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Nas, Operazione Bacco: Chianti, Brunello e Sassicaia contraffatti. Tre arresti

Un’attività di contraffazione “di proporzioni devastanti”. Con queste parole il gip definisce l’attività illecita messa in atto da tre soggetti arrestati ieri nel corso dell’Operazione Bacco. Il blitz è stato coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze nel capoluogo toscano e a Salerno. L’accusa nei loro confronti è quella di aver messo in piedi un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione ed alla immissione nel circuito commerciale di vino adulterato e contraffatto. Un sistema di truffe ben articolato, che prevedeva – tra l’altro – l’acquisizione di società del settore in stato di crisi.

Le indagini, dirette dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Firenze Giulio Monferini, hanno permesso di segnalare un totale di dieci soggetti. L’organizzazione, nella quale – come precisa il gip- “ognuno ricopriva un ruolo ben specifico”, aveva il fine di produrre e commercializzare in Italia e all’estero “vino adulterato con aggiunta di alcol, per aumentarne la gradazione rispetto al prodotto base”. Vino che, poi, “veniva contraffatto facendolo apparire quale vino di alta qualità, mediante apposizione sulle bottiglie di false etichette di vini pregiati”, le cosiddette “fascette” recanti il sigillo di Stato a Denominazione di Origine Controllata (Doc) e a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). Copie molto simili all’originale, tanto da “indurre in errore il consumatore e l’operatore commerciale di vendita al dettaglio”. Chianti Doc, Brunello di Montalcino Docg o Sassicaia (Bolgheri Sassicaia Doc) i vini finiti nel mirino dei contraffattori.

I tre arrestati sono il titolare di un’azienda agricola di Empoli, che prestava i propri impianti per l’imbottigliamento e il confezionamento del vino adulterato e contraffatto, nonché due soggetti residenti nella provincia di Salerno, che si occupavano – sempre secondo l’accusa – di reperire il materiale necessario alla contraffazione. Una volta confezionato, il vino veniva stoccato in depositi di ditte riconducibili agli indagati, sia nel Lazio sia in Emilia Romagna. Il vino veniva poi caricato su bilici e trasportato nel mondo. In particolare, una partita di vino di 18 mila bottiglie è stata spedita in Costa Rica, Paese in cui trovava asilo uno uno degli indagati.

Le indagini sono iniziate circa un anno e mezzo fa. In seguito alla segnalazione di un ristoratore finito nella trappola dei truffatori nella zona dell’Osmannoro di Firenze. L’imprenditore, insospettito dal sapore di alcuni vini, ha deciso di segnalare l’anomalia alle forze dell’ordine. Le indagini, complesse e articolate, hanno consentito ai carabinieri del Nas di Firenze di sequestrare l’azienda agricola operante nella provincia di Empoli. Al momento del controllo, 9 mila litri di vino rosso erano pronti per essere imbottigliati.

LE REAZIONI
“Serve tolleranza zero sulle frodi che mettono a rischio lo sviluppo di un settore che è cresciuto puntando su un grande percorso di valorizzazione qualitativa che ha portato il vino italiano a raggiungere il record storico nelle esportazioni per un valore stimato in 5,2 miliardi grazie all’incremento del 3% nel 2016”. E’ quanto afferma la Coldiretti nell’esprimere “apprezzamento per l’operazione Bacco del Nas di Firenze” che hanno scoperto la frode di vino di bassa qualità, adulterato con l’aggiunta di alcol che veniva commercializzato in Italia e all’estero come Chianti doc, Brunello di Montalcino o Sassicaia. “Non può essere messo a rischio – conclude la Coldiretti – il patrimonio di credibilità costruito nel tempo dal vino Made in Italy che oggi è diventato la principale voce dell’export agroalimentare nazionale”.

“Vogliamo ringraziare il Nas e la Direzione distrettuale Antimafia di Firenze –  commenta il direttore del Consorzio di Tutela del Vino Chiati, Giovanni Busi – per aver impedito l’ennesimo tentativo di danneggiare il nostro mercato falsificando e alterando i nostri prodotti. “Un plauso in particolare anche al ristoratore che ha fatto la segnalazione da cui è stato possibile avviare le indagini. Un segnale importante che indica come la ristorazione abbia tutto l’interesse nel proporre vini veri e buoni che rendono il nostro territorio un luogo di eccellenza che tutti abbiamo il dovere di tutelare. Come dobbiamo tutelare – conclude Busi – le migliaia di aziende che su questo territorio ogni giorno operano onestamente nel rispetto delle norme producendo con sacrificio un prodotto che viene esportato e apprezzato in tutto il mondo”.

“Il vino adulterato spacciato per pregiato Doc e Docg – commenta Francesco Colpizzi, presidente della federazione vitivinicola di Confagricoltura Toscana – poteva provocare un danno incalcolabile alle tantissime aziende del territorio che con professionalità lavorano ogni giorno per offrire sui mercati nazionali e internazionali prodotti di qualità. Solo grazie all’azione congiunta della magistratura, delle forze dell’ordine e dei produttori onesti si è riusciti a smantellare questa associazione a delinquere”. “Il vino – conclude Colpizzi – è uno dei prodotti più importanti per la nostra economia e per tale motivo va tutelato e valorizzato, così come va protetto quel tessuto produttivo che contribuisce a rendere unica la nostra regione. Non dobbiamo mai abbassare la guardia, ne va dell’immagine stessa della Toscana nel mondo”.

UN ANNO DI FRODI
Si chiude così un anno positivo per le forze dell’ordine impegnate nel contrasto delle frodi alimentari. Risale a pochi giorni fa un ingente sequestro di Amarone della Valpolicella contraffatto all’interno della catena di supermercati francesi del gruppo Adeo Auchan. Le indagini, in questo caso, procedono contro ignoti. Anche se il cerchio sembra stringersi sempre più attorno ai responsabili della truffa. Un blitz, quello sull’Amarone contraffatto, scattato proprio nel giorno del Black Friday, la giornata di “sconti pazzi” che ha interessato trasversalmente le diverse anime del commercio e della grande distribuzione italiana.

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Auchan, Amarone contraffatto. Siquria: “La Gdo faccia ammenda”

Nuovi clamorosi sviluppi sul caso Amarone Argento 2008 ritirato dai supermercati Auchan. Il vino, sequestrato dalla Forestale veneta venerdì 25 novembre in occasione del Black Friday, risulta “completamente contraffatto”. A rivelarlo a vinialsupermercato.it è Guido Giacometti, direttore di Siquria, Società italiana per la qualità e la rintracciabilità degli alimenti. “Le indagini sono tuttora in corso e vincolate dal segreto istruttorio – evidenzia Giacometti – ma le ipotesi di reato afferiscono agli articoli 468, contraffazione del sigillo di Stato, oltre al 515, 517 bis e 517 quater, relative alle frodi in commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci, aggravati dall’utilizzo di una Denominazione di Origine protetta”. “Una contraffazione totale del prodotto – continua Giacometti – nel senso che non si tratta affatto di Amarone della Valpolicella, come accertato dal Corpo Forestale, né per natura né per provenienza. Che cos’è? Non posso rispondere. Piuttosto posso dire con certezza ciò che non è, ovvero Amarone”.

I reati sarebbero stati ipotizzati contro ignoti. Ma le forze dell’ordine avrebbero già nel mirino i possibili autori della frode. “Si tratta di indagini complesse – sottolinea Guido Giacometti – perché chi ha architettato il tutto è stato bravo, sicuramente. Ma io credo che il Corpo Forestale arriverà in tempi rapidi all’individuazione dei responsabili”. A guidare le operazioni è il Comando Provinciale di Verona, che ha avviato sin da subito “una vasta operazione di intelligence” che mira a sgominare “una vasta rete criminale estesa sul territorio nazionale, in collaborazione con i Comandi provinciali di Venezia, Padova, Brescia, Modena, Vicenza, Roma e Taranto”. Che sia pugliese, dunque, il vino contenuto nelle bottiglie di finto Amarone?

Intanto, da un controllo effettuato su una banca dati ufficiale, la fascetta contraffatta richiamava l’azienda Vini Scic, controllata da una nota realtà veronese, la Bixio Poderi di Veronella. “Vorrei esprimere la totale estraneità della Bixio Poderi nella vicenda narrata – scrive in una nota indirizzata a vinialsupermercato.it Elisa Bixio, direttore dell’omonima cantina veneta -. Bixio Poderi è un’azienda agricola che tratta prevalentemente uve e pochi vini di alta qualità. L’azienda Vini Scic è un’azienda non più operativa dal 2011, da quando è stata posta in liquidazione e non più sotto il controllo di alcun membro della mia famiglia”. Falso, in etichetta, pure il riferimento all’imbottigliatore. “Vini Val di Verona” non esiste, ma è un chiaro riferimento (fraudolento) alla “Vini Valli Verona Srl”, società controllata da un’altra prestigiosa cantina veneta, quella di Negrar, che con questo nome commercializza vini nei supermercati Lidl.

http://www.vinialsupermercato.it/black-friday-flop-amarone-maxi-sequestro-auchan/

“VINO FALSO, MA NON PERICOLOSO”
Vino contraffatto, sì. Ma “assolutamente non pericoloso per la salute”. Lo assicurano il Corpo Forestale e la stessa Siquria. “Come sia finita in Auchan questo vino è un altro aspetto che chiariranno le indagini – dichiara il direttore Giacometti – ma quello che mi sento di dire è che la grande distribuzione dovrebbe stare veramente più attenta ai criteri di selezione e di qualifica dei suoi fornitori. E anche al prezzo. Basta un minimo di buonsenso per capire che certi prezzi da un lato sminuiscono il lavoro di chi lavora la terra producendo vino e, dall’altro, risultano addirittura sotto i costi di produzione: chiaro che, così facendo ci si infili in un vicolo cieco”. Un monito anche ai consumatori: “Devono crescere dal punto di vista culturale – striglia Giacometti – per capire che un prodotto di un certo tipo non può essere commercializzato a dei prezzi troppo bassi. Questo è uno sforzo che va fatto da chi acquista, ma anche da chi ha gli strumenti per indirizzare i consumatori a scelte più consapevoli, come sta facendo certamente vinialsupermercato.it, a cui vanno i miei complimenti, non solo per essere stati i primi ad aver dato la notizia”.

LA GAFFE DELLA CORVINA
Eppure, non si pensi che siano sempre i vini del Nord Italia a finire sotto accusa. Clamorosa la gaffe denunciata nei mesi scorsi dal nostro portale (leggi qui), relativo all’utilizzo di Corvina, uva veneta, per la produzione di un vino pugliese, il Primitivo di Manduria. In quel caso si trattò di una “svista”, corretta in pochi giorni dall’imbottigliatore – una nota azienda di spumanti con sede a Cazzano di Tramiglia, in provincia di Verona – e non di una frode.

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