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Nuova Doc delle Venezie, Rallo (Uiv): “Modello vincente e replicabile”

Al via oggi l’edizione 2017 di Enovitis in Campo, storica manifestazione organizzata da UIV e Veronafiere, in collaborazione con Fieragricola, in programma fino a domani, 23 giugno, a Cavaion Veronese (VR) presso l’azienda ‘Vigneti Villabella’ (nel cuore del Bardolino classico).

L’evento propone, con prove e dimostrazioni in vigneto, il meglio della tecnologia del settore vitivinicolo con un focus particolare sulla sostenibilità, tema caro per Unione Italiana Vini che da sempre punta alla promozione di un “sistema vigneto” in armonia con l’ambiente, dove la tecnologia rappresenti uno dei suoi fattori strategici primari.

Tra gli eventi più attesi della manifestazione, il Convegno “Pinot Grigio Delle Venezie: evoluzione qualitativa e aspettative di mercato“, alla presenza del presidente del Consorzio di tutela ‘Doc delle Venezie’ Albino Armani, del vice presidente di Veronafiere Spa, Claudio Valente, e del presidente di Unione Italiana Vini Antonio Rallo.

“Quella del Consorzio di Tutela Doc Delle Venezie – commenta Rallo – è una delle più importanti sfide del nostro settore, in grado di accendere i riflettori su un fenomeno produttivo di portata nazionale e mondiale da considerarsi come nuova locomotiva di sviluppo della vitivinicoltura del Paese. Un progetto ambizioso, quanto complesso, che ha unito tre delle regioni italiane maggiormente vocate alla coltivazione vitivinicola verso un obiettivo condiviso, trovando un punto d’incontro tra le rispettive esigenze e sensibilità”.

“Unione Italiana Vini – continua Rallo – ha fin da subito sostenuto e promosso la nascita della Doc Delle Venezie che rappresenta un modello di aggregazione vincente. Un esempio virtuoso che auspichiamo esportabile e replicabile in altre situazioni. Quale palcoscenico migliore di Enovitis, quindi, per illustrare questa esperienza in evoluzione che auspico potrà fornire motivi di confronto utili ad innalzare sempre più il livello del dialogo nel comparto vitivinicolo”.

“In particolare – aggiunge Albino Armani (nelle foto), presidente del Consorzio di Tutela DOC delle Venezie – oggi vogliamo fare focus sul concetto di ‘qualità percepita’ che per noi significa definire un elevato profilo organolettico di riferimento capace di caratterizzare il nuovo Pinot Grigio “delle Venezie” sul mercato rendendolo riconoscibile dal consumatore. Con la nuova DOC non solo aumenterà la tutela del consumatore, grazie alla tracciabilità garantita dalla fascetta, ma vogliamo migliorare la qualità del prodotto per conquistare un diverso posizionamento di prezzo che garantisca la sostenibilità economica della filiera”.

“E’ il nostro primo traguardo – continua Armani – e, insieme, lo start per nuove politiche di sostenibilità sociale ed ambientale del Pinot Grigio che intendiamo realizzare in tutti i territori della denominazione. Enovitis rappresenta il contesto ideale nel quale approfondire queste tematiche che auspichiamo possano stimolare, nel comparto vitivinicolo e tra le Istituzioni, ulteriore consapevolezza e azioni simili in tale direzione”.

I NUMERI DELLA DOC
Da stime del Consorzio di Tutela DOC ‘delle Venezie’ emerge per il Pinot Grigio delle Venezie un quadro molto significativo. Si calcola, infatti, che il giro d’affari complessivo si aggiri attorno ai 750 milioni di euro di cui il 95% destinato all’estero. Di questa parte, circa 300 milioni negli Stati Uniti dove il Pinot Grigio delle Venezie pesa il 30% del totale vino esportato.

Dalla prossima vendemmia, prende il via – tra vigneti e cantine di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino – il nuovo “percorso di valorizzazione del Pinot Grigio italiano” che, nel solo Triveneto costituisce oggi l’85% della produzione complessiva nazionale e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su circa 24 mila ettari: oltre 13.400 ettari in Veneto, 7.100 in Friuli Venezia Giulia e 2.840 nella provincia di Trento.

Il Pinot Grigio rappresenta la quarta varietà di uva coltivata in Italia, segnando una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144%. Il nuovo Pinot Grigio DOC ‘delle Venezie’ comprenderà la produzione della vecchia IGT e tutta la produzione del Pinot Grigio DOC del Triveneto, pur mantenendo le caratterizzazioni territoriali di ciascuna zona.

Obiettivo del Consorzio di Tutela è quello di “muoversi come sistema organizzato, innalzando gli standard qualitativi di produzione, per strutturare l’offerta e per individuare opportune strategie di promozione che permetteranno di aprirsi a nuove prospettive di crescita internazionale”.

Una “promessa di qualità”, come la definisce il Consorzio, “che parte dal disciplinare dove, grazie ad una precisa strategia di filiera, una serie di parametri sono stati orientati alla crescita qualitativa”. “La resa per ettaro – evidenzia il Consorzio – diminuita da 190 a 180 quintali, e la resa uva/vino, passata dall’80 al 70%, hanno ridotto la quantità produttiva a ettaro, tra IGT e DOC, di ben 26 quintali di vino, mentre è stato elevato il titolo alcolometrico naturale minimo delle uve da 8 al 9,5% e il titolo alcolometrico minimo del vino al consumo dal 9 all’11%”.

“ENOVITIS? SULLA STRADA GIUSTA”
“La 12ª edizione di Enovitis in campo, la quarta sotto l’egida di Unione Italiana Vini e Veronafiere-Fieragricola  sottolinea Claudio Valente, vice presidente di Veronafiere Spa – declina l’innovazione direttamente tra i filari e quest’anno stabilisce il nuovo record di espositori –. Una conferma che la strada percorsa è quella giusta e che l’alleanza fra UIV e Fieragricola, che nel 2018 ospiterà l’evento indoor, è strategica per assecondare quei cambiamenti nel comparto vitivinicolo che oggi, oltre alla qualità del prodotto e alla promozione sui mercati, deve avere ben presente il concetto di sostenibilità: economica, ambientale, sociale. Una filosofia che impone un alto tasso di innovazione e richiede coraggio, e investimenti, già nelle fasi di coltivazione della vite”.

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Simei Drinktec 2017, Rallo: “Occasione unica per le imprese italiane”

“Drinktec sarà l’occasione per portare l’eccellenza storica di SIMEI, organizzata da Unione Italiana Vini dal 1963, all’interno di un contesto internazionale che consentirà alle nostre aziende di crescere ancora”.

Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini, fa il punto su SIMEI, la più importante fiera delle tecnologie per enologia e imbottigliamento che si svolgerà dall’11 al 15 settembre 2017 a Monaco di Baviera, in partnership strategica con Drinktec, fiera leader mondiale del liquid food e beverage. La macchina organizzativa della 27esima edizione è già a pieni giri per dare vita ad un’edizione che si preannuncia sempre più all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità, con un respiro ancora più globale.

“Drinktec – aggiunge Rallo – sarà un evento che permetterà ai nostri espositori di esplorare mercati diversi e altri settori del beverage, grazie alla possibilità di raggiungere visitatori nuovi e buyer trasversali. Il pubblico abituale di Drinktec, invece, potrà conoscere i nostri operatori che da sempre si distinguono come nessun altro nell’ambito delle tecnologie dedicate alla filiera vitivinicola”.

“Sarà anche un’importante occasione formativa – evidenzia Rallo – grazie ai convegni e ai workshop in programma, che faranno dialogare rappresentanti dell’industria, del mondo accademico e delle istituzioni internazionali come il CEEV (Comité Européen des enterprises vins), l’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), il CERVIM (Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna), la Stazione Sperimentale del Vetro, l’associazione francese di produttori di superalcolici Spirits Valley, sulle tematiche più significative del comparto e su uno dei temi prioritari di questa edizione: la sostenibilità”.

L’ESPOSIZIONE, I PROTAGONISTI
A SIMEI Drinktec l’eccellenza produttiva e l’innovazione in fatto di macchine e attrezzature del comparto si potranno toccare con mano esplorando gli oltre 20 mila metri quadrati dedicati all’esposizione.

Sarà possibile scoprire, come confermano cinque grandi produttori italiani che non mancheranno a questa edizione 2017, soluzioni tecnologiche estremamente innovative dedicate alla viticoltura, delle quali l’Italia è leader mondiale.

“A SIMEI trovi sempre ciò che cerchi in tema di innovazione e processi – racconta Ernesto Abbona, presidente di Marchesi di Barolo -. Soluzioni inaspettate, frutto della genialità dei nostri imprenditori e ricercatori, che nemmeno immaginavi esistessero. Essere a Monaco sarà un’ottima occasione sia per noi, che potremo ampliare il nostro territorio a livello di vendita, sia per le aziende espositrici, che si faranno conoscere in nuovi mercati. Un’occasione unica di cui potremo beneficiare tutti, perché il benessere di un’azienda del territorio favorisce il benessere del territorio stesso, con ricadute positive ad ogni livello”.

“Ho partecipato a tutte le edizioni sin da bambino e oggi ritorno con i miei dipendenti e i tecnici – aggiunge Quirico Decordi, presidente della Vinicola Decordi. SIMEI mostra un panorama completo del meglio della tecnologia esistente in campo vitivinicolo. La concomitanza con Drinktec rinnoverà il successo dell’evento e lo porterà all’attenzione di nuovi potenziali clienti e mercati, in attesa che torni in Italia nel 2019. SIMEI è, infatti, una fiera che sentiamo molto nostra e, non a caso, i produttori top sono italiani”.

“SIMEI è l’unica fiera dove le macchine sono fisicamente esposte, cosa che permette di verificarne e testarne il funzionamento e l’operatività – commenta Domenico Zonin, presidente di Zonin 1821. Certamente si tratta di un’operazione molto onerosa a carico degli espositori ripagata però, senza dubbio, dall’impatto e dalla ricaduta che un grande evento come questo può generare. Essere a Monaco permetterà agli espositori di confrontarsi con un pubblico ancora più internazionale e di implementare l’export”.

“SIMEI è un motivo di orgoglio italiano: se l’Italia, negli ultimi anni, ha perso terreno in diversi settori strategici, questo non è successo nel campo della tecnologia enologica, dove il nostro Paese primeggia – spiega Sergio Dagnino, direttore generale di Caviro. Noi saremo lì per aggiornarci, vedere quali sono i trend e capire se c’è qualche innovazione da implementare in tempi brevi. Essendo in concomitanza con Drinktec, i visitatori riusciranno ad ottimizzare il loro tempo e gli espositori potranno sfruttare una vetrina che consentirà loro di metter piede anche in territori diversi, andando a solleticare, magari, i concorrenti di beverage e birre”.

“E’ essenziale esserci per sviluppare contatti, ma soprattutto per conoscere il nuovo, perché non c’è niente di peggio del pensare di essere arrivati – sottolinea Lamberto Frescobaldi, presidente di Marchesi de’ Frescobaldi. Bisogna essere umili e andare con tutto l’interesse possibile per portare a casa nuove idee che spingano a un continuo miglioramento. SIMEI è da sempre una fiera di altissimo livello, quindi siamo certi che Monaco, col suo baricentro internazionale, possa stimolare ancora di più la fantasia e dare stimoli nuovi, essenziali per continuare e ripartire alla grande”.

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Sostenibilità in vigna: accordo Uiv Ministero dell’Ambiente

“Questo accordo rappresenta un decisivo passo in avanti nella definizione di un concetto condiviso di sostenibilità per il mondo vitivinicolo. Da un lato, UIV riconosce la validità degli indicatori messi a punto dal progetto VIVA per la misurazione degli impatti ambientali. Dall’altro, il Ministero dell’Ambiente legittima il lavoro ormai quinquennale di Tergeo, confermando la propedeuticità delle ‘buone prassi’ e la valenza del suo Comitato Tecnico- Scientifico”.

Così Antonio Rallo, Presidente di Unione Italiana Vini ha commentato la firma dell’accordo per “La promozione delle reciproche attività sulla sostenibilità nella vitivinicoltura e per la creazione di sinergie” siglato con il Ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti.

L’intesa, che avrà durata minima di due anni, sancisce l’importante collaborazione tra due progetti nazionali che fanno della sostenibilità la loro mission: TERGEO e VIVA, partiti entrambi nel 2011. TERGEO è il progetto nazionale di Unione Italiana Vini che, guidato da un comitato scientifico di altissimo livello costituito da esperti dell’Università, dell’imprenditoria, delle associazioni, del mercato e delle Istituzioni del vino italiano, ha come obiettivo di raccogliere, qualificare e divulgare soluzioni innovative, tecnologiche e gestionali, cioè le cosiddette “buone pratiche”, per migliorare la sostenibilità delle imprese vitivinicole.

COS’E’ V.I.V.A.
“V.I.V.A”, avviato dal Ministero dell’Ambiente, nasce per definire i corretti parametri per la misura delle prestazioni di sostenibilità nella filiera vitivinicola e ha consentito, tra le altre cose, la definizione di un importante disciplinare che costituisce il riferimento tecnico per le aziende che vogliono misurare le proprie prestazioni di sostenibilità sulla base di 4 indicatori (Aria, Acqua, Vigneto e Territorio) e intraprendere il percorso di validazione previsto dal progetto.

“L’accordo che già nel 2014 aveva portato alla realizzazione di una linea guida nazionale sulla sostenibilità nella vitivinicoltura – conclude il presidente Rallo – rappresenta il frutto di anni di impegno e collaborazione tra UIV e il Ministero. Gli obiettivi che ci siamo posti con questa nuova collaborazione ben si configurano con la Strategia di Sviluppo Europea, il cui obiettivo è un progresso sostenibile dove crescita economica, coesione sociale e tutela dell’ambiente, si rafforzano”.

UIV e Ministero si impegnano a collaborare per condividere le buone pratiche viticole ed enologiche ed i relativi manuali di uso; a collaborare per promuovere i rispettivi e sinergici programmi di sostenibilità fra i propri associati mediante i propri strumenti operativi e di comunicazione; a costituire insieme Comitati tecnico – scientifici territoriali che si formeranno nell’ambito di specifici programmi territoriali di sostenibilità e a diffondere a livello nazionale, comunitario e internazionale la Linea Guida sulla Sostenibilità nella Vitivinicoltura. Tutte le attività verranno dettagliate nel Programma di Lavoro che sarà stilato e siglato entro un mese.

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Prosecco più forte della Brexit. Attesi a Vinitaly 400 buyer UK

La Brexit non scalfisce l’amore degli inglesi per il Prosecco. La Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano, con l’aumento record del 33% per un valore di 366 milioni di euro. Un record assoluto. E’ quanto emerge dall’analisi divulgata dalla Coldiretti su dati Istat relativi al 2016 in occasione dell’avvio della procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Buone notizie arrivano anche dall’ente promotore di Vinitaly.

“Si sono già stati registrati 400 nuovi buyer del Regno Unito mai venuti a Vinitaly, che si aggiungono agli oltre 500 presenti ogni anno”, evidenzia il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. “Ovviamente – prosegue – è presto per prevedere cosa sarà del nostro vino nel secondo Paese importatore al mondo, ma ritengo che i freni commerciali non convengano a nessuno. Il Regno Unito esporta verso l’Ue l’equivalente annuo di 2,1 mld di euro in liquori e distillati e importa dal Continente 1 mld di bottiglie di vino per 2,6 mld di euro”.

Un business, quello del vino Ue, che per la Wine and Spirit Trade Association (Wsta) britannica vale nel Regno Unito il 55% di un settore da quasi 20 mld complessivi di euro. “Confidiamo – conclude Mantovani – nella negoziazione da parte della filiera europea del vino, un prodotto che ha visto incrementare notevolmente i suoi consumi a scapito della birra”. Di Brexit si parlerà a Vinitaly (9-12 aprile), nel corso della tradizionale tavola rotonda su Vino e Gdo, con focus proprio sulle prospettive per il vino italiano nel canale della Grande Distribuzione in Gran Bretagna dopo l’uscita dall’Ue (lunedì 10 aprile, ore 10.30).

BREXIT E LEGISLAZIONE SFAVOREVOLE
Come sottolinea Coldiretti, in Gran Bretagna sono state spedite il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3, nonostante il rapporto di cambio si sia fatto più sfavorevole con la svalutazione della sterlina. La Gran Bretagna è di fatto il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy, con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016, rimasto sostanzialmente stabile (+0,7%).  La voce più importante – sottolinea la Coldiretti – è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.

A preoccupare della Brexit, come sostiene Coldiretti, “non è solo la svalutazione della sterlina che rende più oneroso l’acquisto di prodotti Made in Italy, ma anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole. A pagare un conto salato sono state per ora le esportazioni di olio di oliva Made in Italy che con l’esito del referendum sono crollate con una riduzione record del 9%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. A pesare sugli acquisti di olio di oliva italiano è stato infatti anche il sistema di etichettatura a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso indipendentemente di far adottare al 98% dei supermercati inglesi”.

Una certa preoccupazione viene espressa anche da Efow. “Il Regno Unito – evidenzia in una nota l’European Federation of Origin Wines, voce dei produttori di vini a denominazione con sede a Bruxelles – è attualmente una piattaforma globale per il commercio del vino, in particolare per la distribuzione di vino, lo stoccaggio e la riesportazione verso altri Paesi, in particolare verso l’Asia. In definitiva, il Regno Unito è il quinto più grande esportatore di vino in Europa e l’ottavo più grande in termini di volume. Le implicazioni della Brexit riguardano l’accesso al mercato del Regno Unito, compresi i futuri livelli di imposte e tasse, nonché la tutela delle denominazioni del vino in questo mercato”.

UIV: “L’ITALIA PUNTI SULLE SUE VARIETA'”
Sempre a proposito di export di vino italiano è intervenuto Antonio Rallo (nella foto), presidente di Unione Italiana Vini, durante la tavola rotonda del workshop organizzato da SDA Bocconi, School of Management e Wine Management Lab (WML), in collaborazione con ITA (Italian Trade Agency), dal titolo: “La via italiana per la leadership internazionale”. Tra gli altri relatori presenti Michele Scannavini, presidente Italian Trade Promotion Agency (ITA).

“Il vino Italiano – ha detto Rallo – è sempre più percepito come sintesi di stile, cultura, qualità. È un trend che però dobbiamo consolidare rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese all’estero. Fare sistema per valorizzare sui mercati internazionali le sfaccettature della nostra produzione e dei territori di origine, è la strada da percorrere se vogliamo conquistare un posizionamento migliore nei Paesi focus del nostro export”.

“Varietà, diversità e ricchezza dei nostri territori – ha proseguito Rallo – sono un patrimonio da proteggere e da promuovere che bisogna comunicare con molta attenzione. L’eccessiva frammentazione della proposta italiana di vini, infatti, rischia di creare confusione nel consumatore: la qualità espressa da ciascuno di essi, può pertanto risultare più difficile da comprendere. In questo contesto, ICE gioca un ruolo fondamentale grazie alle proprie competenze specifiche in strategie di marketing e comunicazione: attraverso azioni congiunte tra ICE e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione”.

“È necessario – aggiunge Antonio Rallo – mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato, tema sul quale il Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara anche durante i lavori del ‘Tavolo del Vino’ tenutosi al MISE nelle scorse settimane. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione dei singoli brand. Solo così – ha concluso Rallo – potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora spesso poco conosciuti all’estero”.

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Export italiano di vino, nuovo record: 5,6 miliardi nel 2016

L’Osservatorio del Vino rilascia i dati definitivi sull’export 2016 del vino italiano, confermando le proprie stime diffuse nei mesi scorsi. Anche questo è un anno da record: le esportazioni hanno raggiunto quota 5,6 miliardi di euro con un incremento del 4,3% sul 2015, che risulta inferiore, però, rispetto a quello del 2015 sul 2014 (+5,3%). I vini spumanti continuano ad essere i veri protagonisti di questo successo, con un valore di quasi 1,2 miliardi di euro (+21,4%) e un volume scambiato pari a circa 3,35 milioni di ettolitri (+19,9%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 23,9% a volume (quasi 2,3 milioni di ettolitri) e del 32,3% a valore (circa 885 milioni di euro).

Questi, i dati dell’Osservatorio del Vino relativi all’export 2016 del comparto, elaborati su base Istat da Ismea, partner dell’Osservatorio.

“Continua il trend positivo già annunciato dall’Osservatorio del Vino nei mesi scorsi – commenta Antonio Rallo, Presidente Osservatorio del Vino -. A parte i dati del Prosecco, non ci sentiamo di manifestare troppo entusiasmo perché cresciamo meno rispetto al 2015 e a ritmo più lento. Il fenomeno Prosecco va sostenuto con ogni mezzo affinché prosegua la brillante corsa iniziata da qualche anno – sottolinea il presidente Rallo -, ma non possiamo affidarci solo a questo prodotto per migliorare le performance del vino italiano fuori dai confini nazionali. Preoccupa, infatti, il dato relativo ai vini fermi in bottiglia. Il -4,5% fatto registrare dalle consegne oltre frontiera in questo segmento, accompagnato da un lieve arretramento dei valori dello 0,7%, deve far riflettere l’intero mondo produttivo”.

“Dobbiamo, quindi, definire nuove strategie per spingere altri vini italiani che stanno incontrando difficoltà nella crescita sui mercati internazionali – prosegue Antonio Rallo -. Si rivelano pertanto fondamentali progetti di promozione e comunicazione come quelli posti in essere da ICE per sviluppare attività mirate in Paesi chiave per le nostre imprese: in particolare negli Usa, primo mercato estero per i nostri vini, e in Cina. Tra i consumatori cinesi, registriamo una crescita a valore del 13,8% (101 milioni di euro) e a volume dell’11,4% (299mila ettolitri), ma siamo ancora molto lontani dalla Francia che ha migliorato le proprie performance ed esporta per un valore di 612 milioni di euro (+ 9,94%) e volumi di circa 1,79 milioni di ettolitri (+8,89%), come ci confermano i dati delle dogane francesi”.

“In questo senso – conclude Rallo – stiamo intensificando l’attività di UIV al fianco di ICE, proprio con l’obiettivo di migliorare il nostro posizionamento su questi mercati in termini di volumi di vino venduti e di incremento del valore medio a bottiglia”.

Il vino italiano a Denominazione vede incrementare complessivamente le esportazioni del 10,5% in valore (3,3 miliardi di euro) e del 7% in volume (8 milioni di ettolitri), confermando che la cultura del consumatore sta cambiando e la richiesta di vino è sempre più orientata verso prodotti di qualità. Vini e mosti nel complesso fanno registrare ottime performance nelle esportazioni 2016. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco, dove si registra, sullo stesso periodo 2015, un incremento in valore del 5,5%, per un corrispettivo di 1,35 miliardi di euro, e in volume del 3,2% (3,3 milioni di ettolitri). La Germania, secondo Paese d’interesse per il nostro export, torna a crescere sensibilmente rispetto al 2015, con un +1,7 in valore (977 milioni di euro) e un +0,5 in volume (5,56 milioni di ettolitri).

La Francia si rivela quest’anno un buon cliente, acquistando 1 milione di ettolitri (+15,2%) per un valore di 155 milioni di euro (+8,8%). Nel Regno Unito, una leggera crescita in valore (+2,3% per un corrispettivo di 764 milioni di euro) e un deciso arresto nei volumi (-7,4% con 3 milioni di ettolitri), evidenziano la propensione del consumatore a scegliere vini di maggiore qualità, pagando un prezzo/bottiglia mediamente maggiore rispetto al 2015. In Cina il vino italiano cresce in valore del 13,8% (101 milioni di euro) e in volume dell’11,4% (299mila ettolitri). La Russia evidenzia un trend positivo con un +10% in valore (78 milioni di euro) e un +15% in volume (335mila ettolitri).

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Ceta, Coldiretti: “Regalo alle lobby”. Uiv: “20 milioni per il vino italiano negli Usa”

“Un grande regalo alle grandi lobby industriali, che nell’alimentare puntano all’omologazione e al livellamento verso il basso della qualita”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’impatto dell’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreementr) con il Canada. “Nei trattati – sottolinea Moncalvo – va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori”.

“Solo per fare un esempio – continua Moncalvo – i produttori canadesi potranno utilizzare il termine Parmesan, ma anche produrre e vendere Gorgonzola, Asiago e Fontina, mantenendo una situazione di ambiguità che rende difficile ai consumatori distinguere il prodotto originale ottenuto nel rispetto di un preciso disciplinare di produzione dall’imitazione di bassa qualità. Ma soprattutto si crea una concorrenza sleale nei confronti del vero Made in Italy in cui perde l’agricoltura italiana che – conclude Moncalvo – ha fondato sulla distintività e sulla qualità la propria capacita’ di competere”.

In sintesi, il Canada continuera’ a produrre e vendere sul proprio mercato Parmesan e a produrre e vendere Gorgonzola, Asiago, Fontina ma dovrà aggiungere l’indicazione “Made in Canada”. Potrà iniziare a produrre e vendere prodotti non presenti prima come ad esempio lo “squacquerone di Romagna”, ma dovrà aggiungere il termine “style” o “imitazione“. Il Canada, infine, acconsentirà all’ingresso nel proprio mercato del prosciutto di Parma Dop, fino ad ora precluso, in coesistenza con il Prosciutto di Parma canadese.

VINO ITALIANO E CETA
Favorevole all’approvazione del trattato Uiv, Unione italiana Vini, che già nell’ottobre dello scorso anno auspicava una rapida conclusione dell’iter. Il presidente Antonio Rallo (nella foto) commenta oggi così quanto emerso durante il “Tavolo del Vino” riunitosi il 14 febbraio al MISE,  nel corso del quale il sottosegretario Ivan Scalfarotto, insieme ai vertici dell’ICE Michele Scannavini, presidente, e Piergiorgio Borgogelli, direttore generale, ha presentato ufficialmente il gruppo di lavoro di imprenditori vitivinicoli che affiancherà l’ICE di New York nella stesura di un progetto di promozione delle eccellenze Wine and Food del Made in Italy oltreoceano: “Siamo pronti a scrivere una nuova pagina nella storia della promozione internazionale del vino italiano. Le imprese del settore hanno iniziato a strutturare, insieme all’ICE, il piano promozionale sul vino negli Usa che prevede un investimento di 20 milioni di euro per i prossimi tre anni. Il nuovo orientamento all’azione del MISE e dell’ICE voluto da Carlo Calenda, fin da quando era viceministro, portato avanti oggi con il sottosegretario Ivan Scalfarotto e sostenuto dai vertici dell’agenzia per la promozione internazionale del nostro Paese, sta portando i primi, importanti, risultati concreti”.

I DETTAGLI
Saranno Enrico Viglierchio, General manager di Castello Banfi (Toscana), Francesca Planeta, titolare dell’Azienda Agricola Planeta (Sicilia) e Antonio Rallo i delegati dell’Unione Italiana Vini nel “gruppo di lavoro” dell’ICE. Nel corso della prima riunione, sono state individuate le linee guida di un progetto ritenuto, dallo stesso sottosegretario Scalfarotto, inedito per il nostro Paese sia per l’importanza delle risorse economiche destinate al solo prodotto vino, sia per la modalità di progettazione delle attività, frutto di un piano costruito con le imprese.

“Bisogna mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato – ha ribadito Antonio Rallo – tema sul quale il ‘tavolo promozione’ del Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione di prodotto attraverso le fiere, le degustazioni e le presentazioni dei prodotti. Due linee di lavoro parallele  che devono integrarsi evitando sovrapposizioni”.

I DATI
Negli Stati Uniti, secondo le elaborazioni di Osservatorio del Vino – Ismea su dati Ihs-Gta, l’Italia mantiene saldamente la leadership tra i Paesi fornitori, sia in termini quantitativi che in valore. Le importazioni di vino italiano in USA hanno chiuso il 2016 con una progressione del 6,1% in valore superando 1,6 miliardi di euro (per 3,23 milioni di ettolitri) e confermando il primato del Bel Paese. Sono soprattutto le bollicine ad aver determinato questo passo in avanti. Dai dati statunitensi, infatti, emerge che la domanda a stelle e strisce degli spumanti italiani è cresciuta del 28% a volume e del 34% a valore, contro una domanda media a livello mondiale aumentata rispettivamente del 18% e 12%.  L’Italia consolida quindi il primato come fornitore degli Usa anche nel segmento degli spumanti con una quota pari al 55% del totale a volume.

Facendo, però, un confronto complessivo con il più diretto competitor, cioè la Francia, si evidenzia come il gap tra il valore medio dei vini italiani e quelli francesi resti ancora molto elevato. Nel 2016 i vini transalpini erano a 10,5 euro al litro, a fronte dei 5 euro per quelli del Bel Paese. Una problematica emersa anche durante i lavori del Tavolo del Vino di ieri, dove un’indagine di ICE – Veronafiere ha sottolineato come il mercato USA non conosca bene i territori di produzione né le tipologie italiani del vino che non viene ancora associato ai caratteri di esclusività, eleganza e unicità, tipici del nostro prodotto e, pertanto, acquistato in una fascia di prezzo medio-bassa.

“Oggi – sottolinea Rallo – gli investimenti delle aziende per la promozione in Usa necessitano del sostegno di una campagna di comunicazione istituzionale che racconti il sistema vino italiano puntando con decisione ad accrescerne il valore attraverso l’aumento del prezzo medio a bottiglia. È necessario studiare un linguaggio adeguato e dedicato anche ai baby boomers ed ai millennials che rappresentano il presente ed il futuro del consumo di vino di qualità, con un messaggio capace di coniugare il sentiment dell’italian style all’eccellenza dei nostri vini. Dobbiamo, poi, orientare il progetto soprattutto verso gli Stati centrali dove sta crescendo il consumo di vino e noi italiani siamo ancora poco presenti”.

“In questo piano strategico – conclude il Presidente di UIV – vogliamo che ICE, interlocutore attento e competente in strategie di marketing e comunicazione, diventi cabina di regia di tutti i soggetti che, a vario titolo, organizzano eventi sul vino italiano negli USA, creando un grande calendario condiviso di queste attività”.

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Doc delle Venezie e Igt Trevenezie: è fatta. Ora il Consorzio

La quarta varietà di uva coltivata in Italia ha una nuova denominazione di origine controllata. E’ la Doc “delle Venezie”, che interesserà appunto principalmente l’uva Pinot Grigio. Tre le regioni coinvolte: Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia.

Un impasto di interessi e visioni parse sin da subito inconciliabili. Che presto convergeranno in un Consorzio dall’arduo compito: garantire la convivenza di grandi gruppi come Cavit e Mezzacorona con realtà medio piccole, abituate da sempre alla vendemmia manuale. Ventitremila ettari di vigneti di Pinot Grigio nella denominazione, su un totale di 20 mila ettari localizzati nel Nord Est, 10 mila dei quali concentrati nel solo Veneto.

“Il via ufficiale al Consorzio che gestirà la nuova Doc ‘delle Venezie’ – commenta Antonio Rallo, Presidente di Unione Italiana Vini – è l’epilogo di un percorso durato due anni in cui Uiv si è impegnata per favorire il dialogo tra i soggetti coinvolti, sostenendo e agevolando la preziosa attività di mediazione e relazione, associativa ed istituzionale. Un lavoro coordinato da Albino Armani, che ringraziamo e sollecitiamo a proseguire con lo stesso passo verso la costituzione del Consorzio. Strumento grazie al quale sarà possibile riorganizzare e valorizzare la produzione di Pinot Grigio del Triveneto, riferimento nazionale per questa varietà. La nuova Doc sarà garanzia di migliore qualità, controlli efficaci delle produzioni e valorizzazione di un vino che in tutto il mondo è sinonimo di italianità”.

La conferenza stampa di presentazione delle prossime tappe che porteranno all’ingresso sul mercato della nuova Doc delle Venezie e dell’Igt Trevenezie si è svolta in presenza del mondo produttivo delle regioni Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia e del presidente dell’Associazione Temporanea di Scopo (Ats) Albino Armani, che ha guidato questo ambizioso progetto fino ad oggi e che è pronto a gestire il costituendo Consorzio.

I NUMERI
La produzione di Pinot Grigio nel solo Triveneto costituisce oggi l’85% della produzione complessiva nazionale e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su oltre 20 mila ettari: circa 11.500 ettari in Veneto, 6.000 in Friuli Venezia Giulia e 2.800 nella sola provincia di Trento. Il Pinot Grigio Rappresenta la quarta varietà di uva coltivata in Italia, segnando una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144%. Il nuovo Pinot Grigio Doc ‘delle Venezie’ comprenderà la produzione della vecchia IGT e tutta la produzione del Pinot Grigio DOC del Triveneto, pur mantenendo le caratterizzazioni territoriali di ciascuna zona. Nell’ambito della presentazione della nuova Doc ‘delle Venezie’ è stata data voce anche alla nascita della Igt ‘Trevenezie’,  e sono stati presentati i relativi disciplinari di produzione oltre che i futuri programmi di sviluppo.

“Con l’invio al Ministero dello Statuto del Consorzio abbiamo fatto un altro passo importante verso l’organizzazione della nuova Doc ‘delle Venezie’ – spiega Albino Armani (nella foto) – segnando un importante risultato per il settore, che ci qualifica come riferimento nazionale e mondiale per la produzione del Pinot Grigio. La lungimiranza e la determinazione dimostrate da tutti i soggetti delle regioni Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia coinvolti trasversalmente, hanno consentito di individuare un terreno comune su cui dialogare e progettare in sinergia il futuro di una denominazione che, di fatto, raccoglie nel suo complesso le peculiarità di questi tre territori”.

Il produttore veronese Armani ha guidato alla presidenza dell’Ats una squadra composta alla vice presidenza dal friulano Dario Ermacora e dal trentino Alessandro Bertagnoli. Un comitato composto anche da un referente per i produttori, vinificatori e imbottigliatori dei tre territori. Per il Veneto Giorgio Piazza, Corrado Giacomini, oltre allo stesso Albino Armani. Per il Friuli Venezia Giulia, Dario Ermacola, Pietro Rismontin, e Claudio Felluga. Per il Trentino Alto Adige Alessandro Bertagnoli, Rigotti Luca e Luterotti Bruno.

“Ora – continua Armani – la filiera potrà muoversi finalmente come sistema organizzato costituendosi in Consorzio di Tutela e portando gli standard qualitativi di produzione a un deciso innalzamento. Attraverso controlli puntuali ed efficaci per via delle norme produttive più stringenti, oltre che per una più strutturata gestione dell’offerta, il mercato guadagnerà in stabilità, accompagnata da una visione condivisa delle strategie di promozione che permetterà al Consorzio di aprire a nuove prospettive di crescita nel panorama internazionale”.

“Un obiettivo veramente importante – conclude Albino Armani – raggiunto anche grazie all’operato di Unione Italiana Vini che ha lavorato a livello tecnico ed istituzionale per sensibilizzare ed illustrare in modo approfondito e concreto i vantaggi che questa novità avrebbe portato al comparto. Desidero infine ringraziare il Ministero delle Politiche Agricole per la fiducia e l’apertura dimostrate nei confronti di questa iniziativa, che auspico possa diventare modello replicabile per altre realtà vitivinicole italiane”.


“Salutiamo con sincera soddisfazione la prossima costituzione del Consorzio della Doc ‘delle Venezie’ – aggiunge
Paolo Castelletti (nella foto a sinistra), Segretario Generale Unione Italiana Vini – che ci ha visti impegnati fianco a fianco in questi anni per coordinare un processo tutt’altro che semplice, sintesi di sensibilità ed esigenze espresse da regioni significative per la vitivinicoltura italiana come Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia. Una risposta concreta di riorganizzazione del sistema delle Doc verso un modello di aggregazione territoriale e produttiva che facilita il percorso di promozione e valorizzazione identitaria del Pinot Grigio. Un esempio virtuoso di semplificazione del sistema delle Doc, che auspichiamo esportabile anche in altre situazioni”.

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Testo Unico e Dematerializzazione dei Registri di Cantina: tutti i “no” di Marilena Barbera e dei piccoli produttori (lettera)

Per Coldiretti “taglia del 50% il tempo dedicato alla burocrazia, con cento giornate di lavoro che oggi ogni impresa vitivinicola è costretta a effettuare per soddisfare le 4 mila pagine di normativa che regolamentano il settore”. Per il vice ministro all’Agricoltura Andrea Olivero “una legge corretta e completa”. Per Antonio Rallo, presidente di Unione italiana vini (Uiv), “un successo”, anche prima della stesura dei regolamenti attuativi”. Per Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti, “c’è ancora molto da fare sulla rappresentatività all’interno dei Consorzi”.

Se non fosse chiaro, parliamo del Testo Unico sul Vino, che è legge da fine novembre 2016. L’entrata in vigore della “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino” è prevista per domani, 12 gennaio. Ma non mette d’accordo tutti.

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera che ci ha inviato Marilena Barbera, produttrice siciliana titolare delle omonime Cantine Barbera di Menfi (nella foto sopra) provincia di Agrigento. Parole dure, che non lasciano spazio a equivoci, pronunciate a nome di “tanti piccoli produttori italiani” “pienamente insoddisfatti” dal Testo Unico sul Vino e dalla Dematerializzazione dei Registri vitivinicoli.

La dematerializzazione dei registri vitivinicoli è, in questi giorni, tema caldo per i produttori di vino italiani. In parole semplici, si tratta dell’introduzione di un sistema telematico di comunicazione di tutti i dati relativi alla produzione ed alla commercializzazione dei prodotti vitivinicoli (uva, mosto, vino e sottoprodotti) da parte di ogni produttore vinicolo che effettui produzione diretta o intervenga – come trasformatore o imbottigliatore – in qualunque fase del processo produttivo del vino.

Il sistema di trasmissione dei dati, che fa parte di un più ampio disegno di razionalizzazione del sistema italiano del vino, prevede dunque l’invio (con cadenza mensile) ad un sistema informatico nazionale chiamato SIAN di tutti i dati aziendali relativi alla produzione, agli acquisti, alle vendite ed a ogni movimento di prodotti vitivinicoli.

Un sistema che prevede, per il suo funzionamento, la totale informatizzazione di ogni processo produttivo e commerciale all’interno delle aziende agricole e vinicole italiane.

Molte sono state le critiche al sistema, sia da parte degli sviluppatori di sistemi informatici che da parte delle aziende che dal 1° gennaio 2017 dovranno obbligatoriamente sostituirlo ad altri sistemi di comunicazione utilizzati fino ad ora. Le critiche principali si appuntano sull’instabilità del sistema (e questo sono gli sviluppatori a dirlo) e sulla difficoltà di accesso a idonee reti telematiche (questo lo dice la FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) che consentano la trasmissione. Nulla, o poco più di nulla, hanno obiettato le Associazioni di Categoria, comprese quelle che avrebbero il compito di rappresentare le istanze che provengono dal mondo della produzione di vino, composto in prevalenza da piccoli produttori.Il settore del vino in Italia è costituito da poco meno di 48.000 aziende (fonte: Coldiretti: http://tinyurl.com/hkq24ke). Di queste, circa 45.000 sono di piccola dimensione, ossia hanno una produzione media annua inferiore a 1.000 ettolitri (133.000 bottiglie). Il sistema produttivo italiano è, infatti, molto frammentato e composto in prevalenza da aziende piccole e piccolissime: questo appare evidente se si guarda alla dimensione media delle superfici vitate aziendali, che oscillano fra i tre ettari del Friuli Venezia Giulia e i 0,3 ettari della Valle d’Aosta (fonte: I numeri del vino: http://tinyurl.com/hou7j33). Le aziende grandi e grandissime, quelle che producono più di 1000 ettolitri l’anno, sempre secondo Coldiretti, sono circa 2.500.

Il valore dell’intero sistema-vino in Italia si aggira intorno ai 10,5 miliardi di euro (dati 2014). Ma solo le 136 aziende più grandi (quelle che fatturano oltre 25 milioni di euro ciascuna) generano oltre il 59% del valore dell’intero settore vinicolo: il resto viene diviso in 48.000: grandi – ma non grandissime – aziende comprese (fonte: Mediobanca: http://tinyurl.com/jexkzkc).

Una grande o grandissima azienda vitivinicola è composta da molte persone, ciascuna delle quali ha ruoli differenti: c’è chi va in campagna e chi sta in cantina, c’è chi va a vendere il vino e chi coordina i venditori, c’è chi fa la promozione e chi sta in ufficio. In una grande azienda ci sono interi reparti dedicati solo all’amministrazione, alla contabilità, ai rapporti con le banche e gli Enti di controllo. Una piccola azienda, invece, è composta prevalentemente da lavoratori della terra e dai loro familiari e collaboratori, persone che fanno il mestiere del vignaiolo: persone che sanno come si pota una vite e riconoscono con un’occhiata i sintomi di una malattia, sanno quando è arrivato il tempo di raccogliere l’uva solo masticando un acino, sanno fare il travaso di una botte, sanno ascoltare e rispettare la terra. Una piccola azienda vitivinicola magari ha una segretaria che compila le fatture e forse un magazziniere che si occupa delle spedizioni, ma certamente non genera il volume di affari che le permetterebbe di organizzare un ufficio dedicato esclusivamente alla comunicazione dei propri dati ad una serie di enti diversi.

La struttura e l’organizzazione del lavoro tra una piccola azienda e una grande azienda è molto differente. Ed è per questo motivo che nel 1995 questa differenza è stata riconosciuta dalla legge, che con il D.Lgs. N. 504/95 art. 37 ha istituito la figura del “piccolo produttore di vino”, un soggetto giuridico distinto dai grandi produttori di vino: è piccolo produttore di vino colui che produce in media meno di 1.000 ettolitri di vino all’anno, con riferimento all’ultimo quinquennio. Questa norma ha avuto il merito di comprendere, valorizzare e difendere le specificità del lavoro dei piccoli vignaioli italiani, garantendo loro nel tempo alcune semplificazioni di tipo documentale. Ad esempio, sollevandoli dagli obblighi connessi all’istituzione di un deposito fiscale. Ad esempio, esimendoli dalla redazione del DAA telematico, assumendo il fatto che gli stessi dati vengano comunque trasmessi agli organi di controllo tramite altri sistemi informatici. Ad esempio, consentendo loro di tenere i registri di cantina in formato cartaceo.

Queste semplificazioni di tipo documentale hanno sempre e comunque garantito la possibilità di controllo e la trasparenza nella tracciabilità di tutte le operazioni – sia produttive che commerciali, in quanto fanno parte di un sistema che incrocia i dati della produzione tramite il fascicolo aziendale (che va aggiornato ogni anno e contiene la descrizione di ogni superficie coltivata e i dati dell’iscrizione di ogni vigneto al registro nazionale dei vigneti) e le dichiarazioni vitivinicole annuali relative sia alla produzione di uva e vino sia alle giacenze di prodotti vitivinicoli.

A queste comunicazioni si aggiungono quelle del sistema fiscale e doganale, e quelle che vanno trasmesse ai differenti organi di controllo: Camere di Commercio, Ufficio Repressione Frodi (ICQRF), Enti di controllo sulle Denominazioni di Origine (Valoritalia, IRVOS, etc), Enti di controllo sul biologico per coloro che hanno scelto di assoggettarsi. Una pletora di comunicazioni e una sovrabbondanza di burocrazia che il nuovo testo Unico sul vino e il decreto “Campolibero” hanno tentato di ridurre e semplificare, almeno nelle intenzioni.

Buone intenzioni, dunque. Che, a mio avviso, finiscono col generare una gravissima disparità di trattamento e una situazione di iniquità sostanziale perché equiparano le piccole e piccolissime aziende agricole alle grandi e grandissime senza tener in nessun conto le differenze di struttura, di organizzazione, di consistenza economica e patrimoniale, di solidità finanziaria.

Buone intenzioni di semplificazione che non semplificano affatto, ma aggiungono ulteriore complessità al lavoro quotidiano di 45.000 aziende agricole di piccola dimensione, generando da un lato una situazione di estrema difficoltà e di reale ingestibilità del sistema (che ricordo è obbligatorio e immediatamente applicabile dal 01/01/17), dall’altro contribuiscono non a diminuire e a semplificare le comunicazioni, ma a moltiplicarle ulteriormente.

Facciamo un paio di esempi facili, in cui il SIAN non sostituisce affatto, ma si aggiunge alle comunicazioni che già dovevano essere fatte in precedenza.

  • Ho imbottigliato 10 ettolitri di vino DOC dopo essere già stato autorizzato a farlo? Lo comunico al mio Ente di controllo e poi lo ricomunico al SIAN.
  • Ho spedito 300 bottiglie di vino in Francia? Lo comunico prima ai vigili con il documento MVV, poi all’Agenzia delle Entrate con l’Intrastat, poi all’Agenzia delle Dogane con raccomandata, poi di nuovo all’Agenzia delle Entrate con la dichiarazione IVA trimestrale e infine al SIAN. E poi, a fine anno, ovviamente, di nuovo all’Agenzia delle Entrate con la dichiarazione IVA

Cosa accadeva prima? In qualità di piccolo produttore dovevo inviare due (2) comunicazioni all’anno, una per la produzione e una per la giacenza. Da oggi dovrò inviare ALMENO dodici (12) comunicazioni mensili. Almeno, perché un piccolo produttore che svolge anche attività di trasformazione per conto di terzi le comunicazioni dovrà effettuarle quotidianamente, quindi da dodici potrebbero diventare quindici, venti o di più. Una pressione costante, un impegno quotidiano, una complessità gravata anche da potenziali rischi di errore che le grandi aziende risolvono con facilità dedicando un ufficio – fra i tanti – al sistema SIAN.

E i piccoli produttori?

Durante i mesi di relativa tranquillità apparirebbe pure gestibile, anche se ogni mese ti dovrai ricontrollare daccapo tutte le giacenze e tutte le bolle e tutti i rientri di merce per fare questa benedetta comunicazione mensile sul Registro Unico.

Quello che è impossibile è gestire questo sistema IN VENDEMMIA.

Chi non è vignaiolo non sempre capisce cos’è veramente la vendemmia. In vendemmia non si dorme, non si mangia, non si esce con gli amici, non si festeggiano i compleanni, non si va in viaggio di nozze, non ci si riposa il fine settimana, non si va alle fiere né alle cene e spesso nemmeno a consegnare il vino. In vendemmia si vendemmia. E basta.

In vendemmia ci si gioca il futuro dell’azienda. E non solo per l’anno prossimo, ma per molti anni a venire. In vendemmia si pensa a fare il vino, non a comunicare la sfecciatura. In vendemmia si cerca di capire quanti rimontaggi sono necessari per fare il vino più buono di sempre, non se il magazzino del confezionato che devi comunicare corrisponde allo scarico del numero di etichette che hai in giacenza. In vendemmia, chi non ha un bilico in cantina e non ha accesso ad una pesa pubblica nelle vicinanze, il carico dell’uva lo fa ad occhio. L’occhio che dopo tante vendemmie sa quanto tiene il rimorchio, o quanto pesano le cassette. L’occhio che poi si aggiusta sul riempimento delle vasche perché sono graduate, o sul numero delle botti perché il fornitore ti ha detto quanto vino possono contenere.

Io non ho mai avuto paura della vendemmia. E’ pesante, è difficile, è stressante, ma non mi ha mai fatto paura. Quest’anno non lo so. Sto iniziando ad avere paura adesso.

E mi fa paura questo mondo del vino nel quale l’esigenza di controllo sovrasta le umane capacità del vignaiolo di portare a termine un buon lavoro. Un mondo in cui si vogliono applicare le stesse regole a realtà economiche e produttive così differenti che il risultato è di generare ingiustizia e iniquità. Un mondo in cui si fa passare per semplificazione un evidente sovraccarico di adempimenti, molti dei quali sono mere duplicazioni di altri adempimenti. Un mondo in cui al piccolo vignaiolo non si riconosce più la specificità – e dunque la bellezza e l’importanza – del suo lavoro.

Io sono sicura che i vignaioli italiani non abbiano alcuna intenzione di commettere frodi o sofisticazioni, né alcuna volontà di sottrarsi a giusti ed equi sistemi di controllo. Perché, al netto del fatto che questa dematerializzazione ce l’abbiano venduta come un sistema che semplifica gli adempimenti, nella realtà il sistema nasce solo ed esclusivamente per esigenze – giuste e condivisibili esigenze – di controllo.

Come ha detto Stefano Vaccari, Capo Dipartimento dell’ICQRF, durante il suo intervento all’assemblea dell’Unione Italiana Vini del giugno scorso, si tratta di un “cambiamento epocale che porterà l’Italia ad essere il primo paese al mondo ad avere on-line la giacenza e la movimentazione del vino: un elemento di tracciabilità e di controllo delle produzioni che nessun altro sistema produttivo può vantare e che permetterà vantaggi evidenti anche sotto il profilo del contrasto alle frodi, sia per gli organi di controllo, che per gli operatori.” (fonte: Unione Italiana Vini: http://tinyurl.com/h78ct5p).

Non voglio nemmeno soffermarmi a pensare a cosa ne penserebbero i vignerons francesi di un sistema del genere: per molto meno sono scesi in piazza con i rimorchi carichi di letame. E quelli della California e della Nuova Zelanda o dell’Australia o del Cile sono ancora lì che ridono, grandi e piccoli.

Ed è quindi ingiusto e miope non considerare quale prezzo saranno obbligati a pagare i piccoli produttori di vino italiani (45.000 aziende sotto ai 1.000 ettolitri) per permettere che un sistema dominato economicamente da grandi e grandissime aziende non commetta né frodi né sofisticazioni. Ed è un problema politico che né le Associazioni di Categoria, né i partiti, né le istituzioni hanno accettato di sollevare, o di prendere in considerazione.

Perché, se si guarda a chi ha frodato, negli ultimi 50 anni, se si guarda a chi ha generato lo scandalo del metanolo, se si guarda a chi trasforma la “carta” del Nero d’Avola in carta di altre denominazioni più famose non sono i piccoli produttori. Sono i grandi imbottigliatori, sono alcune grandi cooperative, sono i grandi gruppi che hanno investimenti in tutta Italia e all’estero. Il prezzo che 45.000 piccoli produttori pagheranno per consentire a 2.500 aziende che rappresentano oltre i due terzi del valore complessivo del vino italiano di tutelare la rispettabilità del sistema del vino italiano è troppo alto.

Benvenuta semplificazione, dunque, ma non questa. Questa non è una semplificazione, è (come ho detto altrove) una mostruosità che non ci permette di fare il nostro lavoro: che è quello di fare il vino.

Marilena Barbera

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Unione italiana vini: “2016 positivo per il vino italiano”

Ripresa dei consumi nel mercato interno per il vino di qualità. Leggera crescita dell’export. Dematerializzazione dei registri e approvazione del Testo Unico della Vite e del Vino. Sono questi alcuni punti del bilancio estremamente positivo, “sia sul fronte organizzativo sia politico”, presentato ieri dal presidente di Unione Italiana Vini, Antonio Rallo, all’ultimo Consiglio Nazionale Uiv del 2016. 

Proprio sull’approvazione del Testo Unico si è espresso il vice ministro dell’Agricoltura, Andrea Olivero: “È nato per merito della collaborazione tra i soggetti della filiera produttiva – ha evidenziato – di cui Unione Italiana Vini è autorevole espressione. Grazie al suo operato, questo lavoro è stato possibile in un tempo relativamente breve. Uiv, in questi anni, non ha tutelato solo gli interessi dei propri associati ma ha portato avanti le istanze di tutto il mondo vitivinicolo italiano. Questo coraggio nell’interpretare e proporre un’idea virtuosa di ‘bene comune’, è stato indispensabile per formulare una legge corretta e completa. UIV rappresenta, in sintesi, un soggetto economico conscio della propria responsabilità nei confronti del comparto e un vero motore del vino italiano, di cui l’Italia ha veramente bisogno”.

“Con 60 nuovi soci e l’ingresso del Movimento Turismo del Vino in Unione Italiana Vini – ha commentato il presidente di UIV, Antonio Rallo – abbiamo toccato quest’anno un record di adesioni che premia il lavoro promosso da tutto il Consiglio Nazionale. Tra i grandi traguardi raggiunti nel 2016, è significativo il rafforzamento del nostro ruolo di rappresentanza nazionale ed europea: uno scenario positivo per la Confederazione, proiettata, grazie alle ultime novità introdotte dal Testo Unico, verso un programma concreto di modernizzazione del settore”.

Alla consueta serata degli auguri che ha anticipato l’ultimo Consiglio UIV dell’anno, hanno partecipato rappresentanti delle Istituzioni italiane e straniere, confermando l’amicizia e la stima nei confronti di Unione Italiana Vini, sempre più solido e apprezzato riferimento del mondo del vino a livello nazionale. Tra i presenti, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Il vino -ha commentato – è cultura e rappresenta una parte importante della nostra tradizione. In questi termini va approcciato e raccontato, per proporre un modello di consumo consapevole, rispettoso dei valori nobili che questo comparto, da sempre, esprime. Unione Italiana Vini si muove proprio in questa direzione e, da qui, nasce il sostegno che il Ministero della Salute sta dando ai progetti di educazione alla responsabilità nel consumo di vino fino ad ora proposti da UIV”.

Per quanto riguarda il dettaglio dei consumi interni, si registra che nella Gdo sono cresciuti per il vino di qualità (fino a 0,75 l) del 3,8% a valore e dell’1,7% a volume (Fonte dati IRI – novembre 2016). Anche il canale Horeca fa rilevare un incremento delle vendite del 7,5% a valore e del 7% a volume (proiezione fine anno su dati Osservatorio del Vino). Il dato dell’export relativo al periodo Gennaio – Settembre vede una crescita del 3,3% a valore e del 1,4% a volume, trainato dal Prosecco (dati Osservatorio del Vino). Se si mantenesse tale trend, il valore delle esportazioni a fine anno potrebbe superare la soglia dei 5,5 miliardi di euro.

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Enoturismo verso il Testo Unico. Mongiello: “Pronta proposta di legge”

“Ho approntato una proposta di Legge sull’Enoturismo che faccia finalmente ordine, anche sul piano fiscale, su un settore agricolo sempre più fondamentale del nostro Paese. La mia proposta è ora aperta alle osservazioni di tutti, a partire da quelle del Movimento Turismo del Vino”. Lo ha detto, oggi al wine2wine di Veronafiere, la componente della Commissione Agricoltura della Camera, Colomba Mongiello. “Il testo – ha proseguito Mongiello – configura economicamente come nuova attività rurale l’ospitalità, l’accoglienza, le visite a cantine e vigneti e la somministrazione di prodotti non cucinati. Queste attività sono comprese nell’ambito delle attività agricole e costituiscono a tutti gli effetti reddito agrario. Si tratta – ha concluso – di una proposta che parte dal basso, che depositerò subito dopo un confronto con la filiera”.

La notizia è stata accolta con soddisfazione da parte del Movimento Turismo del Vino (Mtv) e del suo presidente, Carlo Pietrasanta: “Valuteremo il testo con attenzione nella consapevolezza che sia fondamentale ordinare un settore che, nonostante i suoi 2,5 miliardi di euro di fatturato e 13 milioni di arrivi in cantina, è sempre stato nei fatti spesso trascurato dalle istituzioni. Ringrazio Colomba Mongiello – ha proseguito il presidente di Mtv – che da tempo ha compreso l’importanza dell’enoturismo e soprattutto la necessità di regolamentare un comparto che fa bene all’agricoltura e al turismo”.

“L’enoturismo – ha detto al convegno il presidente di Unione Italiana Vini, Antonio Rallo – ha bisogno di un quadro normativo di riferimento specifico che offra all’impresa regole certe per operare, al consumatore la garanzia di un’offerta turistica di qualità, alle istituzioni strumenti di controllo. Vogliamo vedere valorizzato il nostro ruolo di ‘sentinelle del territorio’. Bene, quindi, la proposta Mongiello perché colma un vuoto legislativo e sviluppa il concetto di polifunzionalità dell’azienda vitivinicola. Costruiremo un’alleanza forte tra UIV e MTV per arrivare ad un testo unico dell’enoturismo che offra una risposta completa alle esigenze delle nostre imprese”.

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Mtv, Testo Unico dell’Enoturismo: “Legge necessaria”

Focus sulla regolamentazione del turismo del vino al wine2wine con il convegno MTV, “Enoturismo: una legge per mettere ordine”, in programma a Veronafiere il 6 dicembre alle ore 16.30. A fare il punto sul tema, alla luce dell’approvazione definitiva del Testo Unico del Vino, il presidente del Movimento Turismo del Vino Italia, Carlo Pietrasanta, l’onorevole Colomba Mongiello, il presidente dell’Unione Italiana Vini, Antonio Rallo e il responsabile delle relazioni istituzionali del Movimento Turismo del Vino Italia, Maurizio Pescari.

“Con il Testo Unico del Vino – ha detto il presidente del Movimento Turismo del Vino Italia, Carlo Pietrasanta – il concetto di enoturismo ha ottenuto un riconoscimento che però non è sufficiente sul piano fiscale. Questa norma taglia-burocrazia, infatti, da una parte rappresenta un passo avanti per il settore, dall’altra non fornisce una risposta esaustiva per un fenomeno che, con i suoi 2,5 miliardi di euro di fatturato e 13 milioni di arrivi in cantina, riveste un ruolo chiave per l’economia italiana e il turismo made in Italy. Ora è più che mai urgente lavorare ad un Testo unico dell’Enoturismo”.

Pietrasanta si era già espresso duramente in merito allo “stallo” dell’enoturismo italiano. “L”enoturismo è tricolore, lo si può dire con certezza. Ma è un tricolore francese, non certo il nostro”, tuonava il presidente nazionale del Movimento Turismo del Vino a commento delle importanti iniziative intraprese in Francia in favore dell’enoturismo. Dichiarazioni che risalgono al giugno scorso. A pochi giorni dall’inaugurazione di fine maggio, a Bordeaux, de La Cité du vin, “La città del vino” francese.

“Il turismo del vino rappresenta un asset strategico per lo sviluppo della nostra vitivinicoltura – ha osservato Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini – che oggi ha bisogno di un nuovo quadro di riferimento normativo in grado di supportarne lo sviluppo con regole adeguate. Dopo il grande lavoro portato avanti con successo sul Testo Unico del Vino sono convinto che abbiamo costruito tutte le premesse di carattere politico e istituzionale per favorire un percorso più snello per la condivisione di una normativa dedicata al turismo del vino, oggi richiesta da tutte le nostre imprese”.

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Il Testo Unico per il Vino è legge

“Il Testo Unico per il Vino è legge. La Camera ha approvato, a soli due mesi dal passaggio iniziale e dopo l’ultima votazione al Senato, la prima regolamentazione certa e completa a livello europeo del nostro comparto. Un testo organico di 90 articoli che fanno del vino l’unico prodotto dell’agroalimentare ad avere una disciplina di questo tipo, che chiude un iter di tre anni di lavoro nel corso dei quali la filiera si è presentata unita in ogni confronto. Le istituzioni e le forze politiche hanno dimostrato una nuova attenzione e disponibilità al dialogo che ha dato vita ad un documento di cui siamo certamente soddisfatti”.

Così Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini, commenta l’approvazione definitiva di oggi da parte della Camera dei Deputati del Testo Unico della Vite e del Vino che era stato già approvato il 17 novembre con voto unanime da parte del Senato. Ora il testo è legge e contiene numerose delle istanze che UIV, insieme alla filiera, aveva proposto, sulla scorta delle esigenze espresse dalle imprese, come: lo snellimento burocratico, la semplificazione ed il miglioramento dell’efficienza del sistema dei controlli, la rivisitazione del sistema sanzionatorio (con l’introduzione della diffida e del ravvedimento operoso che per la prima volta vengono applicati in agricoltura).

Sono molte altre le novità introdotte da questa legge: l’istituzione di un registro unico dei controlli; l’introduzione di ulteriori strumenti di tracciabilità del vino (con sistemi telematici di controllo); alcune semplificazioni per la tenuta dei registri dematerializzati; il riconoscimento del vino e dei territori viticoli come patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare (vigneto sentinella del territorio); la salvaguardia da parte dello Stato dei i vigneti in territori soggetti a rischio idrogeologico e di pregio paesaggistico, storico, ambientale; la definizione più rigorosa di vitigno autoctono italiano.

Fissati i criteri generali del Testo Unico – spiega il presidente Rallo – ora si apre il lavoro sui regolamenti attuativi che andranno a normare nei dettagli temi molto importanti quali: i piani di controllo dei vini a Denominazione d’Origine e Indicazione Geografica, l’etichettatura, la gestione dei contrassegni di Stato, i Consorzi di Tutela. L’auspicio è che la filiera si mantenga compatta anche in questa fase di confronto con il Ministero: la stesura dei regolamenti attuativi rappresenta, infatti, un percorso importante e strategico al pari della norma generale”.

“Ringrazio gli Onorevoli parlamentari di tutti i gruppi politici, il Ministro Martina, il Vice Ministro Olivero, i dirigenti e i collaboratori del Ministero, per l’impegno profuso – conclude Antonio Rallo. In particolare, desidero esprimere la nostra gratitudine ai relatori: l’On. Massimo Fiorio e la Senatrice Leana Pignedoli, per aver contribuito, insieme ai presidenti On. Luca Sani e Sen. Roberto Formigoni, ad accelerare il complesso iter legislativo della legge”.

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Cina, Rallo: Wine Ambassador risorsa preziosa per il vino italiano

 “La Cina è un Paese che offre grandi opportunità per il comparto vitivinicolo italiano, in quanto registra tassi tra i più alti nel mondo sia di incremento dei consumi che delle importazioni. Da qui, l’impegno di Unione Italiana Vini, insieme al Ministero dello Sviluppo Economico, ICE ed Enoteca Italiana, nel progetto “Top Italian Wine & Spirit Course”, il cui obiettivo è stato quello di formare 80 operatori cinesi attraverso i quali promuovere la conoscenza del vino italiano in Cina. Abbiamo premiato con un diploma gli appassionati e competenti professionisti che hanno approfondito le tradizioni, la storia e la geografia dell’enologia italiana. A tutti loro – sommelier, giornalisti ed influencer – i produttori italiani hanno affidato, simbolicamente, un messaggio di qualità e cultura territoriale, promuovendoli quali ambasciatori della nostra migliore tradizione produttiva”. Con queste parole Antonio Rallo, Presidente di Unione Italiana Vini, è intervenuto a Pechino alla cerimonia conclusiva del progetto Top Italian Wine & Spirit Course”, che si è inserito nell’altrettanto importante iniziativa della “Prima settimana della cucina italiana nel mondo”, organizzata da MAECI, MISE e MIPAAF e alla quale UIV ha deciso di non mancare. Durante la serata, il Presidente Rallo, l’Ambasciatore italiano a Pechino Ettore Sequi e l’Amministratore dell’Enoteca Italiana Egidio Bianchi, hanno consegnato, alla presenza di illustri rappresentanti delle Istituzioni cinesi e italiane, i diplomi agli 80 partecipanti dei corsi frequentati sia in Italia che in Cina.

“Il progetto Top Italian Wine & Spirit Course, – conclude il Presidente Rallo – è il risultato di una strategia di ‘Sistema’ che sta dando i suoi primi frutti e che punta a diffondere la conoscenza dell’Italia come Paese del vino. Le attività di comunicazione e formazione realizzate, sono fondamentali per accrescere in modo efficace il valore del nostro vino nel vasto mercato cinese, e supportarne le vendite. Le esportazioni dei vini italiani sono cresciute nei primi otto mesi di quest’anno. Un trend che dobbiamo consolidare, rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese con azioni sistemiche che vedano insieme imprese ed Istituzioni, come sperimentato con questo progetto”.

PROGETTO “TOP ITALIAN WINE & SPIRIT COURSES”
Obiettivo primario del progetto Top Italian W&S è la formazione di ambasciatori del vino italiano in Cina. Il progetto è costituito di tre parti:

1) la prima parte, terminata in ottobre 2015, prevedeva la sezione dedicata agli incoming, rivolta ad operatori del settore vitivinicolo cinese. In tutti gli incoming, i delegati cinesi (professionisti del comparto, settore comunicazione e media, settore istruzione professionalizzante) sono stati accompagnati da interprete italiano/cinese. I contenuti della formazione sono stati identici nei tre incoming, con lo scopo di fornire materiale didattico e sussidiario alla conoscenza ed approfondimento di tutto il patrimonio vitivinicolo italiano. Le degustazioni hanno invece permesso di ‘scendere’ nella regionalità e tipicità dei territori visitati.

2) la seconda parte è terminata nel mese di ottobre 2016, e prevedeva la formazione in Cina: i corsi, realizzati nelle aree di Chengdu, Shanghai, Canton e Pechino, miravano a incrementare il livello di conoscenza del consumatore cinese ancora non adeguatamente consapevole della varietà e qualità dell’offerta vinicola italiana, ma in particolar modo intende costruire un modulo didattico (ripetibile e declinabile in base alle esigenze dei delegati ambasciatori/formatori), dedicato essenzialmente all’abbinamento dei vini italiani ai principali cibi cinesi.

Questi primi due percorsi si concludono con la serata di premiazione a Pechino dove il Presidente UIV Antonio Rallo ha consegnato agli 80 partecipanti un diploma con valore effettivo alla presenza di istituzioni cinesi e dell’Ambasciatore italiano a Pechino.

3) la terza fase consta nella realizzazione di un portale internet in lingua cinese, italiana ed inglese volto alla promozione del vino italiano. La società selezionata alla realizzazione dello stesso ha inviato ad ICE la proposta progettuale che prevede in home page i contatti dei partner del progetto e cinque aree differenziate nei contenuti. In particolare, un’area conterrà al suo interno l’elenco delle aziende italiane che parteciperanno al progetto. Le singole aziende potranno essere ricercate attraverso i seguenti filtri:

Geolocalizzazione, Brandi, Tipologia vino, Vitigno, Alfabetico nome e avranno a disposizione dei “mini siti”. Questo portale vuole rappresentare uno strumento di comunicazione che dovrà essere inserito all’interno di una strategia di digital marketing messa a punto con specialisti del settore, nell’ambito di un più ampio progetto di comunicazione del vino in Cina, al momento in fase di definizione (il portale è ancora in fase di realizzazione).

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Vino italiano, Fem: “L’export migliora la qualità”

“La percentuale del vino italiano che viene venduta all’estero è in crescita e per molte aziende ha oltrepassato la soglia del 50% della produzione. Questo implica che all’interno delle azienda vitivinicola ci siano delle persone con delle competenze specifiche per seguire il lavoro di vendita e promozione sui mercati esteri”. Steve Kim, managing director di Vinitaly International, ha moderato oggi il settimo seminario internazionale di marketing del vino organizzato dalla Fondazione Edmund Mach (Fem) a San Michele all’Adige (Trento) e centrato sui nuovi modelli per l’export.

L’evento, rivolto ad esperti di marketing del vino, produttori e studenti, si inserisce all’interno del percorso formativo di eccellenza “executive master wine export management”, che forma gli specialisti dell’export vini. Professionisti in grado di supportare le aziende del vino nel complesso processo di internazionalizzazione. Oggi, al termine del seminario, si è svolta anche la consegna degli attestati a 24 nuovi manager del vino.

“Abbiamo analizzato quali sono queste competenze, i mercati storici del vino italiano, ma soprattutto quelli nuovi e la Cina in particolare, dove l’Italia del vino non è ancora riuscita ad affermarsi come hanno fatto i cugini d’Oltralpe, ma si stanno facendo enormi sforzi per recuperare terreno” ha detto Kim, l’esperta coreana a capo del braccio strategico internazionale di Vinitaly e impegnata ad utilizzare i canali innovativi per comunicare e celebrare “il vino italiano” all’estero – con un’enfasi creativa sui social media – sempre con un occhio di attenzione per aiutare i produttori italiani a vendere di più di una semplice bottiglia di vino.

LA CRESCITA
L’export vitivinicolo italiano è fortemente cresciuto in quest’ultimo ventennio a dimostrazione del grande appeal internazionale della nostra vitienologia. E’ cresciuta però anche la concorrenza sui mercati internazionali, sono aumentate le problematiche organizzative, si sono fortemente modificati i sistemi distributivi e la stessa rete di importazione si è decisamente evoluta in quest’ultimo quinquennio. Grandi evoluzioni che stanno obbligando le imprese enologiche italiane a grandi sforzi organizzativi e ad aumentare fortemente la loro capacità di gestire la loro presenza sui mercati internazionali.

“Occorre puntare sulla qualità del vino, ma anche creare marchi in grado di esprimere uno stile di vita. Se riusciamo a fare questo le opportunità sono enormi”, ha detto Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari nonché direttore dell’International Wine and Spirits Competition IWSC, intervenuto assieme ad Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini e titolare della cantina Donnafugata, Emilio Pedron, amministratore delegato di Bertani Domains, Raffaele Boscaini, responsabile Marketing Masi, Francesco Ferreri, presidente di Assovini Sicilia, Matilde Poggi, presidente Fivi e titolare di Le Fraghe, Roberta Crivellaro dello studio legale Whiter.

A conclusione della tavola rotonda si è svolta la consegna degli attestati ai 24 nuovi export manager del vino, provenienti da varie regioni italiane e selezionati da una commissione che ha valutato oltre 70 candidature. Intanto, è tutto pronto per il prossimo corso: il 31 dicembre scadono i termini per iscriversi alla quinta edizione del corso di wine export management.

 

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Analisi e Tendenze Vino

Ttip e Ceta: Unione Italiana Vini per il sì al trattato

“Un successo della diplomazia europea che apre prospettive molto interessanti per i nostri vini nel mercato canadese e che, sono certo, aiuterà la chiusura degli altri importanti accordi di libero scambio, primo tra tutti il Ttip”.

Con queste parole Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini (UIV) ha commentato il benestare del Belgio al Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada che pesa complessivamente 12 miliardi di euro e che apre la strada alla definitiva approvazione da parte dell’Unione Europea di un trattato che, sempre secondo Uiv, “apre prospettive di sviluppo molto importanti per i vini europei ed italiani nel mercato canadese”.

Ceta – evidenzia ancora Unione italiana vini – rafforzerà la protezione dei vini ad Indicazione Geografica, integrando e migliorando l’accordo Wine & Spirits del 2004″.

“Il Canada – spiega Antonio Rallo – rappresenta il quinto mercato di sbocco del nostro export che, in questo Paese, nel 2015 ha fatto registrare un incremento dell’8,4% sul 2014, per un valore di 300 milioni di euro. Grazie alla firma del Ceta, che annullerà i dazi doganali e introdurrà il riconoscimento e la protezione delle nostre Denominazioni di Origine, siamo certi che il valore dell’export dei vini italiani crescerà”.

“Un ulteriore importante risultato dell’accordo col Canada, seppur indiretto – continua Rallo – sarà la spinta propulsiva alla chiusura degli altri importanti accordi commerciali su cui sta lavorando la Commissione Europea, primo tra tutti quello con gli Stati Uniti”. Il prossimo step per la ratifica del Ceta sarà il passaggio al Parlamento Europeo. “Passaggio – conclude Rallo – sul quale però non abbiamo alcuna preoccupazione, soprattutto in virtù delle rassicurazioni raccolte dagli europarlamentari italiani nei giorni scorsi durante il nostro ultimo incontro a Bruxelles”.

TTIP: LE RAGIONI DEL NO
I detrattori del Ttip, che hanno dato vita a un comitato permanente denominato “Stop Ttip”, sostengono con fermezza la “pericolosità” dell’accordo: “Tutti i settori di produzione e consumo come cibo, farmaci, energia, chimica, ma anche i nostri diritti connessi all’accesso a servizi essenziali di alto valore commerciale come la scuola, la sanità, l’acqua, previdenza e pensioni, sarebbero tutti esposti a ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte delle imprese e dei gruppi economico-finanziari più attrezzati, e dunque più competitivi. Senza pensare che misure protettive, come i contratti di lavoro, misure di salvaguardia o protezione sociale o ambientale, potrebbero essere spazzati via a patto di affidarsi allo studio legale giusto e ben accreditato”.

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Vendemmia 2016, la Francia cede il primato all’Italia

E’ atteso un calo di circa il 10% della produzione di vino in Francia rispetto allo scorso anno con produzione si dovrebbe quindi attestare a 42,9 milioni di ettolitri, di molto inferiore ai 48,5 milioni di ettolitri stimati per l’Italia da Ismea. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base del servizio statistico del ministero agricolo transalpino Agreste, dalla quale si evidenzia che l’Italia conquista quest’anno il primato mondiale nella produzione mentre la Francia potrebbe addirittura perdere addirittura il posto d’onore a vantaggio della Spagna dove le prime stime parlano di valori attorno ai 45 milioni di ettolitri. La débacle produttiva francese è dovuta a gelate primaverili che hanno colpito alcune zone viticole (Champagne, Borgogna e la Valle della Loira), episodi ricorrenti di vento, cui si sono aggiunti il peggioramento della siccità verso il Mediterraneo e la grandine in alcune aree (Charente, Borgogna-Beaujolais, Linguadoca-Rossiglione) che hanno pesano sulla raccolta. In Italia, come evidenzia Coldiretti, si registra un andamento fortemente differenziato tra le diverse regioni con il primato produttivo in Veneto con 9,7 milioni di ettolitri in aumento del 2% rispetto allo scorso anno, ma incrementi del 5% sono previsti anche in Emilia Romagna, dell’8% in Toscana, del 5% in Piemonte e in crescita anche la Puglia mentre un forte calo del 15 % si rileva in Sicilia, tra le regioni con i maggiori raccolti.

“L’Italia – commenta il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina – si conferma primo produttore di vino al mondo per quantità. Un dato importante, soprattutto tenendo conto della grande qualità che sappiamo sviluppare in tutti i territori delle nostre regioni. Ora dobbiamo diventare leader anche per valore. Una sfida alla nostra portata, che vogliamo e dobbiamo vincere insieme ai produttori, continuando a investire su qualità e innovazione. Il Governo fa la sua parte. Nel nostro piano di ricerca per le biotecnologie sostenibili c’è un Focus specifico dedicato alla vite, così come la viticoltura sarà protagonista nella crescita dell’agricoltura di precisione in Italia. Agiamo poi sulla semplificazione per le aziende e sul fronte della promozione e della tutela. Anche sul web”. Proprio il 9 settembre, l’Italia sarà protagonista sulla piattaforma di e-commerce Alibaba in occasione della giornata dedicata al vino.” Un segnale importante – dichiara Martina – che ci dimostra le potenzialità di questo settore e le occasioni da cogliere sui mercati internazionali. Abbiamo un sistema vitivinicolo da oltre 14 miliardi di euro, con un export che nel 2015 ha toccato il record dei 5,4 miliardi e che nei primi cinque mesi del 2016 ha registrato un trend in crescita. Non solo numeri – conclude Maurizio Martina – ma tradizione, legame con il territorio, eccellenza, una biodiversità che vanta oltre 500 vitigni coltivati. È questo che rende il sistema Italia unico al mondo. È su questo che dobbiamo costruire il successo dei prossimi anni”.

“Una buona vendemmia quella del 2016 – aggiunge Antonio Rallo (nella foto), Presidente Unione Italiana Vini (Uiv) – che mantiene valori quantitativi da record superando le previsioni di Spagna (42,9 milioni di hl) e Francia (43 milioni di hl). Dopo un andamento primaverile non sempre favorevole l’estate si sta chiudendo con ottime condizioni. Il miglior battesimo per l’Osservatorio del Vino, promosso da Uiv e Ismea che, quest’anno per la prima volta, diffonde le previsioni vendemmiali raccogliendo l’eredità della ventennale collaborazione tra questi due soggetti. I dati rilevati, sono frutto di una ricognizione puntuale effettuata tra il mese di agosto e i primi di settembre in tutte le zone vitate del Paese, integrati, grazie all’Osservatorio, in un sistema organico e strutturato di monitoraggio della produzione e dei mercati interno ed internazionale che rappresenta un punto di svolta per il sistema vitivinicolo italiano”.

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Il vino italiano alle Olimpiadi di Rio 2016

“Il vino italiano sarà protagonista a Rio de Janeiro durante le prossime Olimpiadi grazie ad una partnership tra Unione Italiana Vini e Casa Italia. Avremo l’occasione di presentarci al mondo con un messaggio di eccellenza e buon gusto per raccontare i nostri prodotti, il nostro territorio e la nostra passione, entrando a far parte di un progetto tutto italiano che mira a valorizzare il nostro Paese nello sport, nell’arte, nel design e nell’agroalimentare”. Con queste parole Antonio Rallo, presidente Unione Italiana Vini, è intervenuto a margine dell’evento di presentazione delle iniziative promosse dal Sistema Italia in occasione dei XXXI Giochi Olimpici e dei XV Giochi Paraolimpici di Rio de Janeiro, dal titolo “L’Italia a Rio 2016”, aperto oggi alla Farnesina dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Paolo Gentiloni, in presenza del Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini. Sono intervenuti l’Ambasciatore del Brasile in Italia, Ricardo Neiva Tavares, il Presidente del CONI, Giovanni Malagò, e altri importanti esponenti del mondo sportivo e delle istituzioni.

Le Olimpiadi rappresentano da sempre un momento di incredibile aggregazione – conclude Antonio Rallo – durante il quale tutto il mondo si sofferma sui valori più elevati dello sport e della sana competizione tra atleti e Paesi in gara. In tale contesto diventa un privilegio poter esprimere, insieme al talento degli atleti, il talento che il sistema del vino italiano possiede per natura e tradizione millenaria, portando un assaggio della nostra qualità nei brindisi di Casa Italia”. In occasione delle Olimpiadi 2016, Casa Italia sarà ospitata dal Costa Brava Clube, Club storico di Rio de Janeiro progettato negli anni ’60 dall’architetto Ricardo Menescal. In quella prestigiosa sede, sarà possibile degustare numerosi vini di pregio provenienti dalle principali regioni italiane e offerti da un nutrito gruppo di aziende associate a Unione Italiana Vini, rappresentative del miglior export italiano.

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Vino, enoteche in crescita nel primo trimestre 2016

“I dati dei primi tre mesi del 2016 ci parlano di un aumento complessivo delle vendite del 5,4% a volume e del 6,2% in valore, offrendoci un quadro complessivo ottimistico, in linea con il trend riscontrato negli ultimi due anni. Dati che ci fanno ben sperare rispetto alla tendenza al ribasso nei consumi fuori casa che ha caratterizzato il periodo 2008-2013. L’Osservatorio del Vino apre finalmente una finestra sui consumi in un settore complesso come l’Horeca”. Con queste parole Antonio Rallo, presidente dell’Osservatorio del Vino, commenta i dati sui consumi fuori casa, ovvero l’”On Trade” italiano (ristoranti, bar, enoteche, hotel, catering), del primo trimestre 2016, rilevati da Nomisma Wine Monitor (partner dell’Osservatorio del vino) su un campione di 23 grandi e medie aziende che rappresentano un fatturato complessivo pari a 2 miliardi di euro. Lo studio evidenzia che i vini spumanti trainano i consumi con un +9,5% in valore e un +6,8% in volume, seguiti dai bianchi fermi (+8,9% in valore e +5,7% in volume) e dai frizzanti (+6% in valore e + 23,5% in volume). I rossi crescono anche se di poco in valore (+1,7%) e calano in volume (-4,5%). Nei singoli punti vendita dell’On Trade, le vendite al dettaglio aumentano rispettivamente del 5,8% a valore e del 4,4% a volume. E sono hotel e catering a guidare con +10% a valore e +12,5% a volume, seguiti dai ristoranti (+7,3% valore e +10,8% volume), da wine bar (+3,8% valore e +2,5% volume) ed enoteche (+3% valore e -10% volume).

Le vendite all’ingrosso fanno rilevare un aumento del 7,3% a valore e del 7,6% a volume. Oltre ai consumi nel settore Horeca, l’Osservatorio del Vino grazie alla partnership con Ismea, monitora anche le vendite in Gdo. Nei primi cinque mesi 2016 l’analisi sulla base dei dati Nielsen, evidenzia volumi in calo del 2% e una sostanziale stabilità nei valori (+0,4% a 776 milioni di euro). Gli spumanti anche in questo caso sono il prodotto trainante, segnando vendite a +6% a volumi e a +7,3% a valore. I vini Dop crescono a valore (+2,4% a 310 milioni di euro) e calano lievemente a volume (-1%). I vini Igt fanno registrare -8% a volume e -4% a valore, per una spesa totale di 171 milioni di euro nei cinque mesi. “Siamo molto soddisfatti di questo primo anno di attività di ricerca e studio del settore ‘On Trade’ con l’Osservatorio del Vino  – conclude Antonio Rallo -. Le aziende associate hanno per la prima volta un quadro dettagliato ed aggiornato del mercato dell’Horeca, completato dai dati di sistema su tutto il comparto attraverso la partnership con Ismea, Crea e Bocconi. Ora, l’obiettivo è di incrementare la base delle aziende monitorate per rendere lo strumento ancora più preciso ed efficace, consentendo così all’imprenditore di basare le proprie scelte su dati certi e guadagnare in competitività”.

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Il Comité Européen des Entreprises Vins in Sicilia con Uiv. Nasce il “club dei CEOs”

“L’Italia, per due giorni, è diventata la capitale europea del vino”. Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), ha accolto con queste parole il ritorno in Italia del Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev), l’organismo che raccoglie le associazioni dei produttori vitivinicoli comunitari. L’obiettivo del Ceev, che raccoglie 23 organizzazioni in rappresentanza di migliaia di imprese, capaci di esprimere oltre il 90% dell’export europeo di vino, è quello di organizzare la propria Assemblea Generale proprio nel Belpaese. “Una testimonianza concreta del ruolo e del peso che l’Italia attraverso l’Unione Italiana Vini – commenta ancora Rallo – conquistato nel comparto tra i Paesi membri”. E proprio in occasione dell’Assemblea Generale del Comité Européen des Entreprises Vins, organizzata in Sicilia il 20 e 21 giugno presso le aziende Donnafugata (Marsala) e Planeta (Sambuca), Rallo è intervenuto in merito della riforma organizzativo-statutaria, sollecitando a nome dell’Unione Italiana Vini “una presenza più forte delle imprese nella gestione politica del Comité Vins”. Come? “Con l’istituzione di un ‘club dei CEOs’ di alcune grandi imprese produttrici europee – ha evidenziato il presidente Uiv – che affianchino, con potere consultivo, l’azione del Presidente, del Segretario Generale e del Board”. Una proposta già avanzata da Domenico Zonin durante la sua presidenza, che ha incontrato subito il consenso di tutte le altre associazioni nazionali. “Perché rappresenta una modalità innovativa di dialogo diretto fra Ceev e soci – ha commentato Rallo – valorizzando la testimonianza diretta degli imprenditori che operano quotidianamente sui mercati internazionali. La nostra posizione punta a configurare un’associazione più inclusiva capace di rappresentare verso le Istituzioni in modo efficace, dinamico e moderno, tutte le imprese della filiera, private e cooperative, riproponendo la formula vincente sperimentata in questi anni all’interno di Unione Italiana Vini”.

L’ASSEMBLEA IN SICILIA
Due le tematiche prioritarie trattate durante i lavori, che decideranno le sorti del comparto per i prossimi anni: il nuovo assetto normativo che regolerà la vitivinicoltura europea dopo la conclusione della Pac nel 2020 e la riforma organizzativo-statutaria  che dovrà tenere conto della nuova geografia di rappresentanza espressa dalle associazioni nazionali dei produttori e della moderna realtà produttiva e di mercato della vitivinicoltura europea. “È urgente elaborare una proposta politica che privilegi la competitività del nostro settore per arrivare in tempo alla scadenza del 2020 – dichiara ancora Antonio Rallo, nella foto – favorendo un orientamento che assicuri la specificità normativa sul vino non solo legata al budget finanziario, ma anche alla gestione e protezione delle DO e delle IG, oltre che all’etichettatura. L’impegno di Unione Italiana Vini, al fianco di Comité Vins, si muoverà per impedire che la specificità normativa del vino si ‘smarrisca’ nella più ampia regolamentazione agroalimentare, come vorrebbero le istituzioni europee, e per sollecitare una revisione al rialzo del budget previsto per il settore. Non possiamo e non vogliamo che il vino europeo rischi di perdere la propria leadership – spiega sempre Rallo – danneggiando pesantemente un comparto che, all’interno della relativa dinamica economico-produttiva, interpreta valori sociali occupazionali e di sostenibilità dei territori estremamente importanti, contribuisce alla conservazione delle tradizioni e alla valorizzazione delle identità culturali”.

Oltre ai vertici del Ceev, rappresentati dal presidente Jean-Marie Barillère (presidente Union des Maisons de Champagne e direttore delle attività champagne di Moët & Chandon), dal vicepresidente Domenico Zonin e dal segretario generale Ignazio Sanchez Recarte, erano presenti all’Assemblea numerosi esponenti del comparto vitivinicolo nazionale (Frescobaldi, Ruffino, Zonin, Tasca d’Almerita oltre ovviamente a Donnafugata e Planeta) ed europeo (Miguel Torres s.a. – Spagna, Dao Sul e Sogrape Vinhos s.a. – Portogallo, Pernod Ricard – Francia). Significativa anche la presenza delle Istituzioni italiane con Andrea Olivero, vice ministro delle Politiche agricola alimentari e forestali; Felice Assenza, direttore generale delle politiche internazionali del Mipaaf; Antonello Cracolici, assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia; Alberto Di Girolamo, sindaco di Marsala.

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Unione italiana vini, cambio ai vertici: Antonio Rallo succede a Domenico Zonin

Antonio Rallo è il nuovo presidente di Unione Italiana Vini. Lo ha eletto all’unanimità il nuovo Consiglio Nazionale nel suo primo insediamento avvenuto oggi nella sede UIV di Milano. Antonio Rallo, già vicepresidente vicario, impegnato da anni in UIV sui temi della promozione e dell’OCM vino, succede a Domenico Zonin e resterà in carica per il prossimo triennio. “Ringrazio i consiglieri per la fiducia che hanno manifestato nei miei confronti – commenta Rallo -. Accetto questo ruolo con piacere e grande responsabilità, raccogliendo l’eredità del presidente e del Consiglio Nazionale uscente, che hanno saputo creare all’interno di Unione Italiana Vini un clima di collaborazione fattiva stimolando un’intensa attività in tutti i settori di interesse del comparto con risultati concreti sotto gli occhi di tutti. Proprio per questo, chiedo fin d’ora a Domenico Zonin di continuare il cammino al nostro fianco, portando il prezioso contributo che ha consentito a Unione Italiana Vini di essere riconosciuta quale principale riferimento istituzionale per il mondo vitivinicolo a livello nazionale e di raccogliere sinceri apprezzamenti anche a livello comunitario”.

Da oggi stesso – continua Antonio Rallo – ci metteremo al lavoro per valorizzare i punti di forza emersi in questi anni, interpretando in senso autentico lo ‘spirito di continuità’ che vuole lo sviluppo ulteriore dell’azione politica e l’implementazione dell’organizzazione interna. Per un’associazione che sia sempre più inclusiva verso tutte le imprese del ciclo economico della filiera vitivinicola (piccole e grandi imprese, viticoltori, cooperative, industria e commercio, consorzi e/o altre forme associative) e, pertanto, diventi maggiormente rappresentativa dell’intera filiera stessa. Un’associazione ‘di tutti gli imprenditori e per tutti gli imprenditori’ che sappia farsi interprete dei principi dell’etica d’impresa, dei valori territoriali e dello spirito di filiera”.

ZONIN: “UNA GUIDA SICURA”

“Lascio la presidenza con grande serenità – aggiunge Domenico Zonin – perché so che Antonio Rallo sarà una guida sicura per Unione Italiana Vini. In questi anni abbiamo lavorato molto per ampliare la base sociale e sviluppare una capacità nuova di dialogare con la politica e le istituzioni italiane ed europee. I risultati sono stati ottimi grazie alla partecipazione delle aziende alla vita associativa ed alla costruzione di un efficace gioco di squadra nel Consiglio Nazionale che ha permesso di essere più veloci nell’affrontare le varie tematiche proposte dall’attualità, rapidi nell’assumere decisioni sugli orientamenti politici, quindi tempestivi nel dare risposte alla politica, alle istituzioni e al mercato.

Ringrazio l’attivismo, l’impegno e il coinvolgimento di tutti i consiglieri che hanno supportato la mia presidenza, dando prova di una maturità nelle scelte e nei comportamenti che, con Antonio, sono certo crescerà ancora in futuro. Il Consiglio Nazionale – conclude Zonin – è diventato in questi anni un luogo di confronto e dibattito tra le diverse anime della filiera: penso ai viticoltori, ai commercianti, agli industriali fino alle cooperative, come non era mai successo prima”. Oltre ad Antonio Rallo, il consiglio ha eletto anche un vice presidente vicario della Confederazione, Ernesto Abbona, presidente della Federazione Nazionale degli Industriali Vinicoli, e un vice presidente, Quirico Decordi, presidente della Federazione Nazionale del Commercio Vinicolo.

IL CURRICULUM

Antonio Rallo, siciliano, classe 1967, compie le prime esperienze nell’azienda di famiglia, sin da giovanissimo. Quinta generazione di una famiglia dal 1851 nel vino di qualità, si laurea in Scienze Agrarie con il massimo dei voti; prima di dedicarsi completamente all’azienda, si trasferisce in Germania dove approfondisce la conoscenza di questo mercato tradizionalmente strategico per il vino Italiano. Cresciuto tra vigneti e cantine, è animato da un grande amore per il territorio dove intende mettere in atto una lettura innovativa delle potenzialità vitivinicole della Sicilia. Ritornato nell’isola, si dedica alla sua passione di sempre, la vigna e il vino. Sposa Barbara Pezzano con cui condivide un vissuto intenso di lavoro, viaggi e relazioni.

Wine-maker di grande passione e competenza tecnica, Antonio Rallo sovrintende alla produzione di Donnafugata, l’azienda siciliana che ha vigneti e cantine a Contessa Entellina, Pantelleria e a Marsala. Solida anche la sua esperienza maturata all’estero: nei mercati europei, Germania, Svizzera e Inghilterra, sino in quelli più lontani come Stati Uniti, Canada e Giappone. Un lavoro di ambasciatore serio e credibile che lo ha portato a confrontarsi con il trade e i maggiori esponenti della critica enologica internazionale. Oggi Antonio Rallo, insieme alla sorella José, è amministratore delegato di Donnafugata, l’azienda fondata dai genitori Giacomo e Gabriella. Chevalier du Tastevin di Borgogna dal 1999 e Accademico dei Georgofili dal 2014. Dal 2011 al 2014 è stato presidente di Assovini, l’associazione che riunisce i maggiori produttori siciliani.

Nel 2011 è entrato a far parte del Consiglio di Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino – e dal giugno 2013 ne ha presieduto la relativa Federazione Nazionale Viticoltori e Produttori di Vino ed è stato eletto Vice-Presidente Vicario della Unione Italiana Vini Società Cooperativa. Nel giugno 2012 ha costituito, con le organizzazioni di categoria della regione, il Consorzio di Tutela della DOC Sicilia di cui viene eletto presidente. Nel giugno 2014 è stato riconfermato presidente del Consorzio al quale il Mipaaf ha attribuito le funzioni erga omnes.

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