Il piatto che vi racconto oggi arriva dall’Irpinia e combina insieme il vino cotto e dei particolari peperoni detti “papaccelle”. Cosa sono le papaccelle?
Sono dei tipici peperoni campani, costoluti, dalle dimensioni ridotte e dalla forma schiacciata. Sono carnosi e dolci e sotto aceto si conservano benissimo.
L’altro ingrediente importantissimo è il vino cotto, una riduzione che si ottiene cuocendo a fuoco lento e per tante ore il mosto. Eccovi quindi la ricetta.
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
5 papaccelle sotto aceto; 30 ml circa di vino cotto; 3 acciughe sotto sale; una manciata di pinoli e uvetta; un ciuffetto di prezzemolo; mezzo spicchio di aglio; 300 gr di mollica di pane raffermo; 30 gr circa di olio extravergine di oliva; una patata; un pizzico di sale; olio di arachidi.
LA PREPARAZIONE
Prima di tutto, ripuliamo le acciughe dal sale e riduciamoli a pezzetti. Poi priviamo le papaccelle dei semi e passiamole sotto acqua corrente fredda per qualche minuto.
A questo punto prepariamo il ripieno con la mollica, le acciughe , i pinoli, l’uvetta, il prezzemolo tritato, la puntina d’aglio e l’olio extravergine.
Farcite le papaccelle, ricopriamole con una fetta sottile di patata e poi adagiamole in padella antiaderente con già l’olio di arachidi caldo. A questo punto dobbiamo farle friggere, ma rigirandole spesso.
Quando la fetta di patata risulterà morbida, versiamo sulle papaccelle il vino cotto e lasciamo insaporire per qualche minuto. Se necessario, aggiungiamo del sale.
Vi consiglio di gustare questi particolari peperoni, il giorno seguente la preparazione. Vedrete che saranno ancora più buoni. Non mi resta che augurarvi buon appetito!
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(4,5 / 5) Il Vermentino di Gallura è un vino bianco a Denominazione di Origine Controllata e Garantita la cui produzione è consentita nella provincia di Sassari da uve Vermentino per almeno il 95%, con facoltà di aggiungere un 5% da uve bianche non aromatiche tradizionalmente coltivate in Sardegna.
In vendita nei supermercati del circuito Pam, il Vermentino di Gallura Docg Campos Valzos si rivela un bianco leggero e pregevole per la spiccata vena sapida e marina, il sorso asciutto e caratteristico del varietale, e l’ottima beva.
LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Vermentino di Gallura 2016 Docg Campos Valzos evidenzia un paglierino tenue e delicato, cristallino. Al naso affiorano note di pesca bianca e mela, fiori d’arancio e mandarini, erbe aromatiche e pietra bagnata.
Esuberanza giovanile. In bocca è secco, asciutto, di medio corpo, spiccatamente sapido con un finale intessuto di suggestioni minerali e iodate che si mescolano a sbuffi agrumati. Vino di buona qualità e franchezza.
All’assaggio si ha la sensazione netta che sia il vino stesso a chiedere un abbinamento marinaro. Vino da pesce, pesce di mare, per esaltare la marcata salinità che costituisce il tratto emblematico di questo Vermentino.
LA VINIFICAZIONE Il Vermentino di Gallura Campos Valzos nasce su terreni granitici fra i 300 e i 450 m d’altitudine. Fermenta a temperatura controllata in vasche di acciaio, quindi si stabilizza brevemente prima dell’imbottigliamento in recipienti inerti al fine di preservare tutta la freschezza e la fragranza delle note aromatiche primarie.
Campos Valzos è una linea della Cottini Vini Spa, azienda veneta con base a San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Un investimento a Santa Teresa Gallura, nell’estremo nord della Sardegna: da decenni la “seconda casa” dei Cottini.
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Oggi vi racconto un piatto dal gusto molto rustico e, ovviamente, semplice da preparare. Vi descriverò come preparo le casarecce con crema di porri, salsiccia e taleggio.
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
350 gr di pasta tipo casarecce; 40 gr di taleggio; formaggio grana grattugiato; 2 porri; un bicchiere di brodo vegetale; 2 salsicce a punta di coltello; 2 cucchiai di panna fresca; sale e pepe quanto basta; 40 gr di olio extravergine di oliva.
LA PREPARAZIONE
Iniziamo col pulire i porri, privandoli della parte esterna. Riduciamoli poi in pezzi piccoli e facciamoli appassire in padella, a fuoco moderato e mescolando di tanto in tanto. Io ho aggiunto un mezzo bicchiere di brodo vegetale, per non far asciugare troppo la preparazione.
Quando i porri saranno ben cotti li triteremo per ottenerne una purea. Adesso dedichiamoci alle salsicce. Priviamole del budello, sminuzziamole e facciamole rosolare nella padella, dove prima abbiamo preparato i porri. Intanto avremo già calato le caserecce in acqua bollente e salata.
Dopo circa 10 minuti , uniamo la purea di porri alle salsicce e, quando la pasta sarà a mezza cottura, scoliamola e continuiamo a farla cuocere in padella, unendo al condimento il taleggio tagliato a pezzetti e la panna fresca. A questo punto, non ci resta altro che impiattare , spolverare con il grana e il pepe e gustare. E buon appetito!
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(4 / 5) Originario della sud ovest della Francia, il Merlot è un vitigno “internazionale”. E’ in Friuli che ha debuttato intorno al 1800 per poi diffondersi soprattutto nel Nord Est.
E dalla Doc Colli Orientali del Friuli arriva il Merlot sotto la nostra lente di ingrandimento, prodotto della linea classica distribuito in Panorama, Carrefour e altre catene minori del nord Italia.
LA DEGUSTAZIONE Tipicamente rosso rubino intenso con riflessi violacei il Colli Orientali del Friuli Doc Merlot Conte d’Attimis Maniago profuma di mora e piccoli frutti rossi ai quali si aggiungono suadenti note di liquirizia e vaniglia non eccessiva: una buona integrazione del passaggio in legno. Ma non mancano anche note vegetali varietali.
Caldo al palato, con un tannino pulito è un assaggio che resta in memoria per il suo equilibrio tra freschezza e morbidezza e per il suo gusto “succosamente” fruttato e vellutato di buona persistenza. Un sorso appagante. In tavola trova il suo abbinamento con carni bollite o in umido, ma si fa apprezzare anche con arrosti, carni grigliate e formaggi a pasta dura.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con uve Merlot in purezza unicamente di produzione aziendale raccolte nella seconda quindicina di Settembre. La vendemmia avviene manualmente nei vigneti di collina, e con l’ausilio di una vendemmiatrice negli appezzamenti di pedecollina e nei vigneti che consentono un’adeguata accessibilità al macchinario.
Le uve, rapidamente portate in cantina passano dalla diraspapigiatrice che, nel caso di uva raccolta manualmente provvede ad allontanare il raspo mentre nel caso di uva raccolta meccanicamente è utile ad allontanare porzioni di raspo, parti di lembo fogliare ed altri possibili elementi vegetali indesiderati.
L’uva pigiata viene vinificata in acciaio e sottoposta a delicate movimentazioni giornaliere (rimontaggi, follature) per favorire l’estrazione nel mosto delle preziose componenti di buccia (antociani, tannini ed aromi). Per l’annata 2015 il periodo di macerazione del Merlot è durato undici giorni passati i quali si è operata la svinatura e la pressatura.
Successivamente il vino viene lasciato riposare e decantare per circa due mesi in vasche di cemento e quindi inviato a contenitori in legno di rovere di circa 50 ettolitri dove affina per circa 12-14 mesi svolgendo spontaneamente la fermentazione malolattica. Segue l’unica filtrazione prima di essere posto in bottiglie che riposano ancora sei mesi prima della commercializzazione.
LA CANTINA Conte d’Attimis Maniago si trova a Buttrio in provincia di Udine, nel comprensorio della Doc Friuli Colli Orientali. La proprietà si estende su 110 ettari quasi interamente a vigneto in un unico corpo aziendale.
Le origini della tenuta risalgono al febbraio del 1585 quando, a seguito di un matrimonio, l’azienda giunse in dote alla famiglia dei conti d’Attimis-Maniago. “Antesignana” dell’imbottigliamento in Friuli (correva il 1930) coltiva da sempre i vitigni della tradizione locale.
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(3,5 / 5) Müller Thurgau è un vitigno a bacca bianca nato in Germania alla fine del XIX da un incrocio fra Riesling renano e Madeleine Royale, oggi diffuso prevalentemente nell’area mitteleuropea dove dona un classico vino da aperitivo, apprezzato per la freschezza e le delicate note aromatiche.
In vendita nei supermercati del circuito Pam, il Müller Thurgau Mezzacorona rientra nei canoni del disciplinare Trentino Doc. Un bianco agile e lieve, piuttosto sapido e minerale, da bere giovane per apprezzarne a pieno le caratteristiche di freschezza e l’innata fragranza.
LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Müller Thurgau 2016 Mezzacorona esibisce un cromatismo paglierino pallido e cristallino di poca consistenza.
Il naso è pulito, fresco, di media intensità, declinato su un registro di fiori e frutta bianca in cui affiorano la mela granny, la pera, i fiori di camomilla e di acacia, e note agrumate che ricordano il pompelmo.
Secco, vibrante di acidità, leggero e snello, con un finale armonico che richiama il naso e si arricchisce di note saline e di pietra bagnata. Discreta persistenza. Un vino semplice, franco, pregevole.
Ottimo in abbinamento con preparazioni veggie e con il pesce azzurro. Grazie alla spiccata acidità e alla leggerezza si conferma perfetto come vino da aperitivo.
LA VINIFICAZIONE
Il Müller Thurgau Mezzacorona nasce sulle terrazze delle colline di Faedo e della Valle di Cembra in Trentino. Le uve vendemmiate ad agosto donano un mosto che fermenta a temperatura controllata in vasche di acciaio. In seguito il vino si stabilizza prima dell’imbottigliamento in recipienti inerti, al fine di preservare intatte le note aromatiche primarie.
Il colosso vinicolo Mezzacorona opera dal 1904 vinificando uve di conferitori da diverse valli all’interno della denominazione Trentino Doc, grazie a un team specializzato di agronomi ed enologi che lavorano in sinergia all’interno di una mission che persegue un modello di produzione integrata e sostenibile.
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Il nome Piemonte deriva dal latino Pedemontium, cioè la regione situata “ai piedi dei monti”. In origine tale nome era limitato a un territorio molto più ristretto dell’attuale, compreso tra il corso superiore del Po e il Sangone.
In seguito si estese sempre più, seguendo le fortune dei Savoia, fino a comprendere il Canavese, il Monferrato, le Langhe, le valli alpine, il Vercellese e il Novarese.
Proprio le Langhe e il suo vitigno principe, il Nebbiolo, sono l’oggetto del nostro wine tour. L’etimo del nome “Langa”, che in piemontese indica proprio la collina, è incerto. L’ipotesi più accreditata è quella di “lanka” con il significato di “conca, avvallamento”.
Le Langhe sono una regione del Piemonte situata a cavallo delle provincie di Cuneo e di Asti, confinante con altre regioni storiche del Piemonte, quali il Monferrato ed il Roero ed è costituita da un esteso sistema collinare delimitato dai fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno.
IL NEBBIOLO
L’origine del nome, un tempo scritto “Nebiolo”, pare derivare dal latino “nebia”, probabilmente dovuto al fatto che il periodo di raccolta è quello in cui le prime nebbie iniziano a salire dal fiume Tanaro verso la sommità delle colline.
Un’alternativa a tale ipotesi è collegata alla pruina biancastra che ricopre gli acini: la “pruina”, una cera secreta che produce un rivestimento biancastro sugli acini, concentrando sulla loro superficie i lieviti.
Il termine Nebbiolo apparve per la prima volta nelle Langhe il primo dicembre 1431, ed era riferito ad una varietà di vitis vinifera che qui aveva trovato il suo habitat naturale, e dai cui grappoli si otteneva un vino già allora lodato ed apprezzato.
In tutto il territorio delle Langhe il Nebbiolo viene considerato il re dei vitigni: ad esso vengono riservati i terreni migliori, vale a dire i versanti collinari esposti a mezzogiorno, con altitudine compresa tra i 200 e i 400 m slm.
Si tratta di una varietà molto vigorosa che richiede potatura lunga con 10-12 gemme, il cui bisogno di spazi si accentua grazie alla sterilità delle prime 2-3 gemme, che impediscono un infittimento d’impianto sul singolo filare; a tale scopo è possibile ridurre la distanza tra i filari.
Le Langhe si sono formate durante il Miocene (da 15 a 7 milioni di anni fa), per sedimentazioni successive di rocce prevalentemente terrigene (conglomerati, arenarie, argille).
I terreni delle zone del Barolo e del Barbaresco, formatisi in età Elveziana (era geologica che va da 15,97 a 13,82 milioni di anni fa, e Tortoniana, che va tra 7, 24 e 11,60 milioni di anni fa) sono composti da marne argillo- calcaree sedimentarie intervallati da strati di sabbia più o meno compatta e da arenarie di colore grigio- bruno.
BAROLO E BARBARESCO I terreni delle zone del Barolo e del Barbaresco si sono venuti a formare in Età Elveziana e Tortoniana e sono prevalentemente composti da marne argillo- calcaree sedimentarie, intercalate in strati di marne più o meno importanti di colore grigio- azzurro (dette Marne di Sant’Agata) e da strati di sabbia o arenarie di colore grigio- bruno e giallastro ( le così dette Arenarie di Diano).
Le Marne di Sant’ Agata che troviamo nei comuni di La Morra e Barolo danno origine a vini eleganti, profumati dalla maturazione un po’ più veloce, mentre le Arenarie di Diano (presenti nelle zone di Castiglione Falletto e in parte in quelle di Monforte) danno origine a vini più alcolici, più robusti e più longevi. Nella zona del Barbaresco predominano le Marne di Sant’Agata di origine tortoniana.
Nell’ambito di una zona completamente caratterizzata dal clima continentale temperato, i dati termici dimostrano che il comprensorio del Barbaresco gode di temperature lievemente superiori, rispetto ai comuni di Barolo con conseguente anticipazione della maturazione delle uve e della vendemmia di circa una settimana.
Nelle Langhe il mese più piovoso è maggio che registra precipitazioni medie vicine ai 100 millimetri, seguito da aprile (circa 80) e settembre (vicino ai 70). È evidente che l’influenza della pioggia può essere notevole sia in fase di fioritura (dove è in grado di determinare riduzioni produttive anche consistenti) sia in fase di raccolta (dove periodi di pioggia prolungata possono comportare problemi di muffe o marciumi).
Più in generale, modificando sensibilmente la qualità del prodotto finale. L’eccesso di pioggia nel periodo pre vendemmiale può, provocare una caduta di acidità non supportata da un incremento di zuccheri. Il Nebbiolo è senza dubbio un vitigno resistente, la zona è caratterizzata da una luminosità decisamente alta, che garantisce l’ottimale svolgimento della fotosintesi clorofilliana.
Altro fenomeno meteorologico di particolare rilievo è costituito dalla grandine, che può avere conseguenze sia sulla quantità dell’uva: in annate particolarmente flagellate si può arrivare a riduzioni complessive del 20-30%, con alcune zone in cui l’uva viene completamente rovinata, come è avvenuto nei raccolti del 1986 e del 1995. Per fortuna, la grandine non si avverte mai in modo generalizzato su tutta la zona, limitandosi a qualche fascia collinare.
GASTRONOMIA NELLE LANGHE: GLI ABBINAMENTI CIBO-VINO “Non di solo pane vive l’uomo”, Matteo 4,4 e Luca 4,4. Ma resistere, in Langa, è quasi impossibile. La cucina piemontese ha sicuramente risentito, nel corso dei secoli della vicinanza di quella francese, ma pur subendone l’influsso, ha conservato una sua inconfondibile fisionomia di schiettezza ed originalità.
Il Piemonte è una regione che offre ai visitatori una vastissima gamma di antipasti caldi e freddi, come i crostini di tartufo d’ Alba, il carpaccio di carne cruda condita con olio extra vergine d’oliva e una spolverata di pepe nero, i salumi crudi e cotti nel cui impasto viene messo spesso del vino nobile maturo come Barolo, Barbaresco, e Barbera d’Alba. Per gli antipasti sarebbe opportuno stappare un buon Barbera.
Tra i primi piatti, i più importanti e ricercati sono gli agnolotti del plin, nome che deriva dal gesto fatto per chiudere la pasta, ripiena in più versioni con carne magra, arrosto o al tartufo.
Da non dimenticare i tajarin al tartufo, pasta fatta in casa con 30 tuorli d’ uovo per chilo di farina, tagliata molto fine, condita con abbondante burro, parmigiano reggiano e sottili scaglie di tartufo. Da abbinare un Barbaresco.
Passando alle pietanze più ricercate dagli amanti della buona cucina, ricordiamo il brasato al Barolo, manzo marinato e stufato lentamente nel vino omonimo da abbinarsi con lo stesso Barolo con cui si è marinata la carne.
GAJA: LA STORIA La famiglia Gaja si stabilì in Piemonte a metà del diciassettesimo secolo. Cinque generazioni si sono alternate nella produzione di vino da quando Giovanni Gaja, nel 1859, fondò la cantina a Barbaresco, nelle Langhe.
Il bisnonno di Angelo, Giovanni, titolare di una fiorente attività di trasporti che sa far rendere il duro lavoro suo e dei suoi figli, cinque maschi e due femmine. tanto da lasciare in eredità una cascina ad ognuno di loro. Tre dei suoi figli la dilapideranno al gioco.
Fu nonna Tildin, vedova dal 1944, a reggere le redini della cantina che allora vendeva vino soltanto a privati. Privati illustri, come i Somaini di Milano, gli Zegna, i Nasi: famiglie con lo chef in cucina e la cantina colma di grandi vini francesi, che ordinavano le damigiane di Barbaresco per il consumo “da pasto”.
Il vino si vendeva, dunque, con cadenze tranquille, senza affanni: poteva restare anche dieci anni in vasca, in attesa che arrivassero i compratori. Già da allora, per volere di nonna Tildin si seguiva una politica di rigore di produzione, votata all’alta qualità.
Quando Angelo Gaja entra in azienda, nel 1961, trova una situazione economica invidiabile, un nome già famoso in Italia, oltre a 33 ettari di splendide vigne nell’areale di Barbaresco. Quando nel 1965-66 sente l’esigenza di entrare nella grande ristorazione, ha già a disposizione un’eccellente gamma di vini.
Poi nascono i cru: il primo, Sorì San Lorenzo, è del 1967. Nel 1970 entra in azienda l’enotecnico Rivella; nasce nello stesso anno Sorì Tildin, seguito nel 1978 da Costa Russi. Nel territorio delle Langhe vi sono terreni ed esposizioni dalla vocazione straordinaria, non soltanto atti a produrre grandi vini, da varietà autoctone, ma anche in grado di esprimere vini di qualità superiore anche da varietà non tradizionali, quali: Chardonnay e Sauvignon blanc.
LA DEGUSTAZIONE 1) BARBARESCO 2011 DOCG Uve: Nebbiolo 100% Titolo alc. Vol. 14,5%. Barrique e botte grande. Prezzo: 135 euro
Nel calice si presenta di colore rosso rubino, i suoi profumi sono di note scure, eleganti e profondi. Si percepiscono nettamente sentori di humus, funghi, sottobosco, foglie, in successione si presentano note fruttate di giuggiole, e note floreali di violetta oltre ad una leggera volatile.
Alla gustativa non delude rispecchiando alla perfezione tutto ciò che si è percepito all’olfattiva: il tannino è presente, ma non invadente, la freschezza e l’acidità si sorreggono e spalleggiano formando in degustazione due binari paralleli e ben distinti.
2) SORI’ SAN LORENZO 2011 LANGHE NEBBIOLO DOC Uve: Nebbiolo 95% Barbera 5% Titolo alc. Vol 14,5% Barrique e botte grande. Prezzo: 300 euro Granato non impenetrabile. Forte presenza di note scure di humus foglia di tabacco, legno di cedro; in seconda battuta sentori di erbe aromatiche. Le componenti olfattive sono di notevole spessore ed eleganza.
Anche all’assaggio a farla da padrona sono queste note scure: sapido e piacevolmente tannico, chiude con un finale di bocca pulito.
3) SORI’ SAN LORENZO 2004 LANGHE NEBBIOLO DOC Uve: Nebbiolo 95% Barbera 5% Titolo alc. Vol 14,5% Barrique e botte grande. Prezzo: 220 euro Granato luminoso. Impianto olfattivo molto generoso e complesso con note di arancia rossa, bouquet salino-salmastro con sentori di conchiglia, salamoia. Alla gustativa vi è una buona interazione tra parte acida, sapidità e tannino. La parte acida si percepisce in maniere preponderante sorreggendo l’intero vino.
4) GAYA&REY 1993 MAGNUM Uve: Chardonnay 100% Titolo alc.Vol 13,5% Botte grande.
Colore oro-verde brillante. Naso burroso, fumè, minerale con sentori riconoscibili nella frutta secca, frutta esotica, canna di fucile. Alla gustativa si percepisce una buona tridimensionalità, con freschezza centrale che racchiude una buona morbidezza e sapidità con una nota lunga burrosa in chiusura.
CANTINA CAVALLOTTO, TENUTA VITIVINICOLA BRICCO BOSCHIS La Tenuta Cavallotto si trova alle porte di Castiglione Falletto, nel cuore della zona del Barolo, sul Bricco Boschis, ed occupa una superficie di 23 ettari vitati.
I Cavallotto sono proprietari e produttori da generazioni: Giacomo ed i figli Giuseppe e Marcello acquistano nel 1928 la tenuta Bricco Boschis ed insieme continuarono a lavorare come viticoltori nei vigneti attorno alla cantina.
A quel tempo, gran parte delle uve era venduta alle cantine commerciali e solo una parte di essa vinificata nella proprietà per la vendita in bottiglia e in damigiana.
Nel 1944, Giuseppe e i figli Olivio e Gildo decisero di vinificare interamente le uve prodotte e nel 1948 nacque, ufficialmente, la Cantina Cavallotto con la commercializzazione delle proprie bottiglie etichettate. Ad oggi i figli di Olivio, Laura e i fratelli Giuseppe ed Alfio, entrambi enologi continuano a vinificare esclusivamente le uve prodotte nella tenuta e da loro dipende l’impostazione tecnica dell’azienda e la produzione dei vini.
Il pregio di questi vini deriva da un’interessante combinazione di svariati fenomeni: l’uomo con il suo attaccamento alla terra e a una civiltà contadina che dalla terra ha tratto le sue origini più remote; la lunga esperienza sul vino maturata negli anni; gli sviluppi costanti e la crescita della tecnica enologica e agronomica; e soprattutto, le condizioni pedoclimatiche di cui gode questa zona di Langa.
LA DEGUSTAZIONE 1) BARBERA D’ALBA SUPERIORE 2011 Vigna del Cuculo Uve: Barbera 100% Titolo alc. Vol. 14,5% Maturazioni in botte di Slavonia per 2 anni. Prezzo: 24 euro Rosso granato. Al naso si percepisce nettamente un frutto croccante molto accentuato (ciliegia, fragola, marasca), ma anche sentori di terziarizzazione quali cuoio, pellame, spezie dolci (ginepro). Alla gustativa si percepisce un tannino lieve e vellutato ed una marcata acidità. Un vino di gran classe.
LANGHE NEBBIOLO 2011 Uve: Nebbiolo 100% Titolo alc Vol. 14,5% Botte grande per 18 mesi. Prezzo:17 euro Colore granato. All’olfattiva si percepiscono sentori scuri e che escono con difficoltà dopo una lunga areazione nel bicchiere, di china, spezie, liquirizia, frutti maturi di prugna, ciliegia, pera. Alla gustativa si percepisce un calore leggermente cadente sull’acidità. Sfuma con erbe mediterranee. Lascia in bocca una sensazione alcolica troppo presente.
BAROLO RISERVA VIGNOLO 2008 Uve: Nebbiolo 100% Titolo alc. Vol. 14,5%. Quattro anni in grandi botti di rovere di Slavonia da 50 hl. Prezzo: 75 euro Rosso granato. Bouquet fruttato floreale si percepiscono note delicate e gradevoli di rosa, miele, prugna matura, giuggiole. Al gusto è “monocorde” esclusivamente fruttato con un tannino presente, ma levigato e piacevole. Uno splendido vino, un Barolo di assoluto riferimento.
CONCLUSIONI
Il 22 giugno 2014 durante la trentottesima sessione di comitato Unesco a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse, insieme a Roero e Monferrato nella lista dei beni Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
Svegliandosi a La Morra, spostando le tende oscuranti per far entrare la luce del giorno, ti si palesa davanti uno spettacolo mozzafiato, con vigneti a perdita d’occhio. Ricoperti da una nebbia fitta, ma sottile.ù
A rendere emozionante questa visuale è stata proprio la nebbia. Nebbia che nei giorni successivi riesce a farsi odiare, restandoti incollata addosso. Un po’ come il sole delle Puglie, che ti entra nelle ossa, ma con effetti differenti.
Che il Barolo sia il re dei vini è ormai noto a tutti. Ma quello che non sanno tutti è che anche la cucina langarola non è da meno. E si sposa magnificamente con un qualsiasi vino ottenuto da Nebbiolo. Che sia Barolo, Barbaresco, giovane o invecchiato.
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(4 / 5) Il Pinot Bianco è uno di quei vitigni internazionali che fa discutere gli ampelografi sulla sua origine e che ha trovato dimora in svariati terroir.
Uno di questi luoghi è il Veneto. Assaggiamo oggi il Colli Euganei Pinot Bianco Doc della cantina Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia, annata 2015.
LA DEGUSTAZIONE Colere giallo paglierino con riflessi verdastri, trasparente, scorrevole nel bicchiere. Al naso sembra poco intenso ma è solo timidezza. Dopo un attimo ecco arrivare piacevoli note di fiori bianchi, un leggero sentore erbaceo e note di frutta a polpa chiara.
Frutta molto matura che, via via che il calice si scalda, tende a prendere il sopravvento. In bocca si esalta subito la sapidità di questo Pinot Bianco, seguita dalla fresca acidità che lo rende veramente facile ed agile in bocca. “Beverino”, come si suol dire.
Delicato nel retro olfattivo, dominato dai ritorni floreali già percepiti al naso. Non particolarmente persistente, si sposa bene con preparazioni di pesce o carni bianche delicate.
In definitiva, un vino giustamente collocato in una fascia prezzo medio-alta, per quello che riesce a esprimere nel calice rispetto ad altre referenze prodotte con lo stesso vitigno.
LA VINIFICAZIONE Vinificazioni in bianco, in acciaio, a temperatura controllata per le uve di solo Pinot Bianco coltivate su terreno di medio impasto con esposizione sud nel comprensorio della Doc.
Cantina di lunga tradizione, come testimonia la villa cinquecentesca che sovrasta le vigne a Selvazzano Dentro (PD), Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia vanta tracce storiche fin dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Ma è recentemente che l’azienda si è distinta per i tanti progetti di eco sostenibilità, anche in collaborazione con le scuole delle province di Padova.
Prezzo: 9,50 euro
Acquistato presso: Alìper – Alì Supermercati
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(4 / 5) La denominazione Isonzo del Friuli comprende diverse tipologie di vino bianco, rosso e spumante e, quando seguita dalla specificazione del vitigno, è riservata ai vini ottenuti dalle uve dei vigneti costituiti dai corrispondenti vitigni.
E’ il caso del vino oggi sotto la nostra lente di ingrandimento, Isonzo del Friuli Doc “Pinot Grigio”, annata 2016, prodotto da Angoris, nell’omonima località nei pressi di Cormons, con uve Pinot Grigio al 100%.
Ennesima conferma dell’ottima valenza dei prodotti di questa area, anche al supermercato. Una regione morfologicamente piccola, con una produzione limitata in ettolitri, ma davvero prestigiosa. Un concetto ripetuto, a tratti stressato, ma dovuto.
LA DEGUSTAZIONE Giallo paglierino limpido e lucente, l’Isonzo del Friuli Doc Pinot Grigio di Angoris, offre un naso schietto e tipico, articolato su note fruttate dove la pera è protagonista indiscussa affiancata dalla pesca e dall’albiccocca.
Un “cocktail” fresco, estivo, dove il frutto ritorna al palato una volta deglutito che mostra grande equilibrio e finezza, abbinati ad un’acidità rinfrescante che rende il sorso agile.
In un ideale tema scolastico è un vino che fa della leggerezza e della fragranza l’introduzione e della scorrevolezza della beva lo sviluppo. La sintesi? Un prodotto immediato, di facile lettura, leggero (12,5%) ed invitante. In tavola un lieto compagno, sia come aperitivo, sia come spalla di piatti a base di pesce e di verdure.
LA VINIFICAZIONE Una produzione complessiva di 140 mila bottiglie per questo vino prodotto con uve Pinot Grigio in purezza provenienti da un’area produttiva di venti ettari ad un’altitudine di 47 metri sul livello del mare.
I vigneti, impiantati tra il 1990 e il 2007 sono esposti sia a nord che sud ed allevati a Sylvoz e Guyot su terreni ricchi di ghiaia e ciottoli con argilla di colore rossastro a causa della presenza di ossidi di ferro e alluminio.
La vendemmia viene effettuata i primi giorni di settembre. Dopo una breve macerazione a freddo, la fermentazione del mosto avviene a temperatura controllata. Successivamente il vino viene fatto riposare 5 mesi in contenitori di acciaio inox
Angoris è un’azienda storica del Friuli. La tenuta fu donata nel 1648 , alla fine della guerra dei trent’anni, a Locatello Locatelli, direttamente dall’Imperatore d’Austria Ferdinando III per ringraziarlo dei meriti di battaglia e della fedeltà mostrata. Al timone dell’azienda oggi è Marta Locatelli.
Prezzo: 6,19 euro
Acquistato presso: Pam / Panorama
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(5 / 5) Originario del Rodano settentrionale, dove per tradizione costituiva il partner ideale nell’uvaggio con il Syrah, il Viognier è un vitigno a bacca bianca di spiccate suggestioni aromatiche, odoroso di gelsomini e pesche, che negli ultimi anni si è diffuso anche in Italia con risultati spesso
sorprendenti.
In vendita nei supermercati del circuito Pam, il Viognier Gurgò Cantine Paolini rientra nei canoni del disciplinare DOC Sicilia. Un bianco corposo, equilibrato, intenso, brevemente affinato in legno. Un vino che conquista per l’immediata piacevolezza e l’ottimo rapporto qualità/prezzo.
LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Sicilia Doc Viognier Gurgò 2016 di Cantine Paolini sfoggia un giallo limone di media intensità. Al naso affiorano profumi agrumati, pompelmo e scorza di limone, fiori d’arancio, pesca bianca e banana, cenni di salvia. Poco alla volta compaiono sbuffi di vaniglia e tostatura.
Sorso pieno,sapido, intenso nell’espressione aromatica, sostenuto da un’appagante vena di freschezza. Finale armonico, intessuto di toni speziati e vanigliati. Persistenza sopra la media. Davvero un vino sorprendente!
Si rivela sodale perfetto in abbinamento con piatti fusion e della cucina asiatica, e con preparazioni marinare a base di salmone, sgombro, anguilla e pesce spada. Ottimo con una tagliata di pollo e verdure alla piastra. Da provare assieme a formaggi a pasta morbida.
LA VINIFICAZIONE Il Sicilia Doc Viognier Gurgò di Cantine Paolini nasce da uve vendemmiate a mano nella terza settimana d’agosto. In cantina segue una pressatura soffice ed una lenta fermentazione a 15° che si protrae per circa quattordici giorni a temperatura controllata. Dopo un breve passaggio in botte il vino affina per sei mesi in bottiglia prima di essere immesso alla vendita.
Il vigneto Paolini si stende per tremila ettari nel versante meridionale e orientale dei comuni di Marsala, Trapani, Salemi e Mazara del Vallo. L’azienda nasce nel 1964 a Marsala su un territorio storicamente vocato per la viticoltura e oggi vinifica le uve di oltre mille conferitori. La contrada Gurgò vanta un terreno di matrice carsica che dona al vino una peculiare mineralità.
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La ricetta che vi racconto oggi, mi riporta a quando ero piccola e non aspettavo altro che il Natale per gustare la minestra di cicoria in brodo di pollo (ripieno) fatta dalla mia nonna.
Oggi ve la ripropongo con la faraona. Spero vi possa piacere!
GLI INGREDIENTI
Una faraona media ( circa 1,2 kg) in busto
1 kg di cicoria già pulita e sbollentata
150 gr di pecorino romano
Pepe rosa in grani
Sale quanto basta
Per il ripieno:
Fegatini di pollo ( 150 gr circa)
2 uova
50 gr di grana padano
Pepe nero macinato ( un pizzico)
Prezzemolo tritato
Un pizzico di sale
LA PREPARAZIONE
Innanzitutto puliamo la faraona e sciacquiamola per bene sotto acqua corrente e poi passiamola su una piccola fiamma , per eliminare eventuali residui di piume.
Adesso passiamo al ripieno. Battiamo le uova , unendo poi il formaggio , il sale, il pepe, i fegatini tagliati a pezzetti e il prezzemolo. In una padella leggermente unta e calda caliamo il tutto e cerchiamo di ottenere un rotolo di frittata. Evitiamo che si asciughi troppo!
Imbottiamo con questo ripieno, il busto della faraona e ricuciamo l’apertura con spago da cucina. A questo punto il busto dovrà essere adagiato in una pentola capiente , che poi riempiremo di acqua. Io aggiungo solo sale e dei grani di pepe rosa, ma se volete, potete aggiungere una carota e una costa di sedano. Lasciamo cuocere per due ore circa.
Con il brodo ottenuto, condiremo la cicoria precedentemente sbollentata. Prendiamo una pentola alta e alterniamo strati di cicoria, di pecorino romano e di brodo. Chiudiamo con una ricca spolverata di pecorino e un pizzico di pepe macinato. Lasciamo cuocere a fiamma bassa per una mezz’ora circa e poi possiamo servire.
Dopo la minestra di cicoria possiamo gustare la faraona e il suo ripieno tenuti in caldo e … buon appetito!
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(4 / 5) Da una terra di antichissime tradizioni etrusche e romane nasce il Chianti, per secoli uno dei più famosi vini italiani all’estero, immortalato nel celebre fiasco impagliato divenuto ormai un’icona del bere, da un ventennio nobilitato dalla Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).
In vendita nei supermercati Despar, il Chianti Classico Poggio Rececconi, vendemmia 2014 si rivela un buon prodotto per rapporto qualità/prezzo, consigliato per chi sia alla ricerca di un abbinamento per una cena a base di carne. Un rosso franco, beverino, corposo ma agile, con profumi caratteristici di fiori e frutti di bosco arricchiti da note speziate, ideale come vino da pasteggio.
LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Chianti Classico Docg Poggio Rececconi vira su tonalità rosso rubino di discreta trasparenza. Naso abbastanza intenso in cui prevalgono note fruttate di ciliegia, prugna, more e fiori di viola mammola. Cenni di liquirizia, cuoio e tostatura. Sorso di buon corpo, con un’acidità netta, ma senza spigoli, tannini polverosi e morbidi. Gli aromi di bocca risultano piuttosto diluiti, ma ritornano sensazioni di frutta nera, liquirizia e fondente. Persistenza media, ottima beva.
Ideale compagno della bistecca alla fiorentina, il Chianti Classico si abbina ottimamente ai sughi di pomodoro, al caciucco, alla trippa in umido e ai pici con il ragù di Chianina.
LA VINIFICAZIONE
Il Chianti Classico prevede un uvaggio dominato per almeno l’ 80% da Sangiovese con aggiunta di altri vitigni a bacca nera fino ad un massimo del 20%. Il Poggio Rececconi è un blend di Sangiovese, Cabernet e Colorino. Fermenta a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox, svolge quindi la malolattica e affina per undici mesi in grandi botti di rovere prima dell’imbottigliamento.
Chianti Classico Poggio Rececconi è prodotto da Società Agricola Valiano viticoltore in Castelnuovo Berardenga (SI) e imbottigliato da Tenute Piccini di Castellina in Chianti (SI). Il marchio rientra nell’assortimento di “Cantina Despar” ed è legato in via esclusiva alla grande distribuzione.
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(3,5 / 5)Una piccola premessa che per gli edotti del vino sarà un’ovvietà, ma per i meno avvezzi no.
Il Rosso di Montepulciano Doc, vino oggi sotto la nostra lente di ingrandimento (insieme al “fratello” Nobile di Montepulciano Docg) non ha nulla a che vedere con il Montepulciano d’Abruzzo Doc. “Montepulciano” nel primo caso si riferisce al comune toscano in provincia di Siena e nel secondo caso ad una varietà d’uva (non la medesima utilizzata). Il Rosso di Montepulciano Doc è vinificato principalmente con uve Prugnolo gentile (varietà di Sangiovese). Attenzione dunque a non fare comparazioni sullo scaffale (anche di prezzo) perchè sono vini diversi, regioni diverse, uvaggi diversi, gusti differenti.
Toscano dunque il vino degustato, referenza de i “Calici diVini”, esclusiva linea di etichette vinicole con una qualità garantita al giusto prezzo selezionate dalla catena Panorama che per questa tipologia si è affidata ad una delle aziende più note del senese, le Tenute del Cerro, presente a scaffale anche con un Nobile di Montepulciano Docg.
LA DEGUSTAZIONE
Rosso rubino vivace con sfumature violacee, il Rosso di Montepulciano “Calici delle Mura” all’olfatto è tra il semplice ed il sottile con prevalenza di note vinose e piccoli frutti rossi che si esprimono dopo una adeguata ossigenazione.
In perfetta corrispondenza naso bocca al palato concede un sorso fruttato e asciugante con retrogusto di ciliegie e amarene. Un vino di medio corpo con una vena acida rinfrescante ed un tannino addolcito dal breve passaggio in legno. In sintesi, un calice di immediatezza fruttata per la tavola giornaliera, con un tono in più (dato anche dal titolo alcolometrico).
Si presta a molteplici abbinamenti in cucina: salumi, primi piatti con sughi di carne, carni rosse. Con un piatto di pici al ragù o con una bistecca di chianina la Toscana è servita.
LA VINIFICAZIONE
Il Rosso di Montepulciano Doc “Calici delle Mura” è prodotto prevalentemente con Prugnolo Gentile. Le uve vengono vendemmiate mantenendole separate per tipologia e appezzamento. La fermentazione è con macerazione in serbatoi di acciaio per 8-10 giorni a temperatura controllata di 24/26 gradi con rimontaggi giornalieri. Una volta svinati i vini vengono trasferiti in botti grandi di rovere di Slavonia per un periodo di circa 3 mesi al termine dei quali vengono trasferiti in acciaio dove restano fino all’imbottigliamento.
Tenute del Cerro Spa è un’azienda diversificata del Gruppo Unipol. Conta ad oggi 5 tenute di cui 4 vitivinicole in Toscana e Umbria, con quasi 5000 ettari di terreno di proprietà dei quali circa 300 vitati.
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(2 / 5) Continuiamo i nostri assaggi della linea “Integralmente Prodotto” di Eurospin con il Cerasuolo d’Abruzzo Dop prodotto da Co.ci di Ortona, bottiglia non giudicata durante la nostra degustazione del 5 Novembre per eccessiva presenza di acido acetico.
LA DEGUSTAZIONE
Di un incantevole rosa cerasuolo pastello trova nell’occhio e nel naso la sua massima espressione.
All’olfatto è intenso con richiami predominanti di fragolina selvatica e ciliegia non matura. Scavando oltre il frutto giungono note più dolci e delicate di camomilla, rosa, geranio e un tocco minerale.
Al palato però non conferma le aspettative ed emerge la sua personalità. Leggero in alcolicità con i suoi 12 gradi ha una freschezza e una sapidità molto marcata che rende la beva poco morbida. Un equilibrio appena sufficiente per una persistenza quasi assente, in totale antagonismo alla tipicità del Cerasuolo D’Abruzzo che generalmente regala intensità di aromi anche al retrolfattivo.
In cucina è un vino molto versatile, si abbina a primi piatti semplici, come un classico spaghettino al pomodoro, pasta fagioli, preparazioni a base di pesce e cozze, carni bianche, e pizza margherita.
LA VINIFICAZIONE
Il Cerasuolo d’Abruzzo Dop viene prodotto nelle province di Chieti, Aquila, Teramo e Pescara con uve Montepulciano almeno per 85% e con altri vitigni a bacca rossa non aromatici da soli o congiuntamente coltivati in Abruzzo.
La vinificazione è in bianco con breve macerazione sulle bucce per conferire al vino il caratteristico colore.
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Oggi vi racconto ciò che abbiamo preparato io e mio fratello per la cena della vigilia di Natale.
Lo stesso menù può essere riproposto per la cena dell’ultimo dell’anno. Ecco, quindi, la nostra tavola della vigilia.
ANTIPASTI
Un gustosissimo panettone gastronomico farcito con crema di tonno, crema di prosciutto e rucola e crema al salmone. Poi impepata di cozze e polipo all’insalata (vino in abbinamento: Müller Thurgau Grandi Vigne)
CONTORNO
Insalata di rinforzo e broccoli di Natale conditi con olio e limone
DOLCE
Non potevano mancare gli struffoli e il limoncello
Non vi guiderò in tutte le preparazioni, anche perché molte sono facilissime da eseguire. Ma vi racconterò la storia del primo piatto, eseguito, come vi dicevo, da mio fratello. Vi assicuro che era buonissimo!
RICETTA PACCHERI CON GAMBERI, PEPERONI E VONGOLE Ingredienti per 8 persone: 2 peperoni ( uno giallo e uno rosso) arrostiti e spellati; 80 gr di olive nere di Gaeta denocciolate; 300 gr di gamberi; 1 kg di vongole veraci; 750 gr di paccheri; prezzemolo fresco; 50 gr circa di olio extravergine di oliva; uno spicchio di aglio.
PREPARAZIONE
Le prime due cose che abbiamo preparato sono state peperoni e vongole. Innanzitutto, ho arrostito i peperoni sulla brace e poi li ho tenuti avvolti in carta forno finché non si sono raffreddati. In questo modo è stato più facile spellarli.
Nel frattempo, abbiamo preparato le vongole,sciacquandole ripetutamente in acqua fredda e facendole ricadere su un piatto bianco. In questo modo, si possono scartare quelle che contengono sabbia.
A questo punto le ho adagiate in una pentola alta e, aggiungendo un cucchiaino di olio e coprendole, le abbiamo fatte cuocere a fuoco lento e agitandole di tanto in tanto, per pochi minuti,finché non si sono aperte tutte.
Intanto mio fratello ha preparato i gamberi , pulendoli e privandoli delle teste, pulite anch’esse e usate poi per il soffritto insieme ad olio,aglio e prezzemolo.
Ha poi tolto le teste di gambero e l’aglio e aggiunto i peperoni tagliati a listarelle e le olive denocciolate. Infine sono state aggiunte le vongole e un pizzico di sale grosso.
A quel punto il sugo era pronto. Intanto avevamo già calato i paccheri in acqua bollente e salata, visto che hanno bisogno di circa 15 minuti di cottura. Li abbiamo scolati al dente e fatti saltare in padella con il fondo del sugo, aggiungendo all’occorrenza, acqua di cottura.
Sono stati poi impiattati, aggiungendo i gamberi e le vongole. Spero che questa ricetta di mio fratello vi piaccia, come è piaciuta a noi e vi auguro ovviamente buon appetito, ma soprattutto un sereno anno nuovo.
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(4 / 5) “A fianco all’Italia che tutto il mondo conosce, esiste, quando ci si inoltra nell’estremo meridionale, una seconda Italia, sconosciuta, che non è meno interessante dell’altra, né inferiore per bellezza di paesaggi e grandezza di ricordi storici […]. Parole sulla Basilicata di François Lenormant che così la descrisse dopo il suo viaggio in Italia del 1858.
Descrizione che sembra ancora così attuale: una regione fuori dal tempo, oggi un po’ più conosciuta grazie al cinema o a Matera che sarà capitale europea della cultura nel 2019.
Un territorio aspro, prevalentemente montuoso dove la coltivazione della vite è a dir poco difficoltosa, una delle ragioni per cui conta solo circa 4500 ettari vitati.
Eppure, in questo piccolo areale vinicolo, nel comprensorio del Vulture, antico vulcano spento, ha trovato il suo habitat naturale una perla ben conosciuta agli appassionati di vino, l’Aglianico, vitigno oggi sotto la nostra lente di ingrandimento con un prodotto della Cantina di Venosa: Aglianico del Vulture Dop 2013 Balì.
LA DEGUSTAZIONE Rosso rubino intenso, poco trasparente e denso ha un impatto olfattivo dominato da note fruttate di prugna ed amarena. Seguono note composte di spezie dolci come vaniglia e cannella che non soverchiano assolutamente il frutto. Al palato è un vino dallo stile moderno, molto piacevole e facile da bere.
Il sorso caldo è caldo con una buona componente acida e salina in un contesto tannico ben bilanciato nel quale anche l’alcolicità è perfettamente amalgamata. Come l’Aglianico del Vulture Dop Baliaggio, già degustato nel 2016 si conferma un prodotto ottimo per fascia di prezzo.
In cucina è il classico vino da arrosti, primi piatti saporiti, cacciagione e formaggi a pasta dura. Da servire a 16°- 18° C in calici ampi per gustarlo al meglio.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con uve Aglianico 100% allevate a spalliera con una densità di 3500 piante per ha. I vigneti hanno un età compresa tra i 10 e i 30 anni e si trovano ad una altitudine i 450-500 mt s.l.m nella parte nord orientale della provincia di Potenza delimitata dal disciplinare di produzione che comprende il territorio di 15 Comuni.
La vendemmia viene effettuata tra il 15 ottobre ed il 10 novembre. L’uva raccolta a mano nelle prime ore del mattino, viene trasportata in casse da 12/15 kg in cantina dove viene pigiata e diraspata quindi trasferita in piccoli fermentini e macerazione pellicolare con inoculo di lieviti selezionati a temperatura controllata da 23° a 26° C. per circa 8 giorni.
Il completamento della fermentazione alcolica e malo-lattica dell’Aglianico Balì avviene in serbatoi isotermici inox. Successivamente il vino viene affinato in botti di rovere di slavonia per circa 12 mesi, quindi filtrato ed imbottigliato a freddo.
La Cantina di Venosa si trova nell’omonima città lucana. Costituita nel 1957 oggi vanta una base di 400 soci per 800 ettari vitati ed è il maggior produttore di Aglianico nella zona del Vulture.
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Oggi vi propongo una semplice, ma gustosissima torta salata. Spesso per me diventa la soluzione ideale per stuzzicare con i miei familiari, davanti alla tv. Spero vi piaccia. Questa torta è per circa 6 persone.
GLI INGREDIENTI
Ingredienti per la pasta brisè: 250 gr di farina 00; 125 gr di burro; 80 ml di acqua; 10 gr di sale. Ingredienti per il ripieno: 3 salsicce a punta di coltello; 100 gr di funghi champignon; 200 gr di funghi porcini; 250 ml di panna liquida fresca; 100 gr di grana padano; 3 uova; 1 tuorlo; sale e pepe; olio (a vostra discrezione); aglio.
LA PREPARAZIONE
Per preparare la pasta brise, impastiamo insieme gli ingredienti , aiutandoci con un mixer. Il burro e l’acqua dovranno essere ghiacciati. Di solito raffreddo anche il boccale del mixer. Poi formiamo una palla, non lavorandola troppo per non riscaldare l’impasto, ricopriamola con una pellicola e teniamola in frigo almeno una mezz’ora.
Intanto possiamo pensare al ripieno. Dopo aver pulito e sminuzzato i funghi, versiamoli in una padella già tiepida, saliamoli leggermente e lasciamoli per qualche minuto a fiamma bassa, in modo da far perdere un po’ di acqua in essi contenuti. A questo punto aggiungiamo un giro di olio e uno spicchio di aglio intero, che poi toglieremo.
Lasciamoli andare per 10 minuti e poi spolverizziamoli con un trito di prezzemolo. Pronti i funghi, passiamo alle salsicce. Sbricioliamole e facciamole rosolare per bene in una padella calda. Io non aggiungo né olio né sale. Prepariamo a questo punto un battuto con le tre uova, il formaggio grattugiato e il pepe. Anche qui non aggiungo sale.
A questo punto foderiamo una teglia con la pasta brise che abbiamo preparato. Per mantenere freddo l’impatto durante la stesura, al posto del matterello in legno, uso una bottiglia pulita e lasciata in freezer. Adesso farciamo con i funghi e le salsicce. Sopra verseremo le uova e infine la panna liquida.
Ricopriamo con strisce di brisè e spennelliamo con il tuorlo per far dorare la pasta. Inforniamo a 180 gradi circa per 30 minuti, stando attenti che la torta sia ben cotta sul fondo. Bene! Gustatela tiepida e… Buon appetito!
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(4,5 / 5) C’è uva e uva. E c’è uva di Troia e uva di Troia. Lo sa bene Alberto Longo, che con le sue Cantine di Terravecchia porta sugli scaffali di Penny Market un Rosso Puglia Igp da Uve di Troia dall’invidiabilissimo rapporto qualità prezzo. Senza pari nel calice, in confronto alla concorrenza.
Chiedere per credere al lavandino che si è bevuto, tutto d’un sorso, il Nero di Troia Daunia Igp “Capitolo” della Cantina Sociale di San Severo. Stesso uvaggio, stessa vendemmia (la 2013). Stesso prezzo. Stesso istante di apertura della bottiglia. Battaglia impari.
E non si tratta di tenuta della singola bottiglia. Ma di un preciso discorso di selezione. A partire dal tappo di sughero col quale le due bottiglie sono state tappate. Grossolana la qualità di quello della Cantina Sociale di San Severo.
Lungimirante il cork di Terravecchia, cantina concentrata (evidentemente) più sulle potenzialità d’invecchiamento del vitigno che su un canale distributivo da molti considerato “di serie B”, come la Gdo: dove tutto, o quasi, dev’essere bevuto “entro 6 mesi”. Tutt’altro. Tant’è, alla prova del calice.
LA DEGUSTAZIONE Il Rosso Puglia Igp Uva di Troia 2013 Citerna delle Agricole Alberto Longo – Cantine di Terravecchia si presenta di un rosso rubino intenso con riflessi violacei, poco trasparente. Un colore che evidenzia, sin da subito, la buona tenuta del nettare in bottiglia. Mentre lo si versa, ancor prima di avvicinare il calice al naso, nell’aria si dipana il profumo tipico dell’Uva di Troia.
Quello dei piccoli frutti rossi in tinta balsamica, impreziositi da note vegetali (peperone verde e macchia mediterranea, in particolare rosmarino) e di spezia piccante (pepe nero). Corrispondenti le percezioni in un palato che regala un’acidità piuttosto viva. La beva è fresca e il sorso è invogliato dalla pulizia delle note fruttate, unite a una vena sapida piacevolissima.
Siamo davvero di fronte una vendemmia 2013, da meno di 4 euro? Pare di sì. Tutto bellissimo, ancor più se accompagnato dal piatto adeguato in abbinamento. Il Rosso Puglia Igp Uva di Troia 2013 Citerna delle Agricole Alberto Longo Terravecchia è da provare, per esempio, con una buona pizza salsiccia al finocchietto e gorgonzola.
LA VINIFICAZIONE
L’Uva di Troia che dà vita a questo vino rosso cresce in un vigneto di proprietà delle Cantine di Terravecchia, nei pressi di Lucera. Siamo nel cuore della Daunia, in provincia di Foggia. Le radici delle viti affondano in un terreno mediamente calcareo a tessitura franco-sabbiosa.
L’allevamento è a spalliera (cordone speronato), con densità d’impianto di 5.600 piante per ettaro e una resa per ceppo di 2,5 chilogrammi, corrispondente a circa 130/140 quintali di uva per ettaro.
La vendemmia avviene a piena maturazione, nella seconda decade di ottobre, mediante selezione e raccolta meccanica. La fermentazione alcolica avviene in vasi vinari di acciaio inox a temperatura controllata, favorendo il prolungato contatto delle bucce con il mosto.
La fermentazione malolattica si svolge nel mese di novembre, subito dopo la fermentazione alcolica. L’affinamento del vino avviene dapprima in vasi vinari di acciaio inox, poi per almeno tre mesi in vasche di cemento ed in seguito in bottiglia per un periodo minimo di tre mesi.
Alberto Longo ha scelto di recuperare, nella sua Lucera, un’azienda agricola dell’Ottocento come sede della propria attività collaterale a quella professionale vera e propria. Un casale ristrutturato “con l’obiettivo di produrre vini di qualità e offrire un’accoglienza qualificata e professionale”. Una mission che trova nell’Horeca terreno fertile, senza tuttavia disdegnare la tanto bistrattata Gdo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Il Trentino Doc Marzemino Storie di Vite prodotto da La Vis è l’ennesima conferma di come le cooperative del Trentino siano in grado di garantire sempre un ottimo livello di qualità e prezzo al supermercato (e non solo) e di come si possa bere bene, spendendo il giusto.
Sotto la nostra lente di ingrandimento il rosso simbolo di Isera, in Vallagarina, vendemmia 2015. Una zona in cui, grazie alla presenza di rocce basaltiche nel sottosuolo raggiunge punte di vera eccellenza. “Eccellenza” decantata anche nell’opera “Don Giovanni” di Mozart che gli ha conferito l’appellativo di “vino di sinfonia”.
LA DEGUSTAZIONE Il Trentino Doc Marzemino di La Vis fa parte della linea “Storie di Vite”, già recensita con il Nosiola. Di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei ha un bouquet semplice e fruttato nel quale si distinguono un profumo intenso di ciliegia, mirtilli e fragoline di bosco, su un delicato sottofondo di violetta. Approfondendo l’analisi, tra i frutti e i fiori giunge anche una leggera nota pepata (pepe bianco).
Molto fruttato anche al palato, ha un sapore acidulo al limite del vivace. Il sorso lascia la bocca pulita, fresca ed asciutta. Sufficientemente equilibrato per questo leggero sbilanciamento sulla freschezza è comunque un prodotto di ottima bevibilità.
Il Trentino Doc Marzemino Storie di Vite in cucina si abbina a secondi di carne come manzo o maiale arrosto, pollo allo spiedo e con formaggi stagionati. Con la polenta di mais o con il baccalà è il classico abbinamento regionale.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con uve Marzemino in purezza provenienti da vigneti siti tra i comuni di Isera e Rovereto esposti a sud-est, sud-ovest ad un’altezza di circa 200-250 mt s.l.m. La forma di allevamento adottata è quella del guyot e della pergola semplice trentina con una densità di impianto di 5000 ceppi/ha. La vendemmia è effettuata manualmente nella prima decade di ottobre.
Segue fermentazione a temperatura controllata in serbatoi d’acciaio inox, fermentazione malolattica in serbatoi di cemento armato vetrificato, affinamento sulle lisi per 5/6 mesi circa in parte in serbatoi di cemento armato vetrificato e in parte in barrique di secondo passaggio prima dell’imbottigliamento.
La cantina La Vis è stata fondata e nel 1948 e si trova nell’omonimo borgo, nel cuore delle Colline Avisiane. Oggi riunisce 800 soci impegnati a lavorare oltre 800 ettari dislocati dalle colline di Lavis, Sorni e Meano, ai caratteristici terrazzamenti della Valle di Cembra per arrivare sino ad Isera in Vallagarina e ad alcuni appezzamenti in territorio altoatesino.
La scelta dei vitigni e degli appezzamenti in cui coltivarli è il risultato del “progetto zonazione” avviato a metà degli anni ottanta che costituisce il caposaldo della qualità dei vini La Vis. Questo progetto zonazione chiamato il “il vitigno giusto al posto giusto” ha reso possibile individuare il vitigno più adatto per ogni terreno, attraverso lo studio approfondito delle caratteristiche e della morfologia del suolo.
Prezzo: 5,85 euro
Acquistato presso : A&O / Despar / Eurospar / Il Gigante
Winemag.it, giornale italiano di vino e gastronomia, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online, sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze dell’enogastronomia italiana e internazionale. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, vincitore di un premio giornalistico nazionale nel 2024. Editiamo con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Apprezzi il nostro lavoro? Abbonati a Winemag.it, con almeno un euro al mese: potrai così sostenere il nostro progetto editoriale indipendente, unico in Italia.
Questa torta la prepara spesso mia nonna e io vorrei condividerla con voi. Proprio come lei, ho usato le fragranti e croccanti mele annurche, le mele della mia terra.
GLI INGREDIENTI Per la pasta frolla: 250 gr di farina; 100 gr di zucchero; 150 gr di burro; un tuorlo e un uovo intero. Per il ripieno:
500 gr di mele annurche; una tazzina da caffè di Rum; un limone; 50 gr di zucchero di canna.
LA PREPARAZIONE Prepariamo la pasta frolla lavorando la farina e il burro e poi uniamo lo zucchero e le uova. Impastiamo in fretta e, quando avremo ottenuto un impasto liscio e omogeneo, ricopriamolo con una pellicola e facciamolo riposare in frigo per mezzora almeno.
Nell’ attesa ci dedicheremo alle mele. Quindi, dopo averle pulite e sbucciate, tagliamole a fettine. Fatto questo, sistemiamole in una terrina e ricopriamole con lo zucchero di canna e il succo del limone. Ovviamente, adorando il rum, non potevo non aggiungerlo!
A questo punto prendiamo la pasta frolla, dividiamola in due e stendiamola con un matterello. Per facilitare questo passaggio, stendiamo direttamente su un foglio di carta forno. In questo modo sarà più facile adagiare la sfoglia nella teglia.
Non ci resta che adagiare le mele (ho aggiunto dei kumquat sminuzzati per dare un tocco di profumo in più), ricoprire con l’altra sfoglia e richiudere i contorni aiutandoci con una forchetta. Inforniamo a 180 gradi e per 30 minuti circa. Vi assicuro che è piaciuta molto. Spero piaccia anche a voi. Buon appetito!
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(3,5 / 5) E’ l’ultima Doc di Emilia Romagna (ultima solo in ordine alfabetico) a finire oggi nel calice di viniasuper. Si tratta dell’entry level di gamma della Fattoria Zerbina di Faenza nel Ravennate Acquistato con un taglio prezzo di circa il 25% (a soli euro 4,90), ma che regge egregiamente il suo prezzo pieno medio al super, estremamente competitivo rispetto a quello di noti e-tailers.
LA DEGUSTAZIONE
Il Romagna Sangiovese Superiore Doc Ceregio della Fattoria Zerbina marca il calice di rosso rubino intenso che non fa passare la luce. Il naso è intenso, con punte vinose non fastidiose, note di prugna e ciliegia oltre ad una puntina pizzicante pepata.
Al palato entra teso e asciutto, mostrando un certo carattere “rustico” nella sua rotondità. Rustico, ma non grezzo, semplice e tradizionale, ma non “dozzinale”. Un vino immediato e piacevole con una bella vena acida ed una tannicità dalla tessitura fine. Il Romagna Sangiovese Superiore Doc Ceregio della Fattoria Zerbina fa della semplicità il suo punto di forza. E così, di bicchiere in bicchiere riscalda l’anima e accompagna allegramente un pasto a base di carne, anche alla griglia, delle paste ripiene o dei formaggi stagionati. Un vino conviviale, con un’anima soul.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Sangiovese (93%), Merlot (5%) e Ancellotta (2%) allevate nelle vigne di Montignano, Boschetto, Capanno, Malvone, Querce e Anfiteatro. I vigneti sono esposti a sud-est, sud-ovest, ovest e nord-est su suolo franco argilloso, calcareo e sono allevati a cordone speronato e alberello. La fermentazione avviene in acciaio con macerazione di 10 giorni. Successivamente il vino matura per 8 mesi in vasche di acciaio e di cemento e affina per ulteriori 2 mesi in bottiglia. La produzione complessiva si attesta sulle 120.000 bottiglie da 750ml.
Fattoria Zerbina è un riferimento assoluto per l’enologia romagnola. Fondata nel 1966 da Vincenzo Geminani che acquisto l’omonimo podere e piantò i primi vigneti. A partire dal 1987, la nipote Cristina Geminani, decise di dare una svolta qualitativa all’azienda nell’ottica di incrementare il valore di Sangiovese e Albana. Via dunque, per il Sangiovese alla messa a dimora della prima vigna ad alberello ad alta densità d’impianto, via alla sperimentazione delle prime selezioni clonali questo vitigno, taglio finale con introduzione di percentuali variabili di anno in anno di merlot e di syrah e proseguimento della tradizione dell’assemblaggio con ancellotta, vitigno tradizionale e poco considerato delle colline romagnole. Il Sangiovese rappresenta l’80% della loro superficie vitata.
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(4 / 5) Un rosso davvero piacevole e “atipico” figlio del matrimonio tra due vitigni tradizionali siciliani, Nero d’Avola e Frappato, uvaggi di cui è composta anche l’ unica Docg della regione, il Cerasuolo di Vittoria.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper il Terre Siciliane Igt Nero d’Avola e Frappato Irmàna vendemmia 2015 di Corvo, etichetta numericamente importante e ben distribuita in grande distribuzione, da sud (in questo caso) a nord.
LA DEGUSTAZIONE Di colore rosso rubino il Terre Siciliane Igt Irmàna di Corvo è un vino di media densità. Il naso, elegante e fine è impostato principalmente sul frutto con evidenti note di marasca, mora e fragola, delicate note floreali e sbuffi vegetali.
La piacevolezza olfattiva è totalmente confermata al palato. Un ingresso soffice e suadente avvolge la bocca ed è lì che torna e ritorna la marasca. Il sorso è solcato da una scia semi aromatica di maraschino.
Un’esplosione di frutta, che si propaga come il succo di una caramella ripiena una volta masticata. Una buona freschezza stimolante, abbinata ad una gradazione leggera (12,5%) e ad un corpo non “pesante” sono le caratteristiche che fanno del Terre Siciliane Igt Irmàna un buon compagno in tavola.
Una bevuta lieve che con un buon rapporto qualità prezzo allieta la pesantezza (talvolta) della quotidianità. In cucina si può accostare a piatti di pesce saporito, pasta, carni bianche complesse o rosse semplici e formaggi mediamente stagionati.
LA VINIFICAZIONE Il Terre Siciliane Igt Irmàna di Corvo è ottenuto da uve Nero d’Avola provenienti da vigneti siti in Sicilia sud-occidentale e uve Frappato allevate nella provincia di Agrigento su terreni misti tendenti al calcareo con il sistema a contro spalliera.
Le uve, raccolte a mano a perfetta maturazione vengono vinificate tradizionalmente con macerazione sule bucce (tre giorni il Frappato e sei giorni il Nero d’Avola) e con assemblaggio a malolattica effettuata.
Successivamente il vino matura almeno cinque mesi in cemento vetrificato e affina per ulteriori due mesi in bottiglia in cantina alla temperatura di 12°-16°. Corvo è un marchio storico siciliiano facente parte del gruppo Duca di Salaparuta , il primo gruppo vitivinicolo dell’isola di proprietà di Illva Saronno Holding.
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(3,5 / 5) La provincia di Brescia è una delle zone più ricche ed industrializzate di Italia, ma anche una delle aree vinicole della regione di maggior pregio grazie alla produzione del Franciacorta Docg. Non proviene da lì il vino sotto la nostra lente di ingrandimento, ma da un areale enoico altrettanto importante, quello del territorio “lacustre” del Garda. Si tratta del Valtenesi Dop Chiaretto 2016 prodotto da Cà Maiol.
Prodotto della Linea Classica destinata alla Gdo viene definito (da loro stessi) un vino particolarmente adatto al gusto femminile. Certamente, l’impatto visivo del prodotto, dal colore all’etichetta effetto pergamena può avere un “ascendente” sulle donne, ma quanto al gusto può davvero incontrare quello di una platea più estesa, senza distinzione di genere.
Il Valtenesi Dop Chiaretto di Cà Maiol è infatti un rosè versatile e trasversale che in cucina può risolvere tanti abbinamenti. Se la “La strada dell’illuminazione sta nella via di mezzo” come dice il piccolo Budda , quando il bianco non “regge” ed il rosso nemmeno, scegliamo un rosato, un buon compromesso.
LA DEGUSTAZIONE Il Valtenesi Dop Chiaretto di Cà Maiol è di color rosa tenue e si presenta nel calice cristallino, luminoso e molto trasparente. Al naso ha un bouquet semplice e delicato che si sviluppa tra note floreali di roselline, piccoli frutti poco maturi come fragoline e lamponi e lievi spunti minerali.
Al palato ha un’anima morbida. Calice chiama calice nella sua “semplicità” infrescante e leggermente sapida. Un vino equilibrato e maturo che lascia un aroma di bocca mediamente fine e sufficientemente persistente,
Il Chiaretto Dop Valtenesi Cà Maiol è perfetto con piatti di pesce di lago e di mare, ma può accompagnare egregiamente tante pietanze di media struttura, antipasti di verdure, carni bianche, sformati, un piatto di pasta al pomodoro ed anche la pizza, la classica margherita o la vegeteriana oppure una focaccia bianca con pomodorini e mozzarella di bufala.
LA VINIFICAZIONE Blend di 4 uvaggi, Barbera, Sangiovese, Marzemino e Groppello, il Chiaretto viene anche chiamato “vino di una notte” per il fatto che la vinificazione delle quattro uve avviene con un leggero contatto del mosto della durata di una notte sola.
L’azienda agricola Cà Maiol si trova sulla Strada dei Vini e dei Sapori del Garda, a sud del lago di Garda nel cuore della produzione del Lugana ed ha recentemente festeggiato i 50 anni di attività. Nata nel 1967 per volontà di Walter Contato che intuì il potenziale della zona del Garda e del Lugana diventando promotore e fondatore del relativo Consorzio di Tutela è passata nel corso degli anni da un’estensione di 12 a 140 ettari.
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(3,5 / 5) Torniamo in Trentino con questa recensione: nel calice di vinalsuper la Nosiola di cantina La Vis, prodotta dall’omonimo ed unico vitigno autoctono a bacca bianca della regione. La vendemmia in degustazione è la 2016.
LA DEGUSTAZIONE
La Trentino Doc Nosiola “Storie di vite” si presenta alla vista di un giallo paglierino tenue e brillante con sfumature verdi.
Il profilo olfattivo è delicato, ma al contempo fine ed elegante. Avvicinando il naso al bicchiere si percepiscono sentori fruttati di pesca e mela verde, scorza d’arancia e limone e lievi sfumature di nocciola.
Al palato è un vino secco e piacevole che si distingue in freschezza. Nonostante un leggero sbilanciamento verso le durezze dato dalla spiccata acidità concede una beva facile e soddisfacente.
Ideale come aperitivo, il Trentino Doc Nosiola si sposa perfettamente anche a primi delicati, formaggi freschi o grigliate a base di pesce d’acqua dolce.
LA VINIFICAZIONE
Storie di vite è prodotto nella Valle di Cembra da uve Nosiola 100% da vigneti esposti a sud-ovest a 400 m sul livello del mare. La composizione del terreno è sia di natura siltosa, mediamente profondo e fertile, sia di natura porfirica, poco profondo.
I vigneti sono allevati a pergola semplice trentina, con densità di impianto di 4.500 ceppi/ha. Le uve sono raccolte manualmente nella prima decade di ottobre, successivamente sottoposte a pressatura soffice in atmosfera inerte, decantazione statica dei mosti, fermentazione a temperatura controllata (18°C) in serbatoi d’acciaio inox, affinamento sulle lisi per 5/6 mesi circa, prima dell’imbottigliamento.
La cooperativa vinicola di La Vis nasce nel 1850: inizialmente di proprietà della famiglia Cembran, negli anni si fonde con la cooperativa altoatesina di Salorno che il marchio Durer-Weg ancora rappresenta. Nel 2001 acquista anche la casa spumantistica trentina Cesarini Sforza. Il nome La Vis trae origine dal torrente Avisio, dal latino Vis, sinonimo di forza, situato nella Valle di Cembra in Trentino.
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(5 / 5) L’Abruzzo del vino deve il suo successo, specie negli ultimi anni, al Pecorino (oltre al classico Montepulciano). Ma sul mercato si fa largo un vitigno autoctono abruzzese a bacca bianca: la Cococciola. E’ Auchan a portarlo alla ribalta sui propri scaffali. Obiettivo centrato non solo nello straordinario rapporto qualità prezzo.
La valorizzazione dei vitigni autoctoni da parte delle insegne di supermercati è un aspetto che troppi buyer ancora sottovalutano. Giù il cappello per il coraggio dimostrato dalla catena francese del gruppo Adeo. Ennesima riprova delle positive ricadute di una “buona Gdo” sul tessuto vitivinicolo.
LA DEGUSTAZIONE
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper finisce così la Cococciola 2016 “Niro” di Citra Vini, consorzio di 9 cantine sociali che ha come obiettivo quello di “selezionare, controllare e valorizzare la migliore produzione enologica della provincia di Chieti”.
Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino limpido dai riflessi dorati. Al naso, la Cococciola parla una lingua esotica, capace di scaldare il cuore: una spremuta d’agrumi, papaya e pesche. Un olfatto ammiccante, reso più serioso da evidenti note minerali e da interessanti richiami di foglia di pomodoro secca.
L’ingresso in bocca di “Niro” è morbido e fa pensare a quel 13% d’alcol in volume indicato in etichetta. Una percezione che limita a tradursi in seta per il palato, carezzevole, tutt’altro che stordente. Poi arriva il pizzicotto dell’acidità e della sapidità. Durezze perfettamente equilibrate in un sorso che si fa sempre più interessante.
Non stiamo certo parlando di un vino particolarmente “complesso” in termini d’aromi. Quel che colpisce è la sua evoluzione fatta di gradini netti e ben definiti, come l’incedere dei capitoli di un libro che svela piccoli segreti, prima della verità finale. Frutta e i richiami floreali freschi. Poi l’acidità. Quindi la sapidità.
Prima della scritta “the end”, la Cococciola 2016 di Citra Vini regala una lunga chiusura su note piacevolmente fresche e agrumate, capaci di chiamare il sorso successivo e di accompagnare il piatto in maniera quasi spasmodica.
Accompagnamento perfetto, quest’autoctono Igp Terre di Chieti, per piatti a base di mare: dalle insalate ai crudi, passando per i crostacei. Da provare con il sushi. Un’etichetta che non disdegna neppure la carne bianca. Purché si badi a una temperatura di servizio tra i 10 e i 12 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Di Cococciola, in Abruzzo, non ce n’è molta. Che la si chiami così, oppure “Cacciola” o “Cacciuola”, si parla di poco meno di 500 ettari. Citra Vini seleziona i grappoli e li raccoglie a mano. La tecnica di vinificazione di “Niro” prevede una pressatura soffice degli acini. Il mosto viene lasciato decantare diverse ore, prima della fermentazione a temperatura controllata.
Operativa dal 1973 in Contrada Cacullo a Ortona, in provincia di Chieti, Citra Vini si pone come “punto di riferimento” in un’area in cui la viticoltura è il pane quotidiano per molte famiglie. Non a caso, Chieti è la seconda provincia italiana (la prima in Abruzzo) per quantità di uva raccolta di vendemmia in vendemmia.
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Quella che vi propongo oggi è una ricetta molto semplice nella sua preparazione. Oserei dire “già vista”. Ma potrebbe sorprendervi per il gusto e la consistenza particolare. Si tratta di lasagne. Al posto della classica sfoglia useremo il pane carasau, imbevuto in un buon brodo di carne.
GLI INGREDIENTI (4 persone) Carne trita 400 gr (sarebbe ideale un misto di vitello e suino); passata di pomodoro 1,5 lt circa; una cipolla piccola; olio extravergine, circa 30 gr; 2 carote, una costa di sedano. In più: almeno 5 fogli di pane carasau; 700 ml di brodo di carne; due mozzarelle medie; una provoletta affumicata; formaggio pecorino grattugiato; pepe.
LA PREPARAZIONE
Iniziamo dal classico ragù con carne macinata. Innanzitutto prepariamo un trito con carote cipolla e sedano, che faremo rosolare in una casseruola con l’olio. Aggiungiamo il macinato e, dopo qualche minuto, mescoliamo e uniamo un mezzo bicchiere di vino bianco. Lasciamo cuocere per una decina di minuti e poi aggiungiamo la passata di pomodoro.
Continuiamo la cottura per un’ora circa. La consistenza del ragù dovrà risultare non molto densa, in modo che le lasagne restino morbide. A questo punto assembliamo la lasagna. Sul fondo della pirofila distribuiamo qualche cucchiaio di ragù e poi procediamo alternando pane carasau (che bagneremo con il brodo caldo), ragù, pecorino grattugiato, mozzarella e provola tritate. E così via, chiudendo con uno strato di pecorino e pepe macinato, se volete.
Scaldiamo il forno a 180 gradi e cuociamo per circa 30 minuti, avendo cura di coprire con foglio di alluminio, per evitare che le lasagne si asciughino. Non ci resta che sfornare. Buon appetito!
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Finalmente il mio melograno ha dato i suoi primi frutti e ho pensato che alla mia truppa sarebbe piaciuto un risotto al melograno. Risultato? E’ piaciuto a tutti! Vi racconto come l’ho preparato.
GLI INGREDIENTI (4 persone)
Riso integrale 350 gr; Due grossi melograni; 30 gr di olio extra vergine di oliva; un bicchiere di vino bianco; 150 gr di taleggio; uno scalogno; una cipolla rossa di Tropea; 1 litro circa di brodo vegetale; formaggio da grattugiare (facoltativo); sale e pepe a piacere.
LA PREPARAZIONE
Iniziamo subito col preparare un trito di scalogno e cipolla che faremo appassire nella padella con l’olio. Versiamo poi il riso e facciamolo tostare, aggiungendo poi il vino bianco. A questo punto copriamo il riso con brodo vegetale, che aggiungeremo all’occorrenza, per evitare che là preparazione si asciughi troppo.
Intanto sgraniamo i melograni e teniamo da parte qualche chicco per guarnire. Dal resto dei frutti ricaviamo il succo aiutandoci con il classico passaverdure. Proprio questo succo, lo aggiungeremo al riso qualche minuto prima della fine cottura.
Come ultimo passaggio, a fuoco spento, mantechiamo il riso aggiungendo il taleggio e una spolverata di formaggio grattugiato. Serviamo il risotto arricchendo il piatto con i chicchi di melograno che avevamo tenuto da parte. E quindi… buon appetito!
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Oggi condivido con voi un primo piatto molto facile e gustoso. Sto parlando della calamarata, un tipo di pasta a forma di anelli di calamaro , che da il nome al piatto. Io aggiungo anche i gamberi per accontentare la mia ciurma! Spero vi piaccia.
GLI INGREDIENTI
Ecco gli ingredienti per 4 persone: 320 gr di pasta calamarata; 400 gr di totano; 300 gr di gamberi; 4 gamberoni; 40 gr di olio extravergine; prezzemolo; aglio; sale; un peperoncino (facoltativo).
LA PREPARAZIONE
Versiamo l’olio in una padella abbastanza alta e uniamo lo spicchio d’aglio (che toglieremo una volta dorato) e i gamberoni ben puliti. Dopo qualche minuto aggiungiamo anche i gamberi e per ultimo i calamari ben lavati e ridotti in anelli e ciuffetti.
Cuociamo per 5 minuti e poi aggiungiamo i pomodorini tagliati a dadini e saliamo con moderazione. Intanto mettiamo sul fuoco anche l’acqua per la pasta, visto che i calamari non devono cuocere molto (risulterebbero gommosi!).
A questo punto avremo già calato la pasta, che scoleremo al dente e verseremo direttamente nel sugo. Una volta raggiunto il punto di cottura desiderato, possiamo servire in tavola. Il piatto, se si vuole, può essere completato con prezzemolo fresco, un accenno di aglio (ma davvero molto poco!) un pizzico di peperoncino, il tutto tritato insieme. E quindi… Buon appetito!
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(3 / 5) ”Sì, la forma è tutto. E’ il segreto della vita”. Aforisma di Oscar Wilde, quanto mai adatto al vino oggi sotto la nostra lente di ingrandimento. Si tratta del Yu Sushi Sparkling Wine, Extra Brut prodotto da Astoria.
Un “Prosecco” dall’allure orientale che con la sua bottiglia candida e lattea come il viso di Chiyo Sakamoto, la geisha del libro di Arthur Golden, suggestiona il consumatore anche in Gdo.
Sapiente opera di marketing, se la gioca su due leve: la “quotidianità” del sushi nella nostra alimentazione e l’estetica della bottiglia e dell’etichetta, capaci – come dimostrato da alcuni studi di neuromarketing – di condizionare la scelta del consumatore che acquista vino al supermercato.
LA DEGUSTAZIONE Giallo paglierino con sfumature verdoline, Yu Sushi Sparkling Wine ha un perlage mediamente fine. Al naso è fresco e fruttato come in bocca, con ricordi di lime e mela Granny Smith.
Una carbonica contenuta, ma stimolante, insieme al ridotto dosaggio di zuccheri, al gusto acidulo e anche alla leggerezza in alcol lo rendono un soddisfacente accompagnamento per sushi e crudité di mare.
Riassumendo, Yu Sushi Sparkling Wine ha un prezzo assolutamente proporzionato all’esperienza che offre. Non certo l’unica possibilità di abbinamento sushi-bollicine in Gdo.
LA VINIFICAZIONE Astoria produce questo spumante con uve a bacca bianca tipiche del Trevigiano, provenienti da vigneti allevati a Sylvoz, con una resa di 120 quintali per ettaro. La vendemmia avviene manualmente, a settembre, con le uve al massimo equilibrio chimico-organolettico.
Segue la pressatura soffice e la decantazione statica del mosto. La fermentazione primaria avviene in recipienti di acciaio a 18/19°C con lieviti selezionati autoctoni. Il vino nuovo viene mantenuto sulla feccia nobile per un mese, poi reso limpido e travasato nelle autoclavi per la presa di spuma.
La rifermentazione avviene a 16-18 gradi, sempre con lieviti selezionati e dura circa 25-30 giorni. Fa seguito un periodo di affinamento sui lieviti, per qualche giorno. Si procede poi all’imbottigliamento e al riposo in bottiglia per altri due mesi.
Astoria nasce nel 1987 e si estende su una superficie di circa quaranta ettari. Ampiamente presente in grande distribuzione, lega la sua fama principalmente al Prosecco.
Prezzo: 5,50 euro
Acquistato presso: Pam / Panorama
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Oggi vi racconto la storia di un piatto semplice, semplice. Ma vi assicuro che piace molto! Vedremo insieme come fare degli involtini di peperoni sfiziosi.
Ingredienti per 4 persone: 3 peperoni rossi lunghi; 50 gr circa di olive taggiasche denocciolate; una manciata di capperi sotto sale; 3 acciughe sotto sale sfilettate; circa 300 gr di mollica di pane; mezzo spicchio di aglio; olio extravergine di oliva q.b.; prezzemolo.
LA PREPARAZIONE
Iniziamo dai peperoni, che dovranno essere lavati e poi asciugati e grigliati. Quando saranno ben abbrustoliti avvolgiamoli in carta forno e chiudiamo ermeticamente . In questo modo, il calore creerà quel giusto grado di umidità che permetterà ai peperoni di ammorbidirsi e di essere spellati più facilmente. Intanto prepariamo il ripieno!
Mettiamo in un mixer tutti gli ingredienti tranne Il pane e tritiamo il tutto. Aggiungiamo la mollica di pane sbriciolata grossolanamente e amalgamiamo ben bene. A questo punto tagliamo i peperoni spellati in filetti da circa 4 cm e farciamoli con il ripieno. L’ultima cosa da fare è arrotolarli e metterli su un piatto da portata. Serviteli come antipasto o contorno e… Buon appetito!
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Oggi vi propongo una ricetta ottima per picnic e gite fuori porta. Si tratta della classica pizza di scarola napoletana. Io non uso l’impasto per la pizza, ma il pan brioche, perché risulta più soffice.
Vediamo cosa occorre per 8 persone. Per l’ impasto: latte tiepido 250 cc; olio 40 cc; farina Manitoba 550 gr; sale 10 gr; zucchero (un cucchiaino); una bustina di lievito di birra disidratato; un uovo; un tuorlo per spennellare.
Per il ripieno: 2 ceppi di scarola riccia; un ceppo di scarola liscia; 4 filetti di acciuga sotto sale; uno spicchio d’aglio e olio q.b.; un cucchiaio di capperi sotto sale (facoltativi); 50 gr di noci sgusciate e sminuzzate; 20 gr di uvetta sultanina; olive nere di Gaeta. 40 gr; pecorino romano 30 gr. grattugiato; grana padano 20 gr. grattugiato.
LA PREPARAZIONE
Impastiamo in una terrina tutti gli ingredienti per il pan brioche, fino ad ottenere un impasto elastico, che lasceremo lievitare in un recipiente in plastica o bambù per almeno un’ora, tenendolo coperto. Intanto prepariamo la scarola.
Innanzitutto laviamola per bene e scartiamo il cuore bianco (lo possiamo usare per delle ottime insalate!). Caliamo le foglie verdi in acqua bollente salata e lasciamole per dieci minuti circa, dopodiché le scoleremo.
In una padella versiamo olio e uniamo l’aglio, i capperi, le olive denocciolate e le acciughe. Lasceremo dorare l’aglio, che poi toglieremo e sciogliere le acciughe. Infine caleremo la scarola sbollentata e strizzata (deve perdere l’acqua in eccesso) nella padella.
Dopo qualche minuto uniamo uvetta e noci e infine i due formaggi. Lasciamo il tutto sul fuoco quanto basta, quindi lasciamolo raffreddare. Ora non ci resta che assemblare!
Stendiamo con il matterello l’impasto e formiamo un rettangolo che riempiremo con la scarola. Poi arrotoliamo la sfoglia e chiudiamo a mo’ di ciambella. Riponiamo in una teglia da forno, unta e infarinata, spennelliamo con tuorlo d’ uovo e lasciamo lievitare ancora una mezzora.
A questo punto cuociamo in forno (180 gradi / ventilato) per circa 30 minuti. Appena sfornato il pan brioche, spennelliamolo con acqua. In questo modo resterà morbidissimo. E quindi… buon appetito!
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