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Barolo en Primeur 2021: all’asta 15 barrique di Vigna Gustava

Barolo en Primeur 2021: all'asta 15 barrique di Vigna Gustava

“Barolo en primeur” sarà il primo grande evento ad unire la solidarietà al prestigio di un vino in affinamento. Un modo per ribadire l’importanza di fare sistema come mezzo per la promozione delle Langhe. Un progetto che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di valorizzazione del territorio enologico italiano.

Dalle uve di nebbiolo da Barolo della vigna storica Gustava, vigneto di quasi 4 ettari sotto il Castello di Grinzane Cavour e menzione geografica aggiuntiva ufficiale, sono state prodotte 15 barrique da collezione. Queste barrique, protagoniste di “Barolo en primeur 2021“, saranno battute in un asta di beneficienza il prossimo 30 ottobre.

L’evento benefico è promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, in collaborazione con la Fondazione CRC Donare e con il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Un progetto enologico che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di promozione e valorizzazione del territorio.

Ciascuna barrique ancora in affinamento, e che sarà battuta in collaborazione con Christie’s e in collegamento simultaneo da New York, è associata a un progetto no-profit nel campo della salute, della ricerca, delle arti e della cultura, dell’inclusione sociale e della salvaguardia del patrimonio culturale.

LA VIGNA GUSTAVA

Il progetto si è posto l’intento di valorizzare la complessità degli elementi che compongono il vigneto storico Gustava, parte di un territorio Patrimonio Unesco. La conseguenza di questa eterogeneità è che le 15 barrique hanno ognuna caratteristiche uniche e diverse dalle altre. Nella vigna, suddivisa in quattro macro particelle in funzione dell’altitudine e dell’esposizione, sono stati adottati due differenti criteri per la raccolta delle uve.

Da un lato la distinzione tra i ceppi storici impiantati oltre 50 anni fa e quelli più giovani. Dall’altra quella tra le microzone interne, dovuta al differente dialogo delle radici delle viti con i microorganismi, i microelementi e le sostanze organiche presenti nelle diverse porzioni di terreno.

Vinificare in maniera separata queste uve ha permesso così di ottenere barrique dotate, ognuna, di una sua personalità. In questo progetto è coinvolto il Laboratorio Enosis Meraviglia di Donato Lanati. A Lanati è stato affidato l’incarico di guidare l’intero percorso tecnico, dalla maturazione delle uve alla vinificazione e al successivo affinamento.

È stato inoltre istituito un Comitato Scientifico di Indirizzo presieduto da Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani. Nel comitato anche Vincenzo Gerbi, professore emerito dell’Università di Torino, e Vladimiro Rambaldi, amministratore unico dell’Agenzia di Pollenzo S.p.A,. Al progetto ha inoltre collaborato la ricercatrice Anna Schneider del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante.

LE ETICHETTE

Le circa 300 bottiglie che si ricaveranno da ogni barrique a partire da gennaio 2024, al termine del periodo obbligatorio di affinamento, saranno numerate e vestite da un’etichetta creata in esclusiva da Giuseppe Penone. Le creazioni dell’artista, protagonista dell’Arte povera e tra gli scultori più importanti e riconosciuti a livello mondiale, ribadiranno l’importanza e la qualità del Barolo Gustava 2020.

Inoltre a ogni barrique sarà annesso un NFT (Non Fungible Tokens). Un certificato di autenticità digitale garantito tramite blockchain, coniato da Antonio Galloni, critico enologico di fama mondiale e Ceo di Vinous,.  Galloni sarà presente il 30 ottobre da New York e presenterà in video le singole caratteristiche e differenze delle 15 barrique.

I PROGETTI NO-PROFIT

L’asta di beneficienza (base d’asta 30 mila euro) su 14 delle 15 barrique si terrà il 30 ottobre. Tra gli scopi benefici ci sono il progetto di educazione attraverso l’arte e la ricerca dell’uguaglianza di genere in Cina del Forum filantropico Est-Ovest (EWPF). La piattaforma di collaborazione interculturale sui temi del cambiamento climatico, conservazione, sostenibilità, istruzione, leadership femminile.

Il progetto di avvicinamento all’arte contemporanea e alla sostenibilità per bambini e famiglie promosso dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Il restauro e valorizzazione del Cantinone del 1600 di Villa Arconati, alle porte di Milano, da parte di Fondazione Augusto Rancilio, ente con finalità di studio e ricerca nei campi dell’Architettura e Design.

La promozione e recupero dei saperi e del paesaggio dell’Alta Langa del Parco Culturale Alta Langa, ente non-profit per la promozione dell’Alta Langa finalizzato allo sviluppo socioeconomico, culturale, turistico del territorio.

Infine il progetto Thesaurus Monviso che intende mettere a sistema l’impegno dei giovani in ambito socioculturale e ambientale nel territorio delle Valli del Monviso. Realizzato dall’Associazione b612lab di Saluzzo, realtà internazionale di promozione delle politiche giovanili.

La gara di solidarietà per l’ultima barrique si terrà il 14 novembre durante l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, sempre dal Castello di Grinzane Cavour e in live streaming con Hong Kong. Il ricavato sarà donato alla charity internazionale “Mother’s Choice” che opera dal 1987 in favore dei bambini orfani e delle giovani donne in difficoltà.

L’evento di beneficenza del 30 ottobre avrà come Madrina Evelina Christillin, Presidente della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e past president dell’ENIT, Agenzia Nazionale del Turismo. Sarà condotto e moderato da Valeria Ciardiello, giornalista impegnata da anni in confronti tematici legati al tema della Corporate Social Responsibility. A battere l’asta Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia.

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Tutto quello sappiamo sul Nebbiolo

Genitori sconosciuti, qualche fratello “di sangue”. Ma anche diversi “fratellastri” sparsi per il Nord Italia. Oltre a un paio di dettagli che gli impediscono di diventare un vitigno mainstream, coltivato con successo anche fuori dall’Italia: è difficile non solo da coltivare, ma anche da vinificare. È in estrema sintesi tutto ciò che sappiamo (per ora) sul Nebbiolo.

Ne ha parlato l’ampelografa dell’Istituto per la Protezione sostenibile delle piante (Ipsp) Anna Schneider, in occasione del primo dei due seminari online organizzati dal Consorzio Albeisa, dal titolo “La famiglia del Nebbiolo e le relazioni genetiche con altri vitigni del nord-ovest d’Italia”.

Un focus proveniente da una più vasta ricerca condotta da Schneider assieme ai colleghi dell’Ipsp-Cnr Stefano Raimondi, Giorgio Tumino, Paolo Ruffa, Paolo Boccacci e Giorgio Gambino.

Lo studio chiarisce innanzitutto l’origine “molto probabile” del Nebbiolo nel Nord Italia, nella fascia che va dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. In particolare, dal momento che la prima traccia scritta del vitigno risale al 1266, alle porte di Torino, si può affermare con ottime probabilità che il Nebbiolo sia piemontese.

FRATELLI E “FRATELLASTRI” DEL NEBBIOLO
Eppure, individuare i genitori della nobile cultivar che dà vita ad alcuni tra i vini italiani più rinomati al mondo, come Barolo e Barbaresco, è quasi una mission impossibile.

«Dopo molte analisi – ha rivelato Anna Schneider – abbiamo buone ragioni di ritenere che entrambi siano ormai scomparsi. Ma il Nebbiolo ha molti fratelli, come Nebbiolo rosé e Pignola e Rossola Nera. Nonché “mezzi fratelli”, cioè varietà che condividono uno solo dei genitori, come Refosco, Teroldego, Marzemino, Ortrugo e Spergola».

Il Nebbiolo ha dato origine a due gruppi di vitigni, tra “discendenti diretti” e “fratelli-fratellastri”. «Il primo gruppo fa capo al Piemonte – ha precisato l’ampelografa – il secondo in Lombardia, in particolare in Valtellina, dove è noto come Chiavennasca, nella zona Nord Est con Teroldego, Refosco e Marzemino e a nord degli Appennini, con Spergola e Orsanella». Di quest’ultima uva si parla anche in Oltrepò pavese, così come sui Colli Piacentini.

Tra i “figli del Nebbiolo” anche vitigni conosciuti come Vespolina e Freisa. Ma risulta abbia dato origine anche ad Arneis e Grignolino, attraverso un genotipo forse ormai istinto che li renderebbe suoi “nipoti”.

IL METODO
La ricerca è partiti dall’analisi di circa 200 varietà tradizionali presenti nel Nord Ovest dell’Italia. Dapprima gli studiosi hanno cercato di identificarne le correlazioni.

In seguito lo studio è stato allargato ad oltre 600 vitigni presenti in Europa, nella fascia che va dalla Spagna all’Ungheria e all’areale balcanico, con l’idea che qualcuno di questi avesse contribuito a germoplasma di regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Attraverso l’analisi delle relazioni genitore-figlio, ma anche delle relazioni full-sibling (ovvero tra fratelli) e half-sibship (quelle tra “fratellastri”) il team di cui ha fatto parte Schneider ha potuto stabilire un vasto network di vitigni, che comprende molti in abbandono o prossimi alla scomparsa.

È così emerso che «tutto sommato pochi vitigni hanno danno origine a molti altri, costruendo appunto il netwotrk noto oggi». Un patrimonio ampelografico che comprende vitigni come Baratuciat, Slarina e Malvasia Moscata, già messi in produzione da alcuni coraggiosi produttori piemontesi, con ottimi risultati e potenziale dal punto di vista dell’analisi gusto-olfattiva (ne è vietata comunque la menzione in etichetta).

A supportare il Cnr e le attività di recupero di queste rare varietà è il “vigneto-collezione” di Grinzane Cavour, che su una superficie di 1,2 ettari comprende oltre 450 cultivar rare, in particelle di 5 piante ciascuna.

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