Trump ue Europa rinvia i dazi sul bourbon. Il Tycoon non si fida e prende tempo tariffs dazi trump vini europei
rinvio dazi trump vini europei. Rinviati i dazi dell’Ue sul bourbon americano. Ma il Tycoon non si fida e prende tempo. Ieri mattina, l’Unione Europea ha annunciato un rinvio dei dazi punitivi su bourbon, whiskey e altri prodotti degli Stati Uniti dall’1 al 13 aprile. Una notizia colta con sospetto da Trump. Gli Stati Uniti hanno infatti posticipato a loro volta i dazi sui vini ed altri alcolici europei, al giorno successivo: il 14 aprile. «Questo è un buon primo passo per abbassare la tensione», commenta Ben Aneff, presidente della US Wine Trade Alliance, l’associazione che riunisce gli importatori di vino americani.
Si spera che la decisione dia tempo agli Stati Uniti e all’Ue di arrivare a un accordo negoziato sulla questione alla base dei dazi. Anche se accogliamo con favore la notizia, l’attuale stato di purgatorio del settore è comunque estremamente dannoso per le imprese in tutto il territorio degli Stati Uniti». L’invito dell’associazione, come riferito ieri da Winemag, è stato quello di interrompere tutti gli ordini di vini europei, in attesa di maggiori certezze. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_25_750
USWTA: L’EUROPA STA SOTTOVALUTANDO TRUMP
Secondo la USWTA, l’Ue starebbe sottovalutando la volontà degli Stati Uniti di rispondere in modo deciso ai dazi su acciaio e alluminio. Ci aspettiamo pienamente che gli Stati Uniti impongano dazi all’Ue per il doppio del valore di qualsiasi ritorsione sui dazi sull’acciaio. Ma stiamo naturalmente esortando l’amministrazione a garantire che tali dazi siano determinati con attenzione, per evitare di danneggiare le imprese americane e limitare il danno alla sola Ue. Come sappiamo, i dazi sul vino arrecano un danno significativamente maggiore alle imprese americane. Sono inutilmente nocivi per gli interessi americani. Una cattiva leva per influenzare il cambiamento politico». rinvio dazi trump vini europei.
«I DAZI SUL VINO? SONO DANNOSI PER L’AMERICA»
L’industria del vino, secondo Ben Aneff, può essere «un modello per il commercio equo che gli Stati Uniti desiderano, a beneficio delle imprese su entrambi i lati dell’Atlantico». Un settore che può sostenere centinaia di migliaia di posti di lavoro americani. «Anche se speriamo che gli Stati Uniti e l’Ue possano risolvere le questioni sottostanti, in caso di controversia, i dazi punitivi dovrebbero essere limitati a prodotti che beneficiano principalmente le aziende dell’Ue. I dazi sul vino sono dannosi per l’America». L’USWTA definisce la settimana di tensione «molto stressante per tutti». «Speriamo di avere presto ulteriori notizie», è l’auspicio di Aneff. Poi, un’esortazione ai colleghi importatori di vino: «Continuiamo a lavorare ogni giorno per raccontare la storia della nostra straordinaria industria ai decisori politici di Washington».https://winetradealliance.org/
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Frank e Cindy ti guardano stralunati. Pesci fuor d’acqua. Con in mano un calice di vino. Vuoto. “We’re looking for american Barbera. We love american Barbera. Where is it?”. Vaglielo a spiegare, alla coppia agée d’americani in tour a Barolo, che alla rassegna di Vignaioli Corsari in programma a Castello Falletti non figurano aziende a stelle e strisce. Tradotto: scordatevi la vostra Barbera. Glielo fai capire con le buone. Mentre il discorso vira, lento come i fumi dell’alcol, verso altri lidi: “We love Barbera, and we love Donald Trump. He’s a good person. Hillary Clinton is fake. Believe in us!”. Lo faremo. Ma da domani. Oggi, piuttosto, è il giorno dei bilanci per la rassegna di vini europei organizzata dall’Associazione culturale Giulia Falletti al Castello di Barolo. Affluenza a tre zeri che soddisfa i promotori dell’evento, con i sotterranei del maniero letteralmente presi d’assalto da un pubblico eterogeneo, tra cui figurano tanti giovani.
“Siamo molto contenti di vedere volti nuovi rispetto alla scorsa edizione – commenta Marta Rinaldi – con ottocento persone ai nostri banchi d’assaggio, tra le giornate di domenica 4 e lunedì 5 dicembre. I produttori sono sempre 30, ma quest’anno abbiamo avuto il piacere di ospitarne di nuovi, rappresentando zone d’Europa prima non considerate. Lo spirito è rimasto lo stesso: prima di tutto l’amicizia. E poi lo scambio di esperienze tra diversi produttori. Vini Corsari non è solo un festival per un pubblico amante dei vini artigianali, ma anche un’occasione per i vignaioli di incontrarsi e scambiare parecchio, tra di loro e con il territorio del Barolo”. Una zona volutamente non rappresentata ai banchi d’assaggio, che non hanno visto intervenire nessuno dei grandi interpreti locali delle uve Nebbiolo e Barbera. “Però – sottolinea ancora Marta Rinaldi – sono molti i produttori delle Langhe che hanno partecipato alle degustazione e alle cene con i loro colleghi europei”. Una quarta edizione che ha visto la collaborazione di “amici” portoghesi e francesi, al fianco dell’Associazione culturale Giulia Falletti. E un risultato, a conti fatti, davvero prezioso per l’accuratezza della selezione di produttori intervenuti. Tutti capaci di esprimere un livello qualitativo altissimo, attraverso le loro opere: i loro vini.
LA DEGUSTAZIONE Con fatica, noi di vinialsuper proviamo a identificare qualche vino ‘sopra le righe’ degustato alla quarta edizione di Vini Corsari. Tra gli italiani, una menzione speciale per i vini rossi va di diritto a Cristiana Galasso di Feudo D’Ugni. Memorabile il suo Montepulciano d’Abruzzo 2013 “Rudero”, ottenuto da vendemmia tardiva. Vino rosso da tavola, di quelli che si scordano i Consorzi delle Doc. Troppo bello per essere vero il frutto rosso che si materializza al naso, sotto forma di sublime confettura. Una concentrazione e una carica gusto olfattiva di rara bellezza, per un vino capace di accompagnare piatti della tradizione abruzzese, tanto quanto non sfigurerebbe in un ristorante stellato di qualsiasi capitale del mondo.
Ma Cristiana Galasso di professione fa la “vignaiola fiammiferaia”. E se le fai i complimenti, arrossisce. Del Montepulciano d’Abruzzo 2013 ne ha prodotte solo 300 bottiglie. In ognuna deve averci lasciato un pezzo del cuore umile sfoggiato a Barolo. Bottiglia dal valore inestimabile. Da amare, sorso dopo sorso. Così come splendido è il Cerasuolo da uve Montepulciano rimaste poche ore a contatto con le bucce e vinificato in cemento e acciaio. Imbottigliamento dopo 15 mesi, con un pizzico di solforosa.
Un rosato indimenticabile, per struttura e intensità. Capace, al contempo, di assicurare la beva leggera, estiva, caratteristica delle vinificazioni in bianco. Tra gli altri rossi a Barolo, una menzione speciale va all’intera elegante produzione della Tenuta di Valgiano, Lucca, che con Moreno Petrini ha portato in degustazione gli ottimi “Tenuta di Valgiano Rosso” 2013 e 2011 e, soprattutto, “Palistorti” 2012.
Dall’altra parte della sala degustazioni allestita a Castello Falletti, ecco il nostro eroe dei vini bianchi italiani presenti in rassegna. E’ Patrick Uccelli di Tenuta Dornach, Salorno (Bolzano), Alto Adige. Uno capace di mettere il punto sul Gewurztraminer con il suo “G.”, vendemmia 2015. Nel senso che ti manda a capo, tanto è in grado di spiazzarti in un gioco quasi diabolico tra un naso più che convenzionale (ma curioso) dominato dal litchi e un palato dirompente, persistente, di sorprendente tannicità verde. Quel colore rosato, dovuto al contatto di un mese con le bucce dello splendido uvaggio autoctono altoatesino, non poteva che portare a tale conclusione. Ma te ne rendi conto troppo tardi. Proprio per colpa di quell’olfatto così convenzionale. Poi la bocca ti frega. E sono pernacchie che ti ricorderai a lungo.
Tre ettari e mezzo che nel 2017 diventeranno 4,5, per Tenuta Dornach. E una filosofia spiegata con chiarezza dal quell’eterno Peter Pan che sembra essere il 42enne Patrick Uccelli, vignaiolo giocoliere. “Io e la mia famiglia produciamo tutto in biodinamico dal 2009 e speriamo che un giorno tutto il mondo del vino operi in questo regime. Ma il cambiamento è assurdo pensarlo in tempo reale. Sarebbe arrogante. Ci vuole pazienza, è inutile forzare le tappe”.
A pari merito con Dornach, impossibile, tra i vini bianchi italiani, non citare l’intera produzione de La Castellada di Giorgio e Nicolò Bensa, realtà che opera in Friuli Venezia Giulia. Più esattamente a Oslavia, Gorizia. Tutti vini importanti, da aspettare, quelli presenti al banco degustazione corsaro. Il Collio Doc 2010 Bianco della Castellada è sublime. Ottenuto da un 50% Pinot Grigio, un 30% Chardonnay e un 20% Sauvignon da vigne di età compresa tra i 20 e 50 anni, pare una caramellina al palato. Per poi accendersi d’improvviso, come il fuoco su un terreno impregnato di benzina, svelandosi caldo, strutturato, poderoso. E dotato di un finale senza fine. Il Pinot Grigio, come spiega al banco di degustazione il preparatissimo Stefano Bensa, viene colto e subito pressato. Il mosto viene fatto dunque fermentare in barrique, con lieviti indigeni. Chardonnay e Sauvignon fermentano a contatto con le bucce per 4 giorni.
Poi vengono travasati in barrique per completare la fermentazione. Seguono 11 mesi in barrique e 12 mesi in vasca d’acciaio inox di affinamento, più ulteriori 12 mesi in bottiglia, senza filtrazione. Sontuoso il Collio Doc Bianco Riserva 2006 “Vrh”: un blend ottenuto al 75% da Chardonnay, cui viene sommato un 25% Sauvignon di vigne di 45 anni di marna Eocenica. I grappoli vengono diraspati e il pigiato posto a fermentare in tini aperti di rovere di Slavonia, per 2 mesi. Fermentazione alcoolica e malolattica a contatto con le bucce. Seguono 36 mesi in botte grande di rovere di Slavonia, 12 mesi in vasca d’acciaio inox. In bottiglia senza filtrazione, esprime un 14,5% di alcol in volume. Dieci ettari di vigneto per La Castellada nel goriziano, per un totale di 25-30 mila bottiglie prodotte annualmente. Azienda tutta da scoprire e da amare al primo sorso.
Rimaniamo in Italia per segnalare altri due bianchi coraggiosi. Il Liguria di Levante Igt “Poggi Alti” 2015 dell’Azienda Agricola Santa Caterina di Sarzana è un vino di grande prospettiva, capace di far tornare alla mente i grandi bianchi liguri di quel genio anarchico di Fausto De Andreis, one man company di Rocche del Gatto. “Fermentazione in tini aperti d’acciaio e maturazione in gres”, spiega Andrea Kihlgren, che così mira a preservare e valorizzare i varietali del Vermentino. “Facevo altro nella vita – continua il vignaiolo dal cognome svedese, tramandato dal padre – ma quando ho deciso di dedicarmi a tutto tondo al vino ho capito subito che una via ‘tiepida’ non faceva per me. Questo è un lavoro che bisogna sentire dentro e che fa fatto con coscienza, oppure bisognerebbe fare altro”. Un degno compagno di De Andreis, insomma. Dentro e fuori dal calice. Ad accomunarli, ovviamente, anche i problemi con il Consorzio per il riconoscimento di una Denominazione d’origine controllata a cui, entrambi, hanno ormai rinunciato su parte della produzione.
Merita un plauso, infine, il coraggio di Les Petits Riens di Regione Chabloz, Aosta, piccola realtà a metà tra Morgex e Saint Vincent. L’unica ad allevare, nell’intera Valle d’Aosta, l’Erbaluce di Caluso. Nasce così Petit Bout De Lun 2014, un bianco curioso, la cui vinificazione avviene all’80% in acciaio e al 20% in barrique, dove resterà a maturare 15 mesi, prima dell’imbottigliamento. Un vitigno, l’Erbaluce, scelto per conferire acidità a uno Chardonnay altrimenti stanco. Altra curiosità: i vini de Les Petits Riens sono tutti turati con il sughero, ricoperto da cera d’api. Un altro modo per sottolineare il profondo legame del vino con il territorio d’origine.
Tra le bollicine presenti a Vini Corsari 2016, non poteva che spuntarla il sontuoso Franciacorta Docg Pas Dosé 2011 “Il Contestatore” dell’Azienda Agricola Il Pendio di Michele Loda (Monticelli Brusati, Brescia). Un Metodo Classico ottenuto in purezza da uve Chardonnay, provenienti dai gradoni più alti della vigna. Capace di surclassare l’unica maison di Champagne presente ai banchi di degustazione, La Closerie, con il solo “Le Beguines” (prezzo tra gli 80 e i 90 euro) a discostarsi da una produzione fin troppo piaciona e commerciale, fondata sul Pinot Meunier.
GLI STRANIERI C’è una cantina che più delle altre ha saputo convincere tra i Corsari 2016. L’avreste mai immaginato? Proviene dalla Svizzera. Più esattamente dal Vallese. Quel Valais che, in estate, vi abbiamo raccontato in lungo e in largo (vedi qui). Dimenticandoci, però, di uno come Olivier Pittet di Fully (d’altronde, con centosessantadue vini degustati in diciotto differenti cantine, poste su un percorso di circa 250 chilometri, siamo sicuri potrete perdonarci). Il Fendant 2014 di Pittet è divino. Si scosta dalla semplicità intrinseca del vitigno Chasselas, per assumere al naso sentori complessi, che segnano tutta l’esperienza olfattiva con Pittet: quelli vegetali, erbacei, in bilico tra l’erba fresca e il fieno, tra i fiori e le aromatiche alpine, sino alla camomilla secca.
Note che nel Petit Arvine 2014 diventano quasi piccanti, con il peperone giallo a verde a spuntare nel mucchio composto di sentori delicati. Una caratteristica che, qui, ritroveremo anche in bocca. Chimere 2014 è il più gastronomico dei vini di Olivier Pittet, quello di più facile abbinamento in cucina. A.R.H. 2014 è invece il sorprendente blend tra Petite Arvine (50%) e un clone sconosciuto derivante da un incrocio di quattro vitigni, tra cui l’autoctono Rèze (Resi) e l’Humagne Blanc: un vino dal residuo zuccherino elevato (12 g/l).
Per completezza e qualità nella produzione non può essere dimenticato anche Aleks Klinec, vignaiolo bio del Collio sloveno, impiantato a Medana. Il fil rouge che lega i vini è quello di una consistente sapidità, quasi croccante, da mordere. Ma a convincere più di tutti – per presente e prospettive future – è Jakot 2012, ottenuto da fermentazione spontanea con quattro giorni di contatto con le bucce delle omonime uve, dimenticate per 3 anni in botti di acacia. Tipico colore aranciato e grande intensità e finezza olfattiva, che richiama fiori e frutta esotica matura. Un naso suadente, che al palato rompe gli indugi sfoderando muscoli d’acciaio: di alcolicità calda, almeno al percepito, controbilanciata alla perfezione da una freschezza e da una sapidità invidiabili. Vino che stupisce, appunto, per il suo grande equilibrio.
Ottima anche la Malvazia Istriana 2012 di Klinec, più profonda al palato rispetto a Jakot, per la presenza di un’acidità ancora più spinta e un tannino astringente. In Gardelin 2012 è ancora più marcata la vena sapida, evidentemente per l’assenza dei tannini in un uvaggio come il Pinot Grigio. La Ribolla 2012 (14 giorni di macerazione e 3 anni in botte per estrarre al meglio le proprietà di un’uva dalla buccia spessa come l’orgoglio del popolo sloveno) è un altro luminoso esempio della grandezza dei vini della vicina Slovenia. Infine, ma non ultima, la Riserva 2006 Klinec con base Verduzzo Friulano, in blend con Ribolla, Malvasia e Tocai. Un Barolo bianco, potremmo azzardare. Estratto secco che pesa come un macigno, sulla lingua. E 14,9% di alcol in volume a completare il quadro. Chapeau.
Segnaliamo, tra gli altri, anche la cantina portoghese Encosta da Quinta, 80 chilometri a nord di Lisbona. Vino di facile beva ma di cui non ci si dimentica affatto il bianco Humus 2015, proposto in degustazione dal timido Rodrigo Filipe. Un blend ottenuto dai vitigni autoctoni del Portogallo Arinto e Fernao Pires. A chiudere la rassegna dei migliori vini degustati tra i Corsari 2016 anche lo Chardonnay du Hasard, Vin de Voile di Domaine Labet, Jura, Francia. Un bianco unico, in cui alle note ossidative fanno da contraltare sorprendenti note fruttate fresche. Spazio anche per un vino a prezzi pazzi: il blend di Trebbiano e Trebbiano di Spagna di Vittorio Graziano (Castelvetro di Modena): 13 euro per un’esperienza sensoriale giocata sul filo sottile dell’equilibrio tra le note macerative e quelle fruttate mature.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
inaugurazione Viticoltori Friulani La Delizia Zoppola Friuli vino 1
Viticoltori Friulani La Delizia, la più grande cantina del Friuli Venezia Giulia, raddoppia nell’anno del suo 85° anniversario dalla fondazione. Ieri, 19 agosto, l’apertura della nuova area produttiva di Orcenico Inferiore di Zoppola. La struttura, unita alla sede storica di Casarsa della Delizia, che rimarrà pienamente operativa, ha portato alla nascita del più grande polo per la vinificazione e spumantizzazione dell’intero Friuli Venezia Giulia. Che diventa così uno dei maggiori d’Italia. “La logica con cui si è sviluppato questo nuovo sito – ha spiegato il presidente Flavio Bellomo, di fronte a un nutrito pubblico, tra cui quasi tutti i 450 soci della cantina – è stata quella di affrontare nell’immediato le esigenze produttive e logistiche conseguenti a questi anni di crescita, ma è una logica legata anche ad una visione a medio e lungo termine, cercando di predisporre il tutto per uno sviluppo razionale e organico che può avvenire nei prossimi anni. Questo nuovo stabilimento – ha proseguito Bellomo – deve essere un punto di partenza per costruire il nostro futuro, fedeli alle radici del nostro passato che ha come punti di forza la produzione di vino di qualità che racconta il territorio friulano in cui nasce e la presenza nei mercati esteri”.
L’ESPANSIONE Dai pionieri di 85 anni fa (era il 7 maggio 1981 quando settanta viticoltori decisero di unire le forze in una cooperativa che gli permettesse di dare un futuro stabile alle proprie famiglie) si giunge ai 450 soci attuali, le cui vigne coprono un territorio che va da Pordenone fino a Cervignano del Friuli. L’allora Cantina Sociale Cooperativa Destra Tagliamento – questo il nome assunto agli esordi – è stata capace di superare la Seconda guerra mondiale, nella quale fu bombardata, e il terremoto del 1976, durante il quale subì la rottura dei serbatoi. La cantina continuò a crescere per tutta la seconda metà del Novecento, cambiando nome a partire dagli anni Ottanta in Viticoltori Friulani La Delizia, dopo l’incorporazione di altre cantine. Investimenti continui nella qualità e tecnologia di produzione hanno infine portato La Delizia a essere una realtà capace di commercializzare il proprio vino a livello internazionale. Tutti i soci aderiscono al percorso tecnico-agronomico della cantina, che punta “alla qualità del prodotto e alla gestione rispettosa e mirata dell’ambiente e del territorio”. Al loro fianco i 60 dipendenti della cantina, che effettuano a 360 gradi le operazioni necessarie alla trasformazione dell’uva in vino: dai controlli in vigna alla vinificazione, dalla spumantizzazione all’imbottigliamento fino alla commercializzazione del prodotto. Al direttore de La Deliza, Pietro Biscontin, il compito di illustrare il progetto dello stabilimento di Zoppola. “Con un investimento di 12,5 milioni di euro – ha spiegato – La Delizia ha avviato la nascita di questa nuova area produttiva in posizione strategica sulla strada statale Pontebbana. Un progetto che rappresenta un volano per l’economia locale (nel cantiere hanno operato in questa prima fase 12 aziende, ndr) nonché la riqualificazione di un’area industriale dismessa per diversi anni, quella dell’ex cantina Friulvini”. Su un’area di 80 mila metri quadri totali, attualmente sono 11 mila i metri quadri coperti. Un’ampiezza di quasi due campi da calcio, nei quali trova spazio un impianto di vinificazione e stoccaggio da 90 mila ettolitri di Pinot Grigio e Prosecco, i vini più richiesti del momento. Cuore dell’impianto i 50 “giganti”: serbatoi dalla capacità di 1.900, 1.600 e 900 ettolitri e alti 12 metri, realizzati in acciaio inossidabile austenitico e dotati di un moderno sistema di controllo della temperatura, gestibile anche in remoto dalla sede di Casarsa. “Lo sviluppo della sede di Zoppola – ha annunciato Biscontin – che sarà utilizzata già dalla vendemmia 2016, proseguirà nei prossimi anni. Prevedendo, tra i futuri step, anche la gestione logistica dei vini imbottigliati a inizio 2017”.
GLI INTERVENTI
“Un esempio di qualità e coraggio imprenditoriale”: così la presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha definito durante la cerimonia di inaugurazione la cantina La Delizia di Casarsa, aggiungendo che “questa è la più grande cantina del Friuli Venezia Giulia che oggi aumenta notevolmente la propria produzione grazie alla sua espansione avvenuta con il recupero di un vecchio stabilimento. Un’azienda sana, con un fatturato assolutamente positivo e un export estremamente interessante, esempio di qualità sia per i mercati in cui opera sia per la capacità di compiere nuovi investimenti, grazie ai 12,5 milioni di euro utilizzati che inevitabilmente si ripercuotono positivamente tanto nel territorio quanto nei soci”. Secondo il vicepresidente regionale e assessore alle Attività produttive Sergio Bolzonello questa realtà rappresenta un’eccellenza perché “è capace di comprendere che la forte dinamicità dei mercati si può affrontare solo attraverso importanti investimenti. E quello compiuto a Orcenico – ha aggiunto Bolzonello – è straordinario non solo per il valore economico ma anche per la qualità di ciò che viene messo a disposizione di un sistema vitivinicolo regionale che qui ora ha a disposizione la più grande realtà nel campo della vinificazione”.
Parole di elogio sono giunte anche da Carlo Dalmonte, presidente di Caviro (la più grande cantina cooperativa italiana) che ha rilanciato sulle sinergie già in essere tra le due realtà vitivinicole intervenendo all’interno della tavola rotonda sulla cooperazione agricola condotta dal direttore del Messaggero Veneto Omar Monestier. Le comunità di appartenenza della Cantina, Casarsa e Zoppola, sono state rappresentate nel loro saluto rispettivamente dalla sindaca Lavinia Clarotto e dalla sindaca Francesca Papais. Presente anche il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Franco Iacop, numerosi consiglieri regionali, sindaci e amministratori del territorio nonché i rappresentanti delle categorie economiche. Non sono mancati i numeri. Il 55% della produzione de La Delizia è richiesto all’estero, più esattamente in 30 Paesi. Oltre ai canali distributivi consolidati in Usa, Canada, Germania e Regno Unito (dove recenti statistiche di mercato indicano come il Prosecco sia richiesto tanto quanto lo champagne francese), altre aree del mondo stanno iniziando a premiare la cantina friulana come l’Europa dell’Est (con la Russia in primis) e la Cina, alle quali si aggiungono mercati vinicoli emergenti dal Messico al Sudest asiatico. Il 45% della produzione destinata al mercato nazionale è richiesta principalmente dal canale Horeca (Hotellerie-Restaurant-Café) e dalla grande distribuzione.
I PREMI Nell’occasione sono stati consegnati dei riconoscimenti ad alcune persone che rappresentano la storia di questa realtà divenuta, grazie all’impegno loro come di tutti gli altri soci, amministratori e dipendenti, tra le più importanti dell’intero Friuli Venezia Giulia, sia dal punto di vista economico che sociale: a Mara Nacci per i suoi 36 anni di lavoro nella Cantina, dipendente donna da più tempo all’interno de La Delizia; a Paolo Bertolin per i suoi 38 anni di lavoro nella Cantina, dipendente uomo da più tempo all’interno de La Delizia; a Giocondo Bozzetto nato come i Vini La Delizia nel 1931 e socio conferitore della Cantina da più tempo (66 anni ininterrotti); e infine al cavaliere Noè Bertolin per i suoi 29 anni da presidente dei Vini La Delizia, fondamentali per la crescita internazionale e la modernizzazione della Cantina. Don Ugo Gaspardo parroco di Orcenico Inferiore e don Roberto Stefanon (già cantiniere della stessa La Delizia) hanno impartito la benedizione al nuovo stabilimento prima del taglio del nastro (presente durante la cerimonia pure don Lorenzo Camporese parroco di Casarsa). Il direttore de La Delizia Pietro Biscontin ha inoltre presentato i positivi dati della cantina. Nella vendemmia 2015 sono stati lavorati 2 mila ettari di vigneti (compresi quelli dell’Azienda speciale regionale di Pantianicco gestita dalla cantina) nelle zone Doc Friuli Grave e Prosecco (per quest’ultima gli ettari lavorati sono 500), per una produzione di 300 mila quintali di uve. Da esse sono stati prodotti 22 milioni di litri di vino, di cui 8 milioni di Prosecco Doc e altri spumanti, sempre più richiesti dal mercato. L’ultimo bilancio è stato chiuso con un fatturato di 45,5 milioni di euro, +20% rispetto all’anno precedente. Numeri che, per la vendemmia 2016 pronta a partire a fine agosto, sono previsti in crescita visto anche l’avvio della nuova Doc Friuli. Attualmente La Delizia propone 6 linee di vino (Naonis, Naonis Collection, Sass Ter, La Delizia, La Delizia Aquila, Vigneti) con 42 etichette. Inoltre è stata lanciata un’anticipazione sul ritorno nel mercato del marchio Friulvini.
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