Un piano di Regione Sicilia per i vigneti che si trovano in contesti paesaggistici eroici, come l’Etna. Ne ha parlato oggi il presidente Nello Musumeci a Contrade dell’Etna, evento che promuove i vini del vulcano con il coinvolgimento delle cantine del territorio, che ha preso il via ieri mattina al Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia.
«Il mio Governo – ha detto Musumeci – ha previsto fra i titoli delle aziende partecipanti anche quelle che hanno al loro interno dei palmenti o si trovano in contesti paesaggistici. Proprio perché abbinare il vino ad un contesto di architettura rurale, diventa un binomio di identità perfetta».
L’INTERVENTO DI NELLO MUSUMECI A CONTRADE DELL’ETNA 2022
Il governatore ha anche ricordato Andrea Franchetti, il “padre” di Contrade: «Manca Franchetti, l’ideatore di questa straordinaria iniziativa che ha superato la prova del 9. Un intuito e una lungimiranza che hanno consentito all’Etna di sfornare oggi 4,5 milioni di bottiglie con 383 aziende, un terzo delle quali imbottiglia».
Sul vulcano abbiamo 1.118 ettari di vigneti che comportano una valorizzazione immobiliare straordinaria: i prezzi dei terreni si sono moltiplicati. Questo dimostra che il vino non è soltanto un prodotto di qualità ma anche un elemento di traino per la valorizzazione di un territorio».
Contrade dell’Etna continua domani (lunedì 4 aprile) dalle 9.30 alle 16.30: l’ultimo giorno dedicato ad operatori commerciali, enoteche, circuito Horeca, importatori, grossisti e agli ospiti delle cantine presenti.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Il vino dell’Etna riparte e la produzione supera i valori raggiunti prima della pandemia. È uno dei dati emersi durante la presentazione di Contrade dell’Etna, l’evento che promuove i vini del vulcano con il coinvolgimento delle cantine del territorio. Un evento iniziato nel ricordo di Andrea Franchetti, produttore visionario e ideatore di Contrade recentemente scomparso.
«La produzione dell’ultima vendemmia – dice Francesco Cambria, presidente del Consorzio Doc Etna – ha raggiunto i 34 mila ettolitri, superando i 32 mila ettolitri del 2019. Questo vuol dire che si torna a un imbottigliamento regolare. In crescita soprattutto i bianchi, oltre al Nerello Mascaleso, il vitigno che ci ha resi famosi in tutto il mondo».
LA MAPPATURA DELLE CONTRARE
Fra i progetti del Consorzio c’è anche la mappatura delle contrade presenti sul vulcano per i quali sono già stati raccolti i dati e che saranno adesso elaborati.
Alla presentazione di Contrade dell’Etna, 90 aziende partecipanti e oltre 70 giornalisti accreditati, è intervenuto anche Attilio Scienza, docente universitario, tra i maggiori esperti al mondo di vitivinicoltura. Scienza ha tenuto una conferenza dal titolo: “L’Etna, il vino: un grande mosaico”.
«L’Etna – dice Scienza – ha avuto il vantaggio di avere avuto una delle prime zonazioni viticole della Sicilia ma bisogna imparare ad utilizzare questa grande ricchezza del suolo. E accanto a produzioni di alta qualità serve la capacità dei produttori di saper raccontare i propri vini. Bisogna costruire un modello narrativo che possa attirare la curiosità del consumatore».
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«Mi piace fare vino. È un opera d’arte che cambia ogni anno». Resterà una delle frasi più celebri di Andrea Franchetti, titolare in Toscana di Tenuta di Trinoro e Sancaba, nonché della cantina Passopisciaro, sull’Etna, scomparso poche ore fa a Roma, per via di una malattia.
Situata al principio della Val d’Orcia, Tenuta di Trinoro è nota per i suoi ricchi e complessi vini rossi da invecchiamento a base di Cabernet Franc, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. I 200 ettari dell’azienda si trovano in una zona priva di tradizione vitivinicola, vicino a Sarteano, dove la Toscana si fonde con l’Umbria e il Lazio.
Andrea Franchetti ha acquistato la proprietà negli anni Ottanta e ha cominciato a impiantare qui i primi vigneti nei primi anni Novanta. Dieci anni dopo, nel 2000, l’imprenditore ha deciso di restaurare un antico baglio con cantina sulle pendici dell’Etna, in Sicilia.
La cantina si trova a circa mille metri di altezza sopra al piccolo paese di Passopisciaro nel comune di Castiglione di Sicilia, sul versante nord del vulcano. Il suo primo merito è stato di recuperare i vigneti terrazzati abbandonati da tempo e piantarne di nuovi.
CON FRANCHETTO LA NUOVA ERA DEI VINI DELL’ETNA
L’avvento di Andrea Franchetti sull’Etna segna un punto di svolta nello slancio dei vini del vulcano siciliano, oggi conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Non si tratta comunque dell’ultimo investimento.
Nel 2011 Carlo Franchetti acquista dei terreni nel Comune di San Casciano dei Bagni, dove trova un vigneto di Pinot nero piantato dal precedente proprietario. La prima vinificazione nel 2012, interamente casalinga, rivela subito un vino di grande carattere e potenzialità.
L’anno successivo Andrea Franchetti inizia a supervisionare la produzione, spostandola proprio a Tenuta di Trinoro, sotto il cappello della nuova avventura commerciale denominata Vini Franchetti Srl.
Numerosi nelle ultime ore i ricordi commossi dell’imprenditore scomparso a Roma. Tra i più commossi Alberto Aiello Graci, collega di Franchetto sull’Etna. «Oggi piango per la morte di un grande uomo, di un amico», scrive.
«Per me era e resterà sempre un mito – continua Graci – cultore di una bellezza alta, senza fronzoli. Generoso. Uomo magnetico, poetico, passionale. Sono stato fortunato ad averlo conosciuto, l’Etna del vino senza di lui non sarà più la stessa».
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E’ il motore rombante dell’economia siciliana. La nuova America del vino italiano. L’Etna, con i suoi vini fini, eleganti e longevi, è l’immagine più fulgida del rilancio enologico del Meridione, a suon di Nerello Mascalese. Il simbolo della riscossa di tante regioni del Sud Italia, spremute per decenni da grandi e piccole aziende del Nord.
Conquistadores a caccia di uve “da taglio” cariche di colore, d’alcol e struttura, con cui blendare bacche bianche e rosse altrimenti incapaci di dare vini di peso. Qualitativo e commerciale.
Un tesoro, l’Etna, che ha ormai abbracciato la sua indipendenza. Una terra che abbiamo visitato in lungo e in largo, entrando in nove cantine in cinque giorni di tour. Piccole e grandi aziende, che operano o meno all’interno della Gdo, nella filosofia del nostro “contenitore unico” di informazioni controcorrente.
Quel che emerge è che ciò che alla Sicilia è stato preso in passato, alla Sicilia sta tornando con gli “interessi”. I 903 ettari vitati della Doc (2,5 milioni di bottiglie complessive su 117 iscritti al Consorzio) danno vita a vini capaci di competere con i più vocati territori vitivinicoli internazionali.
Che la discesa di tanti imprenditori sull’Etna non sia frutto di pura filantropia, bensì di marketing e tentativi di diversificazione, è chiaro a tutti. L’Etna “tira”. Negli ultimi mesi, infatti, è in corso una vera e propria gara per accaparrarsi gli ultimi terreni a disposizione nel comprensorio della Denominazione. Prima che il prezzo lieviti ancora, rispetto ai 100 mila euro all’ettaro attuali.
NICOSIA: DA “CANTINE” A “TENUTE” Il caso emblematico è quello di Cantine Nicosia. Il gruppo di Trecastagni (CT), molto attivo nella Grande distribuzione organizzata grazie alle uve dei conferitori, diventerà presto uno dei maggiori player sul vulcano.
Trentatré gli ettari di recente acquisizione sul versante Nord dell’Etna, il più vocato per la produzione dei rossi base Nerello Mascaese e Cappuccio.
Vigneti che entreranno in produzione entro il 2022. Secondo indiscrezioni, è in programma anche la realizzazione di un polo di accoglienza enoturistica nella zona di Linguaglossa. Hospitality e Spa, nel segno delle migliori boutique winery.
Il disegno è chiaro. Con la creazione di un nuovo brand, denominato “Tenute Nicosia“, la cantina che per anni ha puntato sulla Gdo (con picchi di qualità come l’Etna Rosso della linea “Grandi Vigne” dell’insegna Iper, la grande I) punta a un restyling d’immagine. Nascerà una nuova linea “top di gamma” destinata soprattutto all’Horeca, da affiancare a quella attuale del versante Etna Est (dove tra l’altro si trova il sito produttivo).
Nicosia, di fatto, è solo l’ultimo colosso che si unisce alla caccia all’oro dell’Etna. Un “battaglione” a cui i vari Firriato, Planeta, Donnafugata e Tasca d’Almerita (solo per citarne alcuni) hanno aderito ormai da anni.
L’ETNA CHE CONQUISTA
Ma se la scelta iniziale è di tipo commerciale (così come lo è stata certamente per produttori illuminati come Andrea Franchetti di Passopisciaro e Marco De Grazia di Tenuta delle Terre Nere) è anche vero che dell’Etna finisci per innamorarti, per davvero.
E allora ecco che anche i vini dei colossi (o di chi ha investito sull’Etna in maniera lungimirante, riconoscendone il potenziale economico, oltre che vitivinicolo) hanno senso di entrare nell’Olimpo enologico mondiale. Con punte di qualità assoluta, accanto ai “vini veri” e “naturali” di chi sull’Etna è nato (vedi Enòtrio di Nunzio Puglisi, nella foto sotto con la figlia Desirée) o ci è arrivato dal Belgio (come Frank Cornelissen).
Necessari però dei distinguo. Tra i “big” meglio Planeta di Firriato per i vini fermi, che mostrano ottimi margini di invecchiamento (sorprendenti i bianchi). Ottimi i due sparkling prodotti a Cavanera da Firriato, superiori al Metodo Classico base Carricante ottenuto dai vigneti di Sciaranuova – Planeta.
Per le “bollicine” dell’Etna, riferimento assoluto tutto da scoprire è Antonino Destro. La sua Azienda vitivinicola, con l’appoggio dell’enologo Giovanni Rizzo, offre una gamma straordinaria di Metodo Classico sensati e territoriali, con al vertice un “60 mesi” sui lieviti (base Nerello Mascalese vinificato in bianco) degno di entrare nella top 10 italiana dei migliori champenoise sotto i 35 euro (prezzo di cantina).
Spumanti, questi, in grado di far dimenticare in un baleno Charmat base Catarratto come “Pros.it” di Cantine Patria, più consoni a giocarsela (al ribasso) col Veneto della Glera Extra Dry, perfetta per palati avvezzi al frizzantino da aperitivo.
Poco Etna e poco senso (se non commerciale) per vini come questo: scimmiottanti il campione italiano di vendite internazionali from Treviso, scevro da qualsiasi identità etnea.
Tra l’altro uno spumante con un’etichetta – a nostro avviso – al limite della correttezza nei confronti del consumatore: “Pros” “.” “it” non vi ricorda nulla?
Sicuri che, vedendo questa etichetta su uno scaffale, in molti (soprattutto stranieri) non possano pensare di trovarsi di fronte a un “Pros”-ecco “It”-aliano? Una label molto “Patri”-ottica (scommettiamo) per le tasche della cantina di Solicchiata.
D’altronde, il Consorzio del Prosecco Doc ha ben altri problemi a cui pensare, tra cui l’allargamento della regolamentazione alla versione Prosecco Rosé, di cui già si parla ovunque.
Rapporto qualità prezzo molto interessante, invece, su tutta la linea di Antichi Vinai 1877, che a Castiglione di Sicilia è attiva con un sito produttivo di maestose capacità (oltre 1 milione di bottiglie potenziali, quasi la metà di tutta la Doc) al momento sfruttato dalla famiglia Gangemi per attività di imbottigliamento “conto terzi”.
IL CASO Una cantina, Antichi Vinai, artefice di un casus degno delle cronache vinicole nazionali.
Quello di Neromosso, “frizzante” da 2 bar (tecnicamente “vino bianco mosso di Sicilia”) piazzato sul mercato con grande successo a un costo incredibile per la tipologia: ben 9 euro in cantina (13,50 sul sito web della cantina).
Una “bolla” imitatissima in zona, dopo il lancio ufficiale avvenuto nel 2010. Si tratta di Nerello Mascalese vinificato in bianco, con piccole percentuali di uve a bacca bianca (Minnella e Zibibbo) che restituiscono un calice tutto sommato tipico in termini di mineralità etnea.
Altro discorso per Marco De Grazia e la sua Tenuta delle Terre Nere. Un’azienda che in pochi anni si è trasformata in un vero e proprio faro per l’Etna. Vini di una finezza assoluta, con la Borgogna a materializzarsi nei calici dei “cru” delle contrade.
Tenuta delle Terre Nere è la punta di diamante di De Grazia, ex commerciante di vini che ha dato vita alla rivoluzione dei Barolo Boys. Un marchio, “BB”, che ha consentito alle Langhe di farsi conoscere fino in America. Un miracolo replicato da De Grazia sull’Etna.
Chi deve crescere, invece, è Palmento Costanzo. Il recupero dell’antico caseggiato e della cantina – unico sito produttivo siciliano costruito all’interno di un antico palmento, risalente al XIX secolo – è iniziato nel 2011, ma il cambio di enologo ha forse creato qualche squilibrio tra le annate ad oggi in degustazione.
Una difformità che non aiuta la comprensione del tipo di lavoro che la famiglia Costanzo vuole intraprendere sull’Etna, anche se le premesse sono buone. Alla ristrutturazione dell’antico palmento (prevista Hospitality e Spa) sta facendo seguito un lavoro attento nei vigneti certificati biologici, che porterà presto alla presentazione di nuove etichette, tra cui il primo “cru” e il primo Metodo classico.
I VIGNAIOLI DA COPERTINA
Ex commerciante di vino, così come De Grazia, è Frank Cornelissen. Uno che dà del tu alla Muntagna, sulla quale sembra cresciuto. E nella quale, certamente, ha affondato le radici, oggi solidissime.
Cornelissen e Nunzio Puglisi di Enò-trio, uomini copertina del nostro tour, sono vignaioli diversi tra loro. Che hanno in comune, però, l’amore per l’Etna e la voglia di proporre un modello di viticoltura rispettoso dell’ambiente.
Intellettuale il belga Cornelissen, dentro e fuori da un calice in cui sviscera un minimalismo giapponese (del Giappone, non a caso, è originaria la moglie) ad eccezione del prezzo del vino di punta, “Magma”, in vendita a oltre 180 euro.
Maestro di vigna il siculo Puglisi, un lottatore in camicia che può vantare vigneti tra i più belli dell’Etna (certamente i più maniacalmente ordinati, anche grazie all’apporto della figlia Desirée) e tra i più alti in quota (oltre i mille metri quello di Traminer, cha dà vita a un vino strepitoso).
Due sperimentatori, Cornelissen e Puglisi, che meritano tutta l’attenzione autentica di chi cerca qualcosa di lontano dalle mode e dagli stereotipi del mondo del vino. Due da prendere in considerazione a tutti i costi, in previsione di un tour alle pendici dell’Etna.
Una panoramica, quella che avete appena letto, con la quale vogliamo introdurre un secondo articolo, dedicato ai migliori vini degustati in occasione del tour: online tra qualche giorno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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