Dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2025 di Winemag: Basilicata Igp Bianco 2019 Il Nibbio Bianco – edizione limitata, Agricola Strapellum (14,5%).
Fiore: 8.5 Frutto: 9 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 8 Tannino: 0 Sapidità: 8.5 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 8 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Cinque Terre Dop Sciacchetrà 2019, Azienda agricola Possa (12,5%)
Fiore: 9 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 8 Sapidità: 7.5 Tannino: 0 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 8.5 Facilità di beva: 8 A tavola: 9 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Brunello di Montalcino Docg 2019, Pietroso (14,5%).
Fiore: 9 Frutto: 9.5 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 8 Tannino: 8 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 8.5 Facilità di beva: 7.5 A tavola: 10 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
L’Alta Langa cresce nei numeri e nella testa. Il millesimo 2019, presentato in anteprima alla stampa e agli addetti del settore alla Reggia di Venaria lunedì 8 maggio in occasione della Prima dell’Alta Langa 2023 conferma l’attitudine alla qualità dei padri fondatori del Consorzio e dei loro “discepoli”. Altra costante della denominazione piemontese è la lettura fedele dell’annata nel calice. L’ultima annata si dimostra generalmente più verticale e tesa rispetto alla 2018 e perfetta per i lunghi affinamenti, con qualche (rara) eccezione dovuta alla scelta del dosaggio. Da poco sul mercato anche gli Alta Langa Riserva 2016, tra i quali spicca la doppietta di gran classe firmata Ettore Germano: un Blanc de Blancs e un Blanc de Noirs assolutamente da non perdere.
Tutti elementi che contribuiscono a disegnare in maniera sempre più netta i contorni di una Denominazione che non punta alla massa, ma al consumatore attento, formato, esperto. Molte aziende che negli ultimi anni hanno investito nell’Alta Langa hanno una reputazione consolidata nella produzione di vini fermi di pregio, come Barolo e Barbaresco. Cantine per le quali il Metodo classico non potrà mai essere un semplice “accessorio”, bensì la ciliegina sulla torta del puzzle di vini d’eccellenza, targati Piemonte.
Tra gli esordienti, a convincere su tutti è Anna Maria Abbona con il suo “San Bartomé” Extra Brut 2019 (4000 bottiglie per l’annata 2019, che diventeranno già 15 mila col millesimo 2021). «Per noi – spiega il cantiniere Lorenzo Schellino – l’Alta Langa, ad oggi, rappresenta un vino fatto in vigna. Sfruttando le zone a disposizione e i nostri suoli, otteniamo vini base predisposti per la spumantizzazione, senza grandi ritocchi in cantina. Vini di vigna, competitivi sul mercato anche a confronto con Champagne e altre grandi denominazioni».
Grandi conferme dell’intera gamma di Enrico Serafino che, con il direttore commerciale Lino Lanfrancone, analizza ancora più a fondo il fenomeno: «L’Alta Langa è prima di tutto una riappropriazione dei piemontesi delle origini del Metodo classico italiano, dato che siamo stati i primi in Italia a produrlo. I terreni sono di qualità indiscutibile: siamo in Langa, dove vengono prodotti Baroli e Barbareschi, al di sopra dei 250 metri. Il disciplinare è l’unico che dà un minimo di altitudine. Il Franciacorta, per esempio, dà un massimo di altitudine.
C’è voglia di rimettersi in gioco, di riproporre il grande Metodo classico italiano con vitigni internazionali come Pinot Nero e Chardonnay e di lavorare con vigneti di altissimo pregio per ottenere cuvée rappresentative di una parte del territorio e del vitigno.
Noi lavoriamo all’85% con il Pinot Nero perché reputiamo lo Chardonnay un vitigno adattivo, capace di adattarsi a dove lo si pianta: è un orgoglio avere grandi vigne di Pinot Nero, qui capace di dare grande longevità, piacevolezza, durezza, grinta, carattere. Non abbiamo timore di aspettare, anzi: oggi abbiamo portato uno Zero millesimo 2014 sboccato tre anni fa, quando in vendita abbiamo un 2017».
Eppure, tra i recenti ingressi nel mondo Alta Langa, non mancano interpretazioni “timide” del vigneto e del varietale, con dosaggi zuccherini volti a rendere – per ammissione stessa di alcuni produttori – più «commerciale» e «vendibile» la novità dell’assortimento. «A chi si approccio alla Denominazione – è il messaggio di Lino Lanfrancone – posso solo dire che l’esperienza fa la differenza. La Fiat ha sempre cercato di accontentare tutti, ma non è mai diventata leader. Puntando solo sulla qualità, Audi è arrivata in alto. Questo vale per auto, orologi, borse e vino. L’idea di base è distinguersi: dieci anni fa bevevano tutti roba tendenzialmente dolce, ma da quando i Pas Dosé hanno iniziato ad essere buoni, la gente si è spostata su questa tipologia».
Della stessa idea Sergio Germano (Ettore Germano): «Ho scelto di presentare alla Prima dell’Alta Langa 2023 le due riserve 2016, sboccate a novembre 2022. Per il Blanc de Blancs è la seconda annata, dopo la 2015. Per il Blanc de Noir si tratta invece della terza annata. Dopo un esperimento con meno di 2 mila bottiglie nel 2014 sono seguite 3.500 bottiglie per entrambe le tipologie nel 2015, sino ad arrivare alle 6 mila bottiglie per ciascuna delle Riserve 2016. I clienti hanno apprezzato queste nuove selezioni, abbiamo esaurito tutte le bottiglie delle annate precedenti. L’idea è quella di dare un messaggio alla tipologia riserva dell’Alta Langa, con uno spumante che permane sui lieviti 65 mesi, 5 in più dell’obiettivo minimo che si porrà il nuovo disciplinare, per la tipologia Riserva».
Secondo la mia esperienza, ed è un’opinione condivisa con altri colleghi – commenta ancora Sergio Germano – la differenza nell’Alta Langa di qualità la fa l’attenzione nella pressatura, la scelta delle frazioni, per non avere amari e acidità aggressive, partendo ovviamente da uve di qualità, con l’idea di fare un Pas Dosé. Esce così questo territorio che regala vini sapidi, minerali, freschi, connotati al contempo da un’estrema piacevolezza, nonché dalla tipica gastronomicità dei vini piemontesi. Il tutto con l’annata sull’etichetta, ovvero il millesimo. Sono poi convinto che il tempo è galantuomo con l’Alta Langa: bisogna lasciarlo sui lieviti, e con il tappo dopo la sboccatura»
E sul successo della denominazione: «È fisiologico – aggiunge il patron della Ettore Germano – che l’Alta Langa abbia iniziato a destare l’interesse di molti. Qualcuno più motivato, qualcuno più aggressivo e volenteroso di saltare su un treno che adesso viaggia veloce. Dobbiamo andare avanti così, senza abbassare l’asticella, convincendo i nuovi arrivati a condividere con noi gli obiettivi originari. Il fatto che l’Alta Langa sia veicolata dal Piemonte e dai suoi produttori è una garanzia di qualità anche per il futuro: un biglietto da visita pesante, in linea con la personalità e identità molto definita di questa denominazione, in un periodo in cui l’interesse internazionale cresce nei confronti delle bollicine».
Sabrina Perrone parla a nome di un’altra azienda che si affaccia per il secondo anno a un Alta Langa Pas Dosé, l’Azienda Agricola Fabio Perrone di Valdivilla, frazione di Santo Stefano Belbo (CN): «Il nostro Brut Nature 2019, 80% Pinot Nero e 20% Chardonnay, 2 mila bottiglie complessive, proviene da un vigneto a 650 metri sul livello del mare. Il vigneto può arrivare a produrre 6.500 bottiglie e le raggiungeremo, perché crediamo molto in questo vino e nella scelta di un dosaggio zero dettata dal nostro approccio: non aggiungere zucchero o liqueur ci consente di non “conciare” il vino, presentandolo in tutto il suo carattere e “pulizia”. Con il nostro ingresso nell’Alta Langa vogliamo puntare sul mercato italiano di nicchia».
Simone Allario Piazzo di Piazzo Comm. Armando di Alba (CN), è tra i sostenitori di una linea più “moderata”. «Siamo all’esordio nell’Alta Langa con le prime 3.600 bottiglie – spiega – e abbiamo dunque pensato a di partire tenendo conto innanzitutto dei risvolti commerciali. Siamo produttori di Barberesco e di Barolo e, anche in questo caso, con alcune etichette, ci stiamo concentrando sul concetto di bevibilità, propendendo per un Brut. In gamma, del resto, abbiamo anche un Nebbiolo in purezza Metodo classico Vsq non dosato, più incline al nostro gusto personale certamente non per tutti. L’idea, senza alcuna fretta, è quella di produrre in futuro anche un Alta Langa Pas Dosé, magari Riserva».
Daniele Cusumano, classe 1983 titolare ed enologo di Tenute Rade – Poderi in Calamandrina (AT) ha invece percorso una terza via. «Per il nostro Alta Langa Riserva preferiamo lavorare bene sulla cuvée ed evitare di intervenire con la liqueur d’expedition. Per questo abbiamo scelto la fermentazione malolattica al posto del dosaggio, ottenendo così un bilanciamento degli acidi. Non è una ricetta: in occasione del millesimo 2015 è stata svolta al 30%, in altre annate potrà essere diverso».
Sylla Sebaste, figlia di Mauro Sebaste che deve il nome alla nonna, fondatrice dell’azienda agricola di frazione Gallo, ad Alba (CN), presenta la seconda annata della cantina, la 2019, ancora una volta Pas Dosé. «Siamo voluti entrare in questo mondo per volontà di mio padre, che crede moltissimo in questa denominazione e siamo sicuri che si svilupperà ulteriormente nel prossimo futuro. Per arrivare alla nostra idea di Alta Langa ne abbiamo assaggiati molti alla cieca, traendone ispirazione. Crediamo che debba essere un vino molto rappresentativo del territorio e siamo entrati a gamba tesa in questo segmento, con un Alta Langa distinguibile». Molto particolare l’approccio della cantina Mauro Sebaste, che può contare su una cuvée frutto di 4 cloni di Pinot Nero e altrettanti di Chardonnay, selezionati appositamente in Champagne.
Un’altra donna al timone è Sara Vezza, dell’omonima azienda agricola che può contare anche sul brand Josetta Saffirio per il Barolo, a Monforte d’Alba. Si tratta di una delle aziende che sta investendo maggiormente nell’Alta Langa, con 3.500 bottiglie nel 2018 che arriveranno a 11 mila col millesimo 2022. Circa 4 mila le bottiglie del 2019 in assaggio alla Prima dell’Alta Langa 2023, frutto di uve acquistate a Perletto e Clavesana, poi interamente lavorate e confezionate. «Abbiamo investito in un progetto di vigneto molto ambizioso, a 680 metri di altitudine, a Murazzano (CN), non ancora entrato in produzione, per arrivare a una superficie complessiva di 8 ettari. L’Alta Langa risponde a requisiti di grande qualità ed è un brand che vuole focalizzarsi sulle bollicine di alto livello.
Speriamo che il Consorzio lasci spazio ai piccoli produttori artigianali presenti nella base sociale, consentendo loro di costruire una rete di sostegno alla denominazione. L’esempio da seguire è quello del Consorzio del Barolo e Barbaresco, vera e propria costellazione di vignaioli custodi e interpreti del territorio, con il minimo comun denominatore della qualità.
Forse sarebbe il caso di rivedere lo statuto, riflettendo sull’opportunità di rimodulare la rappresentatività dei soci tenendo maggiormente in considerazione vignaioli e piccoli produttori e non solo il numero di bottiglie prodotte. Se non ci si sente coinvolti in un progetto comune è difficile condividere gli obiettivi: al contrario, se si fa parte di una visione comune, ci si sente molto più motivati. Accentrare è un peccato».
Invita alla massima fiducia la presidente del Consorzio Alta Langa Mariacristina Castelletta (Tosti 1820). «Abbiamo scelto questa location non solo perché la Reggia di Venaria è strepitosa, ma perché dispone di questa sala, con dimensioni particolari: è lunga 80 metri, larga 12 e alta 15. Dai 18 produttori dell’edizione 2018 siamo diventati 60 e ci tenevo che ci presentassimo tutti insieme, uniti, al cospetto del pubblico qualificato di operatori che ha risposto con grande entusiasmo alla Prima dell’Alta Langa 2023, quinta edizione della kermesse. La crescita, del resto, è avvenuta sotto tutti i profili».
«Credo che il segreto sia l’unicità dell’Alta Langa – aggiunge Castelletta – uno spumante diverso da qualsiasi altro Metodo classico italiano e internazionale e per questo ricercato. Registriamo nel 2022 un +67% di bottiglie sul mercato rispetto al 2021: 1,7 milioni di bottiglie già vendute rispetto ai 3 milioni di bottiglie prodotte, grazie ai 377 ettari attuali. Visto l’interesse, che si respira anche qui, abbiamo programmato nuovi impianti per ulteriori 220 ettari nel triennio 2023-2025, nel segno della grande fiducia che muove tutti noi produttori». Il futuro è solo da scrivere.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Chianti Riserva Docg 2019 “Fortebraccio” di Tenuta Moriniello è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Sangiovese per l’85%, completato da un 15% di Merlot. Il primo per slancio e proiezione, il secondo capace di conferire balsamicità, ancor più che frutto e rotondità.
Un Chianti Riserva di gran beva, “Fortebraccio”, goloso sui terziari di cioccolato e appagante per la trama tannica che scivola su una componente fruttata succosa. Gastronomicità da vendere, così, strizzando l’occhio alla piacevolezza di beva.
Guida top 100 - 2023
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Il Rosso Toscana Igt 2019 “La Historia d’Italia” della cantina Conte Guicciardini è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Un’etichetta che tributa il politico, diplomatico e statista Francesco Guicciardini attraverso il Merlot e la sua espressione di Poppiano, casa natia di questa figura centrale nella storia d’Italia.
Premesse sufficienti per garantire un nettare che appaghi sotto ogni profilo, in particolar modo nel riflettere e combinare, l’anima e legante e al contempo golosa del vitigno bordolese. Alla vista, “La Historia d’Italia” si presenta di un Rubino intenso.
Frutto rosso protagonista al naso (ciliegia, lampone), terziari in sottofondo. Vino importantissimo al palato, strutturato, connotato da terziari che avvolgono la frutta e donano ulteriore slancio vitale a questa vendemmia 2019. Pregevole e centratissima la vena di sapidità che fa da filo conduttore al sorso, prima della chiusura freschissima, balsamica.
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Il Marche Igt Syrah 2019 della cantina Terra Argillosa è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Alla vista si presenta di un rosso impenetrabile. Un Syrah emozionante e senza fronzoli, nell’espressione marchigiana che abbina alla consueta speziatura una vena sapido-salina, capace di aumentare a livello esponenziale l’espressione già di per sé golosa e croccante del frutto.
Sorso tendenzialmente morbido, per via di un tannino in cravatta, elegante, pronto comunque ad accompagnare il nettare ancora per anni. Freschezza da vendere e beva spasmodica, stuzzicata da ritorni di frutto e da una chiusura iodica che chiama l’altro sorso. Terra Argillosa mette le Marche nell’Olimpo del Syrah nazionale.
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Il Sicilia Doc Bianco 2019 “Bertolino Soprano” di Mandrarossa è uno dei vini bianchi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Giallo paglierino leggermente velato. Profumatissimo, sa di Sicilia, terra d’elezione delle uve Grillo, vinificate in purezza.
Ecco zagara, agrumi, fico. Beva instancabile, spinta come una corrente dall’energia dell’agrume, fresca e dissetante, unitamente alla vena sapida. I ricordi di erbe della macchia mediterranea si allungano dal naso al palato, chiudendo una grande annata di questa etichetta iconica di Mandrarossa.
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Ha il fascino delle storie impossibili “Cercastelle“, il nuovo “Supervalpolicella” della cantina Eleva. Un Rosso Veronese Igt2019 ottenuto da uve Merlot e Oseleta, con cui Davide Gaeta e Raffaella Veroli sondano le potenzialità del matrimonio tra la varietà bordolese e l’antico autoctono veneto, sulle 18 terrazze vitate lasciate in eredità dalla compianta Franca Maculan, lungimirante fondatrice della Società Agricola Eleva.
Il risultato? È super. Con “Cercastelle”, la collina in località La Palà, a Sant’Ambrogio di Valpolicella, si colora di una luce nuova. Che sa di sfida e di una chiave di lettura diversa, per il futuro dell’intera Valpolicella.
«Ci vogliono passione, preparazione, rigore, organizzazione, sacrificio, cocciutaggine, autorevolezza, umiltà, pazienza, amore», sostiene il docente Davide Gaeta, che ha trovato nell’enologa Raffaella Veroli la miglior compagna di viaggio possibile, “donna del vino” tenace e determinata come la fondatrice. La prova è nella traduzione degli intenti nella lingua del calice. L’esito di 9 anni di prove e ricerche sulla combinazione delle due varietà.
ROSSO VERONESE IGT 2019 “CERCASTELLE”, ELEVA
Alla vista, il vino si presenta di un rubino luminoso. Naso delizioso, al contempo largo (su fiori e frutto polposo) e profondo (grazie a una speziatura balsamica). Esemplare utilizzo del legno, che contribuisce a stratificare il naso, rendendolo non solo elegante, ma ancor più goloso, grazie a leggere note tostate, dolci, unite a una spolverata di spezie orientali. Un quadro che vede assolute protagoniste le due varietà Merlot e Oseleta, unite in un ensemble perfetto.
Il Merlot accarezza, mentre un’addomesticata Oseleta ruggisce. Compostamente. Ingresso di bocca quasi in punta di piedi, su tensione fresca e frutto rosso – più che a polpa scura – perfettamente maturo. Netta la ciliegia, più in sottofondo la mora e la prugna. Progressione elegante al palato per il Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva, che in fase centrale mostra la verve elettrica dell’Oseleta, sempre più avvolta, nell’allungo, dal manto carezzevole ed elegante del Merlot.
A somme tirate il sorso è fresco, dinamico, di ottima stratificazione. Ben lavorato anche il tannino, che fa capolino in una chiusura asciutta, segnata dall’equilibrio tra le componenti e da una preziosa impronta sapida, capace di chiamare il sorso successivo. Non manca, insomma, quel carattere del vino rosso moderno, la cui bottiglia a tavola finisce, non stanca. Anzi, invita al riassaggio. Il Supervalpolicella “Cercastelle” 2019 di Eleva è giovane e di grande prospettiva, pur già godibilissimo se ben abbinato a tavola.
LA VINIFICAZIONE
Concorrono all’uvaggio un 60% di Merlot e un 40% di Oseleta allevate da Eleva a Sant’Ambrogio di Valpolicella, in località Conca d’Oro. La raccolta delle uve avviene in due momenti distinti, per via delle diverse tempistiche di maturazione delle due varietà di “Cercastelle”. La vinificazione inizia in tanks di acciaio a temperatura controllata, inferiore ai 25°-26°. Segue la macerazione a contatto con le bucce.
La fermentazione dura circa dieci giorni. Nello stesso periodo il vino svolge la malolattica spontanea, senza alcuna induzione. L’affinamento del Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva è in barrique di rovere francese per due anni, con legni di diversa stagionatura e dimensione. Che sia l’inizio della definitiva riscoperta (e valorizzazione) dell’Oseleta in Valpolicella?
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“Contradae 61·37” Vesuvio Doc 2019 di Casa Setaro è il vino bianco dell’anno per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Si tratta dell’ultimo vino prodotto dalla cantina guidata da Massimo Setaro in via Bosco del Monaco a Trecase, in provincia di Napoli. Un’etichetta per certi versi provocatoria, che illumina la strada dei “vini da particella”, o meglio “di Contrada“, ai produttori del Vesuvio.
Un passo solitario coraggioso, che vuol essere d’esempio verso l’ufficiale zonazione del vulcanocampano. Una mossa che contribuirebbe al definitivo riconoscimento internazionale dei vini del Vesuvio, sulla scorta di quanto già fatto in Sicilia con i vini dell’Etna.
“Contradae 61·37” è un vino bianco a denominazione Vesuvio Doc, vendemmia 2019. I numeri “61” e “37” sono un ripiego. Un vero e proprio escamotage, col quale Massimo Setaro designa, legalmente, Bosco del Monaco, la “contrada” di Trecase da cui nasce il vino. Una “sottozona” non menzionabile in maniera esplicita in etichetta, proprio per via della mancanza di una zonazione ufficiale.
Al momento, la Doc Vesuvio conta infatti sulla sola distinzione tra l’Alto Colle Vesuviano, che identifica i vigneti oltre i 200 metri sul livello del mare, e il Versante Sud-Orientale, che guarda il mare. Ecco dunque un aiuto dalla Smorfia napoletana, secondo cui il numero 61 rappresenta il Bosco; e il numero 38 il Monaco.
CONTRADAE 61·37: SUL VESUVIO IL VINO BIANCO DELL’ANNO
“Contradae 61·37” è un vino interamente ottenuto da vecchie viti a piede franco, di età compresa tra i 50 e gli oltre 100 anni, in contrada Bosco del Monaco. Casa Setaro è l’unica a possedere vigne in questa “sottozona” del Comune di Trecase, il più piccolo centro abitato vesuviano, in provincia di Napoli.
In particolare, concorrono all’uvaggio un 50% di Caprettone, un 30% di Greco e un 20% di Fiano. Tutte piante sparse all’interno del medesimo vigneto, già identificato da Vincenzo Setaro, fondatore dell’azienda, come il più vocato a disposizione della cantina.
Nasce così un vino che racconta l’incredibile unicità del vulcano campano, attraverso alcuni dei suoi vitigni simbolo. Un bianco di buona struttura e di grande potenziale, anche in termini di affinamento.
Prima di “Contradae 61·37” 2019, le uve venivano utilizzate – in base alle caratteristiche dell’annata – per la produzione di Pietrafumante, lo spumante Metodo classico base Caprettone, e/o dell’Aryete, il Vesuvio Caprettone Doc di Casa Setaro.
“Contradae 61·37”, primo vino della cantina ottenuto da uvaggio e non da singole varietà, in tiratura limitata di sole 2.500 bottiglie, sta lì a raccontare la propria unicità coraggiosa. Ancor più, a tracciare la via del futuro del Vesuvio.
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È tra le etichette della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di winemag.it il Langhe Doc Arneis 2019 “Tre Fie” di Agricola Marrone. Alla vista, il vino si presenta di un giallo paglierino luminoso, dai riflessi dorati. Naso floreale, fragrante, delicato e avvolgente.
Palato agile ma concreto, tra note d’agrumi, frutti tropicali e venature minerali. Beva compulsiva, instancabile: un Arneis perfetto per l’estate torrida che ha avvolto l’Italia. «Vino da aperitivo ma non solo», come lo descrive bene la famiglia produttrice, di La Morra.
Il Langhe Doc Arneis 2019 “Tre Fie” di Agricola Marrone colpisce tuttavia per la precisione con cui è ricamato, sulla tipicità di un vitigno di cui si parla sempre troppo poco, in Italia e nel mondo. È il vino che Gian Piero Marrone ha dedicato alle “Tre Fie”, ovvero le sue tre figlie: il presente e, soprattutto, il futuro dell’azienda.
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Se in Italia c’è una Denominazione che si sta interrogando su se stessa, tentando di proiettarsi sui mercati nazionali e internazionali con rinnovato entusiasmo e stile, quella è il Sagrantino di Montefalco. Il potente rosso umbro fa passi da gigante in termini di appeal, grazie al poliedrico vignaiolo alieno scelto di recente come presidente del Consorzio.
Il riferimento è a quel Giampaolo Tabarrini che può permettersi di presentare l’annata in ciabatte (infradito, per l’esattezza) ma soprattutto in inglese (finalmente!), lasciando ad altri il compito di «sopravvalutare» l’annata 2018 con “4 stelle”. Il tutto, di fronte a un pubblico di esperti italiani e stranieri mai così folto.
Nel calice, il Sagrantino 2018 in degustazione all’Anteprima 2022 (24-27 maggio) sembra, di fatto, cedere qualche passo al meno celebre Rosso di Montefalco. Un vino da (ri)scoprire e (ri)valutare, slegato dalla locale Docg che continua comunque a convincere con Tabarrini – Colle alle Macchie e Colle Grimaldesco sempre al top – Bocale, Pardi e Antonelli San Marco, ancor più che con Lungarotti, Colle Ciocco e Perticaia.
I Rosso di Montefalco sembrano aver trovato, negli ultimi due anni, una quadratura media mai così centrata nel ventaglio generale, nonostante il variegato e difforme utilizzo di varietà internazionali (principalmente le bordolesi, dal 15 al 30% dell’uvaggio) unite a Sangiovese (tra il 60 e l’80%) e al Sagrantino (dal 10 al 25%).
ROSSO DI MONTEFALCO SUGLI SCUDI AD ANTEPRIMA SAGRANTINO 2022
Il programma delle Anteprime umbre della scorsa settimana dimostra comunque che l’espressione dei Cabernet, del Merlot e del Sangiovese ha una marcia in più a Montefalco rispetto ad altre zone dell’Umbria (vedi l’areale del Trasimeno, in grande sofferenza e carenza d’identità su Igt e Rosso Doc, alla prova del calice).
Ed è proprio da questa consapevolezza che i produttori montefalchesi intendono ripartire. Dando al “Rosso” un’identità sempre più precisa. Tra i Montefalco Rosso Doc 2019 in degustazione ad Anteprima Sagrantino 2022 brillano quelli di Bocale (ancora lui), Moretti Omero e Tenuta Bellafonte (“Pomontino”), oltre ad Antonelli San Marco (rieccolo), Arnaldo Caprai e Briziarelli.
La denominazione, per base vitigno e approccio dei produttori, ha tutte le carte in regola per guadagnarsi spazi maggiori sul mercato. Sia in termini di vino di “pronta beva”, sia da medio o medio-lungo affinamento.
Lo ha dimostrato, in occasione di Anteprima Sagrantino 2022, il vendemmia 2016 di Pardi. Non è un caso se, tra i “Rossi” in degustazione, abbiano convinto – più di altri 2019 – anche i 2018 di Luca di Tomaso, Fattoria Colsanto e Montioni, oltre al Boccatone 2017 di Tabarrini.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Oltre due secoli di storia per Cascina Galarin, realtà oggi guidata da Giuseppe Carosso e dai figli Marco e Giovanni. Una cantina presente nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it con il suo Monferrato Doc Nebbiolo Superiore 2019 “Crocevia”.
Colore rosso brillante tipico, che inizia virare sul granato. Naso curioso, ampio, pulito, frutti di bosco più rossi che neri. Con l’ossigenazione ecco una bella buccia d’agrume, appena accennata.
In bocca mostra una bella vena sapido-minerale, a fare da spina dorsale al frutto pieno, grondante di succo. Chiude su ricordi d’agrumi, come l’arancia rossa. Gran bella interpretazione del vitigno principe del Piemonte e le sue frontiere in Monferrato.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
È tra i vini bianchi della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it il Vallée d’Aoste Dop 2019 Petite ArvineLa Source. Un nettare prodotto con uve Petite Arvine in purezza, varietà tardiva molto rappresentativa della Valle d’Aosta.
Nel calice si presenta di un giallo paglierino acceso, limpido. Il naso risulta carico quanto il colore. Banana, ananas sciroppato e agrume sono le note che segnano la perfetta corrispondenza tra olfatto e palato.
Ma il sorso del Petite Arvine La Source 2019 è piuttosto teso e fresco, rispetto a un naso che faceva presagire morbidezza e suadenza glicerica. In chiusura, la pregevole vena sapido-minerale aggiunge elettricità al sorso, rendendo la beva ancora più spasmodica. Vino da bere oggi o da conservare in cantina: non potrà che migliorare nel tempo.
La vendemmia delle uve Petite Arvine è manuale presso i vigneti di cantina La Source. Avviene nella prima decade di ottobre, al momento della perfetta maturità. L’uva arriva in cantina in cassette e viene pressata in maniera soffice.
Segue una decantazione statica, a freddo. La fermentazione alcolica è condotta a 18° gradi centigradi, in recipienti di acciaio. Il vino atto a divenire il Vallée d’Aoste Dop Petite Arvine La Source viene infine rimontato sulle fecce fini per qualche mese, prima di essere filtrato, imbottigliato e commercializzato.
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Qualità a buon prezzo per il Vermentino di Sardegna Doc 2019Su Puddu di CantinaAlinos. Un vino ben raccontato dalla grafica in etichetta, tanto accattivante quanto in grado di richiamare in maniera molto diretta il territorio di provenienza.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu di Cantina Alinos si presenta di un giallo paglierino candido. Naso elegante, dominato dal bel botta e risposta tra mineralità e macchia mediterranea. Si distingue nettamente il rosmarino, in un bouquet che comprende anche alloro e un tocco aromatico di salvia.
Nel quadro anche ricordi di frutta esotica perfettamente matura, agrumi e un bel profilo floreale fresco, di mandorlo. Al palato, Su Puddu 2019 ha tutto ciò che deve avere un Vermentino Doc. Ovvero agilità di beva, carattere, frutto e mineralità. Caratteristiche che si fondono perfettamente con la morbidezza glicerica, all’insegna dell’equilibrio.
Bell’allungo sapido, prima dell’altrettanto tipica chiusura giustamente ammandorlata, morbida. Un vino bianco perfetto a tutto pasto, che dà il meglio di sé sui piatti di mare, come le linguine allo scoglio. Perfetto anche in accompagnamento a zuppe di pesce della tradizione sarda, ligure o toscana.
LA CANTINA ALINOS
Cantina Alinos è una realtà famigliare della provincia di Olbia-Tempio, nella zona Nord-Est dell’isola, non lontano dalla splendida Costa Smeralda. Oltre al Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu, l’azienda produce un Vermentino di Gallura Docg, denominato Ghisu, e un Cannonau di Sardegna Doc. L’obiettivo di Alinos è farsi portavoce dei vitigni e del terroir dell’isola e privilegiare l’agilità di beva.
Punti fermi imprescindibili, eppure non gli unici. Oltre alla tipicità dei propri vini, che richiamano in maniera netta il territorio isolano, questa piccola cantina di Olbia riesce a proporre sul mercato etichette dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Il Vermentino Su Puddu ne è un fulgido esempio, con un prezzo che si aggira attorno ai 9 euro.
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Non occorre essere super esperti di storia dell’arte per comprendere il senso del nome affibbiato da Luigi Moio al suo Greco di Tufo, frutto di un cru del comune di Tufo (Avellino), in Irpinia. Il “giallo cromo” è il colore che incanta Van Gogh ad Arles, tanto da ingerirlo dal tubetto per “portare dentro la felicità” che riusciva a trasmettergli.
Sempre ad Arles, Van Gogh dipinse uno dei pochi quadri che sia mai riuscito a vendere: “La vigna rossa”, in cui il giallo cromo del sole e del cielo si tuffa nel rosso-arancio e ramato delle foglie della vite. Ebbene, non è forse il Greco di Tufo, per certi versi, un “rosso travestito da bianco”?
IL GIALLO D’ARLES SECONDO QUINTODECIMO
Quello di Quintodecimo racconta bene il concetto. Si presenta sì d’un giallo paglierino acceso, ma al naso rivela tinte agrumate che virano più sulla sanguinella e sul mandarino che sul cedro e il bergamotto. Poi, un’esplosione di fiori di campo e di verde pregiatissimo, da macchia mediterranea.
In bocca, la vena minerale marcata fa da spalla – anzi, da spina dorsale – alla generosa ampiezza del frutto maturo. Da “rosso” è anche la tinta asciutta di un sorso che fa a meno dei tannini ma sfrutta freschezza e dinamicità verticale, per tendere la beva come un arco.
Vino, questo Greco di Tufo 2019 Giallo d’Arles di Quintodecimo, manifesto del vitigno campano, con una vita lunghissima davanti. Un bianco che mette felicità. Un po’ come il “Giallo d’Arles” faceva con Van Gogh. Chapeau.
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È sul mercato dal primo settembre 2021 il Bolgheri Doc Rosso 2019 Le Serre Nuove dell’Ornellaia. Una delle icone del vino toscano: preziosa cuvée di Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Petit Verdot in cui le singole peculiarità di ogni vitigno si fondono, secondo l’obiettivo di Ornellaia, in una «complessa sinergia di aromi». Un vino che che colpisce per immediatezza e pronta bevibilità, abbinate alle doti da lungo affinamento, tipiche dei vini di Bolgheri.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, Le Serre Nuove dell’Ornellaia 2019 si presenta di un rosso rubino intenso, impenetrabile. Al naso la frutta matura disegna un profilo ampio, ma tutt’altro che “seduto”. All’esuberanza delle note di ciliegia, lampone, fragola e mora, risponde una ventata di balsamicità, su ricordi d’eucalipto, resina e ventate pepate.
Al palato, la corrispondenza è perfetta. Note balsamiche e speziate fanno da spina dorsale alla rinnovata abbondanza del frutto. Un quadro di estrema eleganza, in cui si distingue chiaramente ogni singola voce della cuvée. Ecco dunque verticalità e freschezza del Cabernet Sauvignon e del Cabernet Franc, la profondità aromatica del Merlot e il muscolo del Petit Verdot.
La complessità de Le Serre Nuove dell’Ornellaia si confà al ruolo di degno gregario del fratello maggiore “Ornellaia” Bolgheri Doc Superiore. Interessante, in questo quadro, il ruolo di un tannino setoso ed elegante, perfettamente inserito nel sorso, sin d’ora. Ma tutt’altro che arrendevole. Sembra voler troncare la chiusura, che poi torna vivace e godibilissima, sulle note morbide e fruttate di un allungo che riserva sapide sorprese.
«È l’attenzione ad ogni passaggio che ha permesso di massimizzare il potenziale aromatico delle uve – spiega Axel Heinz, direttore della Tenuta – risultando all’assaggio morbido e setoso, con una elegante trama tannica ed un finale sapido e di bella persistenza».
Gli fa eco Olga Fusari, enologa di Ornellaia: «Oggi Le Serre Nuove è caratterizzato al naso da fresche note di frutti rossi maturi, accompagnate da una vivace vena balsamica con richiami a profumi di bacche di cipresso ed eucalipto». Un “second vin“, in definitiva, dalle indubbie caratteristiche premium.
LA VENDEMMIA 2019 DE LE SERRE NUOVE DELL’ORNELLAIA
L’annata 2019 è stata caratterizzata da un clima variabile, che ha alternato periodi di freddo e pioggia a lunghe fasi di siccità e caldo. Dopo un inverno nelle medie stagionali, il germogliamento è avvenuto nella prima settimana di aprile ma le condizioni fredde e piovose durante tutto aprile e maggio hanno ritardato la fioritura.
L’estate è trascorsa poi calda e soleggiata, con temperature sopra la media e assenza di precipitazioni. Le piogge di fine luglio hanno riportato le temperature nella norma stagionale, determinando condizioni ottimali per la maturazione.
L’alternanza di periodi soleggiati e acqua ha accelerato la maturazione. A beneficiarne, in particolare, l’evoluzione delle bucce, più morbide e permeabili del solito. Da qui un’ottimale estrazione del colore e della materia tannica più pregiata, chiara all’assaggio.
La vendemmia è iniziata il 5 settembre 2019 a Ornellaia (qui i dettagli sulla vendemmia 2020). Poi, grazie alle temperature rimaste fresche e alla brezza notturna garantita dalla prossimità della costa, è proseguita fino alla prima settimana di ottobre. Le uve, raccolte a mano, sono state ulteriormente selezionate in cantina su un doppio tavolo di cernita.
Dal 2016, la selezione ottica delle uve è stata aggiunta alla selezione manuale. Un altro passo della Tenuta verso la vinificazione in perfetto stato di ogni acino diraspato. Ogni varietà e ogni parcella utile alla produzione de Le Serre Nuove dell’Ornellaia viene vinificata separatamente.
La fermentazione malolattica inizia in acciaio e viene portata a termine in barrique. Qui il vino rimane a maturare per circa 15 mesi. L’assemblaggio avviene dopo 12 mesi di maturazione in barrique, permettendo così ai Cabernet, al Merlot e ai Petit Verdot di dare «il massimo contributo di espressione dell’annata e del territorio».
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(5 / 5) Il Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg 2019 “Hadria” dell’Az. Agr. Fratelli Barba è un vino rosso reperibile in alcune insegne di supermercati abruzzesi. Rientra di diritto tra le etichette maggiormente degne di nota in vendita nella Grande distribuzione italiana, come segnalato nella nostra Guida Migliori vini al supermercato 2022.
LA DEGUSTAZIONE
Il Montepulciano d’Abruzzo 2019 “Hadria”, prodotto con uve proveniente dalle Colline Teramane, si presenta di un colore rosso piuttosto profondo, luminoso, con riflessi violacei. Al naso tipici sentori di frutta a polpa rossa, su sottofondo di spezie.
Perfetta la corrispondenza al palato, su tinte di frutta e accenni leggeri di pepe nero. Un quadro armonico, asciutto e di buona presenza, che consente di abbinare il Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg 2019 “Hadria” dell’Az. Agr. Fratelli Barba a tutto pasto.
IL MONTEPULCIANO DELLE COLLINNE TERAMANE
Prodotta dall’omonimo vitigno Montepulciano, quella delle Colline Teramane è l’unica Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg) riconosciuta nella Regione Abruzzo.
La zona di produzione comprende un’ampia fascia della collina litoranea ed interna della provincia di Teramo, che nella parte centro-settentrionale si spinge sino ai piedi del massiccio del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Proprio in questa zona si trovano i 68 ettari dell’Az. Agr. Fratelli Barba, che ha base a Scerne di Pineto (TE). La cantina è stata realizzata nel 1991.
A curare la parte agronomica ed enologica è Stefano Chioccioli, noto winemaker toscano e consulente, da oltre 25 anni, di prestigiose cantine in Italia, Francia ed Ungheria.
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Un’occasione unica per scovare le migliori Vitovska del Carso e del Kras. In scena al Castello di Duino Mare e Vitovska 2021, evento svoltosi a metà luglio nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Una kermesse in grado di riservare ottimi assaggi agli appassionati del vino simbolo della provincia di Triste. Un nettare di confine, prodotto tanto in Italia quanto in Slovenia.
Ben 26 i produttori presenti con i loro vini in una delle cornici più suggestive del Paese per un wine tasting. La dimora privata dei Principi della Torre e Tasso (von Thurn und Taxis) è aperta al pubblico dal 1 luglio 2003, alle porte del capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. Un castello a cavallo tra l’Italia e la Slovenia, nazioni unite proprio dal vitigno a bacca bianca Vitovska.
MARE E VITOVSKA 2021: LE MIGLIORI IN COMMERCIO
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Merlak Martin – 2019
Tesa, agile, semplice e di gran beva. Il complemento a una gamma che vede la Malvasia in primo piano.
Bole Andrej – 2019
Colore carico, frutta e liquirizia. In bocca è concreta, fresca e tesa. Chiusura, invece, piuttosto morbida.
Grgič Igor – 2019
Una Vitovska da terre bianche, non rosse come le altre. Gran persistenza, eleganza, carattere e prospettiva.
Skerlj – 2018 magnum
Giallo dorato. Gran profilo naso-bocca: tesa, fresca, salina. Colpisce al contempo per la pienezza della frutta esotica, matura. Vino delizioso.
Kocjančič Rado – 2019
Bel naso pieno, su ricordi di pera e frutta esotico a polpa gialla. Materia, frutto e freschezza ben abbinate anche al sorso.
Škerk – 2018
Giallo oro alla vista, risultato di una macerazione di due settimane che regala sentori più che mai puliti e precisi. Note fruttate piene, ben espresse. Freschezza e frutto denso, oleoso si alternano sia al naso sia in bocca. Sapidità a fare da spina dorsale, con la spalla dell’acidità.
Zidarich Benjamin – Kamen 2018
Fermentazione in tini di pietra per questa “speciale” Vitovska, prodotta da uno dei vignaioli del Carso più sinceri e intraprendenti. Giallo dorato alla vista. Al naso un’esplosione di frutta, molto matura. Elegantissima anche la componente di erbe aromatiche. In bocca acidità viva e nettare che si rivela di vibrante unicità. Un vino con l’anima, dal naso al retro olfattivo.
Zidarich Benjamin – 2018
Macera un mese in legno e, a differenza di Kamen, non fermenta in pietra. Si rivela un bianco di rara concentrazione, in tutte le sue sfaccettature, senza perdere un millimetro in termini di eleganza.
Tavčar Emil – 2016
Uno dei vignaioli sloveni presenti a Mare e Vitovska 2021, con due vini d’annata ottenuti da lieviti indigeni. La vendemmia 2016 convince per il bel frutto, abbinato a note di terziarizzazione garbata, che virano sulle spezie calde. Un nettare evoluto, ma assolutamente piacevole e vivo.
Tavčar Emil 2015
Doppietta niente male per il produttore di Dutovlje, nel Kras sloveno. Anche la vendemmia 2015 è in stato di grazia. Più piena e ricca rispetto alla 2016, si dipana su note di pera, arancia candita e zenzero. Riecco quella pienezza oleosa del frutto che tanto convince nelle migliori espressioni del vitigno. Vino con una gran vita davanti.
Cacovich Dimitri – 2020
Bella prova in termini di espressione e pienezza del frutto, su note di pera e pesca, esaltate dalla vinificazione in acciaio. Leggeri ricordi di mandorla amara in chiusura, che andranno certamente a integrarsi nei prossimi mesi. Vino degustato in anteprima: è in bottiglia da aprile e ha appena iniziato il suo percorso di maturazione.
Cacovich Dimitri – 2019
Anche al netto dell’anno in più, la vendemmia 2019 della piccola cantina di Longera (TS), sembra avere una marcia in più (anche due) rispetto alla 2020. Una Vitovska, questa, che rispecchia fedelmente il vigneto in cui è prodotta. Siamo infatti in contrada San Giuseppe, in una zona piuttosto soleggiata del paese che regala al calice un frutto pieno, concentrato, eppure senza la minima sbavatura. Sul fronte della vinificazione, sono 4 i giorni di macerazione. Una delle migliori prove nel Carso in termini di pienezza, equilibrio ed eleganza.
Lupinic Matej – 2019
Solo un giorno di macerazione e nove mesi di botte. Il legno di rovere accompagna i primari in maniera più che mai integrata. Frutto pieno, salinità. Gastronomicità a livelli esponenziali.
Lupinc Matej – 2018
Nettare molto simile al 2019, con l’anno in più sulle spalle che consente al legno di integrarsi ancora meglio e lasciare ancora più spazio al frutto.
Lupinc Matej – Metodo classico Extra Brut S.A.
Esordio nel mondo dello spumante per Lupinc con il millesimo 2017, comunque non indicato in etichetta (sans année). Un’ottima prova, per la capacità di conservare le caratteristiche della Vitovska (completa la cuvée un 30% di Chardonnay) e per la pregevole vena salina che accompagna il sorso. Si tratta di un 24 mesi sui lieviti che anticipa l’uscita del 36 mesi, prevista per il 2022.
Vinakras Sežana – Metodo classico Extra Brut 2014 “Bela Penina Prestige”
Altro spumante Metodo classico, in questo caso prodotto con Vitovska in purezza del millesimo 2014. Siamo nel Kars, a casa della cooperativa slovena di Sežana. Naso caratterizzato dall’abbondante presenza di note di lisi, in particolare pasticceria e crosta di pane, ad accompagnare i tipici sentori fruttati del vitigno (pera, pesca, esotico). Una chicca: appena 2 mila le bottiglie prodotte.
Čotar Branko & Vasja – 2019
Restiamo in Slovenia, per l’esattezza a Komen (Kars). Alla vista il vino si presenta di un bel giallo dorato. Affina in legno grande usato, che aiuta i primari, di gran concentrazione, ad esprimersi al meglio. Vino pieno, che conserva tuttavia freschezza e agilità di beva.
Čotar Branko & Vasja – 2011
Una settimana di macerazione e 3 anni in botte grande per questo “amber wine” (orange wine) prodotto con la Vitovska. Al naso un accento pepato, piccante, tra il peperone verde e il pepe bianco. Poi zenzero, arancia candita, frutta esotica di grandissima precisione. Sorso oleoso, di gran carattere. Persistenza infinita.
Budin – 2019
Per scelta del produttore, il vino non compie alcuna macerazione, che invece viene effettuata sull’altro vino in degustazione firmato dalla cantina di Sgonico (un uvaggio tipico del Carso). Il nettare si rivela tipico, tutto sul frutto e sui primari. Beva semplice, agilissima.
Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2019
In assoluto tra le migliori espressioni del frutto della vendemmia 2019 in degustazione a Mare e Vitovska 2021. Al contempo è netta, al naso e in bocca, la caratterizzazione del terreno pietroso e duro in cui le piante affondano le radici. Metà delle uve vengono raccolte poco prima della completa maturazione; l’altra metà fa appassimento su pianta. Una vendemmia che, dunque, dura un mese in casa Bajta. Solo il 5% della massa affina in legno (rovere Slavonia). Vino da non perdere, prodotto da una delle più interessanti realtà del Carso (6 ettari, 40 mila bottiglie complessive).
Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2015
Vino simbolo del “Progetto Kronos”, che prevede – oltre alla classica ‘doppia vendemmia’ – un affinamento ulteriore di 5 anni in vetro, prima della commercializzazione. Ecco dunque l’attesa complessità e stratificazione rispetto alla vedemmia 2019. I tipici sentori del vitigno virano su agrume candito, ananas e tropicale, nonché su accenni di idrocarburo. Vino bandiera della Carso, ben oltre il calice: insegna quanto la Vitovska meriti di conquistare un posto d’onore tra i vini bianchi italiani, anche in termini di longevità.
Ostrouska Sharon – 2016 /2017/ 2019
Ben più di un semplice agriturismo quello di Sgonico (TS), capace di sfoderare un terzetto di Vitovsk(che) di tutto rispetto, al Castello di Duino. Vini che esaltano le caratteristiche del vitigno, tanto quanto l’andamento dell’annata, in una verticale di assoluto valore e rappresentatività.
Vina Vrabec – 2019 e 2018
Convincono entrambe le espressioni di Vitovska in purezza della cantina slovena di Dutovlje, nel cuore del Kras. Più fresca la 2019, mentre la 2018 caratterizzata da una gran pienezza del frutto. Beva instancabile e grande gastronomicità per entrambi i millesimi.
Štemberger
Dulcis in fundo, la cantina più stravagante tra quelle ospiti del Castello di Duino per l’edizione 2021 di Mare e Vitovska. Stravagante ma autentica la versione “Pet-nat”. Altrettanto convincente la versione “ferma”. Štemberger, cantina di Sežana, in Slovenia, produce vini tipici del Kars secondo metodi di viticoltura biodinamica. Una realtà tutta da scoprire e apprezzare.
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(5 / 5) Ottimo rapporto qualità prezzo per la Lugana Doc 2019La Ghirolda della cantina Fraccaroli Vini. L’etichetta, disponibile nei supermercati Il Gigante, offre garanzie a chi è in cerca di un vino bianco di qualità assoluta. Perfetto per la stagione calda, ormai entrata nel vivo e per di più in promozione fino al 27 giugno.
Una Lugana, quella della cantina di Peschiera del Garda (VR), tipica e gastronomica. Un’ottima rappresentante di una denominazione molto venduta nella grande distribuzione organizzata. Non a caso, le performance del 2021 hanno convinto il Consorzio a sbloccare lo stoccaggio di 8.900 ettolitri della vendemmia 2020.
LA DEGUSTAZIONE
La Ghirolda di Fraccaroli Vini si presenta nel calice di un color giallo paglierino acceso, con riflessi oro. Naso prezioso, che unisce percezioni fruttate, floreali e minerali.
Si spazia dall’agrume (in grande evidenza il mandarino) alla pesca e all’albicocca. E dal gelsomino al sambuco, per l’elegante componente di fiori bianchi.
Al palato freschezza e sapidità risultano ben controbilanciate da ritorni di frutti maturi a polpa gialla, che conferiscono l’attesa morbidezza. Ottima la persistenza, su ricordi di mandorla.
LA VINIFICAZIONE
I vigneti da cui nasce la Lugana La Ghirolda di Fraccaroli Vini si trovano a sud del Lago di Garda. Si tratta di terreni situati per l’esattezza tra Peschiera del Garda e Sirmione, con esposizione Nord-Sud.
L’altitudine media dei terreni varia da 60 a 80 metri sul livello del mare, con suoli di matrice calcarea e argillosa. La vinificazione di questa etichetta, realizzata ad hoc per i supermercati Il Gigante, avviene in maniera tradizionale, in bianco. Solo acciaio prima dell’imbottigliamento e della commercializzazione.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Parola d’ordine “matrimonio”. Schiava e Lagrein, due dei vitigni simbolo dell’Alto Adige, si combinano alla perfezione nel Südtirol Alto Adige Doc St. Magdalener 2019 “Moar” di Cantina Bolzano. Un vino che è risultato dell’esclusiva di posizione, età delle viti e conduzione attenta del vigneto, nella zona classica di produzione del Santa Maddalena.
LA DEGUSTAZIONE
Il “naso” di Moar si esprime generoso ed elegante, su note floreali e fruttate. Spiccano violetta, ciliegia e mora, abbinate a note meno mature di fragoline di bosco e ribes. In sottofondo, voluttuosi sbuffi di tabacco dolce e cioccolato. Un quadro morbido e setoso, dotato al contempo di una eccellente tensione.
Un St. Magdalener che conferma il suo equilibrio anche al palato, nel segno della corrispondenza gusto-olfattiva. Ritorni di frutta matura (ciliegia, mora) ben controbilanciati dalla freschezza e da pregevoli accenti salini. Uno di quei vini che, a tavola, finiscono in un batter d’occhio.
Perfetto l’abbinamento con piatti della tradizione dell’Alto Adige, come la Carne Salada. In generale “Moar” 2019 fa il paio con la carne, dai primi ai secondi di media elaborazione. Da provare sulle tagliatelle con ragù di selvaggina, carni affumicate, canederli, speck, pizza, pasta e formaggi di media stagionatura.
LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione è quella classica del St. Magdalener, sui pendii a nord di Bolzano. Schiava e Lagrein affondano le radici in terreni ghiaiosi. La vendemmia ha inizio a metà ottobre. Le uve, attentamente selezionate, seguono la tradizionale vinificazione in rosso.
Terminata la fermentazione, il vino atto a divenire “Moar” affina in grandi botti di rovere, per proseguire con l’affinamento in bottiglia che precede la commercializzazione. Certamente uno dei vini simbolo di Cantina Bolzano.
Solo bottiglie numerate e solo vini della Valpolicella. La filosofia produttiva della cantina Rubinelli Vajol è tangibile, certa, verificabile come un calcolo matematico. E si riflette su tutti i vini ottenuti dai vitigni autoctoni Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara e Oseleta. Come sul Valpolicella Doc classico 2019.
LA DEGUSTAZIONE
Risplende di un rosso rubino psichedelico il calice che ospita quello che, per molte cantine della zona, è il cosiddetto “vino base” o “d’entrata” della linea. Eppure di elementare o basico, qui, non c’è proprio nulla.
Non è scontata la riscontrabile trasparenza cromatica del nettare, nel contesto di una Denominazione che non disdegna la produzione di massa e la conseguente uniformità visiva, prim’ancora che olfattiva e gustativa.
Dopo il colore è il naso a convincere, fungendo da navigatore come saprebbe fare neppure Google Maps: narici-Valpolicella in Porsche, zero cento in 3 secondi. Senza deviazioni o pit-stop.
Altrettanto immediata la riconoscibilità e tipicità al gusto del Valpolicella Doc Classico 2019 Rubinelli Vajol. Si ripresentano eleganti note fruttate di ribes, lampone, di una maturità perfetta; ben attorniate da sbuffi di spezia nera, come pepe e ginepro.
In chiusura, composte note di chiodo di garofano donano ulteriore freschezza al vino, contribuendo a un finale asciutto, capace di chiamare in maniera irresistibile il sorso successivo e ricordare la matrice “povera” del terreno.
Vino “glu glu” per antonomasia, si abbina bene al frigorifero, d’estate. Ma è perfetto in ogni stagione, in accompagnamento all’antipasto, ai salumi, o a piatti non troppo strutturati a base di carne. Sorprende la vena “bardoliniana” di questo Valpolicella Doc Classico, che sin dal descritto colore chiama l’abbinamento col pesce.
LA VINIFICAZIONE
L’uvaggio è composto al 45% da Corvina e completato dal 35% Corvinone, 15% Rondinella e 5% Molinara, allevate a Pergola veronese e Guyot. Le piante affondano le radici in terreni di natura calcarea, tufacea e argillosa.
Le uve vengono raccolte a settembre e immediatamente pigiate. Fermentazione e macerazione avvengono in acciaio inox per 8-10 giorni, a temperatura controllata. Per l’affinamento del Valpolicella Doc Classico 2019, Rubinelli Vajol ha scelto ancora i serbatoi d’acciaio.
Prima della commercializzazione, la scelta degli enologi Gianmaria Ciman, Enrico Nicolis e Filippo Cengiarotti è quella di far riposare il vino in bottiglia, nella fresca e buia cantina scavata nel tufo, sotto la collina del Vajol che dà il nome all’azienda.
La cantina Rubinelli Vajol, con sede a di San Pietro in Cariano (VR), è stata inserita proprio con il Valpolicella Doc Classico 2019 nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 edita con cadenza annuale da WineMag.it.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Cinque vini dall’ottimo rapporto qualità prezzo, inferiore ai 15 euro, per le Feste di Natale e Capodanno dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it. Si tratta di etichette inserite nella sezione “Vino quotidiano” della Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a una rigorosa degustazione alla cieca.
Pavia Igt Chardonnay 2019 “Il Fermo”, Finigeto
Giallo paglierino, leggeri riflessi verdolini. Naso tipicissimo, con un po’ di agrume e frutto pieno. In bocca si allarga sulla frutta esotica ma in chiusura di sipario sorprende per la matrice calcarea e per quanto risulti asciutto ed equilibrato. Un’ottima espressione dello Chardonnay in Oltrepò pavese.
Capriano del Colle Doc 2019 “Fausto”, Lazzari
Giallo paglierino, acceso. Naso con tocco di mandorla, frutta esotica, ananas. Gran bella “spinta” calcarea. Bella verticalità, sembra quasi un bianco di montagna. Asciutta la chiusura, elegantissima.
Lazio Igp Moscato 2019, Casa della Divina Provvidenza
Giallo paglierino, naso pieno, aromatico. Banana, ananas, tocco tropicale e di lime che raddrizza il sorso. Ben equilibrato e bel retro olfattivo. Un ottimo “vino quotidiano”, a un passo dall’ingresso nella “Top 100” WineMag.it 2021.
Lacryma Christi del Vesuvio Rosato 2019 “Munazei”, Casa Setaro
Rosso carico, corallo. Naso con richiami esotici, ma anche di fragoline, lamponi, ribes e banana. Bel sorso pieno con un allungo fresco e salino su note agrumate.
Sicilia Monreale Doc Bianco 2019 “Murriali”, Baglio di Pianetto
Giallo paglierino, naso non esplosivo, delicato, floreale fresco e fruttato. Vino che riempie bene la bocca, in un gioco prezioso tra morbidezze e durezze. Bella macchia mediterranea sul frutto esotico maturo.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Cinque vini bianchi per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a un rigoroso blind tasting.
Alto Adige Doc Chardonnay 2018 “Flora”, Girlan
Giallo paglierino, riflessi dorati. Nota mielata di primo naso. L’ingresso in bocca è morbido per poi affilarsi grazie alla viva freschezza. Ricco e con una intrigante complessità data dal varietale, non dall’affinamento. Di grande eleganza, bilancia sapientemente note citriche e cremosità da pasticceria.
Soave Doc 2017 “Le Cervare”, Zambon
Giallo paglierino. Al naso una pietra focaia “didattica”, esuberante. Il vulcano ammansisce fiori e frutti pur presenti, dimostrando come il vino sia ancora giovanissimo. In bocca una buona freschezza e grande sapidità, su note di frutta matura ed una leggera chiusura citrica. Persistenza da campione.
Vino bianco “Escamotage”, Simone Cerruti
Giallo paglierino carico. Naso splendidamente aromatico. Salvia, mentuccia, uva sultanina, eucalipto, verbena. In bocca domina una gran vena salina. Dritto e verticale, con ritorni del varietale in chiusura. Un vino gastronomico che dà il meglio di sé a tavola.
Trebbiano Spoletino Igt 2019 “Maceratum”, Fongoli Orange. Naso di erbe, radice di liquirizia, zenzero ed agrume candito. In bocca tannino non ruvido ma presente, a sua volta stuzzicato da un agrume succoso. Chiude su ritorni di radice di liquirizia, lungo. Accenno di sale e gran freschezza. Vino manifesto di un movimento, quello dei cosiddetti “vini naturali”, che troppo spesso si perde in sofismi. Ma quando fa sul serio, fa sul serio. Così.
Melissa Doc Greco di Bianco 2019 “Caraconessa”, Fezzigna
Giallo paglierino. Bel naso di bergamotto, agrumi, erbe mediterranee. Leggero tocco di spezia bianca. Sorso teso ma agile, lungo sulla freschezza e su ritorni di agrumi. Vino manifesto del vitigno e della zona.
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(5 / 5) C’è una nuova espressione del vino toscano al supermercato. Si tratta del Morellino di Scansano Docg 2019Sigillo Rosso di Piccini, cantina che arricchisce una linea dall’ottimo rapporto qualità prezzo nella Grande distribuzione organizzata (Gdo).
LA DEGUSTAZIONE
Il Morellino Sigillo Rosso si presenta nel calice di un rubino mediamente trasparente, luminoso. Al naso un gran bouquet di frutta (marasca, lampone, ribes, su tutti) fiori di viola, macchia mediterranea (rosmarino, alloro, ginepro) e ricordi ceduti da un sapiente affinamento in legno (tabacco), leggeri e perfettamente integrati.
Al palato si rivela un rosso di buona struttura, perfetto per l’abbinamento con primi piatti come paste ricche di ragù, o grigliate di carne. Il sorso, di fatto, è elegante, connotato da tannini setosi che lasciano spazio alla frutta tipica del Morellino di Scansano.
In chiusura, bell’allungo su una venatura vagamente salina, che invoglia il sorso successivo. Particolarmente apprezzabile la facilità di beva, che fa di questo vino un ottimo alleato dei momenti di convivialità. Un nettare che non disdegna, tra l’altro, una temperatura di servizio più fresca della norma (attorno ai 12-14 gradi).
Particolarità di questa nuova etichetta è il “Sigillo Rosso“, ben evidente nella grafica: si tratta della “firma” di Mario Piccini, titolare della cantina: “Un tratto distintivo che caratterizza tutta la gamma di maggior prestigio e riconoscibilità dei vini Piccini”.
Prezzo: 5,90 euro Acquistabile presso: Aspiag Despar, Crai, Gruppo Agora, Iper Montebello
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EDITORIALE – Più che un “successo”, il segno dei tempi che cambiano e di una certa ipocrisia ben radicata nel mondo del vino pugliese. Mentre politica e istituzioni enologiche fanno i salti mortali per difendere il Primitivo (non lo “Zinfandel“) dall’assalto dei predoni siciliani, la cantina Torrevento annuncia in pompa magna l’ingresso di una propria etichetta nel Systembolaget, l’ambitissimo monopolio svedese.
Si tratta di “ZINs“, un Puglia Igt Rosso, vendemmia 2019, pronto ad essere inserito negli oltre 200 wine shop della Svezia. Segni particolari sulla carta d’identità: formato da un litro, screwcap, ovvero tappo a vite e un ottimo “rapporto qualità prezzo”.
Ma cosa salta davvero all’occhio? Al di là del formato superiore ai classici 0,75 cl e del sistema di chiusura a vite – chiesto dagli astuti e modernissimi svedesi addirittura per il Barolo, come evidenziato ad aprile 2020 da WineMag.it – fa breccia la scelta di utilizzare, per questo Puglia Igt Rosso base Primitivo, il nome caro ai californiani, più che ai pugliesi: “Zinfandel”, per l’appunto.
Uno stratagemma commerciale (l’ennesimo, peraltro più che lecito) che si scontra con le proclamate intenzioni del territorio, non solo nella recente querelle per la difesa del Primitivo pugliese dall’autorizzazione all’impianto varata dalla Regione Sicilia.
Una vicenda da annoverare tra le mere questioni legate agli interessi economici, ben condite da barricate ideologiche e demagogiche come la necessità di “difesa delle autoctonie“, tanto per citare (testualmente) la parole di qualche politico Made in Puglia.
“Abbiamo lavorato duramente per portare a termine questo progetto e siamo molto orgogliosi del risultato”, commenta Francesco Liantonio, presidente di Torrevento, nel presentare la nuova etichetta a una stampa di settore acritica e atavicamente avvezza al “copia incolla”.
“La nostra forza – continua il refrain – è sempre stata la valorizzazione del nostro territorio e grazie allo ZINs Puglia Igt Rosso 2019 abbiamo realizzato un prodotto che, con il suo stile accattivante in linea con il gusto del consumatore internazionale e il rapporto qualità prezzo, ha conquistato il mercato svedese”. Sarà.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) È risultato tra i migliori vini rosati in vendita al supermercato il Primitivo rosato Salento Igp di Notte Rossa, sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper con la vendemmia 2019. Un vino ormai abbonato ai “cinque cestelli” di Vinialsuper, il massimo riconoscimento disponibile assegnato dalla nostra guida dei vini Gdo.
LA DEGUSTAZIONE
Il Primitivo rosato Salento Igp Notte Rossa (o Notte “Rosa”, stando al gioco cromatico tra le “s” presenti in etichetta) si presenta nel calice di un colore rosa corallo, luminoso e brillante.
Al naso piacevoli note fruttate di bosco (lampone, fragolina e ciliegia) e macchia mediterranea. Non manca un accenno minerale, su ricordi di rosa e di viola. Al palato, il Primitivo rosato Notte Rossa risulta perfettamente corrispondente.
Le note fruttate e saline giocano assieme in un quadro fresco, armonico, piacevole. La tipicità del Primitivo è più che mai esaltata da una vinificazione attenta a preservare le caratteristiche primarie dell’uva.
Ampio il ventaglio di possibilità di abbinamento. L’anima rinfrescante di questo rosato lo rende perfetto a tutto pasto, specie d’estate. Si spazia dagli antipasti all’italiana alle zuppe di pesce, passando per brodetti, pesce
al cartoccio o al forno, formaggi giovani o poco stagionati.
LA VINIFICAZIONE
I vigneti che Notte Rossa ha individuato per la produzione di questa etichetta di Primitivo rosato si trovano in Salento, in Puglia, a circa 100 metri sul livello del mare. L’area è caratterizzata da temperature elevate e da una piovosità medio-bassa.
Il terreno è a medio impasto argilloso, poco profondo e con buona presenza di scheletro. L’epoca di vendemmia coincide con la prima settimana di settembre. Dopo la svinatura parziale del mosto di uve Primitivo, rimasto in macerazione solo qualche ora, avviene la fermentazione in bianco che precede l’affinamento in acciaio.
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In seguito allo svolgimento dell’assemblea dei soci nella quale i produttori di Barolo hanno deciso di non introdurre provvedimenti emergenziali per la prossima vendemmia – come la riserva vendemmiale del 10% proposta dal Consiglio di Amministrazione – emerge con chiarezza la situazione della denominazione Barolo Docg.
Per quanto riguarda la vendita, si registra un incremento del 3% rispetto ai primi sei mesi del 2019. Per quanto riguarda il valore dello sfuso, il prezzo varia dai 5,50 euro/l ai 6 euro/l, con una flessione di circa il 15-17% rispetto allo stesso periodo del 2019, un valore che è in linea con la situazione post-pandemica di molte altre denominazioni di pregio.
Anche le giacenze, considerato il periodo di invecchiamento obbligatorio richiesto dal disciplinare, risultano in linea con la media degli ultimi anni. “Le condizioni in cui si trova la denominazione non hanno per il momento richiesto interventi tempestivi”, evidenzia l’ente piemontese in una nota.
“Il Consorzio e il suo CdA – si legge ancora – analizzeranno con attenzione sia l’evolversi della situazione commerciale sui vari mercati, sia i dati post-vendemmia, sempre nell’ottica di preservare la buona salute della Docg”.
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Il futuro del vino della Sicilia? Sempre più legato alla sostenibilità. Una questione fisiologica, dovuta alle particolari condizioni microclimatiche, che rendono pressoché naturale la coltivazione in regime biologico. “Siamo l’isola del vino sostenibile, al centro del Mediterraneo“, ha detto non a caso il presidente di AssoviniAlessio Planeta, nel presentare l’edizione digitale di Sicilia en Primeur 2020, alle 15 odierne sulla piattaforma Zoom.
Collegati da tutto il mondo circa 200 professionisti del settore, tra stampa e addetti al lavoro, per fare il punto sulla vendemmia 2019. Una raccolta che incastona la Sicilia nell’olimpo della viticoltura biologica del Paese. Non solo: l’isola ha la più vasta superficie di viticoltura di montagna in Italia, dopo il Trentino Alto Adige. Ed è la prima regione per viticoltura di collina, seguita da Toscana e Piemonte.
Con il 34% della superficie viticola biologica, a fronte di un totale ormai prossimo ai 110 mila ettari di vigneto bio italiano, la Sicilia conferma la propria leadership sul fronte della sostenibilità. Seconda regione è infatti la Puglia, col 16%: la metà. Un dato che consente alla Trinacria di risparmiare, ogni anno, 750 tonnellate di rame per i trattamenti.
“Nell’ambito della Doc Sicilia – ha sottolineato Antonio Rallo, presidente del Consorzio Doc Sicilia – sono state prodotte 95 milioni bottiglie, il 19% in più rispetto al 2018. Il Nero d’Avola guida la crescita, col +27%, seguita dallo Zibibbo, con il +17%”.
“Ma quello che ci preme sottolineare è il +11% della menzione Sicilia da parte delle Doc territoriali: un obiettivo che ci eravamo prefissati nel 2012, quando abbiamo dato vita alla Doc Sicilia”, ha aggunto Rallo. Una Denominazione capace, tra l’altro, di reggere il colpo di Covid-19, con un -11% medio “da considerare prezioso, a fronte di un trend nazionale che si assesta sul -35/40%”.
A Mattia Filippi di Uvasapiens il compito di presentare – anche in questa edizione digitale di Sicilia en Primeur – le caratteristiche della vendemmia 2019, nell’ambito del report “L’importanza di essere Isola”. La produzione si è assestata sui 430 milioni di litri, in un trend stabile negli ultimi 5 anni.
La vendemmia 2019, assieme alla 2014 e alla 2011, ha registrato le quantità più basse rispetto alla media degli ultimi 11 anni, con un -13% rispetto alla media delle altre regioni. Le condizioni meteo hanno fatto da spalla ai produttori di vino siciliano.
“Grazie alle condizioni favorevoli del Mediterraneo – ha commentato Mattia Filippi – il climate change, non ha condizionato l’isola dal punto di vista delle temperatura. Basti pensare che, a giugno, le temperature registrate nel Sud Italia erano simili a quelle delle zone alpine e dei Balcani, più basse rispetto media europea”.
Che vini aspettarsi, dunque? La vendemmia 2019, secondo le anticipazioni dei tecnici del Consorzio Doc Sicilia, darà vini bianchi e rossi non eccessivamente alcolici, ma molto ricchi in termini di profumi, freschezza, corpo e struttura.
Ottimi i livelli di polifenoli in tutte le zone di produzione del Nero d’Avola, con medie di 7 tonnellate per ettaro. Bene anche Grillo e Catarrato (Lucido), in un’annata definita senza mezzi termini “eccezionale”. Un discorso che vale anche per l’Etna, dove il Nerello Mascalese è maturato in condizioni microclimatiche pressoché perfette.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Solare, spigliata, sorridente, sicura di sé. Sguardo fiero e tanta determinazione. Quella che ha portato Carlotta Salvini a diventare Miglior Sommelier Fisar2019, lo scorso novembre.
Comunicare il vino, per la 31enne di Siena, è una missione. Con tutti i mezzi a disposizione, online e offline. Positiva, pragmatica, mai eccessiva. Tanti progetti e un sogno nel cassetto: vestire i panni di vignaiola, producendo un vino tutto suo. Conosciamola meglio.
La competizione per il Miglior Sommelier Fisar si tiene da 27 anni. Se escludiamo gli anni non disputati e i pari merito uomo donna la quota femminile è del 32%. Sale al 40% se consideriamo solo gli anni dal 2010 ad oggi. È solo una questione di proporzioni di iscritti oppure c’è qualcosa che ancora non è stato detto sull’argomento minoranza donna/sommelier?
Non si è mai ripetitivi su questo argomento e concordo che negli ultimi anni finalmente cominciano ad emergere figure femminili nel mondo del vino ed anche nell’imprenditoria vitivinicola. Ritengo che sia sempre più importante sensibilizzare non solo sulla figura della donna nel vino, ma in generale sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro. La mia ricetta è composta da tre ingredienti: studio, empatia, determinazione.
Penso che siano valori che noi donne conosciamo molto bene: abbiamo competenze interdisciplinari e sappiamo che non si può prescindere dalla preparazione. Credo molto in questi valori e spero che siano di stimolo per la vita di altre donne per cercare di realizzarsi e trovare la propria strada.
Tra le best sommelier al femminile tre toscane, due venete, due lombarde e due laziali. Toscana culla della lingua italiana, del Rinascimento, “Caput Mundi” del vino. Le tue origini toscane quanto accrescono la tua competitività?
Non solo accrescono la mia competitività ma sono anche motivo di orgoglio. La Toscana è tra le più importanti regioni vitivinicole italiane con una straordinaria varietà di vini dalle differenti caratteristiche e una storia millenaria, una cultura antica che si perde nei secoli.
Sono un importante patrimonio, ci penso ogni volta che passo per strada tra i paesaggi delle colline del Chianti, della Costa degli Etruschi, della Val d’Orcia e della Val di Chiana: sono fiera di essere toscana.
Sei stata eletta a Novembre del 2019, neanche il tempo di mettere il calice Rastal tra i trofei e scatta l’emergenza Covid-19. Cosa ti sei persa o cosa non ti sei goduta ancora appieno di questa esperienza?
Penso che sia stato un esercizio molto importante, soprattutto per cercare strumenti di comunicazione diversi da quelli a cui il sommelier è abituato. Ho iniziato ad un utilizzo dei miei canali social in chiave divulgativa / educational ed il risultato è stato davvero sorprendente. Non credo di essermi persa qualcosa, cerco di avere un atteggiamento positivo anche nelle situazioni più difficili stimolandomi a trovare soluzioni per reinventarsi e adattarsi.
Tutto del vino riconduce alle relazioni. Si vendemmia in squadra, si degusta confrontandosi ed a cena la bottiglia è in tavola. Il vino ha sempre accompagnato la vita, la convivialità, la cultura e l’alimentazione e nel tempo si è evoluto, passando da fonte di nutrimento a socializzazione e integrazione culturale.
Ma quanto è affascinante sentire qualcuno che parla di un vino che ha assaggiato? Dentro un calice di vino c’è tutto un mondo fatto di persone, storie, territori e gusto. La curiosità, l’entusiasmo, l’esperienza che coinvolge ogni volta, sono lo slancio a saperne sempre di più”.
Parole tue per dare il benvenuto a chi approda sulla tua neonata pagina Facebook. Si può trasmettere tutto questo, con la stessa empatia anche via digital?
Sono emozioni e sensazioni diverse, evocative e dipende soprattutto da come vengono comunicate. Ad esempio quando si legge un libro se lo scrittore è abile nella descrizione, riesce a farti evocare profumi, luoghi, toccare le corde sensibili.
Sta anche a chi scrive nel cercare di coinvolgere emotivamente ma anche con semplicità soprattutto utilizzando il giusto approccio per far appassionare nel mondo del vino. Leggere un libro sul Chianti Classico sicuramente non è lo stesso che visitarlo, ma di sicuro può suscitare la curiosità di andarci non appena ci sarà l’occasione.
Poco più di 300 follower su Facebook, 7300 su instagram: stories, dirette, webinar, degustazioni digitali, foto con i calici. Le tue foto sono passate dai poco più di 200 like per la tua laurea a 1300 con pioggia di cuoricini per un tuo selfie (molto bello) baciata dal sole e con il calice in mano. Ti consideri, come si direbbe oggi, una ‘wine influencer’?
Non credo di sentirmi influencer, ma piuttosto “wine educator”: ancora non ho trovato una parola analoga in italiano. Penso che ci sia ancora molto da approfondire su un approccio educativo alla cultura del vino in particolare “educando” il palato all’assaggio. È l’aspetto più importante soprattutto per chi non è esperto riuscire ad avere una capacità di giudizio obiettivo su un vino lasciandosi guidare solo dai nostri sensi.
Tante foto con etichette blasonate. Qualche anno fa hai postato un calice di Tignanello e hai commentato scherzosamente “È capitato di peggio”. Qual è il tuo rapporto con i vini più “popolani”? Hai comprato vino al supermercato recentemente? Cosa pensi del vino in Gdo?
La distinzione per un vino popolano o costoso non la fa il luogo in qui viene venduto. Oggi sopratutto nei supermercati c’è la tendenza ad avere una sezione di enoteca con grande assortimento di vini anche prestigiosi talvolta con la presenza di un sommelier per consigliare nell’acquisto.
Io stessa ho acquistato qualche volta vino al supermercato proprio perché la qualità del vino si giudica solo e soltanto quando è nel bicchiere senza che il luogo in o altri fattori ne influenzino il giudizio.
Per quanto riguarda i vini “popolani” non perché siano tali non devono essere buoni. È anche vero che per trovare la qualità anche in vini più semplici non è possibile scendere al di sotto di una soglia minima di prezzo.
Tra gli altri impegni sei hospitality manager di Felsina Wines, in un territorio, quello del Chianti Classico, che punta molto sull’enoturismo. Che preoccupazioni hai per il futuro?
Il turismo e il settore della ristorazione sono i più colpiti dall’epidemia Covid-19. Nel breve periodo non ci sono prospettive di ripresa con il turismo straniero ( che a Fèlsina rappresenta circa il 70% dei visitatori ) ma ci sono possibilità con quello locale e territoriale.
È un anno dove più che mai diventa fondamentale consolidare i rapporti esistenti. Nel futuro non sono preoccupata, sono certa che le meravigliose eccellenze italiane torneranno a essere la meta ambita dai turisti di tutto il mondo ancora più di prima.
Sommelier, Hospitality manager, agronoma, attestati internazionali. Tu stessa hai dichiarato che il titolo di miglior sommelier non è un traguardo. Cosa ti appresti a studiare o a fare nella tua vita privata? Ti sei prefissata nuove mete da raggiungere?
Nella mia vita privata continuo l’attività attraverso i social e al momento sto lavorando ad un piccolo progetto personale, un corso di vino online. È vero, ho detto che il titolo di best sommelier per me non significa un traguardo, ma rappresenta un’ulteriore conferma che il mondo del vino è e sarà la mia strada. Di nuovi orizzonti ne ho tanti in mente tra cui il grande sogno di poter, un giorno, produrre un vino tutto mio.
Parliamo di Fisar. Le singole delegazioni hanno cercato di mantenere viva l’attenzione dei soci negli ultimi mesi con varie attività. Cosa bolle in pentole per quanto riguarda Fisar in Rosa e Fisar Nazionale? Stai (e state) lavorando su nuovi progetti?
A livello territoriale le delegazioni hanno mantenuto attiva l’attività di coinvolgimento dei soci proponendo webinar approfondimenti a cui io stessa ho partecipato in qualità sia di relatore che uditore. A livello nazionale stiamo lavorando a diversi progetti. tra cui una nuovissima rubrica, condotta da me: “Degustiamo assieme”.
Un appuntamento settimanale, in uscita da lunedì 11 maggio, dove presenterò vini, territori, cantine di tutta Italia, un viaggio da nord a sud. Fisar in Rosa ha in programma la rubrica “In viaggio con Fisar in Rosa”, episodi live con racconti e degustazioni di territori coinvolgendo anche produttrici di vino.
Teoricamente, a novembre, ti appresterai a lasciare il titolo ad un nuovo Miglior Sommelier. Che consiglio daresti, magari anche alla luce della tua antesignana esperienza in quarantena?
Consiglio di non prendere questo riconoscimento solo come ruolo di “ambasciatore” nazionale di un’associazione ma come opportunità di capire quali sono gli strumenti ed il linguaggio giusto per far appassionare al mondo del vino sempre più persone.
La cultura del vino in Italia fa parte della nostra storia ed è anche compito di un Sommelier ai vertici nazionali di essere promotore dell’informazione soprattutto a chi si trova all’inizio del percorso.
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