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Birra Dormisch non sarà più prodotta

La birra friulana Dormisch non sarà più prodotta. Il tentativo di rilancio del marchio, acquisito da Peroni nel 2017, è durato solo tre anni. A quanto pare le ragioni dello stop risiedono nei risultati insoddisfacenti: numeri troppo piccoli per una multinazionale per pensare di far proseguire la produzione, anche se al momento non arrivano dichiarazioni ufficiali dallo stabilimento di Padova (dove viene prodotta Dormisch).

Muore così, sotto la logica dei numeri del colosso giapponese (Peroni è infatti parte del gruppo Asahi Breweries), un’altra realtà “locale” e “territoriale” del mondo brassicolo italiano. Sebbene prodotta nello stabilimento Peroni di Padova, infatti, Dormish è realizzata al 100% con malto coltivato in Friuli, con un impiego di circa 1.500 tonnellate di orzo distico all’anno.

Inoltre Dormisch è distribuita solo nella propria regione e forse proprio questo ne ha rappresentato il limite agli occhi di Asahi/Peroni, il giro d’affari del Friuli Venezia Giulia è evidentemente troppo piccolo per giustificare il mantenimento della produzione.

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Pilsner Urquell

Oggi birrificio e marchio fanno parte della giapponese Asahi Breweries, ma Pilsner Urquell (in tedesco “Fonte originale di Plzen”) è letteralmente una pietra angolare nella storia della birra. È infatti la birra che ha dato vita alla tipologia Pils ,birre lager (a bassa fermentazione) dorate ed amarognole.

LA DEGUSTAZIONE
Nel bicchiere si presenta invitante nel suo colore giallo dorato, luminoso, e sormontata da un buon cappello di schiuma bianca, soffice e mediamente persistente. Al naso si coglie subito una nota erbacea piuttosto spiccata parallelamente al tipico profumo di malto e qualche sentore floreale

In bocca è piacevolmente beverina. Il corpo che ti aspetti da “una bionda”. Dolce morbidezza del malto cui risponde l’amaro aromatico del luppolo. Amaro evidente e marcato ma non fastidioso. Fresca e leggermente astringente nel finale lascia la bocca pulita.

Se a tavola è la classica birra da carni bianche non troppo impegnative si può pensare, con un leggero azzardo, di accostarla a delle fritture di mare grazie alla sua freschezza e pulizia.

PILSNER URQUELL
Nata dalla volontà di alcuni cittadini di Plzen, in Boemia, di produrre una buona birra ha visto la sua prima produzione e commercializzazione nel 1842 nell’allora birrificio Plzeňský Prazdroj. L’acqua particolarmente leggera e l’uso di luppolo Saaz, aromatico e particolarmente amarcante, diedero vita ad una birra destinata a diventare un’icona.

Da allora molte birre iniziarono ad imitarne la ricetta e ad utilizzare il nome Pilsner, così nel 1898 venne introdotta la definizione Pilsner Urquell per distinguerla. Vicende alterne attraverso le guerre e la nazionalizzazione sotto il blocco comunista. Dal 1992 è una continua crescita che la portano nel 1999 ad essere assorbita dalla multinazionale SABMiller e nel 2016, come conseguenza della fusione con Anheuser-Busch InBev, ad essere ceduta ad Asahi.

Oggi la troviamo presso che ovunque, dalla Gdo alla ristorazione, forte di una storia, una tradizione ed uno stile inconfondibile.

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Asahi Super Dry

È la birra giapponese per definizione, la più venduta nel Paese del Sol Levante. In Italia è facilmente reperibile in Gdo, la si trova praticamente in ogni sushi bar e spesso viene pure regalata come omaggio quando acquistiamo sushi da asporto. Si tratta di Asahi Super Dry, la birra bandiera di Asahi Breweries che da poco più di un anno viene prodotta per l’Italia e l’Europa nello stabilimento Peroni di Padova.

LA DEGUSTAZIONE
Colore biondo, schiuma bianca mediamente persistente. Al naso, sottile e poco intensa, prevale un sentore fresco ed erbaceo. Anche in bocca non si rivela molto intensa, poco luppolata regala la piacevolezza dei sentori di malto-cereali accompagnati da una tattilità scorrevole, quasi sfuggente. Effettivamente “secca” (come il nome lascia supporre) resta costante nei sentori durante la breve persistenza.

Una birra dissetante ma che non lascia memoria di se e forse proprio in questo risiede parte del suo successo. È infatti agilmente abbinabile a molti piatti in quanto non li sormonta, non li “distorce”, pur contribuendo a pulire il palato fra i bocconi o le portate.

ASAHI SUPER DRY
Entrata in commercio nel 1987 fu la prima Dry ad apparire sul mercato giapponese. Il suo successo lo deve probabilmente all’approccio con cui l’azienda sviluppò la ricetta. Sembra infatti che l’idea della Super Dry nacque dall’intervista di oltre 5.000 consumatori per identificare quali fossero le specifiche di un prodotto che potesse pienamente soddisfare il cliente.

Potremmo quasi considerarlo un approccio Kaizen (il “miglioramento continuo” tanto caro all’industria) alla birra. Miglioramento continuo che la porta oggi ad essere una birra non pastorizzata e microfiltrata, una cruda a tutti gli effetti anche se la cosa non viene specificata e forse proprio per questo prodotta sullo stabilimento Peroni che già produce un’altra cruda.

Birra a bassa fermentazione, la ricetta prevede malto d’orzo, amido di mais, mais e riso (questi gli ingredienti dichiarati in etichetta) come miscela di cereali per ricercare le caratteristiche organolettiche tipiche del marchio.

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Ichnusa: le diverse sfumature dell’anima sarda

Se sul mercato italiano Asahi Breweries, Carlsberg e Forst si giocano la pseudo-artigianalità con Peroni Cruda, Poretti 3 Luppoli Non Filtrata e Felsenkeller Bier, Gruppo Heineken lo fa sfoggiando il marchio Ichnusa. “Anima sarda” come da anni recitano non solo le campagne pubblicitarie ma anche l’etichetta stessa, Ichnusa (acquista da Heineken nel 1986) è effettivamente prodotta ancora oggi nell’impianto di Assemini-Macchiareddu (area metropolitana di Cagliari).

Forse uno dei primi marchi “italiani” ad arricchire la propria gamma affiancando alla tradizionale lager Ichnusa Cruda nel 2012 (in occasione del centenario dalla fondazione) e Ichnusa Non Filtrata nel 2017 (per i 50 anni dello stabilimento di Assemini).

ICHNUSA ANIMA SARDA
Da sempre bandiera del birrificio è una lager della cui ricetta fa parte, a fianco del malto, anche del granturco. Ingrediente che dona maggiore rotondità alla birra. Limpida e dal colore dorato scarico è sormontata da un bel cappello di schiuma bianca, soffice e mediamente persistente. Al naso, non molto intenso, si percepisce bene la nota aromatica di luppolo. In bocca, pur se di corpo leggero, riempie bene il sorso risultando scorrevole e, per l’appunto, rotonda. Poco amara e poco persistente è molto beverina e dissetante. Ben fatta nella sua semplicità.

ICHNUSA NON FILTRATA
Colore dorato pieno e piacevolmente velato. Schiuma persistente. Alle note del luppolo si affiancano sentori fruttati di frutta bianca e leggera nota fresca del lievito. In bocca è decisamente più corposa e strutturata della sorella filtrata. Al tocco amaricante del lievito in sospensione fa da contraltare la dolcezza del malto ed un aroma del luppolo non eccessivamente marcato. Più persistente della precedente ne mantiene comunque la facilità di beva ed un sorso pieno ed appagante.

ICHNUSA CRUDA
Non pastorizzata e sottoposta ad un processo di microfiltrazione si presenta limpida, di colore dorato e schiuma bianca di media persistenza. Naso delicato con sentori erbacei di luppolo e fieno. In bocca ricorda da vicino la sorella filtrata anche risulta più intensa e ricca. Breve persistenza in cui prevale la leggera nota amaricante.

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Peroni Cruda vs Poretti 3 Luppoli Non Filtrata

La tendenza ormai è chiara. I birrifici artigianali hanno segnato il passo e l’industria rincorre cercando di accaparrarsi quei valori (e quei consumatori) che sono bandiera dell’artigianalità. Noi di winemag abbiamo voluto giocare accostando fra loro due birre industriali italiane che fanno proprie, almeno nelle intenzioni, le caratteristiche produttive delle artigianali: Peroni Cruda e Poretti 3 Luppoli Non Filtrata.

Italiane di nome, non nel capitale (Birrificio Angelo Poretti è proprietà di Carlsberg mentre Birra Peroni lo è della giapponese Asahi Breweries), le due birre toccano due dei cardini della definizione di “birra artigianale”, vale a dire l’assenza di pastorizzazione e filtrazione nel processo produttivo.

PERONI CRUDA
“La vita ha più sapore quando la bevi cruda”, gioca sulla rusticità e veracità della “crudezza” la campagna pubblicitaria di Peroni Cruda. Da inizio anno disponibile anche per il mercato retail è una birra lager non pastorizzata e soggetta ad un processo di microfiltrazione.

Colore dorato e schiuma candida e soffice. Poco intensa al naso con le tipiche note maltate della lager. È in bocca che si percepisce la differenza rispetto “alla solita Peroni” (la “bionda per la vita” cui tutti siamo abituati). Più morbida e cremosa avvolge maggiormente il palato e marca maggiormente le note amaricanti del luppolo. Poco persistente.

PORETTI 3 LUPPOLI NON FILTRATA
“Tramandiamo il nostro segreto da mastro birraio a mastro birraio”. È sul valore della tradizione che gioca invece lo spot della 3 Luppoli Non Filtrata, priva per l’appunto del processo di filtrazione, da noi già incontrata durante la sua presentazione a Milano.

Schiuma bianca e soffice anche per la Poretti. Colore dorato velato. Delicata al naso, fresca, con sentori floreali. Leggera ed estremamente beverina mantiene un buon equilibrio fra la componente amaro/luppolata e la dolcezza del malto. Leggera nota acidula data dalla non-filtrazione. Poco persistente.

LA SFIDA
La nostra sfida semiseria non nasce con lo scopo di decretare un vincitore. Chi preferisce una bevuta facile, immediata e senza pensieri prediligerà Peroni Cruda, chi ricerca una nota aromatica più marcata opterà per 3 Luppoli Non Filtrata. Ci preme però far notare come si sia creata una sorta di nuova area di mercato; quasi una “terra di mezzo” punto di incontro fra un consumatore più attento della media ma non così “preparato” da ricercare solo il “microbirrificio”, ed una produzione certo più attenta ma, per sua natura, differente da quella artigianale.

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