 i nuovi bandi per i vigneti e abbiamo intenzione di intervenire quanto prima anche sulle rese, magari introducendo la riserva vendemmiale“, annuncia Ascheri a WineMag.it.
Se necessario, per portare avanti il progetto di avvicinamento del Barolo al grande pubblico dei consumatori, il Consorzio è pronto all’autotassazione. “Abbiamo programmato investimenti per 3 milioni di euro in tre anni – ribadisce il presidente – finanziati dall’Erga Omnes”.
“Se non bastassero siamo pronti ad attingere dalle nostre tasche: in questo modo saremmo ancora più autonomi circa l’utilizzo dei fondi, focalizzandoli sugli obiettivi che ci siamo preposti”, precisa Ascheri.
E non finisce qui. Al vaglio del Consorzio di Tutela c’è anche la creazione di una “Barolo & Barbaresco Wine School“. Una sorta di Accademia, in stile Chianti o Valpolicella, in cui formare i professionisti chiamati alla comunicazione e alla vendita del Barolo e del Barbaresco, in Italia e nel mondo.
Il tutto a corollario dell’evento internazionale che segnerà il prossimo triennio della gloriosa Denominazione piemontese: Barolo & Barbaresco World Opening, l’Anteprima mondiale delle nuove annate (2016 e 2017) in programma a New York.
Prevista per febbraio 2020 e pensata come un vero e proprio spettacolo dedicato ai due rossi piemontesi, l’iniziativa sarà la vera sintesi della volontà del Consorzio di “cambiare passo e strategia sulla promozione delle Denominazioni che rappresenta”. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani si fa promotore per la prima volta di Barolo & Barbaresco World Opening. Un evento esclusivo dedicato al lancio delle nuove annate di Barolo (2016) e Barbaresco (2017), in anteprima mondiale dalla città di New York.
“Il messaggio che vogliamo comunicare al consumatore finale è duplice – dichiara il Presidente del Consorzio Matteo Ascheri (nella foto) – ovvero che questi sono vini di qualità eccezionale e unica e sono prodotti in quantità limitata: parliamo di circa 14 milioni di bottiglie per il Barolo 2016 e appena 4 milioni di Barbaresco 2017″.
Prevista per febbraio 2020 e pensata come un vero e proprio spettacolo dedicato ai due rossi piemontesi, l’iniziativa è espressione della volontà del Consorzio di “cambiare passo e strategia sulla promozione delle Denominazioni che rappresenta”.
In seguito alla decisione di rendere annuale Grandi Langhe (qui i migliori assaggi 2019), la degustazione dedicata ai professionisti prevista per il 27-28 gennaio 2020 ad Alba, il Consorzio ha infatti deciso di rivolgersi direttamente ai consumatori di tutto il mondo. Obiettivo chiaro: “Promuovere i brand Barolo e Barbaresco”.
Grandi vini, cibo stellato e musica italiana saranno i grandi protagonisti della manifestazione: testimonial del Barolo & Barbaresco World Opening sarà infatti il gruppo musicale italiano Il Volo, mentre la cena di gala offrirà il meglio della gastronomia del territorio. Una vera e propria celebrazione dell’italianità in tutte le sue forme.
L’ANTEPRIMA
Barolo & Barbaresco World Opening vedrà i 50 migliori palati dai cinque continenti – critici, giornalisti, giudici, sommeliers – dare un giudizio complessivo sulle annate di Barolo e Barbaresco prima che queste vengano presentate al mondo su una piattaforma dedicata.
La scelta di New York come location non è casuale: gli Stati Uniti sono il mercato estero principale per i vini delle Langhe, con il consumatore medio americano già cosciente della qualità dei prodotti.
“Questo progetto conferma il Direttore del Consorzio Andrea Ferrero – si colloca all’interno di un piano di promozione triennale con focus su Stati Uniti e in Cina, due mercati profondamente diversi ma essenziali per le nostre denominazioni. Dopo quella newyorkese, è prevista una tappa a Shanghai nel 2021 e una a San Francisco nel 2022″.
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TREISO – Un giovane volenteroso. Una piccola cantina. Dei vigneti vocati, che confinano con quelli di “grandi” delle Langhe come Pio Cesare. La “ricetta” dell’Azienda Agricola Baldissero ha pochi ingredienti, tutti di ottima qualità.
Non a caso il 32enne Marco Lorusso, che ha preso in mano le sorti della cantina del nonno, può essere considerato tra gli interpreti di punta del Rinascimento del Dolcetto d’Alba in Piemonte. Un fenomeno in grande evidenza e spolvero all’edizione 2019 di Grandi Langhe, andata in scena a fine gennaio.
LA CANTINA
Sette ettari, tutti di proprietà. Ottomila bottiglie complessive. Prima vendemmia nel 2016, con la vinificazione delle uve da Orlando Abrigo, dove Lorusso lavora come enologo dal 2007, dopo essersi formato all’Enologica di Alba.
Baldissero Vini è infatti il progetto “collaterale” di questo giovane piemontese, che sta prendendo forma di anno in anno, attraverso l’ampliamento e ammodernamento della cantina-scrigno di Treiso (CN).
Un cascinale, con annessi inizialmente 5 ettari di terreni vitati, acquistati dal nonno Guido negli anni Cinquanta. “Per 1 milione 200 mila Lire”. Oggi, il valore dei terreni di Treiso è salito a circa 350 mila euro all’ettaro.
Alle scarse quantità della vendemmia 2017 ha risposto una 2018 piuttosto generosa. Nebbiolo, Barbera, Syrah e ovviamente Dolcetto le uve a disposizione di Marco Lorusso, ormai pronto a presentare anche il suo primo Barbaresco: appena 3 mila “pezzi”, che saranno in bottiglia da giugno.
Tutte etichette dall’ottimo rapporto qualità prezzo quelle di Baldissero. Si parte dai 5,50 euro del Dolcetto, passando per gli 8 euro della Barbera, gli 8,50 euro del Langhe Rosso, i 9,50 del Nebbiolo. Per finire con i 20 euro del “futuro” Barbaresco (prezzo di cantina).
IN CANTINA
Lieviti indigeni, temperatura controllata. Pochi giorni di macerazione per il Dolcetto, che fa solo acciaio. Si sale a 20-25 giorni per i Nebbioli, che effettuano la malolattica in barrique.
Pochi, essenziali accorgimenti che consentono a Marco Lorusso di mettere sul mercato 4 etichette: Dolcetto, Barbera, Langhe Rosso e, tra qualche mese, anche il Barbaresco. La scommessa già vinta è quella del Dolcetto.
Una volta il Dolcetto era il vino della Langa – ricorda il giovane vignaiolo – che si vendeva moltissimo in damigiana. Ho voluto riprendere questa tradizione e coltivare il mio sogno. E’ un mestiere che amo, ma sono comunque partito coi piedi di piombo. Sono contento dei primi risultati ottenuti e spero che il Rinascimento del Dolcetto continui, grazie ai produttori e ai consumatori più attenti”.
Una riscoperta del territorio e delle tradizioni che parte dalla vigna, per tradursi in cantina e finire nel calice. Vini che parlano delle Langhe, quelli di Baldissero, anche grazie all’inconfondibile etichetta, sulla quale è riportata la mappa del Comune di Treiso e la collocazione del primo vigneto acquistato dal nonno di Marco, nel 1953.
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