Il vino de La Tognazza Amata, l’impresa vitivinicola dell’attore e regista Gianmarco Tognazzi, figlio del compianto “mostro” della commedia all’italiana, sbarca nei salotti della Milano “bene”. E lo fa con un coup de theatre. Già, perché il neo viticoltore romano ha le idee chiare: la supercazzola enologica di Tognazzi junior è indirizzata alla viticoltura italiana, “che ha stufato con le sue etichette tutte uguali”. Quella che a prima vista può sembrare una boutade radical chic, si trasforma presto, nel calice – e dove, altrimenti? – in qualcosa di concreto. I vini de La Tognazza Amata reggono il palco. Ammaliano. Vanno oltre l’apparenza. Insomma: convincono tutti. Chi più, chi meno. Anche perché spaziano dal bianco beverino e “piacione” al rosso importante, in grado di prestarsi all’invecchiamento.
Gianmarco Tognazzi, al decimo piano del Brian&Barry Building di via Durini 28, zona San Babila – due passi dal Duomo di Milano – schiva con sarcasmo i fotografi da baraccone, che lo vorrebbero in pose plastiche a mostrare un calice del suo vino: “Che me fate fare? Er bicchiere si tiene con una mano sola, non con due! Mica voglio farmi dire che faccio il vino e non so manco come berlo!”. A bocce ferme, capisci che il punto è proprio questo. Gianmarco Tognazzi si presta allo show, da uomo di cinema e di teatro qual è. Ma scrive lui, la trama. Un testo nel quale deve sembrare credibile – e lo sembra – come uomo e come viticoltore, prima ancora che come imprenditore che s’affaccia sull’impervio territorio del vino italiano. Il battesimo milanese di “69”, “Tapioco”, “Come se fosse” e “Antani”, i (primi) quattro vini prodotti dai 35 ettari che rispondono all’indirizzo di via Colle Ottone Basso 88 Velletri, Roma, deve far sorridere. Ma anche riflettere.
DA “AMICI MIEI” AI GIORNI NOSTRI
Ma un conto è approdare a Milano. E un altro è affermarsi sotto l’ombra della Madonnina. Come un giovane centravanti venuto dal Brasile, Tognazzi è pronto a dribblare gli ‘avversari’. “Abbiamo un modo di comunicare diverso rispetto a quello ‘canonico’ – ammette Tognazzi -. Noi siamo molto auto ironici. Invece il mondo del vino, in molti casi, è austero. Noi cerchiamo di fare il vino seriamente, ma di comunicarlo in maniera molto ironica. Altri, forse, preferiscono fare un vino che fa ridere e caricarlo poi di contenuti di facciata. Sono scelte”.
IL SOCIO INTERISTA
Una sfida al tradizionalismo. “La filosofia produttiva è quella di ottenere vini di facile beva – spiega ancora il socio di Tognazzi – ma non per questo superficiali. Per questo ricorriamo alla musica per descrivere i nostri prodotti. ‘Tapioco’ è un vino lounge: bicchiere di vino, spiaggia, per intenderci. ‘Come se fosse’ lo abbiamo voluto blues. ‘Antani’ è rock, mentre ’69’ è jazz. Abbiamo chiesto al nostro enologo di fare questo lavoro, progettandoci poi attorno le etichette e la comunicazione”. Vini popolari, insomma. Che rimarranno, però, fuori dalla distribuzione organizzata.
“Senza nessun rimpianto, no assoluto ai supermercati. Abbiamo la ferma intenzione di rimanere fedeli – precisa Capria – a chi ci ha premiato sin dall’inizio: la ristorazione. In questa fase storica di grande attrito tra gdo ed esercenti dei locali, sarebbe un po’ come tradire chi ha creduto in noi dal principio. Puntiamo tutto sulla parola buona che può uscire dalla bocca di chi già ci conosce e sa come lavoriamo”. Vino etico, insomma, ancora una volta. E non è una supercazzola.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.