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Caos Oltrepò, Rossetti replica al Consorzio: “Sono estraneo alle accuse”


Riceviamo e pubblichiamo integralmente il comunicato di Michele Rossetti, ex presidente del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò pavese, che replica alle accuse mosse dall’attuale dirigenza.

Non sono al corrente degli atti e dunque non so di cosa si stia parlando. Sono comunque estraneo a ogni accusa e lo dimostrerò in ogni sede. Farò inoltre valere in ogni sede la tutela della mia onorabilità con ogni mezzo legale. Nel frattempo ciò che ho dato, detto e fatto nel corso del mandato parlano per me. È singolare che a parlare di questa vicenda sia il presidente di Terre d’Oltrepò, dimostrando chi comanda davvero in Consorzio.

È altrettanto singolare che su tutti gli amministratori vecchi e nuovi l’unico responsabile di un eventuale danno possa essere io. In Oltrepò chi non si allinea ai poteri forti va incontro al peggio. Il nuovo consiglio di amministrazione è per buona metà il vecchio consiglio di amministrazione, ma molti hanno perso la memoria.

So da tempo di essere scomodo perché vedo, penso e valuto con la mia testa. Qui valgono invece altre regole. I quasi tre anni di lavoro sui nuovi disciplinari sono stati annacquati, perché il nuovo che avanza avesse le mani libere.

Visto che sono di moda le azioni di responsabilità, mi aspetto anche un’azione nei confronti di chi ha prodotto il più grande scandalo del vino con conseguente danno reputazionale a tutti i produttori.

Per ora si scagliano contro di me che per un intero mandato, non retribuito, ho lottato per il bene comune senza prendere ordini da nessuno. Ora non mi perdonano di essere tra le anime critiche che non accettano il Consorzio dei muscoli, preferendo star fuori con l’Oltrepò della qualità.

Sorprende che un Consorzio che ogni settimana perde aziende di prestigio, per coprire i fallimenti della propria politica, sollevi polveroni a mezzo stampa che certo non fanno bene a nessuno. Il futuro che si profila non è fatto di dialogo e collaborazione ma di vendette”.

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Cantina La Versa: Giv non partecipa all’asta. Cavit in pole su Pirovano

Fuori uno. Gruppo Italiano Vini (Giv) non parteciperà all’asta per l’acquisizione della cantina pavese La Versa. Lo assicura in una nota inviata a vinialsupermercato.it la Spa veronese di Calmasino, mediante la portavoce Tiziana Mori. Tra le domande che dovranno pervenire al curatore fallimentare Luigi Spagnolo entro le ore 17 di venerdì 25 novembre, non ci sarà dunque quella della prima azienda vitivinicola italiana, già titolare di 15 cantine sparse per il Belpaese e implicata in importanti “partecipazioni strategiche” a livello mondiale, dagli Usa al Regno Unito, passando per Francia, Germania e Belgio.

A meno di sorprese dell’ultima ora, si riducono a due i potenziali acquirenti della cantina di Santa Maria della Versa. Con Cavit, Cantina Viticoltori del Trentino, che secondo i ben informati sarebbe in vantaggio su Cantine Pirovano, Srl di Calco (Lecco) già proprietaria dal 1997 di Tenuta Bentivoglio a Santa Giulietta, al confine tra Broni e Casteggio. La base d’asta è di 5,6 milioni di euro – oltre imposte di legge – e comprende il marchio, gli immobili e le attrezzature de La Versa Viticoltori dal 1905 Spa, ad eccezione del Wine Point Montescano. Interessate all’acquisto risultano anche due cooperative locali: la Cantina sociale di Canneto Pavese e Terre d’Oltrepò, coop nata dalla fusione delle cantine di Broni e Casteggio, a sua volta già sconvolta da uno scandalo.

IL FALLIMENTO DE LA VERSA
Da possibile salvatore, a cui era stato affidato il rilancio della cantina La Versa, alle accuse di “frode e autoriciclaggio basato su fatture relative a operazioni inesistenti”. Questa la parabola discendente che vede come protagonista Abele Lanzanova, amministratore delegato de La Versa Spa, finito in manette il 21 luglio scorso.

Il giorno successivo, anche la figlia dell’ad, Elena Lanzanova, è stata arrestata dalla Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Pavia. Nella sua abitazione sono stati rinvenuti 7 chilogrammi di marijuana. I militari stavano cercando possibili intrecci della donna con le attività illecite del padre, quando hanno scoperto la droga all’interno della sua abitazione di Urago D’Oglio, in provincia di Brescia.

Abele Lanzanova, secondo quanto riportano le forze dell’ordine, “si sarebbe appropriato di ingenti somme sottraendole alle scarse risorse finanziarie della Cantina, peraltro già interessata da procedimenti prefallimentari”. L’ad bresciano avrebbe riciclato denaro per alzare il capitale della cantina, trasferendolo sui conti correnti de La Versa Financial International Spa.

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