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Il caffè delle Isole Canarie: 200 anni di storia nella Valle di Agaete di Gran Canaria

Il caffè delle Isole Canarie 200 anni di storia nella Valle di Agaete di Gran Canaria

Le Isole Canarie sono uno scrigno di biodiversità che nel corso dei secoli si è arricchito di nuove coltivazioni, come quella del caffè. Una produzione relativamente recente. Duecento anni di storia, rendono l’arcipelago il produttore di caffè più a nord del mondo. Ad avere questo primato è in particolare la Valle di Agaete sull’isola di Gran Canaria, dove il caffè è arrivato all’inizio del XIX secolo.

La Valle di Agaete è l’unico luogo in Spagna e uno dei pochi in Europa dove si produce il caffè in modo permanente. Riconosciuto ufficialmente alla Fiera di Parigi del 1898, il caffè della Valle di Agaete è coltivato con tecniche artigianali da oltre 50 famiglie.

Producono 5 mila chili di caffè all’anno in un’area di 45,5 chilometri quadrati di fertile terreno vulcanico situato a 150 metri sul livello del mare, accanto alla Riserva Naturale di Tamadaba, parte della Riserva della Biosfera di Gran Canaria.

LE CANARIE E TYPICA,  IL CAFFÈ DI AGAETE

Il caffè della Valle di Agaete è uno dei più eccellenti al mondo. Si tratta di una varierà di arabica, la “Typica”, di origine etiope. Anche il clima è ideale, classificato come subtropiclae.

La temperatura rimane tra i 18 e i 20 gradi centigradi tutto l’anno, ricreando le condizioni perfette per le coltivazioni tropicali (alberi di banane, boschetti di mango e piantagioni di caffè).

Le famiglie raccolgono il caffè in primavera, rigorosamente a mano. Le bacche sono fatte essiccare su tavole rialzate per 20 giorni per poi procedere all’estrazione dei chicchi del caffè.

Questo processo contribuisce a preservare il sentore dolce tipico della bacca. Il caffè di Agaete è leggero in bocca, molto aromatico e profumato, con certe sfumature acide e un retrogusto amaro molto caratteristico, con note di cioccolato, liquirizia e frutta.

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Nestlè: nuove varietà di caffè per ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni

Gli scienziati di Nestlé, attraverso incroci di varie specie, hanno creato una nuova generazione di varietà di piante di caffè a bassa emissione di carbonio, che sfrutta la naturale biodiversità delle piante senza ricorrere ad alcun intervento di modificazione genetica (Ogm).

Rispetto allo standard, le due nuove varietà di Robusta offrono una resa fino al 50% in più per albero. Questo consente una maggiore produzione di caffè a parità di superficie agricola, fertilizzante ed energia utilizzata, contribuendo dunque a una riduzione fino al 30% dell’impronta di CO2e (biossido di carbonio equivalente) dei chicchi di caffè verde.

Dal momento che il 40-80% delle emissioni di CO2e per produrre una tazzina di caffè sono riconducibili alla filiera dei chicchi di caffè verde, queste varietà innovative potranno contribuire a ridurre in maniera significativa l’impronta di carbonio associata al consumo di caffè.

Con queste nuove varietà – dice Stefan Palzer, Chief Technology Officer (Cto) di Nestlé – contribuiremo in maniera significativa alla riduzione delle emissioni di CO2e legate al consumo di caffè. Inoltre, permetteremo agli agricoltori delle aree colpite dal cambiamento climatico di continuare a produrre un ottimo caffè».

Una di queste nuove varianti di Robusta è già stata sperimentata con successo ed è attualmente coltivata in America Centrale. Queste nuove varietà consentiranno agli agricoltori di aumentare il proprio reddito, permettendo loro di coltivare più caffè a parità di terra, in modo più sostenibile e con una minore impronta di carbonio.

Allo stesso modo, Nestlé sta sviluppando nuove varietà di Arabica ad alta resa, coltivate con l’obiettivo di resistere meglio alla “ruggine del caffè“, un parassita che ha devastato delle piantagioni in America. Anche in questo caso, la nuova gamma contribuisce a una resa più alta a parità di fertilizzante e di terreno utilizzati.

Inoltre gli scienziati di Nestlé hanno sviluppato anche una varietà di pianta di caffè resistente alla siccità attualmente in fase di sperimentazione nei campi dell’Africa Centrale, che garantirebbe una resa fino al 50% in più per pianta in condizioni di stress idrico da moderato a grave. Tutto ciò permetterà di continuare a coltivare il caffè anche nelle aree colpite dal cambiamento climatico.

Il lavoro sulle nuove varietà di piante è condotto dal Centro di Ricerca Nestlé per le scienze vegetali a Tours, in Francia. Attraverso la coltivazione classica, gli scienziati creano continuamente varietà di caffè di qualità superiore, che vengono poi testate nelle aziende agricole sperimentali dell’azienda in America Latina, Africa e Asia.

Infine, le nuove piantine vengono riprodotte e distribuite agli agricoltori di tutto il mondo attraverso i programmi di approvvigionamento sostenibile di Nestlé e le partnership con istituti e cooperative agricole locali. Dal 2011, Nestlé ha distribuito 235 milioni di piantine di caffè ad alte prestazioni attraverso il Nescafé Plan e le nuove varietà sono state incluse in questo programma di approvvigionamento sostenibile.

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Milano Coffee Festival all’insegna dello Slow Coffee: il nuovo modo di concepire il caffè

MILANO – Contiene più caffeina un caffè lungo o un espresso? Che sapore ha la caffeina? Quante varietà di caffè esistono, oltre alle note Arabica e Robusta?

Dubbi che si potranno chiarire in un sorso al Milano Coffee Festival, in programma il 19, 20 e 21 maggio. Appuntamento al Base di via Tortona, 54.

Un’occasione per scoprire come la concezione stessa di caffè stia cambiando, anche in Italia. Avvicinandosi al concetto di “slow coffee”. Avete letto bene. Quello che all’apparenza può sembrare un ossimoro, in realtà è l’espressione più moderna della “pausa caffè”. La versione 2.0.

Ad assicurarlo è Francesco Masciullo, campione italiano Baristi 2017 ospitato ieri da Zodio, a Rescaldina (MI). “Città come Londra e Melbourne – evidenzia il 26enne di origini salentine – sono avanti anni luce rispetto all’Italia su un’idea diversa del caffè. Le caffetterie specializzate sono moltissime, nel mondo. Qui da noi se se contano solo una decina”.

Si può trovare Masciullo dietro al bancone di Ditta Artigianale, a Firenze. A Milano i punti di riferimento sono due: Cofficina e Orso Nero. A Brescia c’è Tostato. Il sud è ancora più restio al “cambiamento”. Ma Quarta Caffè di Lecce sta provando a portare vento nuovo, dopo anni di produzione intensiva di caffè base Robusta (meno qualitativa rispetto all’Arabica e dai sentori meno fini, anche se apprezzabilissimi).

“Esistono 150 specialità botaniche di caffè – ricorda Francesco Masciullo – eppure quella che più si adatta per caratteristiche e qualità alla concezione di ‘slow coffee’ è l’Arabica.  Quando parliamo di slow coffee ci riferiamo a un modo nuovo di concepire il caffè: quello che tecnicamente viene definito ‘caffè filtro’ e che, nel gergo comune, è noto come ‘infuso di caffè'”.

Per ottenerlo esistono almeno due metodi: il V 60 e la french press. A differenza dell’espresso classico, che finisce in tazza per pressione, il caffè si ottiene per “macerazione” o, meglio, per “infusione”.

Un procedimento simile a quello del the o del vino, se si pensa al contatto – più o meno prolungato – del filtro con l’acqua calda, o del mosto con le bucce, per favorire l’estrazione di sostanze come polifenoli e antociani.

In realtà, c’è una sostanziale differenza anche tra V 60 e french press. Il V 60 è tecnicamente definito “drip”: il caffè si ottiene per percolazione. La “V” ricorda la forma di questo semplice marchingegno, nel quale si poggia il filtro e si versa l’acqua calda. Il numero 60 rappresenta l’ampiezza dell’angolo di questa sorta di piramide rovesciata.

I METODI SLOW
A differenza del V 60, il metodo per ottenere un buon caffè attraverso la french press prevede due passaggi: infusione ed estrazione. Cambia dunque il gusto. “L’esame visivo non basta per definire la qualità di un caffè – spiega il campione italiano Francesco Masciullo – occorre infatti assaggiarlo, per definirne l’equilibrio e il corretto bilanciamento”.

Dalla french press possiamo aspettarci un corpo maggiore rispetto al V 60. Prevede infatti una fase di pressione (come l’espresso classico, ma ben più delicata e prolungata) operata dallo stantuffo, definito tecnicamente plunger. In particolare sono tre i passaggi necessari per concedersi un caffè con la french press:

1) Blooming: la pre infusione, che serve a eliminare buona parte della Co2 e dei gas volatili contenuti naturalmente nei chicchi di caffè
2) Infusione
3) Estrazione

Fondamentale il giusto tipo di macinatura. In una scala da uno a dieci:

1) La macinatura 1 è quella del’espresso da bar
2) La macinatura 4 è quella della Moka
3) La macinatura 6 è adatta al V 60
4) La macinatura 8 è perfetta per french press e syphon

Perché è importante la macinatura? “Tra un metodo di estrazione e l’altro – spiega Masciullo – il fattore determinante è il ‘tempo di contatto’ del caffè macinato con l’acqua, all’interno del filtro. Più il metodo richiede tempi lunghi di estrazione, più la grana del caffè dev’essere grande”.

Basti pensare che il tempo di estrazione di un caffè espresso classico è di circa 30 secondi (macinatura fine). Occorrono 2-3 minuti per ottenere un caffè da V 60 (macinatura media). Con il syphon, il tempo di estrazione aumenta, toccando soglia 3-3½ minuti (macinatura media-grossa). Il metodo french press prevede infine 4-5 minuti di contatto (grana grossa).

La prima fase di estrazione è la più delicata, in quanto determina i fattori alla base di un buon caffè:

1) Acidità
2) Dolcezza
3) Amarezza

Anche le dosi di caffè ed acqua sono parte di una vera e propria “ricetta”, utile a ottenere un perfetto slow coffee. Il parametro standard è di 60 grammi di caffè per un litro d’acqua.

Quale metodo privilegiare? “Per una tazza delicata e a suo modo corposa – risponde Masciullo – consiglio di usare il metodo V 60, che trasforma il caffè in un vero e proprio rito. Per una tazza standard, quotidiana e più facile da preparare, sceglierei la french press, che potrebbe tranquillamente prendere il posto della moka, se solo iniziassimo a pensare al caffè in maniera innovativa”.

LA TAZZINA GIUSTA
Fa bene Masciullo a parlare di “tazze”. C’è forse un materiale o una forma migliore per godere appieno degli aromi di un caffè? “Per l’espresso classico – assicura il campione italiano Baristi – fidatevi di tazze con la base convessa, più stretta rispetto alla parte alta”.

“Per quanto riguarda il materiale – conclude Masciullo – consiglio la ceramica, che trattiene più calore del vetro. Lo spessore della tazza è invece legata più a un fattore di estetica che alle capacità di garantire una perfetta degustazione”. Già, “degustazione”. Altro che le veloci “pause caffè”. Alzi la mano, allora, chi è pronto per per la slow coffee revolution.

 

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