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Angelo Gaja scrive a Sergio Germano: scossa al Consorzio Barolo-Barbaresco

Angelo Gaja scrive a Sergio Germano: scossa al Consorzio Barolo-Barbaresco
Con una lettera indirizzata al neo presidente Sergio Germano, Angelo Gaja dice la sua sulle recenti vicende del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Diversi i riferimenti all’operato del predecessore di Germano, Matteo Ascheri e alla bocciatura delle proposte di modifica del disciplinare dei due grandi vini rossi delle Langhe. Angelo Gaja arriva quindi a suggerire l’istituzione di un «Comitato Senior»: «Non lo invoco per me – precisa – non ho più l’età per farne parte. Vi farei confluire di diritto i past-President, che sono i preziosi depositari della memoria storica del Consorzio. Assieme mi piacerebbe vedere invitati anche soggetti che hanno conoscenze storiche ed attuali del mercato. Giusto per fare un esempio, Ernesto Abbona, già past-President di Uiv; Gianni Gagliardo, Presidente di Deditus; Piero Quadrumolo per le cantine sociali; Luca Currado Vietti, che ha viaggiato ovunque nel mondo; Oscar Farinetti ad immaginare il futuro…. Il “Comitato Senior” non potrà interferire con l’attività del Cda, avrebbe unicamente una funzione consultiva».

GAJA: PRESIDENTE TUTTO FARE VS PRESIDENTE SUPER PARTES

Nell’esordio della lettera, Gaja si congratula con Germano per il nuovo incarico, per poi fare una distinzione precisa tra i «presidenti tutto fare» e il «presidente super partes». «Caro Sergio – si legge nella missiva – complimenti e grazie per esserti preso un badò e di volerlo portare avanti con entusiasmo. “Presidenti tutto-fare”. Continuiamo su questa strada, è così da sempre, e grazie a trovarli quelli che si sacrificano a fare il Presidente-tutto-fare. Una volta eletti si insediano in ufficio e portano avanti il lavoro avvalendosi del sostegno dei collaboratori. Ma il “peso” resta principalmente sulle spalle del Presidente-tutto-fare. Si può pensare anche ad un altro progetto?», si chiede Angelo Gaja prima di definire cosa sia un «presidente super partes».

«Avere un Presidente super partes – spiega Gaja – che vigila sul CdA, affidando al Direttore il compito di creare/costruire/ispirare l’azione sociale?  Ma un simile direttore è da inventare: che conosca almeno tre lingue estere, portatore di progetti innovativi e realizzabili, che abbia scritto libri, dotato di capacità oratorie, creatore di entusiasmo, una voglia matta di lavorare…  e così il Presidente tutto-fare che è uno dei NOSTRI, ci rassicura, ci dà molte più garanzie, ne andiamo orgogliosi e ce lo teniamo stretto».

LA LETTERA DI GAJA A SERGIO GERMANO: «GUARDARE AVANTI» E «VIGNETI A NORD»

Altro “capitolo” della lettera di Gaja a Sergio Germano è intitolato «Guardare avanti». «In uno dei discorsi di fine anno – si legge nella missiva – il Presidente Mattarella invitava a “leggere il presente con gli occhi di domani”. In effetti voleva essere uno stimolo ad osare. Si è spesso portati a “leggere il presente con gli occhi di ieri”. Perché conosciamo il passato, sappiamo cosa è stato utile e cosa no, abbiamo acquisito delle sicurezze, ad avviare il “nuovo” siamo prudenti».

Ecco poi il nodo dell’apertura del disciplinare ai vigneti a Nord, naufragata tra le polemiche. «La questione – scrive Angelo Gaja nella lettera indirizzata a Sergio Germano – ha generato un refolo irriverente in un bicchier d’acqua. Ci sono produttori che già da tempo avevano piantato dei vigneti di Nebbiolo nel versante Nord. Sottoporre i vini che si producono da quei vigneti al giudizio della commissione di degustazione aiuterebbe a capire».

GAJA: «IGP PIEMONTE? LA CASELLA MANCANTE DEL VINO PIEMONTESE».

Sempre nella missiva indirizzata a Sergio Germano, Angelo Gaja allarga il cerchio e affronta una tematica “calda” del vino piemontese, ovvero la mancanza di una “denominazione di ricaduta” regionale, a fronte della presenza della Doc Piemonte. «Avevo invano sostenuto a lungo l’istituzione dell’Indicazione geografica tipica. Al Piemonte del vino manca una casella… sembra che siano in pochi ad accorgersene». L’accusa, nemmeno troppo velata e condivisa da diversi produttori regionali, è che la Dop Piemonte venga utilizzata, in assenza dell’Igp Piemonte, come “denominazione di ricaduta”. Con conseguente danno di immagine per il brand “Piemonte”.

LA STOCCATA A FONDAZIONE CRC E I GIOVANI

È ricchissima di tematiche la lettera di Gaja a Germano. L’iconico produttore suggerisce anche una diversa gestione di Barolo en Primeur. «I proventi delle bottiglie offerte all’asta dai produttori, unitamente a parte (da definire) di quelli delle barriques di Vigna Gustava – si legge – debbono andare interamente/esclusivamente al Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e non essere lasciati nella più ampia disponibilità della Fondazione CRC».

Infine, il nodo delle nuove generazioni: «Aiutare i produttori giovani a partecipare è il compito più difficile. Gli strumenti moderni però sono quelli già ampiamente utilizzati dai giovani. Dotare il Consorzio di un Blog, sul quale i produttori identificabili per nome e cognome possano comunicare, avviare confronti sui temi di interesse dei nostri vini». Le ultime righe della lettera al neo presidente Sergio Germano paiono un disclaimer: «Facile, comodamente seduti a casa propria, fare il grillo parlante.  Non volevo essere arrogante. Caro Sergio, ti ringrazio in anticipo per il lavoro che svolgerai a beneficio di tutti noi. Con amicizia, Angelo Gaja».

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Sergio Germano nuovo presidente Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani


Sergio Germano
è  il nuovo presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani. Il titolare della cantina Ettore Germano di Serralunga d’Alba è stato scelto dal consiglio di amministrazione del Consorzio piemontese. Sergio Germano succede a Matteo Ascheri e sarà chiamato a gestire cambiamenti che potrebbero risultare epocali per le denominazioni tutelate dall’ente, soprattutto sul fronte del Barolo che pensa di estendere la produzione ai versanti Nord delle colline. Altro tema caro a Germano è quello del tappo a vite, con le prime prove anche sul Barolo dopo il recente ingresso nell’associazione Gli Svitati.

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Anche l’Alta Langa punta sul Pinot Meunier


Lo sguardo della spumantistica italiana sembra tutto rivolto sul Pinot Meunier. Dopo la Lombardia, che in Oltrepò pavese ha avviato l’Iter per l’introduzione del vitigno nella cuvée del Metodo classico Docg base Pinot Nero (qui l’approfondimento pubblicato pochi giorni fa da winemag.it), l’ultima regione ad aver messo gli “occhi addosso” alla varietà della Champagne è il Piemonte dell’Alta Langa. Nello specifico, la cantina Enrico Serafino, produttrice di Metodo classico dal 1878, si è fatta interamente carico dei costi di un progetto sperimentale, volto a inserire il Pinot Meunier nel registro viticolo piemontese.

I dettagli sono stati presentati lunedì nella sede storica dell’azienda, a Canale. Nel corso del mese di giugno 2023, i tecnici della Enrico Serafino hanno sovrainnestato il Pinot Meunier clone Entav 865 – proveniente da un vivaio francese specializzato nelle selezioni della Champagne – in due porzioni di vigneti di Pinot Nero. Il primo è localizzato nei vigneti della Scuola Enologica di Alba e fa parte degli impianti sperimentali degli inizi degli anni 90 per il progetto Alta Langa; il secondo è di proprietà della Enrico Serafino ed è iscritto alla Docg Alta Langa, a Cerretto Langhe. I due impianti si trovano rispettivamente a 150 e 520 metri di altitudine, con esposizione a est e a ovest.

A partire dalla primavera 2024, le due tesi saranno oggetto di verifiche e confronti dal punto di vista tecnico. Nelle successive tre vendemmie si svolgeranno le rispettive microvinificazioni sperimentali, proprio a cura della Scuola Enologica, per la valutazione delle caratteristiche del Pinot Meunier in Piemonte. I dati rilevati saranno poi sottoposti, presumibilmente ad inizio 2027, al Tavolo Vitivinicolo Regionale per la validazione e per la prima iscrizione ufficiale come vitigno in osservazione e successivamente per quella definitiva.

L’ALTA LANGA PUNTA SUL PINOT MEUNIER CON ENRICO SERAFINO

«Il Pinot Meunier – afferma Nico Conta, presidente della Enrico Serafino – è una delle varietà più utilizzate per la produzione di spumanti Metodo classico a livello mondiale, ma attualmente vietata in Piemonte. Anche alla luce dello sviluppo della denominazione Alta Langa Docg, riservata esclusivamente al Metodo classico, ci sembra importante dare alla nostra regione un’ulteriore opportunità di sviluppo».

Si tratta di un progetto di lungo periodo, fortemente voluto da Kyle Krause, proprietario di Enrico Serafino, da sempre impegnato nella comunità locale. Infatti, l’investimento sarà interamente sostenuto dall’azienda che si farà anche carico di tutte le attività, dalla progettazione del vigneto sperimentale sino al risultato finale che sarà poi disponibile per tutti i viticoltori piemontesi.

In questo percorso, oltre alla Scuola Enologica di Alba, Enrico Serafino ha coinvolto la Regione Piemonte. «Siamo abituati a stare tranquilli – commenta l’assessore regionale Marco Protopapa – a stare comodi, perché sembra la via migliore. Ma questa non è la filosofia dell’azienda che ha nuove idee e azzardi, che è innovativa e vuole vedere se si può aprire una nuova strada. La Regione condivide questa visione di miglioramento continuo».

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Alba e Langhe: in arrivo tre nuovi spumanti Metodo classico da Nebbiolo e…


Tre nuovi spumanti Metodo classico da uve Nebbiolo in Piemonte. È quanto ha richiesto la maggioranza dei produttori aderenti al Consorzio Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. L’esito delle votazioni, raccolte in parte attraverso una raccolta firme (l’assemblea fissata a metà giugno non aveva raggiunto il quorum di partecipanti), è stato comunicato ieri alle cantine aderenti al Consorzio piemontese. L’iter per l’approvazione definitiva delle modifiche ai disciplinari potrebbe portare alla nascita di due sparkling Blanc de NoirNebbiolo d’Alba spumante Metodo classico vinificato in bianco e Langhe Doc Nebbiolo Metodo classico vinificato in bianco – e di un rosato, il Langhe Doc Nebbiolo Metodo classico rosé. I tre nuovi spumanti Made in Piemonte potrebbero vedere la luce a partire dalla vendemmia 2024.

Le votazioni sono state accompagnate da un dibattito a tratti acceso tra i produttori. L’esito è frutto di maggioranze tutt’altro che schiaccianti. Secondo fonti di winemag.it, l’accordo maggiore sarebbe stato registrato dal Nebbiolo d’Alba spumante Metodo classico da Nebbiolo vinificato in bianco. Il disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di origine controllata Nebbiolo d’Alba prevedeva già le tipologie “Nebbiolo d’Alba Spumante” (rosso) e “Nebbiolo d’Alba Spumante Rosé”. Il Blanc de Noir completerebbe la gamma di colori dello sparkling ottenuto da uve Nebbiolo, con l’avallo alla vinificazione in bianco della varietà allevata in 25 comuni situate sulle due sponde del fiume Tanaro. Un provvedimento che innalzerebbe il valore dei BdN albesi, per i quali al momento è obbligatorio il declassamento delle uve.

La vera svolta riguarda i due Metodo classico Langhe Doc da uve Nebbiolo, Blanc de Noir e Rosé. A spingere per questa tipologia sono soprattutto i produttori di Barolo e Barbaresco, a cui è stata negata l’introduzione del vitigno simbolo del Piemonte nel disciplinare dell’Alta Langa, lo Champenoise ormai diventato simbolo d’eccellenza del mondo delle bollicine piemontesi. Di qualche anno fa l’esplicita richiesta di produttori come Sergio Germano (Ettore Germano, Serralunga d’Alba), rispedita al mittente dall’allora management dell’Alta Langa, guidato dal 2013 al 2022 da Giulio Bava (Cocchi). Una decisione poi confermata anche dalla nuova gestione targata Mariacristina Castelletta (Tosti 1820), in carica appunto dallo scorso anno. Nessuna indicazione, al momento, sul periodo minimo di affinamento sui lieviti dei due nuovi spumanti langhetti base Nebbiolo (qualcuno spinge per un minimo di 24 mesi, proprio come previsto dal disciplinare dell’Alta Langa).

RESE, BAG IN BOX, VARIETÀ AROMATICHE, ALBAROSSA E ROSÉ

Le tre novità “spumeggianti” non sono le uniche ad essere state approvate. Sono state infatti richieste modifiche delle rese del Langhe Rosso e del Langhe Rosato, portate a 110 quintali per ettaro, rispetto ai 100 attuali. La recente introduzione del Langhe Doc Barbera, con rese pari a 110 quintali, impedisce al momento il declassamento utile alla produzione di uvaggi Langhe Rosso o Langhe Rosato. L’innalzamento di 10 quintali pareggia i conti tra le due tipologie e offre ai produttori nuovi strumenti di valorizzazione del Barbera.

Sempre sul fronte del Langhe Doc Bianco e Rosso, è stata introdotta la possibilità di utilizzo di varietà aromatiche nell’uvaggio. Un provvedimento già varato nel 2020 dalla Doc Piemonte. Si potrà quindi produrre, per esempio, un Langhe Doc Bianco da uve Moscato secco, pur con divieto di menzione della varietà. Permangono tuttavia dubbi su quello che sarà il nuovo profilo organolettico di vini “Langhe Doc Bianco” potenzialmente ottenibili da varietà aromatiche (anche in purezza), in precedenza non ammesse nell’uvaggio. Il mercato darà le risposte attese. A larghissima maggioranza è stata poi introdotta la tipologia Langhe Doc Albarossa, varietà ad oggi ascrivibile alla sola Doc Piemonte.

Un passo in avanti sui mercati internazionali riguarda poi il Bag in Box, tanto in voga nei mercati scandinavi, Norvegia in testa. Sarà presto possibile produrre Bag in Box Langhe Doc Bianco, Rosso e Rosato, pur senza menzionare le varietà dell’uvaggio né ricorrere a menzioni aggiuntive, come quella della vigna. In precedenza, i BiB langaroli non potevano essere etichettati come “Langhe Doc”, ma solo come vini generici. Un’altra modifica riguarda i rosati. Valoritalia, negli ultimi mesi, ha sanzionato diverse aziende piemontesi di Langa per aver etichettato i loro vini come “rosé” al posto che “rosati”. Con larga maggioranza, è stato proposto di introdurre nel disciplinare il termine “rosé”, ad oggi assente dai testi vagliati dal Ministero e pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

MODIFICHE AI DISCIPLINARI DELLE LANGHE: LE TRE BOCCIATURE

Tre le bocciature alle proposte di modifica dei disciplinari del Consorzio Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. La prima riguarda la mancata approvazione della proposta di avvio dell’iter delDoc Langhe Moscato secco“. Una denominazione a cui avrebbero potuto aderire molti produttori di Moscato d’Asti Docg i cui vigneti si trovano in provincia di Cuneo, in comuni importanti per la bollicina astigiana come Santo Stefano Belbo e Cossano Belbo, senza contare Neive, Santa Vittoria d’Alba e Neviglie. Un’opzione per il momento scartata, nonostante sul territorio del cuneese esista un brand, “Escamotage”, che raccoglie 13 produttori di Moscato secco.

La Doc avrebbe consentito loro di non declassare questi vini a generici bianchi da tavola, oltre a delimitare l’area di produzione del Moscato secco, creando valore e possibilità di accesso ai bandi europei, che ammettono solo vini a denominazione di origine. No anche al Langhe Doc Viognier, che continua comunque la sua strada nella Doc Piemonte. La terza ed ultima bocciatura riguarda la proposta di istituzione di un Langhe Doc Nebbiolo Superiore con menzione di vigna, sulla scorta di Barolo e Barbaresco. La tipologia attualmente prevista, il Langhe Doc Nebbiolo, non ammette infatti menzioni di vigna per il Nebbiolo, a differenza di quanto invece concesso per i Langhe Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Favorita, Freisa, Merlot, Nascetta, Pinot Nero, Riesling, Rossese bianco e Sauvignon.

I barolisti temono che questa concessione possa scalfire fette di mercato di Barolo e Barbaresco, intaccando la salvaguardia delle due denominazioni al vertice della piramide qualitativa. Per i proponenti, al contrario, il Langhe Doc Nebbiolo Superiore con menzione di vigna sarebbe un’ottima via per proporre sul mercato vini con le stesse rese di Barolo e Barbaresco, immessi tuttavia sul mercato almeno un anno prima. Vini freschi, più beverini e “pronti” dei grandi Re di Langa, che avrebbero portato in giro per il mondo il nome delle vigne di Barolo e Barbaresco, stuzzicando i consumatori a fare, in seguito, l’upgrade. Tra bocciature e approvazioni, una cosa è certa: nella Langhe non ci si annoia mai. Dentro. E fuori. Dal calice.

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Grandi Langhe 2023, il Consorzio conferma Torino


Grandi Langhe 2023
si terrà ancora a Torino, alle OGR – Officine Grandi Riparazioni (Corso Castelfidardo, 22). L’appuntamento con i produttori del Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani è per il 30 e 31 Gennaio 2023.

Non ancora disponibili le modalità di iscrizione. La due giorni di Grandi Langhe 2022, lo scorso 4 e 5 aprile, si è conclusa con 2.200 partecipanti provenienti da 15 Paesi del mondo. In degustazione le nuove annate di 11 denominazioni di 226 cantine.

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Vendita diretta in cantina: 6 italiani su 10 comprano vino in vacanza

Quasi sei italiani su dieci (58%) in vacanza visitano frantoi, malghe e cantine per acquistare vino e prodotti locali del territorio, direttamente dai produttori. Per molti, un modo per ottimizzare il rapporto prezzo/qualità. E portarsi a casa un pezzo di storia della tradizione italiana. È quanto emerge da una analisi Coldiretti/Ixè divulgata in occasione del Forum mondiale sull’enoturismo organizzato ad Alba da Unwto e Ministero del Turismo.

L’acquisto di un alimento direttamente dal produttore, sottolinea la Coldiretti, è anche una occasione per conoscere non solo il prodotto, ma anche la storia, la cultura e le tradizione che racchiude dalle parole di chi ha contribuito a conservare un patrimonio che spesso non ha nulla da invidiare alle bellezze artistiche e naturali del territorio nazionale.

In molti casi la vendita, precisa la Coldiretti, è accompagnata anche dalla possibilità di assaggi e degustazioni “guidate”, che consente di fare una scelta consapevole difficilmente possibile altrove, ma anche di verificare personalmente i processi produttivi in un ambiente naturale tipico della campagna.

L’acquisto del vino dal produttore – precisa la Coldiretti – è un fenomeno in rapida espansione che rappresenta una opportunità per i consumatori che possono così risparmiare e garantirsi acquisti di qualità.

Ma anche un’occasione per le imprese agricole che possono vendere senza intermediazioni e far conoscere direttamente le caratteristiche e il lavoro necessario per realizzare una specialità territoriale unica e inimitabile».

Un’opportunità anche per promuovere il turismo e l’occupazione e combattere lo spopolamento nelle aree interne di una Italia considerata a torto “minore”. Grazie ai piccoli centri con meno di cinquemila abitanti è infatti garantito il 79% dei vini più pregiati che rappresentano il Made in Italy nel mondo secondo lo studio Coldiretti/Symbola.

«La vendita diretta del vino, con la possibilità di conoscere vigneti e cantine, è molto diffusa tra i nuovi Paesi produttori come Sudafrica, Australia e Stati Uniti. La visita alle wineries ha rappresentato un importante elemento di promozione dei consumi».

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Alberi da Tartufo Bianco d’Alba tra i vigneti dell’Alta Langa: il progetto del Consorzio

È un legame forte quello che unisce l’Alta Langa, primo spumante Metodo classico ad essere prodotto in Italia fin dalla metà dell’Ottocento, e il Tartufo Bianco d’Alba. L’unione si rafforza grazie all’ultimo progetto del Consorzio di tutela. «Insieme al presidente Antonio Degiacomi e al Centro Nazionale Studi Tartufo – annuncia il responsabile operativo dell’ente, Paolo Rossino – intendiamo sensibilizzare i nostri soci viticoltori affinché dedichino una porzione di terreno alla piantumazione di alberi simbionti del tartufo».

«Questi alberi – continua l’esponente del Consorzio Alta Langa – potranno essere curati direttamente dagli agricoltori. Si potranno anche stabilire accordi con associazioni di trifolao, che se ne occupino in modo da favorire buone pratiche di sviluppo e mantenimento delle tartufaie sul territorio delle colline alte di Langa».

LE PIANTE DA TARTUFO BIANCO

«Auspichiamo che anche altri enti e associazioni si muovano in questa direzione – aggiunge Paolo Rossino -. Come e più che piantare una vite, piantare un albero significa avere capacità di immaginare il futuro. E se piantare un albero permette di dare corpo al sogno di un mondo più bello, piantare alberi simbionti del Tartufo ci impegna nella direzione di un mondo più buono».

Sono diverse le piante da tartufo bianco. Tra queste: Quercus Robur (Farnia), Quercus Cerris (Cerro), Quercus Petraea (Rovere), Quercus Pubescens (Roverella), Populus Nigra (Pioppo Nero). E ancora: Populus Alba (Pioppo Bianco), Populus Deltoides Cv. Carolinensis (Pioppo Carolina), Populus Tremula (Pioppo Tremulo), Salix Caprea (Salicone). Senza dimenticare Salix Alba (Salice Bianco), Tilia Platyphyllos (Tiglio), Ostrya Carpinifolia (Carpino Nero) e Corylus Avellana (Nocciolo).

LA FIERA INTERNAZIONALE DEL TARTUFO DI ALBA 2021

Nel frattempo si rinnova un’altra partnership territoriale. Per il sesto anno consecutivo, il Consorzio Alta Langa sarà la bollicina ufficiale della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba 2021 (9 ottobre – 5 dicembre).

Lo si potrà degustare nella Grande Enoteca della Fiera e durante i Foodies Moments, i cooking show dell’Alba Truffle Show, in abbinamento ai piatti dei più quotati chef di livello nazionale e internazionale che, per l’occasione votano il loro estro a piatti cuciti su misura per il Tartufo Bianco d’Alba.

APPUNTAMENTI CON GLI CHEF

Ricchissimo il calendario degli eventi, con doppio appuntamento ogni sabato (alle 11.00 e alle 18.00) e alla  domenica (alle 18.00): a deliziare i partecipanti penseranno gli chef Gabriele Boffa, Federico Gallo, Davide Caranchini, Pasquale Laera, Giancarlo Morelli, Riccardo Bassetti, Giuseppe Iannotti, Luca Zecchin, Ugo Alciati,  Matias Perdomo, Flavio Costa.

E ancora: Andrea Larossa, Ivano Ricchebono e Federico Belluco (entrambi il 1° novembre,  rispettivamente alle 11.00 e alle 18.00), Federico Zanasi, Davide Rangoni, Davide Palluda, Stefano Sforza, Paolo  Griffa, Walter Ferretto, Fabio Pisani e Alessandro Negrini, Damiano Nigro, Eugenio Boer, Luigi Taglienti, Marco  Sacco, Michelangelo Mammoliti, Enrico Marmo, chiudendo con Christian e Manuel Costardi.

«Il legame tra i nostri vini Alta Langa Docg e il Tartufo Bianco d’Alba – sottolinea il presidente del Consorzio Alta Langa, Giulio Bava – in questi anni si è fatto via via più stretto. Un comune territorio di origine, un comune senso del gusto, un comune sentire che ci ha avvicinati e ci ha permesso di vivere un’esperienza che parte dalla tavola ma va ben oltre. Ormai l’abbinamento fra le bollicine di Alta Langa e il Tartufo Bianco si è fatto strada e si è affermato tra le ricette degli chef e nei desideri di chi ama il buon vivere».

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Più Barolo e meno Barbaresco tra il 2019 e il 2020: il punto sui Vini delle Langhe

Più BaroloLanghe Nebbiolo e Nebbiolo d’Alba, meno Barbaresco, Verduno Pelaverga e altri vini di Alba (Barbera, Dolcetto d’Alba e di Diano d’Alba). È quanto emerge dal confronto degli imbottigliamenti dei vini delle Langhe tra il 2019 e il 2020, con la Denominazione “allargata” piemontese che cresce dell’8%.

I dati, riferiti al numero di contrassegni venduti, fotografano lo stato di salute delle Denominazioni delle Langhe. Cifre in gran parte incoraggianti, visto il periodo storico segnato dalla pandemia Covid-19.

A sorprendere, su tutti, oltre alla crescita del Barolo, è il calo del Barbaresco. «Un decremento – spiega a WineMag.it Andrea Ferrero, direttore del Consorzio Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani – dovuto in parte all’andamento dell’annata 2017, scarsa rispetto alla 2016 dal punto di vista quantitativo».

Quanto al “Re dei vini italiani”: «Nonostante circolino quotazioni da considerare non attendibili e fuorviati – continua Ferrero – il prezzo del Barolo sfuso, come rilevato dalla Camera di Commercio di Cuneo, si attesta intorno a valori di circa 6,00 euro litro».

Una cifra che garantisce alle aziende una certa remuneratività, anche a fronte di forti promozioni come quelle dei supermercati o dell’Autogrill, molto in voga da diversi anni nel periodo delle festività, specie quelle natalizie.

CONFRONTO IMBOTTIGLIAMENTI  2019/2020 (01/01 – 31/12)
DENOMINAZIONE 2019 2020 VARIAZIONE
Hl Bottiglie Hl Bottiglie Bottiglie %
Barolo 93.902 12.520.225 97.359 12.981.244 461.019 4%
Barbaresco 32.080 4.277.393 29.550 3.940.033 -337.360 -8%
Dogliani 13.527 1.803.543 13.466 1.795.452 -8.091 0%
Dolcetto Di Diano D’Alba 4.466 595.421 3.829 510.583 -84.839 -14%
Barbera D’Alba 80.147 10.686.248 75.219 10.029.153 -657.095 -6%
Nebbiolo D’Alba 18.169 2.422.507 19.111 2.548.133 125.627 5%
Dolcetto D’Alba 36.692 4.892.232 34.737 4.631.584 -260.648 -5%
Langhe (Tutte Le Denominazioni) 81.508 10.867.709 88.047 11.739.649 871.940 8%
Langhe Nebbiolo 53.912 7.188.207 55.995 7.466.040 277.833 4%
Verduno Pelaverga 1.171 156.153 1.151 153.519 -2.635 -2%
TOTALE 415.572 55.409.639 418.465 55.795.391 385.752 0,7%

Non a caso, i dati degli imbottigliamenti al mese di novembre 2020, con l’approssimarsi del Natale e del Capodanno, segnavano un +8% del Barolo, a confronto con il 2019. Ce n’è di più in circolazione, insomma, a riprova di una sorta di “democratizzazione” della Denominazione piemontese.

Il confronto definitivo tra gli ultimi due anni vede il “Re dei vini” crescere in definitiva del 4%, ovvero di quasi mezzo milione di bottiglie (461.019), passando da 12.520.225 del 2019 a 12.981.244 del 2020.

Cresce bene anche la Denominazione allargata della Langhe: +8% per le 23 tipologie aggregate, tra cui spiccano – oltre al Langhe Rosso e Bianco – i vini prodotti con gli autoctoni Freisa, Favorita, Arneis e Nas-cëtta e gli internazionali come Chardonnay, Sauvignon blanc e Riesling.

Bene il Langhe Nebbiolo (+4%) e il Nebbiolo d’Alba (+5%). Tra le Denominazioni che hanno subito il calo più significativo, oltre al Barbaresco (337.330 bottiglie in meno nel 2020, rispetto al 2019), figura col – 6% la Barbera d’Alba (- 657.095 bottiglie). Vero e proprio crollo per il Dolcetto di Diano d’Alba: – 14%, ovvero 84.839 bottiglie in meno.

Per il Verduno Pelaverga, il calo registrato tra un’annata e l’altra è di appena 2.635 bottiglie, a fronte di una produzione complessiva che, nel 2020, si è assestata sulle 153.519 bottiglie.

Altro che crisi: Consorzio del Barolo sotto attacco per un “no” al giornalista prezzolato

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Consorzio del Barolo e Coldiretti Cuneo: insieme per la sfida green per le colline Unesco

Ottimizzare i flussi dei trasporti di vino in area Unesco riducendo l’impatto del traffico e delle emissioni in atmosfera e, attraverso un hub logistico, agevolare la vendita diretta a distanza anche attraverso l’e-commerce, nonché rendendo il territorio più vivibile per i cittadini e più godibile per i turisti. Sono questi gli obiettivi dell’ambizioso progetto, in studio da oltre un anno, messo a punto in stretta sinergia da Coldiretti Cuneo e Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, con la collaborazione di partner operativi per i trasporti, la logistica e l’informatica.

“Le strade e le colline vitate – dichiara il Presidente del Consorzio del Barolo Matteo Ascheri – sono sempre più frequentate, oltre che dai turisti tradizionali, dai cicloturisti, sull’onda del boom delle e-bike: un trend in crescita che ottimizza la fruizione delle attrazioni naturali e antropiche del territorio ma che mal si concilia con la circolazione di grossi mezzi quali autoarticolati o Tir”.

Si prevede allora un servizio di ritiro e consegna delle merci programmato nelle cantine, modificabile al bisogno, con automezzi di ridotte dimensioni e green, e il temporaneo stoccaggio in appositi magazzini condizionati e organizzati (hub) per la preparazione del groupage in attesa del carico sul mezzo, in genere di grande portata, verso la destinazione finale con percorrenza delle grandi arterie viarie”.

Il progetto, condiviso da tutti i componenti del gruppo di lavoro, intende offrire alle cantine un servizio per la movimentazione e la gestione delle merci in fase di vendita, fondato sulla sostenibilità, grazie all’utilizzo di mezzi idonei a ridurre il decongestionamento del traffico con possibile estensione ad altre aree, a beneficio di chi vive queste terre e di chi viene a scoprirle, attratto dalle opportunità di enoturismo offerte dai vitivinicoltori.

“In stretta connessione con questa attività – aggiunge il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – il gruppo di lavoro sta lavorando ad una rete che realizzi un servizio d’appoggio per le vendite oltre confine, anche tramite l’utilizzo di canali e-commerce, che durante il lockdown hanno dimostrato particolare efficacia. Un incentivo, dunque, alla vendita rivolta al consumatore finale, oggi ostacolata da formalità fiscali, doganali, burocratiche, oltre che da oggettive complicanze logistiche distributive”.

Raccolto il consenso dei rappresentanti dei Sindaci e dell’Associazione dei Paesaggi Unesco, Coldiretti Cuneo e Consorzio del Barolo sono pronti a realizzare il protocollo sperimentale che vedrà coinvolte alcune cantine, prima di estendere l’operazione all’intero territorio interessato.

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A Grandi Langhe 2020 spicca la “longevità” dei Barolo 2016

Una quinta edizione, quella di Grandi Langhe 2020 (ad Alba, 27 e 28 gennaio), col segno “più“. Aumentano infatti gli ingressi da parte degli operatori del settore, +30% rispetto al 2019. Oltre 2000 professionisti provenienti da 34 paesi nel mondo per degustare le nuove annate di Barolo 2016, Barbaresco 2017 e Roero 2017, e delle altre denominazioni di Langhe e Roero.

“Oltre un terzo dei partecipanti è arrivato dall’estero, a conferma del fatto che il nome di Grandi Langhe si sta affermando sempre di più anche fuori dall’Italia” – dice il presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani Matteo Ascheri.

Fra i 206 banchetti si disegna il tratto di una nuova annata, in particolare per il Barolo 2016, in gran forma e con ogni probabilità destinata a farsi ricordare a lungo nel calice: un’annata nel pieno delle potenzialità di affinamento per il rosso simbolo delle Langhe.

GLI ASSAGGI DI WINEMAG.IT

Conferme e novità, grandi e piccoli produttori fra gli assaggi di WineMag. Ecco quelli più convincenti.

Barolo Bussia Docg 2016, Fogliati. Un Barolo ricco, pieno e scorrevole. Naso che coinvolge alternando il frutto ad un terziario aromatico che a tratti ricorda sentori di brace. Tannino vellutato e grande freschezza. Un Barolo che sembra parlare la stessa lingua del vicino di cru (e, coincidenza, di banchetto) Giacomo Fenocchio. Ottima prima vendemmia per i fratelli Annalisa e Guido Chiappa.

Sono loro la “storia di copertina“. Ragazzi poco più che trentenni che hanno recuperato i vigneti di famiglia fra Castiglione Falletto e Monforte. Viti di circa 70 anni, condotte in regime bio, estese su 7 ettari ma di cui al momento solo 2,8 sono produttivi.

Circa 6000 bottiglie per una sfida ed una scommessa che, a giudicar dal loro primo Barolo, è vinta con ampio margine. Ne è conferma anche il Langhe Nebbiolo Docg 2018. Fiori e frutto al naso scalcianti nella loro gioventù ed una bocca sostenuta dalla stessa sapida mineralità del Barolo.

Barolo Bussia Docg 2016, Giacomo Fenocchio. Un nome che è una certezza ma in questo caso la mano di Claudio ha disegnato una linea di cru (Cannubi, Castellero, Villero e Bussia) che da soli spiegano il motivo di tanto successo. Il Bussia in particolare ha un naso ricco e profondo ed una mineralità che restano nella memoria.

Così come il Barolo Bussia Docg 2010, chiaramente più evoluto ed intrigante ma in qualche modo “fratello maggiore” del 2016. Due annate che messe a confronto hanno molto di cui parlare.

Barolo Docg 2016 “La Tartufaia”, Giulia Negri – Serradenari. Grande riconferma per Giulia, che dopo l’ottima performance del 2019 con “La Tartufaia” 2015 presenta qui una nuova annata del suo cru. Diverso eppur con la stessa prospettiva il 2016 ha naso complesso ed è avvolgente al palato in un gioco continuo fra freschezza e tannino.

Barolo Scarrone Docg 2016, Bava. Un Barolo ruvido che apre su note fruttate per chiudere il sorso con un tannino a tratti spigoloso. Vino che lascia immaginare possibilità di allungo e maggior finezza nel tempo. Impressione confermata dall’assaggio del Barolo Scarrone Docg 2011; vino succoso, pieno e fresco.

Un 2011 che per freschezza “e gioventù” se la gioca con molti 2016 presenti. Quando rispettare il vino ed il territorio paga “sulla distanza”.

Barolo Riserva Docg 2013, Virna Borgogno. Conquista subito per la sua balsamicità mentolata. Una freschezza al naso che fa da contraltare a terziari, piacevoli ed evidenti, “scuri” di spezie e frutta rossa surmatura.

Barbaresco Montersino Docg 2017, Albino Rocca. Pulito, preciso, “didattico” nel senso più bello del termine. Barbaresco che non fa discutere fra “modernità” e “tradizione”, semplicemente si fa apprezzare e gustare.

Barbera d’Alba Superiore Doc 2017, Marengo Mauro. Naso intenso e ricco di frutto rosso, lieve nota di legno. Armonico e sapido in bocca non nasconde la sua viva freschezza.

Langhe Nebbiolo Doc 2017, Garesio. Un Nebbiolo che apre ematico ed agrumato per regalare note floreali e di frutto rosso in un secondo momento. Piacevolmente scorrevole e minerale al sorso è dotato una piacevolissima persistenza.

Il Barolo Gianetto Docg 2016, sempre di Garesio e qui presente in campione per degustazione perché non ancora imbottigliato, è un vino di struttura in cui il tannino si presenta ancora in modo potente. Da riassaggiare fra qualche tempo.

Sul fronte dei bianchi a stupire è il Vino Bianco “Sabbia” 2017 di Demarie. Un Arneis macerato e brevemente affinato in barrique. Colore carico ma non “ornage”, occorre lasciarlo scaldare un po’ nel bicchiere per poterne godere a pieno.

Circa 3000 bottiglie che conquistano il naso con profumi di pesca, albicocca, camomilla ed un po’ di spezia. In bocca è sapido, fresco e di corpo. Lunga la persistenza sulle stesse note del naso.

Deltetto sfoggia una coppia di Arneis in splendida forma. Roero Arneis Docg 2018 “San Michele” è profumato al limite dell’aromatico. Frutta esotica che dona morbidezza e frutta bianca che da freschezza. Roero Arneis Riserva Docg 2017 “San Defendente” mostra una maggiore evoluzione.

Note morbide accompagnate da una mineralità di idrocarburo. Il campione di “Atto a diventare” San Defendente 2018 conferma la propensione della cantina ai bianchi da invecchiamento.

Langhe Nascetta Doc 2018, La Rachilana. Vitigno ancora poco noto e poco coltivato vista la sua scarsa rappresentazione qui a Grandi Langhe 2020. Quella di La Rachilana si fa notare per la sua facilità di beva. Apre il sorso in modo verticale per poi allargare su note fruttate durante la persistenza, non lunghissima ma assolutamente piacevole.

Langhe Doc Sauvignon 2018, Silvano Bolmida. Attenzione ai terreni ed alle tecniche di viticoltura che pagano (ancora) regalando un Sauvignon non banale. Pulito e preciso, sapido. Grande frutta e varietale ma senza quella potenza della “foglia di pomodoro” che solitamente ci si aspetta da questi vini. Un’etichetta già presente nella Guida TOP 100 – 2019 di WineMag.it.

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a tutto volume

Dalle Langhe arriva il primo Gin al Tartufo Bianco

Dalle Langhe arriva Wolfrest Alba, il gin 100% italiano al tartufo bianco. Un Gin Super Premium, distillato prezioso e profumato come il pregiato fungo ipogeo. Una ricetta composta da sole tre botaniche: ginepro piemontese, nocciole tostate del territorio, tartufo bianco di Alba.

Un tributo alla regione d’origine. Lo slogan “Lo Spirito del Piemonte” gioca infatti sul duplice significato di spirito, in quanto distillato e lo spirito figurato, quello che contraddistingue le Langhe.

LA SCELTA DELLE BOTANICHE
Per Wolfrest Gin le botaniche non sono mai casuali: ripercorrono il cammino del lupo italiano tra quelle incontrate nel suo lungo viaggio di ritorno dal centro Italia alle Langhe. Wolfrest prende il nome da Montelupo Albese, piccolo comune in collina a 10 km da Alba, paese di origine di Valentina Barone e Giovanni Alessandria, ideatori del “gin del lupo”.

Con Wolfrest Alba (dopo il classico Wolfrest, il primo gin, creato nel 2017) il viaggio del lupo continua, con grande attenzione a ciò che lo circonda, fino ad arrivare alla città di Alba.

WOLFREST ALBA
Wolfrest Alba è un Conteporary Super Premium Gin, nato per essere servito liscio ma studiato anche per la mixology. Le premesse sono però quelle di non limitare la distribuzione ai cocktail bar, ma aprirsi anche alla ristorazione grazie alla sua spiccata inclinazione gourmet.

Come i grandi vini sull’etichetta del Wolfrest Alba è stampato l’anno di raccolta dei tartufi, perchè ogni stagione annata è differente e unica. Aprendo la bottiglia è impossibile non riconoscere l’elegante e delicato profumo del tartufo bianco di Alba.

Wolfrest Alba è prodotto in piccolissimi lotti, sia per la quantità limitata e l’alto costo del tartufo bianco di Alba, sia per la complessità a livello produttivo.

COCKTAIL
Molti i cocktail che si possono preparare con Wolfrest Alba richiamando sapori e profumi del territorio, alcuni esempi sono:

Alba Martinez
Wolfrest Alba Gin, un cocktail a base vino composto da Brachetto, Barolo chinato e Barbaresco, guarnito con una fragolina – da servire in una coppa cocktail.

Piemonte Sour
Wolfrest Alba Gin, in aggiunta a Moscato, miele d’acacia, succo di limone, albume e infine guarnito con una grattuggiata fine di tartufo bianco d’Alba – Da servire in un bicchiere old fashoned.

WOLFREST
Wolfrest nasce come progetto di famiglia di Valentina Barone  e Giovanni Alessandria. Una grande passione per il gin, sviluppata nelle loro esperienze a Londra, a cui hanno unito le competenze lavorative e hanno deciso di creare questo distillato in una terra vocata ai grandi vini, le Langhe.

“Nel 2017 al ritorno dall’Australia ci sentivamo molto ispirati vendendo il fermento di quel paese, così a marzo abbiamo cominciato a sviluppare le prime idee (che già da anni coltivavamo nelle nostre menti) e finalmente quell’autunno abbiamo cominciato la produzione del nostro Wolfrest Gin” racconta Valentina Barone.

A dicembre del 2017 hanno lanciato sul mercato Wolfrest, un gin 100% italiano le cui 7 botaniche abbracciano tutta l’Italia: dal ginepro umbro e tosco-emiliano, fino alla nota agrumata data dall’arancia dolce di Pernambucco coltivata e raccolta in Liguria, toccando la zona pedemontana per la nota floreale dei fiori di sambuco fino a tornare alle Langhe, con rosmarino, timo, alloro e la nocciola del territorio.

“Fare un gin al tartufo è sempre stato il nostro obiettivo, sin dall’inizio, ma ci abbiamo messo molto a trovare la ricetta perfetta, perché un prodotto così speciale e unico merita un lavorazione che sappia esaltarlo ma soprattutto rispettarlo” racconta Giovanni Alessandria.

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Rosso Barbera 2019: i migliori 10 (+20) assaggi al Castello di Costigliole d’Asti

COSTIGLIOLE D’ASTI – Grande successo per Rosso Barbera 2019. Oltre mille gli accessi alla tre giorni andata in scena dal 2 al 4 novembre, al Castello di Costigliole d’Asti (AT). Una location degna della crescente attenzione dei produttori piemontesi nei confronti della Barbera.

È recente, infatti, il riconoscimento in Piemonte della terza Docg dedicata al noto vitigno a bacca rossa. Si tratta del Nizza Docg, che è andato ad affiancarsi alla Barbera d’Asti Docg e alla Barbera del Monferrato Superiore Docg.

Per l’esordio di Rosso Barbera, evento che nasce dalle ceneri di “Barbera – Il gusto del territorio”, sono stati coinvolti i sommelier Ais della delegazione di Asti. “Grazie alla concessione del castello da parte del Comune e alla nostra collaborazione tecnica – commenta Paolo Poncino (nella foto, sotto) delegato locale dell’Associazione italiana sommelier – l’evento è finalmente decollato”.

“Siamo molto soddisfatti – aggiunge Poncino – soprattutto per i numeri. Lo scorso anno la manifestazione ha coinvolto 80 produttori, quest’anno 150. La copertura geografica è stata dunque molto più capillare e utile, ai nostri ospiti, per comprendere le differenze tra le varie espressioni di questo vitigno, importantissimo per il Piemonte”.

“La Barbera – sottolinea il delegato Ais di Asti – è buonissima vinificata in acciaio, nella sua versione più fresca. Ma si presta ottimamente anche ad essere affinata in legno, con diversi tempistiche e tipologie di botte. Un vino, dunque, molto versatile e gastronomico“.

Diverse le zone rappresentate ai banchi d’assaggio. Corposo il numero di Barbera proveniente dall’Astigiano. Buona la rappresentanza di altri territori piemontesi, come Alba (Cuneo), le Colline Novaresi (Novara) e i Colli Tortonesi (Alessandria).

Non sono mancati rappresentanti dal vicino Oltrepò pavese, con quattro etichette provenienti da San Damiano al Colle, Rovescala, Canneto Pavese e Montecalvo Versiggia, tutti Comuni in provincia di Pavia. Ecco dunque i migliori assaggi di WineMag.it a Rosso Barbera 2019.

TOP 10

1) La Montagnetta – Roatto (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2016 “Piovà”
2) Mossio – Rodello (CN): Barbera d’Alba Doc 2017
3) Accornero e Figli – Vignale Monferrato (AL): Barbera Del Monferrato Doc 2016 “Giulin”
4) Pomodolce – Montemarzino (AL): Colli Tortonesi Doc Monleale 2011 “Marsen”
5) Gatto Pierfrancesco – Castagnole Monferrato (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2017 “Vigna Serra”

6) Michele Chiarlo – Calamandrana (AT): Nizza Docg Riserva 2016 “La Court”
7) Dacasto Duilio – Agliano Terme (AT): Nizza Docg 2017 “Moncucco”
8) Tenuta Il Falchetto – Santo Stefano Belbo (CN): Barbera d’Asti Docg Superiore 2017 “Lurei”
9) Cascina Delle Rocche Di Moncucco – Santo Stefano Belbo (CN): Barbera d’Asti Docg 2017 “Vigne Erte”
10) Gianni Doglia – Castagnole Delle Lanze (AT): Barbera d’Asti Docg 2018 “Bosco Donne”

MENZIONI

11) Cascina Fiore – Costigliole d’Asti (AT): Barbera d’Asti Docg 2016
12) Baldi Pierfranco – Costigliole d’Asti (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2015 “Castelburio”
13) Sant’Anna Dei Brichetti – Costigliole d’Asti (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2015 “Vigna Dei Brichetti”
14) Bianco Marco – Costigliole d’Asti (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2015 “Vigna Del Mor”
15) Montalbera – Castagnole Monferrato (AT): Barbera d’Asti Docg 2018

16) Bava – Cocconato (AT): Barbera d’Asti Docg 2018 “Libera Pianoalto”
17) Cantina Sant’Evasio – Nizza Monferrato (AT): Barbera d’Asti Docg 2018
18) Dacasto Duilio – Agliano Terme (AT): Barbera d’Asti Docg 2018 “La Maestra”
19) Gaudio Bricco Mondalino – Vignale Monferrato (AL): Barbera d’Asti Docg 2018 “Zerolegno”
20) Coppo – Canelli (AT): Barbera d’Asti Docg 2018 “L’avvocata”

21) Sei Castelli – Agliano Terme (AT): Barbera d’Asti Docg 2018 “Ventiforti”
22) Cascina La Barbatella – Nizza Monferrato (AT): Barbera d’Asti Docg 2017 “La Barbatella”
23) Cascina Valle Asinari – San Marzano Oliveto (AT): Barbera d’Asti Docg 2017
24) Scarpa – Nizza Monferrato (AT): Barbera d’Asti Docg 2016 “Casa Scarpa”
25) Bava – Cocconato (AT): Piemonte Doc Barbera 2018 “Viva In Bottiglia Gura” (metodo ancestrale)

26) Malabaila Di Canale – Canale (CN): Barbera d’Alba Doc Superiore 2016 “Mezzavilla”
27) Olim Bauda – Incisa Scapaccino (AT): Nizza Docg 2016 “Cru Bauda”
28) La Gironda – Nizza Monferrato (AT): Nizza Docg 2016 “Le Nicchie”
29) Franco Roero – Montegrosso D’Asti (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2017 “Mappale 213”
30) Prasso Piero – Mongardino (AT): Barbera d’Asti Docg Superiore 2016 “Colli Astiani”

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Tuber Primae Noctis: al via la “cerca” dei “trifulau” in Langa


ALBA –
A pochi giorni all’avvio della 89a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, ecco “Tuber Primae Noctis“, un vero e proprio “Capodanno del Tartufo”. Organizzata quest’anno al Pavaglione di San Bovo di Castino (CN), nel cuore dell’Alta Langa, sarà l’occasione per brindare alla prima notte dell’anno in cui si dà l’avvio alla “cerca” dei “trifulau“. Un momento molto atteso da tutti gli appassionati di Tartufo Bianco d’Alba in Italia e nel mondo.

Per la prima volta i più importanti attori della filiera di valorizzazione del territorio, l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, Il Centro Nazionale Studi Tartufo, in collaborazione con il Consorzio Alta Langa Docg e l’Unione delle Associazioni Trifulau Piemontesi, celebrano l’inizio della stagione con una vera e propria festa.

Da sabato 21 settembre sino al 31 gennaio in Piemonte sarà infatti possibile procedere alla ricerca del Tuber magnatum Pico: in questo periodo, sulla base della legge regionale, il Tartufo Bianco d’Alba farà il suo ingresso in ristoranti, mercati e negozi.

Il primo giorno di “cerca” è dunque un momento solenne perché segna l’inizio della stagione autunnale, annuncia la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco e prepara l’intero territorio all’accoglienza di visitatori e turisti da tutto il mondo, generando una fondamentale ricaduta economica e di interesse per Langhe Monferrato e Roero.

Il “capodanno del tartufo” è importante anche perché informa tutti gli estimatori del prezioso fungo sul calendario ufficiale di consumo e di acquisto. Il Centro Nazionale Studi Tartufo e l’Unione delle Associazioni Trifulau Piemontesi colgono l’occasione per ribadire quanto sia necessario un periodo di “fermo biologico”, dal 1 al 20 settembre di ogni anno, per evitare un eccessivo sfruttamento dell’ambiente durante un momento fondamentale per la maturazione tartufi che si potranno gustare dal 21 settembre in poi.

Tuber Primae Noctis è, per la prima volta, l’occasione per festeggiare – come annunciato dal tema della 89a Fiera Internazionale di Alba – l’equilibrio perfetto fra ambiente naturale e consumatore.

“È una grande emozione celebrare la Tuber Primae Noctis – dichiara Liliana Allena, Presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba – e sono orgogliosa di farlo insieme agli attori di un territorio così speciale. Ringrazio i trifulau per il loro lavoro, ricercatori instancabili nelle notti di luna, in perfetta sintonia con i propri cani”.

“Tra pochi giorni il frutto delle loro ricerche sarà accolto nel nostro Mercato Mondiale del “Bianco d’Alba”, un luogo unico ed inebriato dai 120 profumi del Tuber magnatum Pico in cui acquistare tartufi certificati sotto l’occhio vigile dei giudici del Centro Nazionale Studi Tartufo. Con un calice d’Alta Langa alzato – conclude Allena – brindiamo insieme ad una nuova ed entusiasmante stagione del Tartufo Bianco d’Alba”.

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89a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba: anche l’uovo protagonista


ALBA – È stata presentata venerdì pomeriggio, al Castello di Grinzane Cavour, l’89a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba. L’evento andrà in scena dal 5 ottobre al 24 novembre nella cittadina piemontese. A Liliana Allena, presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, il computo di illustrare i temi dell’edizione 2019, ispirata al tema dell’equilibrio perfetto. Un concetto rappresentato da due elementi: il tartufo e l’uovo.

Il cibo è una delle più straordinarie espressioni della cultura materiale – ha dichiarato la Presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba Liliana Allena – ed è indubbiamente una delle motivazioni di viaggio per chi raggiunge le colline di Langhe, Roero e Monferrato.

La nostra più preziosa risorsa, il Tartufo Bianco d’Alba, è il perfetto legame tra la tavola tradizionale e la cucina stellata, un elemento immancabile ed eccezionale valore aggiunto sui piatti del territorio.

La Fiera che stiamo per vivere rafforzerà le sinergie di Alba, Città Creativa per la Gastronomia Unesco, con il network di altre eccellenze mondiali come Limoges e Fabriano, ma sarà anche lo spazio in cui esaltare la creatività e la passione per il nostro Tartufo”.

Concetti racchiusi appunto nel binomio uovo e Tartufo Bianco d’Alba, che “insieme rappresentano l’equilibrio perfetto del gusto, un binomio eccezionale esplorato nelle sue potenzialità e in ogni sfaccettatura da cuochi, appassionati di cucina e chef stellati”.

La Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba propone una lunga incursione nel mondo del Tuber magnatum Pico, gioiello che si trova nelle colline di Langhe Roero e Monferrato, patrimonio dell’umanità Unesco e simbolo di esperienze collettive che racchiudono la ristorazione, l’ospitalità e l’autentico modo di vivere italiano.

Un programma ricchissimo di appuntamenti e approfondimenti dedicati ai gourmand e agli enoturisti più esigenti offre la possibilità di conoscere da vicino, annusare, toccare, assaggiare gli elementi della cultura materiale del Piemonte attraverso degustazioni, esperienze sensoriali e laboratori.

La Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba rappresenta un mondo che da contadino si è fatto imprenditore e che concilia la crescita economica con la tutela del territorio: il Tartufo Bianco d’Alba, fungo ipogeo spontaneo, non coltivabile, misterioso figlio di un terreno sano e simbolo della sostenibilità.

Dal punto di vista naturalistico il Tartufo Bianco d’Alba è al centro di un sistema ambientale complesso, sensibile alle alterazioni e allo sfruttamento del territorio.

Da alcuni anni la Fiera si fa promotrice con il Centro Nazionale Studi Tartufo di un’attività di ripristino di tartufaie naturali, di conseguenza ogni servizio a pagamento dal biglietto d’ngresso all’analisi sensoriale del tartufo, prevederà una percentuale destinata alla tutela dell’ambiente tartufigeno.

IL PROGRAMMA
Il fulcro della Fiera resta il Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, aperto ogni sabato e
domenica dal 5 ottobre al 24 novembre (più l’apertura straordinaria del 1° novembre).

Un luogo unico, inebriato dai 120 profumi del Tuber magnatum Pico, in cui acquistare tartufi certificati sotto l’occhio vigile dei giudici del Centro Nazionale Studi Tartufo, ma soprattutto conoscere ed incontrare i trifulau, testimoni di un mondo fatto di terra, di ricerca nelle notti di luna e di sintonia assoluta tra gli uomini e i propri cani.

Alle spalle del Mercato Mondiale è situato lo spazio dedicato all’Alba Truffle Show, luogo d’elezione per gli show cooking, i laboratori, le Analisi Sensoriali del Tartufo, le Wine Tasting Experience®. Il mondo della cultura del cibo si racconta durante gli imperdibili Foodies Moments, dove il Tartufo Bianco d’Alba incontra la cucina d’autore.

Guidati dai più celebri chef del territorio e da alcuni fra i più prestigiosi ristoranti italiani, i Foodies Moments sono una vetrina sul gesto creativo che anima le migliori cucine del Paese nella creazione di piatti in cui il Tartufo Bianco d’Alba è protagonista.

Per celebrare l’uovo, ingrediente alla base dei piatti tradizionali, simbolo di un saper fare tramandato come lascito culturale che ha reso Langhe, Monferrato e Roero il distretto gastronomico più importante d’Italia, una delle novità di questa 89 a edizione è rappresentata dagli Atelier della pasta fresca.

Quattro straordinari appuntamenti (alle ore 15 in sala Alba Truffle Show) firmati da due maestri d’eccezione come Walter Ferretto (Il CascinaleNuovo di Isola d’Asti) e Ugo Alciati (Guido Ristorante Villa Contessa Rosa di Serralunga d’Alba) per imparare i segreti di piatti come i tajarin e gli agnolotti al plin, che proprio nell’abbinamento con il Tartufo Bianco d’Alba trovano l’equilibrio perfetto.

Anche Davide Oldani, grande ristoratore e ambasciatore della cucina italiana nel mondo, sarà uno dei protagonisti della Fiera e metterà l’accento sul senso del conoscere profondamente un prodotto, il suo territorio, le sue caratteristiche ed esigenze.

Per questo, e per il grande amore per il Tartufo Bianco d’Alba, Oldani ha personalmente progettato un nuovissimo affettatartufi che sarà presentato in anteprima assoluta proprio all’Alba Truffle Show domenica 13 ottobre alle ore 11.

Con il coinvolgimento di Limoges, cittadina francese famosa nel mondo per le sue ceramiche e, come Alba, parte del network delle Creative Cities Unesco, nel 2019 arriva a compimento il progetto che vede il coinvolgimento di grandi aziende nella realizzazione del “Set per il Tartufo Bianco d’Alba”.

Sarà infatti la prestigiosa Maison Raynaud, storica casa produttrice di raffinati servizi tavola di Limoges, a realizzare la “Pepita”, prezioso oggetto per svelare al meglio il profumo, l’aroma e la freschezza del tartufo bianco d’Alba.

Sempre nell’ambito delle collaborazioni con le Città Creative Unesco saranno prodotti a Fabriano, il distretto italiano della carta, i sacchetti numerati nei quali vengono consegnati i tartufi certificati acquistati al Mercato Mondiale.

Anche per questa edizione sarà l’Alba Truffle Show il luogo in cui scoprire gusti e profumi provenienti dalle altre Regioni italiane che saranno ospiti d’eccezione alla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.

LA CITTÀ PROTAGONISTA
La Fiera coinvolge tutta la città, e in un programma che propone molti entusiamanti appuntamenti, Piazza Risorgimento sarà lo scenario privilegiato del Salotto dei Gusti e dei Profumi, esposizione permanente che celebra le eccellenze del territorio piemontese e italiano con assaggi, degustazioni, workshop e laboratori didattici.

Dal Palio degli asini al coinvolgente Baccanale dei Borghi, grazie all’instancabile lavoro dei Borghi di Alba e della Giostra delle Cento Torri, nel periodo della Fiera del Tartufo le tradizioni medievali della città diventano un appuntamento da non perdere non solo per tutta la cittadinanza, ma anche per un appassionato pubblico nazionale ed internazionale.

Il luogo di divertimento dedicato ai più piccoli è il padiglione dell’Alba Truffle Bimbi: guidati da esperti educatori, i bambini e le loro famiglie sono condotti in attività, laboratori e giochi attraverso cui scoprire natura, territorio, cucina, antiche tradizioni e molto altro.

Tornano anche in questa edizione, le attese Ultimate Truffle Dinner, due charity dinner in Sala Beppe Fenoglio per gustare il meglio della gastronomia mondiale cucinata straordinariamente a quattro mani da importanti cuochi del territorio.

Il ricavato sarà destinato al progetto Breathe the Truffle la campagna di crowdfunding per salvaguardare l’ambiente naturale del Tartufo Bianco d’Alba. Le Ultimate Truffle Dinner sono aperte al pubblico e a tutti coloro che sapranno approfittare di questa prestigiosa opportunità per vivere emozioni da sogno nel territorio albese.

Nuovi appuntamenti della 89a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba sono le Cene Insolite, momenti per scoprire luoghi storici e culturali della Città di Alba in occasioni fuori dall’ordinario, gustando cene d’eccellenza cucinate da cuochi stellati provenienti da tutta Italia.

I VENERDÌ E LA VALLE CERVO
Quattro venerdì distribuiti tra ottobre e novembre dedicati ad un pubblico ristretto di curiosi e appassionati gourmet che, prima della cena, potranno partecipare ad una speciale visita guidata in spazi affascinanti come il Palazzo Banca d’Alba (dove cucinerà Cristina Bowerman), il palco che si affaccia su due sale del Teatro Sociale di Alba (con i Fratelli Cerea), il Centro Studi Beppe Fenoglio (con Christian e Manuel Costardi) e il Palazzo Comunale di Alba (con Philippe Léveillé).

Un’altra novità esce dai confini di Langhe, Roero e Monferrato per raggiungere la Valle Cervo, nelle colline biellesi, dove si trova La Bürsch, dimora del XVII secolo recentemente riportata in vita grazie ad un progetto
innovativo.

E’ lì che venerdì 8 novembre Martino Ruggieri, head chef del ristorante “Pavillon Ledoyen” tre stelle Michelin di Parigi, cucinerà insieme allo chef stellato Eugenio Boer del ristorante milanese “Bu:R” in una dimensione intima e meravigliosamente domestica offrendo agli ospiti un incredibile fine settimana nel quale vivere in modo inconsueto una esperienza unica con cena, pernottamento e colazione insieme a due grandi chef.

Gradito ritorno – il 16 e 17 novembre parallelamente agli eventi della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba – per “Asti Palazzi del Gusto. I Mille Profumi del Monferrato” dopo il fortunato esordio dello scorso anno.

L’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, evento internazionale che giunge quest’anno alla XX edizione, avrà come sempre un’attenzione particolare al sociale devolvendo il ricavato della vendita all’asta in progetti di beneficenza in Italia e nel mondo.

Il connubio tra alta gastronomia e cultura si integra perfettamente con il design e con l’arte contemporanea, dialoga con la letteratura e con la musica regalando ai visitatori la possibilità di vivere un’esperienza culturale completa all’ombra delle cento torri.

SPAZIO ALL’ARTE E ALLA MUSICA

La Fondazione CRC organizza una serie di iniziative e mostre legate a grandi maestri dell’arte: dal 21 al 23 settembre si terrà “Il Congresso di Alba: 1956-2019. Per un rinnovamento imaginista del mondo” con tre giorni di conferenze, incontri, workshop e performance a cura del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.

Nel corso dell’evento sarà esposta nella Chiesa di San Domenico l’opera collettiva “Senza titolo” a firma di Pinot Gallizio, Asger Jorn, Constant, Piero Simondo, Jan Kotik, Pier Giorgio Gallizio dal 22 di settembre fino al 10 novembre.

Pochi giorni dopo, dal 18 novembre e fino al 5 dicembre, la meravigliosa Chiesa di San Domenico ospiterà “Leonardo Da Vinci: the Genius” esposizione della Tavola Lucana attribuita al Da Vinci nei 500 anni dalla morte del più grande artista e scienziato italiano.

Dall’arte si passa alla letteratura con l’imperdibile appuntamento – venerdì 11 ottobre alle ore 18.00 al Teatro Sociale G.Busca di Alba – con lo scrittore giapponese Haruki Murakami, vincitore del Premio Lattes Grinzane 2019 per la sezione La Quercia, protagonista dell’ormai tradizionale lectio magistralis che suggella il legame fra il premio dedicato allo scrittore, pittore ed editore Mario Lattes, e la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.

E poi musica con la rassegna Classica: i concerti della domenica mattina, con la direzione artistica di Giuseppe Nova e Jeff Silberschlag di Alba Music Festival. A partire dal 6 ottobre, nella Chiesa di San Giuseppe, otto appuntamenti musicali scandiscono le domeniche di Fiera e rappresentano uno spazio di piacere e di cultura capace di coinvolgere un pubblico internazionale.

Prenderà il via il 12 ottobre Jazz&Co, rassegna dell’autunno albese, organizzata da Milleunanota, con quattro appuntamenti dedicati al jazz indipendente e di ricerca. Per il settimo anno la bellissima Chiesa di San Giuseppe sarà dedicata ai profumi e ai colori del nostro territorio assaporando vari generi di musica contemporanea.

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Matteo Ascheri Revolution: il Barolo inizia a dare del tu al consumatore


Il bello è che potrebbe tirarsela come pochi in Italia, Matteo Ascheri. Invece, il presidente del Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani ti saluta con quel sorriso contagioso. Si libera presto dei buyer americani coi quali sta colloquiando. E ti concede l’intervista con una ventina di minuti d’anticipo rispetto all’orario prefissato a Vinitaly.

Se è vero che l’eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare, Ascheri ha imboccato la strada giusta. Per sé. E per il Barolo. Da tutti i punti di vista. Già, perché quella che sta apportando al Consorzio piemontese è una vera e propria Rivoluzione.

Culturale, d’immagine, di metodo. D’approccio. Ma soprattutto di comunicazione del Barolo, in Italia e nel mondo. Una rivoluzione vera, concreta. Fatta di parole e di fatti. Una “Revolution” che parte da un semplice assunto.

Per anni, il Consorzio del Barolo e del Barbaresco ha affidato la comunicazione alle aziende, chiamate a raccontare le Denominazioni in piena autonomia. Poi si è concentrato sul trade. Adesso è arrivato il momento di parlare al consumatore finale“.

Come? Le strade pensate da Ascheri sono molteplici. La più interessante, per chi ha sete di Barolo – ebbene sì, il Barolo si produce ma poi va bevuto – è la partnership con Vivino. “Chiederemo alle aziende del Consorzio di mettere a disposizione da un minimo di 6 a un massimo di 12-18 bottiglie di Barolo, da vendere a un prezzo interessante, stilato dalle stesse cantine”.

Una sorta di “operazione flash” pensata, appunto, per il consumatore finale. Che per un breve periodo potrà acquistare online dei grandi Barolo. E si parla di etichette di gran valore. Anche perché c’è di mezzo un risvolto Charity.

Riteniamo che questo sia un modo molto efficace e diretto per promuovere la Denominazione e ampliare il parterre del pubblico a persone che pensano di non potersi neppure avvicinare al Barolo”, spiega Ascheri. La somma raccolta sarà poi devoluta in beneficenza dal Consorzio di Tutela a un ente bisognoso, ancora da stabilire. Chapeau.

IL BAROLO NEI DISCOUNT
Un modo come un altro per far parlare di Barolo. E arginare il fenomeno del ribasso negli hard discount. “Parliamoci chiaro – sottolinea il presidente del Consorzio – questa non è una battaglia alla Grande distribuzione o ai consumatori che, per motivi di portafoglio, fanno la spesa al discount. Il nostro obiettivo è controllare l’offerta, arginando fenomeni speculativi che danneggiano l’immagine della Denominazione”.

Eppure Ascheri sa bene che il fenomeno del Barolo al Lidl o all’Eurospin, o quello del Barolo in promozione a 10 euro sugli scaffali di altre insegne della DO, è frutto di un sistema in perfetto equilibrio.

“Il meccanismo che genera questo tipo di prezzi è assolutamente sostenibile a tutti i livelli – commenta il presidente – perché è redditizio per il contadino, redditizio per l’insegna della grande distribuzione e, soprattutto, vantaggioso per il consumatore finale”.

Quindi o ci lamentiamo e basta, aspettando che la cosa degeneri – chiosa Matteo Ascheri – o facciamo qualcosa. E non si tratta di scacciare i mercanti dal tempio, perché in fondo siamo tutti mercanti. Piuttosto dobbiamo fare in modo che le aziende trovino altri canali di vendita per le loro uve, in modo da colmare il vuoto in cui si inseriscono imbottigliatori che condizionano il prezzo del Barolo negli hard discount”.

I dati, del resto, parlano chiaro nelle Langhe. Su oltre 650 aziende produttrici di Barolo associate al Consorzio, oltre 350 fanno parte della categoria “imbottigliatori“. Non va meglio al Barbaresco, dove il gap si riduce ancora: qui sono più della metà dei 300 produttori consorziati.

SOLUZIONI? “ANCHE L’AUTOTASSAZIONE”

“L’offerta di uve Nebbiolo e, di conseguenza, di Barolo come vino finito – evidenzia Ascheri – è cresciuta a livello esponenziale. In 20 anni siamo passati da 1.200 a 2.200 ettari vitati e da 6 a 14,5 milioni di bottiglie“.

E’ arrivato il momento di governare questa crescita. Abbiamo bloccato fino al 2022 i nuovi bandi per i vigneti e abbiamo intenzione di intervenire quanto prima anche sulle rese, magari introducendo la riserva vendemmiale“, annuncia Ascheri a WineMag.it.

Se necessario, per portare avanti il progetto di avvicinamento del Barolo al grande pubblico dei consumatori, il Consorzio è pronto all’autotassazione. “Abbiamo programmato investimenti per 3 milioni di euro in tre anni – ribadisce il presidente – finanziati dall’Erga Omnes”.

“Se non bastassero siamo pronti ad attingere dalle nostre tasche: in questo modo saremmo ancora più autonomi circa l’utilizzo dei fondi, focalizzandoli sugli obiettivi che ci siamo preposti”, precisa Ascheri.

E non finisce qui. Al vaglio del Consorzio di Tutela c’è anche la creazione di una “Barolo & Barbaresco Wine School“. Una sorta di Accademia, in stile Chianti o Valpolicella, in cui formare i professionisti chiamati alla comunicazione e alla vendita del Barolo e del Barbaresco, in Italia e nel mondo.

Il tutto a corollario dell’evento internazionale che segnerà il prossimo triennio della gloriosa Denominazione piemontese: Barolo & Barbaresco World Opening, l’Anteprima mondiale delle nuove annate (2016 e 2017) in programma a New York.

Prevista per febbraio 2020 e pensata come un vero e proprio spettacolo dedicato ai due rossi piemontesi, l’iniziativa sarà la vera sintesi della volontà del Consorzio di “cambiare passo e strategia sulla promozione delle Denominazioni che rappresenta”. Cin, cin.

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E’ il tempo delle “Barolo Girls”. Grandi Langhe 2019 all’insegna delle “quote rosa”


ALBA –
Pink power. Anzi, “Barolo Girls” power. Sono tanti i Barolo e i Barbaresco delle produttrici piemontesi a convincere a Grandi Langhe 2019. In grande spolvero le etichette di diverse winemaker, tra l’altro giovani e – in qualche caso – alle prime vendemmie, anche se supportate da famiglie di lunga tradizione enologica.

“Quote rosa” e numeri soddisfacenti per l’ultima edizione della kermesse, andata in scena il 28 e 29 gennaio ad Alba. La manifestazione dedicata alle nuove annate di Barolo (2015)Barbaresco (2016)Roero (2016) e agli altri vini Doc del territorio – su tutti un Dolcetto d’Alba in netta crescita qualitativa – ha visto raddoppiare gli ingressi. Il modo migliore per dare il via, in Piemonte, alle Anteprime del vino italiano del 2019.

Siamo molto soddisfatti dall’edizione 2019 di Grandi Langhe – dichiara Matteo Ascheri (nella foto sotto), presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani -. Ci sono state molte novità, prima fra tutte l’anticipo al mese di gennaio che oggi posso dire essersi rivelata decisione assolutamente indovinata”.

I NUMERI
“Dati alla mano possiamo dire che le novità introdotte in questo Grandi Langhe abbiano portato ottimi risultati, ma noi stiamo già pensando al futuro: in particolare ai prossimi eventi del 2019, dichiarato dalla Regione Piemonte ‘Anno del Dolcetto’, e naturalmente alla prossima edizione di Grandi Langhe”.

Duecentosei cantine presenti al Palazzo Mostre e Congressi “G. Morra” di Alba, 21 sommelier under 35 provenienti da dieci nazioni, 150 tra giornalisti e addetti internazionali del settore, oltre a 6 seminari di approfondimento. Questi i numeri che hanno contribuito a rendere l’esperienza di Grandi Langhe memorabile.

Abbiamo lavorato in sinergia con il Consorzio Turistico Langhe Monferrato Roero – evidenzia Andrea Ferrero, direttore del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – per offrire un’edizione all’insegna delle novità e di alto livello qualitativo con l’obiettivo di perfezionarci sempre più e affermarci come appuntamento imperdibile per il mondo del vino nazionale e internazionale”.

I MIGLIORI ASSAGGI DI BAROLO E BARBARESCO
Oltre 800 gli assaggi effettuati in due giorni da WineMag ai banchi di 180 produttori, sui 206 presenti a Grandi Langhe 2019. Queste le etichette più convincenti di Barolo e Barbaresco, spaziando tra nuove e vecchie annate.

Barolo Docg 2015 “La Tartufaia”, Giulia Negri – Serradenari (94/100)
Giulia (nella foto) ha 39 di febbre ma tiene duro al secondo giorno di Grandi Langhe. Ed è in gran forma anche la sua batteria di vini, con “Tartufaia” 2015 a spiccare su tutti. Naso generoso, palato succoso e al contempo verticale, di gran prospettiva. Ottima la persistenza. Giulia è diventata grande.

Barolo Docg 2015, Trediberri (93/100)
Altro Barolo dal tocco femminile: Stefania Brocco è il braccio destro del marito Nicola Oberto. La loro prima vendemmia risale al 2010 e di Trediberri si sentirà parlare a lungo. E bene. Ottime prospettive per il Barolo 2015 (assemblaggio delle vigne Berri e Capalot), capace di coniugare in maniera ineccepibile il nuovo corso della Denominazione con quello tradizionale. Old & New style in un solo calice.

Barolo Brunate Docg 2015, Oddero Poderi e Cantine (92/100)
Terzo gradino del podio per il Brunate di un’altra winemaker, Mariacristina Oddero, che nelle vesti di enologa ha raccolto l’eredità del padre Giacomo. Un nettare giocato su una mentolata freschezza, che invita al sorso successivo senza stancare. Eppure mai banale. Ottima, tra le annate meno recenti, anche la Riserva 2012 Bussia, ben più austera, tannica e aristocratica.

Barolo Bussia 2015, Poderi Luigi Einaudi (89/100)
Buon compromesso tra Cannubi e Vigna Costa Grimaldi (Terlo) con il Bussia Einaudi. Frutto, mineralità e tannino di prospettiva per un Barolo molto elegante e verticale, che entro 5-6 anni inizierà a offrire anche una gran beva.

Barolo Scarrone Docg 2010, Bava (89/100)
Il coraggio di rispettare il vino, fregandosene del mercato. Già, perché l’annata di Barolo di Bava in commercio è proprio questa: la 2010. E dopo l’Albarossa (altro vino da provare) ecco il re dei rossi piemontesi a esaltare le scelte di questo validissimo produttore. Il cru di Castiglione Falletto racconta nel calice un’elegante, dolce potenza.

Barolo Docg 2015, Negretti (88/100)
Freschezza, frutto, bella prospettiva. Non manca davvero nulla al Barolo 2015 dei fratelli Negretti, tra i più agili e verticali, nonché minerali, in degustazione a Grandi Langhe 2019. Frutta e alcol trovano perfetti alleati nel terreno in evidenza e nei tannini.

Barolo Docg 2015, Rizieri (87/100)
Gran precisione del frutto per il Barolo di Barbara e Arturo Verrotti di Pianella. Tannino dolce, su eleganti note di cannella e liquirizia. Longevità assicurata da un’ottima freschezza. Un Barolo spensierato, ma fatto con la testa.

Barolo Riserva Docg 2011, Demarie (87/100)
Seimila bottiglie per questa Riserva 2011 che regala una beva agile, su note di agrumi, cacao e tannino integrato.

Barolo Docg del Comune di Serralunga d’Alba 2015, Tenuta Cucco (85/100)
Il Barolo qualità prezzo della manifestazione, poco più di 20 euro in cantina. Siamo a Vughera, cru di Serralunga, per un rosso dalla gran bevibilità, fresco e fruttato.

Barbaresco Riserva 2013, Manera (92/100)
Un Barbaresco deciso, potente, eppure così preciso e fresco, che si inizia ad apprezzare adesso ma ha una vita lunghissima davanti. Frutto sotto spirito, spezie. E, al contempo, balsamicità per un sorso equilibrato e di gran persistenza.

Barbaresco Docg Asili 2016, Ca’ del Baio (91/100)
Campione di botte in gran spolvero. Vigna esposta a Sudovest pieno. Frutto profondo, scuro. Agrumi, speziatura netta, ma anche petali di rosa e viola secchi. In bocca corrispondente: struttura ben marcata, senza perdere neppure un millimetro in termini di eleganza. Sarà grande.

Barbaresco Docg Rabajà-Bas 2015, Castello di Verduno (90/100)
Un’altra chicca nella “carta dei vini” di Castello di Verduno. La nuova etichetta riflette le caratteristiche del terroir. Bel frutto, sale, mineralità spiccata e una bocca che risulta assieme grassa ed elegante. Solo 1.800 bottiglie. Castello di Verduno, per ora, è l’unica cantina a produrre questa menzione dall’ottimo rapporto qualità prezzo (25 euro).

Barbaresco Docg Asili 2015, Cascina Luisin (90/100)
Ben più concentrato e del “fratello” Paulin, su note esaltanti di frutto di bosco, arancia rossa e giusta vena amara data dal tannino. Giovane, ma diventerà grande alla grande.

Barbaresco Docg Gallina 2016, Francone (88/100)
Un Barbaresco giocato nettamente sull’eleganza, più che sulla potenza. Le armi vincenti sono la gran freschezza, unita alla pulizia e precisione delle note fruttate e dei terziari integrati.


LA SORPRESA DOLCETTO E GLI ALTRI ROSSI
Che i produttori piemontesi stiano tornando a dare centralità al Dolcetto? E’ una speranza di tutti i veri amanti di questo vino e di questo vitigno, espiantato per fare spazio al Nebbiolo e, in alcuni casi, anche ad altri vitigni internazionali. Uno su tutti sorprende Grandi Langhe 2019: eccolo di seguito, assieme agli altri rossi.

Dolcetto di Diano d’Alba Docg Superiore 2016 “Garabei”, Abrigo Giovanni (90/100)
Esposizione diversa per questo Dolcetto rispetto all’altro della gamma, “Sorì dei Crava” 2017, pur ottimo ma con meno prospettiva. “Garabei” è concentrato, potente, di gran struttura, eppure conserva un’ottima bevibilità. Vino dal gran potenziale a tavola.

Nebbiolo d’Alba Superiore Doc 2016 “Sansteu”, Ghiomo Azienda agricola (92/100)
Vini da masticare quelli di Giuseppino Anfossi, che a Guarene (CN) nega di far miracoli racchiusi in bottiglia: “Interpreto solo il terreno”.

Poi, però, una mezza ammissione: “Le cose belle sono quelle diverse, altrimenti faremmo tutti Coca-Cola”. Al limite dei concetti vinnaturisti la produzione di Ghiomo, ma guai a dirlo. Su tutti questo Nebbiolo Superiore 2016 già bellissimo al palato, ma che si può dimenticare in cantina.

Roero Docg Riserva 2015 “Ciabot San Giorgio”, Negro Angelo & Figli (92/100)
Nebbiolo, of course. E di quelli da ricordare. Naso fruttato di gran eleganza e precisione, impreziosito da una vena speziata. Ingresso di bocca verticale, che poi si allarga sul frutto e su una dosata vena salina, chiudendo su agrumi, tannino e mentuccia. Gran prospettiva e ottimo rapporto qualità prezzo, attorno ai 20 euro.

Barbera d’Alba Superiore Doc 2015 “Rocca delle Marasche”, Deltetto 1953 (90/100)
La barrique usata in maniera davvero sapiente conferisce il giusto apporto a questa Barbera giovanissima, di grande prospettiva e davvero tipica, in tutte le sue componenti.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2013 “Vigna veja”, Renato Buganza (89/100)
Un rosso capace di unire più anime, dalla vena floreale alla potenza, conservando eleganza. Frutto, spezia, legno molto ben integrato e gran bella struttura per una Barbera dai tratti decisamente gastronomici.

Nebbiolo d’Alba Doc 2015, Rizieri (88/100)
Finalmente un Nebbiolo che è un Nebbiolo vero e non un “piccolo Barolo” o un wannabe Barolo. Nebbiolo preciso, veritiero, ben fatto, elegante. Cinquemila bottiglie complessive.


BIANCHI E SPUMANTI
Non solo rossi, ovviamente, a Grandi Langhe 2019. Ecco la nostra selezione di spumanti e bianchi.

Roero Arneis Spumante Docg 2011, Negro Angelo & Figli (89/100)
Terreno e vitigno in gran evidenza in questo spumante davvero sensato, prodotto solo nelle migliori annate. Ottantaquattro mesi sui lieviti per un Metodo classico da Arneis in purezza. Ottimo rapporto qualità prezzo, attorno ai 18 euro.

Metodo Classico Brut Rosè Vsq “Maria Teresa”, Antica Cascina dei Conti di Roero (86/100)
Trentasei mesi sui lieviti per questo millesimato croccante, ottenuto da uve Nebbiolo in purezza.

Langhe Doc Arneis 2018 “Montebertotto”, Castello di Neive (92/100)
Il vitigno nella sua massima espressione. Ancora da esprimere appieno, ovviamente, trattandosi di un vino in bottiglia da pochissimo, ma già capace di mettere in mostra la stoffa del campione. Tre diverse epoche di maturazione e di raccolta poi assemblate, per un Arneis che in bocca sembra fatto a gradoni espressivi, tra loro sequenziali. Chapeau.

Roero Arneis Docg 2018, Mauro Molino (90/100)
Un Arneis capace di coniugare un naso e un palato allo stesso tempo alpino e marino. In bottiglia da poco, ma già molto espressivo su venature di macchia mediterranea, erbe medicinali, mineralità e frutto.

Langhe Doc Sauvignon 2017, Silvano Bolmida (89/100)
Un Sauvignon giocato sui primari, sulla frutta, ma senza la minima sbavatura. Leggero accenno alla foglia di pomodoro. Un manifesto della grande attenzione in vigna e in cantina di questo viticoltore, che segue scrupolosi protocolli nel segno del rispetto della natura, ma sopratutto del terroir e dell’espressività del vitigno.

Nascetta 2017, Renato Buganza (88/100)
Non molte le espressioni di Nascetta presenti a Grandi Langhe 2019. Questa decisamente la più veritiera e rispettosa del vitigno autoctono piemontese.


LA SORPRESA

Linea vini Az. Agr. Chiesa
Su tutti? Il Roero Arneis Docg 2017 dal naso suadente, ben oltre il frutto, verso la radice di liquirizia, la camomilla, i fiori di campo e un accenno fumé. Ma è tutta ottima, fresca e beverina, la linea di vini dei fratelli Davide e Daniele Chiesa di Santo Stefano Roero, tra le migliori soprese “young” di Grandi Langhe 2019.

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Food Lifestyle & Travel

Spumanti Alta Langa e tartufo bianco protagonisti alla Fiera Internazionale di Alba

ALBA – Bollicine di Alta Langa e tartufo bianco: anche in questa edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba l’Alta Langa Docg sarà Official Sparkling Wine della manifestazione.

Dal 6 ottobre al 25 novembre saranno moltissimi e di diversa natura gli appuntamenti in cui si potranno esplorare tutte le sfumature dell’affascinante abbinamento tra Alta Langa Docg e tartufo bianco: un accostamento che celebra un forte legame di sapori e tradizioni tra eccellenze dei frutti di Langa.

L’Alta Langa Docg sarà presente altaglio del nastrodell’edizione numero 88 della Fiera, con i sindaci delle nove città creative italiane, venerdì 5 ottobre, oltre che nella Cena di Gala che si terrà presso la Fondazione Ferrero.

Nelle settimane della Fiera, uno spazio sarà dedicato ad Alta Langa Docg per le degustazioni all’interno della Grande Enoteca e un punto Alta Langa verrà allestito nella Sala Beppe Fenoglio, nel Cortile della Maddalena.

Tra gli show cooking di grandi chef e gli incontri con gli ospiti, gli appuntamenti dell’Alba Truffle Show vedranno protagonista l’Alta Langa Docg: un sommelier darà il benvenuto agli ospiti della Sala Beppe Fenoglio con un calice di Alta Langa e le alte bollicine piemontesi, presentate dai rispettivi produttori, accompagneranno le proposte degli chef nei Foodies Moments.

IL CALENDARIO DEI FOODIES MOMENT
Sabato 6 ottobre alle 11 Chef Elio Keci
Sabato 6 ottobre alle 18 Chef Massimo Carleo
Domenica 7 ottobre alle 11 Chef Sergio Vineis
Domenica 7 ottobre alle 18 Chef Nicola Portinari
Sabato 13 ottobre alle 11 Chef Leandro Luppi
Sabato 13 ottobre alle 18 Chef Andrea Costantini
Domenica 14 ottobre alle 11 Chef Flavio Costa
Domenica 14 ottobre alle 18 Chef Davide Cannavino
Sabato 20 ottobre alle 11 Chef Pasquale Laera
Sabato 20 ottobre alle 18 Chef Andrea Larossa
Domenica 21 ottobre alle 11 Chef Massimiliano Prete
Domenica 21 ottobre alle 18 Chef Andrea Ribaldone
Sabato 27 ottobre alle 11 Chef Gabriele Boffa
Sabato 27 ottobre alle 18 Chef Martino Ruggieri
Domenica 28 ottobre alle 11 Chef Marco Viganò
Venerdì 2 novembre alle 11 Chef Bernard Fournier
Venerdì 2 novembre alle 18 Chef Luca Zecchin
Sabato 3 novembre alle 11 Chef Damiano Nigro
Sabato 3 novembre alle 18 Chef Andrea Ferrucci
Domenica 4 novembre alle 11 Chef Davide Oldani
Domenica 4 novembre alle 18 Chef Serena D’Alesio
Sabato 10 novembre alle 11 Chef Luigi Taglienti
Sabato 10 novembre alle 18 Chef Filippo Sinisgalli
Domenica 11 novembre alle 11 Chef Ugo Alciati
Domenica 11 novembre alle 18 Chef Michelangelo Mammoliti
Sabato 17 novembre alle 11 Chef Mariuccia Roggero
Domenica 18 novembre alle 11 Chef Matteo Baronetto

Il metodo classico piemontese sarà proposto anche in abbinamento al menu delle Ultimate Truffle Dinner, a sottolineare ancora una volta la forte vocazione gastronomica di questo spumante in grado di accompagnare tutto il pasto.

Dalla fine del mese di ottobre banco di degustazione interamente dedicato all’Alta Langa Docg infine sarà presente in piazza Risorgimento: qui si potranno assaggiare, servite da un sommelier dedicato, tutte le cuvée del Consorzio Alta Langa.

“Un’alleanza forte – commenta il presidente del Consorzio Giulio Bava – quella tra il nostro Consorzio e l’Ente Fiera, che si è stretta nel tempo e si rinsalda sempre di più in una comune visione di sviluppo del territorio”.

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Beer Tasting al Birrificio Italiano: una gamma che convince

LURAGO MARINONE – È il primo microbirrifcio della Lombardia. Forse il primo d’Italia, o poco ci manca. Una pietra angolare nella storia della birra Italiana. Birrificio Italiano, a Lurago Marinone (CO), fondato nell’aprile del 1996, può ormai vantare una lunga tradizione. E una vasta gamma di birre.

Come preannunciato sul nostro social di riferimento, lo staff di Vinialsupermercato.it ha degustato ben 13 etichette diverse de “Il Birri“, come viene ormai soprannominato questo tempio della spillatura Made in Italy. Ecco come è andata.

LA DEGUSTAZIONE
Tredici birre per coprire un’ampia gamma di profumi, sapori, persistenze. Andiamo quindi per livelli per raccontarvi l’arcobaleno delle sensazioni.

Partiamo con le più semplici ed immediate. Delia (4,3%) pils poco amara dai profumi erbacei e corpo morbido e scorrevole. Ottima come entrée, ci prepara alle successive Tipopils (5,2%) ed Imperial Pils (5,8%).

Se la prima richiama immediatamente l’immediatezza delle Pils ceche, la seconda ha più corpo e una più marcata nota floreale. Bibock (6,2%) è leggermente ambrata e molto nota fra gli appassionati di Birrificio Italiano: un must.

Note di frutta e spezie al naso e una bocca di medio corpo, tendente alla dolcezza del miele che cede il passo all’amaro del luppolo solo sul finale. La sorpresa si chiama Fleurette (3,8%). La birra che non ti aspetti.

Profumatissima di fiori ed agrumi, con nota di pepe appena accennata. Leggermente acidula in bocca stimola il palato invitando subito ad un nuovo sorso. Acidità e persistenza floreale che si rincorrono rendendola pericolosamente beverina.

Segue il triplete delle birre che non puoi dimenticare. Nigredo (6,5%) gioca il suo fascino su di un’abbondante luppolatura, il cui amaro ben lega con i malti tostati richiamando note di caffè e cioccolato pur rimanendo molto scorrevole.

Amber Shock (7,0%) è ricca e complessa, uno dei migliori assaggi della serata al Birrificio Italiano. Agrumi, frutta a polpa bianca ed esotica, leggera nota di frutta secca e di tostatura. Di corpo, riempie il palato e lo accarezza con una buona persistenza. VuDù (6,2%) è più morbida e leggermente speziata.

AT Pils, Alba  e Grano Giusto si somigliano un po’. Fragranti e scorrevoli. L’outsider della batteria è Asteroid 56013 (6,6%). Molto aromatica, riempie il naso con note di frutta gialla ed agrumi, dolcezza di resina e una leggera nota biscottata (probabilmente dovuta alla scelta dei malti).

In bocca è di corpo pieno, con una spiccata e fresca nota amaricante che pulisce il sorso e gioca a nascondino con le altre note, durante la lunga persistenza. Una birra che da sola vale la visita al Birrificio Italiano di Lurago Marinone.

Chiude il cerchio Sparrow Pit (10%), l’unica in bottiglia. Ricca morbida e dolce. Ricorda la pasticceria secca e la dolcezza di certi vini passiti. Una birra che scalda coi suoi sentori di frutta matura, ottima per chiudere una degustazione o come fine pasto.

L’ABBINAMENTO CIBO – BIRRA
Abbiamo giocato, al Birrificio Italiano di Lurago Marinone, anche con gli abbinamenti cibo – birra. Al tavolo, oltre all’immancabile antipasto misto, abbiamo chiesto piatti più elaborati, per rendere ancora più sfidante la prova delle birre in gamma. Com’è andata? Molto bene.

Per la tartare (carne cruda di fassona, accompagnata da diverse salse) abbiamo scelto Amber Shock. Per lo stinco di maiale cotto nella Bibock avremmo potuto scegliere benissimo la stessa birra.

Ma per evitare problemi legati alla concentrazione dei suoi aromi in cottura, abbiamo optato per una più corposa Asteroid. Scelta che si è rivelata azzeccata.

Ripaga anche l’abbinamento della Imperial Pils al trancio di tonnetto in crosta di pistacchio (a proposito, chapeau!): una doppio malto delicata e profumata che non copre il pesce, appena scottato. E si lega, con la sua aromaticità pacata, alle note dolciastre del pistacchio.

A cura di Giacomo Merlotti e Davide Bortone

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Prontuario delle Langhe: vino, gastronomia e degustazione da Gaja e Cavallotto

Il nome Piemonte deriva dal latino Pedemontium, cioè la regione situata “ai piedi dei monti”. In origine tale nome era limitato a un territorio molto più ristretto dell’attuale, compreso tra il corso superiore del Po e il Sangone.

In seguito si estese sempre più, seguendo le fortune dei Savoia, fino a comprendere il Canavese, il Monferrato, le Langhe, le valli alpine, il Vercellese e il Novarese.

Proprio le Langhe e il suo vitigno principe, il Nebbiolo, sono l’oggetto del nostro wine tour. L’etimo del nome “Langa”, che in piemontese indica proprio la collina, è incerto. L’ipotesi più accreditata è quella di “lanka” con il significato di “conca, avvallamento”.

Le Langhe sono una regione del Piemonte situata a cavallo delle provincie di Cuneo e di Asti, confinante con altre regioni storiche del Piemonte, quali il Monferrato ed il Roero ed è costituita da un esteso sistema collinare delimitato dai fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno.

IL NEBBIOLO
L’origine del nome, un tempo scritto “Nebiolo”, pare derivare dal latino “nebia”, probabilmente dovuto al fatto che il periodo di raccolta è quello in cui le prime nebbie iniziano a salire dal fiume Tanaro verso la sommità delle colline.

Un’alternativa a tale ipotesi è collegata alla pruina biancastra che ricopre gli acini: la “pruina”, una cera secreta che produce un rivestimento biancastro sugli acini, concentrando sulla loro superficie i lieviti.

Il termine Nebbiolo apparve per la prima volta nelle Langhe il primo dicembre 1431, ed era riferito ad una varietà di vitis vinifera che qui aveva trovato il suo habitat naturale, e dai cui grappoli si otteneva un vino già allora lodato ed apprezzato.

In tutto il territorio delle Langhe il Nebbiolo viene considerato il re dei vitigni: ad esso vengono riservati i terreni migliori, vale a dire i versanti collinari esposti a mezzogiorno, con altitudine compresa tra i 200 e i 400 m slm.

Si tratta di una varietà molto vigorosa che richiede potatura lunga con 10-12 gemme, il cui bisogno di spazi si accentua grazie alla sterilità delle prime 2-3 gemme, che impediscono un infittimento d’impianto sul singolo filare; a tale scopo è possibile ridurre la distanza tra i filari.

Le Langhe si sono formate durante il Miocene (da 15 a 7 milioni di anni fa), per sedimentazioni successive di rocce prevalentemente terrigene (conglomerati, arenarie, argille).

I terreni delle zone del Barolo e del Barbaresco, formatisi in età Elveziana (era geologica che va da 15,97 a 13,82 milioni di anni fa, e Tortoniana, che va tra 7, 24 e 11,60 milioni di anni fa) sono composti da marne argillo- calcaree sedimentarie intervallati da strati di sabbia più o meno compatta e da arenarie di colore grigio- bruno.

BAROLO E BARBARESCO
I terreni delle zone del Barolo e del Barbaresco si sono venuti a formare in Età Elveziana e Tortoniana e sono prevalentemente composti da marne argillo- calcaree sedimentarie, intercalate in strati di marne più o meno importanti di colore grigio- azzurro (dette Marne di Sant’Agata) e da strati di sabbia o arenarie di colore grigio- bruno e giallastro ( le così dette Arenarie di Diano).

Le Marne di Sant’ Agata che troviamo nei comuni di La Morra e Barolo danno origine a vini eleganti, profumati dalla maturazione un po’ più veloce, mentre le Arenarie di Diano (presenti nelle zone di Castiglione Falletto e in parte in quelle di Monforte) danno origine a vini più alcolici, più robusti e più longevi. Nella zona del Barbaresco predominano le Marne di Sant’Agata di origine tortoniana.

Nell’ambito di una zona completamente caratterizzata dal clima continentale temperato, i dati termici dimostrano che il comprensorio del Barbaresco gode di temperature lievemente superiori, rispetto ai comuni di Barolo con conseguente anticipazione della maturazione delle uve e della vendemmia di circa una settimana.

Nelle Langhe il mese più piovoso è maggio che registra precipitazioni medie vicine ai 100 millimetri, seguito da aprile (circa 80) e settembre (vicino ai 70). È evidente che l’influenza della pioggia può essere notevole sia in fase di fioritura (dove è in grado di determinare riduzioni produttive anche consistenti) sia in fase di raccolta (dove periodi di pioggia prolungata possono comportare problemi di muffe o marciumi).

Più in generale, modificando sensibilmente la qualità del prodotto finale. L’eccesso di pioggia nel periodo pre vendemmiale può, provocare una caduta di acidità non supportata da un incremento di zuccheri. Il Nebbiolo è  senza dubbio un vitigno resistente, la zona è caratterizzata da una luminosità decisamente alta, che garantisce l’ottimale svolgimento della fotosintesi clorofilliana.

Altro fenomeno meteorologico di particolare rilievo è costituito dalla grandine, che può avere conseguenze sia sulla quantità dell’uva:  in annate particolarmente flagellate si può arrivare a riduzioni complessive del 20-30%, con alcune zone in cui l’uva viene completamente rovinata, come è avvenuto nei raccolti del 1986 e del 1995. Per fortuna, la grandine non si avverte mai in modo generalizzato su tutta la zona, limitandosi a qualche fascia collinare.

GASTRONOMIA NELLE LANGHE: GLI ABBINAMENTI CIBO-VINO
“Non di solo pane vive l’uomo”, Matteo 4,4 e Luca 4,4. Ma resistere, in Langa, è quasi impossibile. La cucina piemontese ha sicuramente risentito, nel corso dei secoli della vicinanza di quella francese, ma pur subendone l’influsso, ha conservato una sua inconfondibile fisionomia di schiettezza ed originalità.

Il Piemonte è una regione che offre ai visitatori una vastissima gamma di antipasti caldi e freddi, come i crostini di tartufo d’ Alba, il carpaccio di carne cruda condita con olio extra vergine d’oliva e una spolverata di pepe nero, i salumi crudi e cotti nel cui impasto viene messo spesso del vino nobile maturo come Barolo, Barbaresco, e Barbera d’Alba. Per gli antipasti sarebbe opportuno stappare un buon Barbera.

Tra i primi piatti, i più importanti e ricercati sono gli agnolotti del plin, nome che deriva dal gesto fatto per chiudere la pasta, ripiena in più versioni con carne magra, arrosto o al tartufo.

Da non dimenticare i tajarin al tartufo, pasta fatta in casa con 30 tuorli d’ uovo per chilo di farina, tagliata molto fine, condita con abbondante burro, parmigiano reggiano e sottili scaglie di tartufo. Da abbinare un Barbaresco.

Passando alle pietanze più ricercate dagli amanti della buona cucina, ricordiamo il brasato al Barolo, manzo marinato e stufato lentamente nel vino omonimo da abbinarsi con lo stesso Barolo con cui si è marinata la carne.

GAJA: LA STORIA
La famiglia Gaja si stabilì in Piemonte a metà del diciassettesimo secolo. Cinque generazioni si sono alternate nella produzione di vino da quando Giovanni Gaja, nel 1859, fondò la cantina a Barbaresco, nelle Langhe.

Il bisnonno di Angelo, Giovanni, titolare di una fiorente attività di trasporti che sa far rendere il duro lavoro suo e dei suoi figli, cinque maschi e due femmine. tanto da lasciare in eredità una cascina ad ognuno di loro. Tre dei suoi figli la dilapideranno al gioco.

Fu nonna Tildin, vedova dal 1944, a reggere le redini della cantina che allora  vendeva vino soltanto a privati. Privati illustri, come i Somaini di Milano, gli Zegna, i Nasi: famiglie con lo chef in cucina e la cantina colma di grandi vini francesi, che ordinavano le damigiane di Barbaresco per il consumo “da pasto”.

Il vino si vendeva, dunque, con cadenze tranquille, senza affanni: poteva restare anche dieci anni in vasca, in attesa che arrivassero i compratori. Già da allora, per volere di nonna Tildin si seguiva una politica di rigore di produzione, votata all’alta qualità.

Quando Angelo Gaja entra in azienda, nel 1961, trova una situazione economica invidiabile, un nome già famoso in Italia, oltre a 33 ettari di splendide vigne nell’areale di Barbaresco. Quando nel 1965-66 sente l’esigenza di entrare nella grande ristorazione, ha già a disposizione un’eccellente gamma di vini.

Poi nascono i cru: il primo, Sorì San Lorenzo, è del 1967. Nel 1970 entra in azienda l’enotecnico Rivella; nasce nello stesso anno Sorì Tildin, seguito nel 1978 da Costa Russi. Nel territorio delle Langhe vi sono terreni ed esposizioni dalla vocazione straordinaria, non soltanto atti a produrre grandi vini, da varietà autoctone, ma anche in grado di esprimere vini di qualità superiore anche da varietà non tradizionali, quali: Chardonnay e Sauvignon blanc.

LA DEGUSTAZIONE
1) BARBARESCO 2011 DOCG
Uve: Nebbiolo 100%  Titolo alc. Vol. 14,5%. Barrique e botte grande. Prezzo: 135 euro
Nel calice si presenta di colore rosso rubino, i suoi profumi sono di note scure, eleganti e profondi. Si percepiscono nettamente sentori di humus, funghi, sottobosco, foglie, in successione si presentano note fruttate di giuggiole, e note floreali di violetta oltre ad una leggera volatile.

Alla gustativa non delude rispecchiando alla perfezione tutto ciò che si è percepito all’olfattiva: il tannino è presente, ma non invadente, la freschezza e l’acidità si sorreggono e spalleggiano formando in degustazione  due binari paralleli e ben distinti.

2) SORI’ SAN LORENZO 2011 LANGHE NEBBIOLO DOC
Uve: Nebbiolo 95% Barbera 5%  Titolo alc. Vol 14,5% Barrique e botte grande. Prezzo: 300 euro
Granato non impenetrabile. Forte presenza di note scure di humus foglia di tabacco, legno di cedro; in seconda battuta sentori di erbe aromatiche. Le componenti olfattive sono di notevole spessore ed eleganza.

Anche all’assaggio a farla da padrona sono queste note scure: sapido e piacevolmente tannico, chiude con un finale di bocca pulito.

3) SORI’ SAN LORENZO 2004 LANGHE NEBBIOLO DOC
Uve: Nebbiolo 95% Barbera 5%  Titolo alc. Vol 14,5% Barrique e botte grande. Prezzo: 220 euro
Granato luminoso. Impianto olfattivo molto generoso e complesso con note di arancia rossa, bouquet salino-salmastro con sentori di conchiglia, salamoia. Alla gustativa vi è una buona interazione tra parte acida, sapidità e tannino. La parte acida si percepisce in maniere preponderante sorreggendo l’intero vino.

4) GAYA&REY 1993 MAGNUM
Uve: Chardonnay 100%  Titolo alc.Vol 13,5% Botte grande.
Colore oro-verde brillante. Naso burroso, fumè, minerale con sentori riconoscibili nella frutta secca, frutta esotica, canna di fucile. Alla gustativa si percepisce una buona tridimensionalità, con freschezza centrale che racchiude una buona morbidezza e sapidità con una nota lunga burrosa in chiusura.

CANTINA CAVALLOTTO, TENUTA VITIVINICOLA BRICCO BOSCHIS
La Tenuta Cavallotto si trova alle porte di Castiglione Falletto, nel cuore della zona del Barolo, sul Bricco Boschis, ed occupa una superficie di 23 ettari vitati.

I Cavallotto sono proprietari e produttori da generazioni: Giacomo ed i figli Giuseppe e Marcello acquistano nel 1928 la tenuta Bricco Boschis ed insieme continuarono a lavorare come viticoltori nei vigneti attorno alla cantina.

A quel tempo, gran parte delle uve era venduta alle cantine commerciali e solo una parte di essa vinificata nella proprietà per la vendita in bottiglia e in damigiana.

Nel 1944, Giuseppe e i figli Olivio e Gildo decisero di vinificare interamente le uve prodotte e nel 1948 nacque, ufficialmente, la Cantina Cavallotto con la commercializzazione delle proprie bottiglie etichettate. Ad oggi i figli di Olivio, Laura e i fratelli Giuseppe ed Alfio, entrambi enologi continuano a vinificare esclusivamente le uve prodotte nella tenuta e da loro dipende l’impostazione tecnica dell’azienda e la produzione dei vini.

Il pregio di questi vini deriva da un’interessante combinazione di svariati fenomeni: l’uomo con il suo attaccamento alla terra e a una civiltà contadina che dalla terra ha tratto le sue origini più remote; la lunga esperienza sul vino maturata negli anni; gli sviluppi costanti e la crescita della tecnica enologica e agronomica; e soprattutto, le condizioni pedoclimatiche di cui gode questa zona di Langa.

LA DEGUSTAZIONE
1) BARBERA D’ALBA SUPERIORE 2011 Vigna del Cuculo
Uve: Barbera 100%  Titolo alc. Vol. 14,5% Maturazioni in botte di Slavonia per 2 anni. Prezzo: 24 euro
Rosso granato. Al naso si percepisce nettamente un frutto croccante molto accentuato (ciliegia, fragola, marasca), ma anche sentori di terziarizzazione quali cuoio, pellame, spezie dolci (ginepro). Alla gustativa si percepisce un tannino lieve e vellutato ed una marcata acidità. Un vino di gran classe.

LANGHE NEBBIOLO 2011
Uve: Nebbiolo 100%  Titolo alc Vol. 14,5%  Botte grande per 18 mesi. Prezzo:17 euro
Colore granato. All’olfattiva si percepiscono sentori scuri e che escono con difficoltà dopo una lunga areazione nel bicchiere, di china, spezie, liquirizia, frutti maturi di prugna, ciliegia, pera. Alla gustativa si percepisce un calore leggermente cadente sull’acidità. Sfuma con  erbe mediterranee. Lascia in bocca una sensazione alcolica troppo presente.

BAROLO RISERVA VIGNOLO 2008
Uve: Nebbiolo 100%  Titolo alc. Vol. 14,5%. Quattro anni in grandi botti di rovere di Slavonia da 50 hl. Prezzo: 75 euro
Rosso granato. Bouquet fruttato floreale si percepiscono note delicate e gradevoli di rosa, miele, prugna matura, giuggiole. Al gusto è “monocorde” esclusivamente fruttato con un tannino presente, ma levigato e piacevole. Uno splendido vino, un Barolo di assoluto riferimento.

CONCLUSIONI
Il 22 giugno 2014 durante la trentottesima sessione di comitato Unesco a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse, insieme a Roero e Monferrato nella lista dei beni Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Svegliandosi a La Morra, spostando le tende oscuranti per far entrare la luce del giorno, ti si palesa davanti uno spettacolo mozzafiato, con vigneti a perdita d’occhio. Ricoperti da una nebbia fitta, ma sottile.ù

A rendere emozionante questa visuale è stata proprio la nebbia. Nebbia che nei giorni successivi riesce a farsi odiare, restandoti incollata addosso. Un po’ come il sole delle Puglie, che ti entra nelle ossa, ma con effetti differenti.

Che il Barolo sia il re dei vini è ormai noto a tutti. Ma quello che non sanno tutti è che anche la cucina langarola non è da meno. E si sposa magnificamente con un qualsiasi vino ottenuto da Nebbiolo. Che sia Barolo, Barbaresco, giovane o invecchiato.

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Testo Unico, Uiv in convegno ad Alba: “Langhe, modello da imitare”

Si è tenuto in mattinata, ad Alba, il convegno dal titolo: “Le novità del Testo Unico del Vino”, organizzato dall’Unione Italiana Vini. E non poteva che riferirsi al Piemonte il presidente di Uiv, Ernesto Abbona, nell’indicare come modello le Langhe, dove “grazie ad un sistema di norme che vengono fatte scrupolosamente rispettare, la competizione è basata sul merito e, in ogni occasione, vince il migliore. Creando valore condiviso da tutta la filiera”.

La giornata è stata moderata da Valentina Sellaroli, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Torino, formatrice decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale di Torino, e dal professor Vito Rubino, aggregato di Diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi del Piemonte Orientale e ha visto la partecipazione, tra i relatori, di Oreste Gerini, Direttore generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF.

“Il rapporto che lega il vino italiano al sistema legislativo – ha dichiarato Ernesto Abbona, presidente di Uiv – è molto articolato e per certi versi ambivalenteDa un lato tutela e garantisce, nella qualità e trasparenza del prodotto, sia il mondo produttivo sia il consumatore secondo un modello di certificazione e protezione delle indicazioni geografiche senza eguali”.

“Dall’altro invece – ha continuato Abbona – questo sistema di regolamenti che interviene nelle fasi produttive del vino, complica il nostro lavoro implicando un impegno notevole in termini di tempo e risorse economiche nell’affrontare questioni di carattere giuridico amministrativo non sempre chiare e trasparenti. Da qui ne deriva la necessità di semplificazione”.

Sempre secondo Abbona, “in Italia abbiamo un caso esemplare di semplificazione normativa che sta facendo scuola a livello internazionale: il Testo Unico, dove siamo riusciti in un grande sforzo corale a coniugare rigore, certificazione, trasparenza verso il consumatore con la semplicità nella gestione amministrativa delle imprese”.

IL MODELLO LANGA
“L’augurio – ha aggiunto Abbona (nella foto) – è quello di realizzare in tutta Italia la stessa situazione ideale che abbiamo voluto e saputo realizzare in Langa. E’ importante costruire un sistema di norme chiaro, preciso ma semplice da applicare, che faciliti un sistema di controlli efficace”.

“Il Testo Unico del vino – ha commentato Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole alimentari e forestali – rappresenta la colonna vertebrale della legislazione vitivinicola del nostro Paese. È indicativo che il primo articolo sancisce il riconoscimento della vite e del vino come patrimonio culturale del Paese, un patrimonio da tutelare e valorizzare nella sostenibilità sociale, economica, produttiva ambientale e culturale”.

“È chiaro che tutelare questo patrimonio è un impegno quotidiano – ha precisato Olivero – che ci vede in prima linea nell’attività di contrasto alle frodi alimentari e al falso Made in Italy e oggi possiamo dire con orgoglio che anche sul web siamo arrivati a garantire livelli rilevanti di sicurezza e tutela dei nostri prodotti. Proprio in occasione del recente G7 di Bergamo abbiamo avuto un confronto sul tema del commercio online, sul grado di tutela e i meccanismi di salvaguardia delle nostro eccellenze consci che il web costituisce un importante canale di vendita ma che, al tempo stesso, può nascondere rischi non secondari di contraffazione”.

“Il prezioso impegno personale del viceministro Olivero nel portare avanti un testo giuridico che oggi pone il nostro Paese all’avanguardia internazionale”, ha dichiarato Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, nel ripercorrere il lungo lavoro tra filiera istituzioni e mondo politico che ha portato al Testo Unico.

“La filiera – ha aggiunto – ha mostrato grande senso di responsabilità nel cercare una linea comune che alla fine è stata vincente. Adesso la sfida si sposta sui decreti attuativi dove dobbiamo procedere con lo stesso metodo per vedere approvati entro la fine della legislatura i decreti che renderanno pienamente operativo il TU. In gioco ci sono temi cruciali tra cui la gestione dei controlli, il sistema di tracciabilità, l’organizzazione dei consorzi di tutela”.

IL SOSTEGNO ALLE IMPRESE
“Nel lavoro di assistenza alle imprese – ha concluso Paolo Castelletti – da oltre 10 anni l’Unione Italiana Vini ha costituito al proprio interno un “servizio giuridico” specializzato sulle tematiche del settore che rappresenta un unicum a livello nazionale, un’esperienza fino ad oggi insuperata in termini di credibilità e competenze tecniche, diventato anche punto di riferimento delle istituzioni”.

“In questa occasione, attraverso la quale vogliamo aprire un dialogo nuovo tra il comparto vitivinicolo e il vasto mondo giuridico italiano – ha annunciato Castelletti – desideriamo valorizzare la nostra lunga esperienza e stimolare un salto di qualità del nostro servizio giuridico. Da Centro di assistenza alle imprese a nuovo luogo e motore di dibattito e confronto culturale sui grandi temi della legislazione vitivinicola”. Dall’inizio dell’anno sono quattro i convegni sul Testo Unico e sui decreti attuativi organizzati da Unione italiana vini in Italia.

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Approfondimenti

Alba: Uiv in convengo sul Testo Unico

Un dibattito sul Testo Unico e i relativi decreti attuativi, in un convegno che farà il punto sui risultati ottenuti e gli obiettivi ancora da raggiungere.

Lo organizza Uiv, Unione Italiana Vini, ad Alba. Il tema della disciplina in materia di coltivazione della vite e di produzione e commercio del vino, infatti, continua a tenere banco all’interno del comparto vitivinicolo italiano, anche dopo la sua entrata in vigore lo scorso gennaio 2017 e sarà protagonista di un convegno di alto livello in grado di coinvolgere le massime cariche istituzionali ed esperti del settore.

Il Convegno, organizzato da Unione Italiana Vini, dal titolo “Le novità del Testo Unico del Vino”, si terrà venerdì 27 ottobre, a partire dalle ore 9.00 alle ore 15.30, presso l’Auditorium Centro Ricerche Ferrero (via Pietro Ferrero, 19) di Alba (CN).

La giornata di confronto sarà moderata da Valentina Sellaroli, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Torino, formatrice decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale di Torino, e dal prof Vito Rubino, aggregato di Diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi del Piemonte Orientale.

L’incontro vedrà il benvenuto da parte del Presidente di Unione Italiana Vini, Ernesto Abbona e un saluto del Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, oltre alla partecipazione di esperti in ambito giuridico-normativo. L’incontro è accreditato dall’Ordine degli Avvocati, dall’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e dall’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale.

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“Autoctono si nasce”: i migliori vini dell’evento Go Wine

L’Associazione Go Wine ha iniziato la stagione 2017 dei suoi eventi a Milano, con il tradizionale appuntamento “Autoctono si nasce”, presso l’Hotel Michelangelo, dedicato al vasto mondo dei vitigni autoctoni italiani, un patrimonio da salvaguardare e da valorizzare.

Erano presenti in degustazioni i vini prodotti da uve autoctone di quaranta cantine da quasi tutta Italia (grandi assenti Toscana e Alto Adige), oltre a una selezione dalla Bottega del vino di Dogliani, dalla Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss, dal Consorzio di tutela e promozione dell’Ovada Docg, dall’Associazione Produttori del Ruché di Castagnole Monferrato. Infine una “enoteca”, a completare il panorama dei vini in degustazione.

I vitigni presenti spaziavano da quelli più famosi e blasonati, come il Nebbiolo, l’Aglianico, il Barbera e il Verdicchio, a quelli molto rari e quasi sconosciuti, uno su tutti la Gamba di Pernice o Gambarossa. Per quanto riguarda le cantine, presenti tutte piccole realtà, ricche di passione e amore verso il proprio lavoro e il proprio territorio. La qualità media degli assaggi è stata valida, con alcuni picchi davvero molto interessanti e altri semplicemente curiosi.

Grande piacevolezza e bevibilità per il tris di proposte di Baglio Aimone da Petrosino (TP): il Sicilia D.O.C. Argalia 2015 (Grillo 100%, solo acciaio), dai profumi freschi di agrumi ed erbe aromatiche, confermati in bocca e corroborati da una freschezza gustativa e sapidità, grazie ai terreni carsici, che chiamano ulteriori sorsi; il Sicilia D.O.C. Ferraù 2015 (Zibibbo 85% e Grillo 15%, solo acciaio), molto aromatico, dove spiccano note di frutta dolce a pasta bianca e uva bianca da tavola, con una bocca avvolgente ed equilibrata e ottima persistenza.

Infine l’Iratu, spumante extra-dry da uve Grillo in purezza vendemmiate 30 giorni prima della piena maturazione e prodotto con Metodo Charmat prolungato per quasi due mesi, dotato di profumi agrumati e minerali, mentre la bocca colpisce per la cremosità della bollicina e per la sua avvolgenza, con il residuo zuccherino ben calibrato.

Un salto in Emilia, precisamente nei Colli Bolognesi, per degustare un vitigno già conosciuto dai Romani e citato nelle opere di Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.: il Pignoletto, noto quasi esclusivamente per la produzione di semplici vini frizzanti da pasto, ma che se vinificato con la massima attenzione e cura dona prodotti ricchi di complessità e qualità.

Maranesi da Zola Predosa (BO) conferma la difficoltà di superare l’idea del consumatore medio, tanto da trovare il più ampio riscontro di vendite fuori confine, dove il consumatore non è ancorato al pregiudizio che lo annovera tra i vini di modesta qualità. La sua versione Colli Bolognesi Pignoletto Classico D.O.C.G. 2015 Ferma (Pignoletto 100%, solo acciaio) ci dimostra quanto scritto sopra, grazie a profumi fragranti di mela e pesca bianca, biancospino, agrumi e un tappeto di erbe aromatiche, con bocca come da tradizione fresca e soprattutto sapida, con grande bevibilità e persistenza.

La Cantina Trexenta da Senorbi (CA) è l’unica rappresentante della Sardegna, ma ne tiene alta la bandiera, grazie in particolare a due prodotti di grande interesse. Il Vermentino di Sardegna D.O.C. Contissa 2015 (Vermentino 100%, solo acciaio) spicca per profumi freschi e piacevoli tipici di questa uva e soprattutto per una sapidità letteralmente vibrante, che garantisce una bevibilità eccezionale. Il Cannnonau di Sardegna D.O.C. Baione 2013 (Cannonau 90% e 10% tra Bovale e Monica, 12 mesi in barriques) conquista per i suoi profumi suadenti ma non ruffiani di frutta rossa matura e un’ampia varietà di spezie e tostature, tutto confermato all’assaggio con un tannino presente ma elegante, freschezza e buona morbidezza, con un equilibrio che si perfezionerà negli anni.

Una citazione speciale merita Vigna Petrussa da Prepotto (UD) per la grande qualità complessiva e per la passione e il coraggio mostrati dalla Signora Hilde, simpatica, accogliente e innamorata di ciò che è molto più del suo lavoro. Grande attenzione verso gli autoctoni, tanto da voler espiantare tutto il Sauvignon per sostituirlo con la Ribolla Gialla: “Una piccola azienda come la mia ha il dovere di dedicarsi interamente, per quanto possibile, ai vitigni autoctoni”.

Tra le diverse etichette presentate spiccano 4 vini. Il Friuli Colli Orientali Friulano D.O.C. 2015 (Friulano 100%, 7 mesi in botte grande) si fa apprezzare per le sue piacevolissime note di frutta e fiori freschi e uno sfondo vegetale e minerale delicato; il sorso è ricco di struttura e bevibilità, grazie a una inaspettata morbidezza che da equilibrio alla forza dell’acidità e della sapidità. Il Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto D.O.C. 2013 (Schioppettino, chiamato anche Ribolla Nera, 100%, 2 anni in botte grande) stupisce per un corredo aromatico dolce e avvolgente di prugna e frutti di bosco maturi, con un inebriante mix di spezie; bocca con tannino preciso e per nulla invadente, con bella morbidezza e durezze che rendono il sorso facile nonostante la struttura.

Infine due passiti meravigliosi: il Venezia Giulia I.G.T. Desiderio 2014 (blend di Friulano, Riesling Renano, Malvasia Istriana e Picolit, più di un anno in barriques), con sentori di miele millefiori, frutta gialla sia macerata che candita, fiori di acacia, chiodi di garofano e cioccolata bianca, con bocca suadente, fresca e con infinita persistenza e il Picolit D.O.C.G. 2013 (Picolit 100%, 18 mesi in barriques), con profumi di erbe aromatiche, fiori gialli, riso soffiato, frutta esotica e sfondo di tabacco, con una bocca meravigliosamente tesa ed equilibrata. Grande esperienza gustativa e umana. Merita una visita in cantina.

Un vitigno che si conferma degno di grande attenzione è la Tintilia, uva a bacca scura tipica del Molise. Claudio Cipressi da San Felice del Molise (CB), che conferma come l’abbondante nevicata di questi giorni sia fondamentale per la viticoltura, ne ha fatto una ragione di vita e si dedica a questo vitigno con grande attenzione, producendo ben 4 etichette davvero interessanti.

La sua filosofia comprende la pazienza di aspettare la giusta evoluzione dei vini a base Tintillia, poiché reputati troppo scontrosi in gioventù. Si comincia con il Tintilia del Molise D.O.P. Settevigne 2012 (Tintilia 100%, 2 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno calcareo, con un colore rosso rubino molto profondo, al naso note fruttate e floreali fresche su sfondo speziato e una bocca con tannino presente ma non invadente e una piacevolissima freschezza che invoglia ad ulteriori assaggi.

Si continua con il Tintilia del Molise D.O.P. Macchiarossa 2012 (Tintilia 100%, 3 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno argilloso, con note leggermente più evolute tra le quali spicca una splendida prugna sangue di drago e un sorso meno fresco, ma dotato di maggiore struttura. Si sale ulteriormente di corposità e complessità con il Tintilia del Molise D.O.P. Tintilia 66 2011 (Tintilia 100%, 3 anni in tonneaux), da terreni argillosi, dai profumi speziati e tostati, con note di liquirizia e pepe, con frutta rossa macerata, bocca importante, strutturata ed elegante, con lunga persistenza.

Chiude i rossi il Molise Rosso D.O.P. Macchianera 2011 (Montepulciano 85%, 18 mesi in barriques, e Tintilia 15%, solo acciaio), con riconoscimenti fruttati e floreali evoluti ed eleganti e un inebriante tappeto di erbe aromatiche e officinali, con un sorso tannico e strutturato, dalla lunga prospettiva di vita. Rossi che possono permettersi un lungo riposo in cantina. Da segnalare anche una bella Terre degli Osci I.G.P. Voira Falanghina 2015 (Falanghina 100%, solo acciaio), dalla bellissima florealità al naso e freschezza in bocca.

Per concludere, tre vitigni piemontesi: uno famosissimo, il Nebbiolo, uno in via di affermazione, l’Albarossa e uno sconosciuto ai più, il Gamba di Pernice o Gambarossa. Il Nebbiolo lo incontriamo nel Lessona D.O.C. Tanzo 2010 (Nebbiolo 100%, scelta più unica che rara in questa denominazione, 2 anni in botti grandi) di Pietro Cassina da Lessona (BI), vino che spicca per una balsamicità mentolata talmente importante da pizzicare gli occhi se si soffia dentro al calice, confermata anche in bocca, con un tannino presente ma ben cesellato, grande freschezza e lunghissima persistenza.

L’Albarossa è un vitigno creato dal Professore Giovanni Dalmasso negli anni ’30, mediante l’impollinazione della Barbera da parte del Nebbiolo, non quello più famoso, ma quello di Dronero, conosciuto come Chatus. La vinificazione inizia solo nei primi anni del nuovo millennio e ora comincia ad affermarsi come vitigno dal quale produrre vini degni di nota. L’azienda Poggio Ridente da Cocconato (AT) propone la versione Piemonte D.O.C. Albarossa del Marusè 2014 (Albarossa 100%, 12 mesi in barriques), con un bellissimo rosso porpora molto intenso, tipico del Barbera, con sentori di piacevole vinosità, frutta rossa appena matura, violetta, tocchi balsamici e vegetali, con una bocca carnosa, tannino e struttura tipici del Nebbiolo. Davvero un bel bere.

La Gamba di Pernice, storicamente anche chiamata Gambarossa, deve il suo nome dai raspi rossi dei grappoli maturi ed è il vitigno storico presente a Calosso (AT). L’autorizzazione per la coltivazione è arrivata solo nel 2007 e nel 2011 è nata la D.O.C. Calosso, nella quale si producono solo vini con Gamba di Pernice in purezza. “La storia e il mercato di questo vino sono ancora tutte da costruire”, afferma il rappresentante della Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss.

Il Calosso D.O.C. La Pernice 2014 (100% Gamba di Pernice, solo acciaio) di La Canova si presenta rosso rubino di bella intensità, con riconoscimenti balsamici, di piccoli frutti di bosco e di rosa canina; in bocca la struttura è media, con un tannino fine, buon equilibrio e discreta persistenza. Un vino ideale da pasto. Bisognerà aspettare qualche anno per dare giudizi più precisi, vista la giovane età di questa Denominazione. Per intanto un applauso al coraggio di questi produttori.

Il binomio vitigni autoctoni e piccoli produttori è davvero degno di rilievo, confermando il fatto che la nostra Italia deve sempre porre più attenzione e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio ampelografico e che le piccole realtà sono una risorsa inestimabile della nostra vitivinicoltura.

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Cervaro della Sala 2003 e tartufo: abbinamento di gusto!

Da una parte il Cervaro della Sala 2003, prodotto di punta di Castello della Sala, l’azienda vitivinicola umbra di proprietà dei Marchesi Antinori, viticoltori da 26 generazioni, con tenute in ogni angolo del globo, tra Italia, Ungheria, Sud America e Nuova Zelanda. Dall’altra un profumato e gustoso tartufo bianco d’Alba, a condire con il burro delle pappardelle all’uovo. Sarà un matrimonio felice? Prima di scoprirlo, occorre degustare il vino.

Nel calice si presenta giallo dorato di buonissima intensità e vivacità, che indica una perfetta conservazione. Il naso è dotato di ottima intensità, complessità e finezza, con un caleidoscopio di sensazioni che spaziano dalle note mature di mango, banana, clementina e susina bianca, di fiori d’acacia appassiti e rosa gialla, di vaniglia, cannella e pepe bianco, alle quali seguono riconoscimenti di cioccolato bianco e tabacco biondo, su sfondo di erbe aromatiche.

In bocca il carattere grasso dello Chardonnay, con la sua morbidezza e il tenore alcolico perfetto, è ben bilanciato dalla freschezza e sapidità donate dal Grechetto e dal terreno. Il risultato è un vino dal grande equilibrio e che invita a continui riassaggi. Ottima la persistenza con finale coerente con la complessità olfattiva.
Vino eccellente, impreziosito dalla possibilità di invecchiare ancora per qualche anno.

Le uve utilizzate da Marchesi Antinori in occasione della vendemmia 2003 del Cervaro della Sala furono Chardonnay per l’80% Grechetto per il 20%, coltivate nei pressi di Sala, distante appena 18 km da Orvieto, su terreni ricchi di fossili, a una altitudine tra i 200 e i 400 metri sul livello del mare. Le due varietà di uve, vinificate in maniera distinta, subiscono una macerazione sulle bucce di 8 ore a 10 gradi. Dopo la fermentazione, passano 5 mesi in barrique di rovere francese a contatto con i propri lieviti, dove svolgono la fermentazione malolattica. L’annata 2003 fu tra le più calde degli anni 2000, facendo maturare perfettamente le uve, ma senza compromettere la fondamentale acidità. Ed ora la prova dell’abbinamento…

Il piatto con il tartufo bianco è ben sostenuto dalla struttura del vino e la grassezza data dal burro e dall’uovo dall’uovo delle pappardelle è contrastata ottimamente dall’acidità e dalla sapidità del vino. Lo Chardonnay passato in legno si conferma un compagno perfetto per il pregiato tubero bianco e il Grechetto dona vivacità al tutto, facendo terminare la gustosissima ricetta nel piatto e il vino nel calice in un men che non so dica. Il matrimonio si rivela assolutamente felice e a da ripetere nella prossima stagione dei tartufi.

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Vini del Piemonte, obiettivo export: buyer d’oriente ad Alba

Dopo il successo delle analoghe iniziative realizzate negli ultimi anni, il Consorzio di promozione I Vini del Piemonte e la CIA, Confederazione Italiana degli Agricoltori, organizzano un nuovo un nuovo incoming di operatori del settore wine sul territorio piemontese. L’evento avrà luogo lunedì 5 e martedì 6 settembre 2016 presso l’hotel I Castelli di Alba e consentirà a 30 aziende aderenti a CIA e I Vini del Piemonte (15 per ciascuna giornata) di incontrare 10-12 buyer provenienti da Hong Kong, Cina, Giappone, Sud Est Asiatico, ma anche Stati Uniti, e Canada. I buyer partecipanti sono stati accuratamente profilati e selezionati da Iron 3, società che da dieci anni organizza workshop per il settore vitivinicolo, che si è occupata anche di fissare gli appuntamenti. Gli incontri seguiranno infatti agende programmate in base alle specifiche richieste dei buyers, in modo da assicurare appuntamenti di reale interesse per ambo le parti. Ciascun produttore avrà la possibilità di prendere parte almeno a 8-10 appuntamenti, della durata di 25 minuti circa ciascuno, nel corso dell’intera giornata. Fra le sessioni del mattino e quelle del pomeriggio è previsto un light lunch buffet.

L’evento rientra nelle strategie del consorzio di promozione I Vini del Piemonte, che ha “sempre puntato sull’export e da anni opera attivamente per favorire il processo di internazionalizzazione delle aziende vinicole”, per le quali “vendere all’estero è ormai diventato fondamentale”. Lo confermano le statistiche: supera infatti il 60% la quota della produzione vinicola piemontese che finisce oltre i confini nazionali. In particolare, come sottolinea Andrea Faccio, presidente del consorzio di promozione I Vini del Piemonte, “gli incoming di importatori e operatori del settore sono indirizzati a quelle aziende che ancora esportano poco, proprio perché il settore ha enormi opportunità e considerevoli margini di crescita”. “Proseguendo nell’ottica di aiutare le piccole e medie imprese della viticultura piemontese tradizionale – continua Faccio – anche quest’anno accoglieremo gli importatori alla ricerca dei pregiati vini delle nostre colline, ben consci che l’export è di vitale importanza per la nostra viticoltura. Inoltre è un vero piacere poter collaborare con le associazioni di categoria e in particolare con la CIA, che ha fra i suoi associati molti produttori di grandissima eccellenza”.

La Confederazione Italiana Agricoltori considera l’iniziativa “una grande opportunità”. A sottolinearlo è lo stesso direttore provinciale, Igor Varrone: “Abbiamo ritenuto che fosse importante per le aziende a noi affiliate affacciarsi sul mercato internazionale attraverso un incontro diretto. Si tratta di un’occasione unica e speciale di confronto al quale invitiamo tutti gli addetti ai lavori a partecipare. Per la CIA – evidenzia ancora Varrone – è un investimento importante che affrontiamo con consapevolezza in prima persona e che siamo certi porterà, insieme alla preziosa collaborazione con il consorzio di promozione I Vini Del Piemonte, al raggiungimento di importanti obiettivi. Creare rapporti commerciali fra importatori primo fra tutti”.

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Pronti a sfidare le Langhe? Iscrizioni aperte per l’ecomaratona del Barbaresco e del Tartufo Bianco d’Alba

Sono ufficialmente aperte le iscrizioni alla settima edizione dell’ Ecomaratona del Barbaresco e del Tartufo Bianco d’Alba del 6 novembre 2016.  L’impegnativa ed entusiasmante manifestazione podistica, si corre in una festa di colori autunnali nei territori paesaggi vitivinicoli patrimonio Unesco delle Langhe, attraversando l’area del Barbaresco docg e del Tartufo Bianco, nei comuni di Alba, Barbaresco, Neive e Treiso.  Sono confermati i percorsi di km. 42,195 e km 21 per agonisti e tutta la logistica, che è stata molto apprezzata nelle scorse edizioni. La novità di quest’anno è l’inserimento in un circuito di dieci gare (tra cui Roma e Cortina), il Grand Prix Fidal di specialità M&T Running, la cui gara finale e decisiva per la classifica si svolgerà proprio ad Alba.  Confermata anche la camminata per accompagnatori e il pranzo Piemonte in tavola. E’ previsto un numero massimo di partecipanti e pertanto si invitano gli interessati a non tardare nell’invio delle iscrizioni. Le iscrizioni si effettuano direttamente sul sito della società organizzatrice www.triangolosport.it dove si trovano le informazioni e il regolamento.

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Milano capitale dei vini autoctoni: giovedì l’evento di Go Wine all’Hotel Michelangelo

Cos’è un vino autoctono? L’associazione Go Wine inaugura l’anno 2016 a Milano con una serata dedicata ai vini autoctoni italiani, in programma giovedì 21 gennaio presso le sale dell’Hotel Michelangelo, in via Luigi di Savoia 6. Il riferimento è al libro “Autoctono si nasce…”, pubblicato da Go Wine Editore, nonché ad altre iniziative che hanno sempre visto l’associazione di Alba privilegiare la cultura e la comunicazione in favore dei vitigni e dei vini “di territorio”. Il banco d’assaggio vedrà protagonista una qualificata selezione di aziende italiane direttamente presenti. Un’Enoteca completerà il panorama della degustazione. Appuntamento dunque con un’importante selezione di vini, espressione di terroir nascosti e depositari di sapori nuovi, per un irripetibile viaggio tra i più insoliti e rari autoctoni italiani. Il costo della degustazione per il pubblico è di 18 euro (12 euro per i Soci Go Wine, soci associazioni di settore 15 euro). L’ingresso sarà gratuito per coloro che decideranno di associarsi a Go Wine direttamente al banco accredito della serata.  L’iscrizione sarà valevole fino al 31 dicembre 2016. Per una migliore accoglienza è consigliabile confermare la presenza alla serata ed il numero degli eventuali accompagnatori all’Associazione Go Wine, telefonando al numero 0173-364631, oppure inviando un fax al numero 0173-361147 o una e-mail a stampa.eventi@gowinet.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. entro le ore 12 di giovedì 21 gennaio 2016.

Programma:
Ore 16,00 -18,30: Anteprima: degustazione riservata esclusivamente ad un operatori professionali
(giornalisti, enoteche, ristoranti, wine bar).
Ore 18,30 – 22,00: Apertura del banco d’assaggio al pubblico di enoappassionati. Nel corso della serata breve conferenza di presentazione.

Hanno aderito al banco d’assaggio:
Accadia – Serra San Quirico (An); Agrinatura – Andria (Bt); Aimasso F.lli – Diano d’Alba (Cn); Antica Cantina Sant’Amico – Morro d’Alba (An); Antica Cascina dei Conti di Roero – Vezza d’Alba (Cn); Benforte – Cupramontana (An); Bonsegna – Nardò (Le); Bottega del Vino Dogliani Docg – Dogliani (Cn); Cà Biasi – Breganze (Vi); Cà del Bric – Montaldo Bormida (Al); Cà Ronesca – Dolegna del Collio (Go); Cantina Ornina – Castel Focognano (Ar); Castello di Grillano – Ovada (Al); Carpante – Usini (Ss); Cascina Gentile – Capriata d’Orba (Al); Cascina Gilli – Castelnuovo Don Bosco (At); Cascina Gnocco – Mornico Losana (Pv); Cascina La Signorina – Ovada (Al); Caves Cooperatives de Donnas – Donnas (Ao); Cincinnato – Cori (Lt); Claudio Cipressi – San Felice del Molise (Cb); Consorzio Ovada docg – Ovada (Al); Marisa Cuomo – Furore (Sa); De Tarczal – Isera (Tn); Dionigi – Bevagna (Pg); Giacobbe Alberto – Paliano (Fr); Gigante Adriano – Corno di Rosazzo (Ud); Graunar – San Floriano del Collio (Go); Hollborn di Giovanni Brignolio – Moncalvo (At); La Bioca – Serralunga d’Alba (Cn); Le Strette – Novello (Cn); Le Strie – Teglio (So); Lunae Bosoni – Ortonovo (Sp); Mancinelli Stefano – Morro d’Alba (An); Marenco – Strevi (Al); Marengoni Silvio, Lino & Flavio – Ponte dell’Olio (Pc); Marini Salvatore – S. Demetrio Corone (Cs); Miotti Firmino – Breganze (Vi); Morra Diego – Verduno (Cn); Moschioni – Cividale del Friuli (Ud); Musso Valter – Barbaresco (Cn); Petruz Maria – Cormons (Go); Piandaccoli – Lastra a Signa (Fi); Pileum – Piglio (Fr); Rivetti & Lauro – Tirano (So); Rivetti Mario – Alba (Cn); Rocca Rondinaria – Rocca Grimalda (Al); Rocco di Carpeneto – Carpeneto (Al); Scubla Roberto – Premariacco (Ud); Stanig – Prepotto (Ud); Tenuta Casteani – Gavorrano (Gr); Tenuta Cavalier Pepe – Sant’Angelo all’Esca (Av); Tenuta di Tavignano – Cingoli (Mc); Tenuta Fulcera – Bertinoro (Fc). Selezione di Ruchè di Castagnole Monferrato, a cura del Consorzio di Tutela.

I vitigni protagonisti:
Aglianico (Campania); Albana (Emilia Romagna); Albarossa (Piemonte); Arneis (Piemonte); Barbera (Piemonte); Bellone (Lazio); Bombino Bianco (Puglia); Bombino Nero (Puglia); Cagnulari (Sardegna); Cannonau (Sardegna); Cesanese (Lazio); Coda di Volpe (Campania); Croatina (Lombardia); Dolcetto (Piemonte);  Favorita (Piemonte); Foja Tonda (Toscana); Freisa (Piemonte); Friulano (Friuli); Gaglioppo (Calabria); Gamba di Pernice (gambarossa) (Piemonte); Grignolino (Piemonte); Groppello (Veneto); Lacrima di Morro (Marche); Malvasia (Emilia Romagna e Friuli); Malvasia di Schierano (Piemonte); Malvasia Nera (Toscana); Magliocco (Calabria); Marzemino (Trentino); Moscato di Canelli (Piemonte); Moscato Giallo (Trentino); Nebbiolo (Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia); Nascetta (Piemonte); Negroamaro (Puglia); Nero Buono di Cori (Lazio); Nero di Troia (Puglia); Ortrugo (Emilia Romagna); Passerina del Frusinate (Lazio); Pecorino (Marche); Pelaverga (Piemonte); Pignolo (Friuli); Pollera Nera (Liguria); Primitivo (Puglia); Pugnitello (Toscana); Refosco dal Peduncolo Rosso (Friuli); Ribolla Gialla (Friuli); Ripoli-Fenile-Ginestra (Campania); Ruchè (Piemonte); Sagrantino (Umbria); Sangiovese (Emilia Romagna e Toscana); Schioppettino (Friuli); Tintilia (Molise); Uva Mornasca (Lombardia); Verdicchio (Marche); Vermentino (Liguria e Toscana); Vespaiolo (Veneto).

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Dolcetto d’Alba Cantina del Parroco, Azienda San Michele Neive

(4 / 5) Etichetta curiosa quella del Dolcetto d’Alba Cantina del Parroco Azienda San Michele, che opera a Neive, nel pieno della zona di produzione del Barbaresco, in provincia di Cuneo, Piemonte. La cantina San Michele, di fatto, è quanto lasciato in eredità dall’Arciprete Don Giuseppe Cogno, Parroco di Neive, che nel 1973 diede vita assieme ad altri tre viticoltori del paese a una cantina che aveva come scopo “la produzione di grandi vini a prezzi altamente competitivi”. Oggi finisce sotto esame il Dolcetto d’Alba dell’annata 2014. Nel calice si presenta di un rosso rubino intenso. Al naso evidenzia le caratteristiche note floreali di geranio, ciclamino e viola. Presente anche una componente olfattiva fruttata, che richiama le fragoline di bosco e la mora. Curioso come questa bottiglia regali all’olfatto anche una percezione inaspettata per il vitigno Dolcetto: parliamo dello zafferano, che si riesce a percepire quando il vino si apre completamente nel calice. Al palato, il Dolcetto d’Alba Cantina del Parroco risulta invece didattico, con richiami alla mora, alle fragoline di bosco e al lampone, con finale ammandorlato tendente all’amarognolo e lievemente speziato (liquirizia dolce). Una bottiglia da consumare a tutto pasto, dagli antipasti di salumi ai primi e alle portate di carne non troppo elaborate. E’ Claudio Cavallo a spiegare come si ottiene questo vino: “La tecnica di vinificazione – dichiara l’enotecnico dell’Azienda San Michele – è quella classica, in acciaio inox, a temperatura controllata, che oscilla tra i 27 e i 28 gradi. I rimontaggi avvengono in maniera regolare, ma non insistita. All’ottenimento dell’estrazione del colore voluto delle vinacce si procede a una svinatura anticipata, per non arricchire troppo il vino attraverso un contatto prolungato con le bucce, mantenendo così i caratteri fruttati e di freschezza tipici del Dolcetto”. Missione più che compiuta.

Prezzo pieno: 9,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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Vini al supermercato

Nebbiolo D’Alba Doc 2013, Giacosa Leone e figli

(4 / 5) Non ha bisogno di presentazioni il Nebbiolo D’Alba DOC di Giacosa Leone & Figli. Si tratta di una delle migliori bottiglie di Nebbiolo reperibili tra le corsie dei supermercati italiani. Nonché uno dei vini più amati, che hanno reso celebre l’Italia nel mondo. Basti pensare che dalla stessa uva Nebbiolo, nelle Langhe del Piemonte, nasce un “mostro sacro” come il Barolo. Giacosa di fatto è tra i più fulgidi esempi di come si possa produrre vini di ottima qualità e decidere di commercializzarli nella grande distribuzione. Con i suoi 13,5 gradi, il Nebbiolo D’Alba in questione (annata 2013) si eleva ad accompagnamento perfetto per piatti di carne rossa, arrosti, selvaggina nobile e formaggi stagionati. Nel calice si presenta del classico colore rosso rubino acceso, tipico del Nebbiolo “giovane”, che col tempo tende invece ad assumere tinte granate. Il profumo è pieno ma delicato. I tannini sono avvertibili ma non spigolosi, il sapore è asciutto, ampio, buona la lunghezza. Un vino, in definitiva, elegante.

Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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