E’ il primo vino della vendemmia, ma non fa (più) impazzire gli italiani. E’ un trend destinato a peggiorare di anno in anno quello della produzione e della vendita del “vino novello”. Reperibile anche nei supermercati italiani dal 30 ottobre, come da disposizione del Ministero delle Politiche agricole, si colloca quest’anno sul minimo storico di appena 2 milioni di bottiglie. Il deblocage, per la vendemmia 2016, è stato anticipato di quasi tre settimane rispetto al concorrente Beaujolais nouveau francese, in vendita solo a partire dal 17 novembre. La produzione del vino novello in Italia è iniziata verso la metà degli anni ’70, in risposta ai vignaioli francesi della zona di produzione del Beaoujolais. I ‘cugini’, per superare una stasi di mercato, misero sul mercato il Beaoujolais nouveau, volto a rivalorizzare il vino da uve Gamay meno pregiate della Borgogna meridionale. In Italia il vino novello ha avuto una rapida espansione, come evidenzia il fatto che dieci anni fa si producevano ben 17 milioni di bottiglie made in Italy.
LE RAGIONI DEL CROLLO “Ironia della sorte – evidenzia Coldiretti – a mancare quest’autunno saranno anche le castagne italiane, con il crollo del raccolto che si è verificato in Campania, la prima regione produttrice, dove si prevede un taglio fino al 90%, ma cali sono segnalati in tutto il Meridione mentre una leggera ripresa dei raccolti si stima al Nord, però, con alcune zone critiche a causa della siccità”.
All’origine del calo della produzione nazionale di vino novello, c’è una serie di fattori, a partire dalla limitata conservabilità, che ne consiglia il consumo nell’arco dei prossimi 6 mesi fino alla tecnica di produzione, la macerazione carbonica, che è più costosa di circa il 20% rispetto a quelle tradizionali. Ma sopratutto, come spiega la Coldiretti, “gli stessi vitigni che negli anni passati rappresentavano la base del novello vengono oggi spesso utilizzati per produrre vini ugualmente giovani, ideali per gli aperitivi, ma che non presentano problemi di durata”. Il ‘vino da bere giovane’ deve le sue caratteristiche al metodo di vinificazione utilizzato, che è stato messo a punto dal ricercatore francese Flanzy ed è fondato sulla macerazione carbonica. Leggero, con bassa gradazione (11 gradi) e bouquet aromatico, il novello viene consumato soprattutto in abbinamento con i prodotti autunnali come le caldarroste.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Calice importante, quello del Toscana Igt Rosso Lucente 2010 dell’azienda Luce della Vite di Montalcino – Marchesi de’ Frescobaldi. Il vino si presenta di un rosso rubino con riflessi leggermente granati, limpido. La buona alcoolicità si percepisce dagli archi stretti, mentre le “lacrime” seguono una discesa lenta, data dalla concentrazione degli zuccheri. Aspetto che ci fa intuire una buona presenza di glicerolo. Al naso, una forte impronta di tabacco e cacao, appena avvicinato il calice. Seguono sentori di frutti rossi, tra cui è facilmente riconoscibile la prugna. E richiami speziati, di pepe e cannella.
La complessità di questo rosso toscano è “Lucente”. E aumenta con sentori balsamici, di menta. Vino ancora giovane e vigoroso, si esprime al palato in potenza e tannicità. Il corpo è medio, aspetto che ne conferma l’eleganza e una beva che non stanca. Lucente di Luce della Vite si rivela rotondo: un nettare che avvolge tutte le sensazioni gustative, con una buona intensità. Il retrogusto è di confetture e spezie, che ricordano il cacao. L’abbinamento perfetto? Quello con le carni rosse e i formaggi stagionati.
LA VINIFICAZIONE
Lucente è il secondo vino della gamma “Luce” della cantina Luce della Vite di Montalcino. Nasce dagli stessi vigneti dell’omonimo Luce, vino contemporaneo che cresce nella tenuta dei Frescobaldi a Montalcino. Un prodotto relativamente giovane, nato nel 2000 da un blend composto al 50% da Merlot, 35% Sangiovese e 15% da Cabernet Sauvignon. Il vigneto si sviluppa ad un’altitudine compresa tra i 250 e 400 metri sul livello del mare, su un terreno misto: galestro per le uve Sangiovese e ricco di calcio e argilla per il Merlot. La pigiatura è soffice e la fermentazione avviene in vasche in acciaio inox a circa 30°, per un periodo di 12 giorni. Segue un affinamento in barrique per 12 mesi: 55% legni nuovi di rovere francese, 5% nuovi di rovere americano, 40% di rovere francese di 2° passaggio. Prima della commercializzazione, Lucente di Luce della Vite affina in bottiglia per 8 mesi.
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(3,5 / 5)Cantina Calasetta, specialisti del Carignano del Sulcis. Sei versioni: da quella a “piede franco”, ottenuta da vite orginaria, non innestata con vite americana, passando alla Riserva, senza dimenticare il rosato. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce però Calalonga, il Carignano del Sulcis di Cantina Calasetta distribuito nei supermercati Esselunga. Una versione realizzata appositamente per la notsa catena della gdo italian, che non tradisce le attese. Anzi, stupisce nel rapporto qualità prezzo.
Il vino si presenta nel calice di un rosso rubino poco trasparente, scorrevole. Al naso, chiari e tipici sentori di frutta rossa, uniti a una percezione vegetale che richiama il peperone verde. Di facile beva, nonostante il buon corpo e una struttura tutt’altro che esile, gioca col palato sulle note di frutta rossa, pulite, già avvertite al naso. Sfodera solo in un secondo momento anche una bella sapidità, che torna in un finale fruttato e di leggera spezia. Lasciato nel calice qualche minuto, il Carignano del Sulcis Calalonga di Cantina Calasetta muta, grazie all’ossigenazione: si fa più ‘austero’, mostrando in bocca tratti sino ad allora sconosciuti, tra il dattero disidratato e la carruba. Etichetta interessante questo vino rosso di Sardegna, da consumare a tutto pasto. Si sposa, in particolare, con primi ricchi al ragù o con secondi come l’agnello. Noto l’abbinamento con l’agnello con carciofi, ricetta tipica pasquale sarda.
LA VINIFICAZIONE
Cantina Calasetta, realtà che ha sede nell’omonimo comune della provincia di Carbonia-Iglesias, sulla punta settentrionale dell’isola di Sant’Antioco, arcipelago del Sulcis, è stata premiata negli anni scorsi dal Gambero Rosso con i “tre bicchieri”. Dalla sede assicurano che Calalonga sia un Carignano del Sulcis 100%, senza addizione di uve di altri vitigni, pur consentita dal disciplinare per un massimo del 15%. Ma la cantina sarda sceglie di non fornire a vinialsupermercato.it le specifiche richieste sulla tecnica di vinificazione, come sino ad oggi aveva fatto solo un’altra cantina dell’Oltrepò Pavese.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) Etichetta impegnativa per il pubblico non ‘germanofono’, quella del Blauburgunder Kurtatsch. Per chi mastica solo italiano, aiutano le scritte Pinot Nero (Blau burgunder, appunto) e Cortaccia (Kurtatsch), la cantina produttrice.
Disquisizioni linguistiche e di marketing del vino a parte, quel che conta è il contenuto. E il Blauburgunder Pinot Nero 2013 della cantina Kurtatsch, vale proprio la pena d’essere acquistato e stappato.
Si aggira tra gli 8 e i 9 euro, di fatto, il prezzo di questo prezioso nettare della Doc Sudtirol Alto Adige, sugli scaffali dei supermercati. E questo è il momento perfetto per assaporarne l’evoluzione in bottiglia, a tre anni dalla vendemmia e dall’immissione in vetro.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Pinot Nero Cortaccia 2013 si presenta del tipico rosso rubino. Meno trasparente, tuttavia, rispetto ad altri vini ottenuti dallo stesso vitigno. Al naso i richiami sono quelli attesi: sottobosco, piccoli frutti a bacca rossa e nera. Sentori intensi, fini, decisi ma delicati.
Un naso, dunque, che disegna un palato capace di confermare le attese: le note fruttate si mescolano a una sensazione di velluto che rende piacevole la beva. Alla delicatezza della frutta fa spazio un’acidità piacevole, rinfrescante. E una sapidità percettibile, ma dosata e pacata.
Una volta deglutito, il Pinot Nero 2013 di cantina Cortaccia si rivela lungo, su note che si fanno vagamente speziate, ad accompagnare i frutti di bosco. Buon vino da meditazione, accompagna al meglio ricchi primi piatti e secondi di carne rossa, alla griglia o arrosto, oltre alla selvaggina e ai formaggi stagionati. La temperatura di servizio deve aggirarsi fra i 16 e i 17 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Tra i prodotto di punta della linea “Selection” di Cantina Cortaccia, questo Pinot Nero è ottenuto al 100% dalle omonime uve originarie dalle Borgogna francese, che da oltre un secolo hanno trovato una seconda, accogliente casa nei terreni del Sudtirolo.
In particolare, la zona produttiva si trova nel comune di Montagna, in località Gleno, provincia di Bolzano: uno splendido paesino situato a 500 metri sul livello del mare, ai piedi del Monte Cislon, il cui paesaggio è dominato da vigne e folti boschi. Il terreno è misto sabbioso e argilloso, caratteristiche che in bottiglia si traducono nel giusto compromesso tra una pronta bevibilità del prodotto e una complessità non banale.
La vinificazione del Pinot Nero Cortaccia prevede una fermentazione a temperatura controllata in vasche aperte e un successivo affinamento in legno grande, meno invasivo delle piccole barrique. Cantina Cortaccia conta oggi 190 soci, che coltivano 190 ettari di terreni, dislocati tra i 220 e i 900 metri di altitudine.
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Sagrantino ed erbe campagnole spontanee. E’ l’inedito abbinamento gourmand proposto da Lungarotti per Enologica, l’evento del Consorzio di Tutela Vini di Montefalco in programma dal 16 al 18 settembre nel borgo medievale umbro, che quest’anno ha ottenuto la ‘Spiga Verde’, il riconoscimento di eccellenza rurale sostenibile.
E proprio i temi della sostenibilità e della biodiversità saranno al centro delle iniziative in programma nella cantina Lungarotti a Turrita di Montefalco, circondata da 20 ettari di vigneto a regime biologico. Si parte il 16 settembre con l’apertura della mostra di erbe campagnole spontanee di stagione che, nelle due giornate successive (sabato 17 e domenica 18, alle 11.00 e alle 16.00), saranno il fulcro di due focus condotti da Luciano Loschi dell’Accademia umbra erbe campagnole spontanee, per conoscerne le proprietà salutari e l’uso in cucina.
Dalla teoria alla pratica, con un menù a base di erbe abbinato al Sagrantino o in alternativa al Montefalco Rosso della cantina umbra. In degustazione crostini con pesto di erbe campagnole spontanee, insalatina di farro con Portulaca (una pianta erbacea ricca di omega 3), pomodorini e verdure bio e Fojata ripiena di amaranto e pimpinella (17 e 18 settembre, su prenotazione euro 8,00).
Per info e prenotazioni: Lungarotti – Cantina Turrita di Montefalco montefalco@lungarotti.it – Tel. 0742.378868 o 349.8689562 Loc. Turrita, via del Boschetto 1, 06036 Montefalco (Pg) www.lungarotti.it
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(4,5 / 5) Un vero “affare” trovare in promozione al supermercato il Pinot Bianco Colterrae Alto Adige Doc 2015 di Cantina Colterenzio (Kellerei Schreckbichl).
Un vino straordinario, anche nel rapporto qualità prezzo pieno. Certamente uno dei migliori vini sotto i 10 euro presenti sugli scaffali dei supermercati italiani. Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini.
Al naso, intense e schiette note floreali, fruttate e minerali. Mela e pera sembrano diluirsi in una delicata soluzione salina, a esaltazione dello speciale terroir altoatesino in cui opera la Cantina Colterenzio. Ma è in bocca che il Pinot Bianco Colterrae Alto Adige Doc 2015 offre le emozioni più sincere. Un fil rouge sembra collegare ingresso e chiusura di una beva sapida, in crescendo verso il finale, e dall’acidità elegante.
Le note fruttate fresche, già avvertite al naso, fanno da splendido contorno. Ecco riaffiorare mela, pera, ma anche sentori di pesca e agrumi maturi. Una volta ingerito, il nettare rivela un retro olfattivo dalle tinte lievemente speziate, di pepe bianco. Delizioso aperitivo, il Pinot Bianco Colterenzio si abbina alla perfezione con gli antipasti, il pesce e le carni bianche di moderata elaborazione, anche speziate. Da servire, rigorosamente, a una temperatura di 10-12 gradi.
LA VINIFICAZIONE
I vigneti di Pinot Bianco sono allevati a un’altezza compresa tra i 450 e i 550 metri sul livello del mare. Una zona particolarmente vocate per il Pinot bianco quella in cui opera la Cantina Colterenzio, con terreni ghiaiosi e in parte dalla spiccata presenza di calcare. Il microclima fresco e le forti escursioni termiche tra giorno e notte assicurano un perfetto risultato in bottiglia e contribuiscono a rendere corposo (13,5%) questo Pinot Bianco.
La resa per ettaro si aggira attorno ai 70 ettolitri. Il mosto fermenta a una temperatura controllata di 18 gradi in acciaio e affina per alcuni mesi sui lieviti. Prima della commercializzazione è previsto un altro breve periodo di affinamento in bottiglia.
Cantina Colterenzio sorge in un territorio le cui radici affondano nella viticoltura. Le prime tracce risalgono già al 15 a.C., quando il colono romano Cornelius riconobbe la straordinaria fertilità di questa terra e decise di stabilirvisi, gettando le basi dell’attuale vocazione vitivinicola di Colterenzio. Il suo podere “Cornelianum” diede il nome al paese di Cornaiano.
L’antica tradizione fu rinnovata nel 1960, quando 28 vignaioli fondarono la Cantina Colterenzio. A questi se ne unirono altri nel corso degli anni. Ad oggi Colterenzio conta quasi 300 soci viticoltori che conferiscono le uve provenienti da circa 300 ettari di vigneto di loro proprietà.
Prezzo pieno: 9,36 euro
Acquistato presso: Esselunga
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Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014 opinioni recensione vino Iper Coop scaled
Ebbene sì. In Sudafrica si produce vino. Abbastanza da arrivare anche sugli scaffali dei supermercati italiani. E’ da quelli di Iper Coop che preleviamo lo Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014. Importato in Europa dal colosso francese Les Grands Chais de France (Gcf Groupe) di Petersbach, Alsazia, questo vino bianco sudafricano viene prodotto nella più grande regione vinicola del Sud Africa: Western Cape, sede della più lunga “strada del vino” del mondo, con i suoi 850 chilometri che corrono da Cape Town (Città del Capo, la capitale) a Port Elizabeth. Un vino del quale – diciamocelo – non avremmo certo sentito la mancanza, in Italia. Ma la “moda” è questa. E le più attente catene della Gdo italiana come Iper Coop si vedono ormai costrette ad annoverare sui propri scaffali anche vini di scarsa personalità provenienti dalle zone emergenti (o recentemente consolidate a livello planetare), pur di ampliare la gamma, internazionalizzandola.
Tant’è. Nel calice, questo Chenin Blanc, vitigno originario della zona della Loira, in Francia, si presenta di un giallo paglierino scarico. Al naso note di pera bianca in un contorno di frutta esotica, che spazia dal melone all’ananas. Corrispondente al palato, si rivela vino fresco, anche se di ordinaria acidità. La buona morbidezza ne fa il vino perfetto per l’aperitivo (12%). Ostico l’abbinamento con pietanze più complesse della cucina italiana, soprattutto considerando che al prezzo di questo Chenin Blanc sudafricano è possibile acquistare, nella stessa catena, dignitosissimi vini bianchi italiani più adatti a portate di pesce o carne bianca. In definitiva possiamo definire lo Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014 quale bottiglia ordinaria. Certamente non in grado di esprimere le potenzialità delle straordinarie terre del vino del Sud Africa, settimo Paese produttore di vino nel mondo, con una tradizione vinicola di oltre tre secoli.
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In una ciotola trasferisci la tartare e unisci tutti gli ingredienti. Qui le quantità sono molto soggettive, ti consiglio di iniziare con poco condimento e se ti sembra poco saporito aggiungine altro. Mescola tutto e lascia riposare mezzora nel frigo.
Con un coppapasta a forma di cuore (per i più romantici come me!), o uno classico rotondo dai la forma alla tua tartare e porta in tavola.
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(3,5 / 5) Il classico vino dell’estate, made in Sicilia. Non impegnativo, ma capace comunque di soddisfare chi ci si accosta. E’ il Catarratto Terre Siciliane Igt 2015 Fazio, casa vinicola in Erice.
Nome particolare per questo vitigno a bacca bianca originario della provincia di Trapani, che ricorda quanto sia “abbondante” la produttività delle singole viti. Un’abbondanza benevola, dal momento che gli acini sono ricchi di acidi ferulici, dalle note proprietà antiossidanti.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Catarratto Terre Siciliane Igt Fazio si presenta di un giallo paglierino non particolarmente carico, ma dai riflessi di colore verdolino. Al naso i tipici sentori di fiori bianchi e frutta fresca, che spazia dalla pesca all’esotico.
Al palato il meglio di questo prodotto: la buona intensità e finezza delle note fruttate già riscontrate al naso, si esprime nel quadro di un’acidità spiccata, che conferisce grande e piacevole freschezza alla beva, assieme a una buona sapidità. Un vino d’estate, appunto.
Corretto consumarlo come aperitivo, anche se il Catarratto Fazio ambisce (giustamente) ad accompagnare piatti di pesce e crostacei, con cui certo non sfigura. L’ennesimo prodotto dall’ottimo rapporto qualità prezzo che possiamo reperire sugli scaffali dei supermercati italiani.
LA VINIFICAZIONE La zona di produzione delle uve è quella occidentale della Sicilia, nel territorio collinare a Nord della provincia di Trapani. I vigneti crescono a un’altezza compresa tra i 400 e i 450 metri sul livello del mare. Dopo la raccolta e la diraspatura, le uve vengono sottoposte a una macerazione a freddo, con le bucce a contatto con il mosto.
Segue una pressatura soffice degli acini e una fermentazione a temperatura controllata, compresa tra i 14 e i 16 gradi. Prima della commercializzazione, il Catarratto Terre Siciliane Igt affina in vetro per 4 mesi circa. Fazio è ormai una realtà ben consolidata nel mondo della grande distribuzione organizzata italiana.
Tra i prodotti top di gamma, molti hanno ricevuto riconoscimenti, anche a livello internazionale. Premi che si sommano al merito d’aver contribuito in maniera determinante al riconoscimento della Doc Erice in Sicilia. Contesto nel quale Fazio opera ormai da quattro generazioni.
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(5 / 5)Ottimo Cabernet per qualità prezzo da Esselunga. Parliamo del Cabernet Friuli Colli Orientali Doc Volpe Pasini, imbottigliato all’origine dall’omonima società agricola di Emilio Rotolo e Figli di Torreano, Udine. La vendemmia sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it è la 2013, mentre l’ultima vendemmia in commercio è la 2015. Una degustazione dalla quale il Cabernet Volpe Pasini esce a pieni voti, dimostrando le sue buone potenzialità, anche in termini di ulteriore affinamento negli anni, in bottiglia. Nel calice, il vino si presenta di un rosso rubino intenso, poco trasparente. Intenso al naso, sprigiona sentori densi di sottobosco (ribes) e spezie, che con l’ossigenazione si arricchiscono di spunti erbacei tipici del Cabernet Franc (si tratta infatti di un blend tra Cabernet Sauvignon e Franc). Così come tipico è il richiamo (flebile) al peperone giallo. Al palato, il Cabernet Volpe Pasini si rivela caldo (13,5% gradi di alcol in volume, per nulla fastidiosi), pieno, di una rotondità di velluto. Tannino vivo, ma tutt’altro che allappante. E un’acidità ancora evidente, caratteristica che ha consentito la buona riuscita dell’affinamento in vetro di questo nettare friulano. Vino persistente anche nel retro olfattivo, chiude sulle note vegetali. L’abbinamento perfetto? Quello con le carni, specie se di selvaggina. A una temperatura di servizio di 18-20 gradi, quella dei grandi vini rossi.
LA VINIFICAZIONE Come anticipato, le uve che compongono il blend sono per l’85% quelle Cabernet Sauvignon e per il restante 15% Cabernet Franc. Dopo la raccolta, nei vigneti di proprietà della società agricola Volpe Pasini, tutti situati nel Comune di Togliano, si passa a una vinificazione tradizionale in rosso. Particolare attenzione viene data alla fase di macerazione, che si protrae a lungo per conferire intensità al colore del futuro vino e consentire, al contempo, il rilascio di tutte le sostanze che consentiranno al vino di durare a lungo nel tempo (oltre i 5 anni). La fermentazione avviene avviene in vasche di acciaio. Il vino affina per alcuni mesi in bottiglia, prima della commercializzazione. Volpe Pasini è una delle più antiche cantine del Nord Est italia, oggi proiettata sui mercati esteri, che concorrono per il 50% al bilancio aziendale.
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(4 / 5)Da Esselunga, un buon Franciacorta Saten Brut. Lo produce l’azienda agricola Castel Faglia di Cazzago San Martino, in provincia di Brescia. Ottenuto esclusivamente da uve Chardonnay, reca sull’etichetta la scritta “Saten”, che indica la presenza di una bollicina non “aggressiva” (pressione in bottiglia inferiore ai 5 bar) e di una spuma “cremosa”. Nel calice, il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia si presenta d’un bel giallo paglierino con riflessi dorati. Il perlage è fine e persistente. Al naso, buona intensità e schiettezza. Flebili note di crosta di pane lasciano spazio a più concreti sentori fruttati, che richiamano soprattutto la pesca bianca e la scorza del lime. Quest’ultima risulta sempre più presente nel calice, col passare dei minuti. La ritroviamo anche al palato, assieme alla pesca bianca matura, in un contorno del tutto secco (Brut) e lievemente astringente, Buona freschezza, accostata da una leggera sapidità. Il perlage, come nelle attese, risulta delicato sul palato e si dissolve in bocca regalando una percezione setosa. Un Franciacorta Docg Saten Brut equilibrato, intenso e fine anche nel retro olfattivo, dove risulta sufficientemente persistente. Spumante da bere giovane questo Castel Faglia, pur prestandosi per caratteristiche a un minimo affinamento ulteriore in bottiglia (leggere sulla contro etichetta la data della sboccatura, in questo caso ottobre 2015). Perfetto come aperitivo, può accompagnare degnamente piatti di pesce o di carne bianca. Da provare con il pollo ruspante al limone. Temperatura di servizio rigorosa: dai 4 ai 6 gradi per assaporarlo al meglio.
LA VINIFICAZIONE Il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia è ottenuto dalla vinificazione dello Chardonnay allevato sul territorio di Calino di Cazzago San Marino, nel cuore della Franciacorta, tra i Comuni di Borgonato ed Erbusco. Un terroir di origine morenica recente. La raccolta delle uve avviene a partire dalla seconda metà del mese di agosto. Gli acini, come vuole la tradizione spumantistica, vengono colti a maturazione non ancora ultimata. Una raccolta che, all’azienda agricola Castel Faglia avviene manualmente, in piccole cassette. Segue una pressatura soffice dello Chardonnay, una fermentazione primaria a temperatura controllata in acciaio e una seconda fermentazione (Metodo Classico) in bottiglia. Prima di essere commercializzato, il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia affina per ulteriori 24 mesi. L’azienda prende nome dal castello dell’antico proprietario Faglia, situato su una collina di origine morenica a 300 metri sul livello del mare, dalle cui pendici si distendono vigneti in parte a gradoni.
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Da sabato 20 a domenica 21 agosto le contrade del Bravìo delle Botti si sfidano ai fornelli a Montepulciano con il concorso “A tavola con il Nobile”, evento giunto alla quattordicesima edizione e promosso dal Consorzio del Vino Nobile in collaborazione con il Magistrato delle Contrade.
Quattordici edizioni scandite da centinaia di ricette realizzate dalle contrade. A tavola con il Nobile è nato 14 anni fa da una intuizione del Consorzio e del giornalista inviato del Tg2 e conduttore della fortunata rubrica “Eat Parade” Bruno Gambacorta con l’obiettivo di recuperare ricette della tradizione in abbinamento al vino “di casa”, il Nobile di Montepulciano.
In quattordici anni di “A Tavola con il Nobile” sono state proposte oltre 210 ricette della tradizione, sono stati pubblicati sei libri che le raccolgono, tra cui quello per il decennale, del 2012, con tutte le ricette delle passate edizioni.
La manifestazione è anche un importante veicolo di promozione per il territorio con oltre 800 articoli, servizi televisivi e reportage sul premio scritti anche dai circa 200 giornalisti da tutto il mondo che nelle varie edizioni si sono succeduti come giurati del premio.
L’OBIETTIVO L’obiettivo che dovranno centrare le contrade sarà quello di sposare al meglio il Vino Nobile con il piatto proposto per questa edizione. Dopo l’esperienza dei “pici”, della “nana” (anatra), della carne di cinta senese e delle verdure dell’orto, quest’anno le contrade si dovranno cimentare in secondi piatti a base di selvaggina, il tutto rispettando la tradizione gastronomica locale.
In occasione di sabato 20 agosto con la prima sessione di degustazioni, le cucine delle contrade apriranno le porte anche al pubblico e da lunedì prossimo il piatto in gara potrà essere degustato da tutti durante le cene in programma.
Il volto scelto per questa edizione è quello di Federico Quaranta (nella foto), in arte Fede, storica voce di Rai Radio2 e volto di Rai Uno. Nel 2014 ha condotto tra le altre cose anche L’estate in diretta, su Rai Uno, affiancando Eleonora Daniele.L’albo d’oro del concorso vede in testa Collazzi (tre vittorie), San Donato, Voltaia e Talosa (due vittorie), Gracciano, Cagnano, Poggiolo e Coste (una vittoria).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Una ricetta fresca e di facile preparazione quella del risotto alle fragole “In cucina con Fede”. In tavola porterete un piatto colorato e spettacolare, che saprà stupire i vostri ospiti. Importante, come sempre, scegliere al supermercato o nei vostri negozi di fiducia gli ingredienti più freschi, che contribuiranno a rendere speciale la ricetta. Per quanto riguarda il vino in abbinamento, potete optare per qualsiasi Prosecco. Quello indicato dalla nostra redazione è uno dei migliori presenti nella grande distribuzione organizzata, soprattutto nel rapporto qualità prezzo. A voi la scelta, winelovers in Cucina con Fede!
Glassa al balsamico e una foglia di menta per guarnire
PREPARAZIONE
1. Soffriggi la cipolla con un po’ d’olio in una casseruola e tosta il riso. Fai sfumare con il prosecco e aggiungi il brodo poco alla volta.
2. Metti le fragole tagliate a pezzetti piccoli (tranne 4), il sale e il pepe.
3. A fine cottura (ci vorranno almeno 15/20 minuti) spegni il fuoco, manteca con una manciata di parmigiano grattugiato e un cucchiaio di prosecco. Guarnisci con la glassa al balsamico, la foglia di menta e le fragole.
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Ecco i Pancake con purea di fragole “In Cucina con Fede”, per una colazione fresca e golosa. Ma anche per una merenda diversa dal solito, da gustare in compagnia dei vostri ospiti!
Quantità per: circa 20 pancake in base a quanto li farai grossi Realizzazione: facile In abbinamento: perché non un centrifugato di fragole e lamponi?
TI SERVE
1 uovo
450 ml di latte fresco
50 gr di burro
2 cucchiai di zucchero
Il succo di mezzo limone
260 gr di farina (00 o di riso)
1 bustina di lievito
1 cucchiaino di bicarbonato
250 gr di fragole
Qualche lampone per guarnire
Zucchero a velo
PREPARAZIONE
In una ciotola rompi l’uovo, aggiungi il latte, il burro fuso (ma lascialo raffreddare) e il succo del limone. Con una frusta o una planetaria mescola il tutto.
Ora unisci gli ingredienti secchi: lo zucchero, la farina, il lievito e il bicarbonato e continua a mescolare.
Fai scaldare una padella per crepes (è larga almeno 20 cm e piatta) a fuoco medio/basso. Io uso una padella antiaderente così non necessita di essere unta con il burro.
Comincia a cuocere i pancake: con un mestolo (o un dosatore) prendi un po’ d’impasto e mettilo al centro della padella. Quando cominceranno a formarsi delle bolle significa che il lievito sta facendo il suo dovere e il pancake si sta gonfiando quindi lo può girare dall’altra parte.
Continua così finché non termini l’impasto. A me piacciono i contorni irregolari, ma se vuoi dare una forma perfettamente tonda al pancake o una forma di cuore etc. puoi acquistare le formine in silicone.
Mentre i pancake raffreddano con un frullatore a immersione riduci in purea le fragole. A piacere puoi aggiungere dello zucchero e filtrare i semini.
Puoi comporre il dolce: un pancake, purea di fragole, lamponi e sopra lo zucchero a velo.
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Rosa dei Masi Rosato delle Venezie Igt 2014 scaled
Siamo in estate, nel pieno di questa fantastica stagione. E sempre più ricerchiamo prodotti freschi, che possano regalarci momenti di sollievo. Ma non vogliamo rinunciare al nostro amato nettare d’uva. Quindi quale miglior prodotto può regalarci piacere e freschezza se non un vino rosato? Questa volta vinialsupermercato.it punta la lente di ingrandimento su una grande casa vinicola veneta, che nella sua vasta gamma di prodotti può vantare un rosato estremamente interessante nel rapporto qualità prezzo. Parliamo di Masi Agricola e del suo Rosa dei Masi. Alla vista il vino si presenta di un color rosa tenue: la classica “buccia di cipolla”, con un’ottima luminosità e limpidezza. Passando all’olfatto la frutta matura è molto presente: lampone e ribes la fanno da padroni ma al naso l’eleganza e la complessità di questo vino fanno presagire una beva – se possibile – ancora più interessante. Al palato tutta la morbidezza del vitigno Refosco, ottenuta grazie a una nuova interpretazione dei vini rosati. E’ il frutto della “Masi Expertise” nella vinificazione – in piccole quantità – di uve leggermente appassite. Ecco dunque i ritorni di frutti rossi maturi che non celano una piacevole acidità, riconducibile al succo della melagrana. Un concerto sintetizzabile con la sensazione di freschezza assoluta. Colpisce, infine, la straordinaria persistenza di questo vino. Un “Supervenetian”, insomma, fratello minore del noto Campofiorin rosso. Ottimo come aperitivo e con antipasti, Rosa dei Masi è il compagno perfetto per gustare anche crostacei, frutti di mare e pasta con condimenti e sughi leggeri.
Prezzo: 11,90 euro
Acquistato presso: Supermercati Tosano, Gruppo VeGè
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Abbiamo trovato per caso questo prodotto di un’annata non più in commercio. Impossibile resistere alla tentazione. Il rischio si è trasformato in una gradevolissima sorpresa. Parliamo di quello che ormai è uno dei prodotti più rappresentativi della famiglia di produttori Lunelli: il Ferrari Perlé. Annata indicata in etichetta: 2005. Sboccatura effettuata nel 2011. Una scommessa, come dicevo, vinta praticamente in partenza. Una “bollicina” evidentemente differente rispetto ai suoi ‘fratelli minori’: 2007, 2008, 2009 non hanno queste caratteristiche. Un vino che ha un suo carattere, facilmente riconoscibile. E anche il prezzo lo ha reso estremamente interessante. Ferrari, insomma, conferma ancora una volta di non avere nulla da invidiare ai cugini francesi. Rendendo questi grandi prodotti alla portata di tutti: una garanzia.
LA DEGUSTAZIONE
Di colore giallo vivo con riflessi dorati, Ferrari Perlé 2005 mostra una spuma compatta e persistente, un perlage elegante, di filari ordinati e fini. Al naso miele di acacia, tanta frutta matura, crosta di pane molto riconoscibile. Un vino armonico, reso ancora più speciale da sentori di melassa da canna da zucchero. Al palato la beva è piena. Una bollicina che centra letteralmente in pieno tutte quelle che sono le caratteristiche da soddisfare per una bevuta piacevole. Armonico ed equilibrato, il Ferrari Perlé 2005 ben bilancia sapidità, acidità e morbidezza del perlage sulla lingua. La mandorla amara domina il retro olfattivo, seguita da sentori di miele e pasta lievitata.
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Lambrusco di Modena Bio Cavicchioli e Figli Esselunga e1470329818814
(4 / 5)Pare non vi sia ancora traccia, sul sito web della Umberto Cavicchioli & Figli, di quello che – forse – è l’ultimo arrivato in quel di via Canaletto 52, San Prospero. Tant’è: il Lambrusco di Modena Doc Biologico Cavicchioli ha fatto invece la sua comparsa sugli scaffali dei supermercati Esselunga. Potevamo non dargli il benvenuto su vinialsupermercato.it? Eccolo dunque sotto la nostra lente di ingrandimento. A colpire, innanzitutto, è il prezzo: soli 3,99 euro. Pochi centesimi in più, dunque, rispetto al costo medio di un Lambrusco non biologico, acquistabile al supermercato. Che sia questa la ragione della poca ‘enfasi’ data al lancio del prodotto da parte della casa modenese? Può darsi. Di buono c’è sicuramente l’adesione di Cavicchioli al circuito RafCycle, come ben evidenziato sull’etichetta posteriore della bottiglia. “Un concetto di riciclaggio innovativo che si basa sul riutilizzo degli scarti generati dalle etichette adesive per creare nuovi materiali”, come spiega il sito della Upm Raflatac, che “recupera i sottoprodotti delle etichette adesive, destinati all’incenerimento o allo smaltimento in discarica e li trasforma, facendoli ‘rinascere’. RafCycle riduce la quantità dei rifiuti da smaltire in discarica e offre innumerevoli vantaggi agli stampatori, ai confezionatori, ad altri operatori del settore delle etichette e, ovviamente, all’ambiente”. Ma arriviamo al dunque: la degustazione.
Nel calice il Lambrusco di Modena Doc Biologico della Umberto Cavicchioli e Figli si presenta di un rosso rubino poco trasparente. Spuma vivace che si disgrega rivelando un “perlage” vivace, persistente e davvero fine. Al naso note vinose e fruttate di mela Golden Delicious matura, che preannunciano l’abboccatura, oltre ai caratteristici sentori floreali di viola mammola. Al palato è piacevole, per nulla stucchevole l’abboccatura. Di corpo fresco, si svela sapido e fruttato: di nuovo di mela matura il sentore predominante. Un vino, il Lambrusco di Modena bio Cavicchioli, da abbinare agli antipasti a base di salumi, ai primi o ai secondi di carne bianca, purché leggeri. Il bio Cavicchioli, insomma, promosso soprattutto nel rapporto qualità prezzo. Per la sua beva facile (10% alcol in volume), un ottimo alleato nelle calde giornate d’estate. Da servire a una temperatura tra i 9 e i 12 gradi.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ivo Joly presidente La Kiuva Cooperativa Valle dAosta 1024x768
Grasso che cola. E per una volta non è quello dell’unico lardo a Denominazione d’origine protetta d’Italia. Ad Arnad, villaggio di 1.300 anime della bassa Valle D’Aosta, protetta da una gincana di stradine strette che conducono sulla riva di un torrente, opera la società cooperativa La Kiuva. Frazione Pied de Ville, civico 42, per i pignoli. Trecentosessantuno metri sul livello del mare, per i curiosi. E uno Chardonnay da far invidia alle più prestigiose case vitivinicole italiane, per chi mastica pane e vino. Sabrina Salerno e Jo Squillo per la colonna sonora: qui, ad Arnad, canterebbero che “oltre al lardo c’è di più”. Lo sa bene Ivo Joly, 43 anni, il dinamico presidente de La Kiuva. Una cooperativa che, oltre a competere con le prestigiose realtà private del vino valdostano, si è ormai inserita nel business della ristorazione, servendo menu a base di prodotti tipici proprio sopra i locali adibiti a cantina. Per trovare l’eccellenza vera, basta spostarsi nell’ampio wine store dotato di un moderno bancone per la degustazione dei vini. E chiedere uno Chardonnay. Anzi, due. La Kiuva produce infatti uno Chardonnay “base”, che definire “base” non si può. E un secondo, affinato in barriques: altro calice con cui varrebbe la pena di fissare un tête-à-tête. Prima o poi, nella vita.
Di colore giallo paglierino mediamente carico, lo Chardonnay La Kiuva presenta al naso note di frutta fresca a polpa bianca e gialla. Il caratteristico richiamo esotico all’ananas fa spazio con l’ossigenazione a sentori grassi, tipici del burro di montagna spalmato sul pane croccante. Una sorta di contrasto dolce-salato che si fa solido nel suo materializzarsi concreto. Preannunciando una beva di grande mineralità, struttura e persistenza. Per una “base” che “base” non è, come annunciato. Ed è questo il punto di partenza (d’eccezione) dell’altro capolavoro della cooperativa: lo Chardonnay barrique La Kiuva. Con la sua beva sapida e minerale resa ancora più morbida e rotonda dal legno cui è affidato l’affinamento del prezioso nettare, in grado di conferirgli inoltre un’apprezzabilissima vena balsamica. Vini che, bevuti giovani o più maturi (il barrique è un vendemmia 2011 perfettamente in auge), offrono il meglio dell’accoppiata costituita da terroir ed escursione termica, in questo angolo di Valle d’Aosta reso grande da Madre Natura. Lo stesso si può dire del Muller Thurgau, che sfodera senza ritegno una spalla acida invidiabilissima e una mineralità accentuata, ben calibrata con la piacevolezza delle note fruttate fresche. Meno significativi Pinot Gris e Petite Arvine, proposti in apertura di degustazione. Nettari comunque in grado di comunicare, seppur in maniera più soffusa, le peculiarità del marchio La Kiuva.
SPUMANTI E VINI ROSSI
Non mancano, per gli amanti delle bollicine, due metodo classico come il Seigneurs de Vallaise – 40% Chardonnay, 30% Pinot Noir e 30% Pinot Gris – dal perlage accattivante al palato e dal buon corpo (forse un po’ a discapito delle note fruttate) e l’ancora più interessante Traverse La Kiuva, spumante ottenuto al 100% da uve Nebbiolo. Quaranta mesi minimo di permanenza sui lieviti che conferiscono a questo “rosè” sentori di agrumi e crosta di pane, oltre agli accenni immancabili a piccoli frutti a bacca rossa. In bocca colpisce la gran sapidità, che gioca sottile su note eleganti di lime e pompelmo, nonché su una linea (rieccola) vagamente balsamica che richiama la mentuccia. Un corpo e una sostanza diversa da quella dei Nebbiolo rosé prodotti nel vicino Piemonte (per esempio nella zona di Ghemme, Novara), forse per quel calore nella beva espresso dai 13,5 gradi di percentuale d’alcol in volume. Capitolo rossi della Cooperativa La Kiuva di Arnad? A spiccare su tutti, ma agli antipodi tra loro, sono il Nebbiolo Picotendro e l’Arnad Montjovet Superior. Un Nebbiolo da assaporare giovane, il primo, che nel calice si mostra d’un rosso rubino intenso e che al naso evidenzia note di lamponi, fragoline di bosco e more mature. Corrispondente al palato, risulta morbido e avvolgente e dal tannino delicato, che ha comunque bisogno di qualche minuto per slegarsi completamente e conferire una dignitosissima eleganza alla beva. Ma se il Picotendro della Cooperativa La Kiuva è ottenuto mediante macerazione prefermentativa a freddo di 3-4 giorni e fermentazione a 30-32°, con macerazione delle bucce per 5/7 giorni e svinatura dolce, più complessa è l’elaborazione del Valle d’Aosta Doc Arnad Montjovet Superior. Vino rosso top di gamma de La Kiuva, è costituito da un 70% minimo di Nebbiolo, cui vengono aggiunti Gros Vien, Neyret, Cornalin e Fumin. La vinificazione è tradizionale, a cappello emerso, con lunga macerazione delle vinacce: sino a 15-20 giorni, a temperatura controllata, variabile tra i 28 e i 30 gradi. Fondamentale l’affinamento in legno per un periodo tra i 10 e i 12 mesi, cui vanno a sommarsi altri 6 mesi di maturazione in bottiglia, prima della commercializzazione. Un vino che nel calice si mostra d’un rosso rubino con riflessi granati, dal quale si sprigionano eleganti note fruttate (confettura), balsamiche e speziate. In bocca esprime tutta la potenza elegante del Nebbiolo: misurate ma intense le note balsamiche e speziate che ritornano anche al palato. E di nuovo un’accentuata sapidità, che chiama il sorso successivo. Solo cinquecento le bottiglie prodotte mediamente ogni annata, numero che sale a 5 mila per la “base” (che “base” non è).
“VIGNAIOLI PER PASSIONE” Curioso scoprire dopo la degustazione che La Kiuva, nonostante il buon livello dei vini prodotti, costituisca l’attività “secondaria” dei quaranta soci della Cooperativa. “La maggior parte di noi – spiega il presidente Ivo Joly (nella foto) – non è dedita alla produzione di vino a tempo pieno. Si tratta di un’attività collaterale, affiancata a quella principale che può essere nel ramo dell’agricoltura o dell’artigianato. La sede principale è stata edificata nel 1975, una delle prime cantine concepite dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta. I primi conferimenti di uve e dunque la prima vinificazione risalgono al 1979″. Dal 2008, anno nel quale La Kiuva ha deciso di produrre lo spumante metodo classico 100% Nebbiolo, la coop ha ridato vita ad alcune cantine storiche dislocate sul territorio di Arnad, oggi utilizzate principalmente come luogo per lo stoccaggio del vino in maturazione. “La sfida per il futuro – dichiara ancora il presidente Ivo Joly – è quella di offrire un prodotto che risulti concorrenziale sul mercato. Abbiamo prodotti di nicchia dei quali vantarci, capaci di conquistare anche mercati diversi da quello italiano. Esportiamo già negli Usa 20 mila bottiglie delle 100 mila prodotte complessivamente. L’interesse è crescente all’estero, sia sui vini da tavola sia sul nostro Picotendro. Sarebbe interessante, quindi, riuscire a consolidare ulteriormente la nostra presenza in Italia. Magari puntando tutto sul nostro Traverse. Superficie e potenzialità per incrementare ulteriormente la produzione ci sono – conclude Joly – ma dobbiamo innanzitutto tener conto della nostra realtà, tutto sommato giovane e costituita, appunto, da vignaioli per passione, più che per professione”. Basti pensare che, fino a 10 anni fa, i vigneti che conferivano alla Kiuva erano ancora a pergola. Oggi solamente filari. Splendidi. Pronti a perdersi, a vista d’occhio, con le montagne a fare da sfondo. O magari all’ombra del Forte di Bard. Tra i 13 ettari vitati che vanno da Hone a Montjovet.
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Marco Buvoli pinot nero metodo classico 10 1024x765 1
“Il dubbio è la nostra passione e la passione è il nostro compito”. Cita Henry James, Marco Buvoli, per sintetizzare il senso di una vita (la sua): produrre vino di qualità. Possibili “dubbi” fugati in un baleno. Grazie alla degustazione del Metodo Classico Buvoli Extra Brut “10 e mezzo”, cifra che sta a indicare l'”età anagrafica” delle bollicine in questione, frutto dell’elaborazione effettuata nell’Opificio del Pinot Nero, il “laboratorio creativo” del viticoltore che opera tra Gambugliano e Vicenza, in Veneto. Un ottimo prodotto, soprattutto considerando che il produttore, persona squisita e appassionata, produce fantastici prodotti da poco tempo nella sua magnifica cantina, nata quasi per gioco (per scommessa) adibendo appositamente un’ala della propria abitazione. Sicuramente una lunga vita per questo vino, che poteva andare ben oltre i suoi 10 anni e mezzo:; torneremo dunque a degustarlo nei prossimi anni. Limitandoci, per ora, alla consacrazione di un mito liquido che nel calice si veste d’un giallo carico, molto brillante , con riflessi dorati. Perlage estremamente fine e “catenelle” molto persistenti. Al naso, a primo impatto, un piacevole sentore di miele di castagno. L’ossidazione dei mosti regala uno spirito pungente all’olfatto, unico nel suo genere, cui fanno da contraltare note di vegetale fresco. In bocca eleganza assoluta nella beva, note di frutta esotica e crosta di pane, pienezza sostenuta da una buona spalla acida. Nel retrogusto una leggera nota amara, oltre a richiami di fichi e mandorle. Ottimo a tutto pasto, la bollicina Buvoli è anche un ottimo vino “da conversazione”.
LA VINIFICAZIONE
Lo spumante Metodo Classico “10 e mezzo” Extra Brut nasce dall’assemblaggio di basi di annate diverse, di cui una piccola parte affinata in legno. La rifermentazione in bottiglia ha una durata – come suggerisce il nome stesso del vino – di oltre 10 anni e mezzo. “È senza dubbio il mio spumante con maggiore personalità e carattere – spiega Marco Buvoli – anche se sono consapevole che molti lo ritengono un po’ troppo estremo per via delle spiccate note evolutive. Nelle degustazioni alla cieca è però quello che quasi sempre ottiene il punteggio maggiore grazie alla sua straordinaria potenza e persistenza aromatica. Come al solito, sta a voi giudicare e qualunque cosa ne pensiate di questo spumante, voi avete ragione e lui non cambierà”. Chapeau.
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Complesso, armonico, eclettico. Gaudium Kerner Alto Adige Valle Isarco Doc 2015 Abbazia di Novacella è tutto questo. Un vino che nel calice si presenta di un giallo paglierino con chiari riflessi verdolini. Al naso note florali fresche, ma soprattutto fruttate di pesca, albicocca, frutta esotica (papaya), scorza d’arancia e una vena speziata di pepe bianco. Tutti sentori che è possibile ritrovare anche al sorso. Kerner 2015 Abbazia di Novacella è un vino fresco, che denota una certa sapidità abbinata a uno spunto minerale importante. Beverino, nonostante i 13,5% di alcol in volume, si fa apprezzare per il calore e la fluida morbidezza. Non si tratta del prodotto di punta della Stiftskellerei Neustift (Abbazia di Novacella, per l’appunto) di Varna, Alto Adige. Ma è certamente uno dei migliori vini bianchi altoatesini reperibili sugli scaffali della grande distribuzione italiana, nel rapporto qualità prezzo. In cucina accompagna alla perfezione gli aperitivi, le insalate, i primi piatti con condimenti saporiti. Non disdegna, ovviamente, il pesce, con i crostacei in pole position, e i formaggi a latte crudo di media stagionatura. Un consiglio? Provatelo con una vellutata di sedano e patate.
LA VINIFICAZIONE
Introdotto come vitigno in Alto Adige circa vent’anni fa, il Kerner dell’Abbazia di Novacella viene prodotto nei vigneti situati nei Comuni di Bressanone, Varna e Naz-Sciaves, tutti situati a un’altitudine variabile tra i 600 e i 750 metri sul livello del mare. Le viti affondano le radici in un terreno ricco di ghiaia limosabbiosa di origine morenica. L’esposizione è a sud, sud-ovest, con una pendenza del 25-40%. Il Kerner viene allevato a Guyot, con una densità di 6-7 mila piante per ettaro e una resa media di 65 ettolitri. Le uve vengono vendemmiate all’inizio del mese di ottobre. La vinificazione e la maturazione avvengono in acciaio inox, a una temperatura di fermentazione di 20 gradi circa. I lieviti utilizzati sono naturali e selezionati. Fondamentale l’affinamento di 6 mesi in acciaio inox, prima della commercializzazione. A oltre 850 anni dalla fondazione, l’Abbazia dei Canonici Agostiniani di Novacella conduce oggi 20 parrocchie attraverso l’opera pastorale. Ogni anno migliaia di visitatori vengono accolti nell’abbazia di Novacella, che si sostiene economicamente proprio grazie alla coltivazione e la vendita di prodotti agricoli come erbe aromatiche e frutta. E, ovviamente, attraverso l’attività della Cantina dell’Abbazia, capace di ottenere con i suoi vini grandi riconoscimenti, anche a livello internazionale.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Refosco dal Peduncolo Rosso Friuli Colli Orientali 2014 Jean Paul Roble
Frutto di un ‘concept’ raro da rinvenire tra i banchi della grande distribuzione organizzata italiana, i vini Jean Paul Roble 85 15 nascono “da un concetto di terroir ispirato ai territori della Borgogna, di Pomerol, di Bordeaux e della Loira”. Vini francesi destinati prevalentemente a un pubblico di “nicchia”, la cui filosofia, coniugata all’italiana, mira a rivolgersi “a un pubblico più vasto”. Non a caso Jean Paul Roble non è il nome del produttore, bensì lo ‘pseudonimo’ dietro al quale si ‘cela’ Effe. Ci Parma Srl: uno dei colossi del mercato italiano del vino. Tra le Doc commercializzate con questo marchio, prodotte esclusivamente nei Colli Orientali del Friuli, in un appezzamento di 16 ettari sulla collina di Ipplis, coltivata per 3 ettari a Pinot Grigio, 3 a Friulano, 3 a Sauvignon, 5,5 a Chardonnay, 1,5 a Refosco e 1 a Merlot, peschiamo proprio il Refosco dal Peduncolo Rosso. Per l’esattezza, la vendemmia che finisce sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it è la 2014, per la quale figura come imbottigliatore l’azienda agricola Ca’ Ronesca Sas di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia. Un vino che, all’esame visivo, si presenta d’un rosso rubino intenso. Al naso esprime note di buona intensità, che richiamano la viola e piccoli frutti a bacca rossa. Già all’olfatto uno spunto vinoso, classico del vitigno, che ritroviamo poco dopo al palato. Così come si ripresentano pure le note fruttate fresche di piccole bacche rosse, come ribes e lampone, cui si accosta piacevolmente la bacche nere della mora selvatica, dallo sprint acidulo finale. Un quadro che fa del Refosco dal Peduncolo Rosso Friuli Colli Orientali Doc 2014 Jean Paul Roble un vino rotondo, di facile beva, non impegnativo. Un vino pulito e leggero, ma capace di mostrare una certa trasversalità e versatilità negli abbinamenti con la cucina italiana. Un prodotto, insomma, che accompagna pietanze non eccessivamente complesse.
LA VINIFICAZIONE Il Refosco dal Peduncolo Rosso Jean Paul Roble, come anticipato, proviene da un appezzamento di 3 ettari, posto nel comune di Premariacco, in provincia di Udine. Più esattamente, nella piccola frazione di Ipplis. Il vigneto si trova in una zonacollinare, con altezza variabile tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare. I suoli sono di tipo marnoso e calcareo, ricchi di elementi nutritivi come potassio, magnesio, calcio, ferro, manganese, zinco. Allevate con il sistema del guyot lineare, lasciando quattro gemme per ogni pianta, come in uso in questa zona di produzione del Refosco, le viti – di 4 anni – registrano una densità di 3.600 piante per ettaro. Le rese si assestano sui 70 quintali per ettaro: 1 Kg circa, per pianta. La vinificazione prevede, dopo la fermentazione a temperatura controllata tra i 25 e i 28 gradi, un affinamento in vasca di acciaio per alcuni mesi. il Refosco Jean Paul Roble 2014 ha riposato altri due mesi in bottiglia, prima di essere immesso in commercio. Ne sono state prodotte 30 mila bottiglie.
Prezzo pieno: 5,90 euro
Acquistato presso: Iper la Grande I (Finiper)
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Cacce Mmitte della Marchesa Doc 2012 Cantina La Marchesa Lucera 768x1024 2
Alzi la mano chi conosce la Doc Cacc’e Mmitte di Lucera. E adesso giurate. Si chiama così una tra le Denominazione di origine controllata meno conosciute della Puglia e, forse, dell’Italia intera. Prodotta nella città di Lucera, in provincia di Foggia, è una delle tipologie di vino più antiche della regione. Non a caso Cacc’e Mmitt si è sempre fatta apprezzare per l’alta qualità dei suoi vini che possono fregiarsi del suo nome, all’interno del territorio pugliese. Ne è una riprova l’amore dell’imperatore Federico II di Svevia per questo territorio e per i suoi prodotti. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce così il Cacc’e MMitte della Cantina La Marchesa, vendemmia 2012. Un blend di Nero di Troia, Montepulciano e Bombino Bianco. Il vino si presenta di un rosso rubino, con riflessi violacei e mostra una buona vivacità e scorrevolezza. Al naso esprime il profumo di viole, vaniglia e sottobosco. I frutti rossi primeggiano all’interno del calice: nello specifico ribes e mora. Durante l’analisi gustativa riconosciamo la buona tannicità di questo vino. Un tannino non esattamente morbido, che regala tuttavia una piacevole sensazione di astringenza, tutt’altro che fastidiosa. Seguono note di amarane sciroppate, prugne, more e gelsi, accompagnati da leggeri sentori balsamici e liquirizia. Un mix che conferisce una buona persistenza. L’abbinamento perfetto per questo rosso potente sono i ragù di carne, le carni rosse in generale e la selvaggina.
LA VINIFICAZIONE
La vinificazione del Cacc’e Mmitte di Lucera Doc 2012 di Cantina La Marchesa prevede che la vendemmia delle varietà Montepulciano e Bombino Bianco avvenga agli inizi di settembre. Quella del Nero di Troia, invece, si protrae sino alla fine del mese di ottobre. Le piante che hanno un’età media di 20 anni crescono su un terreno argilloso e ricco di minerali, conferendo uve sane e ricche. La fermentazione alcolica avviene per 10 giorni sulle vinacce a una temperatura controllata tra i 22 e i 24 gradi. La fermentazione malolattica avviene in acciaio Inox, per una durata di 15 giorni. Il vino matura poi per tre mesi in acciaio e completa il suo processo di affinamento in tonneau per 8 mesi. Segue una maturazione in bottiglia per altri 8 mesi, prima della commercializzazione. Cantina La Marchesa produce ogni anno circa 10 mila bottiglie di questa etichetta.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
E’ la persistenza il valore aggiunto del Chianti Classico Docg Pèppoli Marchesi Antinori. Il buon nome della casa vinicola fiorentina costituisce di per sé garanzia di qualità assoluta. E il Chianti Classico Pèppoli è, di fatto, il risultato della ricerca di un prodotto di facile consumazione. Tutt’altro che banale, ma allo stesso tempo (volutamente) non complesso. Un Chianti che sembra voler condurre con una certa fretta al proprio finale, lungo e persistente: non perché ‘consapevole’ d’aver poco da raccontare nel mezzo. Piuttosto per giungere presto al meglio di sé. Sfoderando presto il proprio asso nella manica. Un ospite timido e discreto, pur delizioso e raffinato. Per il quale aggiungere – volentieri – un calice a tavola. La trama del Chianti Classico Pèppoli Antinori inizia a raccontarsi da sola già all’esame visivo. Il colore rosso rubino vivo, intenso, suggerisce la grande centralità delle note fruttate, ricercate e volutamente ‘spinte’, sia al naso sia al palato. Il Sangiovese (90%) sussurra le classiche note di viola che avvolgono i frutti rossi. Merlot e Syrah aggiungono suadenza e nerbo, suggerendo tinte terziarie speziate delicate e vaniglia. Fondamentale in questo senso l’apporto dell’affinamento in barriques. Il Chianti Classico Pèppoli Antinori accompagna trasversalmente, dai primi ai secondi, la cucina di media complessità. Qualche suggerimento? Un ragù saporito, una bistecca alla fiorentina, un formaggio come il Bitto della Valtellina. Da provare anche con le empanadas argentine.
LA VINIFICAZIONE
Questo Chianti Classico di casa Antinori è ottenuto, come anticipato, da uve Sangiovese, Syrah e Merlot. Le varietà vengono vinificate separatamente. Il Sangiovese svolge la macerazione in acciaio per circa 10 giorni, mentre Merlot e Syrah necessitano di più tempo. L’obiettivo è quello di “ottenere tannini soffici e preservare le note fruttate”. La fermentazione malolattica, utile alla trasformazione del ‘duro’ acido malico nel ‘morbido’ acido lattico, avviene prima dell’inverno per tutte e tre le varietà. All’inizio del 2014, il Chianti Classico Docg Pèppoli 2013 Antinori è stato assemblato e immesso in legno grande, dove è rimasto a riposare per circa un anno. L’ulteriore maturazione è avvenuta in botti di rovere di Slavonia, mentre un 10% è stato affidato a piccole barriques. L’imbottigliamento è avvenuto nella primavera 2015. L’annata 2013 è stata caratterizzata da frequenti precipitazioni durante i mesi invernali e temperature sotto la media durante i mesi primaverili. Il germogliamento della vite è avvenuto in ritardo di 10-15 giorni rispetto alla media. Il caldo, sopraggiunto intorno alla metà di luglio, ha accelerato i processi di maturazione delle uve, che sono proseguiti con regolarità durante l’estate. Le alte temperature e le ottime escursioni termiche de mese di settembre hanno permesso di arrivare a una corretta maturazione delle uve. Pèppoli è stato introdotto nel 1988 da Marchesi Antinori, in seguito alla prima vendemmia 1985.
Prezzo: 18,49 euro
Acquistato presso: Iper la grande I, Finiper
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Sedara Sicilia Doc Rosso Donnafugata vino e1465644151999
Non certo la migliore espressione dei vini rossi della casa vinicola siciliana Donnafugata, Sedàra Sicilia Doc Rosso 2013 si presenta da sé sull’etichetta”d’autore” posta sul retro bottiglia: peraltro di difficile lettura, non solo per i caratteri troppo “piccoli” ma anche per la scelta di stampare le note descrittive su una raffigurazione delle cantine di Contessa Entellina (tutto bellissimo – per carità – ma difficile da apprezzare appieno tra le corsie di un supermercato). Vino “piacevole e informale”, si può leggere, “dalla pizza al barbecue”. Insomma, il vino “base” Donnafugata. Da apprezzare non per particolari doti, ma proprio per la sua intrinseca trasversalità nell’accompagnare le pietanze di tutti i giorni. Un vino, Sedàra Sicilia Doc Rosso, che si presenta nel calice di un rosso profondo, poco trasparente. Il suo punto forte? Quell’essere timido in entrata e forte in chiusura, sia al naso sia al palato. Con la frutta rossa (ciliegia) che si esprime intensa prima di lasciare spazio a una speziatura decisa, di pepe nero e chiodi di garofano. Sentori che, all’olfatto, si fanno tuttavia sempre meno eleganti nel calice, col passare dei minuti. Vino fresco e di facile beva nonostante i 13 gradi, risulta morbido e rotondo in bocca. Caratteristiche, queste, che lo rendono l’accompagnamento perfetto per piatti non troppo elaborati: la cucina di tutti i giorni, senza troppi fronzoli, sembra insomma il territorio prediletto di questo vino rosso siciliano. A una temperatura di servizio tra i 16 e i 18 gradi.
LA VINIFICAZIONE
A comporre il ‘quadro’ di Sedàra Sicilia Doc Rosso Donnafugata sono Nero d’Avola (prevalente), Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. La zona di produzione è quella della Sicilia sud occidentale, più precisamente quella della Tenuta di Contessa Entellina e dei territori limitrofi. Le vigne sono tutte collocate a un’altitudine che varia dai 200 ai 600 metri sul livello del mare, con orografia collinare e suoli franco-argillosi a reazione sub-alcalina (pH da 7,5 a 7,9). Ricca la presenza di elementi nutritivi (potassio, magnesio, calcio, ferro, manganese, zinco) mentre il calcare totale varia dal 20 al 35%. Il vigneto è allevato con il sistema della controspalliera, con potatura a cordone speronato, lasciando da 6 a 10 gemme per pianta. La densità d’impianto varia da 4.500 a 6 mila piante per ettaro e rese di circa 85 quintali per ettaro (1,6 kg per pianta). La vendemmia delle uve destinate al Sedàra inizia a fine agosto con il Merlot e prosegue nelle prime due settimane di settembre con la raccolta di Syrah, Nero d’Avola e Cabernet Sauvignon. La fermentazione è svolta in acciaio con macerazione sulle bucce per circa 10 giorni alla temperatura di 25-28° gradi e per circa 6- 8 giorni alla temperatura di 24-25°C. A fermentazione malolattica svolta, segue l’affinamento per 8 mesi in vasca e poi in bottiglia per almeno altri 5 mesi. La longevità di Sedàrà, una volta messo in commercio, è di 4-5 anni. Immortale, invece, la raffigurazione in etichetta che riporta alla memoria Angelica Sedàra e l’affascinante sua interprete Claudia Cardinale, protagonista del film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti.
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Sentiamo spesso parlare di vini neozelandesi. Vini che, ormai, è facile reperire anche sul mercato italiano. Vinialsupermercato.it, come al solito, cerca di aiutarvi nelle scelte in campo enologico. E oggi racconta di un Sauvignon Blanc proveniente proprio dalla Nuova Zelanda. Si tratta del Sauvignon Blanc 2013 Insight, “single vineyard” Marlborough, prodotto dalla cantina Vinultra nella Waihopai Valley. Il vino si presenta di un colore giallo paglierino, di buona limpidezza. Al naso esprime un bouquet estremamente ampio e accattivante, molto “femminile” e floreale. Si passa dal passion fruit alla classica foglia di pomodoro, fino alle note di zenzero fresco. Un naso prezioso, che anticipa un sorso ancora più soddisfacente. La frutta esotica torna prepotentemente, il che potrebbe far risultare questo vino stucchevole. Ma immediatamente sopraggiungono note agrumate di pompelmo rosa, a bilanciare il tutto. Completano il quadro note speziate e minerali. Il ritorno, una volta deglutito il vino, è di quello di piacevoli e persistenti foglie di pomodoro, oltre agli onnipresenti agrumi e alle spezie.
LA VINIFICAZIONE L’azienda Vinultra è situata a Malborough, sulla East coast della Waihopai Valley, uno dei territori più conosciuti e vocati alla coltivazione della vite in Nuova Zelanda. Il vitigno scelto per la produzione di questa etichetta si sviluppa su due terrazze differenti: quella inferiore è estremamente ricca di sassi, un terreno limoso e argilloso. Quella superiore, invece, sempre composta di argilla e limo, presenta in abbondanza grandi blocchi di ghiaia, in questo caso friabile. Il sistema di allevamento è la controspalliera e la raccolta delle uve Sauvignon Blanc avviene tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio. La diraspatura è seguita da una pressatura con pressa pneumatica. Le uve subiscono poi criomacerazione per 48 ore, processo utile alla conservazione degli aromi varietali dell’uva. La fermentazione avviene in vasche d’acciaio e il vino riposa sur lies, ovvero “sulle bucce”, per diversi mesi prima di essere imbottigliato.
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Arnolfo di Cambio Toscana Igt vino 2009 Fattoria il Palagio e1465333608239
(4,5 / 5) Figlio di Cambio e Perfetta, lo scultore e architetto Arnolfo di Cambio è senza dubbio una delle figure centrali dell’arte Medioevale.
A lui è dedicato l’omonimo Arnolfo di Cambio Sangiovese Toscana Igt della società agricola Fattoria Il Palagio, proprietà dei marchesi Tortoli Matteucci acquistata nel 1979 dalla nota famiglia del vino italiano Zonin, che la converte dall’indirizzo cerealicolo e olivicolo originale all’attuale viticolo e olivicolo.
Ci troviamo appunto in località Il Palagio a Castel San Gimignano, in provincia di Siena. Un vino con una storia da raccontare, insomma, questo Sangiovese in purezza che “scomoda” un nome altisonante della scuola cistercense. E un vino che, date le premesse, non delude affatto le attese. Anzi.
LA DEGUSTAZIONE
La vendemmia 2009, quella finita sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, sorprende oltre le attese. Nel calice il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio si presenta di un rosso rubino tendente al granato. Scorre mediamente denso, colorando il vetro d’una tinta poco trasparente.
Al naso risulta di un balsamico intrigante. Tra le note di frutti rossi e quelle floreali di viola mammola si fa largo una speziatura decisa di liquirizia dolce, che domina la scena e mitiga sentori più duri, di cuoio. L’ossigenazione del prezioso nettare nel calice regala di lì a poco l’incedere, timido e delicato, del baccello di vaniglia.
Un lampo di femminile gentilezza, prima di un assaggio che risulta di primo acchito antitetico. In bocca, il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio entra – di fatto – piuttosto austero. Per aprirsi, poi, alle note fruttate (piccole bacche rosse) e speziate (liquirizia dolce), già avvertite al naso.
Il tannino, elegante e suadente, accompagna un sorso di facilità non comune tra vini di tale alcolicità (13,5%) ed evoluzione (vendemmia 2009, ricordiamolo). Così come non risulta comune quel rincorrersi, quasi giocoso, tra un’acidità ancora viva e una spiccata sapidità, figlie di uno dei territori italiani maggiormente vocati alla viticoltura. Intenso e fine anche una volta deglutito, l’Arnolfo di Cambio Sangiovese Toscana Igt della Fattoria Il Palagio è un vino di assoluto livello, da degustare anche in compagnia di un buon libro.
A tavola, l’abbinamento perfetto è quello con le portate “importanti” a base di carne, dalla selvaggina alle grigliate consistenti, pur non disdegnando i formaggi di media stagionatura. La temperatura di servizio? Tra i 16 e i 18 gradi, per apprezzarlo appieno, a sorsi pazienti e rispettosi.
LA VINIFICAZIONE
Il territorio da cui prende vita il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio è quello di Castel San Gimignano, Siena: più esattamente dal Poggio di Tollena. Il mosto di uve Sangiovese (in purezza) è ricavato da vendemmia manuale, che avviene nella prima decade del mese di ottobre.
Viene posto in fermentini verticali, dove ha luogo la fermentazione alcolica che si protrae per circa 10 giorni, alla temperatura di 28 gradi. Successivamente avviene la fermentazione malolattica, il processo che consente la trasformazione dell’acido malico in acido lattico. Il vino, dunque, viene posto in botti di rovere. Resta a maturare per i successivi 18 mesi.
Un ulteriore affinamento in bottiglia, per un periodo di circa 4 mesi, anticipa la commercializzazione. Fattoria Il Palagio, oggi proprietà di Gaetano Zonin, domina un tipico poggio toscano nella Val d’Elsa senese, nel comune di Colle di Val d’Elsa e per una piccola parte nel comune di San Gimignano. Le vigne, situate a un’altitudine di 350 metri sul livello del mare, hanno un’estensione di oltre cento ettari, di cui 95 coltivati a vite e 16 ad olivo.
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Oggi incontriamo la cantina tedesca Von Winning, con il suo Win Win Riesling, vendemmia 2013. Questa interessantissima etichetta, nata nella zona di Pfalz (Palatinato), si presenta nel calice di un giallo brillante, con dei riflessi verdognoli.
Un colore che lascia presumere come si tratti di un vino con moltissimi margini di evoluzione in bottiglia, col passare degli anni: una caratteristica intrinseca dei Riesling della Renania, vera e propria terra promessa della Germania, vocata alla produzione di vini di altissimo livello.
Nel calice, Win Win si presenta limpido e senza sospensioni. Al naso il vino esprime la sua territorialità con una presenza di idrocarburi, una pronunciata mineralità e sentori erbacei di fieno appena tagliato. Non mancano le percezioni floreali riconducibili ai fiori bianchi.
Al gusto, il Riesling Win Win Von Winning 2013 esprime un’accentuata potenza e vigorosità, un vino pieno che ben si sposa con l’eleganza della frutta esotica. Questo connubio potenza-eleganza regala un vino complesso, ma allo stesso tempo la perfetta acidità spinge alla ricerca del sorso successivo. Il retrogusto, delizioso e non invadente, vede frutta esotica e albicocche protagoniste. In cucina, il Riesling Win Win è abbinabile a primi come risotti a base di pesce e verdure, ma anche a crudi di mare.
LA VINIFICAZIONE La cantina Von Winning ha una storia antica, che inizia nel lontano 1849. Coltiva le uve nelle zone di Ruppertsberger, Deidesheime e Forst, nella parte sinistra del Reno. La filosofia dei suoi vini è abbastanza ‘retro’, intesa nell’accezione positiva del termine: la riscoperta di antiche tecniche di vinificazione, improntate sulla qualità, sono le chiavi vincenti di questa casa vinicola tedesca.
Le uve del Riesling Win Win crescono a un’altitudine compresa tra i 100 e i 200 metri sul livello del mare, con un età media dei vigneti di 20 anni. Il terreno sul quale crescono le uve è di composizione variegata. Si passa da suoli leggeri e sabbiosi a terreni argillosi, tutti a base arenaria.
La raccolta delle uve, nei vigneti allevati a guyot, avviene tra l’inizio e la metà settembre. La fermentazione di questo Riesling, spontanea, avviene in grandi botti di rovere francese. Segue un affinamento in bottiglia di 6 mesi, prima della commercializzazione. La cantina, importata in italia dalla azienda Winedow, garantisce una produzione di 15 mila bottiglie per questa etichetta.
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Alghero Doc Le Arenarie Sella e Mosca e1465140776274
(4 / 5)Sauvignon alla “sarda”. Ecco cos’è, in estrema sintesi, l’Alghero Doc Le Arenarie Sella e Mosca. E se a qualcuno suona strano, basti pensare che questa varietà autoctona francese è presente tra i vigneti sperimentali della casa vinicola sassarese da quasi vent’anni. Nel calice il vino si presenta di un giallo paglierino carico, quasi tendente al dorato, pur conservando riflessi verdolini. Leggermente velato. Al naso, se stappato alla corretta temperatura di servizio, si rivela intenso e continuo nelle percezioni tipiche del Sauvignon, dalla frutta fresca (pera, pesca) e tropicale (ananas) sino ai più complessi sentori minerali e vegetali. Ma è anche in grado di sorprendere, con richiami al cedro e alla macchia mediterranea che si rivelano in seguito a una moderata ossigenazione nel calice, disegnano distintamente rosmarino, peperone e foglia di pomodoro. Un naso elegante e ricco, che conduce la mente in un viaggio tra i paradisi marittimi della Sardegna. Merito dei richiami salmastri che ritroviamo anche al palato. In bocca, di fatto, acidità e sapidità sembrano sfidarsi ad armi pari in un confronto che – in definitiva – non vede né vincitori né vinti. Una beva resa “facile” da queste caratteristiche, ma tutt’altro che banale: ben rotonda e avvolgente. Le note vegetali di peperone dolce tornano a presentarsi prima di un finale leggermente astringente e “citrico”. Tutte caratteristiche che fanno dell’Alghero Doc Le Arenarie Sella e Mosca il compagno perfetto per accompagnare piatti a base di pesce, molluschi e crostacei. A una temperatura ideale di servizio di 12 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Il Sauvignon in purezza è una delle varietà previste per la produzione di vini appartenenti alla Doc Alghero. Le uve, raccolte nelle ore più fresche della giornata, vengono macerate a freddo nelle cantine Sella e Mosca per circa 12 ore, dopo una soffice pigiatura. Il mosto ottenuto da leggera spremitura con presse pneumatiche viene illimpidito per decantazione a freddo e la fermentazione a bassa temperatura controllata, che non supera mai i 15 gradi, dura oltre due settimane. L’Alghero Doc Le Arenarie Sella e Mosca fa parte della linea “Cuore Mediterraneo” della cantina della provincia di Sassari, parzialmente reperibile sugli scaffali della grande distribuzione organizzata italiana, dove la cantina è molto attiva.
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Il melograno cantina la marchesa vino recensione abbinamenti 1 e1465126682362 214x300 1
Ecco quello che, senza dubbio, può essere definito uno dei migliori rosati pugliesi. Non a caso anche uno dei più premiati. Parliamo del rosato Il Melograno Igt Daunia di Cantina La Marchesa, ottenuto da uve Nero di Troia in purezza. Il vino si presenta di un colore che ricorda molto il territorio caldo nel quale viene prodotto. Siamo a Lucera, in provincia di Foggia. E il bel rosa ciliegia intenso, nel calice esprime tutta la sua brillantezza e scorrevolezza. Al naso emergono i profumi della Daunia – splendida subregione della Puglia Settentrionale – e della varietà Nero di Troia, con i suoi frutti rossi a bacca rossa e nera: amarene, fragole e more. Il tutto impreziosito da delicati sentori di rosa, che rendono Il Melograno di Cantina La Marchesa un vino molto elegante. In bocca si presenta vinoso. E anche se parliamo di un rosato, leggero e beverino nell’immaginario collettivo, l’etichetta finita oggi sotto la nostra lente di ingrandimento presenta un buon corpo. L’alcol in volume, che si assesta sui 13%, regala una buona morbidezza al palato. L’acidità è presente, ma non spiccata: considerando che queste uve vengono continuamente baciate dal sole, non possiamo pretendere di più. Insomma, per capire il territorio Dauno, non c’è modo migliore che bere questo vino. Perfetto l’abbinamento con salumi, scaloppine ai funghi, zuppe di pesce, crostacei, salmone, sushi e sashimi, a una temperatura di servizio compresa fra i 10 e i 13 gradi.
LA VINIFICAZIONE L’area di produzione de Il Melograno Igt Daunia Rosato è Lucera, città storica non solo per i suoi stupendi monumenti, ma anche in campo enologico uno dei primi poli produttivi del vino pugliese. Le vigne di Nero di Troia, di età superiore ai 15 anni, coltivate a un’altezza di 100 metri sul livello del mare, crescono su un terreno prevalentemente argilloso e calcareo. Il metodo di allevamento previsto da Cantina La Marchesa è a spalliera, mentre la resa è di circa 90 quintali per ettaro. Il vino, come anticipato, è ottenuto al 100% da Nero di Troia, vitigno autoctono pugliese ricco di polifenoli, sostanze dalle rinomate proprietà antiossidanti presenti nel vino. La raccolta avviene dal 10 al 25 ottobre in maniera manuale. Le uve subiscono una pressatura soffice, in presse di piccola portata. Il mosto rimane a contatto con le bucce per 5 ore, cedendo al vino il colore rosato desiderato. La fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox, a temperatura controllata.
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Ottimo vino, soprattutto nel rapporto qualità prezzo, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc della Società Agricola Vignalta di Arquà Petrarca, Padova. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, la vendemmia 2010. Nel calice si presenta di un rosso intenso con riflessi granati. Buona consistenza e intensità. Al naso questo rosso del Veneto si rivela vino molto intenso. Nonostante due anni in botte, conserva una certa freschezza e vinosità. Eppure riesce a essere molto armonico ed elegante, grazie a note marcate di sottobosco e bacche mature. Il Merlot, vitigno predominante, utilizzato nel blend con il Cabernet Sauvignon, conferisce all’olfatto il giusto spunto vegetale e speziato. Al palato, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc Vignalta 2010 conferma le attese: buona struttura, vino avvolgente caldo. Il terreno si fa sentire prepotentemente: il suolo vulcanico dà la giusta mineralità, la botte lo rende rotondo, ma comunque conserva una certa ripetibilità nella bevuta. Un rosso importante, anche nell’alcolicità (14%) che tuttavia non stanca, né risulta pesante. La tannicità ben si lega comunque a una freschezza inaspettata e sorprendente per un vino Riserva. I ritorni di confettura di frutta e peperone verde, oltre alla buona persistenza, sono i tratti distintivi del quadro retro olfattivo. Un rosso che può addentrarsi sicuramente in un medio lungo invecchiamento. Questo importante rosso veneto si abbina a portate di carne, sia bianche sia rosse, servito a una temperatura ideale di 18 gradi.
LA VINIFICAZIONE
L’area di produzione del Rosso Riserva 2010 Vignalta è quella dei Colli Euganei, tra Arquà Petrarca, Baone, Cinto Euganeo e Teolo. Prende vita da vigneti di età media compresa tra i 13 e i 21 anni, con esposizione Sud Sud-Ovest. Il suolo è ricco di calcare e argilla calcarea, con sabbia di lava disgregata. La tecnica d’impianto è quella del cordone speronato e Sylvaz, con una densità di 2000-4000 piante e una resa di 70 quintali per ettaro. Come anticipato, le varietà che compongono il blend sono il Merlot per il 60% e il Cabernet Sauvignon per il 40%. La vinificazione prevede 14 giorni di fermentazione e macerazione in serbatoi d’acciaio con lieviti selezionati. Vengono dunque effettuati quattro rimontaggi al giorno, mentre la temperatura non si discosta dai 27 gradi. L’affinamento del Rosso Colli Euganei Vignalta ha luogo in botte di rovere (Allier e Slavonia) da 500 litri, per 24 mesi. Terminato questo periodo, il vino non subisce alcuna stabilizzazione. La filtrazione grossolana e gli ulteriori 6 mesi di affinamento in bottiglia, anticipano la commercializzazione. Ogni anno, ne vengono prodotte in media 100 mila bottiglie da 750 ml, ma la cantina produttrice lo rende disponibile anche nei formati da 0.375 e da 1.5 litri.
Acquistato presso: Alìper Ipermercati
Prezzo: 12.90 euro
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