L’orange wine italianodell’anno è il Custoza Doc 2020 “Crea Macerato” di Albino Piona. Il punteggio assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it è di 94/100. Si tratta di un vino macerato prodotto con uve Garganega (40%), Trebbiano (30%), Trebbianello – Tai (15%) e Incrocio Manzoni (15%) dall’azienda agricola di Villafranca di Verona che si è aggiudicata anche il titolo di “Cantina dell’anno Nord Italia” 2024. Una realtà da conoscere, soprattutto per le molteplici interpretazioni di una delle denominazioni italiane meno conosciute ma meritevoli di essere scoperte, per le qualità uniche dei propri vini: la Doc Custoza.
Alla vista, il il Custoza Doc 2020 “Crea Macerato” di Albino Piona si presenta di un color “orange” leggero: un aranciato appena pronunciato. Al naso risulta molto elegante, su netti ricordi di pesca e sottofondo che richiama la frutta secca, oltre a presentare accenni di calde spezie orientali. Palato che, sulla scorta del naso, si conferma estremamente raffinato, nel bel gioco tra sapidità e frutto maturo stuzzicato da una leggera percezione tannica, che rende onore alla tipologia.
Crea Macerato 2020 conquista il titolo di orange wine italiano dell’anno nell’ambito della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it per la grazia che è in grado di conferire a una tipologia, quella dei vini macerati, troppo spesso alla mercé di standardizzanti ossidazioni e deviazioni organolettiche, nel nome del “terroir” e del “vino naturale”: nulla di più lontano dal varietale e dal territorio che, invece, questo vino incarna appieno. Meravigliosamente.
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È Albino Piona la Cantina dell’anno Nord Italia per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it (disponibile a questo link). Non solo: il suo Custoza Doc 2020 “Crea Macerato” è Miglior Orange wine / Macerato italiano 2024, con un punteggio di 94/100 assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca. La famiglia Piona tramanda una passione incondizionata per il mondo vitivinicolo dal lontano 1893, anno in cui un lungimirante e ambizioso Albino Piona iniziò a mettere le basi di un progetto che ancora oggi continua a vivere in Veneto, nelle terre del Custoza e del Bardolino, a Villafranca di Verona. Silvio Piona, proprio in onore del padre, chiamò a sua volta Albino il suo primogenito.
È a lui che si deve la scelta di chiudere la trattoria aperta dal nonno, dedicandosi esclusivamente alla produzione di vino, investendo in tecnologie sempre più all’avanguardia. Oggi sono 45 gli ettari di vigneti su cui può contare la quarta generazione della famiglia Piona, tra Sommacampagna, Valeggio, Sona e Villafranca. Un progetto sposato appieno dai figli di Albino, Alessandro e Massimo, che continuano a proporre un’idea di vino a “filiera corta”, nel rispetto dell’ambiente. Ogni aspetto, dalla raccolta del grappolo fino allo stoccaggio in magazzino del prodotto finito, si svolge all’interno della nuova cantina sita in località Palazzina di Prabiano.
Siamo in prossimità del Lago di Garda e delle sue colline moreniche, nel pieno della zona vitivinicola del Custoza: una delle più sottovalutate, a nostro avviso, dell’intero panorama vitivinicolo italiano. La qualità dei vini a firma di Albino Piona, premiati da questa edizione della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it, ne è una dimostrazione fulgida. Senza contare le grandi opportunità per l’enoturismo che potrebbero essere cavalcate dai vini Doc Custoza, nel segno di altre denominazioni locali, non ultima Bardolino.
ALBINO PIONA, UNA CANTINA “VERDE” TRA CUSTOZA E BARDOLINO
La filosofia produttiva della cantina Albino Piona è sintetizzabile con un colore: il verde. In vigna si opera il controllo delle erbe infestanti attraverso lavorazioni meccaniche, evitando l’utilizzo di diserbanti di origine chimica in modo da proteggere le api, il terreno e le falde acquifere sottostanti. Attraverso la “confusione sessuale” si blocca o riduce la riproduzione di parassiti dannosi per le coltivazioni, riducendo il numero delle larve. La cantina pratica inoltre la cosiddetta “Lotta integrata”, che prevede un’elevata diminuzione degli antiparassitari in vigna, cercando peraltro una linea comune sui trattamenti con gli altri produttori della zona.
Ogni fase di lavorazione e trasformazione dell’uva viene poi eseguita all’interno della cantina, grazie all’apporto di professionisti con competenze specifiche e macchinari e impianti all’avanguardia. In questo modo, la cantina Albino Piona riesce ad avere un controllo completo sul prodotto finale, ottenendo vini che la “rappresentano al 100%”, anche negli imballaggi per il confezionamento, rigorosamente in cartone certificato, che garantisca la provenienza da fonti gestite in maniera responsabile.
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BARDOLINO – L’Alto Adige non è una regione: è un’unità di misura. Almeno nel mondo del vino italiano. Lo dimostra il confronto voluto sabato 7 dicembre dal Consorzio di Tutela del Bardolino col St. Magdalener Klassisch, il Santa Maddalena Classico altoatesino, nell’ambito di BardolinoCru 2019.
L’assemblaggio di Corvina veronese, Corvinone, Rondinella e Molinara delle tre neonate sottozone gardesane – i cosiddetti “Cru” di Montebaldo, La Rocca e Sommacampagna, da oggi presenti “in bollino” sulle etichette – ha retto bene l’accostamento con la Denominazione che esalta l’uva Schiava (Vernatsch).
Le due tipologie, oltre che dal colore – un rubino luminoso che, da solo, invita al sorso – sono accomunate da una beva agile e croccante, degna dei migliori vini di pronta beva. Senza disdegnare, però, una grande versatilità in tavola (pesce compreso) e le ottime capacità di affinamento nel tempo, degne dei grandi rossi internazionali.
Percorsi comuni anche quelli dei Consorzi guidati da Franco Cristoforetti e Josephus Mayr, che hanno condotto la degustazione di dodici etichette di Bardolino (due per sottozona, dal 2018 al 2014) e St. Magdalener Classico (dal 2018 al 2006). Al servizio i sommelier della delegazione Ais di Verona.
Coinvolte le cantine Le Tende e Vigneti Villabella per Montebaldo; Giovanna Tantini e Poggio delle Grazie per La Rocca; Albino Piona e Il Pignetto per Sommacampagna. Per l’Alto Adige: Tenuta Hans Rottensteiner, Untermoserhof Georg Ramoser, Cantina Bolzano, Glögglhof Franz Gojer, Ansitz Tenuta Waldgries e Unterganzner Josephus Mayr.
Da segnalare, su tutti, la straordinarietà dell’Alto Adige St. Magdalener classico 2016 “Vigna Rondell” di GlögglhofFranz Gojer. Sul fronte Garda, ottimo il Bardolino 2013 “Sp” di Albino Piona e il Bardolino 2016 della cantina Il Pignetto, entrambi della sottozona Sommacampagna.
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IL “CASO” GUERRIERI RIZZARDI
Più in generale, il percorso di qualità intrapreso dal Consorzio veronese – che si ritrova a operare nell’areale del Lago di Garda occupato anche da Lugana e Custoza – si dimostra concreto, alla prova del calice.
Il segno che quella dei “cru” sia molto più di una trovata di marketing risiede (anche) nella bocciatura dell’etichetta di una storica cantina della zona, come Guerrieri Rizzardi.
Il legno grande è ammesso per l’affinamento dei vini della sottozona, ma a livello organolettico i sentori ‘vanigliati’ non devono sovrastare il corredo: cosa che si verifica nel Bardolino “Tacchetto” della nota winery di Strada Campazzi, che non potrà dunque fregiarsi del “cru” Monte Baldo nell’ultima annata in commercio.
“Il progetto delle tre sottozone – chiarisce il presidente del Consorzio, Franco Cristoforetti – è in netta contrapposizione con quanto avvenuto nel 2001, anno in cui furono introdotti nel veronese vitigni internazionali come Merlot e Cabernet. Il vitigno che deve identificare il Bardolino dei cru è la Corvina, dunque un autoctono”.
“Vogliamo ‘rovinare’ il meno possibile quello che la natura ci offre – aggiunge Cristoforetti – nel segno di una netta discontinuità nei confronti degli ultimi 20 anni, in cui i progressi in ambito tecnologico del comparto vitivinicolo hanno portato diversi produttori a stravolgere il risultati della terra, in cantina”.
Tra gli obiettivi dei prossimi anni, anche il consolidamento di Bardolino e Chiaretto sui mercati internazionali. In particolare è sull’onda “pink” del rosato gardesano che punta il Consorzio, specie negli Usa e in Scandinavia.
Nel 2018 sono state prodotte 26 milioni di bottiglie – 16 di Bardolino – dai 1029 soci: 795 viticoltori, 120 vinificatori e 114 imbottigliatori che gestiscono 2.576 ettari, di cui mille riservati al Chiaretto.
Numeri ben più risicati quelli del St. Magdalener altoatesino. La Doc riconosciuta nel 1971, tre anni dopo la gardesana, produce 2 milioni di bottiglie su un areale di 200 ettari, situati tra i 250 e i 500 metri di altitudine, in provincia di Bolzano.
Può fregiarsi del termine “Classico” solo il vino di Santa Maddalena, Santa Giustina, San Pietro, Rencio e Coste. Oggi il St. Magdalener viene esportato in oltre 30 Paesi e va annoverato tra i vini simbolo dell’Alto Adige.
LA DEGUSTAZIONE
Bardolino Classico 2018, Le Tende (Montebaldo) Profumatissimo, floreale, fresco. In bocca buona verticalità ed allungo su frutta (fragola e ciliegia) e, ancor più, su spezia (chiodo di garofano). Un vino molto fine ed elegante.
Bardolino Classico 2017 Morlongo, Vigneti Villabella (Montebaldo) Vino più profondo e complesso, segno di quanto faccia bene il tempo al Bardolino. Al naso, oltre al frutto, una nota netta di finocchietto selvatico, tra ricordi di macchia mediterranea. Bella pienezza al palato, giocato sull’equilibrio tra la componente salina e la frutta matura (fragola, lampone). Il tannino parla di un vino in netta evoluzione.
Bardolino 2015, Giovanna Tantini (La Rocca) Vino essenziale, dritto, più sale che frutto. Buona pienezza, bel retro olfattivo, largo e lungo. Un’etichetta più che mai godibile, ma che sta cercando la perfetta quadra, in questa precisa fase evolutiva.
Bardolino 2016, Poggio delle Grazie (La Rocca) Frutto e spezia ben più marcata dei precedenti campioni, specie al palato, in chiusura. Sfodera addirittura un accenno goudron sul tannino. Dall’iniziale chiusura, il nettare vira al naso su ricordi di cera d’api, uniti al lampone e alla cannella. In bocca, l’accenno mielato si amalgama bene con le durezze.
Bardolino 2013 “Sp”, Albino Piona (Sommacampagna) Eleganza assoluta, grande ampiezza, fiori e frutto di grande precisione. E, per la prima volta nel panel, ecco l’agrume rosso, l’arancia sanguinella. In bocca si conferma su note eleganti e precise, fruttate. Il tannino parla di un’ottima prospettiva di affinamento. Curiosa la nota di zafferano che accompagna iodio e una fragolina da Pinot Nero, nel retro olfattivo.
Bardolino 2016, Il Pignetto (Sommacampagna) Al naso fragola e lampone, di nuovo, ma di una maturità più compiuta. Sale e spezia marcata, ma molto ben integrata. Macchia mediterranea, rieccola. Tanto sale e frutto, perfettamente equilibrati. Vino splendido, dalla beva irresistibile.
Alto Adige St. Magdalener Doc Classico 2016 “Vigna Rondell”, Glögglhof Franz Gojer Il vino della giornata, frutto di un cru di un ettaro che dà vita a 7 mila pezzi unici. Viti di 60 anni, rese sui 70 quintali. Acciaio e botte grande per 7, 8 mesi. Nel calice tutte le peculiarità del terreno di differente natura: dal porfido al calcare, oltre allo gneis. Frutto succoso, goloso, di estrema precisione. Rintocchi salini, speziati, ritorni terziari. Vino giovane, con tanta vita davanti, ma già godibilissimo e di eleganza assoluta. Un manifesto della Schiava.
Alto Adige St. Magdalener Doc Classico 2018 “Vigna Premstallerhof”, Rottensteiner Rubino, frutto di bosco, gran concentrazione. In bocca sorso agile in ingresso, tendenzialmente morbido, che si irrobustisce in centro e in chiusura, dove sfodera una bella vena salina e un tannino che dimostra la gioventù.
Alto Adige St. Magdalener Doc Doc Klassisch 2017 “Hub”, Untermoserhof Georg Ramoser Il più austero di tutti, bella batteria, più sulle durezze che sul frutto. Gran prospettiva. Tanto sale. Frutto in chiusura.
Alto Adige St. Magdalener Doc Classico 2016 “Moar”, Cantina Bolzano Ottima prontezza di beva. Ma il vino mostra anche carattere e polpa, oltre al tannino e al sale. Vino assolutamente completo e ben fatto, equilibrato.
Alto Adige St. Magdalener Doc Classico 2015, Ansitz Tenuta Waldgries Quattro anni e non sentirli, alla faccia della Schiava che dà vini di pronta beva. Un vino assolutamente ancora vivo, dal frutto pieno ed esplosivo, con ricordi di mora di rovo. Sale e tannino si dividono il sorso, mostrando ampi margini di ulteriore affinamento.
Alto Adige St. Magdalener Doc Classico 2006, Maso Unterganzner Josephus Mayr Colore che tende al granato. Al naso gran complessità, con note terziarie evidenti e molto ben integrate. Al palato vino pieno: la buona vena glicerica è corroborata e rinvigorita da spezia e tannino, ancora presenti. Allungo salino.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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