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Signorvino e Domori: i segreti dell’abbinamento cioccolato vino

Chiedigli con cosa l’abbina. C’è un momento preciso in cui il “goloso” si trasforma in gourmand: quando nella testa gli balena il pensiero d’abbinare a quella tavoletta di cioccolato un buon vino. Questione di gusto. Ma anche di sensibilità. E di tecnica.

Occasione imperdibile per tutti i buongustai la degustazione organizzata mercoledì 10 aprile presso Il Centro di Arese (MI) da Signorvino e Domori. Cinque varietà del miglior produttore di cioccolato al mondo, abbinate a tre primizie dell’enologia italiana.

Apurimac (dark chocolate 70%), Sur del Lago (fine cacao 70%), Morogoro (fine cacao 70%) e Criollo (80 e 90%), a fare da contraltare al Barolo Chinato di G.D. Vajra, al Marsala Superiore Riserva 10 anni “Oro” di Marco De Bartoli e al Brandy italiano di Villa Zarri. Che si cercasse concordanza o contrapposizione, poco importa. Il risultato della degustazione condotta per Domori da Giulia Agnolin (marketing) e Beatrice Gaboardi (store manager Arese) e per Signorvino dal wine specialist Matteo Sala e dallo store manager Alessandro Mazzoleni, è stata pura emozione.

LA DEGUSTAZIONE
Si parte con Sur del Lago, cacao 70% proveniente dalla patria del cioccolato Domori, il Venezuela. Un fondente con richiami di mandorla, caffè e un sottofondo nemmeno troppo soffuso di tabacco. Con il Barolo Chinato di G.D. Vajra l’abbinamento funziona, eccome. Tutto si gioca sulle morbidezze. Con il chinato che prova a fare il furbo, sfoderando nel retro olfattivo una spezia piccante che non intacca la piacevolezza dell’abbinamento.

Tocca poi ad Apurimac, dark chocolate 70% originario del Perù. Un cacao Trinitario dall’acidità più spiccata rispetto a quella di Sur del Lago. I richiami di note floreali fresche, spuma di latte e toffee sono una sorpresa. L’abbinamento con il Barolo Chinato Vajra è solo apparentemente in contrasto: la grande freschezza che contraddistingue tutta la produzione della cantina di Via della Viole fa il pari con l’acidità del cioccolato, rinvigorendone con le erbe addizionate al nobile vino Docg piemontese la struttura fresca. Chapeau.


Tocca ora a Morogoro, altro 70% cacao fine proveniente però dalla Tanzania. L’abbinamento con il Marsala Superiore Riserva 10 anni “Oro” di Marco De Bartoli esalta la tostatura del cioccolato e i suoi richiami al legno. Una persistenza aromatica intensa infinita, frutto dell’incontro tra la nocciola tostata che contraddistingue Morogoro Domori e il contributo dei 10 anni di affinamento in fusti di rovere e castagno del Marsala De Bartoli.

Il secondo cioccolato abbinato all’affascinante semi-secco siciliano è il Criollo 80% (Venezuela). La percezione zuccherina è inferiore rispetto a Morogoro. Più evidente la pastosità al palato. Un test più arduo, dunque, per il Marsala. L’abbinamento, in questo caso, si gioca tutto sul filo dell’alcolicità. Il poderoso ma elegante Criollo riesce così a svelare la vena “secca” della base Grillo del Marsala De Bartoli. E’ un trionfo per le papille gustative.


Si passa dunque al Brandy italiano di Villa Zarri, ottenuto dalla casa emiliana su una base di uve Trebbiano. Giulia Agnolin pesca dal mazzo un Criollo 90%, che trae inganno per il colore chiaro, che ricorda tutto tranne un fondente “così fondente”. Un cacao delicato e prezioso, che lascia la bocca pulita. Rotondo. Il Brandy sfoderato dal wine specialist Matteo Sala gioca sullo spunto tannico del cioccolato, che non manca. E, al contempo, ne esalta l’aromaticità.

Tutto bellissimo. Eppure mai quanto la chicca finale. Domori, infatti, ha nel suo paniere anche le fave di cioccolato. Un abbinamento emozionale quello con il Brandy italiano Villa Zarri, che gioca tutto sulla vena vegetale della fava e del Trebbiano. Un modo perfetto per concludere una degustazione da favola.

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Vini al supermercato

Passito di Pantelleria Doc 2013 Nabil, Miceli

(3,5 / 5) Una chiara nota ossidativa per la bottiglia della vendemmia 2010 ci convince a testare anche la 2013 prima di recensire Nabil, il Passito di Pantelleria Doc delle cantine Miceli. Se nel primo caso il “difetto” è evidente (ma comunque non abbastanza da disturbare in maniera netta la beva) nel secondo è appena percettibile.

Un marchio di fabbrica del produttore? Forse. Di certo c’è che, a conti fatti, il Passito di Pantelleria Nabil è un buon compromesso “qualità prezzo” per chi è a caccia di un vino da abbinare a dolci e prodotti di pasticceria.

Nel calice si presenta di colore ambrato, limpido e trasparente, intenso. Al naso è intenso e tipico. La caccia alla nota ossidativa lascia presto spazio all’albicocca, agli agrumi (arancia candita) e al miele millefiori. Sentori che certamente prevalgono su una leggera balsamicità (finocchietto sotto spirito, anice, mentuccia,) e, soprattutto, sulla percezione di soluzione salina che ritroveremo poi al palato. Un olfatto schietto, dunque, di sufficiente finezza. Ma non certo di elaborata complessità.

In bocca, il Passito di Pantelleria Doc Nabil di Miceli si conferma di corpo, caldo, di buona morbidezza. Le note fruttate mature rendono piacevole la beva, ben calibrate con un’acidità rinfrescante e una salinità che chiama il sorso successivo. Un Passito che, tuttavia, lascia qualcosa a desiderare nel retrolfattivo: leggera la carica aromatica, abbandonata anche dall’acidità. Lo zucchero, così, risulta troppo invasivo e preponderante.

LA VINIFICAZIONE
Nabil è l’etichetta destinata ai supermercati nel quadro della produzione di vini passiti delle Cantine Miceli, che oltre a Sciacca possiedono vigneti e uno stabilimento per l’imbottigliamento dei vini sull’isola di Pantelleria, in contrada Rekale. La base per ottenere il passito Nabil, come da disciplinare, è lo Zibibbo. Uve che vengono lasciate ad appassire sulla pianta e successivamente al sole, prima di essere vinificate.

La Miceli nasce negli anni 30 quando il comandante di Marina Ignazio Miceli smise di ammassare e trasportare con la sua goletta Jasper vino sfuso siciliano da Castellamare del Golfo in diversi porti italiani e francesi. Aprì dunque una rivendita di vino in via Gagini, nel cuore di Palermo. Negli anni Sessanta, il figlio Salvatore e il nipote Ignazio iniziando a produrre in proprio. Una tradizione arrivata sino ai giorni nostri.

Acquistato presso: Auchan
Prezzo: 13,29 euro

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Malbec World Day 2017: Milano capitale del vino argentino

Al sontuoso catering allestito dal ristorante meneghino-argentino El Carnicero, lo chef Emanuel Gonzalo Gentile Dominguez è chiamato – letteralmente – agli straordinari. La sessantina di Malbec in degustazione al The Westin Palace di piazza della Repubblica, coi loro 14 gradi e oltre di media, chiamano abbinamenti corpulenti.

E allora, voilà. Empanadas e Pata Negra stagionato 24 mesi, come se non ci fosse un domani. Per il fiume di appassionati e professionisti alla scoperta del vitigno principe dell’Argentina. Un successo strepitoso quello dell’evento promosso dall’importatore e distributore Federico Bruera (Via dell’Abbondanza), in collaborazione con Ais Associazione italiana Sommelier Lombardia: 19 aprile a Milano fa rima con Malbec World Day, non a caso l’appuntamento più importante per il vino argentino in Italia.

L’occasione per eleggere il “miglior Malbec argentino in Italia 2017” da parte di una giuria formata da sommelier, enologi, ristoratori, giornalisti e distributori. Per la cronaca, la “Gold medal” è andata al Bacan Reserva Malbec 2012. Medaglia d’argento per il Matervini Alteza 2014 Valle de Cafayate (Salta). Bronzo per il Finca Altamira 2013 di Achaval Ferrer.

“Ais – spiega Hosam Eldin Abou Eleyoun (nella foto, a destra), presidente della delegazione di Milano – ha sposato questo progetto da cinque anni, non appena arrivato in Italia come Malbec World Day attraverso Via dell’Abbondanza. Federico Bruera è un nostro socio e ci siamo sentiti in obbligo e in dovere di divulgare la cultura del vino argentino, tramite il suo vitigno re, il Malbec. Un prodotto che non si abbina con tutta la cucina italiana, ma che ha la possibilità di farsi conoscere sempre meglio, grazie ad eventi come questo, e di essere sempre più apprezzato anche sulla tavola degli italiani. Sicuramente con piatti come la Fiorentina, la carne in generale, la salsiccia, trova il suo matrimonio ideale. Ma differenza di tanti vini italiani, non è così versatile sui formaggi”.

Una viticoltura, quella argentina, “in forte crescita”. “I margini – evidenzia Eleyoun – sono illimitati. I produttori di quest’area hanno la possibilità di affermarsi sempre più non solo nei mercati limitrofi, come quelli del Sudamerica e degli Stati Uniti, ma anche qui da noi in Europa”. “L’evento è nato 6 anni e fa – aggiunge Federico Bruera (nella foto, a sinistra) – e il senso è proprio quello di promuovere la conoscenza del Malbec argentino in Italia, in tutte le sue sfumature regionali. Il risultato dell’edizione 2017 è un grande successo: tantissima gente e tutto riuscito molto bene. A conferma del grande interesse per l’Italia nei confronti del vino argentino, parlano del resto le 300-400 mila bottiglie l’anno esportate dai vari produttori”.

LA DEGUSTAZIONE
Per nulla influenzati dai grandi nomi e dalle operazioni di “marketing vinicolo” in atto anche Argentina (vedi il progetto del calciatore Leo Messi), ci siamo messi anche noi a ficcare il naso (e il palato) tra la sessantina di Malbec in degustazione. I nostri preferiti? Eccoli.

San Pedro de Yacochuya 2012, Yacochuya. Si tratta di un blend tra Malbec (85%) e Cabernet Sauvignon (15%). Et delle vigne oltre i 60 anni, a 2.035 metri sul livello del mare. Un vino stellare, e non solo per l’altezza del vigneto. Un vino ricco, pieno, complesso, che comincia ad affascinare al naso – tutto giocato tra frutta, terziari e la parte vegetale offerta dal Sauvignon – e termina in un retro olfattivo infinito. Non a caso prodotto nella terra più vocata per l’intera viticoltura argentina, la provincia di Salta.

Stone Soil Select 2014, Manos Negras. Malbec in purezza prodotto nella regione di San Carlos, ha come caratteristica predominante una strepitosa mineralità. Merito del terreno a ricca presenza calcarea, che regala un vino dal grande profilo sensoriale: un naso e un palato unici tra la sessantina di prodotti presenti al banco di degustazione. Raro trovare così ben bilanciati in un vino rosso mineralità, frutta e corpo. Da provare.

Buenalma Malbec 2012, Finca Dinamia. Ecco che spunta anche il Malbec biodinamico, al tasting del Westin Palace. Una prova dell’eccezionale crescita qualitativa del vino argentino, alla prova del nove a livello internazionale anche sul campo della viticoltura “bio” e “alternativa”. Siamo nella zona di San Rafael, nella vocata area vinicola di Mendoza. Vigne a 750 metri sul livello del mare, selezione e raccolta manuale degli acini di Malbec, vinificato in purezza in acciaio con lieviti indigeni e affinato per 6 mesi in legno. Un naso splendido, dove la pulizia e finezza delle note fruttate domina sui terziari. E una bocca che tiene nettamente il passo, intensa ma garbata, anche nel lungo finale.

Tannat 2014, Bodega Bouza. L’outsider. Tannat, infatti, è il nome del vitigno di origine francese (regione dell’Aquitania) più coltivato in Uruguay, che scopriamo al tavolo dei sommelier Ais, quasi nascosto e sovrastato dai tanti Malbec. Quello prodotto da Bodega Bouza è un cru, ottenuto dalla parcella B26. Un prodotto che sfida la fama stessa del vitigno, noto per la sua “tannicità”. Al naso note molto intense di viola e piccoli frutti di bosco a bacca scura, oltre alla ciliegia; seguono note speziate di chiodi di garofano e cioccolato, in un sottofondo balsamico. In bocca il tannino è tutt’altro che aggressivo: ben calibrato con le note fruttate “grasse”, dona equilibrio e finezza alla beva.

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Frappato Terre Siciliane Igt 2014 Nuttata, Cantine Madaudo

(2 / 5) Non è certo il miglior Frappato in vendita in Gdo il Terre Siciliane Igt Frappato 2014 Nuttata di Cantine Madaudo. Quello che poteva essere uno dei fiori all’occhiello della “Collezione di 9 etichette” che la cantina di Villafranca Tirrena dedica alle “notti stellate di Sicilia”, si rivela piuttosto un prodotto più vicino alla base che alla media qualitativa della gamma di vini siciliani presenti nei supermercati italiani. Al limite della definizione di “vino quotidiano”. Tant’è.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Frappato Nuttata Madaudo si presenta di un viola sostanzialmente impenetrabile. Al naso la parte migliore: buona intensità delle note di frutti di bosco e ribes, tra le quali fa capolino uno spunto vegetale che ricorda il peperone tipico del Cabernet (ma l’uvaggio utilizzato è 100% Frappato). Sempre sul terreno dei richiami vegetali, la carruba. Infine, all’olfatto, spazio anche per una spezia tanto comune nei vini siculi, il pepe nero.

Veniamo dunque all’esame gustativo, che determina la sostanziale bocciatura di quest’etichetta. L’acidità è spiccata, al limite del disturbante. Le belle note di frutti rossi avvertite al naso sforano nel citrico, nell’acerbo. Una sensazione appesantita dai 13 gradi di percentuale d’alcol in volume: letteralmente stonanti. Addio, dunque, alla piacevolezza della beva che ci si può attendere da un Frappato. E addio al corretto abbinamento (potenziale) con salumi, formaggi di media stagionatura, primi leggeri e antipasti in generale. Neanche da citare la possibilità di abbinamento con il pesce (tonno).

LA VINIFICAZIONE
Le uve Frappato crescono nei vigneti di proprietà di Cantina Madaudo, nella Sicilia Occidentale. In seguito alla selezione e alla diraspatura, gli acini vengono posti a macerare e fermentare per circa 15 giorni a temperatura controllata. La fermentazione malolattica viene svolta in vasche d’acciaio inox. Anche l’affinamento avviene in inox per circa 3 mesi e successivamente in botti di rovere francese, per altri 3 mesi. Una volta imbottigliato il vino rimane a riposare in magazzino per 1-2 mesi, prima di essere commercializzato. Il Frappato Terre Siciliane Igt Nutatta di cantine Madaudo è un vino da consumare entro 3 anni dalla vendemmia.

Prezzo: 2,90 euro
Acquistato presso: Coop

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Vini al supermercato

Vermentino di Sardegna Doc 2016, Antichi Poderi di Jerzu

(2,5 / 5) Torniamo a pescare nella selezione dei vini Antichi Poderi di Jerzu, cantina ampiamente rappresentata in grande distribuzione. Dopo aver testato il loro rosso Cannonau Doc Albada, è la volta di un vino bianco prodotto con l’omonimo vitigno tra i più rappresentativi della Sardegna, il Vermentino di Sardegna Doc 2015.

LA DEGUSTAZIONE
Di colore giallo paglierino scarico, con riflessi verdolini si presenta nel calice trasparente, limpido e scorrevole. Al naso è schietto e fine. Un aromaticità semplice e sottile con prevalenza di note agrumate poco intense. In bocca è un vino secco, di corpo e alcolicità leggera.

Una adeguata freschezza insieme ad una leggera sapidità ne fanno un vino apprezzabile, equilibrato e coerente alla sua fascia prezzo. Siamo dunque nella categoria dei vini “quotidiani” che consigliamo ad occhi chiusi per un consumo “chiavi in mano.

Il Vermentino di Sardegna Doc degli Antichi Poderi di Jerzu è un vino che si presta ad un consumo immediato. La totalità di bottiglie annata 2016 sullo scaffale, di fianco a tanti altri vini bianchi del 2014 fa intuire l’elevato rotazione del prodotto. Da servire freddo ad una temperatura 8-10 gradi è perfetto in abbinamento ad antipasti leggeri,  ostriche, cozze, con uno spaghettino al profumo di mare o un semplice branzino al forno.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Vermentino vinificate in bianco in modo tradizionale e in acciaio.Antichi Poderi di Jerzu raccoglie le uve di 430 soci con vigneti allevati nei comuni di Jerzu, Ulassai, Osini, Gairo, Cardedu e Tertenia, su terreni che dai monti del Gennargentu, conducono alle coste dell’Ogliastra. La cantina, situata ad oltre 500 metri sul livello del mare, impervio e bellissimo, si rispecchia nella personalità dei soci, donne e uomini sinceri che da sempre antepongono la genuinità al profitto.

Prezzo: 4,79 euro
Acquistato presso: Crai/Penny Market

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Vini al supermercato

Metodo Classico Trentodoc Brut Allini, Lidl

(2,5 / 5) Torniamo a parlare della cantina Lidl, questa volta addentrandoci nel mondo degli spumanti con il Metodo Classico Trentodoc Allini. Di limpidezza cristallina, si presenta di un giallo intenso con riflessi dorati. La grana del perlage è mediamente fine e persistente: le “catenelle” di bollicine scorrono in maniera piuttosto ordinata dal basso verso l’alto.

Al naso, il Trentodoc Allini è intenso e tutto sommato schietto: le note preponderanti richiamano il lievito e la classica crosta di pane. Non mancano sentori di agrumi e un accenno di mineralità. Una qualità, quella olfattiva, che definiremmo mediamente fine, per una complessità sottile.

Le premesse di uno spumante “nella media”, aderente alla fascia prezzo in cui è stato collocato dagli attenti selezionatori Lidl, vengono confermate anche al palato. In bocca, di fatto, il Trentodoc Allini – Brut ottenuto da sole uve Chardonnay – conferma le note fruttate, prima di una mineralità piacevole e una chiusura ammandorlata. Il corpo è di buona struttura, l’alcolicità calda. Buona anche l’acidità, capace di rinfrescare il sorso. A disturbare la beva è piuttosto l’anidride carbonica: troppo aggressiva, al punto da disturbare l’intero pasto.

Al secondo calice, la sensazione sarà quella d’aver bevuto mezza bottiglia d’acqua gassata. Un difetto che, forse, andrà ad attenuarsi nel tempo, col permanere di questo Trentodoc in bottiglia. Uno spumante questo Allini, al netto della sensazione appena descritta, da stappare in occasione di un aperitivo. O da abbinare a tutto pasto a piatti non troppo strutturati della cucina italiana e internazionale, ad eccezione – ovviamente – del dolce.

Prezzo: 6,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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Enoturismo

Abbinamento cibo whisky: le regole del Gourmet Tour

Nata l’anno scorso all’interno del Whisky Club Italia, l’idea del Whisky Gourmet Tour è molto più della solita “cena con degustazione”. L’obiettivo è quello di andare oltre il solito binomio Cibo-Vino (o Cibo-Birra) ed esplorare il mondo ancora sconosciuto dell’abbinamento Cibo-Whisky. “Hic Sunt Leones” penseranno molti alla sola idea di abbinare un distillato ad un piatto. Ma la verità è che muovendosi su questo territorio impervio si possono fare incontri che tolgono il fiato. Scoperte affascinanti che ci aprono a nuove sensazioni. Sensazioni da vivere e condividere.

La ricerca dell’abbinamento che possa esaltare le tipicità del territorio, le caratteristiche dei Whisky e le abilità e personalità di cuochi e ristoratori ha portato il W.G.T. 2017 a fare tappa presso il Ristorante Otto di via Luigi Ponti 14 a Vimercate, in provincia di Monza e Brianza.

IL MENU
Dalla creatività del Ristorante Otto è nata l’idea del menù della serata battezzato “Funky Gallo”, ovvio quale sia l’ingrediente che lega i 4 piatti presentati ma per nulla scontata la realizzazione degli stessi. A partire dal “Royal di Gallo” in antipasto fino ad “A Pelle figlio di A Pollo” (impossibile descrivervi la ricetta) passando per il risotto “Abbassa la cresta” (molto più che un semplice riso con creste di gallo) la cucina ha saputo coniugare sapori, profumi, consistenze ed emozioni in modo impeccabile.

Ma l’esperienza gourmet non si è limitata ai piatti. Ad ognuno di essi è stato infatti abbinato un Whisky. Quattro diversi Whisky (tre dei quali non reperibili in Italia) per quattro piatti.

GLI ABBINAMENTI
Un American Whiskey, il Michter’s US*1 Unblended 41.7%, per l’antipasto. Non un Bourbon come si potrebbe erroneamente pensare ma un “American”, vale a dire un Whiskey invecchiato in botti non nuove che hanno precedentemente contenuto Bourbon. Troviamo la naso ed al palato note fresche di zenzero, pepe bianco e rosa e la dolcezza della vaniglia. Tutte note che abbiamo nel Royal di Gallo, binomio perfetto.

Un nome che da solo è sinonimo di Single Malt: è il Macallan 10 y.o. Sherry Oak 40% il Whisky scelto per accompagnare il Risotto. Ci arriva subito il sentore di cuoio bagnato, profumo tipico degli invecchiamenti 100% botti ex sherry oloroso, ma appena il bicchiere si apre un poco ed il nostro naso si abitua ecco emergere note di frutta, note speziate e sul fondo anche note di fava di cacao.

Il risotto è cremoso e lega bene con l’alcolicità morbida del Macallan, l’acidita data dalla mele sapientemente dosate nel piatto ben si combina con le note fruttate del bicchiere così come la nota speziata del piatto (timo?) con quella del whisky.

Isle of Jura 1997 Tastival Whisky Festival 2015 52% per il secondo piatto. Distillato nel 1997 ed imbottigliato Cask Sterngth nel 2015 ha bisogno di “stiracchiarsi” un po’ nel bicchiere per poterci donare tutta la sua complessità. Un Whisky che apre con un ricco sentore erbaceo, erba tagliata ed erbe aromatiche che sposano la nota vegetale del piatto. Seguono i sentori caldi e torbati che reggono bene la carne saporita.

Il finale e lungo, lunghissimo, ed in continua evoluzione. Una curiosità: questo whisky è stato affinato per qualche mese in botti che hanno contenuto bollicine francesi della Loira, una scelta originale da parte della distilleria.

Ed il dolce? Avranno mica messo il gallo anche nel dolce? No, tranquilli, il dolce è un tripudio di cioccolato in tre diverse consistenze intensità e dolcezze. Qui il Gallo lo troviamo nel Whisky, The Famous Grouse Vic Lee 16 Year Old 40%. Il nostro amico pennuto è il simbolo della distilleria riportato in etichetta. Edizione limitata che ci accoglie con profumi fruttati e sentori di caramella mou e chiudere con la tipica nota di torba “Highland Park” marchio di fabbrica del blend.

DAL CAFFE’ AL WHISKY
Una realtà originale quella di questo locale: di giorno è il “TiAmo Caffè”, caffè e pasticceria con una propria gestione, mentre la sera diviene il “Ristorante Otto”. Delle ore 20.00 (le “Otto”, per l’appunto!) cambia la gestione e nei medesimi spazi e coi medesimi arredi del Caffè si apre il Ristorante. Una realtà tutta femminile guidata da Irene, abile patrona di casa motore inarrestabile dell’organizzazione, e Beatrice, giovane chef carica di idee, fantasia e voglia di sperimentare.

L’atmosfera calda e rilassata, il sorriso ed il lavoro delle padrone di casa, la voglia di scoprire nuovi percorsi del gusto, le ottime materie prime e la loro sapiente lavorazione, i fantastici whisk(e)y, l’entusiasmo dei partecipanti, finanche al rito “battesimale” di “purificazione” delle mani nel whisky prima di cena. Tutti ingredienti di una serata riuscita, di un nuovo tassello nel mosaico delle esperienze gourmet. Alla prossima tappa del Whisky Gourmet Tour, Slainte!

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vini#1

Trentodoc Pas Dosé 2008 Alperegis, Rotari

E’ una delle eccellenti “bollicine” del parco vitivinicolo italiano, sempre più garanzia di qualità tra i vari produttori. Parliamo del Trento Doc 2008 Alperegis di Rotari. All’esame visivo il vino, di coloro giallo oro carico, presenta un perlage costituito da filamenti ben distinti e ordinati, persistenti, e una spuma spessa e compatta. Al naso ecco il tipico sentore di crosta di pane, di buona eleganza, impreziosito da note mielose e mandorlate, nonché da frutti maturi che virano sull’esotico.

Uno spumante, questo Trento Doc di Rotari, che riserva un forte impatto gessoso in entrata della beva. Nonostante gli anni trascorsi conserva una buona freschezza, conferita da note di agrumi e boisé che si mescolano a una percezione aromatica che ricorda il caramello. Al palato anche note di frutta sciroppata, prima di una chiusura pulita e asciutta. Una beva infinita, dalla quale è difficile staccarsi. Perfetto come aperitivo “gourmet”, si abbina alla perfezione ai crudi di pesce.

LA VINIFICAZIONE
Le uve Chardonnay vengono raccolte nella piana Rotaliana a un stadio di maturazione più avanzato rispetto a quelle destinate alla produzione di altri spumanti. Ciò consente di ottenere dei vini base con acidità più controllata, ma ancora fragranti in termini di freschezza aromatica. La fermentazione malolattica totale del vino base riduce ulteriormente l’acidità a vantaggio della morbidezza e della pienezza gustativa. Il Trento Doc 2008 Alperegis Rotai è stato affinato 60 mesi sui lieviti. Scelta importante nella produzione di questo spumante è quella del lievito, privilegiando alcuni ceppi che apportano rotondità al gusto grazie alla cessione di mannoproteine.

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Falanghina Campania Igt 2016 Strangolagalli, Fattoria Alois

(4 / 5) Pluripremiata a livello nazionale per i prodotti destinati al mercato horeca, Fattoria Alois propone in qualità di imbottigliatore una linea di vini campani per la Gdo, appoggiandosi per la distribuzione a Caviro, la cooperativa emiliana del Tavernello (progetto Dalle Vigne). E lo fa con buoni risultati.

Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper finisce oggi la Falanghina Campania Igt Strangolagalli 2016, messa in bottiglia da Fattoria Alois Azienda Agricola Srl nello stabilimento di via Ragazzano, località Audelino di Pontelatone, in provincia di Caserta. Il vino si presenta di un giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso è intensa, aromatica. Le note floreali fresche di ginestra e macchia mediterranea si mescolano piacevolmente a quelle fruttate (pera su tutte, ma anche banana).

Un olfatto che rivela una componente “minerale” importante, poi confermata da un palato sapido. In bocca, la Falanghina Strangolagalli svela un’acidità sostenuta, che gioca a rinfrescare la beva e a chiamare – assieme alla percezione di soluzione salina – il sorso successivo. Un vino decisamente secco, di alcolicità moderata (12.5%) ma comunque capace di scaldare e stuzzicare il palato, anche grazie a una chiusura agrumata, ravvivata da una spruzzata di polvere di zenzero ed anice. In cucina, perfetto l’abbinamento della Falanghina Strangolagalli ad antipasti leggeri e primi a base di frutti di mare. Un vino che si adatta bene anche a minestre o zuppe di verdura.

LA VINIFICAZIONE
La Falanghina è un uvaggio autoctono della Campania, che negli ultimi anni si sta imponendo sul mercato in maniera dinamica, proponendo versioni spumantizzate accattivanti. Strangolagalli è invece la versione ferma: quella fedele alla tradizione. Per mantenere e dare risalto agli aromi tipici del vitigno, la vinificazione avviene in maniera classica, con l’utilizzo dell’acciaio.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistato presso: Esselunga

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L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut, Sieur d’Arques

(4,5 / 5) Capita spesso di leggere, prima di stendere la recensione di un vino, le impressioni della casa produttrice riportate sulla controetichetta. A tal proposito il vino in questione, come tanti reperibili sugli scaffali dei supermercati Lidl, non regala un ventaglio dignitoso di informazioni. Ma da una più attenta analisi sul web, il sito tedesco della catena di (ex) discount, suggerisce un accostamento de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut (sboccatura gennaio 2016) agli antipasti.

Umili, almeno per una volta, i tedeschi. In realtà, questo Metodo Classico acquistabile per meno di 6 euro da Lidl, supera alla grande la nostra prova del calice. Candidandosi “sul campo” ad abbinamenti ben più strutturati d’un semplice entrée. E, non ultimo, a una menzione particolare tra le bottiglie “qualità-prezzo” acquistabili nel panorama italiano della Gdo.

Una spuma corposa, bianca, lascia presto spazio al giallo paglierino di uno spumante che rivela – già alla vista – buone caratteristiche. Il perlage, ovvero la “bollicina”, è fine e l’effervescenza è persistente. Al naso, L’Impertinente Crémant de Limoux Brut si presenta spavaldo: una carica intensa di sentori che richiamano, assieme, l’esotico e l’agrumato. Il leitmotiv è quello della crosta di pane e del burro, tipico dei lieviti. Poi cocco per la parte esotica; pompelmo e scorza di arancia e limone per la parte “acre”, unita a sentori (più vaghi) che ricordano il sidro di mele.

L’impronta minerale all’olfatto non manca, ma sarà ancora più evidente al palato. E’ qui che L’Impertinente da il meglio di sé. Giustificando il nome. Di fatto, eleganza mista a carattere: ecco spiegata l’accattivante etichetta. La “bolla” di questo Brut francese è di quelle che si fanno sentire, ma senza infastidire. A sorprendere è soprattutto la struttura di uno spumante che rischia davvero di essere preso sottogamba, per il prezzo al pubblico. E non è un discorso legato all’alcolicità, che si limita ai canonici 12,5%. Acidità viva, rotondità al limite della “poca morbidezza” e uno spunto minerale di rilievo spostano la lancetta verso durezze che raccontano un’equilibrio non canonico, quasi da ossimoro. L’equilibrio dell’impertinenza, per l’appunto.

Di nuovo le note fruttate d’agrume, che s’uniscono stavolta a una chiusura tutt’altro che facile, capace di riportare alla mente tra le più austere delle nocciole. Il finale è lungo, persistente. Debitamente e coerentemente impertinente. Detto ciò, quanto all’abbinamento: beh, fatene un po’ ciò che vi pare, a una temperatura di servizio tra i 6 e gli 8 gradi. Purché non si tratti d’un banale aperitivo, che finirebbe sovrastato. D’impertinenza.

LA VINIFICAZIONE
Poco nulla è dato a sapersi sulle specifiche relative alla vinificazione de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut. Quello che sappiamo per certo è che la base di questo spumante Metodo Classico francese è costituita da uve Chardonnay, con la possibile aggiunta – a completamento della cuvée – di Mauzac (nota a livello locale col nome di Blanquette) e Chenin Blanc, così come previsto dal rigido disciplinare della denominazione Crémant Aoc (Appellation d’origine contrôlée), diffusa nella zona sudovest della Francia, ai piedi dei Pirenei, nota appunto col nome di Limoux.

La produzione di Cremant è tuttavia consentita anche in Alsazia, Loira, Jura, Die Bordeaux e Borgogna. Non si tratta ovviamente di Champagne, ma le caratteristiche del clima e del terreno consentono la produzione ottimali di ottimi vini bianchi.

Interessante, oltre al prodotto L’Impertinente, anche il produttore. Si tratta di La Cave Sieur d’Arques, bella realtà con base nel Limoux che commercia vini di tutte le fasce prezzo, arrivando a punte di eccellenza riconosciute dalle maggiori guide nazionali francesi.

Sieur d’Arques si trova a 25 km dal borgo medioevale di Carcassonne ed è un player importante nel mondo del vino della Linguadoca-Rossiglione, dove è considerata una dei pionieri. La Cave des Vignerons di Sieur d’Arques ha sviluppato sin dagli 80 gli attuali 2800 ettari di vigneto, tutti appartenenti all’AOC.

Prezzo: 5,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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Vini al supermercato

Muller Thurgau Igt Venezie frizzante Von Steeiger, Cantine Ora Bolzano

(2,5 / 5) Spuma corposa, che si dissolve in qualche secondo. Grana della “bollicina” mediamente fine, su uno sfondo giallo paglierino intenso, luminoso. Di primo acchito non sembra male il Muller Thurgau Igt delle Venezie frizzante a marchio Von Steeiger: imbottigliato dalle Cantine di Ora (Schenk Italia) in provincia di Bolzano, viene prodotto dal colosso Effe.Ci. Srl, con sede legale presso Strada Nuova Naviglio 6, a Parma.

Una delle “big” del panorama della distribuzione vinicola italiana, che in Iper – la grande I opera anche con il marchio Jean Paul Roble. Facciamo un passo indietro, fondamentale per capire il “peso qualitativo” di questo vino sullo scaffale del supermercato: parliamo di un 100% Muller Thurgau del Triveneto, imbottigliato a Bolzano per conto di una Srl di Parma. Serve altro? Crediamo di no.

L’ANALISI
Dopo le prime (buone) impressioni all’esame visivo, il calice al naso si mostra con la semplicità attesa. Quella del vino da pasto, da tutti i giorni. Frutta bianca (pera) e gialla (pesca) accostate a sentori floreali freschi, compongono un bouquet lineare, che tenta di sovrastare un’impronta di solforosa piuttosto marcata. In bocca, il Muller Thurgau Igt delle Venezie frizzante Von Steeiger, nel confermare la propria semplicità, evidenzia un buono spunto minerale sapido. La persistenza di questo nettare è appena sufficiente. Vino bianco frizzante leggero – appena 11% la percentuale d’alcol in volume – da accostare a pasti non ricercati, adatto piuttosto ad aperitivi poco impegnativi.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Iper la grande I

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Vini al supermercato

Trento Doc Brut Le Premier 2013, Cesarini Sforza

(5 / 5) Ecco un’etichetta di spumante che, secondo la classifica di vinialsuper del 2016, risulta tra le migliori in vendita al supermercato. Parliamo del Metodo Classico Trento Doc Brut Le Premier 2013 Cesarini Sforza, una delle migliori “bollicine” nel rapporto qualità-prezzo reperibili in Gdo.

Nel calice lo spumante si presenta vivo e brillante, di un color giallo paglierino con riflessi verdognoli. Spuma compatta e “catenelle” che evidenziano un perlage molto fine, ben ordinato nella salita. Il naso è elegante: sentori che risaltano la freschezza tipica della mela verde, in un bouquet di fiori bianchi. A un’analisi più attenta, ecco anche una leggera nota di miele. Al palato è immediatamente percepibile una buona sapidità. La freschezza data dall’acidità ben si sposa con la briosità del perlage.

Le sensazioni iniziali di frutta fresca ben si accostano a un finale mandorlato. Superlativo come spumante a tutto pasto, non disdegna l’accostamento a piatti a base di pesce, fritto o grigliato, o a primi piatti con sughi di pesce in bianco. Per i più curiosi, un invito: dimenticate una bottiglia di questo Brut Cesarini Sforza in cantina e assaporatene l’evoluzione tra qualche anno. Saprà stupirvi.

LA VINIFICAZIONE
Le Premier nasce dalle uve Chardonnay coltivate nei vigneti vocati del Trentino, in quell’area geograficamente delimitata che definisce la Denominazione di origine controllata Trento. Esposizione ed altimetria (Sud, Sud-est; 450 – 700 sul livello del mare) sono più che favorevoli all’uvaggio. La composizione è franco argillosa, con terreni profondi, ricchi di scheletro (pietre) sciolti fluvio-glaciali da disfacimento di rocce porfiriche, poco strutturati, sabbiosi.

La forma di allevamento delle uve Chardonnay è la Guyot, a pergola semplice trentina, con una densità di impianto di 4 mila ceppi per ettaro. La raccolta avviene in maniera manuale nella prima decade di settembre. Segue una pressatura soffice delle uve intere, una decantazione statica dei mosti e una fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox. L’affinamento perdura per 6 mesi circa.

L’azienda Cesarini Sforza nasce nel 1974 grazie alla volontà di alcuni Imprenditori del settore vitivinicolo trentino tra cui spiccano il Conte Lamberto Cesarini Sforza, che diede il nome all’azienda, e Giuseppe Andreaus personaggio di rilievo nella produzione di spumante metodo classico. La Cesarini Sforza dedica il suo marchio, l’Aquila, a due delle più nobili e celebri famiglie d’Italia, i Cesarini e gli Sforza, che nel corso dei secoli si sono unificate in una sola casata, nel cui stemma campeggia incontrastato il rapace.

Prezzo: 11,39 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Vini al supermercato

Teroldego Rotaliano Doc Riserva 2012, Mezzacorona

(5 / 5) “Riserve prodotte solo nelle migliori annate da uve selezionate a mano, destinate al consumo domestico”. E’ in questo solco, fatto di grande responsabilità nei confronti del consumatore nonché delle condizioni climatiche – diverse ogni anno e in grado di modificare l’esito della vendemmia – che si inserisce la produzione del Teroldego Rotaliano Doc Riserva del Gruppo Mezzacorona.

Rapporto prezzo-qualità prepotentemente sbilanciato verso quest’ultima, per una bottiglia che non di rado vede abbassarsi ulteriormente il prezzo di vendita, grazie alle promozioni messe in atto dai supermercati. In particolare, sotto la lente di ingrandimento di #vinialsuper finisce oggi la vendemmia 2012, che precede l’ultima reperibile in commercio (2013).

Nel calice, il Teroldego Rotaliano Riserva Mezzacorona si presenta di un rosso rubino intenso, profondo, poco trasparente. Di consistenza scorrevole, la rotazione si lascia alle spalle archetti fitti. La firma di un’alcolicità importante che, tuttavia, non disturberà affatto la beva. Il naso, complesso, rappresenta l’ulteriore battesimo della qualità del prodotto. Il lungo periodo di affinamento in legno rende i sentori terziari leggermente preponderanti sulle (seppur nette) percezioni fruttate. Quella frutta matura che caratterizza il Teroldego trentino, dal ribes (che esplosione, a proposito, la sua) alla prugna.

Abbiate la pazienza di attendere qualche minuto gli effetti del contatto del nettare con l’ossigeno, per godere dell’evoluzione di sentori ancora più evoluti, come le note di liquirizia e cioccolato, pur sempre in un contorno di frutta matura. Un quadro di ottima finezza. Eccoci all’assaggio, infine. Pieno di aspettative, che trovano tutte confortanti riscontri. Il Teroldego Riserva 2012 Mezzacorona conserva una buona acidità e si presenta al palato caldo, sfoderando un corpo pieno. Perfetto l’equilibrio tra le varie componenti, compresa una tannicità ormai ottimale.

Il sapore è speculare all’olfatto: note di velluto di marmellata di prugna e ribes, per una chiusura che si tinge di spezie, anch’esse dolci. Intenso e fine il retro olfattivo, per una persistenza aromatica più che sufficiente. Un vino, il Riserva di Teroldego 2012 di Mezzacorona, da abbinare in cucina ad arrosti, grigliate o formaggi stagionati, oltre ai bolliti. Piacevole da gustare anche da solo, magari tra una pagina e l’altra di un buon libro.

LA VINIFICAZIONE
Mezzacorona coltiva l’autoctono Teroldego atto a divenire Riserva nella Piana Rotaliana, come ovvio in Trentino. L’uva viene pigiata e separata dai raspi. La macerazione delle bucce avviene con frequenti rimontaggi e la fermentazione si svolge a temperatura controllata attorno ai 25 gradi. Minimo 24 mesi di maturazione, di cui 12 in pregiato legno di rovere. Segue, prima della commercializzazione, un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia. Mezzacorona, società cooperativa agricola (Sca) di primo grado, rappresenta la holding capogruppo. Sul retro della bottiglia del Teroldego Riserva compare il nome della subholding Nosio Spa Mezzacorona, che gestisce tutta la fase di investimenti, commercializzazione e sviluppo anche tramite società controllate e specializzate. Un gruppo proprietario tra gli altri del marchio del Trento Doc Rotari, che nel 2015-16 ha registrato un fatturato complessivo di 163,4 milioni di euro.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistato presso: Auchan

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vini#1

La Grola Veronese Igt 2001, Allegrini: quando il tempo si ferma in una bottiglia

Il vino è un mondo estremamente vario. Si passa da etichette giovani, che esprimono freschezza e vivacità, a prodotti più “datati”, che regalano morbidezza e calore. Quando troviamo però bottiglie che dovevano essere bevute giovani, riscoperte dopo anni e date ormai per “spacciate”, che una volta aperte e decantate si mostrano eccellenti e complesse… Beh, il nostro amore per il mondo del vino si rinnova e rinvigorisce. E’ il caso de La Grola Veronese Igt 2001 della nota casa vinicola veneta Allegrini.

LA DEGUSTAZIONE
Il vino, di color rosso granata con qualche riflesso mattone, presenta una leggera torbidezza, ma data l’età ormai avanzata gli concediamo questo piccolo difetto. Conserva comunque una buona scorrevolezza e una buona concentrazione di glicerolo.

Il naso si presenta ancora pulito e senza odori strani. Qualche componente volatile fastidiosa è sparita dopo 2 ore di passaggio in decanter. Sentori delicati di vaniglia si mescolano a note balsamiche e frutti rossi, nel complesso empireumatico, un vino non semplice, con mille sfaccettature che si mescolano, dal cuoio al pepe nero.

Al gusto si presenta ancora vivo. E dopo ben 15 anni, un vino da bere nei primi 3-4 anni dalla vendemmia che si presenta in questa “forma”, fa capire che l’azienda ha ben lavorato. Troviamo un corpo non troppo spinto, che conserva una bevuta delicata e scorrevole. Compaiono ribes e mela, con note balsamiche addomesticate da una certa sapidità. Il che conferma la freschezza di questo vino. Turando le somme: un’esperienza gustativa complessa da giudicare e raccontare, proprio per la rarità dell’occasione. Ma è questa la benzina che alimenta la nostra ricerca.

LA VINIFICAZIONE
Il Podere “La Grola” rappresenta, secondo l’antica leggenda che vuole l’uva Corvina nata proprio su questa stupenda collina, il luogo eletto “a fare vino” e, da sempre, il vigneto simbolo della Valpolicella Classica. Siamo esattamente a Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona. E questo prodotto di Allegrini è ottenuto appunto da Corvina e Corvinone (80%), Oseleta 10% e Syrah 10%. Il terreno è prevalentemente argilloso e calcareo, ricco di scheletro e povero di sostanza organica. La raccolta manuale delle uve viene effettuata nella seconda metà di settembre.

Segue una pigiatura soffice con diraspatura delle uve. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata, con rimontaggi giornalieri periodici. La Grola viene dunque sottoposto a fermentazione malolattica, naturalmente svolta nel mese di ottobre in barrique. La maturazione si compie in barrique di rovere francese di secondo passaggio per 16 mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia per 10 mesi, prima della commercializzazione.

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Vini al supermercato

Aglianico del Vulture Doc 2013 Maschito, Casa Maschito

(4 / 5) Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it un vitigno straordinariamente interessante come l’Aglianico del Vulture. In particolare l‘Aglianico di Casa Maschito, vendemmia 2013. Nel calice, il vino si presenta di colore rosso porpora con riflessi rubino, limpido e brillante, con archi stretti e fitti.

Al naso le premesse immaginabili sin dal primo sguardo: sentori di confettura di amarene e frutti selvatici di sottobosco. Nonché una percezione dell’alcolicità gradevole, con note pungenti e speziate a fare da contorno. Al gusto la tannicità è evidente, tipica di questo vino di grande longevità. Un tannino che, però, non impedisce affatto alla beva di risultare piacevole. Anzi: un sorso tira l’altro.

Buona anche la persistenza aromatica. Le note di foglia di pepe nero si mescolano alla mineralitá tipica dei vini della Basilicata: uno dei più sinceri esempi in Italia di “terroir”, capace di conferire anche a questo Aglianico – dall’ottimo rapporto qualità prezzo – un interessante sentore di grafite. Perfetto l’abbinamento di questo vino in cucina con secondi piatti di carni rosse, arrosti e formaggi stagionati. Rigorosa la temperatura di servizio, dai 18 ai 20 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Questo rosso di Casa Maschito è ottenuto in purezza da uve Aglianico, del biotipo Vulture. L’area di produzione è quella della fascia collinare del Comune di Maschito, in provincia di Potenza: terreni freschi vulcanici e argillosi. La vendemmia dell’Aglianico avviene nell’ultima settimana del mese di novembre. Alla pigiadiraspatura delle uve segue una macerazione delle bucce con fermentazione del pigiato in acciaio inox a temperatura controllata al di sotto dei 25 gradi.

Le macerazioni durano in media dai 10 ai 15 giorni, durante i quali vengono effettuati frequenti rimontaggi all’aria del mosto. La fermentazione malolattica avviene entro 60 giorni dalla vendemmia. Il vino affina 24 mesi in piccole botti di rovere francese da 228 litri e viene commercializzato in seguito ad ulteriori 12 mesi di maturazione in bottiglia. Casa Maschito è ormai una realtà vitivinicola ben consolidata in Basilicata. Dieci gli ettari vitati di proprietà di una cordata di imprenditori che hanno fondato la cantina nel 1999.

Prezzo: 4,90 euro
Acquistato presso: Supermercati Dok

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news ed eventi

Tutte le bollicine di Natale della Gdo: Esselunga Trento, Iper Prosecco. Auchan su Rocca dei Forti

Il Prosecco “chic”. Viene presentato così, in una massiccia campagna pubblicitaria, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sanvito e Maset, bollicina veneta del marchio privato “Grandi Vigne” di Iper, La Grande i. E i punti vendita della catena Iper Montebello Spa si vestono a festa per l’occasione.

Enormi manifesti ricoprono in questi giorni le facciate principali, mostrando la bottiglia, due flute, e un piatto di gamberi. Quindici giorni di tempo per approfittare della promozione, valida fino al 31 dicembre, che vede il Prosecco Grandi Vigne ribassato del 35%: da 7,95 euro a 4,99 euro (6,66 euro al litro). Troppo per un Prosecco? O troppo poco? Noi che l’abbiamo assaggiato vi diciamo che – in linea generale – è un buon prodotto: fatevi scivolare addosso la botta di solforosa iniziale (quel tipico sentore di zolfo che caratterizza al naso l’utilizzo dei solfiti, i ‘conservanti’ del vino) e lasciate un attimo lì il calice, prima di iniziare a bere. Perlage mediamente fine e persistente che in bocca si tramuta in una bolla presente e piacevole, poco aggressiva, su tinte di mela verde.

E poi c’è chi punta decisamente più in basso. Come Carrefour, che propone a volantino il Prosecco Doc Campo del Passo a 2,99 euro, rispetto all’iniziale 5,99 euro (-50% netto). Da Esselunga, il Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg è quello dei Produttori di Valdobbiadene, sugli scaffali dello storico retailer milanese a 4,61 euro (40% di sconto sul prezzo pieno di 7,69 euro). Spazio anche alla Franciacorta, con la Cuvée Imperiale di Berlucchi ‘tagliata’ a 7,99 euro. A vestire la maglia delle bollicine trentine l’ottima Cesarini Sforza, con lo Spumante Metodo Classico Millesimato a 6,83 euro, rispetto gli iniziali 11,39: roba da mettersene in cantina (come minimo) un cartone.

Sull’altra faccia della falce e del carrello ecco Coop, che batte tutti con il “Sottocosto” e sceglie Ferrari per la tavola di Natale degli italiani. Il Metodo Classico Brut astucciato della nota casa vinicola di Trento è in promozione fino al 24 dicembre a 7,58 euro, con un ribasso del 30% rispetto agli iniziali 10,83 euro.

Conad, a volantino, riporta tutti in Veneto. Con il suo 40% di sconto sul Prosecco Superiore Docg Valdobbiadene Astoria (3,90 euro), ma soprattutto con il top di gamma veneta Cartizze Oro Valdo (8 euro). La risposta della Franciacorta al Trento Doc di Ferrari in promo nei supermercati Coop è affidata al Metodo Classico Contadi Castaldi, a casa vostra per “soli” (citiamo appunto il volantino) 12,90 euro.

Auchan, in pieno stile francese declinato al Natale 2016 (vedi Prosecco al Carrefour) punta tutto sulla base della base con Rocca dei Forti, forte anche della spinta che, come ogni anno sotto Natale, arriva dalla campagna pubblicitaria televisiva del gruppo di Serra San Quirico, Ancona: appena 1,99 euro per portarsi a casa la bollicina.

Non mancano però offerte interessanti sull’asse Trento-Verona: fino alla Vigilia di Natale, Cesarini Sforza a 7,99 euro (1,16 euro in più rispetto alla promozione di Esselunga) e Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Brut Scudo Verde Val D’Oca a 4,99 euro, in risposta al Grandi Vigne di Iper, La grande i.

Curiosa la scelta di Lidl, che preferisce privilegiare vini rossi fermi e importanti come l’Amarone della Valpolicella (taglio prezzo di 3 euro dal costo iniziale di 15,99 euro) e il Bolgheri Doc Toscana (da 11,99 a 8,99 euro), bianchi come il Pinot Griglio Veneto Igt (ribasso di un euro, per un prezzo al pubblico di 3,99 euro) e birra artigianale (in questo caso la promo è un 3×2: 2,98 euro al posto di 4,47). [sg_popup id=”1″ event=”onload”][/sg_popup]

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degustati da noi vini#02

Cisterna D’Asti Doc Superiore 2011, Azienda Vitivinicola Mo

Cisterna d’Asti è una Doc piemontese praticamente sconosciuta, situata tra Asti, Cuneo e il Roero, con pochissimi produttori rimasti a imbottigliare vino con questa denominazione. Per disciplinare, le uve base devono essere minimo 80% Croatina, vitigno autoctono molto presente anche nell’Oltrepò Pavese e nel Piacentino. Una piccola perla nascosta, dunque, capace di emozionare. Ne è un esempio la versione Superiore 2011 prodotta dalla Azienda Vitivinicola Mo.

Nel bicchiere il vino presenta un colore rosso granato di media intensità e trasparenza, con buona consistenza. Il naso è intenso e complesso, con note fruttate di marasca, more e scorza di arancia, floreali di glicine e lavanda; successivamente incalzano sentori balsamici mentolati e di erbe aromatiche, con l’alloro in prima linea. In bocca regna un ottimo equilibrio, grazie alla buona struttura e a soddisfacente morbidezza, ben contrastate da tannino fine e gradevoli acidità e sapidità.

Buona la persistenza, con note finali di frutta e erbe aromatiche. Vino maturo e molto interessante, da degustare a una temperatura di 16°C in calici di media ampiezza e da abbinare a primi con ragù di carne o a formaggi di media stagionatura.

LA VINIFICAZIONE
Il vino è prodotto da uve Croatina in purezza, dai vigneti siti in Cisterna d’Asti e in Canale coltivati su terreni sabbiosi-argillosi. Dopo la fermentazione alcolica e malolattica, affina per almeno 12 mesi in acciaio, per poi venire imbottigliato. L’azienda Vitivinicola Mo è attiva dagli anni ’60 e si è da sempre dedicata alla coltivazione di vitigni quasi esclusivamente autoctoni, con grande passione e dedizione.

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vini#1

Vespaiolo Doc Breganze 2015 Sulla Rotta del Bacalà, Beato Bartolomeo

Creata sul finire degli anni ’60 e con quasi 400 ettari vitati, la Denominazione di Origine controllata Breganze è situata nei pressi del Monte Grappa, in provincia di Vicenza. L’uva autoctona per eccellenza è la Vespaiola, famosa per essere la base del Torcolato, il vino passito simbolo di questa denominazione. Questa uva viene anche vinificata secca o spumante, con risultati di buona piacevolezza.

La cantina sociale Beato Bartolomeo da Breganze propone la selezione Vespaiolo D.O.C. Breganze “Sulla Rotta del Bacalà”, omaggio al nobile veneziano Pietro Querini, che nel 1431 naufragò nei mari del Nord Europa e venne salvato dagli abitanti di un’isola norvegese, dove scoprì il merluzzo essiccato, il Bacalà appunto.

La versione 2015 si mostra giallo paglierino di buona vivacità e media intensità. I sentori sono molto freschi, croccanti, con note di pere Williams e mele Golden, tiglio e biancospino, erba appena tagliata e accenni di frutta tropicale. In bocca spicca immediatamente un’acidità importante, tipica del vitigno, supportata da notevole sapidità. Corretta la struttura e la persistenza. Non impegnativo e di buona beva. Vino adatto a chi ama queste sensazioni gustative forti. In alternativa si può far affinare per un anno. Per intanto degustiamolo ad una temperatura di massimo 10°C e abbiniamolo a un Bacalà alla Vicentina, come vuole la tradizione.

LA VINIFICAZIONE
Questo Vespaiolo è prodotto nelle località di Costa di Breganze e Fara, su terreni vulcanici esposti a sud. Le uve sono conferite da 15 soci, dopo un’ attenta selezione. Prima della vinificazione, la Vespaiola subisce una prefermentazione a freddo, pratica diffusa per i vini bianchi, che permette di ottenere colori, profumi, aromi e struttura più intensi.

L’affinamento si prolunga per circa 5 mesi in acciaio con i propri lieviti. Successivamente il vino viene filtrato e imbottigliato, con una produzione di circa 7800 bottiglie. La Cantina Sociale Beato Bartolomeo da Breganze nasce nel 1950 e oggi conta 700 soci conferitori e con una produzione media annua di oltre 2 milioni di bottiglie.

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Analisi e Tendenze Vino

Il Sangue di Giuda dell’Oltrepò a Salerno? Tranquilli. Lo porta Enoitalia

E alla fine dei conti, quello che ti fa più incazzare, è che gliel’hanno proposto in abbinamento a una frittura di paranza. Eppure, la controetichetta parla chiaro. “Questo vino dolce e leggendario dell’Oltrepò Pavese ha un ruolo chiave nei pranzi festivi della tradizione in Lombardia, ove la sua vivacità conferisce importanza al fine pasto. Un vino che trova il suo adatto abbinamento (…) con dolci quali crostate, pasta di mandorle e sfogliatine”. Sfogliatine? Sfogliatine, sì. Quelle campane? Forse. Sembra un’etichetta studiata ad hoc. Ma lo avete capito? Parliamo del Sangue di Giuda. Il vino dolce dell’Oltrepò Pavese.

Sono le 23.30 di sabato quando un lettore di vinialsuper ci contatta attraverso la nostra pagina Facebook. E’ al ristorante. A Salerno, dove vive. Gli hanno appena proposto un vino che non conosce, in abbinamento alla frittura di pesce che ha ordinato al cameriere. E’ un vino rosso. Qualcosa non torna. La domanda che ci rivolge è perentoria. “Non è che gli devo fare un assegno? Rispondente, prima che arriva il conto”.

Allega al messaggio la foto della bottiglia. Panico. Si tratta del Sangue di Giuda Doc “Il Pozzo”, vino frizzante dolce. Vendemmia 2015. Ammettiamo l’ignoranza. Non lo conosciamo. Il nome di fantasia non ci dice nulla. Chiediamo una foto dell’etichetta posteriore. Che arriva, di lì a qualche minuto. E’ tutto chiaro. L’azienda indicata è Enoitalia, gigante imbottigliatore di Bardolino, Verona, che serve i supermercati Lidl. Quelli, per intenderci, del Montepulciano Biologico Passo dell’Orso decantato da Luca Maroni. Boom. Questa bottiglia costerà 6 euro al lettore. Un ricarico notevole, quello del ristoratore salernitano, rispetto alle potenzialità della bottiglia.

E’ la legge dei grandi numeri. Quelli che in Italia vincono sempre, a prescindere dal valore che rappresentano realmente. Basti calcolare che una delle aziende leader del Sangue di Giuda, in Oltrepò, fissa il prezzo del proprio “base” – comprensivo di trasporto, ma con pagamento anticipato – a 4,30 euro a bottiglia. E a 6.90 euro per il “cru”. Troppo? Fin troppo poco, assicuriamo noi che quei due Sangue di Giuda (il base e il cru) li conosciamo bene. E allora vada per il Sangue di Giuda di Enoitalia. Pure al ristorante. Con la paranza. Ma si sappia: l’Oltrepò pavese è un’altra cosa. Quando imparerà a promuoversi a dovere in Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Vini al supermercato

Nero di Troia Puglia Igp 2014, Grifo Ruvo

(3 / 5) l Nero di Troia è il vitigno a bacca nera principale del centro-nord pugliese, capace di dare vini strutturati e molto longevi. Il produttore Grifo, la Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, propone nei supermercati la vendemmia 2014 con denominazione Puglia Igp.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice il vino si presenta rosso rubino con riflessi porpora che denotano gioventù. Al naso si riconoscono note avvolgenti di ciliegia e lampone maturo, violetta, pepe rosa, timo e sullo sfondo sentori tipici dell’affidamento in legno.

In bocca però non rispecchia le aspettative create precedentemente. Il corpo non è del tutto pieno, il tannino è già evoluto e non molto presente, la persistenza è un po’ corta. Bottiglia che ha già raggiunto il suo equilibrio: fatto di per sé piacevole, ma deludente vista la sua giovane età.

Da prendere in considerazione se si cerca un vino immediato e non troppo impegnativo. Da degustare ad una temperatura di 16° gradi e da abbinare a un primo con ragù di carne.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto da una selezione di uve Nero di Troia in purezza coltivate a Ruvo di Puglia, su terreni marnosi-argillosi a 400 metri sul livello del mare. La vendemmia è svolta manualmente e, dopo la vinificazione, il vino affina in botti di rovere per alcuni mesi.

La Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia è nata nel 1960 e vanta ben 1020 soci conferitori, concentrati sulla “valorizzazione di vitigni autoctoni come il Nero di Troia, il Bombino Bianco, il Bombino Nero, il Moscatello Selvatico e il Pampanuto”.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Esselunga

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news ed eventi

Ferrari Trento e gli “enofighetti” di Natale: 10 domande su Gdo e promozioni

“Scandalo epocale in grande distribuzione: gli spumanti Ferrari in promozione a 10 euro”. Ogni anno, di questi tempi, i soloni del vino italiano si svegliano dal letargo. E pontificano. Postando tarantiniane fotografie di supermercati. Immagini crude, da censura. Che mostrano sanguinolente scene del crimine: gli eleganti “astucciati” della nota casa spumantistica trentina, in promozione. Che shock. Roba pulp. Per cuori forti. Scene da vietare ai minori.

Almeno quanto i commenti che seguono le immagini. Teatro dello scandalo sono i vari gruppi di discussione creati su quei moderni bar e osterie che solo gli “studiati” chiamano “social network”. “Sarà qualche bancale dimenticato in cantina, ossidato naturalmente”, sostiene baldo, il più intelligente. “Soprattutto in vista del Natale, se non se lo compra nessuno, mi sa che fanno prima ad abbassare la serranda”, ribatte un altro analista di microparticelle atomiche.

“Ferrari vale dalla Linea Maximum in su, quella è gassosa”, chiosa il milionario che fa colazione con i Tarallucci della Mulino Bianco (oggi senza olio di palma, se vi fosse sfuggito) pucciati nel Dom Pérignon, appena sciabolato. E così via. Per sfortuna loro, qualcuno prova a farli ragionare, anche in osteria. Pardon, sui social network. Ma chi, meglio di Massimiliano Capogrosso, Direttore commerciale di Ferrari Trento, può mettere i puntini sulle “i” sull’eno-cinepanettone che ogni anno, sotto Natale, va in onda sui social?

Veronese, quarantanove anni, una passione per il mondo vinicolo che ha segnato anche la sua carriera. Capogrosso proviene infatti da altre importanti realtà venete del settore, prima Valdo e poi Bertani. E’ approdato alle Cantine Ferrari dieci anni fa, per ricoprire il ruolo di Direttore vendite. Maturando col passare del tempo un’esperienza che, un anno fa, ha convinto la Famiglia Lunelli a nominarlo Direttore commerciale.

Dieci domande, dieci, quelle che gli rivolgiamo. Domande a cui Capogrosso risponde con dovizia di particolari. Dimostrando che per Ferrari – al contrario di molti altri “big” – la Gdo, è tutt’altro che un tabù.

1) Ferrari in Gdo: perché? Da quando?
Ferrari è il brindisi italiano per eccellenza, da sempre celebra appuntamenti istituzionali, sportivi e culturali tra più importanti del nostro Paese, così come i momenti più belli della vita di molti italiani. Vogliamo dunque che possa essere acquistato sia nel canale moderno che in quello tradizionale. E’ sempre stato così e ancora oggi l’azienda si impegna per dare a entrambi i canali distributivi la stessa importanza.

2) La gestione del “prezzo promo”: viene concordato di anno in anno con le varie catene, oppure si tratta di un’attività che prescinde dai contratti, gestita autonomamente dalle insegne?
Il Ferrari è uno di quei prodotti immancabili sulle tavole degli italiani durante le ricorrenze e spesso, dunque, viene utilizzato come “prodotto civetta”. E’ una scelta autonoma di ogni catena, che decide di impostare la propria campagna promozionale come ritiene più giusto per la sua clientela, a cui, in questo modo, può offrire un prodotto di altissima qualità a un prezzo davvero vantaggioso.

3) I volumi di Ferrari in Gdo
In Italia la nostra presenza si distribuisce in egual misura tra Gdo e Horeca. Si tratta di due mondi diversi, ma per noi ugualmente importanti, con logiche di vendita differenti tra loro.

4) In Gdo quale “tipologia” di prodotti Ferrari? Provocazione: quelli di “serie b”?
La regola imprescindibile di Casa Ferrari è quella di produrre solo prodotti di eccellenza, pertanto non parlerei assolutamente di prodotto di serie A e serie B. Basti pensare che la nostra referenza più classica, il Ferrari Brut Trentodoc è stato nominato recentemente “Miglior Blanc des Blancs al Mondo” a una competizione internazionale, tra le più importanti al mondo, dedicata solo alle bollicine: The Champagne&Sparkling Wine World Championships.

5) Ma le critiche arrivano sempre, puntuali e monocordi
Come ricordavo prima, Ferrari è un prodotto leader di mercato, che spesso dunque le catene della Grande Distribuzione utilizzano per attirare il consumatore. Sicuramente quello natalizio è il periodo più “sfruttato” per questo genere di promozioni, ma non possiamo che vedere queste operazioni come un indicatore dell’importanza del nostro marchio.

6) Ferrari intende proseguire il rapporto con la Gdo, intensificarlo/allentare la presa?
La politica commerciale delle Cantine Ferrari sarà quella di continuare a seguire con attenzione e uguale dedizione sia il canale Gdo sia il canale Horeca, in quanto riteniamo che entrambi siano fondamentali per il successo del nostro Gruppo.

7) Il ruolo di Ferrari nel panorama delle “bollicine” italiane ed europee
Ferrari è leader del mercato delle bollicine in Italia, con 4,5 milioni di bottiglie vendute all’anno e un incremento a doppia cifra dal 2015. All’estero continuiamo a crescere da anni e senza dubbio questo ultimo dato è indicatore anche dell’incredibile incremento della notorietà e dei volumi di vendita delle bollicine italiane nel mondo. Il Trentodoc, la prima Doc nata in Italia esclusivamente per il Metodo Classico, rappresenta il 35% della produzione nazionale di questa tipologia di bollicine e può vantare la propensione all’export più elevata, il 22% ( dati 2015 dell’Osservatorio Trentodoc). Ferrari è certamente trainante nell’accrescere a livello internazionale la conoscenza di queste straordinarie “bollicine di montagna”, che nascono più di un secolo fa proprio dall’intuizione di Giulio Ferrari.

8) Ferrari in Gdo anche con vini rossi fermi: una panoramica dei prodotti “collaterali” alle bollicine
E’ un’importante conferma che stiamo percorrendo la strada giusta. È opportuna però in questo caso una precisazione: i vini fermi trentini, toscani e umbri, non sono Ferrari (marchio dedicato esclusivamente alle bollicine Trentodoc), ma vanno sotto il marchio collettivo Tenute Lunelli. Si tratta comunque di un numero ridotto di bottiglie, il cui canale di distribuzione preferenziale è quello delle enoteche e dei ristoranti d’eccellenza, anche se può capitare di trovare alcune referenze in GDO.

9) Se la sente di dare qualche consiglio all’Oltrepò Pavese, patria del Pinot Nero, che prova faticosamente ad affermarsi e a diventare “grande”?
L’Oltrepò Pavese non ha sicuramente bisogno dei miei consigli, è un territorio di eccellenza e patria di grandi vini, ha solo bisogno di esprimere al meglio la sua personalità. Ogni territorio vocato alla produzione di vino ha delle caratteristiche uniche e irripetibili e proprio su queste credo sia necessario puntare: è la varietà la vera bellezza del nostro Paese.

10) Cosa beve a tavola, tutti i giorni, il direttore commerciale di Ferrari? Acquista vino al supermercato
Personalmente acquisto vini anche al supermercato, spesso mi capita di acquistare persino il Ferrari, quando non mi trovo a Trento. Per una cena tra amici amo portare il Ferrari Demi-Sec, la nostra bollicina più amabile e dalla marcata rotondità: il Trentodoc perfetto per esaltare il fine pasto, dal dolce alla frutta. (foto gallery Archivio Fotografico Cantine Ferrari)

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Vini al supermercato

Gutturnio Superiore Doc 2011 La Gobba, Testa

E’ il “Cru” di Casa Testa, il vino più “esclusivo”. Quello nato da vigneti che godono della migliore esposizione. Parliamo del Gutturnio Superiore Doc la Gobba, prodotto e imbottigliato all’origine dalla Casa Vinicola Cav. Italo Testa Snc di Castell’Arquato, in provincia Piacenza. Abituati dai supermercati – specie nel Nord Italia – a vini Gutturnio mossi, spesso venduti a prezzi risicati che ne denotano la scarsissima qualità, il passaggio a un Gutturnio Superiore, senza “effervescenza”, può costituire un’esperienza unica per i winelovers meno esperti. Una sorta di scoperta delle potenzialità di uvaggi spesso bistrattati, per logiche di commercio, come Croatina e Barbera. Chiariamo, innanzitutto, che al contrario dei “cugini effervescenti”, il Gutturnio Superiore Doc si presta a diversi anni di invecchiamento, proprio perché vinificato alla maniera dei grandi rossi italiani.

Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce, di fatto, la vendemmia 2011. Tredici gradi e mezzo il titolo alcolometrico. Vino importante, dunque. Che si presenta nel calice di un rosso tra il rubino e il porpora, con riflessi granati. Al naso è schietto, mediamente fine: gli uvaggi si distinguono chiaramente, attraverso note che risultano pulite, nonostante il tempo trascorso in bottiglia. E’ il primo segnale della sublimazione di un prodotto storicamente “contadino” come il Gutturnio, vino della tradizione piacentina, che con il Superiore La Gobba si toglie di dosso le vesti polverose. E indossa la cravatta della domenica.

Al naso fa eco un palato di grande energia. Buona struttura, buon corpo. Con i profumi di ciliegia e prugna che si tramutano in gusto, giocando testa a testa con i fiori di viola e le note evolute di sottobosco (mirtillo, lampone maturo). Spazio, con l’ossigenazione, anche per terziari raffinati di vaniglia e cioccolato, avvolti al palato in tannini morbidi ma tutt’altro che spenti, uniti alla grande freschezza (e chi se l’aspettava, ancora?) conferita da un’acidità autorevole. L’idillio piacentino, da affiancare a importanti portate di carne rossa, dall’arrosto alla cacciagione, passando per la griglia. Alla temperatura dei grandi rossi: 18-20 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Non è un caso se il Gutturnio Superiore Doc La Gobba della Casa Vinicola Testa viene prodotto solo nelle annate climaticamente fortunate. Quelle in cui il blend ottenuto al 70% da uve Barbera e al 30% da uve Croatina (Bonarda), garantisce i risultati migliori in bottiglia. I vigneti sono di tipo argilloso e calcareo, con esposizione privilegiata a Sud. L’allevamento a Guyot semplice. La tecnica di vinificazione prevede una pigiadiraspatura delle uve, accuratamente raccolte a mano, la fermentazione con lieviti selezionati in tini di acciaio a temperatura controllata e la macerazione per circa 20 giorni.

L’estrazione di colore, aromi e struttura tannica sono garantiti da rimontaggi giornalieri che evitano la creazione di sgradevoli sentori. L’affinamento si protrae per almeno 38 mesi, con passaggio di 4-6 mesi in botti di rovere di Slavonia, prima di un ulteriore affinamento in bottiglia che precede la commercializzazione. Ottimo vino, il Gutturnio Superiore La Gobba, dopo i 4-5 anni dalla vendemmia.

Prezzo: 6,95 euro
Acquistato presso: Auchan

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Vini al supermercato

Lugana Doc 2015 Villa Borghetti, Pasqua

(4 / 5) Fa parte della linea “Pasqua Indipendents” la Lugana Doc 2015 Villa Borghetti. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it uno dei prodotti ‘base’ della nota cantina di Verona. Un vino che offre il meglio di sé nei primi 2-3 anni dall’imbottigliamento.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, la Lugana Doc 2015 Villa Borghetti si presenta di un giallo paglierino limpido, trasparente, di intensità chiara e consistenza scorrevole.

E’ al naso che offre il meglio di sè. Note floreali e fruttate fresche si confondono amabilmente con una profonda vena minerale, salina. Sullo sfondo, con l’ossigenazione, si elevano sentori di camomilla di campo che ben si abbinano alle iniziali percezioni di albicocca e fiori di mandorlo. Al palato la carica dello iodio, classico sale da cucina, mostra tutte le potenzialità del terreno dal quale è ottenuta questa Lugana. Un sapore secco ma avvolgente. E un’acidità che dona freschezza alla beva, chiamando il sorso successivo.

Non solo mineralità per questo prodotto targato Pasqua Vigneti e Cantine Spa che mostra correlazione tra olfatto e gusto, ripetendosi nelle note di frutta a polpa gialla. Il finale, sempre tendente al sapido, rivela un risvolto amarognolo, tipico della mandorla. La Lugana Doc 2015 Villa Borghetti, alternativo aperitivo, si abbina ad antipasti, primi piatti leggeri, secondi di pesce o carne bianca e alle verdure. La temperatura di servizio ideale è di 10-12 gradi.

LA VINIFICAZIONE
I vigneti che danno vita a questa Lugana sono situati a sud del Lago di Garda, fra l’omonimo Comune di Lugana e Sirmione. Il terreno, di natura calcarea-argillosa, è prevalentemente pianeggiante verso il lago e collinare nella parte sud. Le uve utilizzate sono quelle autoctone di Trebbiano di Lugana, in purezza (100%). La vinificazione prevede, in seguito alla pigiatura, una macerazione a freddo per 6-8 ore. Il mosto che se ne ottiene viene poi decantato. Il prodotto, parzialmente illimpidito, viene fatto fermentare con lieviti selezionati alla temperatura controllata di 16-17 gradi. A fine fermentazione il vino decantato viene conservato in serbatoi di acciaio a 10-12 gradi. Segue, dopo la stabilizzazione, l’imbottigliamento.

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Luca Ferraris Agricola: “Come ti porto il Ruchè in capo al mondo”

Se glielo chiedi, la prende alla larga. Ti parla delle “tante porte prese in faccia negli anni scorsi” e, sopratutto, del “cambio di mentalità degli importatori”. Tutte cose vere. Ma se il Ruchè di Castagnole Monferrato, minuscola e giovane Docg piemontese, è oggi conosciuto (e apprezzato) in tutto il mondo, gran parte del merito va a Luca Ferraris, titolare dell’omonima “Agricola” di località Rivi, 7. Reduce da una full immersion in Oriente, su e giù da un aereo all’altro – dall’Hong Kong International Wine and Spirits Fair a Bangkok, passando per Singapore – Luca Ferraris è impegnato in cantina quando squilla il telefono.

“E’ stato un tour molto impegnativo ma anche molto soddisfacente – commenta il viticoltore -. Sono ormai 8-9 anni che bazzichiamo quei mercati e abbiamo sempre avuto dei problemi. Ci chiedevano stupiti se in Italia ci fosse il vino, abituati com’erano a bere esclusivamente francese, fino al 2008. Nel tempo siamo riusciti ad affermarci, in generale come vino italiano. Oggi, addirittura, incontriamo importatori che ammettono che stavano cercando, tra tutti i vini, proprio il nostro Ruchè”. E’ cresciuta la consapevolezza del cliente orientale o sono migliorati i piemontesi esportatori? “Direi entrambi – risponde Ferraris -. Noi ci abbiamo dato dentro a testa bassa, senza mai mollare. Ma anche gli importatori iniziano a capire il vino. Abbiamo assistito a una scrematura incredibile nelle importazioni. Fino a cinque o sei anni fa, qualsiasi corporate acquistava vini perché era chic e di moda. Oggi, chi compra sa dove rivenderlo. E ripete gli ordini, cosa che non succedeva in passato, quando assistevamo a sterili ordini a spot da parte di aziende sempre diverse”.

Sono lontani, insomma, i tempi in cui il Piemonte esportava esclusivamente Moscato, Malvasia e Barbera modern style. Del resto, il Ruchè si presta deliziosamente alla cucina asiatica. “La cucina asiatica di alto livello, quella ‘stellata’ – precisa Luca Ferraris – è il cliente potenzialmente più interessato al nostro prodotto. Un vino così aromatico e speziato si abbina benissimo ai piatti orientali, soprattutto se fusion. Poi non bisogna dimenticare che la cucina italiana, nel mondo, la fa da padrona”.

Anche a Bangkok, mega regione urbana in cui si condensano 30 milioni di persone. “Basti pensare – continua Ferraris – che l’imprenditore thai, oggi, investe in cuochi e chef italiani per aprire ristoranti tricolore nella capitale della Thailandia. Perché va di moda, ma anche perché a Bangkok, effettivamente, è pieno di italiani. Il Made in Italy, in particolare quello del food, sta tirando moltissimo. E il vino segue questa scia. Se da un lato, in questi mercati, la forbice tra ricchi e poveri si sta aprendo sempre di più, dall’altro è consistente, numericamente, la classe media che ha voglia e coraggio di investire”.

I NUMERI DEL RUCHÈ
La Docg di Castagnole produce, ad oggi, 800 mila bottiglie scarse. Ferraris, nel 2017, punta a 130 mila bottiglie. Circa il 20% della produzione totale. “L’Export – spiega il titolare – riguarda il 65-70% della produzione del nostro Ruchè. Nonostante questo, la denominazione non esporta più del 30%. Rimane comunque salda la posizione sul mercato italiano, come riferimento. Noi, come azienda, puntiamo invece a esportare il 55% della nostra produzione totale all’estero, con punte del 70% per il Ruchè, mentre ad oggi ci assestiamo sul 45%. All’inizio vendevamo bottiglie a 13 euro che venivano rivendute a 400 euro all’estero. Il prezzo del Ruchè base si assesta adesso sui 9-10 euro, mentre il top di gamma tocca quote di 19-20 euro. Rivendute rispettivamente a 25 e 50 euro”.

“A livello di comunicazione – precisa Ferraris – il Consorzio ci ha dato la possibilità di partecipare a fiere di settore, in gruppo. Dunque, avanzandone. Direi che siamo stati bravi noi, dal punto di vista della comunicazione aziendale. Su mercati così lontani, vale più l’iniziativa del singolo. Nella produzione del Ruchè, poche aziende sono in grado di fare investimenti tali, anche a livello chilometrico, da Castagnole Monferrato. La degustazione in Svizzera è un discorso. Le fiere a Hong Kong, piuttosto che in Giappone o negli Stati Uniti, sono un’altra storia. Ci va una massa critica che consenta tali investimenti”.

Un futuro luminoso, dunque, quello del Ruchè. “Spero che continui la crescita registrata in questi anni – ammette Luca Ferraris – e, anche se mi guardano tutti con gli occhi sbarrati, la Docg potrebbe puntare a produrre nel 2017 un milione di bottiglie prodotte, mantenendo una qualità molto elevata”. Basti pensare che la Ferraris, il prossimo anno, volerà da 80 a 130 mila bottiglie. Con un incremento, entro il prossimo febbraio, da 16 a 26 ettari vitati a Ruchè (passando da 33 a 43 ettari complessivi), sui 136 ettari totali della denominazione.

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Vini al supermercato

Alsace Riesling Réserve 2014, Pierre Sparr

(1,5 / 5)Nella giungla dei vini al supermercato è facile perdersi. E’ ancora più facile perdere la rotta quando ci si addentra nel tortuoso mondo dei vini francesi del supermercato. Ma la bussola impazzisce, letteralmente, sul Riesling Réserve 2014 Pierre Sparr. Doveroso sottolineare, in primis, che non si tratti di un prodotto “Aoc”, ovvero d’Appellations d’origine contrôlée, il corrispettivo transalpino della “Doc” italiana. Bensì di una semplice Appellation Alsace Contrôlée: formula con la quale viene genericamente identificato il vitigno alsaziano utilizzato per la produzione, in questo caso il Riesling. Un prodotto, dunque, che già di per sé rappresenta l’ombra dell’originale. E a questo punto, ad Esselunga, andrebbe chiesto perché inserire in assortimento un prodotto francese di “serie b”, peraltro a un prezzo non certo alla portata di tutti? Forse, la risposta sta sull’etichetta posteriore: in quell’analisi altisonante del Riesling Riserva Pierre Sparr, che a noi di vinialsuper pare…davvero nulla di che.

Quantomeno, raccomandiamo – per l’ennesima volta – agli addetti del supermercato di “girare le annate” e di trattare la corsia del vino come quella dei biscotti (già, perché anche il vino “scade” se è di bassa qualità, o se è prodotto con vitigni non adatti all’invecchiamento, o se è stato ‘turato’ con sugheri economici). Sul banco dove preleviamo questo Riesling, di fatto, sono presenti due annate. La 2014, che scegliamo per la nostra degustazione. E la 2013, dimenticata sul fondo dello scaffale: bottiglie piene di polvere e “liquido” visibilmente “ridotto” all’esame del collo della bottiglia, rispetto alla “sorella” 2014.

L’ANALISI DI VINIALSUPER
La domanda che continua a frullarci nella testa, mentre sorseggiamo questo…”Riesling Alsaziano Riserva”, è: perché? Perché? Dell’eleganza e della finezza dei Riesling d’Oltralpe, neppure l’ombra. Questo Pierre Sparr – a proposito: maison prestigiosa, la cui storia affonda le radici nell’anno 1680, a Beblenheim, in Alsazia per l’appunto – sembra piuttosto un vino di montagna, di quelli che servono in brocca nelle osterie.

Mancano, al naso, i caratteristici spunti di frutta a polpa bianca e di agrumi, mentre risaltano con una certa insistenza i soli fiori bianchi freschi. Sembra quasi un Gewurztraminer base, quando spunta invece, con l’ossigenazione, qualche richiamo olfattivo dolciastro, che ricorda il miele. Desaparecidos i sentori minerali, vera e propria “firma” della straordinaria Valle del Reno, di cui il Riesling alsaziano è simbolo. Al palato, struttura scarsa, monocorde, fruttata fresca. E, anche qui, nemmeno l’ombra della mineralità che si potrebbe (dovrebbe?) attendere dal vitigno. Consigliamo questo vino a tutto pasto. Degli altri.

LA VINIFICAZIONE
Apprendiamo dal sito web dell’importatore e distributore “esclusivo” del Riesling Riserva Pierre Sparr, la Boldrini Import Export di Roma, alcune informazioni sulla tecnica di vinificazione. Si tratta, come atteso, di un Riesling in purezza, ottenuto da vigne dell’età media di 26 anni. La vendemmia è condotta sul finire del mese di ottobre. La fermentazione avviene poi a temperatura controllata, con successivo riposo sulle fecce fini: un’operazione volta a favorire l’aromaticità del prodotto. Da apprezzare la schiettezza con la quale l’importatore descrive i sentori fruttati e minerali di questo Riesling Alsaziano, parlando di semplici “reminiscenze”. Chapeau.

Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Vini al supermercato

Corvo Rosso Igt Terre Siciliane 2014, Duca di Salaparuta

(3,5 / 5) Nero d’Avola, Nerello Mascalese e Pignatello, noto anche come Perricone. Duca di Salaparuta, gruppo che riunisce tre marchi storici della “sicilianità” come Corvo, Florio e la stessa Duca di Salaparuta, produce con questi tre vitigni uno dei vini più noti dell’intera isola, commercializzati in grande distribuzione: il Corvo Rosso Igt Terre Siciliane. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, la vendemmia 2014.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il vino si presenta di un rosso rubino brillante, di moderata trasparenza, con riflessi tendenti al granato. Al naso si rivela di buona complessità. Nuovi sentori fanno capolino col passare dei minuti, grazie all’ossigenazione. Si passa da subitanee percezioni di fiori di mandorlo e frutta rossa (marasca), a più profondi richiami a spezie leggere, sino a piacevoli tinte vegetali di carruba.

Al palato, il Corvo Rosso Igt Terre Siciliane Duca di Salaparuta gioca tutto sulle morbidezze e sulla facilità della beva. Da quello che viene definito dallo stesso produttore “un vino quotidiano”, non ci si può aspettare di meglio. E invece questo rosso siculo riesce ad andare oltre: il blend funziona, è ben equilibrato. La terra fa il resto.

Alle note semplici e avvolgenti di frutta rossa (di nuovo marasca) fa da contraltare una sapidità che chiama il sorso successivo: asciutto, moderatamente caldo, piacevolmente vinoso e, soprattutto, di sufficiente persistenza. Il Nero d’Avola che fa da base costituisce l’ossatura del vino, la sua struttura. A Nerello Mascalese e Pignatello-Perricone il compito di impreziosirla, assieme al legno della botte grande in cui matura il Corvo Rosso. Interessante vino a tutto pasto, tutt’altro che banale per la fascia prezzo in cui si posiziona, si presta ad accompagnare grigliate di carne, arrosti e formaggi di media stagionatura. A una temperatura di servizio di 16-18 gradi.

LA VINIFICAZIONE
E’ nei terreni più vocati alla viticoltura della Sicilia che affondano le radici i vitigni del Corvo Rosso, cullati da un microclima ideale. Siamo nella zona centro orientale, tra le province di Agrigento e Caltanissetta, a un’altezza che varia tra i 50 e i 350 metri sul livello del mare. La terra è di tipo misto, ma con percentuali considerevoli di calcare attivo. L’allevamento è condotto da Duca di Salaparuta col metodo della controspalliera e dell’alberello, con una densità di ceppi per ettaro medio-alta, pari a circa 4 mila piante. La vendemmia è manuale e, a seconda delle annate, avviene dalla seconda settimana di settembre alla prima settimana di ottobre.

La fermentazione del Corvo Rosso è affidata al metodo tradizionale, con macerazione sulle bucce per un periodo che può variare dai 6 agli 8 giorni. Seguono svinatura, pressatura soffice e fermentazione malolattica: un passaggio fondamentale, quest’ultimo, per garantire maggiore piacevolezza alla futura beva con la trasformazione dell’acido malico in acido lattico. Corvo rosso Terre Siciliane Igt Duca di Salaparuta matura poi per almeno 10 mesi in grandi botti di quercia e, successivamente, in tini di cemento vetrificato. Prima della commercializzazione, questo rosso di Sicilia affina in bottiglia per altri 2 mesi, a temperatura controllata. Viene prodotto dal 1824, anno di fondazione di un marchio di cui è divenuto il simbolo.

Prezzo pieno: 5,89 euro
Acquistato presso: Iper Coop

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Brunello di Montalcino Docg Riserva 2006, Villa Poggio dei Salvi

(5 / 5) E’ uno dei prodotti top di gamma di Villa Poggio Salvi, secondo solo al Brunello di Montalcino Docg Cru “Pomona”. E, in effetti, il Brunello di Montalcino Docg Riserva 2006 va annoverato tra i migliori vini rossi toscani da invecchiamento presenti nel panorama nazionale della grande distribuzione italiana.

Lo distribuisce, sui propri scaffali, la catena milanese di grandi magazzini e supermercati Il Gigante. Certo, a giocare a favore dell’esito di questa degustazione di vinialsuper c’è la straordinaria annata di questo vino.

Un 2006 che resterà tra le vendemmie da ricordare per il Sangiovese atto alla produzione del Brunello di Montalcino. Per favorire l’apertura degli aromi utilizziamo un decanter. dove il nettare riposa per quasi un’ora.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Riserva 2006 di Villa Poggio dei Salvi si presenta di un rosso rubino ancora intenso, con riflessi granati: il primo “sintomo” di un vino ancora vivo, con ampi margini di miglioramento in bottiglia negli anni, anzi nei decenni.

Al naso si svela pieno, ampio, complesso: note di frutta a bacca rossa, a metà tra la confettura e lo spirito, dominano la scena. Non manca uno spunto floreale di viola. Ma sono ben percettibili, come dalla attese, i richiami terziari (ovvero il bouquet conferito dal periodo di affinamento in legno) a caffé tostato, liquirizia e cacao dolce.

Profumi che evolveranno ulteriormente, col passare dei minuti, per effetto dell’ossigenazione nel calice. Al palato, grande freschezza unita a una sapidità invidiabile: due elementi che, uniti assieme, si mostrano in perfetto equilibrio con le note fruttate di sottobosco. Completa il quadro un tannino elegante, tutt’altro che pungente.

Grande persistenza per il Brunello di Montalcino Docg Riserva 2006 di Villa Poggio dei Salvi, tutta giocata sulle note fruttate, sull’acidità e sulla sapidità. Un quadro davvero perfetto, che può essere reso paradisiaco dal corretto abbinamento in cucina.

Un vino importante, questa riserva toscana, da accostare dunque a piatti dello stesso “peso”: dai primi a base di ragù di selvaggina (cinghiale, per esempio), ai secondi di carne grigliata o a base di cacciagione e selvaggina. Senza dimenticare i formaggi stagionati e il tartufo.

LA VINIFICAZIONE
“Vini tradizionali prodotti con sistemi moderni”: questa la filosofia di Villa Poggio Salvi, azienda agricola che nell’omonima località del Comune di Montalcino, in provincia di Siena, conta 21 ettari di vigneti, tutti impiantati con cloni di Sangiovese Grosso. L’età dei vigneti atti alla produzione del Brunello di Montalcino Riserva varia dai 15 ai 20 anni, situati tra i 300 e i 520 metri sul livello del mare.

L’esposizione è a Sud-Ovest e il terreno è ricco di galestro a larga tessitura. La forma di allevamento è quella del cordone speronato, con una densità di impianto di 5 mila piante per ettaro. La vendemmia avviene sul finire del mese di settembre, a mano, in piccole cassette.

La vinificazione in acciaio, in vasche a temperatura controllata tra i 28 e i 30 gradi, per un periodo che varia fra i 12 e i 14 giorni. Le follature del cappello sono automatizzate, con sistema a pistoni. Fondamentale, poi, la fase di maturazione in legno per il Brunello, come da disciplinare della Denominazione di origine controllata e garantita.

Quaranta mesi in botti di rovere di Slavonia da 50 a 100 ettolitri. Il vino affina poi in bottiglia per un minimo di 6 mesi, prima dell’immissione in commercio. La vendemmia 2006 ha dato vita a circa 7 mila bottiglia di Brunello Riserva.

Villa Poggio Salvi deve il suo nome alla felice posizione sul versante Sud di Montalcino che guarda il mare Tirreno. L’aria pulita, i profumi che arrivano dai folti boschi di lecci che circondano l’Azienda e dalla macchia mediterranea, hanno attirato qui, fin dall’antichità le genti che provenivano dalla Maremma.

Poggio Salvi, appunto, il “Poggio della Salute” in quanto considerato da sempre zona salubre e pura, dove già nei secoli scorsi la gente trovava rifugio per allontanarsi dalle zone più insalubri infestate da malattie. Villa Poggio Salvi per struttura e modernità è un’azienda che guarda al futuro condotta con passione e competenza da Pierluigi Tagliabue e dal nipote Enologo Luca Belingardi.

Prezzo: 24,90 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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