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Fase 2, Assoenologi scrive al premier Conte: “Riaprire subito ristoranti ed enoteche”

Nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte sostiene di “non essere pentito delle scelte adottate per la Fase 2“, aggiungendo “rifarei tutto”, Assoenologi indirizza una lettera alla presidenza del Consiglio, per chiedere la riapertura di ristoranti ed enoteche. Una necessità già espressa da Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, a poche ore dalle nuove misure decise dal Governo italiano.

“Il prolungamento della chiusura delle attività ristorative almeno fino al prossimo 1° giugno – si legge sulla lettera firmata dal presidente Riccardo Cotarella – rischia, ad avviso mio e dei soci che rappresento, di mettere in seria difficoltà non solo gli imprenditori di settore, ma anche il comparto enologico nazionale”.

Molte delle cantine presenti sul territorio del nostro amato Paese sono fortemente legate alle attività di ristoranti, enoteche e locali tipici che tanto caratterizzano il commercio, il turismo e la vita sociale dal Nord al Sud dell’Italia.

Comprendo che la situazione che Lei e il Suo Governo siete chiamati a fronteggiare e gestire non sia semplice, ma il timore, di fronte a queste misure, è di vedere scomparire un pezzo di Italia che fino a due mesi fa ha lavorato e investito per mandare avanti le proprie aziende”.

“Non voglio e non vogliamo come Associazione entrare nel merito scientifico delle scelte fin qui assunte – prosegue la lettera – perché non abbiamo alcun titolo per farlo, ma questo non ci esime all’esprimerle tutto il nostro timore. L’appello che Assoenologi le rivolge, è di aprire una eventuale nuova riflessione così da agevolare il ritorno alla piena attività della ristorazione, seppur con tutte le dovute e necessarie misure anti-contagio”.

La lettera inviata al premier Giuseppe Conte è simbolicamente firmata da tutta l’associazione Assoenologi, che conta più di 5 mila professionisti dai quali dipende in gran parte il livello qualitativo dei vini prodotti dalle oltre 300 mila aziende vitivinicole italiane.

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Resveratrolo is the new senza solfiti: così Coronavirus ispira enologia (e marketing)

EDITORIALE – Altro che “tipicità” e “terroir”. L’emergenza Coronavirus sembra illuminare la strada verso una nuova enologia, legata a doppio filo alla salute delle persone. Resveratrolo is the new “senza solfiti aggiunti“, si potrebbe sintetizzare.

La moda del “biologico”, riversatasi con tutta la sua potenza nel marketing – tanto da spingere colossi come Pasqua Vigneti e Cantine a produrre un “vino naturale” (sic!) – è sfociata negli ultimi anni nella proposta sempre più massiccia di vini più “sani” (o meno “dannosi”, secondo i punti di vista), prodotti senza l’addizione di solforosa, uno dei conservanti del vino.

Con l’imperversare di Covid-19, produttori ed enologi sembrano aver trovato nei “livelli di resveratrolo” dei loro vini una nuova forma di comunicazione. Forse, addirittura, una nuova frontiera per la promozione e la vendita delle loro etichette.

Qualcosa capace di cambiare radicalmente il concetto stesso di vino, accostato (definitivamente?) al concetto di “benessere“. Peccato si ometta un particolare fondamentale: il resveratrolo è presente nella maggior parte dei vini rossi in quantità talmente ridicole da rendere inutile l’assunzione del nettare di Bacco “a fini salutistici”.

Berne tanto vino per “bere” tanto resveratrolo causerebbe altri problemi. Non ultimo l’alcolismo. Da qui, la domanda su cui potrebbe giocarsi una buona fetta del futuro dell’enologia internazionale: è possibile “creare” vini che facciano bene se consumati senza eccessi, concentrando scientificamente i livelli di resveratrolo?

LA RICERCA
È la grande sfida che si sono posti Roberto Polidoro e Antonella Spacone, marito e moglie, lui sommelier, lei medico dell’Unità Operativa Complessa Pneumologia dell’ospedale Santo Spirito di Pescara.

La rivista scientifica britannica EC Nutrition (Ecnu), specializzata in ricerche che mirano al progresso nel campo della nutrizione e delle scienze alimentari, ha ospitato il 26 febbraio 2020 i risultati dello studioIs moderate daily consumption of red wine a good solution?“, condotto dai due italiani.

Proprio mentre Covid-19 iniziava silenziosamente a insinuarsi nelle case e nei luoghi di lavoro di tutto il mondo, senza risparmiare l’Italia, la dottoressa Spacone – assieme al compagno – toccava un tema caldissimo: “Il consumo quotidiano moderato di vino rosso è una buona soluzione?”.

“Sebbene lo sfruttamento delle proprietà antiossidanti del resveratrolo attraverso il consumo di vino non abbia valore scientifico – si legge sulla pubblicazione della rivista scientifica EC Nutrition – è lecito chiedersi se un consumo moderato di questa bevanda abbia effetti positivi sulla salute umana”.

“A questo proposito – continua la ricerca – non è possibile dare una risposta definitiva perché, partendo dal presupposto che l’alcol è una sostanza oncogenetica, alcuni studi hanno confermato i benefici del vino per la salute”. Sì, ma in che dosi?

“Per quanto riguarda il consumo di vino – risponde la dottoressa Spacone – sono stati fissati limiti ragionevoli di assunzione a basso rischio. In genere 24-30 g di alcol al giorno per gli uomini e 12-15 g al giorno per le donne, pari a 1-2 bicchieri di vino, ovvero 150-300 ml“.

“Proprio a questo proposito – spiega Roberto Polidoro a WineMag.it – le evidenze del nostro studio meritano ulteriore approfondimento, al fine di comprendere, in collaborazione con qualche cantina italiana o internazionale, se sia possibile concentrare le quantità di resveratrolo prodotte naturalmente dalla vite e ‘creare’ così dei vini che consentano di godere dei benefici del resveratrolo, senza i danni provocati dall’abuso di alcol”.

Non a caso, risale ai giorni scorsi la notizia di uno studio in corso all’ospedale di Napoli, dove due medici stanno somministrando un estratto dai semi della varietà di uva Aglianico ad alcuni pazienti affetti da Coronavirus: resveratrolo in aerosol. Uno studio che ha aperto le danze, in Italia, sulla caccia al vitigno coi livelli più alti di questo polifenolo.

In Puglia, diversi esponenti del mondo del vino (tra cui l’ex presidente di Assoenologi Puglia, Calabria, Basilicata, Massimiliano Apollonio) hanno rilanciato una notizia dell’edizione di Bari de La Repubblica risalente al 2011, in cui si lodava il vitigno Negroamaro per la “concentrazione della sostanza dalle proprietà antiossidanti e anticancerogene”.

“Dalle analisi – si legge nell’articolo – è emerso che nel Negroamaro esistono quantità di resveratrolo comprese tra 0.3 e 6,8 ng/ml e, considerato che la concentrazione di 1 ng/ml viene considerata già utile, è chiaro che i numeri del vino salentino sono molto positivi”.

Sulle proprietà “benefiche” del resveratrolo è intervenuto anche Stefano Cinelli Colombini, titolare della cantina Fattoria dei Barbi, in Toscana. “Ieri una amica, la professoressa Zinnai dell’Università di Pisa – ha scritto il produttore di Montalcino su Facebook – mi ha parlato di una loro ricerca: pare che il vino, forse grazie al resveratrolo o chissà per cos’altro, abbia un potente effetto contro i Coronavirus. Vorrebbe studiarlo come disinfettante per ambienti, e anche del cavo orale. E così mi è venuta in mente una cosa molto, molto strana”.

Benvenuto Brunello si è tenuto dal 21 al 24 febbraio, quando il virus già ben presente in Italia. Abbiamo avuto migliaia di ospiti da ogni parte del mondo, compreso un gruppo da Codogno (guarda un po’!) che dopo è venuto alla Fattoria dei Barbi”.

C’era una folla incredibile – prosegue sui social Cinelli Colombini – tutti appiccicati per giorni con vino sputato nei secchi e goccioline nell’aria a non finire. Considerando quanto è contagioso il Covid-19, ci sarebbe dovuto essere un massacro come quello della festa di Wuhan. Eppure nulla. Assolutamente nulla. È assurdo credere che in mezzo a quella folla non ci fosse almeno un contagiato, il virus già girava assai. Ma niente”.

“A pensarci bene, in tutta la catena delle Anteprime in giro per la Toscana ci sono stati tantissimi presenti e potenzialmente untori, ma nulla: non hanno portato la malattia. Tra i ‘vinicoli’ che erano a quegli eventi non si conta un malato. Strano, non è vero?”. Una curiosa provocazione, cui Stefano Cinelli Colombini ha dato un titolo: “Il paradosso di Benvenuto Brunello e del Covid-19. Un piccolo mistero”.

RESVERATROLO RECORD IN OLTREPÒ E MONFERRATO

Eppure, in Italia, esistono due etichette di vino con livelli di resveratrolo molto alte. Certificate. Si tratta del Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2015 “Giubilo” di Giorgio Perego e del raro “Uceline2012, Monferrato Rosso di Cascina Castlet, prodotto col vitigno autoctono Uvalino.

Due vini che collocherebbero alla destra orografica del fiume Po l’epicentro del resveratrolo italiano, come dimostrano le approfondite analisi compiute dalle rispettive cantine. In particolare, il primato assoluto spetterebbe – almeno a livello storico – alla winery piemontese della famiglia Borio.

Gli studi sul nostro vitigno Uvalino – spiega l’enologo di Cascina Castlet, Giorgio Gozzelino – sono stati compiuti dal professor Rocco di Stefano, dal 1996 al 2000. Il suo pensionamento ha interrotto le analisi, riprese poi sulle annate più recenti del Monferrato Rosso ‘Uceline'”.

“Quella sulla vendemmia 2012, annata in commercio al momento, assieme alla 2013 – precisa Gozzelino – conferma i riscontri precedenti, con una presenza di resvetrarolo molto alta, pari a 16,2 mg/l, anche se il record assoluto fu registrato nel 2000, quando superammo i 30 mg/l“.

A provarlo è il rapporto del laboratorio d’analisi del Consorzio per la Tutela dell’Asti, datato 30 giugno 2017. Centoventi chilometri più a est, a Rovescala, in provincia di Pavia, si trova la cantina di Giorgio Perego, Mr. Croatina.

“Il discorso resvetrarolo nel vino – spiega il vignaiolo oltrepadano – mi ha sempre incuriosito. Così ho fatto fare delle analisi sul mio Bonarda ‘Giubilo’ 2015: i risultati hanno confermato i livelli altissimi di questo polifenolo, ben 18,90 mg/l. Trattandosi di un vino a base Croatina, credo sia corretto considerare questo vitigno, spesso sottovalutato, ancora più straordinario”.

Ma cos’hanno in comune questd due etichette? “Uceline” (25 euro) e “Giubilo” (18 euro) non subiscono filtrazionechiarifica. “Le analisi fatte sui polifenoli di un’altra etichetta che produco – spiega Perego – dimostrano quanto questo tipo di pratiche di cantina incidano negativamente sui livelli del vino finito”.

Si tratta inoltre di due vini rossi ottenuti tramite una lunga macerazione sulle bucce, dove si “annida” appunto il resveratrolo: “Ritengo tuttavia che l’estrazione di questo composto non necessiti di tempi lunghissimi – commenta l’enologo Gozzelino – ma non abbiamo a disposizione analisi relative a vinificazioni diverse da quelle con cui viene storicamente prodotto Uceline”.

È comprovata, invece, l’estrema variabilità dei livelli di resveratrolo, di annata in annata. “Più la pianta è sotto stress – spiega il vignaiolo Giorgio Perego – più ne produce, per difendersi soprattutto contro la Botrytis cinerea o la mancanza di acqua. Riuscire a concentrarlo sarebbe rivoluzionario per il mondo del vino italiano”.

IL PUNTO DI ASSOENOLOGI

Il discorso resveratrolo, di per sé, non convince appieno il numero uno degli enologi italiani, il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella (nella foto). “Non trovo corretto, o quantomeno un po’ fuori posto – dichiara a WineMag.it – sostenere che un vino piuttosto che un altro abbia qualità superiori“.

“In questo modo si cerca forse di accattivarsi il mercato – prosegue – portando alla nascita di contrapposizioni. Sostenere che un vitigno particolare, di un posto particolare, presenti più resveratrolo di un altro, è un’ipotesi che merita ancora il dovuto approfondimento scientifico”.

Il focus, secondo Riccardo Cotarella, dovrebbe restare sul vino. Tout court. “Secondo luminari delle medicina come Jennifer Hah, Thomas J. Sweet, Anna Teresa Palamara, Lucia Nencioni e Giovanna De Chiara – spiega Cotarella – il resveratrolo ha importanti proprietà antivirali e il vino rosso, in generale, lo contiene”.

È in grado, e cito sempre questi luminari, di interferire con la replicazione di virus erpetici come il cytomegalovirus, i virus influenzali, gli adenovirus e il virus respiratorio sincinziale. Svolge inoltre, sempre secondo questi medici, azione anti virale, anti infiammatoria ed è un potente antiossidante, superiore a vitamina C, E e betacarotene”.

Una premessa utile al presidente di Assonologi per esprimere un concetto più ampio: “Il vino, se fa bene, fa bene da sempre. Non a caso ha accompagnato la storia dell’uomo. Tanta letteratura medica sostiene il contrario, ed è per questo che nel numero di maggio della nostra rivista ‘L’enologo’ chiederemo ufficialmente all’Istituto superiore della Sanità di esprimersi in maniera univoca sull’argomento vino e salute”.

Sempre secondo Cotarella, Covid-19 non cambierà solo l’enologia o il marketing, ma tutta la filiera del vino italiano, dal campo al consumatore. “L’enologia cambierà radicalmente – dichiara il presidente di Assoenologi a WineMag.it – certi valori formali andranno a cadere: la bottiglia pesante, il tappo a volte più ‘lungo’ della bottiglia, le cantine architettoniche dalle luci psichedeliche… È finita e dico per fortuna”.

Cambieranno gli enologi, l’approccio dei produttori, delle guide, dei giornalisti, perché cambierà il consumatore. Fondamentale, in questo quadro, sarà anche la crisi economica che andremo ad affrontare al termine dell’emergenza”.

Cambieranno così anche i vini. “I vini che secondo me avranno più spazio – riferisce Cotarella a WineMag.it – saranno quelli dall’ottimo rapporto qualità prezzo, il che non significa che costeranno meno, o poco”.

Sarà il momento dei vini non ‘conditi’ o ‘incorniciati’ da materiali costosi, che incidono sul prezzo, come il vetro fantasia, la bottiglia pesante, la capsule laminata ‘d’oro’. Tutto ciò che è edonismo e superfluo andrà a cadere“.

La new wave del vino dopo Coronavirus, sempre secondo Riccardo Cotarella, “aumenterà l’interesse per il vino in sé, in senso assoluto”. “Noi enologi – spiega – saremo chiamati, come dopo lo scandalo metanolo, a dare una nuova svolta al settore, imparando a seguire le tendenze per dare vita a vini gradevoli, che si bevono bene, vini importanti, ben fatti, espressione del territorio e dell’uva, nonché dei proprietari delle cantine, ben assistiti da bravi enologi”.

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“Vendemmia verde con risarcimento”: la filiera del vino scrive ancora a Bellanova

ROMA – “Uso dell’alcol di emergenza, distillazione controllata, vendemmia verde con risarcimento al viticoltore e ammasso privato”. Queste le richieste che la filiera del vino intende portare all’attenzione del Ministro delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali, Teresa Bellanova, per superare lo stallo del comparto generato da Covid-19. Ecco dunque la terza lettera indirizzata al governo da Confagricoltura, Cia, Alleanza delle Cooperative Italiane, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi.

È attesa da giorni anche una risposta di Bellanova alla proposta avanzata da WineMag.it in merito a un potenziale “soccorso” della Gdo al settore Horeca, con la mediazione del Ministero, per stilare un “Patto sul vino di qualità” nella Grande distribuzione organizzata. Un’idea che piace a Coldiretti nazionale e che gode del favore del segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti.

Patto sul vino di qualità, sì di Unione italiana vini a storico accordo Gdo-Horeca

Le nuove richieste delle associazioni di filiera convergono con quelle contenute nel Piano Salva Vigneti di Coldiretti, nonché sulla proposta di Assodistil relativa alla distillazione volontaria. Un’ipotesi, quest’ultima, ormai al vaglio del Mipaaf, come confermato proprio ieri da Bellanova.

“Per il settore vitivinicolo – ha annunciato il ministro – stiamo valutando un intervento per la distillazione volontaria. La priorità è utilizzare i fondi Ocm, chiedendo l’attivazione della misura distillazione di crisi a livello Ue”.

“Prima però – ha aggiunto Bellanova – occorre verificare quante risorse dell’Ocm non saranno spese entro il 15 ottobre 2020. Nel caso l’intervento non dovesse essere sufficiente proporremo nel DL una misura specifica integrativa”.

La crisi del settore del vino al cospetto di Covid-19, del resto, unisce in un unico coro piccoli e grandi produttori. Lo dimostrano i recenti appelli a Bruxelles della Confédération européenne des vignerons indépendants (Cevi, a cui per l’Italia aderisce Fivi) e dell’European Federation of Origin Wines (Efow).

LE PROPOSTE DELLA FILIERA

“In questo momento la priorità è garantire liquidità, fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa e dei suoi dipendenti, in attesa della ripartenza delle attività economiche”, ribadiscono le organizzazioni dopo la prima lettera in materia di misure economiche e fiscali a sostegno della liquidità delle imprese e la seconda sulla concessione di proroghe nella tempistica delle domande Ocm e di deroghe nell’esecuzione dei programmi, investimenti e promozione.

Le proposte riguardano il sostegno del mondo agricolo e vitivinicolo in particolare per il quale la filiera chiede l’avvio di un confronto immediato con l’obiettivo di individuare al più presto una strategia di sostegno e rilancio del settore, uno dei comparti agricoli più rilevanti per l’economia italiana.

Nello specifico, sono quattro le ipotesi avanzate dal mondo del vino per far fronte all’impatto dell’emergenza sul mercato vitivinicolo, in particolare nel segmento on-trade e nella vendita diretta in cantina, caratterizzato da una riduzione delle vendite.

La prima proposta riguarda l’uso dell’alcol per l’emergenza con l’opportunità per i produttori vinicoli di destinare vino da tavola in giacenza alla distillazione, al fine di ricavarne alcol ad uso medicale, a disposizione della Protezione Civile.

Le distillerie si dovrebbero fare carico del prelievo del prodotto, del trasporto e della distillazione. Resta inteso che, in questa catena, nessun anello dovrà conseguire un profitto. A ciò si aggiunge la necessità di fissare una misura di distillazione per far fronte alle giacenze e alla potenziale mancanza di capienza nelle cantine per le uve e i mosti per la prossima vendemmia.

Le organizzazioni ritengono però che debbano essere poste alcune specifiche condizioni per l’attivazione che, innanzitutto, “deve restare volontaria e non obbligatoria“. “Inoltre dovrà essere finanziata da adeguate risorse economiche, preferibilmente all’interno di un nuovo budget di emergenza per il settore a livello europeo”.

Con l’obiettivo, spiega la filiera del vino italiano, “di porre rimedio allo shock di mercato e alle conseguenze patite dai produttori, evitando distorsioni nel segmento dell’alcol uso bocca“.

Allo stesso tempo, “la misura della distillazione dovrà essere seguita, già a partire dalla prossima campagna vitivinicola, da una modifica delle disposizioni nazionali in materia di rese massime di uva per ettaro per i vini non a indicazione geografica, che tenga tuttavia conto delle diverse specificità produttive territoriali.

VENDEMMIA VERDE CON RISARCIMENTO

Tra le proposte più significative avanzate dalla filiera del vino a sostegno del settore agricolo c’è anche la misura della vendemmia verde. La filiera auspica che la misura possa essere attivata dalle regioni, con l’obiettivo di ridurre la produzione per la successiva campagna vendemmiale e che il Ministero proceda a una rimodulazione dell’attuale dotazione del Pns.

“In via generale – spiega la filiera – lo strumento della vendemmia verde, è destinato all’eliminazione del prodotto mentre si potrebbe esplorare la possibilità di introdurre una nuova misura transitoria destinata alla riduzione volontaria delle rese con un risarcimento al viticoltore o procedere con una modifica della misura stessa”.

“Data la mancanza di forza lavoro nella fase dell’anno nella quale la vendemmia verde è normalmente attivata (mese di giugno), il mondo del vino chiede inoltre lo spostamento del calendario, dando la possibilità di esercitarla anche nel mese di luglio”, continuano le associazioni nella terza lettera inviata alla ministra Teresa Bellanova.

L’ultima richiesta della filiera riguarda invece la possibilità, per alcune produzioni vitivinicole temporaneamente eccedenti o con difficoltà di sbocco sul mercato, di ricorrere all’ammasso privato per una parte del quantitativo in giacenza.

Questa misura, che piace appunto anche ai vigneron europei della Cevi, “potrebbe essere di supporto per alcune produzioni da invecchiamento che non troverebbero subito mercato nei mesi estivi quando auspicabilmente potrebbe riaprire il canale Horeca“.

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Emergenza Coronavirus: dal resveratrolo dell’Aglianico un possibile rimedio

Aglianico, sì. E non a caso, dato che il nobile vitigno del Sud Italia è ricco di resveratrolo. È una ricerca pubblicata dalla rivista Nature e approfondita da due ricercatori a Napoli – Ettore Novellino e Alessandro Sanduzzi – a regalare una speranza in più contro Coronavirus (Covid-19). Nelle ultime ore è in corso una sperimentazione all’ospedale partenopeo Montaldi, che starebbe dando ottimi risultati su alcuni pazienti affetti da Tbc.

Si tratta di un estratto ottenuto dai vinaccioli dell’Aglianico, somministrato in forma di aerosol. L’idea si è concretizzata grazie allo studio condotto da Guangdi Li (Changsha University, Cina) ed Erik De Clercq (Katholieke Universiteit Leuven, Belgio).

La coppia di ricercatori, già attivi nella lotta all’Hiv, avrebbe riscontrato che il resveratrolo contribuisce a bloccare la replicazione virale dei Coronavirus, interferendo con la penetrazione cellulare e con alcune proteine della corona.

La notizia, pubblicata ieri dal quotidiano “Il Mattino” di Napoli – con enfasi più sul vino Taurasi che sul vitigno Aglianico, elemento riscontrabile anche su altre testate locali campane – è destinata a far discutere non solo per i risvolti della cura al resveratrolo sui pazienti affetti da Covid-19, ma anche per il polverone sollevato nelle scorse settimane da un comunicato stampa di Assoenologi, a firma del presidente Riccardo Cotarella.

Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, il numero uno degli enologi ed enotecnici italiani commenta così la ricerca: “Lo studio è molto interessante e speriamo possa contribuire a risolvere l’emergenza in corso. D’altro canto attendiamo con fiducia che tutto questo finisca, per ottenere un chiarimento ufficiale dall’Ordine dei medici sull’argomento ‘salute e vino’, che non può essere oggetto di tira e molla”.

“Ad oggi – aggiunge Cotarella – siamo in possesso di decine e decine di ‘sentenze’ contrastanti: numerosi luminari asseriscono che il vino non è nocivo, ma altrettanti sostengono il contrario. Al momento opportuno chiederemo chiarimenti a chi di dovere, per rendere giustizia a chi lavora nel settore. Il vino, ma ancor più la salute, non possono essere strumentalizzati per mettersi in mostra, sostenendo tesi contrastanti”.

Molto discussa, in campo medico, anche la stessa funzione sull’organismo umano del resveratrolo, che rientra nell’elenco del Ministero della Salute alla voce “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”.

Secondo i ricercatori dell’istituto Humanitas di Rozzano (MI), “diverse sono le attività biologiche del resveratrolo, sebbene molte siano ancora da validare dal punto di vista scientifico: ha capacità antiossidanti e antinfiammatorie, risulta protettivo per i vasi sanguigni ed è in grado di stimolare una serie di processi coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione del Dna”.

Secondo alcuni studi, le persone che seguono una dieta ricca in resveratrolo sarebbero “meno esposte al rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e cancro”. “In particolare – riferiscono gli esperti di Humanitas – la sua capacità antiossidante contribuirebbe alla protezione delle cellule dai danni causati dai radicali liberi e grazie a questa sua proprietà aiuterebbe a combattere l’invecchiamento della pelle”.

Non risultano claim approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specifici per i prodotti a base di resveratrolo. Ma l’indicazione del resveratrolo come rimedio contro l’invecchiamento della pelle “è stata rifiutata a causa dell’assenza di prove scientifiche sufficienti a giustificarla”. Le ultime ricerche sull’estratto di vinaccioli dell’Aglianico contro Coronavirua Covid-19 aprono nuovi capitoli su questo controverso fenolo.

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Covid-19: da Assoenologi 20 mila euro all’ospedale San Raffaele

Primo obiettivo centrato da Assoenologi nel sostegno del Paese a fronte di Covid-19. L’associazione che riunisce gli enologi ed enotecnici italiani ha donato 20 mila euro all’ospedale San Raffaele di Milano, per l’acquisto di un ventilatore polmonare. “La campagna di solidarietà continua”, annuncia il presidente Riccardo Cotarella.

“Il popolo del vino italiano – commenta il numero uno di Assoenologi – ancora una volta ha dato grande dimostrazione di generosità e sensibilità in un momento molto complesso per il nostro Paese e per l’intero pianeta a causa dell’emergenza Covid-19″.

Ma la raccolta fondi continua, con l’obiettivo di donare a un altro presidio ospedaliero ancora un respiratore. Ed è per questo che contiamo ancora sull’aiuto dell’intero mondo del vino, a cominciare dai colleghi enologi”.

“L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo è destinata a entrare nei libri di storia – continua Cotarella – e la storia di un Paese passa anche attraverso piccoli e grandi gesti di solidarietà. A questo appuntamento Assoenologi non vuole mancare, restando così al fianco di medici e infermieri che in queste settimane si stanno prendendo letteralmente cura della nostra Italia”.

“Confidando ancora sul cuore grande del mondo del vino, siamo certi di poter raggiungere ancora la cifra necessaria per l’acquisto di un altro ventilatore così prezioso nella lotta al Coronavirus”, conclude Cotarella. Il conto corrente messo a disposizione da Assoenologi per la raccolta fondi è il seguente: IT41N0103071860000002598601.

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Cotarella (Assoenologi): “Vino cura Coronavirus? Mai detto. Ma medici si mettano d’accordo”

“Non ho mai detto che il vino cura o previene Coronavirus, bensì che igienizza il cavo orale, in quanto soluzione idroalcolica. Ma i medici si mettano d’accordo e ci diano, una volta per tutte, un parere univoco sulla salubrità, o meno, del prodotto: lo accetteremo senza polemiche”. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, anticipa in esclusiva a WineMag.it i contenuti di un “comunicato dai contenuti eclatanti” – così lo definisce – col quale l’associazione italiana enologi ed enotecnici chiarirà la propria posizione in merito alla più accesa polemica del Made in Italy del vino, ai tempi di Covid-19 (seconda, forse, solo alla querelle Vinitaly 2020 sì, Vinitaly 2020 no).

“Non abbiamo risposto subito a tutte le critiche perché nutriamo il massimo rispetto per i medici che, in queste ore, si trovano in trincea per combattere Coronavirus – spiega Riccardo Cotarella a WineMag.it – ma, sempre senza polemica, chiederemo presto all’ordine di prendere una posizione ufficiale sull’argomento salubrità del vino“.

“Il contraddirsi tra luminari, schierati a favore o contro il vino, oltre al fatto stesso che si parli di vino e non di alcol – aggiunge il presidente di Assoenologi – genera un’assoluta confusione. La nostra richiesta ai medici, dunque, sarà quella di fare chiarezza, una volta per tutte: il vino fa male o no? Si dia una risposta sola, per rispetto dei consumatori, di chi lavora in vigna e degli stessi enologi. Questo tirare la coperta da una parte e dall’altra fa male a tutti”.

Riccardo Cotarella, nel dirsi “dispiaciuto per essere stato frainteso”, aggiunge di essere al contempo “contento di aver gettato questo sasso enorme nello stagno”. “La salute viene prima di qualsiasi cosa – chiosa il numero uno di Assonologi – e noi ne siamo consapevoli. Proprio per questo siamo pronti a supplicare i medici affinché ci diano una risposta univoca, definitiva, da prendere come oro colato”.

Nel frattempo, proprio in queste ore, Assoenologi ha indetto una raccolta fondi per l’acquisto di 10 respiratori destinati ad altrettanti ospedali italiani, per combattere l’emergenza Coronavirus.

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Coronavirus, la filiera del vino italiano chiede un “piano strategico nazionale e Ue”

Per il mondo del vino italiano è necessario prevedere un “Piano Strategico di sostegno all’export vitivinicolo nazionale articolato su missioni di settore, piani di comunicazione integrata sui mercati internazionali più ricettivi” e “misure straordinarie promozionali e di sostegno alla domanda di vino sia per il mercato estero che interno, da strutturare con testimonial, opinion leader e ‘ambasciatori’ a livello nazionale ed internazionale, oltre che iniziative volte a garantire liquidità alle imprese e snellimento burocratico”.

Queste le richieste contenute nella lettera indirizzata alla Ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova, dalla filiera del vino italiano, che riunisce le principali organizzazioni del settore Confagricoltura, CIA, Copagri, Alleanza delle Cooperative Italiane, Unione italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi.

Nero su bianco le difficoltà che il mondo vitivinicolo sta vivendo in relazione alla “grave crisi determinata dalla diffusione di Coronavirus”. Avanzate appunto al Governo alcune “proposte per mitigare i danni subiti dal comparto”.

In vista del prossimo Consiglio dei Ministri dell’agricoltura a Bruxelles, le proposte si muovono, con la richiesta di elaborare una strategia comune di sostegno straordinario al comparto agroalimentare insieme agli altri partner europei.

Per il settore vitivinicolo, secondo la filiera, “si deve partire con una forte iniezione di flessibilità nelle misure già esistenti, tra cui il sistema delle autorizzazioni per gli impianti viticoli, la ristrutturazione dei vigneti, investimenti e promozione per liberare risorse a favore del settore in modo che possa dare, anche in questo momento di difficoltà, un contributo per il sostegno ed il rilancio dell’economia nazionale”.

A livello nazionale la filiera ha avanzato alla Ministra Bellanova la convocazione del tavolo vino perché operi come “cabina di regia del settore per le iniziative urgenti di supporto”.

Il perdurare dell’emergenza Coronavirus Covid-19 in Italia e la sua diffusione a livello globale “determina una situazione di rilevante difficoltà per l’inevitabile contrazione dei consumi, per la chiusura dei pubblici esercizi, per la sempre più complessa logistica che rallenta qualsiasi tipo di pianificazione delle attività, anche di promozione sui mercati internazionali”, fa notare la filiera del vino italiano alla ministra Bellanova.

A ciò si aggiunge la mancata ricezione negli alberghi, agriturismi e nella ristorazione, che ha sottratto un naturale sbocco per le produzioni nazionali, nonché un validissimo supporto promozionale dei vini italiani verso gli acquirenti nazionali e stranieri”.

“Il perdurare dell’emergenza Covid-19 in Italia e la crescente diffusione a livello globale dell’epidemia – concludono le maggiori associazioni di rappresentanza del sistema vino italiano – rischia di creare quindi un eccesso di giacenza di prodotti in cantina a ridosso della prossima campagna vendemmiale e rende particolarmente incerto il contesto, rallentando qualsiasi tipo di pianificazione delle azioni di promozione nei mercati internazionali”.

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Coronavirus, medici contro Cotarella (Assoenologi): “Il vino non previene il virus”

Levata di scudi di una parte della comunità medica italiana contro il comunicato stampa divulgato nei giorni scorsi da Assoenologi, dal titolo “Coronavirus e vino“. Nell’occhio del ciclone il presidente Riccardo Cotarella, secondo cui “un consumo moderato di vino, legato al bere responsabile, può contribuire ad una migliore igienizzazione del cavo orale e della faringe: area, quest’ultima, dove si annidano i virus nel corso delle infezioni”. Parole del massimo esponente dell’associazione di rappresentanza degli enologi ed enotecnici italiani, dopo un “confronto con importanti rappresentanti della comunità medica”.

Diversi i commenti arrivati via mail alla redazione di WineMag.it, che ha voluto pubblicare il comunicato stampa senza commentarlo, nel rispetto delle affermazioni di una fonte più che mai credibile ed autorevole – Assoenologi, per l’appunto – in grado di comprendere la portata delle proprie affermazioni in piena emergenza Covid-19. Nessuna ragione di non credere, inoltre, che Assoenologi non abbia realmente interpellato dei medici prima di esprimersi.

Così il dottor Matteo Moroni dell’Unità Cure Palliative del Dipartimento Onco-Ematologico dell’ospedale di Ravenna: “Il virus si trasmette per goccioline (droplets) che possono entrare nelle mucose di occhi, naso, cavo orale, per trasmissione diretta o indiretta tramite contatto con le stesse: mucosa-mucosa, mucosa-superficie dove la droplet è caduta”.

“L’unica misura cautelativa è lavarsi le mani, sanificare le superficie e sospetta fonte di contagio, ridurre i contatti sociali a rischio. Posso bere anche un magnum di vino, ma se sono a tavola con persone infette e ho un contatto diretto con droplets avrò un altissimo rischio di contrarre l’infezione, magari non dal cavo orale ma perché mi sono toccato occhi o naso”.

Il medico di Ravenna giudica il messaggio di Assoenologi “fuorviante e potenziale fonte di condotte a rischio“. Commenti alla redazione di WineMag.it contro il comunicato di Assoenologi anche dall’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana.

“Il comunicato di Assoenologi – ci scrive Roberto Luraghi, a capo della Clinica di Cure Palliative e di Supporto dell’Eoc – è dannoso per la salute degli italiani, in quanto suggerisce un comportamento contrario al buon senso e che peraltro non ha alcun fondamento scientifico“.

“Non dimentichiamo – continua Luraghi – che le bevande alcoliche sono considerate cancerogene dall’Oms e che l’abuso cronico produce anche immunodepressione. Chiedo quindi che il signor Cotarella porti le fonti, ovvero i nomi dei medici con cui di è confrontato prima della sua boutade“.

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La filiera del vino sull’onda di Centinaio (un anno dopo): “Serve una cabina di regia”

Torna in voga la necessità di una “cabina di regia” per la filiera del vino italiano. Quella che chiedeva (al proprio Governo?) il ministro Gian Marco Centinaio, circa un anno fa, a margine della ProWein di Düsseldorf. Una richiesta caduta nel vuoto – assieme al penultimo esecutivo – e oggi ripresa a pieni polmoni dai rappresentanti dei produttori, in occasione del “Tavolo del vino” con la Ministra Teresa Bellanova (succeduta appunto, tra le polemiche, a Centinaio).

“Instabilità geopolitiche, guerre commerciali, dazi e Brexit – evidenziano i membri della filiera del vino italiano – hanno forti ripercussioni sulle esportazioni vinicole. È fondamentale avviare una vera e propria ‘cabina di regia’ tra istituzioni e filiera del vino, luogo di confronto per avviare un prezioso gioco di squadra ed individuare opportune strategie per un settore che è ambasciatore nel mondo del Made in Italy“.

A parlare, oggi, sono dunque i presidenti delle organizzazioni più autorevoli del settore. Dall’Alleanza delle Cooperative agroalimentari ad Assoenologi. Passando per CIA Agricoltori, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini.

“Abbiamo apprezzato l’approccio pragmatico e la disponibilità espressa dalla Ministra Bellanova ad un confronto diretto e costruttivo – si legge ancora in una nota congiunta della filiera – i produttori intendono essere al fianco delle istituzioni e da queste si aspettano un reciproco sostegno anche su tutta una serie di delicati temi da affrontare nei prossimi mesi”.

Il riferimento è “alla nuova politica agricola comune, alla semplificazione degli adempimenti burocratici, all’evoluzione dei modelli di commercializzazione, all’attenzione alla sostenibilità, al vino come parte integrante della dieta mediterranea, al suo consumo responsabile e alle nuove sfide legate all’etichettatura”.

“Ci auguriamo – aggiungono i rappresentanti della filiera del vino – che la cabina di regia possa essere operativa in tempi rapidi, con obiettivi chiari e scadenze definite, coinvolgendo i soggetti maggiormente rappresentativi delle imprese attive in vigna, in cantina e sui mercati”.

Le organizzazioni agricole e settoriali, da vari anni hanno attivato un tavolo di analisi e proposte che ha consentito di “raggiungere importanti traguardi come il Testo Unico del Vino”. “La richiesta, ora – hanno concluso i presidenti – è di avere presto tutti i decreti applicativi entro Vinitaly 2020, la fiera in programma a Verona dal 19 al 22 aprile prossimi, collaborando all’obiettivo comune della crescita in reputazione e valore”.

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Ocm Vino italiano, Bellanova: 28 milioni di euro e una cabina di regia permanente

VENOSA – Una cabina di regia permanente per il vino italiano e 28 milioni di euro di Ocm. Sono i due annunci della ministra Teresa Bellanova a Venosa, dove è intervenuta al 74° Congresso Assoenologi: “Si tratta del sostegno per oltre 68 milioni di euro di 13 progetti delle imprese, a cui destiniamo quasi 28 milioni di euro di fondi per l’annualità 2019/2020. Il Ministero ha infatti completato l’istruttoria per l’assegnazione dei fondi per la misura Ocm vino promozione“.

“Ora – ha aggiunto Bellanova – è importante che anche le Regioni completino il lavoro. Questi fondi sono decisivi e le aziende hanno dimostrato negli anni di saperli sfruttare al meglio per consolidare o aprire nuovi mercati. Il vino italiano diventa anche così uno dei migliori ambasciatori del nostro Paese nel mondo”.

La ministra ha inoltre annunciato “una Cabina di regia permanente per il vino”. “Vogliamo avere uno strumento – ha spiegato – che dia risposte più forti al settore, coinvolgendo tutti i protagonisti di questa storia di successo e consapevoli che anche nel vino ci sono molte criticità da affrontare”.

“Ad esempio – ha aggiunto Bellanova – siamo stabilmente il primo produttore al mondo di vino, come facciamo a vincere anche la sfida del valore? Tanto è stato fatto, se penso soprattutto a quanto vino del Sud oggi parta per i mercati internazionali con bottiglie che portano il nome del territorio d’origine”.

Da qui la necessità di un cambio di marcia. “Come possiamo fare meglio? Voglio annunciare qui la nascita entro l’anno di una Cabina di regia permanente per il vino al nostro Ministero – ha concluso la titolare del Mipaaf – che deve diventare il luogo dove progettare il futuro di questa filiera strategica, dove vogliamo raccogliere proposte e tradurle in risultati per le aziende. Perché questo è il nostro compito”.

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Vendemmia 2019, i dati regione per regione

Per la prima volta, con la campagna vendemmiale 2019, Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini uniscono le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali per offrire alle imprese italiane e alle amministrazioni dati fondamentali nel definire politiche e azioni da mettere in campo.

Come già anticipato ieri si stima una produzione nazionale di 46 milioni di ettolitri (media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni), con un calo di circa il 16% rispetto ai 55 milioni di ettolitri del 2018.

Nonostante una vendemmia meno generosa, peraltro né inattesa né tantomeno vissuta come problematica dagli operatori, ed inferiore alla media degli ultimi 5 anni, sembra salva anche per il 2019 la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto ministero Agricoltura) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dato ministero Agricoltura).

Il calo produttivo è da imputare essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a
quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018. Inverno caldo e poco piovoso, abbassamento delle temperature nel mese di maggio, precipitazioni primaverili e, in alcuni casi, grandinate.

Condizioni che non hanno certo favorito il regolare ciclo vegetativo della vite soprattutto per impianti giovani e varietà precoci. Alla fine di agosto – momento della rilevazione da parte di Assoenologi e Ismea/Uiv – lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono.

Il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno.

Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale.

DETTAGLIO REGIONALE VENDEMMIA 2019


PIEMONTE
Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018

Le temperature miti e le scarse precipitazioni della stagione invernale hanno favorito un precoce risveglio vegetativo della vite rispetto allo scorso anno. Le temperature al di sotto della media stagionale dei mesi di aprile e maggio hanno determinato un ritardo della fioritura che è avvenuta nella prima settimana di giugno. L’allegagione non è stata del tutto regolare, causando la formazione di grappoli spargoli. Con l’innalzamento delle temperature nei mesi di giugno e luglio e grazie al ripristino delle riserve idriche (nel mese di luglio la piovosità è variata da 150 a 200 mm) lo sviluppo vegetativo è risultato vigoroso.

Il Piemonte è stato interessato da diverse grandinate, iniziate a fine aprile nel Sud dell’Astigiano provocando alcuni danni sui germogli in accrescimento per arrivare a quelle di fine agosto che hanno colpito il Sud della provincia di Torino e il Nord del Monferrato. Nella quarta settimana di giugno e nella prima di luglio un’ondata di caldo torrido, al di sopra della media stagionale, ha dato origine ad ustioni dei grappoli, in particolare sui vitigni Moscato bianco e Nebbiolo.

Alla fine del mese di agosto, lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono; le piogge di fine luglio hanno favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio. Si è notato negli ultimi anni un aumento del mal dell’esca, mentre si è riscontrato una leggera diminuzione della flavescenza dorata grazie alla grande sensibilizzazione che hanno i viticoltori piemontesi nel eseguire i trattamenti nei tempi corretti e nel pulire le aree incolte.

La vendemmia delle uve a base spumante (Pinot nero e Chardonnay) ha preso il via nell’ultima settimana di agosto, posticipata di alcuni giorni rispetto allo scorso anno. Nella prima decade di settembre, sarà la volta delle uve Moscato bianco e Brachetto, seguiranno poi le uve Dolcetto, Cortese, Barbera mentre, come di consueto, le operazioni vendemmiali si concluderanno nel mese di ottobre con la raccolta delle ultime uve di Nebbiolo dei grandi rossi da invecchiamento.

La produzione vinicola 2019 qualitativamente si stima di ottimo livello, con diverse eccellenze, mentre quantitativamente si prevede un calo di circa il 15% rispetto allo scorso anno che porterà ad una produzione di circa 2,5 milioni di ettolitri di vino. Molto, comunque, dipenderà dalle condizioni climatiche del mese di settembre.


VALLE D’AOSTA
Quantità: invariata rispetto vendemmia 2018

In Valle d’Aosta la produzione regionale si stima stabile rispetto allo scorso anno con 17.000 ettolitri. L’andamento stagionale, seppur con le sue anomalie non ha influito particolarmente sul risultato finale, decisamente buono, sebbene si registrino andamenti alterni tra le diverse varietà.


LOMBARDIA
Quantità: -30% rispetto vendemmia 2018

Ad un inverno siccitoso e non freddo è seguita una primavera calda ad aprile e molto fredda e piovosa a maggio. Questo andamento climatico ha stressato la vite già in fase pre-vegetativa consumando molte delle riserve accumulate nel legno e provocando germogliamenti disomogenei. Dopo un periodo piuttosto caldo fatto registrare nella seconda metà del mese di aprile, nel mese di maggio diversi giorni molto piovosi accompagnati da temperature piuttosto basse hanno causato un’importante percentuale di aborti floreali con acinellature diffuse e conseguente riduzione della dimensione dei grappoli.

I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni che hanno obbligato in alcune areali ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani. Si sono poi registrate alcune piogge a carattere temporalesco che, nelle zone della Franciacorta e del lago di Garda, hanno causato consistenti e distruttive grandinate. L’allegagione molto difforme anche all’interno dello stesso vigneto è risultata ritardata di 10/15 giorni rispetto al 2018. Alcuni vitigni più sensibili (Pinot bianco, Pinot nero, Pinot grigio) hanno risentito di attacchi di oidio difficilmente contenuti.

Quest’anno l’epoca di raccolta, a causa del periodo piuttosto freddo decorso durante il germogliamento e la fioritura (mese di maggio), è ritardata mediamente dai 7 ai 15 giorni. La vendemmia in Franciacorta è iniziata nella terza settimana di agosto, in Oltrepò il pieno dei conferimenti è previsto nella seconda metà di settembre, mentre in Valtellina si dovrà attendere il mese di ottobre.

Quantitativamente parlando si registra un consistente calo in tutte le zone vitivinicole della Lombardia, con punte anche di -40/45% in Oltrepò e di -25/30% in Franciacorta, con rese in mosto inferiori alla media a causa della conformazione dei grappoli. Complessivamente in tutta la regione si stima una diminuzione di circa il 30% rispetto al 2018. Da un punto di vista qualitativo i livelli risultano buoni con diverse punte di ottimo, fatta eccezione per le zone che hanno dovuto far fronte ai problemi causati dalle avverse condizioni climatiche.


TRENTINO ALTO ADIGE
Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018

L’annata 2019 lascia alle spalle un felice e produttivo 2018, ma anche il devastante evento meteo “Vaia”, la tempesta che ha abbattuto gran parte dei boschi del Trentino orientale a fine ottobre scorso, primo di una serie di fenomeni meteorologici estremi che hanno caratterizzato il 2019. L’inverno mite ed asciutto nelle prima parte si è chiuso con copiose nevicate in montagna e consistenti piogge in fondovalle, le buone temperature di marzo ed aprile hanno favorito un germogliamento precoce anche se assai disomogeneo.

Per tutto il mese di maggio le temperature si sono mantenute al di sotto della media, determinando un ritardo anche di dieci giorni della fioritura rispetto alla norma, che è stato però in gran parte recuperato nell’ultima decade di giugno, grazie ad un clima caldo-umido che ha favorito un’elevata spinta vegetativa e di conseguenza un’esuberante vegetazione che ha portato fenomeni sparsi di oidio. L’allegagione ha prodotto grappoli più spargoli e meno pesanti. La stagione ha avuto quindi un prosieguo piuttosto siccitoso alternato a brevi e violenti temporali che non hanno però arrecato danni rilevanti.

Il carico produttivo risulta buono, sicuramente inferiore al 2018, ma significativamente più importante del 2017. Complessivamente in tutto il Trentino Alto Adige si stima un calo del 15% rispetto alla passata stagione. Il Traminer aromatico e il Lagrein sono le due varietà più penalizzate, con una riduzione superiore al 20% rispetto alla scorsa vendemmia. I primi riscontri analitici indicano un interessante rapporto zuccheri/acidità grazie alle temperature minime abbassatesi nella settimana di ferragosto.

Per le uve basi spumate le previsioni sono ottime grazie ad un giusto carico produttivo, ottima sanità e buoni pH. La vendemmia dello Chardonnay e Pinot nero base spumante in Trentino è iniziata negli ultimi giorni di agosto, mentre in Alto Adige nella prima settimana di settembre. Nella provincia di Bolzano il pieno della raccolta avverrà tra il 15 e il 20 di settembre, mentre terminerà verso la fine di ottobre con la raccolta degli ultimi grappoli di Cabernet Sauvignon.

Per quanto concerne il Pinot grigio, nel complesso l’annata è da considerarsi particolarmente favorevole. Per quanto riguarda i vitigni a bacca rossa dopo una buona invaiatura, lo stato sanitario risulta ottimale e i presupposti per un’ottima qualità ci sono tutti. In provincia di Trento la maggior parte delle uve sarà raccolta tra il 15 di settembre e la prima decade di ottobre con i bianchi di alta collina, la Schiava, il Lagrein e il Merlot.


VENETO
Quantità: -16% rispetto vendemmia 2018

L’inverno 2018/2019 è stato caratterizzato da temperature minime leggermente superiori, anche di 2°C, rispetto alla norma, mentre le precipitazioni sono state inferiori alla media. I mesi di aprile e maggio sono risultati invece molto piovosi (circa 500 mm) rendendo difficili in alcuni casi i trattamenti fitosanitari. Le precipitazioni del mese di maggio hanno causato continui sbalzi termici, soprattutto nelle aree di alta collina, e contribuito a rallentare lo sviluppo vegetativo della vite.

La fioritura ha fatto registrare un ritardo di dieci giorni (prima decade di giugno). Questo andamento meteorologico, protrattosi sino ai primi giorni di giugno, ha causato aborti fiorali con conseguente minor numero di acini per grappolo. Il mese di giugno è decorso molto caldo e siccitoso, con pochi eventi temporaleschi di modesta entità. Le viti non hanno comunque manifestato particolari sofferenze idriche e lo sviluppo vegetativo è proseguito con regolarità. A luglio sono aumentati gli eventi temporaleschi accompagnati da locali grandinate in certi casi di notevole entità.

Le temperature si sono mantenute alte, così come l’umidità. Tra il 6 e l’8 agosto si sono verificati due eventi temporaleschi importanti, accompagnati da forti venti e grandinate di media intensità. Successivamente le temperature hanno iniziato ad abbassarsi. Nel Veneto Centro Orientale la raccolta delle uve precoci (Pinot, Chardonnay e altre) è iniziata nella prima settimana di settembre con un posticipo di circa 15-20 giorni rispetto alla vendemmia 2018.

Quindi sarà la volta della Glera coltivata in pianura e nella terza settimana di settembre di quello di collina, seguito poi dalle varietà a bacca rossa (Merlot, Cabernet ecc.), mentre il Raboso terminerà la vendemmia secondo una tempistica legata molto all’andamento stagionale. Nel Veneto Occidentale i conferimenti sono iniziati nei primi giorni di settembre con le uve Chardonnay, seguite da quelle di Pinot grigio, Glera, Merlot, Teroldego, Rebo fino alla Corvina, Rondinella, Corvinone e Garganega la cui vendemmia avverrà negli ultimi giorni di settembre.

Le precipitazioni di agosto, anche se non intense, hanno favorito continue escursioni termiche che saranno di beneficio per una maturazione delle uve costante ma lenta, con un buon accumulo di polifenoli e di antociani. Nel complesso la sanità e la qualità delle uve risultano essere buone e il tenore zuccherino nella norma, così pure il quadro acido. Dal punto di vista quantitativo nel Veneto Centro Orientale, nonostante l’entrata in produzione di nuovi impianti, si prevede una diminuzione dell’8% rispetto alla passata campagna.

Diversa la situazione del Veneto Occidentale dove il decremento è stimato intorno al 20%. Complessivamente in tutto il Veneto nel 2019 si dovrebbero produrre 11,3 milioni di ettolitri di vino pari a circa il 16% in meno rispetto al 2018. I presupposti qualitativi dei futuri vini, grazie all’andamento vegetativo e meteorologico decorso, si possono definire buoni con diverse punte di ottimo.


FRIULI VENEZIA GIULIA
Quantità: -18% rispetto vendemmia 2018

La stagione invernale, in Friuli Venezia Giulia, è stata caratterizzata da mesi poco piovosi contrassegnati da un caldo anomalo che, nel mese di febbraio, ha raggiunto temperature anche sopra i 20°C. Queste condizioni climatiche hanno accelerato la ripresa vegetativa della vite e, verso i primi di aprile, le varietà precoci, hanno iniziato il germogliamento, con due settimane di anticipo rispetto al 2018. Contemporaneamente ai primi germogliamenti è ritornato il freddo con molta pioggia e intense nevicate in montagna.

Questa situazione di forte instabilità è proseguita anche nel mese di maggio, con temperature ben al di sotto della media stagionale. Tutto ciò ha rallentato lo sviluppo vegetativo della vite, tanto che la fioritura è iniziata solo ai primi di giugno con una decina di giorni di ritardo rispetto allo scorso anno. Sabato 13 luglio un’intensa grandinata ha interessato alcune zone collinari e pianeggianti della provincia di Gorizia (Collio e Isonzo) creando notevoli danni ai grappoli, soprattutto in quei vigneti già defogliati.

Nella seconda decade di luglio, in concomitanza con l’invaiatura delle varietà precoci come Pinot grigio, Chardonnay, Pinot nero e Sauvignon, è arrivato un nuovo fronte africano con caldo rovente. Anche il mese di agosto è stato caratterizzato da scarse precipitazioni e da alte temperature diurne (ma con un’apprezzabile escursione termica notturna), costringendo i vignaioli ad intervenire con irrigazioni di soccorso soprattutto nei terreni ghiaiosi. Per quanto riguarda lo stato sanitario della vite, sia in collina sia in pianura, si segnalano solo alcuni sporadici attacchi di peronospora e oidio.

L’estate complessivamente è stata calda e l’acqua ben distribuita, condizioni ottimali per una buona maturazione dell’uva. La quantità risulta inferiore di circa il 18%, rispetto allo scorso anno. I grappoli dei vigneti di prima produzione e delle nuove varietà “resistenti alle crittogame” sono stati raccolti negli ultimi giorni di agosto, mentre i primi di settembre sono iniziati i conferimenti di Pinot grigio, Pinot nero e alcuni cloni di Sauvignon. A seguire si vendemmieranno le uve di Traminer aromatico, Chardonnay, Pinot bianco, Glera (per Prosecco) e Ribolla gialla.

Lo stacco delle uve a bacca rossa (Merlot e Cabernet Franc) dovrebbe invece iniziare solo dopo il 20 settembre, mentre le operazioni di raccolta termineranno con le varietà tardive (Verduzzo, Refosco e Picolit). Attualmente il mercato evidenzia una certa stagnazione dei prezzi per l’abbondanza delle scorte in cantina e le basse quotazione dei vini sfusi. Per le uve rosse l’attenzione è rivolta al Refosco, al Merlot, al Cabernet sauvignon e al Pinot nero.


LIGURIA
Quantità: -10% rispetto vendemmia 2018

In Liguria sia a Levante, sia a Ponente la vendemmia si presenta leggermente in ritardo rispetto allo scorso anno. La raccolta delle uve Pigato e Vermentino inizierà, nelle zone più prossime al mare, attorno al 9-10 settembre, per poi proseguire, tra la prima e la seconda decade di settembre, nelle aree più interne e con la raccolta del Rossese.

L’alternanza di periodi di freddo eccessivo e caldo anomalo ha favorito lo sviluppo di oidio e insetti, comunque ben controllati. Le uve sono di buona qualità e stanno maturando bene con un ottimo quadro acido e gradazioni nella norma. Quantitativamente si prevede un calo produttivo del 10% pari ad una produzione totale di 41.000 ettolitri di vino.


EMILIA ROMAGNA
Quantità: -20% rispetto vendemmia 2018

La stagione 2019 è stata caratterizzata da continui sbalzi termici che hanno inciso significativamente sulla fenologia della vite. In Emilia la fine dell’autunno ha fatto registrare temperature molto rigide, con punte anche di -7/-10°C, a cui è succeduta una stagione invernale mite con scarse precipitazioni, tanto da fare ritardare il germogliamento. Una primavera inizialmente asciutta, in pianura non ha permesso un regolare sviluppo delle gemme (in alcune varietà, fra cui il Lambrusco Salamino, anche inferiore del 30%).

In collina, invece, le prime fasi vegetative della vite sono state regolari e rigogliose. In Romagna il caldo e soprattutto la siccità di inizio anno hanno condizionato il completamento della differenziazione della vite, che ha mediamente presentato 2-3 grappoli per germoglio, a seconda della varietà, ma con un minor numero di fiori rispetto al 2018. Il mese di maggio, poi, a causa delle piogge frequenti, ha indotto ad una difesa fitosanitaria serrata della vite e ha anche inciso sulla fioritura (fine maggio) e sulla conseguente allegagione (prima decade di giugno).

Giugno ha fatto registrare rialzi improvvisi e decisi delle temperature che hanno favorito la formazione di grappoli non troppo grandi e piuttosto spargoli. In tutta la regione si registra un ritardo della maturazione compreso tra i 10 e 15 giorni rispetto allo scorso anno. In Emilia per le uve Grechetto la raccolta inizierà nella prima decade di settembre e si stima una quantità inferiore di circa il 15/20% rispetto allo scorso anno. Per le varietà Lambrusco Salamino e Sorbara si ipotizza una produzione deficitaria del 30% e si inizieranno a raccogliere tra il 15 e il 30 settembre.

I conferimenti di Lambrusco Grasparossa avranno luogo alla fine di settembre con ottime prospettive sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. In calo del 10% anche le uve Ancellotta, la cui raccolta è prevista verso il 10 settembre. In Romagna i primi stacchi delle uve precoci (Pinot bianco, Chardonnay e Pinot grigio) sono iniziati a ridosso dell’ultima settimana di agosto. Ottima la maturazione dell’Albana, che evidenzia uno stato sanitario eccellente e una presenza di acidità totale superiore allo scorso anno.

Bene anche il Trebbiano romagnolo e il Bombino bianco (Pagadebit) che, grazie a una produzione inferiore, stanno ultimando in modo uniforme la maturazione. Per le uve a bacca rossa l’invaiatura è iniziata tra gli ultimi giorni di luglio e i primi di agosto, ha avuto un decorso abbastanza veloce su qualche Merlot, mentre si è prolungata sul Sangiovese, Terrano (Cagnina) e Cabernet. In tutta la regione si stima un decremento della produzione di circa il 20% rispetto alla passata campagna, con una qualità ottima con alcune punte di eccellente.


TOSCANA
Quantità: +10% rispetto vendemmia 2018

L’inverno 2018-2019 è stato caratterizzato da temperature sotto la media con piogge scarse che hanno avuto una distribuzione piuttosto anomala. Negli ultimi giorni di febbraio le temperature hanno fatto registrare valori parecchio al di sopra della media stagionale, mentre la primavera è stata caratterizzata da rovesci di natura temporalesca che hanno permesso di recuperare il deficit idrico causato dall’andamento invernale.

I primi mesi del 2019 confermano i cambiamenti climatici in atto, che si manifestano con una più elevata frequenza di eventi estremi con spostamenti stagionali e con precipitazioni brevi ma intense. Il germogliamento, iniziato in linea con la fenologia della vite, ha subito un leggero rallentamento dovuto ad un abbassamento delle temperature e per le abbondanti piogge verificatesi durante il mese di maggio. Giugno è stato invece catalogato come uno dei mesi più caldi con temperature ben al di sopra della media stagionale.

Nel periodo estivo si sono invece manifestati fenomeni temporaleschi di importante consistenza con grandinate che hanno interessato alcune zone viticole. Le uve presentano un ottimo stato sanitario grazie all’assenza di patogeni. I casi isolati di attacchi oidio e peronospora sono stati sapientemente arginati grazie a interventi tempestivi. L’invaiatura è iniziata con una settimana in ritardo, mentre le operazioni di raccolta fanno registrare un ritardo di 10-15 giorni rispetto allo scorso anno.

I conferimenti delle uve sono iniziati a cavallo dell’ultima settimana di agosto e la prima di settembre con le varietà bianche precoci (Chardonnay, Pinot e Viognier). A seguire, nella prima decade di settembre sarà la volta delle uve rosse Merlot e Syrah, mentre la vendemmia delle uve Vernaccia e Vermentino è prevista per il 15-20 di settembre, a cui seguirà la raccolta delle uve Sangiovese per la produzione di Chianti, Chianti Classico e Brunello. Anche in questa regione risulterà fondamentale, per la maturazione delle uve e il loro stato sanitario, l’andamento climatico del mese di settembre che, se favorevole permetterà di ottenere una qualità alquanto interessante con diverse punte di ottimo.

Quantitativamente quest’anno la Toscana è in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni italiane. Si stima un aumento della produzione di circa il 10% rispetto alla scorsa campagna (2,3 milioni di ettolitri – dato Agea), pari ad una produzione complessiva di circa 2,6 milioni di ettolitri di vino.


UMBRIA
Quantità: -24% rispetto vendemmia 2018

Una primavera fredda e piovosa in Umbria ha condizionato le fasi di fioritura e allegagione causando un po’ di acinellatura nelle varietà precoci, che hanno registrato così un naturale contenimento produttivo. Il tempo caldo e asciutto che è seguito non ha provocato problemi di stress, poiché la quantità di umidità accumulata nei terreni durante il mese di maggio ha garantito una durevole autosufficienza idrica.

Inoltre, un paio di episodi temporaleschi nei mesi di luglio e agosto hanno permesso alle piante di “dissetarsi” e continuare regolarmente il ciclo vegetativo/riproduttivo, tanto che alla data attuale (4 settembre) le viti presentano foglie ancora verdeggianti, grappoli in ottimo stato, e un generale quadro fisiologico sano. Un’annata, quindi, regolare dal punto di vista fenologico dello sviluppo delle piante, in linea coi tempi e le medie del territorio.

Qualitativamente le prospettive sono ottime con alcune punte di eccellente sia per le uve bianche, che hanno beneficiato, tra l’altro, di un marcato gradiente termico giorno/notte registrato dalla seconda metà di agosto, sia per quelle rosse. Il corredo zuccherino è in media superiore di un grado babo rispetto allo scorso anno. Dopo i primi conferimenti si può però sicuramente affermare che ci troviamo di fronte ad un’annata, dal punto di vista quantitativo, inferiore di circa il 25% rispetto al 2018, dovuto in particolare alla conformazione e al minor peso dei grappoli.

Le perdite maggiori si registrano in provincia di Terni e più precisamente nell’Orvietano, dove si segnalano produzioni deficitarie anche del 35-40%. In tutta la regione si produrranno 340.000 ettolitri di vino. La vendemmia risulta ritardata di circa 7-10 giorni rispetto allo scorso anno. Si è iniziato con i vitigni bianchi internazionali a cui è seguito il Grechetto nella prima decade di settembre, quindi sarà la volta del Trebbiano.

Per i rossi autoctoni bisognerà attendere la terza decade di settembre, mentre per il Sagrantino i conferimenti delle uve, allo stato attuale, sono previsti tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre. Se il periodo vendemmiale decorrerà favorevolmente dal punto di vista meteorologico, si può sperare in un’ottima annata.


MARCHE
Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018

Quest’anno, nelle Marche, a marzo è piovuto pochissimo, ad aprile le precipitazioni sono state di poco superiori alla media, mentre più della metà delle piogge primaverili si sono concentrate nel mese di maggio. Per il sesto anno consecutivo, poi, il mese di giugno è stato più caldo del normale e anche il mese di luglio lo è stato per il quinto anno consecutivo, anche se le precipitazioni sono state leggermente al di sopra della norma.

Le grandinate, fortunatamente di scarsa incidenza, si sono verificate a macchia di leopardo principalmente a luglio nelle zone del Conero, della Lacrima di Morro d’Alba e dei Castelli di Jesi. Anche nelle Marche l’andamento meteorologico di maggio ha ritardato il germogliamento, la fioritura e di conseguenza l’invaiatura di circa 10 giorni rispetto al 2018. Anche l’allegagione è stata disturbata dal freddo e dalle continue piogge determinando, per certi vitigni, grappoli tendenzialmente più spargoli. Verso la metà di agosto alcune perturbazioni e qualche temporale hanno favorito l’abbassamento delle temperature.

Quest’anno si stima un ritardo di circa 8-10 giorni della maturazione delle uve rispetto al 2018, che riavvicina le date di raccolta alla media storica. La qualità delle uve risulta ottima grazie alla disponibilità di riserva idrica accumulata nel periodo primaverile. A livello fitosanitario nei mesi di giugno e luglio è stata notata una certa pressione dell’oidio, in particolare sulla varietà Montepulciano, ma interventi tempestivi hanno scongiurato conseguenze significative sulla produzione. Considerato le alte temperature e la scarsità di piogge, soprattutto in alcune aree del Piceno, si prevede una resa uva/mosto inferiore mediamente del 3-7% circa.

Dalla terza decade di agosto è iniziata la vendemmia delle uve precoci base spumante, a cui seguirà la raccolta di varietà tipo Incrocio Bruni e Chardonnay, quindi sarà la volta del Pecorino nella prima decade di settembre, mentre per i conferimenti di Verdicchio e di Passerina bisognerà attendere la metà dello stesso mese. Per le uve Sangiovese i conferimenti sono previsti nell’ultima settimana di settembre, mentre per il Montepulciano dalla prima decade di ottobre.

Alla data attuale (4 settembre) si stima una quantità inferiore del 15% rispetto alla passata campagna. Si prevedono ottimi livelli qualitativi con diverse punte di eccellenza per i vini bianchi quali Verdicchio, Pecorino e Passerina e, se l’andamento del mese di settembre sarà favorevole, anche le produzioni ottenute da uve a bacca nera quali Sangiovese, Montepulciano e Lacrima, lasciano ben sperare.


LAZIO
Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018

I mesi di dicembre e di gennaio hanno fatto registrare nuvolosità e piovosità abbondanti, mentre le temperature si sono gradualmente ridotte verso i minimi annuali. Le piogge del mese di febbraio hanno favorito il ripristino delle riserve idriche della vite. Il mese di marzo è stato invece caratterizzato da una piovosità inferiore alla media, ma con temperature nella norma. La ripresa vegetativa ha avuto un decorso sostanzialmente regolare e ha goduto di precipitazioni ben distribuite e provvidenziali, soprattutto nelle aree costiere in cui si temevano precoci manifestazioni di stress idrico.

Il ciclo vegetativo della vite, fino alla fioritura, risultava essere perfettamente in linea con un’annata normale. Il mese di maggio ha visto però il passaggio di diverse perturbazioni atlantiche che hanno portato piogge particolarmente incisive, con apporto di masse d’aria fredda da latitudini artiche, influendo sulle temperature minime e massime che sono risultate inferiori alla norma. Tutto ciò ha sensibilmente rallentato lo sviluppo della vite che, a fine maggio, registrava un ritardo di 11-12 giorni rispetto alla norma e ha creato un quadro fitopatologico problematico, con particolare riferimento alla peronospora della vite.

L’estate è stata soleggiata e calda, a tratti torrida, ma l’acqua caduta nel mese di maggio ha permesso alle viti di resistere bene alla siccità. Le sporadiche precipitazioni che hanno avuto luogo a luglio e agosto hanno definitivamente fugato ogni preoccupazione legata al pericolo di stress idrico. L’escursione termica giorno/notte, che si è registrata nelle ultime due settimane di agosto, è di buon auspicio per lo sviluppo degli aromi di uve e vini, fondamentali in una regione tendenzialmente a produzione di vini bianchi come il Lazio.

La vendemmia è iniziata nell’ultima settimana di agosto per le uve base spumante e bianche internazionali, proseguirà con i bianchi autoctoni a partire dalla seconda decade di settembre. Seguiranno quindi le uve rosse autoctone, mentre la vendemmia terminerà nella prima settimana di ottobre con la raccolta delle uve Cesanese. Quantitativamente si registra un calo del 15% rispetto al 2018, dovuto soprattutto alle piogge del mese di maggio che hanno causato colature dei fiori e sensibili attacchi di peronospora, in particolare sul Merlot.

Occorre poi anche considerare l’incognita dell’entità degli espianti che anche quest’anno, irrimediabilmente, si sono purtroppo registrati. Qualitativamente i presupposti sono assai promettenti. Le uve sono senz’altro migliori rispetto alle due annate precedenti, con una perfetta gradazione zuccherina, in linea con i valori medi e superiore a quella dell’anno passato.


ABRUZZO
Quantità: -11% rispetto vendemmia 2018

L’andamento climatico, a partire dallo scorso autunno, è stato caratterizzato dalla presenza di piogge e basse temperature. Grazie ad un inverno piovoso con precipitazioni abbondanti su tutta la regione e nevicate verificatesi anche a bassa quota nel mese di gennaio, si sono costituite buone riserve idriche nei vigneti. La primavera è iniziata con basse temperature, facendo registrare in alcune zone consistenti precipitazioni. Questa situazione, ma con assenza di gelate, si è protratta fino alla fine di maggio con frequenti rovesci temporaleschi.

Condizioni che hanno favorito un buon germogliamento ma, nello stesso tempo, un rallentamento dello sviluppo vegetativo, tanto che la fioritura ha fatto registrare un ritardo di circa 10-12 giorni rispetto alla norma. Le avverse condizioni atmosferiche del mese di maggio hanno avuto effetti negativi sia sulla fioritura sia sull’allegagione, soprattutto per le uve precoci che hanno presentato una conformazione non omogenea del grappolo. Da metà giugno in poi si sono registrate belle giornate intervallate da precipitazioni, in alcuni casi, anche abbondanti.

Il decorso vegetativo è stato buono da un punto di vista sanitario, grazie ad un oculato controllo degli attacchi parassitari e alle alte temperature registrate nei mesi di luglio e di agosto. L’epoca di vendemmia risulta nella norma, tanto che per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot grigio) la raccolta è iniziata il 20 agosto nelle zone più costiere, mentre per quelle più interne e collinari intorno al 26 dello stesso mese.

Per le altre uve bianche (Trebbiano, Malvasia, Passerina e Pecorino) i conferimenti hanno avuto il via nei primi giorni settembre. Per le varietà a bacca rossa, principalmente Sangiovese e Montepulciano, si prevede che la raccolta avverrà a partire dall’ultima settimana di settembre per protrarsi fino alla fine di ottobre. La quantità si stima inferiore di oltre il 10% rispetto alla vendemmia precedente, tanto che a tutt’oggi si prevede una produzione complessiva intorno a 3 milioni di ettolitri di vino, contro i 3,4 milioni di ettolitri della scorsa campagna.

Qualitativamente parlando, se le condizioni climatiche del mese di settembre decorreranno favorevolmente, si può ipotizzare un’annata assai interessante con molte punte di ottimo, in particolare per i vini rossi. Il mercato, fin dalla fine della vendemmia scorsa, è stato molto problematico per i vini generici sia bianchi che rossi. Si registra uno scarso interessamento che ha provocato un deprezzamento dei prezzi del 10-15%. Questa situazione ha coinvolto anche le Doc che hanno però fatto registrare un calo più contenuto.


MOLISE
Quantità: invariata rispetto vendemmia 2018

La vendemmia in Molise, a differenza delle altre regioni del Sud, si stima sostanzialmente in linea con quella dello scorso anno. L’epoca di raccolta è ritardata di qualche giorno e la qualità allo stato attuale risulta decisamente buona. Anche in questo caso, si tratta di considerare areali e situazioni diverse la cui somma algebrica restituisce un risultato produttivo di 239.000 ettolitri pressoché uguale a quello della scorsa campagna.


CAMPANIA
Quantità: -6% rispetto vendemmia 2018

L’inverno è trascorso mite e poco piovoso. A fine marzo si è avuto un periodo di circa 15 giorni di freddo, che hanno rallentato e riportato in linea rispetto alla media annuale la fase fenologica del germogliamento. Le abbondanti piogge primaverili, concentrate soprattutto nel mese di maggio, hanno garantito una importante riserva idrica per i suoli, fondamentale per fronteggiare le difficoltà dovute alle scarse precipitazioni dei successivi mesi di giugno e luglio.

Le temperature particolarmente basse rispetto alla media di questo periodo, hanno contenuto la crescita vegetativa, impedendo anche lo sviluppo di fitopatie. La fioritura è iniziata con circa 10/15 giorni di ritardo e l’allegagione è stata piuttosto irregolare, determinando numerosi fenomeni di acinellatura. I mesi di giugno e luglio sono decorsi con assenza di precipitazioni e giornate soleggiate e calde. Alla fine di luglio alcune zone sono state interessate da una perturbazione atlantica, che ha portato un abbassamento delle temperature e abbondanti precipitazioni.

In generale la gestione delle vigne non ha evidenziato particolari problemi, ed al momento ci sono tutti i presupposti per una vendemmia di qualità. Nella seconda metà di agosto il clima è decorso con sole e temperature piuttosto alte, con qualche temporale che ha contribuito a ottimizzare gli equilibri idrici e termici nel vigneto, esaltando le escursioni termiche tra giorno e notte.

Attualmente (primi giorni di settembre) le condizioni in vigna, salvo limitate eccezioni, fanno ben sperare per la qualità, mentre dal punto di vista quantitativo si stima un decremento complessivo in tutta la regione, rispetto allo scorso anno, compreso tra il 5 il 10% con evidenti variazioni da zona a zona a causa dell’eterogeneità che si registra nei territori della viticoltura campana. Da sottolineare che un’importante zona produttiva della provincia di Benevento ritorna quest’anno in piena produzione, dopo che nei precedenti due anni la stessa era stata completamente compromessa a causa delle gelate e grandinate.

I tempi di raccolta fanno riscontrare attualmente una settimana di ritardo. Si inizierà con le uve per le basi spumante e i vitigni a bacca bianca nel Cilento nella prima decade di settembre. Nell’Agro aversano, nella seconda decade di settembre, sarà la volta delle uve di Asprinio e del Fiano nel Cilento. Successivamente, nel Beneventano, si proseguirà con la Falanghina, per continuare nell’Avellinese, nella prima decade di ottobre, con il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo. Nei Campi Flegrei la raccolta del Piedirosso è prevista nella prima decade di ottobre. L’ultima varietà ad essere vendemmiata sarà quella di Aglianico per la produzione della Docg Taurasi, nell’Avellinese, tra la fine di ottobre e la prima settimana di novembre.


PUGLIA
Quantità: -16% rispetto vendemmia 2018

In Puglia l’inverno è decorso con temperature e piovosità nella media, ma si è prolungato sino ai mesi di marzo ed aprile ostacolando la fase del germogliamento che è decorso in modo piuttosto irregolare, in particolare nel Tarantino dove a peggiorare la situazione è stato certamente lo “stress sanitario” subito dalle piante nella passata stagione. Le basse temperature e le frequenti piogge verificatesi nella fase di germogliamento (aprile e maggio) hanno causato non solo un ritardo di 10-15 giorni della fioritura, ma anche una imperfetta allegagione.

Finalmente alla fine della seconda decade di giugno, è arrivato il bel tempo con temperature più alte rispetto alla media, favorendo una buona ripresa vegetativa. Dalla fine di giugno e a tutto luglio i temporali non sono mancati, ma il bel tempo che è seguito ha facilitato i viticoltori nel controllo delle malattie fungine. La fase di invaiatura è iniziata anche in Puglia in ritardo. Di conseguenza la vendemmia è risultata posticipata all’ultima decade di agosto per le uve precoci come lo Chardonnay, Pinot e anche per il Fiano.

I vigneti si presentano in gran parte in buon stato vegetativo con grappoli corti, spargoli, perfettamente integri, con un buon rapporto zuccheri-acidi. Per il Primitivo, il Nero di Troia e il Negroamaro la vendemmia ha avuto il via nei primi giorni di settembre e i primi dati analitici fanno ben sperare per i futuri vini per i quali si prevede un grado alcolico medio-alto e tannini maturi e ben strutturati. La situazione in Valle D’Itria risulta ottimale, lo stato sanitario delle uve è molto buono e non si registrano fitopatie.

Anche in questa zona si evidenzia un ritardo della maturazione di dieci giorni, così pure nel Salento dove si prevede un’annata importante grazie alla sanità dei grappoli e al favorevole andamento climatico durante la maturazione. In questa area la vendemmia è iniziata a cavallo di Ferragosto con la raccolta dello Chardonnay, del Pinot ed in generale con le uve precoci. A seguire è iniziata la raccolta del Primitivo. Per il Negroamaro, la Malvasia Nera e il Susumaniello il ritardo di maturazione è di circa due settimane. Si prevedono ottime produzioni per i vini bianchi e rosati, così come per i rossi con punte di eccezionalità per il Negroamaro.

Complessivamente in tutta la regione si stima una produzione in calo di circa il 16% rispetto alla scorsa vendemmia dovuta, in particolare, ai problemi della fioritura quali colatura e aborti fiorali che hanno causato un’allegagione irregolare. In tutta la regione si produrranno 8 milioni di ettolitri di vino. Dal punto di vista qualitativo, allo stato attuale, si stimano livelli più che buoni con diverse punte di ottimo grazie soprattutto al soddisfacente stato sanitario delle uve.


BASILICATA
Quantità: -10% rispetto vendemmia 2018

Anche in questa regione, a causa dell’anomalo andamento climatico del periodo primaverile, il ciclo vegetativo della vite ha subito una partenza posticipata di circa 10 giorni rispetto al 2018, tanto che l’epoca vendemmiale è ritornata in linea con i tempi secondo la media storica. Le uve, in tutta la Basilicata, si presentano sane e in perfetto turgore vegetativo.Le prolungate piogge di giugno hanno creato un’importante riserva idrica, tanto che le viti non sono mai entrate in sofferenza, sviluppando una parete fogliare uniforme ed in perfetta attività vegetativa.

Importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte a partire dal mese di luglio hanno permesso alla vite di svolgere un’attività fotosintetica lineare ed importante. Pertanto l’uva si presenta bella e sana. Dal punto di vista quantitativo anche in Basilicata si stima un decremento di produzione nell’ordine del 10% pari a 85.000 ettolitri di vino, la cui qualità si prevede decisamente elevata, con diverse punte di eccellente.


CALABRIA
Quantità: -3% rispetto vendemmia 2018

In Calabria le prime fasi fenologiche avevano accumulato un ritardo di 15 giorni che si è assottigliato nei mesi estivi ed ha fatto slittare in avanti l’inizio della raccolta di circa una settimana. Anche nella regione, nonostante fioritura e allegagione siano da considerarsi buone, si stima una flessione produttiva (-3%) dopo l’abbondante vendemmia del 2018, pari ad una produzione complessiva di 113.000 ettolitri di vino. Superiore al previsto la presenza di oidio e peronospora i cui danni, però, sono stati limitati grazie ad interventi mirati.


SARDEGNA
Quantità: -13% rispetto vendemmia 2018

Le condizioni climatiche ed il ciclo vegetativo della vite in Sardegna hanno seguito un decorso regolare fino a maggio, mese in cui un notevole abbassamento delle temperature, accompagnato da forti venti di Maestrale, ha causato un ritardo nella fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. La fioritura disturbata dall’andamento termico, ha avuto risvolti negativi sull’allegagione, determinando colatura con perdite produttive sulle varietà a bacca bianca, in particolare su Vermentino, Torbato, Vernaccia e varietà precoci come Chardonnay e Sauvignon.

Le uve a bacca rossa non hanno fortunatamente risentito di tali condizioni climatiche, tanto che il Cannonau evidenzia un incremento della produzione rispetto al 2018. La maturazione delle uve bianche, in particolare del Vermentino, nelle zone costiere risulta abbastanza regolare, mentre nelle zone interne evidenzia un ritardo di 5-7 giorni. Per quanto riguarda invece le uve rosse, in particolare il Cannonau, si stima un ritardo di circa 7-10 giorni rispetto alla media storica

Grazie alle notevoli escursioni termiche si evidenzia una sintesi ottimale degli aromi nelle uve a bacca bianca e delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa. Dal punto di vista fitosanitario non si è avuto alcun problema, le uve, infatti, si presentano perfettamente sane nei diversi territori dell’isola e per tutte le varietà. Le abbondanti piogge invernali hanno creato delle buone riserve idriche per affrontare la stagione più calda, favorendo il naturale sviluppo vegetativo della pianta e il buon decorso della maturazione delle uve.

Nell’ultima settimana di agosto è iniziata la raccolta del Vermentino nel Sud dell’Isola e nelle zone costiere, a seguire i primi giorni di settembre ha preso il via la vendemmia nelle zone più interne e proseguirà per tutto il mese. I conferimenti del Torbato sono iniziati tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre, periodo in cui ha avuto il via anche la raccolta del Nasco, mentre per il Nuragus bisognerà attendere la fine di settembre e i primi giorni di ottobre.

Per quanto riguarda invece le uve rosse, per il Carignano si prevede l’inizio della raccolta tra la terza e la quarta decade di settembre, mentre per il Monica è prevista tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre. Per il Cannonau, a seconda degli areali, i conferimenti decorreranno tra la fine di settembre e per tutto il mese di ottobre. Quantitativamente in tutta la Sardegna si stima un decremento medio di circa il 13% rispetto al 2018, mentre lo stato qualitativo e sanitario delle uve lascia ben sperare per una produzione di vini di ottima qualità con alcune punte di eccellenza.


SICILIA
Quantità:-20% rispetto vendemmia 2018

Dopo un 2018 che sarà ricordato come l’annata più piovosa e umida che si sia mai registrata, il 2019 segna un ritorno al passato e alla normalità. Le anomalie climatiche non sono mancate ma hanno interessato marginalmente la stagione viticola.

Nel mese di marzo il germogliamento è iniziato in maniera ottimale con la schiusura di tutte le gemme fertili, nonostante la primavera sia stata fredda e piovosa in quasi tutta l’isola (nel territorio etneo si sono registrate temperature rigide fino a primavera inoltrata).

Le piogge primaverili sono risultate importanti per la vite, fornendo ai suoli una buona dotazione idrica, fondamentale per l’inizio dell’attività vegetativa e per affrontare il caldo estivo. Da giugno in poi le temperature si sono mantenute costantemente intorno ai 30°C, con una buona escursione termica tra il giorno e la notte.

Le operazioni di raccolta sono iniziate con un ritardo medio di 8-10 giorni rispetto alla passata campagna, ma in linea se rapportata ad un’annata normale. La vendemmia è iniziata il 5 agosto con la raccolta delle uve Chardonnay basi spumante e Pinot grigio.

Nella seconda decade di agosto si sono staccati i grappoli di Sauvignon blanc, Chardonnay, Moscato bianco, nonché le uve base spumante di Catarratto e Grillo. Nell’ultima settimana di agosto le operazioni sono entrate nel vivo con i conferimenti del Nero d’Avola, del Merlot, dello Syrah e del Grillo, a cui  sono seguiti quelli dello Zibibbo, del Catarratto, dell’Inzolia e del Grecanico. Dai primi riscontri di cantina la resa uva/vino risulta leggermente inferiore alla media, mentre le fermentazioni sono decorse regolarmente.

Dal punto di vista quantitativo si stima un calo complessivo della produzione del 20% rispetto alla stagione 2018 che fece registrare 4,7 milioni di ettolitri di vino (dato Agea), il che lascia presupporre che quest’anno si produrranno intorno ai 3,8 milioni di ettolitri di vino. Tale diminuzione della produzione è da imputare soprattutto ai forti venti e alle piogge verificatisi durante la fase della fioritura che, colpendo le infiorescenze, hanno diminuito il carico produttivo di ogni pianta.

Per contro la vite ha prodotto un apparato fogliare rigoglioso a beneficio della maturazione dei grappoli d’uva. Dal punto di vista qualitativo, dopo la difficile situazione dello scorso anno, in generale si registrano livelli più che buoni con diverse punte di ottimo.

“Un dato è certo – dichiara Filippo Palasdino, vicepresidente della Doc Sicilia – poiché la vendemmia dura fino ad ottobre, per poter tracciare un bilancio è comunque necessario aspettare che la vendemmia sia terminata. Possiamo dire fin d’ora che il ritardo di dieci giorni con cui è iniziata la vendemmia per certi aspetti è stato positivo, le piante hanno potuto accumulare sostanze aromatiche e prevediamo vini molto profumati”.

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Vendemmia 2019: Italia leader mondiale con 46 milioni di ettolitri


Una vendemmia 2019 meno generosa delle precedenti, ma con la quale l’Italia mantiene la leadership mondiale della produzione di vino, con 46 milioni di ettolitri. Secondo i dati diffusi oggi da Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, la Francia (primo competitor) si assesterà sui 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto, fonte Ministero dell’Agricoltura) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dati, ancora una volta, del Ministero dell’Agricoltura).

Le elaborazioni di fine agosto riguardanti la campagna vendemmiale 2019 fotografano una riduzione del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri (dato Agea,
sulla base delle dichiarazioni di produzione).

Il dato stimato, come di consueto, risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, comunque inferiore alla media degli ultimi 5 anni.

“Da sottolineare – evidenzia Assoenologi – che la vendemmia di quest’anno sembrerebbe risultare inferiore alla precedente in tutte le regioni italiane, ad eccezione della Toscana. Le perdite maggiori si contano sulle uve precoci, mentre per quelle più tardive l’evoluzione produttiva sarà legata all’andamento meteo di settembre”.

Il calo produttivo, sempre secondo l’Associazione che raggruppa gli enologi italiani, è da imputare “essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018”. La vendemmia 2019, del resto, segna la nascita di una nuova collaborazione.

Per la prima volta, infatti, Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini uniscono le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire “un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali e offrire alle imprese italiane e alle amministrazioni dati fondamentali nel definire politiche e azioni da mettere in campo”.

L’indagine – appuntamento fisso con il quale ogni anno viene delineato lo stato dei vigneti a livello nazionale e
vengono presentate le stime relative alla produzione e alle tendenze del settore vino per la campagna in corso – è
stata messa a punto armonizzando le consolidate metodologie operative basate su tre distinte fasi.

La prima ha riguardato la rilevazione da parte dei rispettivi osservatori territoriali (le sezioni regionali di Assoenologi, le imprese socie di UIV e l’Ismea, che ha contribuito con la propria rete e il confronto con l’Ufficio competente del Mipaaft), sulla valutazione comparata delle indicazioni quali-quantitative e sulla successiva elaborazione statistica rispetto alle serie storiche ufficiali degli anni precedenti.

IL METEO
Le anomalie sono iniziate già in inverno, che ha registrato temperature leggermente superiori rispetto alla norma e precipitazioni inferiori alla media. Andamento meteo che si è protratto anche per i mesi di marzo e aprile.

Maggio ha invece registrato una decisa inversione di tendenza. L’abbassamento delle temperature e le abbondanti precipitazioni hanno causato un ritardo della fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite.

Da quel momento in poi ogni fase fenologica della vite ha risentito di un clima non particolarmente idoneo: l’andamento termico ha disturbato la fioritura e ostacolato in alcune varietà una perfetta allegagione.

I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni, che hanno obbligato, in alcuni areali, ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani. Alcune piogge a carattere temporalesco hanno causato consistenti grandinate.

Per quasi tutto il mese di agosto, poi, le temperature si sono mantenute elevate, così come l’umidità, favorendo un rigoglioso sviluppo della vegetazione nei vigneti, che ha costretto i viticoltori ad attenti interventi di potatura verde.

BUONO STATO DELLE UVE
Alla fine di agosto, momento della rilevazione da parte di Assoenologi e Ismea/Uiv, lo stato sanitario delle uve si
presenta generalmente buono: il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli.

Sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno. Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale.

I primi riscontri analitici, peraltro, evidenziano gradazioni medie nella norma, un buon rapporto zuccheri-acidità e per le prime uve vendemmiate un buon quadro aromatico. Si evidenzia anche una sintesi ottimale delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa.

Quest’anno sono da rilevare comunque evidenti difformità di maturazione anche all’interno di uno stesso appezzamento, conseguenza dell’ormai consolidata variabilità meteorologica e di uno spostamento climatico da
temperato a caldo arido, con precipitazioni irregolari e di carattere temporalesco, che come detto ha determinano
irregolarità del ciclo vegetativo.

Tutte le vicissitudini climatiche e meteorologiche hanno portato un ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni rispetto alla passata campagna, così da far rientrare in un calendario normale l’epoca di vendemmia, dopo gli anticipi registrati negli ultimi anni.

Ne è dimostrazione il fatto che per i primi giorni di settembre si stima l’arrivo in cantina di poco più del 15% delle uve, mentre solo due anni fa si parlava già di oltre il 40%. Anche quest’anno, ad aprire la vendemmia è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto.

Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon).

IL MERCATO

L’abbondante produzione italiana del 2018 ha avuto riflessi negativi sulle quotazioni dei vini che nel complesso
hanno segnato un -13% sulla precedente campagna. A determinare la riduzione dei listini sono stati soprattutto i
vini comuni, da sempre i più esposti alle dinamiche dell’offerta internazionale e alla concorrenza degli altri Paesi
produttori, Spagna in primo luogo.

Il mercato dei vini comuni nella campagna 2018/2019, infatti, è stato caratterizzato da subito da ribassi piuttosto
consistenti tanto che, soprattutto nei bianchi, in alcuni momenti si è tornati a sfiorare i prezzi di dieci anni prima.

Nel complesso l’ultima campagna si è chiusa con un -27% per i vini comuni, maturato da un -34% nel segmento dei
bianchi e da un -21% nei rossi. Per i vini a denominazione (Doc-Docg) la riduzione si è limitata al -6%.

“Una dimostrazione – evidenziano Assoenologi, Ismea e Uiv – che i vini di qualità hanno mercati in qualche modo più consolidati e meno esposti alla concorrenza dei prodotti dei paesi competitor”.

Il 2019 sembra avviato su binari piuttosto positivi, dopo un 2018 che aveva chiuso i battenti con esportazioni al di
sotto dei 20 milioni di ettolitri (-8% sul 2017) a fronte, comunque, di una crescita del valore che, ancora una volta,
aveva ritoccato il record positivo attestandosi sui 6,2 miliardi di euro.

Intanto, secondo elaborazioni Ismea su dati Istat, i primi 5 mesi del 2019 hanno segnato una decisa progressione delle esportazioni italiane a volume, attestate a 8,6 milioni di hl (+11% sullo stesso periodo dell’anno precedente),
a fronte di una meno che proporzionale progressione del valore che ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro (+5,5%).

Se i dati dei mesi successivi dovessero confermare questo trend, a fine anno si potrebbero sfiorare i 22 milioni di ettolitri per un introito che, finalmente, potrebbe arrivare al traguardo dei 6,5 miliardi di euro, sebbene ad un ritmo che si sta mostrando più lento rispetto alle attese di qualche anno fa.

Sul fronte export, c’è da registrare una progressione più marcata verso i Paesi Ue (+14% in volume e +6% in valore),
rispetto a quella verso i Paesi terzi (+6% e +5%). Questa dinamica è correlata chiaramente al mix di prodotto e al loro valore medio.

Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati i vini comuni che, con 2 milioni di ettolitri hanno avuto una crescita del 19% a valore, accompagnata però da una lieve flessione degli introiti. I vini comuni, per lo più sfusi, hanno come naturale destinazione i mercati comunitari e la Germania in particolar modo.

Continua la crescita degli spumanti (+8% sia a volume che a valore) ma ormai senza l’incremento a doppia cifra a
cui eravamo abituati. Anche in questo caso bisogna considerare da una parte il Prosecco che continua a crescere
di oltre il 20% sia a volume che a valore mentre l’Asti, ad esempio, mostra delle difficoltà importanti a mantenere
quote di mercato.

L’export rappresenta circa la metà del fatturato complessivo per il vino italiano, uno sbocco di mercato tanto più
importante per lo sviluppo del settore vista la situazione interna che, dopo anni di flessioni, si sta ora assestando
sui 22,5 milioni di ettolitri e che potrebbe aumentare nel corso del 2019, fino a superare i 23 milioni.

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Terregiunte: se la “comunicazione è da dimenticare”, le scuse servono anche in cinese


EDITORIALE –
Terregiunte? Tecnicamente vino regalissimo. Ma la comunicazione è da dimenticare. Sbagliatissima. Errori che forse non sono neanche concepibili in un contesto di una certa professionalità”. Riccardo Cotarella, co-regista con il collega enologo Andrea Dal Cin dell’ormai famigerato “matrimonio d’Italia tra Amarone e Primitivo di Manduria” è intervenuto così, ieri mattina, alla Camera di Commercio di Verona.

Un breve ma incisivo fuori tema, prima dell’inizio dei lavori di “Destinazione Vendemmia 2019″, il nuovo format di focus vendemmiale curato da Assoenologi Veneto Occidentale, al quale hanno aderito i Consorzi di Tutela dei vini Veronesi, Vicentini e Padovani.

Bocciatura netta, dunque, per la comunicazione legata al “Vino d’Italia” di Bruno Vespa e Sandro Boscaini (Masi Agricola), colpevoli di aver pubblicizzato un “vino da tavola” – per intenderci, qualcosa di assimilabile per tipologia al notissimo Tavernello di Caviro – sfruttando la notorietà della Docg veneta (l’Amarone) e della Doc pugliese (il Primitivo di Manduria).

Un “errore” non presente in etichetta, bensì sul sito web ufficiale di Terregiunte, dal quale i riferimenti alle due Denominazioni sono state rimossi solo in seguito alla dura presa di posizione del Consorzio Tutela Vini Valpolicella e del Primitivo di Manduria.

Vespa e Masi hanno ampiamente utilizzato i nomi dei due noti vini rossi anche in presenza della stampa, in occasione della presentazione ufficiale di Terregiunte, a Cortina. Un evento al quale ha presenziato anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, con l’omologo pugliese Michele Emiliano collegato via Skype.

“Noi tecnici – ha spiegato Cotarella – ci siamo fermati all’aspetto tecnico. Col senno di poi, non nascondo che avremmo dovuto controllare un po’ tutto il progetto. Ce ne siamo accorti al momento della presentazione. Devo dire che c’è stato un po’ di… Non è colpa dei giornalisti, sicuramente. Però sapete: dire questo vino viene da questa Denominazione e da quell’altra, no? Fa ancora più effetto che dire due vini mischiati così”.

Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma. Sullo specchio di una malcelata captatio benevolentiae, cui manca solo l’ultimo tentativo d’appello a “na’ ragazzata“. Trattasi però di Vespa e Boscaini. Che ragazzi non sono più. Anzi.

“La colpa – ha ribadito Cotarella nel suo intervento a Verona – è da ammettere soltanto su chi ha progettato la comunicazione di questo vino. Un po’ di colpa me la prendo anche io, perché avremmo dovuto essere un po’ più guardinghi, assieme al mio collega. Di questo mi scuso”.

Il noto enologo si è poi rivolto direttamente ai rappresentanti della Valpolicella, presenti in sala. “Lungi da me il voler creare problemi alla Denominazione, né a questa né a quella pugliese. Non nomino neanche i vini: ho paura a nominarli, pensate un po’. Ci tenevo molto a portare questo chiarimento”.

Sulla vicenda sono tornati gli stessi Bruno Vespa e Sandro Boscaini, nei giorni scorsi. “Il vino uscirà il prossimo novembre e l’etichetta non porterà ovviamente alcun riferimento né ai marchi registrati Costasera e Raccontami né ai vitigni che ne sono alla base”, ha precisato il duo in una lettera indirizzata ai due Consorzi”.

“La fatale semplificazione comunicativa dei primi giorni – continua la missiva – ha portato ad alcuni equivoci che vanno chiariti in modo trasparente. Terregiunte non ha alcuna relazione con le Denominazioni che per semplicità descrittiva, e con qualche approssimazione tecnica da parte nostra, sono state riportate nella comunicazione in generale. Abbiamo pertanto aggiornato i nostri siti in misura adeguata”.

SERVONO LE SCUSE IN CINESE

Bastano le scuse?
Di certo non bastano solo in italiano. Servirebbero anche in cinese, mercato al quale Vespa e Boscaini hanno annunciato di puntare in assoluto per la vendita di Terregiunte.

È lì, in Cina, che si sta giocando – già in queste ore, mentre noi stiamo qui a raccontarcela in italiano – la vera partita della comunicazione e del marketing di Bruno Vespa e Masi Agricola, che si sono limitati ad aggiornare le traduzioni dei comunicati stampa, togliendo i riferimenti ad Amarone e Primitivo, come pare evidente a questo link.

Servono – e sarebbero doverose – le scuse in cinese e in inglese anche a fronte delle gravi dichiarazioni di Sandro Boscaini alla stampa, a Cortina: “Terregiunte porta un Made in Italy più comprensibile anche per Paesi come la Cina, dove è pura utopia pretendere che si conoscano le tante, troppe, pur se eccellenti, Denominazioni territoriali del nostro Paese”.

Infine sorge un dubbio. Se per vendere Amarone o Primitivo in Cina è necessario metterli nella stessa bottiglia come “vino rosso” generico, a cosa è servita la fatica dei toscani che hanno studiato la traduzione del marchio “Chianti” in cinese, utile ai produttori per l’export (come da immagine sopra)?

Il presidente del Consorzio di Tutela, Giovanni Busi, è un erede di Don Chisciotte a cui affidare subito – honoris causa – il ruolo di ministro dell’Agricoltura o, forse, il punto è un altro? Buona la seconda. La verità è che, a qualcuno, la strada per la Cina, piace breve. In attesa del teletrasporto.

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Previsioni vendemmiali 2019: Uiv, Assoenologi e Ismea uniscono le forze


ROMA –
Unione Italiana Vini (Uiv), Assoenologi e Ismea uniscono le forze in vista delle previsioni vendemmiali 2019. Mercoledì 4 settembre 2019 nella sede del Ministero delle Politiche Agricole, Ambientali, Forestali e del Turismo, i tre organismi ufficializzeranno la decisione.

L’obiettivo è “unire forze e competenze per fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle previsioni vendemmiali, che ogni anno rappresentano un momento cruciale per il mondo vitivinicolo, in grado di delineare con buona precisione l’andamento produttivo del vigneto Italia, fornendo alle imprese italiane dati fondamentali utili nel definire politiche e azioni da mettere in campo”.

Grazie a questa partnership eccellente tra i soggetti che in Italia rappresentano a pieno titolo, ognuno nel proprio ambito, un riferimento per il mondo del vino, sarà possibile amplificare l’efficacia di decenni di lavoro impiegati nel perfezionamento dell’acquisizione dei dati produttivi e della relativa analisi.

Attraverso la messa a sistema delle diverse esperienze e competenze, maturate da UIV e ISMEA da un lato e da Assoenologi dall’altro, si dà vita ad un lavoro di monitoraggio dell’andamento vendemmiale realizzato capillarmente in tutte le aree vinicole del Paese, portando al comparto un’occasione unica per leggere e interpretare le statistiche più complete di sempre.

Una gestione attenta e oculata del dato previsionale costituisce un elemento imprescindibile per uno sviluppo equilibrato del mercato a livello nazionale e internazionale, in grado di garantire stabilità alle contrattazioni e al mercato stesso.

Per questo motivo risulta facile immaginare quanto sia strategico fornire al mondo del vino italiano un’unica stima previsionale sulla vendemmia con un elevato valore di affidabilità e di dettaglio.

Per tale motivo è nata la nuova modalità di lavoro congiunto fra Unione Italiana Vini, Assoenologi e ISMEA, con la certezza di portare al comparto un nuovo punto di certezza sul quale fare affidamento.

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Prosecco brasiliano: si può fare, stop. Tutto quello che le autorità italiane non dicono


Il “Prosecco” brasiliano si può fare. Punto. Si può scrivere in etichetta. E si può commercializzare, come del resto avviene anche fuori dai confini del Brasile. “That is”. Così è, se vi pare. E se non vi pare fatevene una ragione, pare sostenere l’Ibravin, l’Instituto Brasileiro do Vinho interpellato in esclusiva da WineMag.

A concedere l’intervista – la prima a una testata giornalistica italiana – è Kelly Bruch, consulente legale dell’organismo che riunisce la rappresentanza del settore del vino brasiliano, riconosciuto dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) come “responsabile per le aziende vinicole brasiliane nel mondo”.

Bruch spiega nel dettaglio qualcosa di ormai assodato, ma che da noi non si dice: le richieste dell’Italia, attraverso Unione italiana vini (Uiv), Coldiretti e Ue, per citarne solo alcuni, fanno il solletico a Brasilia.

Il Paese sudamericano vince facile, grazie a una legislazione interna che avalla l’utilizzo del termine, ma soprattutto a una serie di norme internazionali che mettono in dubbio le capacità del Belpaese di tutelare i propri “brand” in sede politica.

A incoronare la spumantistica brasileira, del resto, sono sempre più concorsi internazionali.

Nel 2018 sono stati 302 i riconoscimenti ricevuti dai vini brasiliani da parte della critica mondiale. Ben 210 riguardano la categoria “spumanti”. A renderlo noto è l’Associação Brasileira de Enologia (Abe), corrispettivo “carioca” della nostra Assoenologi.

Altro dato indicativo: il prezzo medio del Prosecco brasiliano si aggira sul web tra i 70 e 120 Real: 15/27 euro. Con i nostri “base” costretti spesso a rincorrere, giocando a un ribasso fino a 50 Real (fonte: e-commerce Wine.Com.Br e Brasil Bons Vinhos) che mette in dubbio il senso stesso dell’export in Brasile.

Chissà che non convenga, allora, estendere la Doc Prosecco anche alla Sicilia, regione dove la Glera è diventata il vitigno non autoctono più allevato, come dimostrato nei mesi scorsi dall’inchiesta pubblicata sull’altra testata del nostro network, vinialsupermercato.it. Almeno, così, giocheremmo in casa. A carte scoperte.

Kelly Bruch, cosa afferma la legislazione brasiliana in merito alla produzione di Glera/Prosecco?

Il nome “Prosecco” è riconosciuto come varietà di uva fin dai tempi dei romani. È un’uva bianca proveniente dall’Italia nord-orientale, ma coltivata in diverse regioni del mondo. In Brasile questo nome viene utilizzato per identificare i prodotti varietali, proprio come con altre varietà: “Cabernet Sauvignon”, “Chardonnay”, “Merlot”, “Moscato” ecc. Questi nomi di varietà sono conosciuti in tutto il mondo, tanto che una delle più grandi cooperative produttrici di semi in Italia, VCR – Vivai Cooperativi Rauscedo, lo vende ancora oggi con lo stesso nome.

Secondo la legge brasiliana, la varietà di Prosecco è stata riconosciuta almeno dagli anni ’70. Questo può essere verificato con l’ordine ministeriale dell’agricoltura n. 1012 del 17 novembre 1978, poi modificato dall’ordinanza n. 270 del 17 dicembre 1988, entrambi in vigore, che riconoscono la varietà del Prosecco come una varietà del Gruppo II Bianco per Vitis vinifera superiore. Nel registro delle cultivar, la varietà di Prosecco è iscritta al Registro nazionale delle cultivar.

Inoltre, l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio – TRIPS, firmato dal Brasile prima dell’Organizzazione mondiale del commercio e internalizzato attraverso il decreto presidenziale n. 1355/1994 – nel disciplinare relativo alle Indicazioni geografiche, determina all’articolo 24, punto 6, che:

Nessuna disposizione della presente sezione obbliga un membro ad applicare le sue disposizioni a un’indicazione geografica di altri membri relativi a prodotti vitivinicoli per i quali l’indicazione pertinente coincide con la denominazione usuale di una varietà di uva esistente nel territorio di tale membro alla data di entrata in vigore dell’accordo che istituisce l’OMC.

In altri termini, non vi è alcun obbligo legale che imponga ai brasiliani il dovere di astenersi dall’utilizzare la denominazione della varietà di Prosecco nei vini spumanti nel loro territorio nazionale, o di riconoscere questa indicazione geografica in Brasile.

L’Australia, nel 2013, ha negato il riconoscimento del Prosecco nel suo territorio. Ma in questo Paese lo spumante brasiliano della varietà Prosecco può essere commercializzato liberamente. Anche negli Stati Uniti il ​​Prosecco è  riconosciuto come vitigno, oltre che in Cile e in numerosi Paesi produttori di vino.

Nel contesto dei negoziati Mercosur, l’Ue ha chiesto il riconoscimento in Brasile del Prosecco come Indicazione geografica. Nel periodo di opposizione, il settore del vino brasiliano ha presentato opposizione a tale richiesta. Per quanto riguarda la Glera, non conosciamo questa denominazione.

Quanto “Prosecco” c’è in Brasile?

Secondo il Cadastro Vitícola, ovvero il catasto viticolo, lo stato del Rio Grande do Sul ha circa 275 proprietà con uve della varietà Prosecco, per un totale di 172,7 ettari vitati. Negli ultimi vent’anni, quest’area è cresciuta di sette volte. Nel 2018 sono stati trasformati 3,1 milioni di litri di vino con varietà di Prosecco. Secondo i dati ufficiali, attualmente, il 18,5% degli spumanti brasiliani contiene Prosecco.

Questa è una grande varietà, dal momento che la sua produzione è stata, ad esempio, 3.030.347 kg di uva nel 2014 e 3.319.779 nel 2015. Nel 2016 c’è stato un calo del raccolto di tutte le uve (attorno al 70% della produzione) e le statistiche 2017 non sono ancora disponibili.

Questa varietà rappresenta in Brasile oltre 3 milioni di Real (circa 675 mila euro) solo per l’acquisto di uva dal produttore rurale, che rappresenta oltre 90 milioni di Real (20,2 milioni di euro) l’anno in commercializzazione, se si considera la quantità di vini spumanti prodotti con questa varietà.

Qual è la posizione delle autorità brasiliane in merito alla presa di posizione dell’Italia e dell’Ue?

Il 1 ° agosto 2009, l’Unione europea ha riconosciuto la denominazione d’origine protetta (Dop) del Prosecco per i vini. Il termine Prosecco è stato utilizzato per designare una varietà di uva bianca della specie Vitis vinifera, con caratteristiche che lo rendono adatto alla produzione di un ottimo spumante, che si è adattato molto bene nella Serra Gaúcha. Oggi, un gran numero di aziende vinicole hanno vini spumanti fatti da questa varietà.

Il regolamento 606/2009 ha riconosciuto questo vitigno nell’Ue, prima della sua modifica (regolamento 1166/2009), che ha trasformato il Prosecco in Glera. Anche nell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) è chiaro che questo nome si riferisce a una varietà in sette Paesi, tra cui il Brasile.

Nell’analizzare la “Lista internazionale delle varietà di uva e dei loro sinonimi”, pubblicata dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, edizione 2013, pagina 136, ci sono 6 occorrenze di Prosecco, contenenti sinonimi come Proseco, Prošek, Teran bijeli e Glera.

Persino la Croazia, quando entrò nell’Unione Europea, ebbe lo stesso problema quando il governo italiano cercò di impedire loro di usare l’espressione millenaria Prošek per un vino bianco dolce fatto con uva prodotta nella regione della Dalmazia, nella costa orientale della Croazia: un vino noto sin dal 305 A.C., quando quest’area apparteneva all’impero romano.

Tutto questo perché l’Unione Europea è arrivata a riconoscere il Prosecco come Denominazione d’Origine Protetta dal 1 ° agosto 2009. Ciò è confermato dall’emendamento di tutta la legislazione dell’Unione Europea mediante il Regolamento n. 1166/2009, del 30 novembre.

Secondo i dati ottenuti dal sito ufficiale del blocco regionale, almeno dal 1979 esistono registrazioni riguardanti l’organizzazione del mercato del vino che menziona il Prosecco come una varietà per la produzione di vini spumanti aromatici.

In questo modo, improvvisamente, il Prosecco viene chiamato Glera per gli europei, che desiderano che accada all’istante nello stesso modo per il mondo intero. Ma la stessa Ue aveva già riconosciuto il Prosecco come varietà.

In Brasile, questa varietà è stata a lungo riconosciuta come tale, come già detto. Pertanto, il Prosecco è chiaramente trattato in Brasile come varietà di uva, tipica per la produzione di vini spumanti.

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Vendemmia 2018 in Italia: i dati regione per regione

Sono stati resi noti da Assoenologi i dati definitivi della vendemmia 2018 in Italia, che si assesta sui 52,6 milioni di ettolitri. Di seguito il report regione per regione stilato dall’associazione presieduta da Riccardo Cotarella.

PIEMONTE
Quantità: +35% rispetto vendemmia 2017
Il periodo vendemmiale, decorso da fine agosto a metà ottobre, in Piemonte è stato caratterizzato da giornate calde e luminose, spesso anche ventose con poche e localizzate piogge che non hanno disturbato la vendemmia.

La buona escursione termica tra giorno e notte, ha favorito la maturazione delle uve rosse, asciugando i grappoli e bloccando lo sviluppo della botrite, premiando dal punto di vista qualitativo tutte le varietà tardive. Lo stato sanitario dei grappoli è risultato buono e caratterizzato da acini di grandi dimensioni e ricchi di mosto.

La vendemmia è iniziata con 7/10 giorni di ritardo rispetto al 2017, ma in linea con un’annata normale. Alla fine di agosto si sono raccolti i primi grappoli di Chardonnay e Pinot nero, basi per lo spumante Alta Langa. Nella prima decade di settembre si è continuato con le uve Brachetto e, soprattutto, Moscato, seguite da quelle di Dolcetto, Cortese e Freisa.

I conferimenti delle uve Barbera sono iniziati intorno al 20 settembre, mentre per quelle di Nebbiolo si è dovuto attendere i primi giorni di ottobre, la cui raccolta si è conclusa a metà dello stesso mese. Complessivamente la qualità delle uve è risultata ottima con diverse punte di eccellente: le basi spumante Alta Langa fanno riscontrare acidità e profumi ben equilibrati; i Moscati evidenziano acidità importanti, il Cortese di Gavi acidità sostenute e gradazioni corrette.

Le uve rosse più pregiate piemontesi, tra cui il Barbera per la docg Nizza e il Nebbiolo per le Docg Barolo e Barbaresco, hanno beneficiato del clima favorevole di settembre, e i primi riscontri analitici hanno evidenziato buone gradazioni zuccherine e caratteristiche ideali per l’affinamento in legno.

Le fermentazioni si sono svolte in modo regolare. Quantitativamente si stima un incremento rispetto all’anno scorso del 35%, soprattutto per l’apprezzabile fertilità della vite che ha prodotto grappoli di ragguardevoli dimensioni. Per il Piemonte la maggior produzione rispetto al 2017 è da considerarsi come vino senza Dop.

Le scorte nelle cantine sono molto contenute, mentre per quanto concerne le prime contrattazioni le Dop risultano stabili, mentre sono in calo i prezzi dei vini senza denominazione.


LOMBARDIA
Quantità: +25% rispetto vendemmia 2017
L’annata si è contraddistinta per un inverno non eccessivamente freddo e una primavera regolare. Alcune temperature piuttosto basse, dopo giornate di relativo caldo, sono state molto utili per abbattere la carica iniziale di malattie (peronospora in particolare) e di insetti.

Il germogliamento ha avuto un decorso abbastanza regolare, buona/ottima l’allegagione, mentre l’invaiatura è risultata molto lenta e difficile in particolare per il Pinot nero. Ottimo è risultato invece il carico produttivo e in alcune zone addirittura eccessivo.

Dal punto di vista sanitario il 2018 è stato complessivamente caratterizzato da una bassa infezione, sebbene a fine maggio si sia riscontrato un attacco piuttosto diffuso di peronospora larvata che, in alcune zone, ha ridotto il carico di grappoli in modo abbastanza significativo, ma praticamente ininfluente sulla quantità visti i carichi di partenza.

Le buon condizioni climatiche in generale e le escursioni termiche tra notte e giorno non hanno accelerato l’invaiatura e le maturazioni che, seppur costanti, sono risultate lente con un ritardo medio di 8-10 giorni rispetto al 2017. In generale la maturazione ha seguito gli sviluppi di una annata normale.

I vitigni bianchi o più precoci hanno evidenziato un sensibile abbassamento delle acidità con il pH sopra la norma e un lento, ma regolare, accumulo di zuccheri. Interessante lo sviluppo delle varietà a bacca rossa, in particolare per i Merlot, per i quali i diradamenti sono risultati decisivi per la qualità.

La vendemmia in Franciacorta e Oltrepò Pavese è iniziata a cavallo di Ferragosto per le uve base spumante. Il pieno dei conferimenti per le varietà bianche dei vini fermi e per quelle rosse precoci è avvenuto verso la metà di settembre, mentre in Valtellina si è dovuto attendere la seconda metà di ottobre. In generale, la raccolta è risultata ritardata di circa 7/10 giorni rispetto al 2017, fatto salvo un leggero anticipo per i vitigni base spumante
e rosati dove è stato d’obbligo preservare l’acidità.

In Oltrepò si riscontra una produzione superiore rispetto al 2017 di oltre il 25%, in Franciacorta del 35%, in Valcalepio e nella zona di Scanzo la crescita risulta del 15%, mentre nel Garda e in Valtellina l’aumento è tra il 5 e il 10%. Pertanto, in tutta la Lombardia, si produrranno circa il 25% di ettolitri di vino in più rispetto allo scorso anno di qualità buona con diverse punte di ottimo.


TRENTINO ALTO ADIGE
Quantità: +23% rispetto vendemmia 2017
In tutto il Trentino Alto Adige la vendemmia 2018 è stata caratterizza per la piena potenzialità produttiva facendo segnare complessivamente +23% rispetto al 2017. L’incremento risulta superiore in Trentino (+25%) rispetto all’Alto Adige (+20%).

La sanità delle uve è risultata ottima dall’inizio della vendemmia fino alla sua conclusione risultando l’aspetto peculiare di questa annata, benché alcune partite di Chardonnay e Pinot grigio abbiano sofferto dopo l’abbondante pioggia di inizio settembre (mediamente 60-80 m caduti fra venerdì 31 agosto e domenica 2 settembre) per le quali si è dovuta accelerare la raccolta selezionando le uve in vigneto.

Nel periodo successivo il rialzo delle temperature ha stabilizzato la stagione, che è risultata favorevole per tutto il restante tempo della vendemmia permettendo di conferire il raccolto in modo ottimale e programmato. Nell’ultima settimana di settembre si è verificato un brusco calo delle temperature minime, che ha consentito una perfetta maturazione e raccolta delle varietà aromatiche e dei rossi bordolesi.

Il modificato andamento stagionale abbinato al tempo asciutto ha permesso di protrarre in Trentino le raccolte fino a metà ottobre per Merlot, Cabernet, Enantio e Nosiola e Traminer aromatico in collina. La resa uva/vino è risultata ottima favorita dall’elevato peso dei grappoli e da un diametro degli acini importante al di sopra della media.

Le gradazioni zuccherine sono state interessanti dove si è lavorato bene in vigna, più modeste nei vigneti più produttivi. In Alto Adige i conferimenti sono iniziati nei primi giorni di settembre con le varietà precoci a bacca bianca (Pinot grigio, Chardonnay, Pinot bianco), per proseguire poi con i grappoli delle fasce collinari (Sauvignon, Müller Thurgau e Pinot nero).

Le operazioni di raccolta sono terminate nella seconda metà ottobre con gli ultimi grappoli di Cabernet. La qualità è molto interessante con eccellenti maturità fenoliche, con livelli di pH nella norma e con buone acidità.

Anche in Trentino la produzione è risultata importante e omogenea per tutte le varietà e la qualità risulta ottima. I primi riscontri analitici evidenziano vini profumati e piacevoli al gusto. I vini rossi sono ben strutturati e con profilo tannico di assoluto interesse.


VENETO
Quantità: +25% rispetto vendemmia 2017
Quantitativamente la stima definitiva della vendemmia 2018 si attesta attorno a +25% rispetto al 2017, aumento legato anche a nuovi impianti entrati in produzione. Durante tutta la raccolta, iniziata nella prima quindicina di agosto con circa 7 giorni di anticipo rispetto allo scorso anno, si è avuto solo un giorno di pioggia; pertanto, tutte le operazioni vendemmiali si sono svolte con condizioni atmosferiche ottimali.

Durante il ciclo vegetativo non sono stati rilevati problemi fitosanitari, tanto che l’uva è stata conferita in condizioni sanitarie eccellenti. La resa uva/vino è stata leggermente superiore alla media per tutte le varietà. L’andamento fermentativo si è svolto nella norma.

L’incremento di produzione e il sempre maggior conferimento di uve derivanti da raccolta meccanica hanno determinato in qualche caso problemi di gestione logistica (conferimento, stoccaggio), mentre le temperature ambientali più alte rispetto alla norma sono state fronteggiate con un’ottimale gestione del freddo in fase di fermentazione.

La qualità dei vini 2018 risulta buona per le tutte le varietà, con un miglioramento per quelli ottenuti dalle uve raccolte verso fine vendemmia. Il Prosecco evidenzia interessanti livelli qualitativi, con una quantità di acido malico nella norma e con un’interessante profilo aromatico.

Anche per Pinot grigio, Merlot e Cabernet la qualità risulta più che buona, soprattutto per i vini rossi ottenuti dalle uve raccolte nell’ultima parte della vendemmia che hanno potuto beneficiare di qualche pioggia e di giornate soleggiate. Nel Veneto occidentale (Verona e Vicenza) le uve precoci Chardonnay e Pinot grigio hanno evidenziato una più che buona qualità, con produzioni decisamente in aumento rispetto allo scorso anno.

La raccolta ha avuto un decorso regolare per le le varietà dei Colli Euganei, delle Doc vicentine e della provincia di Verona, in particolare per Garganega e Corvina, uve a forte uso per lo stacco per l’appassimento, tanto che si può ben sperare per i futuri vini.

La qualità sarà sicuramente buona/ottima con alcune punte di eccellente, soprattutto per i prodotti ottenuti da uve coltivate in collina. Il mercato evidenzia contrattazioni con quotazioni in leggera diminuzione rispetto alla vendemmia precedente.


FRIULI VENEZIA GIULIA
Quantità: +25% rispetto vendemmia 2017
Un stagione favorevole ha decisamente accelerato le fasi fenologiche della vite decretando, a partire dalla seconda decade di maggio, l’inizio della fioritura. Per quanto riguarda lo stato sanitario della vite, sia in collina che in pianura, non si sono registrati particolari problemi se non alcuni sporadici attacchi di peronospora e oidio.

Il caldo record della prima decade d’agosto ha fortemente condizionato il processo di maturazione dell’uva, costringendo i vignaioli ad intervenire con abbondanti irrigazioni di soccorso. Questo andamento climatico, tutto sommato ottimale per la vite, ha permesso di ottenere un’uva perfettamente sana.

Dalla fine di agosto, fino alla metà di ottobre, l’intera regione è stata interessata da un clima tipicamente estivo, con temperature ben al di sopra della media stagionale e accompagnate da un’ottima ventilazione proveniente da Est.

Queste condizioni climatiche ideali hanno permesso, per tutte le varietà, una perfetta maturazione. La vendemmia è iniziata qualche giorno prima di Ferragosto, soprattutto per alcuni vigneti di prima produzione e per le nuove varietà “resistenti alle crittogame”.

Per le uve destinate alle basi spumante, per il Pinot grigio, Pinot nero e alcuni cloni di Sauvignon, la raccolta ha preso il via nella seconda decade d’agosto. È stata poi la volta delle uve di Traminer aromatico, Chardonnay, Pinot bianco, Glera e Ribolla gialla.

Solo dopo il 10 di settembre sono iniziati i conferimenti di uve a bacca rossa (Merlot e Cabernet franc). La raccolta si è chiusa in ottobre con le varietà tardive (Verduzzo per la Docg Ramandolo, Refosco e Picolit) grazie soprattutto al prolungarsi della stagione estiva che ha fatto registrare oltre 28°C nei primi giorni dello stesso mese. Le uve vendemmiate, si sono presentate con buccia spessa e con una buona resa in mosto.

Anche i dati analitici dei mosti hanno fatto registrare ottimi valori, sia in zucchero che nel corredo acido. Le fermentazioni si sono svolte senza particolari problemi e i nuovi vini si possono senz’altro definire di ottima qualità. Quest’anno si prevede un quantitativo superiore del 25% rispetto al 2017, con una qualità più che buona con diverse punte di ottimo.

Per quanto riguarda le contrattazioni, sul mercato delle uve bianche, si registra una certa stagnazione dei prezzi, mentre per quelle rosse un certo interesse è rivolto al Refosco, al Merlot, al Cabernet Sauvignon e al Pinot Nero.


EMILIA ROMAGNA
Quantità: +28% rispetto vendemmia 2017
La vendemmia in Emilia Romagna è iniziata a ridosso di Ferragosto con le basi spumanti di Chardonnay e Pinot bianco, mentre per lo Chardonnay destinato ai vini fermi e il Sauvignon lo stacco delle uve è iniziato nell’ultima settimana di agosto.

La produzione di queste varietà precoci si è rivelata ottima sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista qualitativo. Lo stesso dicasi anche per le uve di Grechetto gentile (Pignoletto), visto che le basi presentano buone note aromatiche con discrete acidità maliche. Bene anche le Albane che hanno generato prodotti meno strutturati ma più freschi e fruttati.

Lo stacco del Trebbiano è iniziato a ridosso della metà di settembre; con produzioni decisamente abbondanti grazie anche alle precipitazioni che hanno preceduto l’inizio della vendemmia. Più che soddisfacenti i risultati per le varietà a bacca rossa.

Le uve Merlot, la cui raccolta è iniziata a metà settembre, presentavano valori zuccherini inferiori allo scorso anno, ma con una buona freschezza aromatica. Ottimi anche i Sangiovesi che, nella maggior parte dei casi, quest’anno non hanno subito problemi di siccità.

Per tale varietà i conferimenti sono iniziati a ridosso dell’ultima decade di settembre, con livelli qualitativi più che buoni e con diverse punte di eccellenza. In Emilia la vendemmia ha avuto un decorso positivo con un aumento della produzione rispetto allo scorso anno di circa il 25%.

L’Ancellotta, il primo rosso ad essere raccolto, ha registrato un livello quantitativo simile allo scorso anno. I Lambruschi, nonostante la maggiore quantità, sono stati caratterizzati da uno stato sanitario eccellente e da un ottimo grado di maturazione e contenuto zuccherino per le varietà Lambrusco Salamino, Lambrusco Marani e Lambrusco Grasparossa.

Il Lambrusco di Sorbara ha invece evidenziato dei cali produttivi a macchia di leopardo dovuti a problemi fitosanitari. La Malvasia presenta un interessante quadro aromatico ma, a conferimenti avvenuti, non ha fatto registrare quantità abbondanti, così come la Bonarda. Quantitativamente parlando si registra un aumento del 28% rispetto al 2017 che ha permesso di ripristinare le scorte di vini mancanti derivate dalla scorsa campagna.


TOSCANA
Quantità: +25% rispetto vendemmia 2017
La vendemmia 2018 è stata condizionata dalle instabilità meteorologiche, che hanno delineato una eterogeneità nella produzione vitivinicola in Toscana. Dopo una primavera con temperature ben al sopra della media stagionale, ma comunque piovosa, è seguita un’estate calda ma interessata da frequenti fenomeni temporaleschi.

Tali condizioni hanno favorito nel mese di maggio la proliferazione di malattie fungine, con importanti attacchi di peronospora che hanno colpito a macchia di leopardo alcune zone. Nella regione alcuni distretti hanno fatto registrare nel mese di settembre precipitazioni di 100 mm, mentre altri di solo 10/15 mm.

Queste differenze si sono riflesse sullo stato sanitario e sul profilo delle uve. La gestione del verde, con adeguate defogliazioni e diradamenti, e la tempestività degli interventi hanno contrastato e arginato eventuali cali di produzione già evidenziati e derivati dalle gelate dello scorso anno e dagli ungulati.

Si registrano casi isolati di tignoletta e Drosophila suzuki. Nonostante una stagione che ha evidenziato molteplici criticità, per fortuna circoscritte solo in alcune zone, bisogna sottolineare che le alte temperature registrate a settembre e nei primi giorni di ottobre hanno favorito un’ottima maturazione delle uve con profili aromatici e polifenolici decisamente interessanti.

La raccolta delle uve bianche precoci è avvenuta nella seconda decade di agosto, mentre nell’ultima settimana dello stesso mese è stata la volta delle uve a bacca rossa a Bolgheri e del Morellino di Scansano. Dalla seconda settimana di settembre è iniziata la vendemmia delle uve bianche di San Gimignano per la Vernaccia.

Hanno fatto seguito quelle di Sangiovese per la produzione di Chianti, Chianti Classico, Carmignano, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. La raccolta è terminata intorno al 10/15 di ottobre con le ultime uve di Cabernet e Sangiovese. Le fermentazioni hanno avuto un decorso regolare con una resa uva/vino maggiore in relazione alla morfologia degli acini e dell’andamento climatico.

Da un punto di vista qualitativo si può senz’altro affermare che ci troviamo di fronte ad un’annata decisamente interessante, con diverse punte di ottimo, mentre da un punto di vista quantitativo viene confermata la previsione pre-vendemmiale di un incremento della produzione del 25% rispetto al 2017.


MARCHE
Quantità: +25% rispetto vendemmia 2017
Nelle Marche durante il periodo vendemmiale si sono registrati temporali anche di forte intensità (nei primi giorni di settembre) con grandinate localizzate. Le piogge si sono riproposte a metà settembre ma con minore intensità.

Le temperature sono state superiori alla media con un evidente calo nell’ultima settimana di settembre dove si sono accentuate le escursioni termiche. Le giornate soleggiate sono proseguite sino ai primi giorni di ottobre, interrotte poi da un’intensa perturbazione durata qualche giorno, per stabilizzarsi infine con temperature leggermente al di sopra della media.

Le uve, sono state conferite generalmente sane. La qualità delle uve è risultata complessivamente buona con diverse punte di ottimo, fatta eccezione per alcuni vigneti colpiti tardivamente dalla grandine. La resa uva/vino è risultata superiore del 5/10% grazie soprattutto alla buona disponibilità idrica, con un peso medio del grappolo superiore alla media.

Queste condizioni hanno permesso una discreta dotazione di azoto assimilabile nei mosti, con vini ben dotati di aromi varietali ed equilibrati al palato. Il tenore alcolico risulta nella media, con picchi più alti a fine vendemmia. La maturità fenolica nelle varietà a bacca rossa è stata buona e, pertanto, i nuovi vini risultano equilibrati nella struttura con tannini eleganti e ben dotati di colore.

Le operazioni di vendemmia sono iniziate molto in anticipo rispetto allo scorso anno, anche di 10 giorni, in particolar modo per le varietà più precoci. Nella norma, se non in ritardo rispetto alla media, le date di raccolta delle varietà più tardive come il Montepulciano i cui conferimenti sono terminata nella terza decade di ottobre.

Le varietà a bacca bianca hanno avuto modo di maturare gradatamente ed il quadro aromatico, oltre al contenuto acidico, si è mantenuto bene grazie alle temperature mai troppo elevate e alle notti molto fresche. Di conseguenza i vini evidenziano un buon spessore aromatico, tiolico e varietale.

Tutti i vini rossi hanno avuto modo di completare al meglio la maturazione fenolica, compreso il Montepulciano, vitigno tardivo per eccellenza. Pertanto si prospetta un livello qualitativo assai degno di considerazione. Quantitativamente parlando in tutta la regione si registra un aumento medio del 25% rispetto alla passata campagna.


LAZIO E UMBRIA
Quantità: +40% rispetto vendemmia 2017
Con i conferimenti degli ultimi grappoli di Sagrantino in Umbria, di Cesanese e di Montepulciano nel Lazio si sono chiuse le operazioni vendemmiali nelle due regioni. Quantitativamente si riscontra un aumento complessivo e generalizzato di ben il 40% rispetto allo scorso anno.

Un dato dovuto in particolar modo alle abbondanti piogge che si sono verificate durante la maturazione che hanno incrementato il volume degli acini e la dimensione dei grappoli. Ovviamente questa percentuale tiene conto anche del fatto che il 2017 aveva subito diminuzioni anche del 45%. Pertanto il 2018 segna il ritorno ad un’annata produttiva normale.

Per quanto riguarda specificatamente la regione Lazio occorre considerare, come sempre, l’incognita dell’entità degli espianti che, anche quest’anno, irrimediabilmente si sono verificati. Dopo le abbondanti e frequenti piogge registrate anche alla fine di di agosto, che hanno pregiudicato ancora di più il profilo sanitario delle uve, il mese di settembre è stato invece caratterizzato da alte pressioni, temperature elevate, buona ventilazione e bel tempo.

Ciò ha consentito di poter raccogliere con discreta tranquillità le uve appartenenti a varietà tardive, che nel Lazio e in Umbria, rappresentano la maggioranza. Qualitativamente parlando i vini bianchi e rossi ottenuti nella prima parte della vendemmia sono di ottima qualità, profumati e freschi, moderatamente alcolici e dotati di ottima acidità malica.

Le ultime uve raccolte hanno consentito di ottenere vini dalla gradazione più elevata, anche se lo stato sanitario è stato un cruccio per i viticoltori a causa delle continue piogge che, come detto, si sono verificate fino alla fine di agosto. In annate con alta piovosità estiva, come questa, saranno premiati i produttori che hanno saputo gestire bene il vigneto per tutta la stagione.

Anche per l’enologo la vendemmia 2018 è stata un banco di prova impegnativo; soltanto chi ha saputo adattare i propri protocolli di vinificazione, con competenza e professionalità, alle caratteristiche delle uve conferite, invece di riprodurre le stesse procedure dello scorso anno, ha potuto ottenere risultati più che soddisfacenti.

Si segnalano mosti e vini con contenuti in rame e acido gluconico superiori alla media, conseguenza dei numerosi interventi praticati in vigna e testimonianza degli attacchi fungini che si sono protratti per tutta la stagione. Dal punto di vista qualitativo in Umbria e nel Lazio il 2018 evidenzia livelli qualitativamente buoni.


ABRUZZO
Quantità: +15% rispetto vendemmia 2017
Il clima, a partire dall’inverno, è stato regolare con piogge abbondanti e nevicate così da ricostituire una buona riserva idrica nei vigneti, considerata l’annata 2017 che era stata carente di precipitazioni e con temperature al di sopra della norma. La ripresa vegetativa è iniziata con condizioni meteorologiche favorevoli.

Il germogliamento è stato uniforme con la schiusura di tutte le gemme fertili, cosa che non si verificava da qualche decennio. Però nel periodo compreso tra i primi di maggio, tutto giugno e parzialmente il mese di luglio si sono verificate copiose precipitazioni, quasi settimanalmente, con temperature comprese nella media stagionale.

Dal punto di vista sanitario, dalla fioritura all’allegagione, il caldo estivo e le piogge hanno creato qualche problema sul controllo delle fitopatie (peronospora e oidio) che, nella maggior parte dei casi, sono state controllate, mentre in altre, soprattutto in pianura e fondo valle, hanno creato problemi di perdita di prodotto. La produzione si presenta, comunque, più equilibrata sia per la quantità che per la qualità rispetto al 2017; infatti a parità di numero di grappoli si è riscontrato un peso maggiore dovuto all’ingrossamento degli acini.

L’epoca di vendemmia è stata nella normalità per le uve a bacca bianca: la raccolta delle varietà precoci (Chardonnay, Pinot grigio) è iniziata il 20 di agosto nelle zone più costiere, mentre per quelle più interne e collinari tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre. Per le altre uve bianche (Trebbiano, Malvasia, Passerina e Pecorino) ha avuto il via nella prima settimana di settembre.

Per le varietà a bacca rossa, principalmente Sangiovese e Montepulciano, a causa delle temperature piuttosto calde e venti di scirocco, la raccolta è stata anticipata iniziando a metà settembre e per protrarsi sino all’ultima settimana di ottobre. La quantità stimata è del 15% in più rispetto al 2017 con una buona resa di cantina. I vini bianchi ottenuti sono profumati con una discreta struttura e chimicamente equilibrati.

I vini rossi presentano ottime gradazioni alcoliche, con un considerevole quadro polifenolico e fanno ben sperare per un’ottima annata sia per i vini di pronta beva che per i Montepulciano da invecchiamento. Per quanto riguarda il mercato dei prodotti a monte del vino bianco e rosso, gli scambi sono risultati piuttosto bassi.


CAMPANIA
Quantità: +18% rispetto vendemmia 2017
In primavera Il germogliamento è iniziato in maniera ottimale, leggermente in ritardo rispetto all’annata precedente. I trattamenti antiparassitari, soprattutto contro virulenti attacchi di peronospora, sono stati accompagnati da continue e frequenti piogge per tutto il mese di maggio, rendendo complessa la gestione e la tempestività degli interventi.

All’inizio e alla fine dello stesso mese si sono verificate due violente grandinate che hanno interessato rispettivamente l’area del Sannio e diverse zone della regione. Nel mese di giugno le piogge hanno dato un po’ di tregua, favorendo una fioritura decorsa in modo regolare e in tempi piuttosto brevi. L’allegagione ha costituito una produzione decisamente abbondante rispetto al 2017.

Il caldo costante e l’assenza di piogge dell’ultima decade di luglio hanno poi favorito un recupero delle fasi fenologiche della vite. A seguire anche il mese di agosto è stato segnato da qualche breve temporale pomeridiano, mantenendo però le temperature torride della fase precedente.

Quindi, nel complesso, lo sviluppo della vegetazione è stato decisamente veloce, continuo e vigoroso, con un posticipo della fase di invaiatura di circa 7-8 giorni rispetto allo scorso anno. I mesi di settembre e ottobre, seppure segnati da qualche breve temporale, hanno regalato calde giornate di sole, che hanno consentito una lenta e graduale maturazione delle uve, riportando i tempi di raccolta nei periodi classici.

Per le varietà bianche i primi esiti delle fermentazioni lasciano intravedere un buon livello qualitativo, con qualche punta di ottimo. I profili aromatici sono molto interessanti e quelli gustativi piuttosto snelli, con vivace freschezza.

La vendemmia delle uve rosse è stata caratterizzata da molta eterogeneità, che ha richiesto un’accurata selezione e i primi riscontri analitici evidenziano vini meno concentrati, più freschi e di buona intensità olfattiva.

Dal punto di vista quantitativo il 2018 risultata un’annata molto particolare: da un lato si sono registrate notevoli perdite di produzione dovute a diversi eventi meteorici e fitopatie, soprattutto in una parte della provincia di Benevento, che rappresenta il cuore produttivo della regione.

Dall’altro si sono invece riscontrati sorprendenti incrementi rispetto alla media nel resto del territorio regionale. Complessivamente si stima una produzione complessiva superiore rispetto allo scorso anno di circa il 18%.


PUGLIA
Quantità: +20% rispetto vendemmia 2017
Il 2018 segna il buon recupero produttivo della Puglia rispetto allo scorso anno, frutto di un ottimo sviluppo vegetativo che avrebbe potuto dare risultati ancora più elevati se non fossero intervenuti alcuni attacchi di fitopatie e andamenti climatici avversi.

Complessivamente l’incremento di produzione risulta del 20% rispetto al 2017. Qualitativamente parlando gli indicatori confermano un’annata di buon livello con diverse punte di ottimo. I primi riscontri di cantina evidenziano prodotti interessanti, con una buona forza acida e notevole corredo aromatico.

Anche se carenti di qualche grado zuccherino i vini risultano comunque equilibrati e ben strutturati. In Puglia la primavera è decorsa nel migliore dei modi e le abbondanti piogge verificatesi sia in inverno che in parte della ripresa vegetativa hanno favorito il germogliamento e introdotto nel migliore dei modi le fasi fenologiche della vite (fioritura, allegagione e invaiatura).

La vendemmia è risultata anticipata di una settimana rispetto allo scorso anno, ma nella norma se si considera la media pluriennale. La raccolta delle uve precoci (Chardonnay, Pinot bianco, Sauvignon) è iniziata nella prima e seconda settimana di agosto con qualità e sanità dei grappoli eccellenti e con una resa uva/vino superiore a quella registrata nel 2017.

La raccolta delle uve autoctone Primitivo (area Manduria-Sava in provincia di Taranto) è iniziata nell’ultima settimana di agosto, mentre per Negroamaro (alto e basso Salento) tra la seconda e la terza settimana del mese di settembre.

Per le uve autoctone della zona di Castel del Monte (Centro-Nord Puglia): Bombino bianco, Bombino nero, Pampanuto, Montepulciano, Aglianico e Nero di Troia, i conferimenti hanno avuto inizio dopo la prima decade di settembre per protrarsi sino ad oltre la metà di ottobre.

Anche per i vitigni autoctoni della Valle d’Itria (Verdeca, Bianco d’Alessano, Fiano), del Locorotondo Doc, del Martina Franca Doc, per il Trebbiano, Sangiovese, Lambrusco della Capitanata, i grappoli sono stati staccati a partire dalla seconda/terza settimana di settembre.

Il mercato all’ingrosso delle uve, dei vini e dei mosti ha fatto registrare buoni scambi con quotazioni in leggera diminuzione, rispetto a quelle dello stesso periodo dello scorso anno.


SICILIA
Quantità:+20% rispetto vendemmia 2017
Dopo un inverno ed una primavera con abbondanti e copiose precipitazioni, l’arrivo dell’estate non ha fatto salire vertiginosamente i termometri e, pertanto, il grado zuccherino è risultato inferiore rispetto al 2017. Il mese di settembre ha registrato un lieve innalzamento della umidità relativa e delle temperature minime rispetto allo scorso anno, senza però mai arrecare particolari problemi fitosanitari.

All’inizio della terza decade dello stesso mese si sono registrate copiose piogge (il 21 e il 22) che hanno rallentato la raccolta ma, fortunatamente senza compromettere la sanità delle uve. In generale l’andamento climatico dei mesi di settembre e di ottobre sono stati molto favorevoli. Le uve bianche hanno fatto registrare in generale un’acidità più alta e le uve rosse hanno mostrato un maggiore contenuto di antociani e una conseguente ottimale colorazione della bacca.

In netto rialzo le rese uva/vino, con percentuali variabili in base all’altitudine, alla cultivar e al terreno. Le fermentazioni alcoliche sono decorse in modo lineare e senza particolari anomalie. L’attacco fungino nei mesi di giugno e luglio ha determinato un diradamento “naturale” dei grappoli, consentendo il raggiungimento di un ottimo livello qualitativo del frutto.

La vendemmia è iniziata nell’ultima settimana di luglio con la raccolta delle uve Pinot grigio e Chardonnay basi spumante. Nella prima decade di agosto si sono staccati i grappoli di Sauvignon blanc, Chardonnay, Moscato bianco, nonché le uve base spumante di Catarratto e Grillo.

Nella seconda metà di agosto è iniziata la raccolta del Nero d’Avola, del Merlot, dello Syrah e del Grillo, a seguire è stata la volta dello Zibibbo, del Catarratto, dell’Inzolia e del Grecanico. A causa delle piogge di fine agosto le operazioni vendemmiali hanno subito alcuni giorni di ritardo e si sono protratte, nella parte occidentale dell’isola, fino al 15 ottobre con i conferimenti di Catarratto e Trebbiano.

Mentre sull’Etna la raccolta del Nerello Mascalese è proseguita fino agli ultimi giorni di ottobre. I primi riscontri di cantina evidenziano vini con interessanti corredi aromatici e, per quelli rossi, dotati di un quadro acidico e polifenolico importante, si prospettano prodotti anche da lungo invecchiamento. Complessivamente in tutta la Sicilia si stima un aumento medio della produzione del del 20% rispetto alla scorsa campagna.


SARDEGNA
Quantità: +10% rispetto vendemmia 2017
Il clima, in Sardegna, nella seconda decade di agosto è “impazzito”. Gran parte delle macrozone dell’isola, dalla Planargia alla Barbagia Sarrabus, dal Campidano Sulcis Inglesiente alla Gallura, sono state investite da piogge torrenziali, con strade trasformate in fiumi in piena da un momento all’altro, fulmini e grandine in quantità mai viste, con ingenti danni a tutto il comparto viticolo e agroalimentare.

Anomalie che sono proseguite anche nei mesi di settembre e ottobre, con bombe d’acqua che hanno messo in ginocchio tutto il comparto agricolo. Questa situazione climatologica, anomala per la Sardegna, ha fatto precipitare la situazione sanitaria dei vigneti. Infatti in gran parte dell’isola si sono verificati intensi focolai di Botrytis cinerea ed è ricomparsa in molti vigneti la peronospora, soprattutto sui germogli apicali.

La vite, inevitabilmente, ha continuato, (viste l’abbondante disponibilità d’acqua) a germogliare, invece di accumulare zuccheri nei grappoli, creando grossi scompensi nella maturazione degli stessi. Le uve hanno pertanto subito un ritardo di maturazione di oltre quindici giorni rispetto alle ultime annate, senza raggiungere le gradazioni zuccherine e la maturità fenolica usuali per la Sardegna.

I grappoli sani hanno presentato acini rigonfi e con un peso superiore alla media per tutti i vitigni, caratterizzati da bucce fini e delicate, per cui la resa uva/vino è risultata decisamente superiore. La qualità delle uve è stata alquanto eterogenea, a macchia di leopardo, complessivamente tra il buono e il discreto.

Analizzando le produzioni per singola varietà dei vitigni più rappresentativi, il Vermentino è in netta ascesa soprattutto nel Nord Sardegna, Gallura compresa, buona la produzione del Torbato, mentre il vitigno più coltivato, iI Cannonau, ha evidenziato una produzione discreta negli areali dove, in primavera, si è riusciti a contrastare la peronospora e, a fine stagione, la muffa grigia, ma in netto calo dove invece non si è attuata una lotta alle sopracitate crittogame.

Gli ultimi grappoli da vendemmiare saranno quelli delle uve da dessert (Malvasia e Nasco) nelle zone altimetricamente più alte verso la fine di novembre. Quantitativamente in tutta la Sardegna si registra un aumento del 10% della produzione rispetto al 2017.

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Vino, Organizzazioni filiera chiedono incontro al ministro Centinaio

Una lettera firmata da tutti i presidenti delle Organizzazioni di filiera del vino (Confagricoltura, CIA, ACI agroalimentare, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc, Assoenologi), per chiedere con urgenza a Gian Marco Centinaio, neo-Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, “un incontro per condividere le sfide e discutere delle impellenze che il mondo del vino italiano si troverà ad affrontare nei prossimi mesi”.

“Un’occasione – spiega Uiv in una nota – per confrontarsi e portare sul tavolo istituzionale le priorità d’azione che la filiera del vino ritiene necessarie e a questo punto irrevocabili. Un incontro che negli auspici delle organizzazioni dovrà dare il via ad un dialogo costante e proficuo con il nuovo governo”.

TESTO UNICO E COMITATO NAZIONALE VINI
Le urgenze “maggiormente sentite e non più prorogabili per il mondo del vino italiano” riguardano principalmente i decreti di attuazione del Testo Unico, provvedimenti necessari per implementare le semplificazioni e innovazioni introdotte dalla legge quadro entrata in vigore nel 2017.

La filiera, in particolare, chiede che quest’armonizzazione legislativa sia messa all’ordine del giorno dei lavori del Ministero, soprattutto per via degli effetti che questo insieme di provvedimenti può avere in materia di controlli e certificazione delle DOP/IGP, di anticontraffazione e di schedario viticolo.

Un altro aspetto cruciale e prioritario per le organizzazioni riguarda la nomina da parte del Ministro del nuovo Comitato Nazionale dei Vini DOP/IGP. Questo organo è infatti indispensabile sia per approvare le modifiche dei disciplinari delle denominazioni e delle indicazioni geografiche sia per riconoscerne di nuove.

“Atti, questi – ricorda l’Unione italiana vini – spesso decisivi per modulare la produzione nazionale in funzione delle richieste di un mercato in continua evoluzione che richiede un sempre più rapido adeguamento delle leggi e delle discipline per continuare ad essere competitivi a livello internazionale”.

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Sette chef del Sud Italia a Radici 2018

Non solo vino a Radici del Sud. Lunedì 11 giugno, al Castello di Sannicandro di Bari, i protagonisti saranno 7 chef del sud Italia, con i loro piatti pensati sul tema “Più Salute e recupero”.

L’appuntamento è dalle ore 21, all’interno della corte del maniero. Qui, i visitatori troveranno i banchi di assaggio di tutti i 300 vini in concorso e di 20 etichette di olio di tutti i produttori presenti. Vini che risulteranno ancor più valorizzati dai maestri di cucina (prenotazioni https://goo.gl/9cttyx).

Giacomo Racanelli di Aromi Bistrot a Sannicandro di Bari (BA) proporrà Arancino con sivoni e ragu di scarti di maiale nero. Riccardo Barbera di Masseria Barera-Minervino a Murge (BT) presenterà Strascinati integrali con cozze, cime e fiori di zucchine.

Peppe Zullo di Orsara di Puglia (Fg) preparerà Maccheroncini di lenticchie rosse, ragu di melanzana chips di buccia di melanzana e menta. Mirko Balzano del Ristorante Triglia di Avellino Candele spezzate con code di cipolle e agnello.

Giovanni Ingletti e Cosimo Russo de La Taverna del Porto di Tricase (LE) serviranno Fegato di pescatrice, ciliegie ferrovia e cipolla rossa di Acquaviva. Infine Mariantonietta Santoro de Il Becco della Civetta di Castelmezzano (PZ) proporrà la sua Pecora alla materana in Pignata.

IL SUD IN PASSERELLA
Radici del Sud è la settimana dedicata alla valorizzazione dei vini da vitigno autoctono e all’olio del meridione d’Italia, che si concluderà appunto lunedì 11 giugno al Castello di Sannicandro di Bari con la tredicesima edizione del Salone dei vini e degli oli meridionali.

Dopo una settimana di degustazioni, press tour, incontri con buyer e giornalisti italiani e stranieri 100 aziende tra quelle che partecipano alla manifestazione incontreranno il pubblico in questo grande banco d’assaggio. Dalle 11 alle 21 porteranno i loro vini in degustazione, che da quest’anno potranno anche essere acquistati dai visitatori direttamente ai banchetti.

Al secondo piano del Castello troverà spazio l’area dedicata alle specialità gastronomiche: 5 aziende artigiane presenteranno i loro prodotti e dalle 13.00 alle 15.00 effettueranno anche un vero e proprio servizio ristorazione per permettere ai visitatori di godersi al meglio l’intera giornata con una pausa pranzo adeguata.

Dalle 19.00 alle 20.00 nella biblioteca del Castello si svolgerà il convegno “Autocotoni e ristorazione: l’identità per sfidare i mercati internazionali”. L’identità dei vigneti del Sud trova ormai da tempo nella ristorazione e nelle produzioni di qualità un prezioso alleato, in Italia e all’estero.

Interverranno sul tema i presidenti delle associazioni partner della manifestazione: Assoenologi, AIS Puglia, Onav Puglia, Aepi e Vinarius e i giornalisti e buyer internazionali che hanno partecipato alla settimana di approfondimento. Seguiranno le premiazioni dei vini vincitori della tredicesima edizione del concorso.

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Approfondimenti

Vinitaly: premiate le cantine vincitrici del 2° concorso vini territorio

Nella prestigiosa cornice di Vinitaly, il 52° salone internazionale dei vini e distillati, si è svolta oggi la cerimonia di premiazione del concorso sui vini del territorio organizzato dalla Fondazione Edmund Mach e dedicato quest’anno a Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, concorso che si è svolto il 5 e 6 aprile scorso a San Michele col patrocinio dei Comuni della Piana Rotaliana e la collaborazione delle sezioni trentina e altoatesina di Assoenologi.

Hanno preso parte all’evento il presidente FEM, Andrea Segrè, il presidente del Consorzio Vini del Trentino, Bruno Lutterotti, il direttore generale, Sergio Menapace, e il dirigente del Centro Istruzione e Formazione, Marco Dal Rì.

E’ seguita la consegna degli attestati del 5° corso di wine export management e la presentazione della pubblicazione “Vinum Sanctum, vinum de Xanto” sull’origine della denominazione “Vino Santo”. Infine il brindisi con i vini dell’azienda agricola della Fondazione Mach e l’assaggio dei prodotti (salumi, formaggi e confettura) preparati dagli studenti dell’indirizzo trasformazione agroalimentare della formazione professionale.

L’evento si è svolto nello stand dedicato ai vini della cantina FEM. Il presidente Andrea Segrè ha spiegato che “si tratta di un concorso enologico a tutti gli effetti, ma caratterizzato da una forte valenza didattica, visto il forte coinvolgimento degli studenti che hanno contribuito alla fase organizzativa ma anche di degustazione e valutazione a fianco degli esperti”. Ed ha sottolineato l’importante ruolo svolto dal Centro Istruzione e Formazione, istituto che verrà premiato come “scuola di eccellenza” nell’ambito di Vinitaly al 4° concorso enologico degli istituti agrari d’Italia.

2° CONCORSO “ENOTECNICO VALORIZZAZIONE VINITERITORIO”

La manifestazione, che si è svolta il 5 e 6 aprile scorso, è stata organizzata dalla Fondazione Edmund Mach col patrocinio dei Comuni di San Michele all’Adige, Mezzolombardo e Mezzocorona, e ha contato sul supporto delle sezioni Assoenologi di Trentino ed Alto Adige-Südtirol.

Centoundici etichette in gara, 55 cantine della regione Trentino Alto Adige-Südtirol, quattro tipologie di vino ovvero Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, tre commissioni e una trentina di esperti tra enologi, enotecnici, sommelier e giornalisti del settore. Un concorso enologico vero e proprio, autorizzato dal Ministero delle politiche agricole ed economiche, che valorizza i vitigni del territorio.

Il concorso è stato curato dal Centro Istruzione e Formazione, in particolare da Salvatore Maulee Andrea Panichi, con l’obiettivo di far conoscere le unicità delle produzioni enologiche di territorio: vitigni autoctoni o interpretazioni territoriali di vitigni internazionali. Quest’anno i vini protagonisti sono Teroldego Rotaliano DOC, Trentino DOC Marzemino, Trentino DOC Traminer aromatico e Südtirol – Alto Adige DOC Gewürztraminer. Sono state premiate le prime tre posizioni di ogni categoria e le categorie in gara erano otto.

CONSEGNA ATTESTATI 5° EDIZIONE COESO WEM

Sono stati consegnati gli attestato ai partecipanti della quinta edizione dell’Executive Master in Wine Export Management che si è svolta dal 26 gennaio al 27 maggio 2017 a San Michele. Al percorso di eccellenza per la formazione vitienologica hanno partecipato 25 corsisti, selezionati da oltre una ottantina di candidati. Fino ad oggi il corso ha formato più di cento manager del vino.

Come ha spiegato il direttore generale, Sergio Menapace, il corso negli anni ha consolidato una sua specifica struttura didattico/formativa, poiché avere competenze di export management è un’esigenza di figure professionali molto diverse nel mondo del vino. Il piccolo produttore, magari vitivinicoltore, l’enologo “tuttofare” della piccola cantina, il responsabile commerciale della piccola e media azienda, il proprietario/imprenditore che si occupa a 360° della gestione, il giovane laureato che desidera acquisire competenze anche nel settore dell’export del vino. Sono tante le figure professionali che hanno bisogno di acquisire le “skill” specifiche dell’export management.

“Vinum Sanctum, vinum de Xanto”.

Michele Pontalti ha presentato la pubblicazione sull’origine della denominazione “vino santo” edita dalla Fondazione Edmund Mach e curata da Marco Stenico. Si tratta di un saggio dedicato all’uva Nosiola e al suo nobile figlio il “Vino santo” della trentina Valle dei Laghi. Il libro è frutto di una ricerca a carattere storico condotta esclusivamente su fonti documentarie e bibliografiche individuate attraverso una ricerca di archivio principalmente in ambito trentino, ma anche lombardo e veneto, che copre un periodo che va dal secolo XIII al primo Ottocento.

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“Enotecnico valorizzazione vini territorio”: a Vinitaly la premiazione

E’ in programma lunedì 16 aprile, alle ore 12.30, a Vinitaly, presso lo stand della Fondazione Edmund Mach (Padiglione 3 – Stand F2), la cerimonia di premiazione del concorso “ENOtecnico valorizzazione VINIterritorio” alla presenza del Presidente Andrea Segrè, del Direttore generale, Sergio Menapace, e del Presidente del Consorzio Vini del Trentino, Bruno Lutterotti.

Seguirà la consegna degli attestati del 5° corso di wine export management e la presentazione della pubblicazione “Vinum Sanctum, vinum de Xanto” sull’origine della denominazione “Vino Santo”.

Nello stand dedicato ai vini della cantina FEM, seguirà un piccolo rinfresco curato dagli studenti del Centro Istruzione e Formazione.

2° Concorso“ENOtecnico valorizzazione VINIterritorio
La manifestazione, che si è svolta il 5 e 6 aprile scorso, è stata organizzata dalla Fondazione Edmund Mach col patrocinio dei Comuni della Piana Rotaliana (San Michele all’Adige, Mezzolombardo e Mezzocorona) e ha contato sul supporto delle sezioni Assoenologi di Trentino ed Alto Adige-Südtirol.

Centoundici etichette in gara, 55 cantine della regione Trentino Alto Adige-Südtirol, quattro tipologie di vino ovvero Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, tre commissioni e una trentina di esperti tra enologi, enotecnici, sommelier e giornalisti del settore.

Un concorso enologico vero e proprio, autorizzato dal Ministero delle politiche agricole ed economiche, che valorizza i vitigni del territorio, ma caratterizzato da una notevole valenza didattica visto il coinvolgimento degli studenti della Fondazione Edmund Mach.

Il concorso è stato curato dal Centro Istruzione e Formazione con l’obiettivo di far conoscere le unicità delle produzioni enologiche di territorio: vitigni autoctoni o interpretazioni territoriali di vitigni internazionali.

Quest’anno i vini protagonisti sono Teroldego Rotaliano DOC, Trentino DOC Marzemino, Trentino DOC Traminer aromatico e Südtirol – Alto Adige DOC Gewürztraminer. Saranno premiate le prime tre posizioni di ogni categoria e le categorie in gara sono otto.

Consegna attestati 5^ edizione corso WEM
La quinta edizione dell’Executive Master in Wine Export Management si è svolta dal 26 gennaio al 27 maggio 2017. Al percorso di eccellenza per la formazione vitienologica hanno partecipato 25 corsisti, selezionati da oltre una ottantina di candidati.

Il coso ha negli anni ha consolidato una sua specifica struttura didattico/formativa, poiché avere competenze di export management è un’esigenza di figure professionali molto diverse nel mondo del vino.

Il piccolo produttore, magari vitivinicoltore, l’enologo “tuttofare” della piccola cantina, il responsabile commerciale della piccola e media azienda, il proprietario/imprenditore che si occupa a 360° della gestione.

E ancora il giovane laureato che desidera acquisire competenze anche nel settore dell’export del vino. Sono tante le figure professionali che hanno bisogno di acquisire le “skill” specifiche dell’export management.

“Vinum Sanctum, vinum de Xanto”
Sarà presentata la pubblicazione sull’origine della denominazione “vino santo” edita dalla Fondazione Edmund Mach e curata da Marco Stenico. Si tratta di un saggio dedicato all’uva Nosiola e al suo nobile figlio il “Vino santo” della trentina Valle dei Laghi.

Il libro è frutto di una ricerca a carattere storico condotta esclusivamente su fonti documentarie e bibliografiche individuate attraverso una ricerca di archivio principalmente in ambito trentino, ma anche lombardo e veneto, che copre un periodo che va dal secolo XIII al primo Ottocento.

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Vinitaly 2018: le curiosità del vino made in Italy allo stand Coldiretti

Le curiosità del vino Made in Italy sono protagoniste all’inaugurazione del Vinitaly nello stand della Coldiretti dove saranno mostrate le esperienze piu’ originali dalla vigna alla cantina, dall’imbottigliamento all’etichettatura. L’appuntamento è per domenica 15 aprile alle ore 9,30 al Vinitaly nello stand della Coldiretti nel Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7.

Con l’occasione sarà presentata l’analisi sui numeri del vino Made in Italy con un focus sulla prima “borsa” dei vini italiani e la mostra delle bottiglie che hanno avuto il maggior incremento delle vendite in Italia nell’ultimo anno.

Alle 15,30 nella Sala Rossini la Coldiretti nella giornata di apertura organizza l’incontro “La tutela delle denominazioni in Europa e nel mondo” con gli interventi, tra gli altri, del Direttore di Ismea Raffaele Borriello, del Presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella e del primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro e con le conclusioni del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Nello stand Coldiretti fino alla chiusura del Vinitaly di mercoledì 18 aprile si alterneranno nei diversi giorni esposizioni, dimostrazioni pratiche, mostre ed analisi mirate alla promozione e difesa del vino italiano nel mondo.

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Vintegra: accordo Assoenologi Federvino per la sharing economy

Assoenologi e Federvini, nell’ambito dell’accordo “Vino Patrimonio Comune”, danno vita a VINTEGRA, un sistema specializzato e garantito di servizi integrati basato sui principi dell’economia della condivisione e dell’accesso anziché della proprietà, con l’obiettivo di ottimizzare gli investimenti delle imprese per le loro necessità tecniche.

“Vogliamo applicare i principi della sharing economy all’interno della filiera vitivinicola – afferma Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi – mettendo a sistema la professionalità dell’Enologo. Questo vuol dire avere la possibilità di portare a fattor comune competenze e tecniche per parlare al mondo con un’unica voce di eccellenza e qualità”.

“L’esigenza di un coordinamento è sempre più urgente – dichiara Sandro Boscaini, presidente di Federvini – partendo dalla necessità di avere una qualità reale e percepita sempre più alta ed uniforme: ogni singolo prodotto è oggi ambasciatore del ‘saper fare’ italiano e quindi deve poter attingere da una rete di competenze tecniche, culturali e promozionali che devono diventare patrimonio comune”.

Si partirà, quindi, nel 2018 con la individuazione di laboratori qualificati da Assoenologi e Federvini, “dotati di strutture di alto livello per collaborare al miglioramento dei prodotti e dei processi”.

“La variazione in atto nelle condizioni climatiche e la velocità con cui cambiano gli stili di vita e gli approcci al consumo – evidenzia Assoenologi – oltre alla maggiore importanza che acquisiscono i nuovi mercati, rendono necessario e urgente il contributo della ricerca e la conseguente implementazione sia in vigneto sia in cantina che nella comunicazione nei mercati”. Con questi temi si confronterà nell’immediato e a medio termine il progetto VINTEGRA.


Federvini – Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Vini Spumanti, Aperitivi, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed Affini – nasce nel 1917, aderisce a Federalimentare e Confindustria, ha un’ampissima rappresentanza dei produttori di vini, liquori, acquaviti e aceti e di Aceto Balsamico di Modena IGP. Scopi della Federazione sono la tutela degli interessi e l’assistenza della categoria in tutte le sedi istituzionali, nazionali, comunitarie ed internazionali.

Assoenologi – Associazione Enologi Enotecnici Italiani, organizzazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli, è stata fondata nel 1891, ed è stata riconosciuta dall’Union Inter-nationale des Oenologues l’Associazione di categoria più antica, più numerosa e meglio organizzata a livello mondiale. Scopi dell’Associazione la tutela professionale dell’enologo e dell’enotecnico sotto il profilo etico, giuridico ed economico, nonché promuovere l’aggiornamento tecnico e culturale dei propri associati.

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Anteprima Amarone 2018: 50 anni dal riconoscimento della Doc

VERONA – Almeno due i motivi per non perdersi la prossima Anteprima Amarone 2018, in programma dal 3 al 5 febbraio al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Degustare in “anteprima”, appunto, l’annata 2014. E festeggiare i 50 anni dal riconoscimento della Denominazione di origine Valpolicella.

Come di consueto sono tre le giornate in calendario. L’evento inaugurale, sabato 3 febbraio 2018, è chiuso al pubblico e dedicato a stampa e media, dalle ore 9 alle ore 17. Domenica 4 febbraio 2018, Anteprima Amarone apre le porte al pubblico, dalle 10 alle 19 (biglietto di ingresso 40 euro, 35 euro con acquisto online).

L’Anteprima chiude lunedì 5 febbraio 2018, con un altro evento riservato agli operatori di settore, dalle ore 10 alle ore 17 (biglietto di ingresso: 35 euro, 30 euro con acquisto online).

IL BIGLIETTO
Il biglietto d’ingresso sarà presto acquistabile sul sito ufficiale dell’Anteprima Amarone. Comprende la degustazione dei vino presso i banchi d’assaggio delle aziende partecipanti (qui l’elenco delle aziende presenti nel 2017 all’Anteprima 2013) e l’assaggio di prodotti gastronomici nell’area dedicata.

Secondo i dati forniti da Assoenologi, nel 2014 la denominazione che ha tratto il maggior vantaggio dal miglioramento climatico di settembre è stato il Valpolicella.

In particolare è stata una buona annata per l’Amarone, ottenuto da uve d’appassimento, “la cui resa alla raccolta è stata ridotta dal 50% al 35%, con resa uva-vino leggermente sotto la media”. “L’andamento fermentativo – continua Assoenologi – si è svolto in maniera ottimale, aiutato anche dalle temperature ambientali più basse rispetto alle annate precedenti”.

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Assoenologi: 72° congresso nazionale sul tema della viticoltura sostenibile

Sarà il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina ad aprire il 72° Congresso nazionale dell’Associazione enologi enotecnici italiani (Assoenologi), in programma dal 17 al 19 novembre alla Leopolda di Firenze.

Sarà il congresso della “sostenibilità a tutto tondo”. Un tema unico, affrontato da diversi punti di vista, per fare chiarezza su una parola sulla bocca di tutti, ma di cui spesso non si comprende appieno il significato.

Dopo il ministro e la prolusione del presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, alla cerimonia inaugurale interverranno numerosi rappresentanti di istituzioni locali, nazionali e internazionali. Ai saluti del sindaco di Firenze, Dario Nardella, dell’assessore regionale all’Agricoltura Marco Remaschi, del coordinatore degli assessori regionali Leonardo Di Gioia, e dell’assessore al turismo, fiere e congressi, Anna Paola Concia, faranno seguito gli interventi dei vertici delle più importanti organizzazioni di filiera.

Ovvero Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, Secondo Scanavino, presidente della Cia. Sandro Boscaini, presidente di Federvini, annuncerà il recente accordo fatto con Assoenologi per migliorare i servizi alle Imprese attraverso la professionalità degli Enologi.

Sarà quindi la volta di Gaetano Marzotto e Claudio Marenzi, rispettivamente past president e presidente di Pitti Immagine, e del presidente della Camera di Commercio di Firenze Leonardo Bassilichi. Seguirà l’intervento del presidente della locale sede di Assoenologi Ivangiorgio Tarzariol. Saranno presenti inoltre Alessandra Ricci, amministratore delegato della Simest e Donatella Carmi Bartolozzi, vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, quali partner istituzionali del congresso, insieme a Banca Cr Firenze e Federvini.

Nell’ambito della serata la consegna del Premio Assoenologi Versini del valore di 7.500 euro a Daniela Fracassetti, dell’Università di Milano per il lavoro “Il gusto di luce nel vino bianco: meccanismi di formazione e prevenzione” e la consegna degli attestati di “Soci Onorari” di Assoenologi a Maurizio Martina, Dario Nardella, Marco Remaschi, Anna Paola Concia e Gaetano Marzotto, “per la professionalità, la passione e l’impegno profusi in azioni e progetti dedicati alla valorizzazione del settore vitivinicolo” e quale “segno di riconoscimento per la concreta e personale attenzione data alla associazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli”.

TEMA UNICO: LA SOSTENIBILITA’
Tra il pomeriggio di venerdì 17 e le mattine di sabato 18 e domenica 19 novembre, si alterneranno sul palco undici relatori. “Fra carbon footprint, riduzione degli input e tutela del paesaggio e della biodiversità – dice Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi (nella foto) – il tema della sostenibilità alimenta pareri discordi. Per cui è un argomento sul quale si avverte la necessità di fare chiarezza. Essere ‘sostenibili’ significa lavorare per sottrazione, riducendo l’emissione del gas serra e, unitamente, razionalizzare il consumo d’acqua e di agrofarmaci”.

“Il termine si coniuga perfettamente all’ecosistema e all’ambiente – continua Cotarella – ma è anche un modus operandi che si estende, in senso più globale, anche all’ambito economico, sociale e soprattutto culturale, essendo tutti questi elementi strettamente correlati e interdipendenti”.

A dipanare questa aggrovigliata matassa, sulla quale c’è poca uniformità di vedute, sono stati chiamati, per la parte viticola, Ruggero Mazzilli, fondatore di Spevis, Stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile, il francese Nicolas Joly, della Coullè de Serrant, che segue i principi steineriani della biodinamica e Steve Matthiasson, enologo della Napa Valley, coautore del “Codice di condotta sostenibile”, il manuale standard per la viticoltura sostenibile in California.

Raffaele Borriello, direttore di Ismea, indicherà la via della sostenibilità economica attraverso la conoscenza dei dati del mercato. Alla coordinatrice del Settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative Italiane Agroalimentare, Ruenza Santandrea si è chiesto invece di parlare di sostenibilità della cooperazione, mentre all’editore Andrea Zanfi, autore di numerosi libri sul vino e i suoi territori, di comunicazione, fra la sostenibilità della cultura e del sociale.

Oscar Farinetti, presidente di Eataly, racconterà la propria esperienza imprenditoriale, mentre Renzo Cotarella, enologo amministratore delegato di Marchesi Antinori, ci parlerà della scelta sostenibile in cantina e dei relativi costi. Attilio Scienza affronterà poi il tema della genetica e del suo contributo sostenibile, parlando dei nuovi portinnesti resistenti alle malattie e alla siccità, in particolare l’M4, che si è rivelato nettamente superiore ai portinnesti noti da tempo, confermando le sperimentazioni preliminari fatte negli anni precedenti.

L’ANTEPRIMA
In anteprima assoluta al 72° Congresso di Assoenologi, Stefano Vaccari, capo Dipartimento dell’Icqrf del Mipaaf, presenterà i primi dati della Cantina Italia forniti dai registri telematici, con lo scopo di “offrire agli operatori una prima, sommaria serie di dati da valutare più nella prospettiva delle potenzialità del registro in termini conoscitivi”.

Nella prima sessione dei lavori che anticipa la cerimonia inaugurale di venerdì 17 novembre il presidente di Equitalia, Riccardo Ricci Curbastro presenterà il progetto di Certificazione della filiera vitivinicola quali soggetti sostenibili.

Alterneranno i lavori congressuali alcune degustazioni dei vini più rappresentativi del territorio, con un focus particolare su Sassicaia e Tignanello, alla presenza dei marchesi Piero Antinori e Nicolò Incisa della Rocchetta, che nell’occasione riceveranno l’attestato di Soci Onorari di Assoenologi.

Paese ospite di questa edizione congressuale il Portogallo, a cui sarà dedicata una specifica sessione, con analisi sensoriali di alcuni dei vini più blasonati. Presenti due gradi enologi portoghesi: Jose Maria Soares Franco, di Portugal Ramos, e David Guimaraens, della Taylor’s Fladgate.

In programma anche un concerto “Omaggio al Vino”, di cantanti e pianisti dell’Accademia del Maggio Fiorentino, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio e una ricca serata di gala condotta da Bruno Vespa, con la straordinaria partecipazione di Carlo Conti e Peppino di Capri.

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Approfondimenti

Vendemmia 2017, stime definitive Assoenologi: “Produzione decimata”

“Una produzione di oltre 15 milioni di ettolitri in meno rispetto allo scorso anno. E una qualità eterogenea in tutta Italia”. E’ quanto emerge dal report definitivo sulla vendemmia 2017 diffuso da Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, sulla base dei dati elaborati dalle 17 sedi territoriali del’associazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli.

IL REPORT
A memoria d’uomo non si ricorda una stagione come quella in corso, dove gli eventi climatici si sono accaniti con un’inusuale ed eccezionale portata.

Ad aprile un’ondata di gelo ha attraversato la Francia, la Spagna e tutto il nostro Paese, “bruciando” molti germogli ormai già ben sviluppati, e quindi, purtroppo, non più in grado di fruttificare.

Un lungo periodo di siccità, fatte salve alcune regioni del Nord, ha messo a dura prova i vigneti del Centro-Sud Italia, che hanno dovuto subire anche una straordinaria ondata di caldo, che ha coinvolto anche il Nord, iniziata sin da maggio, raggiungendo il suo apice nei mesi di luglio ed agosto (il termometro ha fatto spesso registrare valori al di sopra dei 40°C).

I vigneti del Nord hanno invece potuto beneficiare, durante i mesi di luglio ed agosto, di provvidenziali piogge, anche se spesso sono state accompagnate da forti grandinate che, in alcuni casi, hanno compromesso la produzione in diversi areali.

Fortunatamente si riscontrano anche delle zone che non hanno avuto problemi, grazie a qualche pioggia estiva e soprattutto all’oculata e scientifica gestione dei vigneti, o all’eventuale disponibilità di acqua da irrigazione e alla naturale resistenza a questo clima estremo di alcune cultivar specialmente indigene.

“PRODUZIONE DECIMATA”
Soprattutto, ciò che ha consentito di ottenere in alcuni siti produttivi quantità e qualità buone se non ottime è stata la nostra trasversalità territoriale e la nostra grande biodiversità unica al mondo. Tutte le regioni italiane hanno, infatti, fatto registrare consistenti decrementi produttivi con punte medie anche del 45% in Toscana, Lazio/Umbria e Sardegna. Con 38,9 milioni di ettolitri il 2017 si colloca al secondo posto tra le vendemmie più scarse dal dopoguerra ad oggi, superata solo da quella del 1947 (36.4 milioni di Hl).

Purtroppo, il perdurare della siccità e delle alte temperature al Centro-Sud, aggravato anche dalla grande carenza di riserve di acqua nei terreni, si è protratto anche per lunga parte del mese di settembre causando un’ulteriore perdita di peso dei grappoli, che ha fatto scendere la produzione di questa campagna sotto i 40 milioni di ettolitri. Solo in alcune aree c’è stato un lieve miglioramento grazie alle precipitazioni del mese di settembre, che hanno contribuito a migliorare più i livelli qualitativi che quelli quantitativi. Qualità eterogenea in tutt’Italia.

LA QUALITA’
Le uve, da un punto di vista sanitario, sono state conferite alle cantine perfettamente sane, ma con differenti maturazioni anche all’interno di uno stesso vigneto e, spesso, con grappoli molto disidratati.

La qualità, pertanto, risulta quest’anno alquanto eterogenea, complessivamente abbastanza buona, ma con diverse varianti che evidenziano punte di ottimi livelli qualitativi e altre, dove il clima si è particolarmente accanito, di livello inferiore. Quest’anno più di altri, ha giocato un ruolo determinante l’approccio scientifico degli enologi, in particolare nella conduzione dei vigneti.

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Approfondimenti news

Radici del Sud 2017: giuria pronta a votare i migliori

Miglior vino bianco, miglior spumante, miglior rosato e miglior rosso dell’edizione Radici 2017: ecco le quattro categorie che saranno votate dalla giuria di esperti di settore convocata il 19 ed il 20 Settembre presso il centro di ricerca CRFSA di Locorotondo.

Due sessioni di degustazione per designare i migliori vini tra le 66 etichette finaliste su 350 in concorso e pre-selezionate a giugno, dalla giuria allora composta da buyer, giornalisti, enologi di Assoenologi e membri del circuito Vinarius presieduta da Daniele Cernilli e Alfonso Cevola.

Per la scelta dei best i campioni saranno contrassegnati solo da un numero per evitare qualsiasi tipo di collegamento alla lista dei vincitori diffusa già da Giugno.

Le etichette premiate saranno celebrate il 27 novembre al Castello di Sannicandro di Bari durante il Gran Galà conclusivo delle manifestazione.

Qui, invece, i migliori assaggi decretati da vinialsuper in occasione della nostra visita al Salone dei vini e degli oli meridionali 2017.

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Vini al supermercato

Caviro, il gigante del Tavernello. Tra Slow (Wine) e Rock ‘n’ Roll

Anche Golia ha un cuore. E batte slow. Very slow. Il gigante romagnolo del Tavernello, lo stesso capace di imbottigliare 2 milioni di ettolitri di vino l’anno, si avvale di due enologi attivisti di Slow Food e Slow Wine.

Il gigante in questione di nome fa Caviro, leader indiscusso del mercato nazionale del vino al supermercato. Tra i primi dieci al mondo per fatturato, con 304 milioni di euro. Nulla a che vedere con la Chiocciola di Carlo Petrini? Solo in apparenza. Pietro Cassani e Giacomo Mazzavillani (nella foto, sotto), rispettivamente responsabile del laboratorio enologico e del processo di lavorazione vino alla Caviro di Forlì, sono lì a dimostrare il contrario.

Il volto meno conosciuto della più grande cooperativa agricola italiana. Un impero fondato sui numeri, ma anche sulla qualità. “La costanza nella riconoscibilità dei nostri prodotti sul mercato – spiega Giordano Zinzani, responsabile Normative e Tecniche Enologiche di Caviro – è per noi il primo sinonimo di qualità, che riusciamo a garantire grazie al confronto trentennale con i nostri conferitori di uve e al lavoro dei nostri enologi. Un aspetto che ci viene riconosciuto da 7 milioni e 200 mila famiglie consumatrici in Italia”.

“I nostri standard qualitativi – precisa Zinzani – sono dettati da frequenti panel di assaggio dei prodotti dei nostri competitor internazionali. A livello operativo, invece, stimoliamo le 34 cantine conferitrici, situate da nord a sud del Paese, con un sistema di liquidazione che invogli a fare sempre meglio in vigna, di vendemmia in vendemmia”.

Tredicimila i viticoltori che fanno parte della famiglia Caviro, in sette regioni d’Italia. Trentasette mila gli ettari di vigneti lavorati, in totale. Tradotto: la cooperativa romagnola produce, da sola, l’11% dell’uva italiana. E’ grazie a questa grande disponibilità che i blend Tavernello riescono ad essere sempre uguali negli anni. “Riconoscibili dal consumatore”, per dirla con Zinzani.

Un puzzle, anzi la sintesi, “del meglio della produzione annuale dei vigneti dei conferitori”, assemblati da uno staff di 6 enologi (cinque di stanza a Forlì, uno a Savignano sul Panaro, nei pressi di Modena), tre analisti di laboratorio e quattro impiegati all’Assicurazione qualità.

“Il numero degli enologi, in realtà – spiega Giordano Zinzani – si aggira sulla cinquantina. I primi controlli vengono effettuati dalle nostre cantine associate, in loco. Le uve arrivano a Caviro già vinificate, secondo i rigidi parametri dettati ai viticoltori. Solo in questa fase, si assiste all’intervento diretto del nostro personale, che degusta e testa i campioni e li assembla, dopo aver identificato il blend più consono alle esigenze del mercato di riferimento, che sia italiano o estero”.

Altra faccia della medaglia, la produzione di vini a Indicazione geografica tipica (Igt) e a Denominazione di origine controllata (Doc), “in cui – commenta Zinzani – puntiamo a garantire, valorizzare e conservare la tipicità dei singoli territori”.

LE UVE CAVIRO: IL SISTEMA DI LIQUIDAZIONE
Dal Friuli Venezia Giulia arrivano principalmente Merlot, Cabernet, Refosco, Pinot Grigio, Glera, Chardonnay e Sauvignon (una cantina associata, 1790 ettari). Dall’Emilia Romagna Sangiovese, Lambrusco (principalmente Sorbara), Merlot, Ancellotta, Trebbiano, Chardonnay, Albana e Grechetto Gentile (14 cantine, 19.002 ettari). Dalla Toscana giungono Sangiovese, Brunello, Merlot, Trebbiano e Vermentino (2 cantine, 1.090 ettari).

Dall’Abruzzo Montepulciano, Trebbiano, Pecorino e Chardonnay (9 cantine, 8.218 ettari). Dalla Puglia Primitivo, Negroamaro, Malvasia Nera, Nero di Troia, Chardonnay, Bombino e Verdeca (3 cantine in Salento, 922 ettari). Dalla Sicilia, infine, Nero d’Avola, Syrah, Grillo, Catarratto, Inzolia e Grecanico (6366 ettari, una cantina: la Petrosino di Trapani, seconda per dimensioni in Italia solo a Settesoli).

Uve che hanno un prezzo. Di fatto, è sul terreno della liquidazione dei conferitori che si gioca una delle partite più importanti per Caviro. “Di anno in anno, verso dicembre – spiega Giordano Zinzani – la cooperativa stabilisce un budget per i vini. Viene stabilito un minimo garantito, che viene corretto in base alla conformità agli standard richiesti”.

Le sorti dei viticoltori è delle cantine associate a Caviro sono nelle mani di uno staff di enologi che si riunisce una volta alla settimana, a Forlì. “Tutte le singole partite – evidenzia Zinzani (nella foto) – sono valutate in funzione della qualità specifica di quel campione. Ogni ritiro viene catalogato e degustato da una commissione composta dagli enologi Caviro e da quelli delle stesse cantine associate. Degustazioni che, ovviamente, avvengono alla cieca, sulla base di schede di valutazione Assoenologi, con punteggio in centesimi. Questo punteggio, assieme alla rispondenza dei caratteri analitici, contribuisce alla modifica del prezzo base garantito ai soci”.

Raffaele Drei, presidente della Cooperativa Agrintesa, non ha dubbi. “Oggi Agrintesa è il socio più grande della compagine sociale Caviro e tramite il Consorzio colloca direttamente al consumatore una quota importante del proprio vino. Siamo fortemente impegnati e interessati alla crescita sia come quota di mercato che come modello di filiera vitivinicola integrata”.

“I fattori di successo per i soci Caviro sono stati ben delineati dai direttori delle Cantine intervenuti all’ultimo incontro con la base sociale: Cristian Moretti, direttore generale Agrintesa, Roberto Monti, direttore della Cantina Sociale Forlì e Predappio, Fabio Castellari, direttore della Cantina Sociale Faenza. Tutti hanno sottolineato, come comuni denominatori di crescita e sviluppo, l’avanguardia qualitativa per una buona liquidazione dei soci, l’innovazione e la capacità di differenziare”.

Rispetto alle zone più lontane dalla “base”, ai soci viene riconosciuta una cifra che si aggira attorno ai 35 centesimi al litro. Per i viticoltori dell’Emilia Romagna, si sale sino a 45 centesimi con il Lambrusco. I picchi si toccano con i vini Igt, 60 centesimi al litro, e a Denominazione di origine controllata, valutati in media fino a 1 euro. Cifre che Zinzani snocciola senza timore.

“Fra i principali tratti vincenti – aggiunge Raffaele Drei – sono stati individuati la concentrazione e specializzazione dei centri di vinificazione, la capacità di realizzare velocemente progetti di produzione per vini con caratteristiche diverse e una buona integrazione di pianura e collina. Per i soci di Caviro è di fondamentale importanza poter ragionare in una logica di mercato fatta anche di liquidazioni differenziate su molteplici variabili, come lo stabilimento, l’area di produzione, le giornate di conferimento e l’effettiva qualità. Merito anche di una base sociale caratterizzata da coesione e ricettività, aperta a un ricambio generazionale in grado di garantire uno sguardo sul futuro”.

IL TOUR
E che Caviro sia proiettata al futuro, lo si capisce al primo sguardo dello stabilimento di Forlì. Dall’esterno, gli 82 serbatoi del sito produttivo di via Zampeschi 117 offrono bene l’idea delle dimensioni del business della cooperativa, con i loro 340.578 ettolitri di capacità complessiva. All’interno, altri 133 “silos” contenenti vino, per un totale di 126.670 ettolitri. Caviro, per chi non l’avesse capito, è questo, prima di tutto: una delle maggiori cantine italiane, con serbatoi per un totale di 467.248 ettolitri complessivi. E’ qui che staziona il vino prima delle chiarifiche e delle filtrazioni, che anticipano la stabilizzazione.

Centonovantaquattro milioni di litri le vendite a volume del colosso romagnolo nel 2016, suddiviso tra i brand Tavernello, Castellino, Botte Buona, Terre Forti, Romio, VoloRosso, Salvalai, Cantina di Montalcino, Da Vinci, Leonardo, Monna Lisa e Cesari. Export in 70 Paesi. Due le linee per l’imbottigliamento. Quella nuova, inaugurata a settembre dello scorso anno, ha una velocità di 18 mila bottiglie l’ora. La più vecchia risale agli anni ’90 ed è ancora in funzione, anche se in fase di ammodernamento.

In quest’area dello stabilimento, il prodotto finito viene movimentato su pallet da veri e propri robot. “Le chiamiamo navette – precisa l’enologo Pietro Cassani, che guida il tour -. Si muovono autonomamente su percorsi prestabiliti del magazzino di stoccaggio e sono solo uno degli aspetti all’avanguardia del sito produttivo di Forlì”. In uno degli angoli dello stabile, di fatto, sembra aprirsi una porta temporale sul futuro. Roba da farti sentire – almeno per un attimo – un po’ come Donny Darko, alle prese col suo coniglio gigante.

Un magazzino da 10 mila posti pallet completamente robotizzato, col quale alcune catene della Grande distribuzione (o, meglio, i loro Ce.Di, i centri distributivi delle varie insegne) hanno la possibilità di connettersi via web, emettendo ordini che vengono indirizzati direttamente a una delle 14 “ribalte” del magazzino, in base alla destinazione. Ti pizzichi la guancia mentre osservi quel braccio meccanico, senza il minimo controllo umano, andare a pescare proprio quel pallet, lassù.

La voce dell’enologo Cassani, Cicerone per un giorno, ti riporta alla realtà, poco più in là. Davanti alle bobine di Tetra Pak pronte per la sterilizzazione, prima di essere riempite di vino in impianti simili a quelli utili per “inscatolare” latte. Guardi in faccia i dipendenti uno ad uno, credendo che all’improvviso salti fuori Michael J. Fox. Aguzzi le orecchie per sentire qualcosa d’altro (che so? Johnny B. Good, per restare in tema).

Ma il suono, sottile e monotono, è quello della catena di montaggio dei brik di Tavernello. L’unico elemento che, nel suo piccolo, ricorda quella chitarra rosso fiammante. Altro che quattro quarti. Qui si gira al ritmo di 7-8 mila pezzi l’ora, su un totale di 10 linee. Vino in brik pronto per il consumo, “senza pastorizzazione, bensì con filtrazione sterile”, tiene a precisare Cassani. L’enologo del rock’n’roll di Caviro.

Prima di raggiungere i laboratori d’analisi, dove l’intero staff è all’opera sugli ultimi campioni giunti allo stabilimento, ecco l’unica zona inattiva del magazzino: quella per il confezionamento dei “Bag in Box” da 3 e 5 litri, destinati sopratutto al mercato francese. La grandeur. Come formato, s’intende. Bien sûr.

IL FENOMENO TAVERNELLO
Italiana, italianissima, anzi romagnola (se no si offende), l’inclinazione (linguistica) di Elena Giovannini (nella foto). “L’upgrade qualitativo dei prodotti – commenta la responsabile Marketing Daily di Caviro – è stato uno degli obiettivi perseguiti dalla nostra azienda sin dal 1983, anno in cui abbiamo dato vita al vino in brik. Inizialmente era soltanto Sangiovese o Trebbiano. Poi, chiaramente, i volumi venduti erano talmente elevati che il sourcing non era più sufficiente a coprire la richiesta. I due vitigni sono ancora parte fondamentale dei nostri blend, vino bianco e vino rosso d’Italia”.

Cosa caratterizza questa marca? “Il fatto di garantire uniformità di gusto e una costanza negli anni – replica Giovannini – un grande pregio per i nostri consumatori”. Chi sono? “Il target è ben definito: è chiaro che si parla di quotidianità, ma anche di garanzia di un certo standard qualitativo”. La diversificazione dell’approccio al mercato del vino da parte dei consumatori, anno dopo anno, ha convinto tuttavia Caviro ad allargare la proposta di referenze, riunite sempre sotto lo stesso marchio.

“Nel 2010 lanciamo i frizzanti bianco e rosato – ricorda Elena Giovannini – come naturale prosecuzione della marca generica Tavernello, sempre a base delle nostre cantine sociali socie. Successivamente il lancio dello Chardonnay e, per la prima volta, vini di provenienza siciliana come il Syrah Cabernet: per la prima volta inseriamo vini di provenienza siciliana. Fino ad arrivare alla prima Doc che è il Pignoletto, proveniente dalle colline di Imola. Un vino non molto conosciuto fuori dai confini regionali, che noi abbiamo contribuito a distribuire sul mercato”.

“Facile dunque intendere come sul mercato internazionale il ‘Red blend’ Tavernello giochi un ruolo fondamentale – evidenzia la responsabile Marketing Daily di Caviro – dato che i tanti vitigni italiani non sono semplici da conoscere e da scegliere, per il consumatore straniero. Red blend, dunque, come sintesi della qualità italiana. Ovviamente abbiamo bene in mente qual è il nostro mestiere e il consumatore al quale vogliamo parlare, sia in Italia sia all’estero. E di conseguenza sviluppiamo prodotti adatti a quel tipo di esigenza: quella quotidiana”.

Un’azienda, Caviro, capace di rispondere col Pignoletto al fenomeno Prosecco. Un botta e risposta che lega il vitigno emiliano a quello veneto, anche dal punto di vista dialettico-ampelografico: Glera-Prosecco, Grechetto Gentile-Pignoletto. Inutile precisare che Caviro produca anche il re delle bollicine Charmat, grazie alle rinnovate sinergie con la Viticoltori Friulani La Delizia, in seguito all’inaugurazione della nuova sede di Orcenico Inferiore di Zoppola, il maggiore polo per la spumantizzazione del Friuli Venezia Giulia.

Tra i blend in degustazione segnaliamo, su tutti, il Trebbiano – Pinot Bianco Rubicone Igt 2016. Un mese e mezzo di legno per il Trebbiano, il resto acciaio. Altro vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo al supermercato, tra i varietali, il blend tra Sangiovese e Merlot.

GLI ALTRI SEGMENTI DEL BUSINESS
Caviro, in realtà, non significa solo vino. La cooperativa romagnola è un vero e proprio universo circolare. “Il nostro modello di business – commenta Giordano Zinzani, tra l’altro presidente del Consorzio Vini di Romagna – è tale da iniziare in vigna per poi tornarci, con uno scarto sulla produzione quantificabile in un risicato 1%”.

Oltre al vino, la cooperativa romagnola è leader in Italia nel settore distilleria. Una diversificazione che consente a Caviro di inserirsi nel mercato dei farmaci, con la produzione – su tutti – di acido tartarico e delle “basi” alcoliche già addizionate di mentolo per il colluttorio Listerine, commercializzati dall’altro colosso Johnson & Johnson.

“In Francia vendiamo molti alcoli destinati alle liqueur d’expedition degli Champagne”, rivela Zinzani. Non ultimo il business del recupero degli scarti dell’attività di vigna, che consente a Caviro di produrre – oltre a derivati farmaceutici, alimentari e agronomici – anche energia.

Quella prodotta dal sito produttivo di via Zampeschi 117 sarebbe in grado di illuminare a giorno l’intera città di Forlì (120 mila abitanti). Energia che si tramuta in compost e fertilizzanti, chiudendo il cerchio col loro ritorno nelle vigne italiane dei soci. E allora tutto questo è slow, very slow o rock ‘n’ roll? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Radici del Sud: le novità dell’edizione 2017

Poco più di due settimane all’inizio di Radici del Sud, la settimana dedicata ai vini da vitigni autoctoni e agli oli del meridione. Saranno circa 350 i campioni di vino di tutte le aziende partecipanti, provenienti da Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia, che verranno assaggiati alla cieca dalle giurie composte da giornalisti e buyer sabato 3 e domenica 4 giugno.

Le due giurie saranno suddivise in 4 gruppi guidati dai due presidenti Alfonso Cevola e Daniele Cernilli coadiuvati rispettivamente da Ole Udsen, giornalista danese e dal collega Bernardo Conticelli. Nei 4 gruppi parteciperanno anche quattro enologi dell’Associazione Assoenologi e alcuni membri del circuito Vinarius.

Questo assetto delle giurie, adottato dallo scorso anno, consentirà una lettura più immediata dei risultati del concorso. Da una parte avremo il giudizio di chi tiene conto delle tendenze di mercato e vede con occhio di riguardo l’appeal esercitato dal vino in funzione delle richieste dei consumatori. Dall’altra la valutazione dei giornalisti provenienti da tutto il mondo, che potranno confrontarsi nel merito ciascuno delle proprie sensazioni.

La novità di quest’anno è che lunedì 5 giugno, durante il Salone del Vino aperto al pubblico, verranno decretati i 70 vini finalisti della manifestazione. Questi verranno nuovamente assaggiati dal 20 al 30 giugno da esperti e giornalisti del territorio nazionale, che decreteranno il miglior vino spumante, bianco, rosso e rosato della XII edizione.

La premiazione dei 70 vini selezionati e dei tre migliori vini si terrà il 27 novembre sempre al Castello di Sannicandro di Bari, durante l’evento Radici Wines Experience, che prevede anche un wine-tour con buyer e giornalisti stranieri. Per assistere al concorso e allo svolgimento delle degustazioni i produttori possono prenotarsi scrivendo a info@radicidelsud.it


GIURIE – Radici del Sud 2017

WINE-WRITERS

Gruppo 1
1. Daniele Cernilli – Italia
2. Alberto Lupini – Italia
3. Asa K. Johansson – Svezia
4. Elaine Brown – USA
5. Francesca Ciancio – Italia
6. Giacomo Bertolli – Italia
7. Giampaolo Giacomelli – Italia
8. Cristoforo Pastore – Italia
9. Jung Yong Cho – Corea del Sud
10. Michael Pinkus – Canada

Gruppo 2
11. Bernardo Conticelli – Italia
12. Giampiero Nadali – Italia
13. József Kosárka – Ungheria
14. Katarina Andersson – Svezia
15. Lorenzo Colombo – Italia
16. Mirco Carraretto – Italia
17. Monica Coluccia – Italia
18. Simon Cassina – Regno Unito
19. Tibor Vittek – Austria
20. Massimiliano Apollonio – Italia


WINE-BUYERS

Gruppo 1
1. Alfonso Cevola – USA
2. Anthony D’Anna – Australia
3. Bo Mao – Guangzhou, Cina
4. Carl Camasta – USA
5. Chun Ching Shih – Taiwan
6. David E. Sparrow – USA
7. Fernando Zamboni – Brasile
8. Helen Wen Lampecht – Canada
9. Jon Asboe – Danimarca
10. Pasquale Pastore – Italia

Gruppo 2
11. Ole Udsen – Danimarca
12. Jung Yong Cho – Corea del Sud
13. Alessio Fortunato – Cina
14. Li Dan Cao – Beijing, Cina
15. Lin Bin Yang – Guangzhou, Cina
16. Nuray Ali – Canada
17. Qi Gang Chen – Beijing, CINA
18. Terri Burney – Texas, USA
19. Yi Zhong – GuiYang, CINA
20. Evelin Hanson – Estonia


Radici del Sud 2017 – Salone dei vini e degli oli del Sud in breve
Dove: Castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari (BA)
Quando: 30 maggio – 5 giugno 2017
Orario di apertura al pubblico: Domenica 4 giugno dalle 15.00 alle 20.00; lunedì 5 giugno dalle 10.00 alle 20.00
Ingresso: kit di degustazione €15 (comprensivo di bicchiere, sacca portabicchiere e quaderno di degustazione) utilizzabile anche per la serata conclusiva. Coupon cena buffet € 20 (comprende la degustazione dei piatti realizzati dagli chef). Kit degustazione + coupon cena: € 35.
Parcheggio: disponibile
I minorenni non pagano l’ingresso e non possono effettuare degustazioni

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Roma-Verona: le partite di Fivi, dalla Camera al Vinitaly

Saranno 115 i vignaioli aderenti alla Fivi che dal 9 al 12 aprile esporranno al Vinitaly, nell’area collettiva riservata all’associazione all’interno del padiglione 8. Mentre fervono i preparativi per l’appuntamento annuale di Verona, è a Roma che si gioca la partita più importante.

La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ha di fatto espresso la sua “preoccupazione per l’ormai imminente termine del periodo sperimentale del registro telematico“. “Uno strumento utile – commenta la presidente Matilde Poggi – ma che al momento sta creando non pochi problemi, soprattutto ai piccoli produttori“.

Rappresentata dalla presidente Matilde Poggi nell’audizione del 29 marzo della Commissione Agricoltura della Camera, assieme a Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Copagri, Alleanza delle cooperative italiane-agroalimentare), Coldiretti, UeCoop e Unci e delle associazioni Assoenologi, Asso-Odc, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini (UIV), la Fivi ha portato avanti le istanze dei vignaioli indipendenti e ha chiesto nuovamente l’esenzione dall’utilizzo del registro informatico per le aziende che producano meno di 300 ettolitri di vino all’anno.

Matilde Poggi chiede comunque che “il sistema vada a regime solo quando gli enti certificatori delle Doc saranno in linea con il Sian, affinché i vignaioli non siano obbligati a fare la medesima comunicazione due volte”. L’audizione è stata anche l’occasione per porre l’attenzione su un altro tema caro a Fivi: la richiesta di modifica dei criteri di rappresentatività all’interno dei Consorzi di tutela. “C’è stata una positiva apertura da parte di tutti – dichiara la presidente Poggi – sulla necessità di rivedere una legge che di fatto rende non scalabili le maggioranze dei Consorzi. Questo ci lascia ben sperare per il futuro”.

FIVI AL VINITALY 2017
Dalle stanze della “politiche” a quelle del vino, il passo è breve. Un banco informativo dell’associazione (stand B desk 1) sarà a disposizione dei visitatori in occasione del prossimo Vinitaly. Un luogo di aggiornamento “sulle ultime battaglie portate avanti dalla Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti”. Ma ci sarà spazio anche per le prossime iniziative, come il Mercato dei Vini di Roma (13-14 maggio 2017).

“Anche quest’anno – sottolinea Matilde Poggi – gli stand a nostra disposizione sono andati a ruba. Il successo dello spazio collettivo Fivi a Vinitaly è la testimonianza di come i vignaioli che vi aderiscono si sentano parte di una grande famiglia dove si sta bene e si lavora per obiettivi comuni. Il solo rammarico è che non abbiamo potuto esaudire tutte le richieste”. L’Area FIVI è al Padiglione 8, stand B8/B9, C8/C9, D8/D9, E8/E9.

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