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degustati da noi vini#02

Toscana Igt 2018 Leggenda, Podere Casanova

Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag Toscana Igt 2018 Leggenda, Podere Casanova (15%)

Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Toscana Igt 2018 Leggenda, Podere Casanova (15%).

Fiore: 8
Frutto: 9
Spezie, erbe: 8.5
Freschezza: 7.5
Tannino: 7.5
Sapidità: 7.5
Percezione alcolica: 6
Armonia complessiva: 9.5
Facilità di beva: 7.5
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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degustati da noi vini#02

Trento Doc Dosaggio Zero Riserva 2018 Salísa, Villa Corniole


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Trento Doc Dosaggio Zero Riserva Millesimato 2018 Salísa, Villa Corniole (12,5%).

Perlage: 10
Fiore: 8
Frutto: 8.5
Freschezza: 9
Sapidità: 9
Percezione alcolica: 5
Armonia complessiva: 9.5
Facilità di beva: 8.5
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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degustati da noi vini#02

Buttafuoco dell’Oltrepò pavese Doc Bio 2018 Vigna Pregana, Quaquarini


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Buttafuoco dell’Oltrepò pavese Doc Bio 2018 Vigna Pregana, Quaquarini (14%).

Fiore: 8.5
Frutto: 8.5
Spezie, erbe: 9
Freschezza: 8.5
Tannino: 7.5
Sapidità: 7.5
Percezione alcolica: 7
Armonia complessiva: 9.5
Facilità di beva: 6.5
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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degustati da noi vini#02

Venezia Giulia Igt Bianco Malvasia 2018, Il Carpino


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Venezia Giulia Igt Bianco Malvasia 2018, Azienda agricola Il Carpino (15%).

Fiore: 8
Frutto: 9
Spezie, erbe: 7
Freschezza: 8
Tannino: 3
Sapidità: 8
Percezione alcolica: 6
Armonia complessiva: 9
Facilità di beva: 7
A tavola: 8
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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news news ed eventi

Champagne a nudo su zucchero, cru e vigneron: il manuale anti-enofighetto


«”Io bevo solo Pas Dosé“. “Io bevo solo Extra Brut“. “Se mi dai un Brut mi suicido!”. Quante volte, al giorno d’oggi, enotecari, ristoratori e sommelier si sentono dire frasi come queste dai loro clienti?». Pietro Palma, ambasciatore italiano dello Champagne 2018, ci ha messo poco più di 30 secondi a chiarire al pubblico perché, la sua, non sarebbe stata una lezione qualunque all’Académie du Champagne, lunedì 4 novembre all’Hotel Principe di Savoia di Milano. Pronti via. Ecco subito la prima bordata a quel mondo che sta a metà tra l’enofighetto e il salutista. A quella platea di superficiali puristi della liqueur e di ninja dello zucchero, a spade alterne.

Un intervento da standing ovation, quello di Palma, in linea con la strada della “normalizzazione” – anzi, per restare in tema, della “de-fighettizzazione” – che il Bureau du Champagne Italia presieduto da Domenico Avolio sembra aver intrapreso da qualche tempo. E che, prima dell’Acadédemie, ha avuto nello Champagne Day del 25 ottobre uno dei suoi momenti più clamorosi: la proposta di abbinamento di pregiati Champagne di diversi dosaggi con 8 formaggi italiani. Nulla di ricercatissimo: tutti prodotti caseari di facile reperimento, in supermercati e gastronomie.

Dalle fette di formaggio a quelle di mercato, il passo pare breve. Che questa “rivoluzione della comunicazione” – vero esempio da imitare da quella parte di Italia dei Consorzi del vino che ha ormai virato su Fashion e Lifestyle, lontana anni luce dal mondo reale, dalla crisi dei consumi e dall’inflazione – sia pensata per far riconquistare alla denominazione francese le quote perse nell’ultimo anno nel Bel Paese (-7% nel 2023)? Una missione che Pietro Palma – tra l’altro fresco autore del libro Il suono dello Champagne – potrebbe aiutare a compiere in scioltezza. A dirlo è il successo del suo intervento all’Académie.

DOSAGGIO DELLO CHAMPAGNE E ZUCCHERO: «UN TEMA SCOTTANTE»

«Il dosaggio – ha spiegato Palma – è diventato un tema scottante per lo Champagne. È quello su cui ci sono più preconcetti di tutti. Lo zucchero sembra diventato il nemico numero uno della società. Quindi, dire che uno spumante contenga 8 grammi litro è come ammettere di voler avvelenare le persone. Poi, magari, beviamo una bibita gassata da 300 grammi litro e non ci facciamo troppo caso». Orientarsi tra le categorie è semplice, attraverso la “scala dei dosaggi” della denominazione. Ma quanti Champagne ci sono, sul mercato, con un dosaggio superiore al Brut? «Solo il 3% – ha rivelato Palma – guardando gli scaffali delle enoteche e le carte dei ristoranti».

E qual è, invece, la percentuale di Champagne con dosaggi inferiori al Brut? «La stessa – ha chiarito l’ambasciatore – ovvero il 3%. Vale a dire che il 94% dello Champagne venduto nel mondo è Brut. Contiene, dunque da 0 a 12 grammi litro di zucchero, fascia in cui può essere dichiarato “Brut” in etichetta. Uno scaffale che ha il 50% di Extra Brut e Pas Dosé è una bolla rispetto alle percentuali globali. E potrebbe avere qualche problema. Se andate in Champagne, all’affermazione “Noi beviamo solo Pas Dosé“, qualche produttore potrebbe rispondere “Vous êtes fou”, che in fiorentino si traduce “Siete grulli” (“Siete matti”, ndr). Loro bevono Brut, tutta la vita».

Dalle parole ai fatti. Con una selezione di cinque Champagne serviti alla cieca (Champagne Perrier-Jouët Grand Brut, Champagne Pommery Apanage Brut, Champagne Brice Extra Brut GC Bouzy Blanc De Noirs, Champagne Palmer La Réserve Nature e Champagne Mailly Grand Cru Brut Reserve), Palma ha dimostrato come il dosaggio possa trarre in inganno anche i migliori palati. Traendo in inganno in caso di utilizzo di vini di riserva, lunghi affinamenti sui lieviti o scelte stilistiche legate alla fermentazione malolattica, svolta dal 70% degli Champagne in commercio.

«RISCHIO BORGOGNIZZAZIONE DELLA CHAMPAGNE»

Un’altra “deriva enofighetta” legata alla denominazione spumantistica d’Oltralpe, messa a nudo dall’ambassadeur du Champagne 2018 Pietro Palma durante l’Académie, è la “moda” delle etichette da “selezione di vigneto”. «L’argomento più scottante in Champagne, dopo il dosaggio – ha evidenziato – è il “single vineyard”, il parcellare, la ricerca a tutti costi di una produzione microscopica: 200 bottiglie di quello, 300 dell’altro… Dal punto di vista del produttore, può andare bene se si ha la forza di farlo. Ma se produci solo mille bottiglie complessive e ne togli 300 per fare il “parcellare”, forse le altre 700 venderanno un po’ meno. Se elimini il filetto, non è detto che quello che resta sia vendibile come il taglio intero».

Tra gli ultimi a presentare etichette “da cru”, proprio in Italia, sono stati non a caso Jacquart (Mono Cru Ay) e Alexandre Bonnet (Hardy e Les Vignes Blanches): non certo due micro maison. Dal canto suo, Pietro Palma ha un termine preciso per definire questa tendenza: «Siamo al cospetto di una “Borgognizzazione della Champagne” che va, in realtà, contro alla storia e alla tradizione della Champagne stessa, che è quella dell’assemblaggio. Un po’ come succede, e lo dico da toscano, a Montalcino, al Chianti Classico: sono terre dove il brand è sempre andato davanti al vitigno e alla singola vigna, quindi si va contro la loro storia e la loro tradizione cercando di fare una piccola Borgogna. Purtroppo una parte del mercato va in questa direzione. Si preferisce a volte bere 600 bottiglie medio-cattive di uno qualunque, ultimo arrivato, piuttosto che 3 milioni buonissime, di chi fa quel vino da 400 anni».

LA «VIGNERONIZZAZIONE» DELLE GRANDI MAISON

Ed è proprio sui numeri e sulla capacità produttiva che si è concentrata la terza ed ultima “bordata” di Pietro Palma agli enofighetti “bevitori di etichette”. «Récoltant-Vigneron e Maison – ha rimarcato – erano due entità separatissime. Il Vigneron possiede il 90% della terra e le Maison il 10%. Ma le Maison hanno il 70% del mercato e i Vigneron il 30%. Ognuno, quindi, ha bisogno dell’altro. Se fino a qualche anno fa il loro rapporto era commerciale, con i vigneron che vendevano le uve alle maison, dando loro la possibilità di portare avanti anche il loro brand, oggi c’è una contaminazione molto più profonda».

Le maison, spinte dal mercato, hanno cominciato a produrre Champagne parcellari e ad avere produzioni più limitate, territoriali. «Hanno iniziato, in qualche maniera, a vigneronizzarsi», per dirla con le parole di Pietro Palma. Mentre «i vigneron si sono aperti mondo, allargando lo sguardo, senza più essere come 30 anni fa, contadini murati in casa, intenti a produrre il loro Champagne». «Ora sanno che cosa sono diventati – ha aggiunto l’ambasciatore italiano della denominazione francese – girano il mondo. E usufruiscono della notorietà che le grandi maison hanno costruito, nonché del loro know-how. Le due categorie, piano piano, si avvicinano: non a livello numerico, ma mentale».

Ancora una volta cinque gli Champagne scelti per suffragare la tesi, ancora un volta serviti alla cieca: Champagne Rédempteur Couvée Nouvel R 2013, Champagne Collard Picard Racines Pinot Meunier Extra Brut, Champagne Laurent-Perrier Héritage, Champagne Lanson Black Reserve e Champagne Louis Roederer Collection 244.

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Miglior vino orange/macerato italiano Guida Winemag 2025: Vis Uvae 2018, Il Carpino

Il Miglior vino orange italiano è Vis Uvae 2018, Venezia Giulia Igt Bianco Macerato della cantina Il Carpino. È il risultato delle degustazioni alla cieca che hanno portato a stilare la Guida Winemag 2025, Top 100 Migliori vini italiani. Tra tutti, impossibile dimenticare un “premio speciale” dedicato a una delle categorie di vino più interessanti e complicati nell’esecuzione, ovvero i “macerati”. Il Carpino, a San Floriano del Collio, al confine fra Italia e Slovenia, dimostra tutto il proprio savoir-faire con Vis Uvae 2018. Di seguito il profilo del Miglior vino orange italiano, ottenuto da uve Pinot Grigio, a cui è stato assegnato un punteggio di 96/100.

VENEZIA GIULIA IGT BIANCO MACERATO 2018 VIS UVAE, IL CARPINO

  • Fiore: 9
  • Frutto: 9
  • Spezie, erbe: 8
  • Macerazione: 8
  • Tannino: 6
  • Freschezza: 8.5
  • Sapidità: 7
  • Percezione alcolica: 6
  • Armonia complessiva: 9.5
  • Facilità di beva: 8.5
  • A tavola: 9.5
  • Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
  • Punteggio Winemag: 96/100 (Miglior vino orange italiano per la Guida Winemag 2025)

Il Carpino

Località Sovenza 14/A
34070 San Floriano Del Collio (Gorizia)
Tel. +39 328 4721151
Email: ilcarpino@ilcarpino.com

MIGLIOR VINO ORANGE ITALIANO

Il miglior vino orange italiano è Vis Uvae della cantina Il Carpino. Vediamo nel dettaglio il vino premiato dalla Guida Winemag 2025. Vis Uvae, dal latino la Forza dell’Uva, per sottolineare la forza che ha l’uva ossia la Natura, per rendere un vino forte e complesso, cosa che la mano dell’uomo sola lo determina in maniera relativa. Per effetto di una settimana di permanenza delle bucce di colore violaceo del Pinot Grigio a contatto con il mosto, la cosiddetta macerazione di 15-30 giorni, si conferisce al mosto e poi al vino quelle note ramate che lo contraddistinguono dagli altri vini. In origine erano queste le sembianze che aveva il Pinot Grigio, ma poi con l’avvento delle nuove tecniche di vinificazione, si è preferito vinificarlo in bianco. Se questo è stato un bene o un male non sta a noi giudicare, ma di certo il risultato è diverso, sia dal punto di vista olfattivo che gustativo.

VIS UVAE IL CARPINO MIGLIOR MACERATO ITALIANO: DOVE NASCE

Ci troviamo a San Floriano del Collio, a ridosso del confine della Slovenia, in una terra particolarmente vocata per la coltivazione della vite. La nostra azienda nasce con il suo marchio e la sua prima etichetta nel 1987 quando insieme a me c’era ancora mio suocero Silvano, successivamente mancato. Ora invece sono affiancato da mia moglie Anna e dai miei figli Naike e Manuel. Ma la storia ha inizio alla fine degli anni ’70 quando Silvano abbandona la sua attività di commerciante ortofrutticolo per dedicarsi alla campagna. Acquista qualche ettaro di terra e inizia a vinificare e a commercializzare il vino sfuso.

Io lo aiutavo nei ritagli di tempo a seguire la produzione, ma col tempo lascio anche io il mio lavoro di elettrauto per dedicarmi totalmente alla vigna e alla cantina ed è allora che nasce Il Carpino. Piano piano verranno acquistati degli altri appezzamenti di vigna fino ad arrivare agli attuali 17 ettari,  15 in proprietà e 2 in affitto. L’impostazione di carattere familiare di cui la nostra azienda può vantarsi ci permette di controllare tutte le fasi del processo, dalla vinificazione alla commercializzazione del prodotto. Ci riteniamo contadini ed essere contadini oggi comporta una grande responsabilità perché significa essere testimoni ed interpreti del proprio territorio ma anche custodi del paesaggio.

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Amarone della Valpolicella 2018: ritorno al terroir. Verso una nuova sottozona?


Tra le tante certezze di una formula vincente che prende il nome di Amarone Opera Prima, l’anteprima Amarone 2018 andata in scena all’inizio del mese di febbraio a Verona porta con sé un valore speciale: la vittoria del terroir dell’Amarone della Valpolicella, sul “metodoproduttivo. Se da un lato la denominazione fa squadra per vedere riconosciuto a Patrimonio immateriale Unesco la tecnica dell’appassimento delle uve, da cui l’Amarone prescinde, dall’altro sono i 19 Amarone 2018 incoronati dalla degustazione alla cieca a dimostrare dove sta andando il Re dei vini della Valpolicella.

Abbastanza per far pensare che Amarone Opera Prima 2023 sia da ricordare come l’edizione del ritorno al terroir per l’Amarone. Una conseguenza diretta della “Revolution” già chiara lo scorso anno nel timbro di molti produttori, intenzionati a presentare vini sempre meno poderosi e concentrati, a favore della freschezza e di una certa agilità di beva. Il tutto, ovviamente, senza perdere di vista la tipicità della denominazione.

La carta di identità dei vini più “performanti” parla chiaro. A quelli prodotti in Valpolicella Classica risponde sempre più la Val di Mezzane, oltre alla Valpantena e a quella che forse è la vera sorpresa dell’Anteprima Amarone 2018, ovvero la Val Squaranto (o Valle di Squaranto). Più in generale, è la rivincita della Valpolicella Orientale, che sta prendendo sempre più piede sulla cartina geografica di un Amarone di medio-alta collina.

VALPOLICELLA, NUOVA SOTTOZONA? STUDIO DEI SUOLI IN VAL DI MEZZANE

Ed è proprio in Val di Mezzane che tredici cantine hanno deciso di fare squadra, per rivendicare la loro unicità a cavallo tra gli areali vitivinicoli della Valpolicella e di Soave. Ad Amarone Opera Prima 2023 è stato dato il via a uno studio dei suoli della vallata a cura del pedologo Giuseppe Benciolini, già autore di carte dei suoli per la zonazione vinicola di Soave, Prosecco, Cartizze e Lambrusco Reggiano.

A capitanare il team è Luca Anselmi di Tenuta Falezze, che al momento ha trovato l’appoggio di Benini Alessandro, Camerani Marinella, Fraccaroli, ILatium Morini, Il Monte Caro, I Tamasotti, Le Cesete, Le Guaite di Noemi, Le Talestri, Massimago, Negri Carlo Alberto e Roccolo Grassi.

«L’obiettivo – spiega Luca Falezze – è quello di realizzare una Carta dei Suoli della Val di Mezzane, ma anche nelle aree delle singole aziende. Un passo per noi fondamentale per poter aspirare, in un futuro speriamo non troppo lontano, ad ottenere la definizione di una sottozona della Valpolicella. Crediamo fermamente nella valorizzazione della tipicità dei nostri vini in relazione al territorio e per questo abbiamo sempre lavorato».

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Recioto di Soave Doc 2018 “Suavissimus”, Nardello

Il Recioto di Soave Doc 2018Suavissimus” di Nardello è uno dei vini dolci presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it. La cantina di Monteforte d’Alpone, in provincia di Verona, mostra di avere una gamma profonda e di gran qualità, nel segno di un’interpretazione autentica del terroir di Soave.

Il Recioto 2018 “Suavissimus” si presenta alla vista di un giallo dorato. Al naso rivela una splendida espressione del frutto, in termini di ricchezza e precisione, unita a una freschezza conferita da note balsamiche. Ricordi di frutta matura e frutta secca ben avvolti da suadenti note di miele, sferzati da agrumi freschi e canditi. Sorso di gran concentrazione, eppure beva spasmodica per un vino giovanissimo, che non smetterà di sorprendere nel tempo.

Guida top 100 – 2023

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Amarone Opera Prima 2023: i migliori dell’Anteprima 2018


Sessantasette campioni di Amarone 2018 in anteprima ad Amarone Opera Prima 2023. Tra i migliori degustati alla cieca nella giornata riservata alla stampa di settore, sabato 4 febbraio, spunta qualche nome nuovo, accanto a quello di cantine già note. L’anteprima dell’Amarone 2018 si dimostra sulla scia delle precedenti annate, con i produttori concentrati soprattutto nella gestione dell’alcol e dell’equilibrio, all’insegna di  una maggiore freschezza e “immediatezza” al Re dei vini della Valpolicella.

Una denominazione che continua così a convincere e raccogliere consensi a livello internazionale. Anche in un periodo di crisi come quello attuale, il volto “rossista” della provincia di Verona si conferma locomotiva del Made in Italy enoico, con l’Amarone capace di muovere un giro d’affari di 360 milioni di euro, sui 600 milioni di euro complessivi.

AMARONE OPERA PRIMA 2023: TUTTO ESAURITO A VERONA

Un successo certificato dall’annuncio della chiusura del dossier di candidatura della tecnica di messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco, nonché dai numeri di Amarone Opera Prima, secondo anno del riposizionamento della consueta Anteprima Amarone.

All’evento del Consorzio vini Valpolicella dedicato al millesimo 2018 dell’iconico Rosso veronese hanno preso parte 300 giornalisti nazionali ed esteri (circa 100) da 20 Paesi e oltre 1500 winelovers che hanno affollato nel weekend il Palazzo della Gran Guardia di Verona.

AMARONE, UNA DENOMINAZIONE IN EQUILIBRIO

«Il 2021 – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella – è stato un anno eccezionale sul piano delle vendite. Il 2022 è servito per consolidare la crescita, con risultati meno eclatanti ma comunque significativi».

«Lo testimoniano anche gli imbottigliamenti, che registrano un incremento del 12% rispetto al pre-Covid (2019) per un’annata commerciale che è stata comunque la seconda migliore del decennio, con oltre 17 milioni di bottiglie immesse sul mercato. La denominazione – conclude Marchesini – si conferma in equilibrio, grazie anche a una stabilizzazione finalmente raggiunta sul fronte della superficie vitata dopo il blocco degli impianti del 2019».

ANTEPRIMA AMARONE 2018: LA DEGUSTAZIONE

CANTINA VINO NOME / LINEA
ACCORDINI STEFANO Amarone della Valpolicella Docg Classico Acinatico
Color rubino granato, piuttosto penetrabile alla vista. Naso tutto sul frutto, goloso, ciliegia succosa, lampone. Tocco di spezia che conferisce balsamicità. In bocca risulta piuttosto potente, sull’alcol che deve ancora integrarsi, cosi come il legno (vaniglia, fondo di caffe). Un campione di gran stoffa, di sicura prospettiva.
ALBINO ARMANI Amarone della Valpolicella Docg Classico Albino Armani
Vino non ancora in commercio. Colore mediamente carico, penetrabile alla vista. Naso al momento più sulla spezia che sul frutto, pur presente. Un quadro olfattivo non esplosivo, delicato, che lascia spazio anche al florale. In bocca una buona morbidezza glicerica un’accennata potenza alcolica, su ritorni piacevolissimi di spezia. Vino che, stilisticamente, sembra guardare più alla freschezza e alla beva che alla concentrazione.
BENEDETTI CORTE ANTICA Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Rubino penetrabile alla vista. Nota lattica di fondo. Si scorge già un bel profilo materico, di frutta polposa che scalpita per prendere il meritato posto sul palco. Bella speziatura, elegante. In bocca la nota lattica e alcolica ancora più evidente che al naso, ma si conferma un campione tipico, pur stilisticamente più “grasso” dei precedenti.
CASA VINICOLA BENNATI Amarone della Valpolicella Docg
Rubino granato piuttosto intenso. Naso giocato su una speziatura fresca, importante, che sfiora il balsamico. Mentuccia, noce moscata, un tocco leggero di chiodo di garofano e liquirizia dolce. L’ossigenazione porta con sé un bel frutto grondante di succo, golosissimo, pienamente maturo: ciliegia, su tutti, ma anche lampone e un tocco di ribes nero maturo. In bocca vena glicerica importante, ben sostenuta da una acidità piuttosto viva e diretta, che controbilancia un sorso di buona stratificazione. Tannini fitti, eleganti. Vino di buone promesse.
BERTANI Amarone della Valpolicella Docg Valpantena
Rubino piuttosto scarico. Naso di grande essenzialità ed eleganza, chiara impronta di uno stile che sta sempre più prendendo piede all’interno della denominazione. Tanto spazio alla componente floreale, che si accosta con eleganza a un frutto capace di raccontare la perfetta epoca di raccolta delle uve, elemento essenziale della stilistica. Ciliegia avvolta in un mantello goloso, quasi di zucchero filato, ravvivato da una speziatura che aggiunge nerbo ed eleganza a un naso già di per sé esemplare. In bocca non fa altro che confermare quanto avvertito al naso. Vino che si inserisce alla perfezione nella rivoluzione stilistica della denominazione, verso una maggiore freschezza e agilità di beva, senza pericolo di snaturare il grande rosso della Valpolicella.
BOLLA Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva Le Origini
Vino non ancora in commercio. Colore rosso granato piuttosto carico. Polpa succosa, rossa e nera, ciliegia e mora di rovo, al naso di questo Amarone che pare agli esordi di un buon percorso di crescita. Di buona eleganza la speziatura, pur in secondo piano rispetto alla centralità assoluta del frutto. In bocca tannini fitti, ben lavorati, riequilibrano una certa esuberanza glicerica e un frutto che vira su tinte leggermente più mature di quanto prospettato dal naso. Chiusura asciutta, che invita al sorso. Vino non particolarmente stratificato, di buona immediatezza.
BOSCAINI CARLO Amarone della Valpolicella Docg Classico S. Giorgio
Campione prelevato da botte. Colore tipico, mediamente carico. Al naso la spezia dolce “spinge” il frutto pienamente maturo, goloso. Vino che non abbonda in stratificazione, incentrato sulla piacevolezza. Sarà un Amarone 2018 piuttosto equilibrato, di immediata comprensione per il consumatore.
BOTTEGA Amarone della Valpolicella Docg Il Vino degli Dei
Mediamente carico, alla vista. Naso elegante, che abbina le componenti floreali, fruttate e speziate tipiche dell’Amarone. Queste ultime ricordano mentuccia e pepe bianco. In bocca protagonista la nota erbacea, fenolica, piuttosto integrata e in grado di riequilibrare un frutto piuttosto poderoso. Legno più marcato al palato che al naso, a rivelare le caratteristiche di un vino all’inizio del suo percorso. Ennesimo campione piuttosto immediato, che non nasconde tuttavia qualche spigolatura di troppo, specie al naso.
BRONZATO Amarone della Valpolicella Docg
Rubino granato piuttosto penetrabile alla vista. Bel frutto, molto preciso: emerge una ciliegia croccante, succosa. Speziatura altrettanto elegante, unita a una buona componente floreale. Ricordi leggerissimi di miele millefiori, in sottofondo, competano un quadro piuttosto morbido. In bocca ecco invece una verticalità quasi inattesa. Acidità vibrante e tannini fitti, a reggere una certa imponenza della componente glicerica e fruttata. Campione, quello della cantina di Montorio (VR) guidata da Massimo Bronzato, decisamente futuribile, nel segno della “revolution” che non perde di vista la tradizione.
CA’ BOTTA Amarone della Valpolicella Docg Cajo
Campione di botte. Color rubino-granato mediamente penetrabile alla vista. Al naso abbina il frutto goloso a una speziatura importante, che varia dal dolce al fresco, dal tabacco alla mentuccia. In bocca il tannino lavora bene sul frutto succoso, prima di una chiusura balsamica. Vino non particolarmente stratificato ma assolutamente tipico, all’inizio di un buon percorso di vita all’insegna della facilità di beva e di una certa piacevolezza.
CA’ DEI FRATI Amarone della Valpolicella Docg Pietro Dal Cero
Campione di botte. Colore piuttosto carico. Naso su frutta matura/matura più, avvolto in una speziatura dolce. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva, per un Amarone 2018 che si esprime deciso e rotondo, sulla piacevolezza. Chiusura asciutta, donata da un tannino presente ma perfettamente integrato. Vino goloso, senza troppi fronzoli, immediato.
CA’ DEL SETTE VINI Amarone della Valpolicella Docg 1944 M.C. – Linea Appassionante
Colore poco penetrabile alla vista, un rubino-granato piuttosto carico. Naso pieno, ricco, mediamente stratificato in tutte le sue componenti. In bocca risulta un Amarone 2018 equilibrato e tipico, in tutte le sue componenti. Dolcezza del frutto, spezia, floreale fresco regalano buona agilità di beva e prospettiva al nettare.
CÀ LA BIONDA Amarone della Valpolicella Docg Classico Ravazzòl
Colore mediamente carico. Naso piuttosto acerbo nella componente fruttata, che non cela risvolti fenolici. Ciliegia e lampone appena maturi anche al palato e tannino leggermente crudo, ammorbidito però dal legno e dalle note dettate dall’appassimento, tra i punti di forza di questo Amarone 2018. Anche l’alcol non risulta al momento perfettamente integrato. Vino a cui dare tempo e fiducia.
CAMERANI MARIELLA Amarone della Valpolicella Docg Adalia – Ruvaln
Vino biologico. Colore rubino-granato piuttosto penetrabile alla vista. Buona eleganza ed espressivit della componente fruttata e speziata, nonché di quella floreale, piuttosto marcata sulla violetta. In bocca entra fresco, per virare ben presto su un frutto abbondante, perfettamente maturo. Tannini che lavorano piuttosto bene sulla componente glicerica e fruttata, pur essendo al momento piuttosto vivi. Nel quadro complessivo, anche l’alcol andrà ad integrarsi meglio, nei prossimi mesi. Campione che denota una mano precisa, tanto in vigna quanto in cantina. Obbligatorio dar fiducia a questa etichetta.
CANTINA VALPANTENA Amarone della Valpolicella Docg Torre del Falesco
Colore mediamente carico. Naso su note di frutta polposa, a bacca rossa e nera, cosi cosi come sui terziari, piuttosto integrati. Speziatura elegante a ravvivare il quadro. Al palato entra poderoso, su una espressione molto golosa del frutto, ma vira presto su tannini che chiamano bottiglia, vetro, tempo. La prospettiva c’è tutta per un ottimo Amarone 2018, a cavallo tra la nuova stilistica che premia la freschezza e la tradizionale potenza della denominazione.
CANTINE RIONDO Amarone della Valpolicella Docg Casalforte
Colore rubino-granato piuttosto carico. Vino di buona corrispondenza naso-bocca, con entrambe le fasi giocate su un profilo goloso. A riequlinbrare la chiusura generosa, sul frutto e sulle note dettate dall’appassimento, un tannino fitto, piuttosto elegante. Vino semplice, immediato.
CASA SARTORI 1898 Amarone della Valpolicella Docg Classico Reius
Vino non ancora in commercio. Colore rubino-granato mediamente carico. Buona balsamicità e spezia scura sul frutto, pienamente maturo. In bocca sarà presto ancora più elegante, soprattutto perché il tempo riuscirà a combinare meglio il matrimonio tra l’abbondante espressione del frutto e la fresca componente speziata. Tannini piuttosto smussati lavorano, oltre che sulla generosa componente fruttata, anche sulle note morbide e tostate del legno (ricordi di fondo di caffè). Vino di buona prospettiva, che abbina una mano moderna ad un’anima più tradizionale.
GERARDO CESARI Amarone della Valpolicella Docg Classico
Vino che si presenta di un rubino-granato mediamente carico. Naso che cerca finezza ed eleganza, dal frutto alla spezia, dal tannino integrato all’alcolicità equilibrata. Risulta tuttavia più ricco al naso che al palato, nel segno di una caccia alla leggerezza portata forse troppo all’estremo.
CLEMENTI Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Troppo presto per un giudizio complessivo, soprattutto per l’esuberanza tannica.
CORTE FIGARETTO Amarone della Valpolicella Docg Valpantena Brolo del Figaretto
Colore rubino-granato mediamente carico. Bella ciliegia di perfetta maturità al naso, croccate, unita a un lampone e a un ribes ben maturo. Piuttosto potente sotto il profilo alcolico, si ripresenta goloso e incentrato sul frutto al palato. Alla frutta risponde una buona freschezza e un tannino piuttosto fitto, ben lavorato. Vino che ha bisogno di bottiglia, come la gran parte dei campioni, ma che fa già intravedere la scelta stilistica e un’ottima mano in vigna e in cantina.
CORTE FIGARETTO Amarone della Valpolicella Docg Valpantena Gr..l
Altro campione dal colore rubino-granato mediamente carico. Componente alcolica evidente al naso, che sovrasta l’espressione di frutto e spezia. Anche al palato l’alcol fa capolino in maniera netta, ma è unito a una importante componente fruttata e a una tannicità elegante. Al momento, la veste precoce di un Amarone 2018 di grandissimo potenziale futuro.
COSTA ARÈNTE Amarone della Valpolicella Docg Valpantena
Vino non ancora in commercio. Colore mediamente carico. Naso che ha tutto ciò che ci si dovrebbe aspettare da un Amarone, tra frutto, spezia e nota dettata dall’appassimento. Tannini ben lavorati giocano sull’esuberanza glicerica e sull’espressione pienamente matura del frutto, tra la polpa rossa e quella nera. Lungo, ancora una volta su ricordi precisi ed eleganti dell’appassimento. Vino da attendere, che promette decisamente bene.
DOMÌNI VENETI (CANTINA VALPOLICELLA NEGRAR) Amarone della Valpolicella Docg Classico Or’Jago
Vino non ancora in commercio. Colore piuttosto carico. Goloso sin dal naso, tra floreale, frutto maturo (polpa rossa, ciliegia, ma anche nera, mora, ribes nero) spezia ed erbaceo (menta) e terziari che chiamano il vetro, per una più completa integrazione. Perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, ma chiusura anticipata da un tannino relativamente asciutto. Da integrare meglio anche la componente alcolica.
FALEZZE DI LUCA ANSELMI Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Bel rubino-granato piuttosto penetrabile alla vista. Naso sul frutto (ciliegia) e sulle note golose dell’appassimento (uvetta), ben integrate con una speziatura e con ricordi freschi, di mentuccia. In bocca è un vero e proprio cavallo di razza. Tannini eleganti, pronti a riequilibrare una polpa e un succo imponente. Tra i campioni di botte più promettenti di Amarone 2018 ad Opera Prima 2023. 
FATTORI Amarone della Valpolicella Docg Col de la Bastia
Colore rubino-violaceo che ne denota la gioventù. Speziatura fresca in primo piano, unita a una bella componente fruttata, matura. Leggerissimi ricordi di mela rossa tagliata, sulla cilieigia e sul lampone. Quadro che si ripresenta perfettamente al palato. Vino di una certa immediatezza e semplicità, già piuttosto godibile.
FLATIO Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Colore mediamente carico. Per la componente fruttata, più mora che ciliegia-amarena. Spezia e venatura fresca più presente al palato che al naso, per un Amarone 2018 che punta tutto su piacevolezza di beva ed equilibro, nonché su una certa prontezza. Campione da non perdere di vista, per la stilistica piuttosto innovativa.
I TAMASOTTI Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Colore piuttosto carico, alla vista. Vino in chiara fase di affinamento, con legno in gran vista che fa capolino sul frutto maturo, goloso. Ottimo lavoro tra vigna e cantina: altro campione da considerare tra i più promettenti per il futuro, oggi in maturazione in botte.
ACCORDINI IGINO Amarone della Valpolicella Docg Classico Le Bessole
Mediamente carico. Bel frutto goloso sui terziari in fase di integrazione. Perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, per un Amarone 2018 piuttosto semplice da comprendere, senza fronzoli, immediato nel suo esser giocato principalmente sul frutto e sulla piacevolezza conferita dall’appassimento, bilanciata da una buona freschezza nel retro olfattivo. Una versione del Re dei vini della Valpolicella spensierata, ma tutt’altro che banale.
ILATIUM MORINI Amarone della Valpolicella Docg Leòn
Vino non ancora in commercio. Colore piuttosto impenetrabile, tra i più carichi di questa anteprima Amarone 2018. Al naso terziari e frutta matura, con predominanza dei primi sui secondi, al momento. Anche al palato si ripresentano i terziari, più del frutto. Vino da attendere.
LA COLLINA DEI CILIEGI Amarone della Valpolicella Docg
Rubino-granato mediamente carico, penetrabile alla vista. Naso che discosta da gran parte degli altri assaggi per i ricordi di tamarindo sulle classiche note fruttate dell’appassimento e dei primari delle uve. Componente speziata elegante, quasi sussurrata, sul fiore secco, di viola. In bocca rispetta le attese, tra frutto e leggera balsamicità in chiusura. Vino che va nella direzione dell’alleggerimento, con risultati che possono convincere o meno il consumatore.
LAVAGNOLI Amarone della Valpolicella Docg
Granato ben penetrabile, alla vista. Bel frutto goloso, rosso, al naso. In bocca si conferma giocato sul frutto, con i terziari e la spinta alcolica che chiamano un maggiore affinamento in bottiglia. Chiude su leggere note di brace. Vino di sicura prospettiva, nel segno di uno stile contemporaneo, che guarda maggiormente a freschezza e beva, senza nascondere l’espressione del terroir. Vino promettente, pensato e ben eseguito, quello della cantina di Pigozzo (VR).
LE GUAITE DI NOEMI Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Altro colore che spicca per profondità, tra i più impenetrabili di Amarone 2018 ad Opera Prima 2023. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
LUCIANO ARDUINI Amarone della Valpolicella Docg Classico Simison
Vino non ancora in commercio. Colore molto carico, tendente al purpureo. Bella impronta netta dell’appassimento, ben controbilanciata da una balsamicità e da note floreali precise, elegantissime. In bocca il vino si ripresenta incentrato sull’appassimento, raccontando uve, territorio e approccio del produttore. Vino didattico, nel senso più nobile del termine, a cavallo tra la tradizione e il futuro. Un’etichetta capace di coniugare freschezza e polpa in maniera esemplare. Ottime prospettive future per questo Amarone 2018.
MANARA Amarone della Valpolicella Docg Classico Corte Manara
Colore mediamente carico. Naso e bocca raccontano un approccio sincero alla tecnica dell’appassimento e al vigneto, pur in un quadro al momento scomposto. Manca un filo di precisione e pulizia del gesto nell’esecuzione in cantina.
MASSIMAGO Amarone della Valpolicella Docg Conte Gastone
Vino biologico. Bel colore, rubino-granato penetrabile alla vista. Speziatura importante al naso, oltre alla componente fruttata. In bocca risulta elegante, con la freschezza a riequilibrare l’esuberaza del frutto già avvertito al naso. Bella finezza e allungo, su una Pai decisa e preziosa, che racconta tutta la tipicità dell’Amarone. Ottime le prospettive di questo vino.
MASSIMAGO Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Mediamente penetrabile il colore, alla vista. Nette note di appassimento, con l’uvetta in prima linea. Tannini vivi, in fase di integrazione, ben “pensati” per riequilibrare una componente glicerica importante e un frutto davvero ben maturo. Sarà un vino importante ma tutto sommato agile nella beva. Etichetta da monitorare.
MIZZON Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
MONTE CASTELON Amarone della Valpolicella Docg Classico
Bel colore rubino-granato. Floreale e frutto elegante al naso, con la componente speziata che invece risulta più presente al palato. Tannino un po’ asciutto e alcol al momento fuori dal quadro. Chiusura leggermente amaricate. Vino all’inizio del suo percorso, a cui dare bottiglia e tempo per un’auspicabile amalgama delle componenti.
MONTE DEL FRÀ Amarone della Valpolicella Docg Classico Tenuta Lena di Mezzo
Colore mediamente carico. Bella l’espressione del frutto, goloso, tra la polpa rossa e la scura, di bosco. In bocca piuttosto potente, ma equilibrato in tutte le sue componenti. Pregevole la chiusura balsamica, che vira sulla liquirizia. Tannino fitto, che ha bisogno di bottiglia per amalgamarsi completamente al quadro. Vino che rivela una componente sapida non presente in molti altri campioni, ma molto apprezzabile. Vino decisamente promettente.
MONTE ZOVO – FAMIGLIA COTTINI Amarone della Valpolicella Docg
Mediamente carico, il colore, alla vista. Elegantissima espressione della componente speziata, che gioca a riequilibrare con la sua balsamicità e freschezza l’esuberanza del frutto e delle note dettate dall’appassimento. Tannino fitto, in fase di integrazione. Tempo, parola d’ordine.
MONTECI Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Teso, tannino vivo. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
CANTINE GIACOMO MONTRESOR Amarone della Valpolicella Docg Satinato
Colore rosso-granato mediamente penetrabile alla vista. Naso e bocca dominati dal frutto, preciso, succoso. Campione che mostra una buona prontezza di beva, giocata sull’espressone genuina del frutto più che sulla stratificazione. Chiude fresco, leggermente balsamico, ammorbidito da terziari ben amalgamati. Gran piacevolezza, sin dagli esordi di una vita che si preanuncia lunga.
NOVAIA Amarone della Valpolicella Docg Classico Corte Vaona
Vino biologico, campione di botte. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
PASQUA VIGNETI E CANTINE Amarone della Valpolicella Docg Famiglia Pasqua
Vino non ancora in commercio. Bel colore, mediamente carico. Tanta spezia nel corredo, di buona eleganza. Ravviva e conferisce nerbo a un frutto rosso goloso, espresso con grande precisione. In bocca si conferma un’etichetta espressione di quella che abbiamo ridefinito, lo scorso anno, “l’Amarone Revolution“. Al frutto perfettamente maturo, succoso, risponde una freschezza che riequilibra il sorso. Belli i ritorni della componente speziata nel retro olfattivo, per un Amarone 2018 che premia beva e prontezza. Unica pecca, la mancanza di un filo di concentrazione e di quel sentore di “appassimento” che non manca, anche nelle migliori espressioni della nuova generazione dell’Amarone.
ROCCA SVEVA (CANTINA DI SOAVE) Amarone della Valpolicella Docg Riserva
Vino non ancora in commercio. Colore mediamente carico. Vino che presenta una certa concentrazione, che si riflette in una centratura sul frutto e sul bilanciamento dell’equilibrio conferito dalla speziatura. In bocca più “largo” di quanto lasci presagire il naso. Legno che si deve integrare meglio, cosi come la componente alcolica. Vino agli esordi del suo percorso.
ROCCOLO GRASSI Amarone della Valpolicella Docg
Vino non ancora in commercio. Colore impenetrabile alla vista. Campione che dimostra di aver bisogno di tempo per una migliore amalgama delle varie componenti: tutte presenti, ma al momento alla rinfusa sul palco del calice. Obbligatorio dargli fiducia.
SALVATERRA Amarone della Valpolicella Docg Classico Save the land
Vino biologico. Colore mediamente carico alla vista. Naso e bocca su una buona corrispondenza gusto-olfattiva. Carente percezione dell’appassimento e tannino che risulta al momento un po’ ruvido. Componente alcolica leggermente “aggressiva”. Vino stilisticamente giovane, ma con spigoli da arrotondare. Altro vino a cui dare tempo: se lo merita.
SAN CASSIANO Amarone della Valpolicella Docg
Vino non ancora in commercio. Colore impenetrabile. Tanto legno, vaniglia, caramella mou e note lattiche. Vino senza troppi fronzoli, che guarda alla piacevolezza e all’immediatezza di beva, perdendo forse un po’ di vista la tipicità.
SAN RUSTICO Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte che sembra rivelare un’impronta decisa verso il nuovo stile dell’Amarone, ma con un utilizzo del legno un po’ troppo aggressivo. Necessario, anche in questo caso, il tempo.
SANTA SOFIA Amarone della Valpolicella Docg Classico
Rubino-granato mediamente carico, alla vista. Bella prova, sotto ogni profilo: bilanciamento tra freschezza e frutto, con un tannino leggermente asciutto che dovrà integrarsi per dare equilibrio e beva. L’impressione sulla stilistica è quella di un Amarone 2018 da pasto, da beva, da conversazione.
SANTI Amarone della Valpolicella Docg Carlo Santi 1843
Campione di botte. Colore poco penetrabile. Gran potenza alcolica per questo campione, che abbina alla vena glicerica una freschezza riequilibrante e un tannino che chiama la bottiglia e un ulteriore affinamento. Momento non felicissimo, in generale, per un Amarone 2018 che tuttavia sembra avere tutto per poter regalare, nel tempo, un calice tipico, in tutte le sue componenti. Vino da aspettare.
SECONDO MARCO Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
SELÙN DI MARCONI LUIGI Amarone della Valpolicella Docg Classico Fiori del Pastello
Una parola per descriverlo: splendido. Sin dal colore, non troppo carico. Al naso la chiara impronta dell’appassimento, avvolta in una speziatura elegantissima, fresca, che sfiora balsamico ed umami. In bocca perfetta corrispondenza e potenza alcolica riequilibrata dalla spezia fresca, scura, nonché dai ritorni mentolati, balsamici già avvertiti al naso. Il campione più sorprendente di Amarone 2018 ad Opera Prima 2023: una ventata di novità e di freschezza ad Anteprima Amarone 2018, sin da quel nome (“Fiori del Pastello”) che richiama la colorazione dei prati che accolgono i vigneti, tra i 400 e i 500 metri di altitudine, nella frazione Monte del Comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella.
TALESTRI Amarone della Valpolicella Docg Passione
Campione di botte. Naso e palato non giudicabili, per scompostezza del campione di botte.
TENUTA SANTA MARIA DI GAETANO BERTANI Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva
Campione di botte. Tannino vivo che potrebbe disturbare di primo acchito, ma ecco una gran bella polpa e una spezia elegantissima a riequilibrare il quadro complessivo, pur trattandosi di un campione all’inizio della sua vita. Senza dubbio il migliore e più promettente tra tutti i campioni di botte.
TENUTE FALEZZA Amarone della Valpolicella Docg
Mediamente carico il colore, alla vista. Vino al momento scomposto tra le componenti, non giudicabile.
TERRE DI LEONE Amarone della Valpolicella Docg Classico Il Re Pazzo
Campione prelevato da botte che si presenta alla vista di un rubino-granato mediamente penetrabile. Naso ampio, su frutto e sulla spezia, ciliegia e lampone golosi. In bocca molto promettente ed elegante. Bella polpa, succo, spezia e una certa balsamicità che, in chiusura, chiama il sorso successivo. Etichetta da annoverare tra le migliori del tasting, in termini di equilibrio attuale e prospettiva di crescita.
TEZZA – VITICOLTORI IN VALPANTENA Amarone della Valpolicella Docg Valpantena
Campione di botte. Rubino-granato, mediamente penetrabile. Bel mentolato sul frutto succoso, ciliegia e lampone. In sottofondo note di tostatura, dettate dall’affinamento in legno. In bocca golosissimo. Legno che si conferma in fase di integrazione ma ben gestito, con la polpa ben controbilanciata dalla freschezza e dagli accenti balsamici. Bel campione, in prospettiva.
TINAZZI Amarone della Valpolicella Docg Tenute Valleselle – Aureum Acinum
Colore piuttosto carico. Naso incentrato sul frutto, goloso, pienamente maturo, di polpa rossa ma anche scura per i richiami alla pruga e all uvetta dell appassimento. In bocca il nettare entra morbido, sul frutto goloso e di perfetta maturita, per poi lasciare spazio a una riequilibrante freschezza. Vino frutto di un lavoro sapiente, dalla vigna al fruttaio. Buona prospettiva.
TINAZZI Amarone della Valpolicella Docg Ca’ de’ Rocchi – La Bastia
Colore mediamente carico. Vino in divenire, da attendere: sarà goloso e di beva, nel bilanciamento tra modernità e tradizione.
TORRE DI TERZOLAN Amarone della Valpolicella Docg
Vino non ancora in commercio. Mediamente carico, alla vista. Balsamicità da vendere per questo campione, che abbina alla vena mentolata, quasi talcata, un frutto delizioso e una spezia dà nerbo al naso. Si riconferma tale al palato, in tutte le sue componenti. Un Amarone 2018 da presentare all’estero, per raccontare l’evoluzione in atto in Valpolicella: volto nobile, tipico eppure moderno di una denominazione di una denominazione che sta dimostrando di riuscire a rimanere legato alla tradizione, tanto quanto aggrappato ai nuovi canoni del bere vino rosso a livello internazionale.
VALENTINA CUBI Amarone della Valpolicella Docg Classico Morar
Vino biologico, campione di botte. Rubino-granato mediamente penetrabile alla vista. Campione agli esordi che promette già decisamente bene, per la precisa espressione del frutto e la riequilibrante balsamicità, nonché per la piacevolezza delle note dettate dall’appassimento. Tannino fitto ma già piuttosto elegante, pur in fase di integrazione, a riconferma della sicura prospettiva del nettare.
VIGNA ‘800 Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva Virgo Moron
Vino biologico, non ancora in commercio. Mediamente penetrabile. Bel naso giocato su una speziatura elegante, con note di liquirizia dolce che arricchiscono il quadro. Pregevole anche l’espressione del frutto, tra primari e appassimento. Uno dei campioni da annoverare tra i migliori in assoluto di Amarone Opera Prima 2023.
VIGNETI DI ETTORE Amarone della Valpolicella Docg Classico
Colore piuttosto carico. Naso bocca che rispecchiano la cromia, su note di frutto e terziari piuttosto grassi. Tannino vivo, in fase di integrazione. Vino a cui dare tempo.
VILLA SAN CARLO WINE Amarone della Valpolicella Docg
Campione di botte. Colore mediamente carico. Tannini vivi, piuttosto aggressivi, ma a differenza di altri questo campione dimostra di aver stoffa e stile, soprattutto sul fronte della purezza del frutto. Parole d’ordine, ancora una volta: tempo, attesa. Ripagheranno, c’è da scommetterci.
ZENI 1870 Amarone della Valpolicella Docg Classico Vigne Alte
Vino non ancora in commercio. Rubino-granato piuttosto impenetrabile. Colpisce e convince per la purezza assoluta del frutto, polposo, pieno, perfettamente maturo. Non manca il corredo floreale e speziato. Al palato si conferma un Amarone 2018 incentrato sul frutto, splendidamente controbilanciato da freschezza e spezia. Chiude su una leggera di burro salato. Vino non particolarmente stratificato e giocato su una certa abbondanza delle note dettate dall’affinamento in legno, conservando tuttavia un buon gradiente di tipicità.
ZÝMĒ Amarone della Valpolicella Docg Classico
Campione di botte. Vino al momento scomposto tra le componenti, non giudicabile.
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degustati da noi vini#02

Aglianico del Vulture Superiore Docg 2018 “Campo Melograno”, Regio Cantina

L’Aglianico del Vulture Superiore Docg 2018 “Campo Melograno” di Regio Cantina è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Aglianico in purezza, che si presenta in una veste granata, impenetrabile. Naso quasi interamente sul frutto, concentrato e tendente alla confettura (prugna, amarena) con richiami balsamici alla mentuccia, al fiore di viola e a terziari di vaniglia bourbon e polvere di caffè.

In bocca un Aglianico del Vulture che si lascia già bere con agilità, senza disdegnare la tipica espressione da “maratoneta” del tannino, vivo sul succo, con grande eleganza. “Campo Melograno” è un vino di gran prospettiva, pur già godibile, è ulteriormente valorizzabile da abbinamenti culinari di pari struttura (carni rosse, selvaggina, formaggi stagionati).

Guida top 100 – 2023

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degustati da noi vini#02

Franciacorta Docg Dosaggio Zero 2018 “Naturae”, Barone Pizzini

Il Franciacorta Docg Dosaggio Zero 2018Naturae” di Barone Pizzini è uno degli spumanti della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023. Chardonnay (60%) e Pinot nero (40%). Vista esemplare, in linea con le punte di qualità assoluta ormai espresse dalla denominazione, su cui non occorre soffermarsi. Primo naso su frutta polpa gialla e impronta terziaria (mou, caffè, toffee). In bocca gran bella verticalità d’agrume, sorretta da tanta materia. Vino di carattere, che chiama il piatto.

Guida top 100 – 2023

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Benvenuto Brunello 2022: punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021


Gli assaggi di winemag.it a Benvenuto Brunello 2022, con i punteggi a Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021, raccontano le ultime annate di alcuni dei vini icona del Made in Italy enologico. L’anteprima dell’annata 2018 del Brunello mostra vini di buona prontezza, senza rinunciare alla prospettiva. Un’annata giudicata forse troppo frettolosamente come “minore”, che dovrebbe essere in grado di dare buone soddisfazioni dal punto di vista del medio-lungo affinamento, almeno nella maggior parte degli assaggi.

Annate agli antipodi per caratteristiche come la 2017 e la 2018 – calda e secca la prima, piovosa la seconda – rivelano quanto i produttori di Montalcino abbiano ormai raggiunto un livello qualitativo medio superiore a molte altre regioni vinicole italiane (e internazionali). Giustificando, così, il successo e la tenuta sul mercato delle tre denominazioni toscane, anche in periodi di crisi e di congiunture economiche sfavorevoli.

BENVENUTO BRUNELLO: UN EVENTO INSODDISFACENTE

Ciò che invece è da rivedere, da capo da fondo, è il sistema di accreditamento della stampa all’annuale anteprima denominata “Benvenuto Brunello”, organizzata dal Consorzio di Tutela, presieduto da Fabrizio Bindocci e dal direttore Michele Fontana. A testate libere e indipendenti come winemag.it viene (letteralmente) impedito l’accesso, per lasciare il posto a numerosi “personaggi” e ai loro accompagnatori e accompagnatrici – soliti noti, neppure iscritti all’Ordine dei giornalisti, e il riferimento non è ai cosiddetti (spesso autoproclamatosi) “influencer” o ai blogger – che vengono spacciati per “stampa di settore“.

Quanto sono contenti i produttori di Brunello di questa gestione? A giudicare dai commenti giunti presso la nostra redazione, la formula attuale di Benvenuto Brunello è da rivedere per oltre il 90% delle cantine di Montalcino. C’è una bella differenza, del resto, tra un’anteprima riservata alla stampa di settore e una passerella, tra cui figura qualche giornalista in carne ed ossa.

Tornando al focus principale e scusandoci per una divagazione sul tema per noi più che mai necessaria – divagazione che accomuna, ahinoi, Benvenuto Brunello al sistema di accreditamento delle Anteprime Toscane, altro evento al quale non siamo evidentemente graditi – ecco vini e punteggi di winemag.it ai Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021 ricevuti in redazione.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2018: LA DEGUSTAZIONE

 

VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg 2018 Villa I Cipressi 14
Bel granato, naso ampio, caldo, sul frutto rosso croccante e sulle erbe aromatiche, legno molto dosato, elegante speziatura che, con l’ossigenazione, vira sul balsamico. In bocca entra dritto, su note corrispondenti al naso. Tannino piuttosto fitto, in fase di integrazione, come normale. Centro bocca su frutto denso e ritorni di legno, prima di una chiusura asciutta, sapida. Vino che mostra una certa prontezza. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Zebras” 2018 Villa I Cipressi 14
Colore meno intenso del precedente. Naso elegantissimo, su piccoli frutti rossi e netti marcatori floreali (viola su tutti), oltre alla consueta macchia mediterranea. L’ossigenazione lascia spazio a note di cuoio e tabacco, liquirizia. Splendido al palato: la vena salina accoglie in ingresso di bocca e accompagna tutto il sorso. Il tannino è levigato, soffice, elegantissimo e va a braccetto con l’espressione del frutto, succosissimo, pur ancora croccante. 92/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Podere Casisano 14
Granato. Naso prezioso, floreale di viola, leggero accento di caseina sulla leggera speziatura e sulle venature di macchia mediterranea. In bocca premiata la morbidezza e la beva. Chiude asciutto, su ritorni garbati di frutto rosso maturo, stuzzicati da un tannino di buona morbidezza. Componente alcolica in fase di integrazione, respirabile in retro olfattivo.  89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso, alla vista. Naso che si apre sul selvatico, sempre più integrato con l’ossigenazione. Resta tale la balsamicità e la profondità del naso, su tinte speziate scure che fanno da contraltare al frutto, denso, leggermente pastoso. Vino già piuttosto godibile, anche se il suggerimento è di attendere questo nettare, dal chiaro potenziale. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Assunto” 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Naso floreale, fruttato intenso, pienamente maturo: nettissima la ciliegia, croccante, succosa. In bocca si conferma un Brunello incentrato sul frutto, sulla sua pienezza. Il tannino, così come l’esuberanza alcolica, devono ancora integrarsi alla perfezione. Meglio attendere il vino: darà soddisfazioni. 89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Fattoria La Fiorita 15
Granato luminoso. Naso sulla macchia mediterranea, oltre che sul frutto rosso (ciliegia) perfettamente maturo. Nota speziata scura, profonda. Terziari composti, sulla tostatura. In bocca conferma una certa densità, ben controbilanciata dalla vena sapida. Torna sulla ciliegia, così come sull’agrume rosso e sulla spezia per un palato già godibilissimo, che deve assorbire meglio solo l’esuberanza alcolica. Tannino elegante. Vino di sicura prospettiva. 91/100
Brunello di Montalcino Docg “No” 2018 Fattoria La Fiorita 15
Bel granato luminoso. Naso di buona stratificazione. Frutti rossi, floreale di viola, ma anche un ricordo goudron e di tamarindo: note che evidenziano un’inattesa e inaspettata prontezza, evoluzione. In bocca gran bella corrispondenza, con la freschezza che regala una beva sorprendente per la gioventù del nettare. Lungo, sapido, ritorna sul frutto rosso croccante prima della chiusura. Godibilissimo oggi, nel sapiente compromesso tra rusticità e piacevolezza, ma con grande potenziale di affinamento. 93/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel granato luminoso, alla vista. Gran bella eleganza al naso, spezia scura, macchia mediterranea, tocco di zafferano, frutto croccante. Un naso di gran stratificazione, unico nella batteria. Sorso di gran masticabilità, eleganza, prospettiva. Frutto pieno, polposo, sapidità a fare da spina dorsale, controbilanciando le note dolci, dense, di liquirizia. Tannino soffice, che accompagna il sorso dal centro bocca alla chiusura, asciutta. Beva agilissima, nonostante il vino mostri un potenziale inesauribile. In definitiva, una grandissima prova. 95/100
Brunello di Montalcino Docg “La Pieve” 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel naso ampio, di buona stratificazione. Alle note fruttate di ciliegia, arancia rossa, lampone, risponde una bella speziatura. In bocca è teso, elegante, senza rinunciare alla pienezza. Allunga sulla sapidità e gioca su un tannino elegantissimo per garantire, ancora una volta, una beva di prontezza eccezionale. Persistenza da campione. Vino, al contempo, dal grandissimo potenziale di lungo affinamento. Altra prova esemplare.  96/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Ridolfi 14
Granato luminoso. Naso di grande eleganza, sul floreale e sul frutto croccante. Terziari presenti, ma composti. Ancor più marcata la spezia e la vena balsamica, fresca, mentolata. In bocca conferma la grandissima eleganza. In bocca ciliegia, terziari composti. Tannini distesi. Chiusura su frutto pieno e leggera esuberanza alcolica. Vino già molto godibile, ma il consiglio è quello di aspettarlo. 91/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Patrizia Cencioni 14
Granato luminoso. Tanta spezia al naso, ad accompagnare un frutto pienamente maturo. Terziari ben integrati (burro salato, crema). Tannini piuttosto levigati fanno il paio con un’ottima corrispondenza del frutto. Retro olfattivo sul bel gioco tra primari e terziari, col risultato di esaltare la beva. Vino già godibilissimo. 90/100
Brunello di Montalcino Docg “Ofelia” 2018 Patrizia Cencioni 14,5
Granato luminoso. Frutto e macchia mediterranea al naso, premiata così la speziatura, elegantissima. Elegantissimo al palato, giocato in prospettiva pur mostrando già una gran bella beva, con la polpa in grado di riequilibrare in maniera magistrale il tannino, ancora ruggente. Vino che, più di altri, evidenzia la maestria in vigna e in cantina di Patrizia Cencioni. 94/100
BRUNELLO DI MONTALCINO RISERVA 2017: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg Riserva 2017 Ridolfi 14,5
Granato pieno, luminoso. Naso sul frutto, pienamente maturo, succoso. Floreale intenso, di viola. Bella speziatura, elegantissima. Terziari dosatissimi, perfettamente integrati. Al palato una perfetta corrispondenza. Vino di grandissima beva, godibilissima, con ampie prospettive di evoluzione. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “Colombaiolo” 2017 Podere Casisano 14
Granato. Naso elegante, floreale e fruttato: ciliegia, lampone, arancia rossa. Note tostate. L’ossigenazione apre al cuoio, al tabacco dolce, al fumo dolce di pipa. In bocca una perfetta corrispondenza, per una Riserva di Brunello di grande immediatezza e, al contempo, prospettiva. Bel finale asciutto, ottima persistenza. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “123” 2017 Patrizia Cencioni 14,5
Granato mediamente carico. Naso che si apre su un’elegantissima speziatura e sulle aromatiche della macchia mediterranea, che non nascondono comunque il frutto. Al palato una straordinaria prontezza: terziari di cioccolato e cuoio giocano sul frutto rosso (ciliegia) ancora croccante. Lunga persistenza, su tinte balsamiche. 94/100
ROSSO DI MONTALCINO DOCG 2020 E 2021: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Rosso di Montalcino Docg 2020 Fattoria La Fiorita 14
Granato luminoso. Balsamicità e fiore, oltre al frutto e ai richiami alle erbe della macchia mediterranea. In bocca croccante, teso, fresco, lineare. Bel Rosso di Montalcino, tipico e godibile, morbido e gastronomico, con leggera esuberanza alcolica sul resto delle componenti. 89/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Speziatura regina all’olfatto, a disegnare un naso profondo, fresco, molto balsamico, quasi denso anche nella componente fruttata. In bocca ben si abbinano la “leggerezza” e la “leggiadria” del frutto, piuttosto concentrato, e i ritorni freschi, mentolati e balsamici anticipati dal naso. Vino piuttosto grasso, pieno, che chiama il piatto e rivela una costruzione enologica che guarda ai mercati internazionali. 88/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Ridolfi 14,5
Color rubino. Naso che abbina profondità di spezia e frutto rosso, unitamente ad eleganti note tostate dolci: ciliegia, fragolina di bosco, lampone, ancora croccanti. In bocca corrispondenza perfetta. Lungo, teso, fresco, leggermente sapido in chiusura: chiama il sorso successivo. Utilizzo del legno magistrale, sottolineato da un retro olfattivo golosissimo. 92/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 Podere Casisano 13,5
Rubino. Naso elegante, pieno: frutto maturo, non solo rosso ma anche scuro. Speziatura equilibrata, fresca. In bocca esuberanza alcolica e frutto pienamente maturo disegnano i contorni di un vino incentrato sulla godibilità e sull’immediatezza, pur al cospetto di un tannino e di una componente alcolica futuribile. 90/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 La Gerla di Sergio Rossi 14
Granato pieno. Ancora una volta il naso è nel segno della pienezza e della gradevolezza, come in tutti i vini di La Gerla. Lampone, ciliegia. Corrispondenza perfetta naso bocca, croccante, balsamico, speziato, fruttato. Lunghezza da campione per un vino di gran carattere e con potenziale di evoluzione. 93/100

 

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Vini al supermercato

Barolo Docg 2018 “CaDorá”, Ca.Vi.M. Ovada (Morando) per Penny

(3,5 / 5) Il Barolo Docg 2018 “CaDorá”, prodotto e imbottigliato da Ca.Vi.M. Ovada (Cantina Viticoltori Morando) per il discounter Penny Market è reperibile in promozione a un prezzo distante dalla media di gran parte dei vini della Denominazione di origine controllata e garantita piemontese. In promozione può costare 10,99 euro. Ma a scaffale, l’etichetta è stata rinvenuta anche a 9,99 euro, 11,99 euro e 13,99 euro.

Nel calice, il Barolo Docg 2018 “CaDorá” di Morando per Penny Market si presenta del tipico colore granato del Nebbiolo, uva con cui è possibile produrre il re dei vini del Piemonte. Al naso la componente floreale, tra la violetta e la rosa, è intensa. Tutt’attorno un corredo di spezie, dalla cannella alla curcuma, passando per la vaniglia e la noce moscata.

Non manca il frutto, che richiama la ciliegia sotto spirito e i piccoli frutti rossi di bosco. L’ossigenazione lascia spazio anche alla liquirizia. L’ingresso di bocca del Barolo Docg 2018 “CaDorá” è piuttosto austero, su una vena alcolico-glicerica su cui lavora piuttosto bene il tannino, almeno in una fase iniziale. Il centro del sorso, caratterizzato da un’acidità viva, lascia spazio a un’espressione piuttosto apprezzabile del frutto, con ritorni di ciliegia appena matura e ribes.

GLI ABBINAMENTI E IL TAPPO SCELTO DA MORANDO PER IL BAROLO CADORÁ

In chiusura il tannino si rivela però asciutto e la leggera venatura salina sbilancia leggermente il quadro sulle durezze. L’abbinamento consigliato è con le portate che comunemente accompagnano il Barolo. Ovvero piatti di carne, in particolare di cacciagione, ma anche primi e secondi con funghi o “spolverate” di tartufo. Bene anche l’abbinamento con i formaggi stagionati.

In termini di potenziale di affinamento, la scelta di Morando per il Barolo “CaDorá”  prodotto per Penny Market è ricaduta su un tappo Nomacorc Select Green 300 – Vinventions. Si tratta di una soluzione consigliata dalla casa madre per i vini da lungo affinamento, ottenuta da materie prime sostenibili e rinnovabili derivate dalla canna da zucchero (tecnologia PlantCorc™).

Un tappo “sostenibile”, riciclabile e dal design simile al classico tappo di sughero, con venature che riproducono la superficie “originale” della quercia da sughero. Il Select Green 300 è particolarmente apprezzato dai produttori italiani per i vini bianchi che debbano mantenere il loro carattere fresco e “croccante”. Ma è utilizzato, come nel caso del Barolo “CaDorá” di Morando, anche per i vini rossi.

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degustati da noi vini#02

Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2018 Il Giubellino, Bagnoli

Un Bonarda tra i migliori vini d’Italia. Ebbene sì, se si tratta del Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2018 Il Giubellino di Bagnoli. La cantina di San Damiano al Colle (PV), fuori dalle rotte della politica e delle chiacchiere che imbrigliano la zona, sfodera l’ennesima annata di grande valore per un’etichetta che è ormai una bandiera dell’azienda.

Un rosso fermo, diverso dal frizzante cui è abituato il mercato, capace di piazzarsi nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di winemag.it (già iniziate le degustazioni della Guida 2023, di prossima pubblicazione).

BONARDA IL GIUBELLINO BAGNOLI: LA DEGUSTAZIONE

Il Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2018 Il Giubellino di Bagnoli si presenta alla vista di un rosso rubino, poco penetrabile. Al naso è ricco, pieno, stratificato come pochi Bonarda: mora matura, spezia dolce, liquirizia, un tocco di pepe nero e di cannella. In bocca, come da attese e per volontà stessa della cantina, è altrettanto «spesso», intenso, con ampie note speziate.

Toni fruttati e tannini risultano armonicamente equilibrati, in un sorso che fa della morbidezza e della freschezza il suo punto forte. “Il Giubellino”, per caratteristiche, si presta ad abbinamenti piuttosto importanti, che spaziano dai tradizionali piatti della gastronomia pavese alle ricette internazionali a base di carne.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Prima dell’Alta Langa 2022, migliori assaggi: il Metodo classico piemontese è al giro di boa

L’Alta Langa si conferma il vero fenomeno della spumantistica italiana Metodo classico degli ultimi anni. Diverse aziende piemontesi (e non solo) stanno investendo nell’acquisto di vigneti di Pinot Nero e Chardonnay, per ampliare la gamma e offrire al mercato una bollicina tipica e raffinata, che inizia a stuzzicare la curiosità dei buyer, anche all’estero. È quanto emerge dalla Prima dell’Alta Langa 2022, occasione unica per degustare 115 cuvée di 46 soci del Consorzio di Tutela che ha sede ad Asti. E tastare il polso alla Docg.

Nove ore non-stop, lunedì 6 giugno, dedicate a operatori professionali, buyer, enotecari, ristoratori, distributori, barman e stampa di settore, al Museo di Italdesign di Moncalieri, in provincia di Torino.

L’annata in anteprima nel 2022 è la 2018. Ma, in degustazione, i produttori hanno portato anche spumanti Alta Langa di oltre 10 anni. Tutti in gran forma. Il vero trend della Prima dell’Alta Langa 2022 è tuttavia il livellamento della denominazione verso “spumanti d’entrata” di qualità media indiscutibile, posizionati su fasce prezzo di tutto riguardo, rispetto alla piramide degli altri sparkling italiani.

Se è vero che all’interno del Consorzio astigiano sono parecchie le cantine che investono nei lunghi affinamenti sui lieviti, il millesimo 2018 può essere considerato quello della presa di coscienza dei produttori piemontesi della massa critica ormai non più trascurabile, assunta dall’Alta Langa.

Numeri alla mano (3 milioni di bottiglie prodotte nel 2021, su 377 ettari dislocati nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria), l’Alta Langa è ormai in grado di rosicchiare quote di mercato alle bollicine leader nazionali indiscusse, Franciacorta e Trento Doc.

Tra i calici degustati alla Prima dell’Alta Langa 2022, pare tra l’altro in aumento l’utilizzo dello Chardonnay. Un fenomeno nel fenomeno. Il vitigno, che continua comunque ad occupare un solo terzo del vigneto complessivo dell’Alta Langa, consente di produrre spumanti più “pronti”, in cuvée con i corpulenti e muscolari Pinot Nero di collina ed alta collina. Il tutto senza perdere di vista la qualità, imposta dal rigoroso disciplinare di produzione.

IL CASO: CANTINA CLAVESANA “CONVERTE” IL DOLCETTO IN ALTA LANGA

Una denominazione, l’Alta Langa, che cresce anche grazie all’interesse di diversi “big”. È il caso di Cantina Clavesana, cooperativa cuneese in cui è in corso una vera e propria rivoluzione. «Abbiamo 200 soci e 300 ettari di vigneti – spiega a winemag.it il direttore Damiano Sicca – e il Dolcetto è il vitigno che più ci ha rappresentato, negli anni. Di recente, abbiamo scelto l’Alta Langa come prodotto distintivo».

Stiamo assistendo a una riclassificazione del nostro parco vigneti che ha portato a una crescita da 5 a 50 mila bottiglie, dal 2015 ad oggi. Nel 2011 avevamo 480 ettari di Dolcetto. Oggi siamo a 380.

Nello stesso anno, oltre il 90% del vigneto di Cantina Clavesana era piantato a Dolcetto, mentre oggi è al 75%. La differenza è a metà rappresentata dal Langhe Nebbiolo e dall’Alta Langa».

Una risposta, per di più, al cambiamento climatico. «Le riconversioni – spiega ancora Damiano Sicca – sono avvenute in zone che godono di una certa vocazionalità, ovvero dai 450 ai 600 metri. L’obiettivo, se il Consorzio aprirà ad ipotesi di incremento della produzione e degli ettari vitati, è di passare dalle attuali 50 alle alle 100 mila bottiglie nel giro dei prossimi 5 anni».

«Il tutto – conclude Sicca – si traduce in un maggior reddito per i soci di Cantina Clavesana. Il Dolcetto è pagato 1 euro al Kg, mentre le uve da Alta Langa 1,30 / 1,40 euro. Meglio ancora il Nebbiolo, che si assesta attorno ai 1,50, più o meno come il Barbera. Per le uve da Barolo si sale a 3,50 / 4 euro al Kg».

Non sta a guardare, sempre in provincia di Cuneo, l’altra cooperativa Terre del Barolo. È di quest’anno l’uscita sul mercato di due Alta Langa della linea VinumVitaEst, per un totale di 25 mila bottiglie tra il Blanc de Blancs Brut (Chardonnay in purezza, 30 mesi di affinamento sui lieviti) e il (quasi) “Blanc de Noir” Extra Brut (Pinot Nero da un ettaro di vigneto a Diano d’Alba, con un 15% di Chardonnay).

«Pensiamo che la Langa oggi abbia bisogno di tutelare il patrimonio di biodiversità – commenta per la cantina Gabriele Oderda – . Questa biodiversità, oggi, si ritrova nelle varietà tradizionali e nella ricerca del miglior territorio possibile sulla base della varietà.

Il Nebbiolo la fa da padrona ma ha anch’esso territori d’elezione. Altre zone di Langa possono essere messe a frutto con progetti diversi, come quello dell’Alta Langa: un’esplorazione che si spinge ad altezze di 400, 500 metri, con Pinot Nero e Chardonnay».

CRESCITA E STILE DEL’ALTA LANGA: IL PUNTO CON PECCHENINO

Gli interrogativi sul futuro della denominazione interessano anche cantine che si cimentano ormai da anni con l’Alta Langa. È il caso di Pecchenino. La cantina di Dogliani (CN) vive un momento cruciale della propria storia aziendale, con l’ingresso delle nuove generazioni, tutte “quote rosa”.

«Il nostro progetto nell’Alta Langa parte nel 2010 – rivela a winemag.it Lisa Pecchenino – con l’acquisto di alcuni ettari a Bossolasco. La prima annata Alta Langa risale al 2014, con l’iscrizione dei vigneti alla Docg. Amiamo da sempre la personalità che può esprimere questo spumante, ma ultimamente stiamo ragionando sulla cifra stilistica aziendale, pensando di sostituire legni piccoli con il legno grande per il Pinot Nero, per i vini base. Il territorio in cui viviamo ci permette di sperimentare su tutte le denominazioni, anche nella spumantistica».

Dalle 8 mila bottiglie del 2014, col millesimo 2018 Pecchenino raggiungerà quota 18 mila. «La tendenza del Consorzio è quella di chiudere ai nuovi impianti – chiosa ancora Lisa Pecchenino -. Se questo serve a tutela della qualità, sono d’accordo. Penso però che, a fronte di una denominazione in forte crescita, sia anche giusto avere le bottiglie per rispondere alla crescente richiesta».

A crescere sono anche piccole realtà come l’Azienda Agricola Terrabianca di Mango (CN), che firma uno degli Alta Langa con la più interessante espressione “di terroir”, a 600 metri di altitudine. «Siamo partiti nel 2016 – commenta a winemag.it Andrea Alpiste – raggiugendo con il millesimo 2018 le 3 mila bottiglie. Con il tiraggio 2021 arriveremo a 10 mila». Solo Chardonnay all’esordio di Terrabianca, oggi affiancato dal Pinot Nero.

CERRUTI: «L’ALTA LANGA? UN FENOMENO»

Esordio nell’Alta Langa con il millesimo 2018 anche per la Mascarello Michele e Figli. Raggiunta quota 10 mila bottiglie, la cantina di di La Morra punta dritta verso le 15 mila. Con un obiettivo ben preciso: «Offrire spumanti che si devono bere facilmente, nello stile dei nostri Barolo», riferisce a winemag.it Fabio Mascarello.

A contribuire alla crescita e all’affermazione dell’Alta Langa c’è anche Daffara&Grasso di Calosso (AT). «Siamo partiti con 7, 8 mila bottiglie – commenta Walter Daffara – continuando a vedere le basi ad altri produttori. Per noi, il core business era e resta il Moscato, con oltre 100 mila bottiglie. Ma ci siamo lasciati affascinare da questo Metodo classico, al punto da decidere di produrre anche una Riserva, millesimo 2014, 80 mesi sui lieviti, che sarà sul mercato a partire da quest’estate».

Esponenziale il salto anche in casa di uno dei vignaioli Fivi dell’Alta Langa, Cascina Cerutti. «Siamo partiti con 2, 3 mila bottiglie – sottolinea a winemag.it Gianmario Cerutti – e oggi abbiamo raggiunto le 6 mila. Dal prossimo anno arriveremo a 10 mila. L’Alta Langa è in una fase dinamica di crescita e la politica è quella giusta: crescere piano, con moderazione».

La cosa bella è siamo molte aziende, con clientela che attende i nostri spumanti. È un fenomeno, frutto di una bella alchimia tra il territorio, che lo richiede, e il mercato lo apprezza.

Siamo in una fase magica che non avremmo mai potuto preventivare, neppure a fronte di un piano marketing ben studiato! Basta dire “Alta Langa” che la gente lo prova. E poi lo ricompra, convinto dalla qualità».

I MIGLIORI ALTA LANGA ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA 2022

Millesimo 2018

  • ViteColte – Brut “Cinquecento”
  • Tenuta Carretta – Pas Dosé “Airali”
  • Azienda agricola Terrabianca – Extra Brut
  • Mauro Sebaste – Dosaggio Zero
  • Cantine Amerio – Pas Dosé
  • Pianbello – Rosé Brut
  • Pecchenino – Pas Dosé “Psea”
  • Matteo Giribaldi – Extra Brut
  • Roberto Garbarino – Rosé Dosaggio Zero
  • La Fusina – Extra Brut (miglior sboccatura recente – 2022)
  • Avezza – Dosaggio Zero e Riserva 72 mesi
  • Deltetto – Brut
  • Enrico Serafino – Extra Brut Parcellaire
  • Calissano – Pas Dosé
  • Rizzi – Pas Dosé
  • Banfi – Cuvée Aurora Rosé Extra Brut
Millesimi precedenti
  • Tosti – Extra Brut 2012 “Riserva Giulio I”
  • Matteo Giribaldi – Pas Dosé 2016, 2015, 2013 (magnum)
  • Ettore Germano – Extra Brut 2016
  • Fontanafredda – Rosé Brut Riserva 60 mesi “Contessa Rosa”
  • Fontanafredda – Blanc de Noirs Pas Dosé Brut Nature 72 mesi “Vigna Gatinera”
  • Coppo – Riserva 2016 Extra Brut
  • Enrico Serafino – Brut 2017
  • Enrico Serafino – Riserva 2009
  • Enrico Serafino – Zero 2014 (Best in show – Prima dell’Alta Langa 2022)
  • Cocchi – Brut 2016 “Totocorde”
  • Cocchi – Brut 2016 Bianc’d Bianc
  • Cocchi – Blanc de Noirs 2015 Pas Dosé
  • Brandini – Brut Rosé 2016
  • Banfi – Cuvée Aurora 2011 Pas Dosé
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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Il Rosso di Montefalco 2019 è la vera sorpresa di Anteprima Sagrantino 2022

Se in Italia c’è una Denominazione che si sta interrogando su se stessa, tentando di proiettarsi sui mercati nazionali e internazionali con rinnovato entusiasmo e stile, quella è il Sagrantino di Montefalco. Il potente rosso umbro fa passi da gigante in termini di appeal, grazie al poliedrico vignaiolo alieno scelto di recente come presidente del Consorzio.

Il riferimento è a quel Giampaolo Tabarrini che può permettersi di presentare l’annata in ciabatte (infradito, per l’esattezza) ma soprattutto in inglese (finalmente!), lasciando ad altri il compito di «sopravvalutare» l’annata 2018 con “4 stelle”. Il tutto, di fronte a un pubblico di esperti italiani e stranieri mai così folto.

Nel calice, il Sagrantino 2018 in degustazione all’Anteprima 2022 (24-27 maggio) sembra, di fatto, cedere qualche passo al meno celebre Rosso di Montefalco. Un vino da (ri)scoprire e (ri)valutare, slegato dalla locale Docg che continua comunque a convincere con Tabarrini – Colle alle Macchie e Colle Grimaldesco sempre al top – Bocale, Pardi e Antonelli San Marco, ancor più che con Lungarotti, Colle Ciocco e Perticaia.

I Rosso di Montefalco sembrano aver trovato, negli ultimi due anni, una quadratura media mai così centrata nel ventaglio generale, nonostante il variegato e difforme utilizzo di varietà internazionali (principalmente le bordolesi, dal 15 al 30% dell’uvaggio) unite a Sangiovese (tra il 60 e l’80%) e al Sagrantino (dal 10 al 25%).

ROSSO DI MONTEFALCO SUGLI SCUDI AD ANTEPRIMA SAGRANTINO 2022

Il programma delle Anteprime umbre della scorsa settimana dimostra comunque che l’espressione dei Cabernet, del Merlot e del Sangiovese ha una marcia in più a Montefalco rispetto ad altre zone dell’Umbria (vedi l’areale del Trasimeno, in grande sofferenza e carenza d’identità su Igt e Rosso Doc, alla prova del calice).

Ed è proprio da questa consapevolezza che i produttori montefalchesi intendono ripartire. Dando al “Rosso” un’identità sempre più precisa. Tra i Montefalco Rosso Doc 2019 in degustazione ad Anteprima Sagrantino 2022 brillano quelli di Bocale (ancora lui), Moretti Omero e Tenuta Bellafonte (“Pomontino”), oltre ad Antonelli San Marco (rieccolo), Arnaldo Caprai e Briziarelli.

La denominazione, per base vitigno e approccio dei produttori, ha tutte le carte in regola per guadagnarsi spazi maggiori sul mercato. Sia in termini di vino di “pronta beva”, sia da medio o medio-lungo affinamento.

Lo ha dimostrato, in occasione di Anteprima Sagrantino 2022, il vendemmia 2016 di Pardi. Non è un caso se, tra i “Rossi” in degustazione, abbiano convinto – più di altri 2019 – anche i 2018 di Luca di Tomaso, Fattoria Colsanto e Montioni, oltre al Boccatone 2017 di Tabarrini.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Il presidente in ciabatte e il vino in camicia

EDITORIALE – Fosse suo, il Sagrantino di Montefalco 2018 cotto, marmellatoso e ossidato che ha popolato in lungo e in largo i tasting in sala consiliare, saremmo tutti autorizzati a gridare allo scandalo. Ovvero al tentativo di far prevalere l’immagine sulla sostanza, nel solco triste e beffardo del marketing distorto dei tempi moderni.

Invece, il presidente in ciabatte Giampaolo Tabarrini, con la sua scelta di presentarsi alla stampa e al pubblico riunito ad Anteprima Montefalco 2022 uguale a se stesso, nonostante l’investitura pesante, da successore del (lui sì) presidente in camicia Filippo Antonelli, non fa altro che stressare, ancor più, il concetto di un’annata andata pressoché storta: la 2018 del Sagrantino.

Una di quelle vendemmie giudicate “così, così” dagli (onesti) produttori locali, che hanno dovuto fare “i conti” – sorpresi ma non troppo, voglio credere – con le (ben) “Quattro stelle” assegnate (invece) dall’annuale commissione di esperti chiamati a giudicare, prima della stampa di settore, nelle segrete stanze del perbenismo enologico italico, l’ultima annata del portentoso rosso umbro.

Fatto sta che Giampaolo Tabarrini che si presenta in ciabatte da mare alla presentazione ufficiale del Sagrantino di Montefalco 2018, tra politici locali di professione (loro sì, c’era pure il presidente della Regione Umbria) e ministri del vino del Bel paese, ha brillato più del Sagrantino di Montefalco stesso, durante i tasting in sala consiliare (25 e 26 maggio).

Quel che resta davvero della vendemmia 2018, di fatto, è un Tabarrini sempre più alieno a casa propria. Un presidente che interpreta e comunica il Sagrantino di Montefalco come nessun altro riesce a fare, attraverso vini che si raccontano molto più che con l’andamento della singola annata. Diventando fenomeno. Volesse Dio, a guardar bene, “regola”.

Se nel 2021, ad Anteprima Sagrantino 2017, le etichette di Tabarrini avevano segnato lo stacco tra l’orizzonte e il presente di Montefalco, ad Anteprima 2022, col Sagrantino 2018, il neo eletto presidente pare aver allargato il gap con molti dei conterranei. Segnando una linea di demarcazione ancora più netta.

Non che questo, immaginiamo, possa fare a lui (o a chiunque) davvero piacere. Soprattutto se a rimetterci, con l’annata 2018 del Sagrantino di Montefalco, sono produttori come Romanelli. Fino a ieri sulle orme del presidente in ciabatte; oggi vittime illustri, vien da dire, di un’annata davvero complicata per il vino rosso simbolo dell’Umbria.

In un quadro di generale delusione, alla faccia delle “Quattro stelle” che, per ammissione pubblica dello stesso Giampaolo Tabarrini, non sembrano convincere o, meglio, “consolare” neppure i diretti interessati (ovvero i locali produttori), qualcuno brilla ancora e qualcun altro sembra aver imbroccato una promettente via.

Chi si conferma, tra le voci fuori dal coro delle ossidazioni e delle “marmellate” del Sagrantino di Montefalco 2018, è certamente Bocale. Vini da assaggiare (tutti) i suoi: dal Rosso di Montefalco al Sagrantino, senza dimenticare l’ottimo Trebbiano Spoletino.

Consola, come la tela di Pelenope, la prestazione del giovane Pardi. Uno che è riuscito a mettere in campo, in quest’annata, tutto l’amore per la tensione acida e la freschezza inculcata negli anni di studi dalle parti di Conegliano. Insomma, non è tutto da buttare in quest’annata di Sagrantino di Montefalco confusa e sbattuta. Quella in cui certe ciabatte saranno ricordate più eleganti di certe camicie.

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degustati da noi vini#02

Venezia Giulia Igp Bianco 2018 1090M Nord Ovest, Sassocorno

Brilla una nuova stella nella parte nord orientale del cielo del vino italiano. È il Venezia Giulia Igp Bianco 2018 1090M Nord Ovest della cantina Sassocorno. Circa 6 gli ettari di proprietà di questa nuova realtà di Corno di Rosazzo (Udine), fondata nel 2017 come La Badie Società semplice agricola.

L’anima del progetto è variopinta. Stefano Poser, 39 anni, medico dello sport e winemaker autodidatta (già alla dodicesima vendemmia, la quarta a Sassocorno), è affiancato dalla moglie Francesca Ius, 39 anni, imprenditrice agricola.

C’è poi Diego Tomasella, 49 anni, ingegnere meccanico e «agronomo autodidatta», assieme alla moglie Loretta Silvestrini, 46 anni, assistente sociale e addetta alla comunicazione dell’azienda agricola. «Sì, siamo una realtà piuttosto originale», commenta a winemag.it Stefano Poser, nel mettere assieme i pezzi di un puzzle che convince, dentro e fuori dal calice.

SASSOCORNO – LA BADIE: VECCHIE VIGNE E BIODIVERSITÀ

Il focus della nuova cantina di Corno di Rosazzo sono le vigne vecchie di collina, che occupano la metà della superficie vitata, all’ombra dell’Abbazia di Rosazzo. Monumenti naturali di età compresa tra i 50 e i 100 anni, circondati da boschi e stuzzicati dal ronzio delle api, parte integrante del “disegno biodiverso” della cantina Sassocorno.

Tra le varietà di vite, la parte del leone è quella del Friulano e del Merlot. «I nonni piantavano questo», ricorda Stefano Poser. Ci sono poi piante di Malvasia, Refosco e Schioppettino, autoctoni del Friuli Venezia Giulia. «Queste ultime – continua il winemaker – stanno entrando in produzione con molta gradualità e prudenza».

A breve andranno in bottiglia Malvasia 2020, Refosco 2020, Friulano 2019 in due distinti cru. Così come Rosso 2019 e Merlot 2018. Nel frattempo, tra i due vini già disponibili sul mercato, il Venezia Giulia Igp Bianco 2018 1090M Nord Ovest mostra tutte le potenzialità di Sassocorno.

Ancora qualche pennellata – soprattutto in termini di pulizia ed equilibrio – e il Venezia Giulia Igp Rosso Cuar 2018 120M Ovest saprà fare da contraltare a un bianco di grandissima caratura. La via di questa nuova cantina di Corno di Rosazzo, già brilla d’un futuro luminoso.

VENEZIA GIULIA IGP BIANCO 2018 1090M NORD OVEST: LA DEGUSTAZIONE

Alla vista, la prima etichetta messa in commercio da Sassocorno appare di un giallo pieno, con sfumature orange. Questa la veste con cui si presentano all’altare del calice Friulano e Ribolla gialla (netta predominanza del primo, nell’uvaggio). Varietà fermentate spontaneamente e affinate per 2 anni, prima dell’imbottigliamento.

Oltre a catturare lo sguardo, il vino stuzzica sin da subito il naso con una nota che riporta dritta al Collio e alla sua Ponca (il noto flysch di Cormons), capace di fare di ribattere colpo su colpo alla generosità della frutta esotica matura.

Ecco dunque richiami botritici all’albicocca e alla pesca sotto sciroppo, così come note che richiamano toffee e vaniglia bourbon, a conferire complessità e materia a un quadro che si arricchisce delle caratteristiche “essenziali” del terroir locale. Un disegno armonico, stratificato e conturbante, che rende merito a Stefano Poser e al savoir fair ormai collaudato nell’utilizzo millimetrico di legno e ossigeno.

In bocca, il Venezia Giulia Igp Bianco 2018 1090M Nord Ovest entra morbido, su una corrispondenza gusto olfattiva in cui le sole note minerali e fumé lasciano spazio allo zenzero candito. Poi il nettare si tende come un arco su una freschezza d’agrume, che ricorda in maniera marcata il cedro.

Quando il sorso vira sul tannino sembra destinato a spegnersi a breve, come una candela che s’arrende al buio, sfidata dal vento. Ma poi si riaccende e regala una chiusura piena, sul frutto maturo a polpa gialla (riecco le note da “muffa nobile”) e su una sapidità intensa (riecco la Ponca). Chiusura di sipario assoluta su ricordi d’un fresco bergamotto.

Uno di quei vini, in definitiva, che denota la gran mano del vignaiolo, unità alla gioventù del nettare. Un orange completo, in cui le componenti ossidative esaltano il vitigno, anzi ancor più il terroir, al posto di sotterrarlo sotto quella coltre d’omologazione che, troppo spesso, attanaglia la tipologia dei macerati.

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Vini al supermercato

Cannonau di Sardegna Doc 2018 Sanremy, Ferruccio Deiana

(4,5 / 5)

Il Cannonau di Sardegna Doc 2018 Sanremy della cantina Ferruccio Deiana si presenta di un bel rubino luminoso. Al naso la mora di rovo, richiami di fiori come la rosa e la viola, fieno, spezia nera accennata.
In bocca il Cannonau Sanremy è teso e sapido, ma con ritorni riequilibranti della frutta già avvertita al palato. Vino di gran beva. Chiusura asciutta, su ricordi di carruba e un ritorno di tannino elegante.
Prezzo: 6 euro
Acquistabile presso: Carrefour, Nonna Isa, Superemme
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Lodali rinnova le etichette e rilancia su Barbaresco e Barolo (con la sorpresa Chardonnay)

Nuove etichette per i vini di Lodali. La cantina di Treiso rilancia su Barbaresco, Barolo e sul resto della gamma, con un investimento sull’immagine. Un compito affidato all’agenzia Sga Wine Design di Bergamo, leader nel settore delle wine labels di qualità.

Walter Lodali ritiene i nuovi “vestiti” uno strumento necessario per dare ancora più importanza ai numerosi investimenti compiuti negli ultimi anni. Non ultima, l’entrata in produzione e l’acquisto di nuove particelle e cru delle due pregiate denominazioni delle Langhe. Una zona in cui Cantina Lodali gioca un ruolo da protagonista, dal 1939.

Al centro del restyling – e non poteva che essere così per una famiglia che nel 2019 ha festeggiato gli 80 anni di attività – c’è l’elemento affettivo. La scritta “Lorens“, in onore al defunto padre di Walter Lodali, marito della splendida donna del vino Maria Margherita Ghione, diventa ancor più il cuore battente dei vini top di gamma.

Lo studio a cui abbiamo affidato il lavoro sulle nuove etichette, durato circa un anno – spiega il padron della cantina di Treiso – ha ricavato la grafia di “Lorens” da un tema scolastico di mio padre, datato 2 settembre 1950. L’obiettivo, oltre a richiamare la sua importante figura, era quello di dare ai nostri vini un vestito che comunicasse la nostra vera identità. La nostra storia».

Dal punto di vista cromatico, lo sfondo avorio sostituisce quello bronzeo, conferendo maggiore eleganza. E richiamando, con una sorta di “greca”, un motivo degli anni 50, presente sui vini prodotti dal fondatore dell’azienda, Giovanni Lodali.

Sul resto della gamma spiccano invece le iniziali di Walter Lodali, “WL“, incrociate. Una scelta con cui l’attuale patron corona il percorso di totale dedizione alla cantina di famiglia, salvata da mamma Maria Margherita alla scomparsa prematura e improvvisa del marito, nel 1982.

IL VINO DA NON PERDERE: BARBARESCO DOCG 2018 LORENS

La nuova etichetta rende ancora più onore al Barbaresco Docg 2018 Lorens, uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Riassaggiato dopo le sessioni alla cieca della scorsa estate, conferma la prospettata crescita e il ruolo di vino bandiera di Cantina Lodali.

Al suo fianco il Barolo Docg Bricco Ambrogio 2018 che, dal canto suo, esalta il crescendo di Lodali sul re dei vini delle Langhe. Uve perfettamente sane e una lavorazione del tutto rispettosa della materia prima (e dei primari) favoriscono un calice che è goduria assoluta.

Un Barolo che spazia dai frutti rossi di bosco, freschi e croccanti, alle spezie, su una trama tannica elegante che regala una bevibilità assoluta, solleticata da venature sapide. L’ultima sorpresa della cantina di Treiso tinge il calice di bianco. È il Langhe Doc Chardonnay 2020 Lorens, ottenuto da barbatelle reperite in Borgogna.

Un vino che sta ottenendo consensi di mercato unanimi. Tanto da costringere Walter Lodali ad aumentare la produzione – avviata a partire da una singola barrique, nel 2012, quasi per gioco – sino alle 5 mila bottiglie della vendemmia 2021. E ad immettere sul mercato la 2020 prima di quando avrebbe voluto. Di certo, anch’essa, col vestito migliore. “Lorens”, lassù, non potrà che esserne fiero.

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Barbaresco Cn_Centoundici 2018: Orlando Abrigo riscopre il Nebbiolo Rosé

Biotipo Nebbiolo Rosé, dal vigneto Mga Meruzzano di Treiso (350 m s.l.m.), impiantato nel 1995 con esposizione Sud-Ovest . Terreno calcareo-limoso e potatura corta a Guyot (8-9 gemme per ceppo). Densità di impianto di 4.500 piante per ettaro, con resa di 55 quintali (37 ettolitri). Ci sono casi in cui la carta d’identità del vigneto racconta il vino, ancor prima dell’etichetta e della bottiglia. Uno di questi è il Barbaresco Docg Cn_Centoundici di Orlando Abrigo.

Si tratta infatti di uno dei pochi “esemplari” di Barbaresco ottenuti dal biotipo Nebbiolo Rosé, in purezza. «Fino ad ora pochissimi produttori di Langa hanno deciso di utilizzare esclusivamente questo clone di Nebbiolo per ottenere un vino», spiega Giovanni Abrigo, dagli anni Ottanta al timone dell’azienda fondata dal padre Orlando, a Treiso d’Alba (CN).

Rispetto al più diffuso Lampià, infatti, la sottovarietà che dà vita a Cn_Centoundici non riesce a conferire al vino un colore particolarmente intenso, quanto sfumature più trasparenti, e quindi si è sempre preferito unirlo in blend».

LA VINIFICAZIONE DI CN_CENTOUNDICI

Dalla valorizzazione del vigneto alla massima attenzione in vinificazione, il passo è breve. Tutto inizia dalla pigiatura soffice delle uve Nebbiolo Rosé, con macerazione sulle bucce per circa 35/40 giorni in legno, a cappello sommerso.

Dopo alla svinatura il vino svolge la fermentazione malolattica in tonneaux (un quarto di legno nuovo), continuando negli stessi l’affinamento per altri 15 mesi. L’obiettivo? Mantenere la freschezza e l’eleganza tipiche del Barbaresco da Nebbiolo Rosé.

Imbottigliato nel mese di agosto, il Barbaresco Cn_Centoundici affina ulteriormente per un minimo di 6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione. «L’aromaticità di questo Nebbiolo – garanrtisce Giovanni Abrigo – è molto fine ed elegante. La struttura è meno potente perché dotata di tannini più sottili, in grado di far emergere il lato più minerale e fresco di questo nobile vitigno.

«UN BARBARESCO VERSATILE E LONGEVO»

Il Nebbiolo Rosé è presente per un 5% all’interno dei vigneti della cantina Orlando Abrigo. Ed è sempre stato vinificato separatamente. «Lo studiamo da tempo – spiega il vignaiolo di Treiso d’Alba – poiché tutte le parcelle dei nostri cru vengono vinificate singolarmente. È stato naturale, dunque, comprendere e apprezzare i suoi indiscussi pregi negli anni. Abbiamo quindi pensato fosse arrivato il momento di imbottigliarlo separatamente, dando origine ad una nuova etichetta».

Il tutto senza rinunciare alla caratteristiche primaria del vino rosso “fratello” del Barolo: la longevità. «È un Barbaresco delicato e suadente, verticale e fine – conclude Giovanni Abrigo – che riesce ad essere molto godibile e versatile a tavola già in gioventù. Al contempo, Cn_Centoundici 2018 ha tutte le doti per poter evolvere, come da tradizione di questa denominazione, con il passare degli anni».

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degustati da noi vini#02

Morellino di Scansano Docg 2018 “Brumaio”, Tenuta Pietramora

Si conferma il più “minerale” fra i vini della denominazione toscana. È il Morellino di Scansano Docg 2018Brumaio” di Tenuta Pietramora. Note verdi aromatiche di origano, salvia e macchia mediterranea bilanciano un frutto rosso pieno, maturo. Note speziate morbide completano il quadro olfattivo.

In bocca è fresco, sapido, teso. Il Morellino di Scansano Docg 2018 “Brumaio” di Tenuta Pietramora è ricco e stratificato. Chiama il piatto e l’abbinamento gastronomico, con eleganza e assoluta concretezza. Un vino senza fronzoli, diretto, come la famiglia che lo produce. Un rosso che si presta anche all’affinamento nel tempo.

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degustati da noi vini#02

Falanghina del Sannio Dop 2018 “Cese”, Fosso degli Angeli

Può un vino di 15 gradi risultare fresco e non stancare mai? La risposta è sì e la Falanghina del Sannio Dop 2018Cese” di Fosso degli Angeli è lì a dimostrarlo. Solo uno dei vini della Campania presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.

LA DEGUSTAZIONE
“Cese” si presenta alla vista di un giallo paglierino acceso, luminoso. Il naso è ampio, caldo, floreale ed agrumato, con richiami di macchia mediterranea, in particolare di rosmarino. A dominare il sorso è la frutta tropicale, perfettamente matura.

Si distinguono ananas, banana e pesca, con tocchi agrumati e ritorni erbacei che danno nerbo a un sorso glicerico. Proprio in questo senso “Cese” è una Falanghina che maschera bene i 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, presenti in etichetta.

Acidità e sapidità, oltre a dare equilibrio a una beva instancabile, ne allargano il ventaglio di possibilità di abbinamento in cucina. Non a caso Marenza Pengue, vignaiola Fivi che conduce Fosso degli Angeli con la sorella Dina e il cognato Pasquale Giordano, suggerisce di provarla con «costine d’agnello cotte a bassa temperatura, poi impanate e fritte nel burro in cui è stato grattato un pezzetto di scorza di limone».

LA VINIFICAZIONE
Solo 2.500 bottiglie per la Falanghina del Sannio Dop “Cese”, che prende vita dalle uve dei vigneti di proprietà della cantina, a Casalduni. Piante giovani (2012 / 2018), che affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo vulcanico, a un’altitudine di 560 metri sul livello del mare.

La produttività si assesta sui 70 quintali per ettaro nella vigna certificata biologica. La raccolta delle uve di Falanghina avviene in piccole cassette, generalmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.

L’uva viene pigiadiraspata e sottoposta a criomacerazione per 12 ore. Segue una pressatura soffice e una fermentazione con lieviti indigeni in acciaio, a temperatura controllata. L’affinamento avviene in acciaio, per 12 mesi. “Cese” viene commercializzata solo in seguito a un ulteriore anno in bottiglia.

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Cinque vini bianchi per Natale dalla Top 100 migliori vini italiani WineMag.it

Cinque vini bianchi per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a un rigoroso blind tasting.

  • Alto Adige Doc Chardonnay 2018 “Flora”, Girlan
    Giallo paglierino, riflessi dorati. Nota mielata di primo naso. L’ingresso in bocca è morbido per poi affilarsi grazie alla viva freschezza. Ricco e con una intrigante complessità data dal varietale, non dall’affinamento. Di grande eleganza, bilancia sapientemente note citriche e cremosità da pasticceria.
  • Soave Doc 2017 “Le Cervare”, Zambon
    Giallo paglierino. Al naso una pietra focaia “didattica”, esuberante. Il vulcano ammansisce fiori e frutti pur presenti, dimostrando come il vino sia ancora giovanissimo. In bocca una buona freschezza e grande sapidità, su note di frutta matura ed una leggera chiusura citrica. Persistenza da campione.
  • Vino bianco “Escamotage”, Simone Cerruti
    Giallo paglierino carico. Naso splendidamente aromatico. Salvia, mentuccia, uva sultanina, eucalipto, verbena. In bocca domina una gran vena salina. Dritto e verticale, con ritorni del varietale in chiusura. Un vino gastronomico che dà il meglio di sé a tavola.
  • Trebbiano Spoletino Igt 2019 “Maceratum”, Fongoli
    Orange. Naso di erbe, radice di liquirizia, zenzero ed agrume candito. In bocca tannino non ruvido ma presente, a sua volta stuzzicato da un agrume succoso. Chiude su ritorni di radice di liquirizia, lungo. Accenno di sale e gran freschezza. Vino manifesto di un movimento, quello dei cosiddetti “vini naturali”, che troppo spesso si perde in sofismi. Ma quando fa sul serio, fa sul serio. Così.
  • Melissa Doc Greco di Bianco 2019 “Caraconessa”, Fezzigna
    Giallo paglierino. Bel naso di bergamotto, agrumi, erbe mediterranee. Leggero tocco di spezia bianca. Sorso teso ma agile, lungo sulla freschezza e su ritorni di agrumi. Vino manifesto del vitigno e della zona.

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Vini al supermercato

Vignaioli Fivi al supermercato: Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, Drei Donà

(5 / 5) Non solo il Mercato di Piacenza o le fiere del vino. Alcuni vignaioli Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti) scelgono il supermercato come canale di vendita per le loro etichette. È il caso di Drei Donà e del suo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, disponibile in alcuni supermercati Conad. Un’etichetta dall’ottimo rapporto qualità prezzo, che si aggiudica il massimo dei “cestelli” a disposizione (5 su 5) nella speciale scala di valutazione di Vinialsuper.

LA DEGUSTAZIONE
Il Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno” di Drei Donà si presenta nel calice del tipico colore rosso rubino intenso, con tinte violacee. Al naso preziosi richiami di frutta rossa, uniti ad accenni erbacei, mentolati. Perfetta la corrispondenza al gusto.

“Notturno” si dimostra un concentrato di frutta e spezie, che ben si bilanciano in un sorso preciso, elegante, fresco. Un vino rosso che si contraddistingue per la piacevolezza della beva, non per questo banale.

Perfetto a tutto pasto, accompagna piatti di salumi, primi e secondi a base di carne. Non ultimo, si tratta di un vino già godibile al momento, ma con la carta d’identità in regola per affinare in bottiglia per i prossimi 3-5 anni.

LA VINIFICAZIONE

Sangiovese al 95%, completato da un 5% di Cabernet Franc. Questa la base ampelografica del Notturno di Drei Donà. Le piante affondano le radici in un terreno di medio impasto, argilloso-limoso, con una presenza di sabbia che si aggira attorno al 3-4%.

I vigneti dedicati alla produzione di questo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 si estendono per 11,25 ettari e registrano una resa media di 82 quintali (61 ettolitri). La vendemmia delle uve del Notturno avviene generalmente in occasione della seconda o terza decade di settembre.

La vinificazione prevede la fermentazione in vasche di acciaio inox, per un periodo variabile tra i 10 ed i 14 giorni, ad una temperatura controllata tra i 28° e i 30°, con rimontaggi giornalieri. Anche la fermentazione malolattica ha luogo in acciaio inox.

Fondamentale il successivo periodo di affinamento per il Sangiovese Notturno, che avviene in grandi fusti di rovere per circa 7-8 mesi, “al fine di conferirgli quel piacevole equilibrio frutto-legno”, spiega il produttore.

Prezzo: 9,50 euro
Acquistabile presso: Conad

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degustati da noi vini#02

Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa”, Vini Firmanum

Produrre rosato è come cucinare: ti accorgi subito chi lo fa con amore. E chi tanto per fare. Il calice che si riempie del Rosato Igp 2018 “Ophirosa” di Vini Firmanum esprime appieno il concetto. Un vino dalla dignità propria, ottenuto nella zona di Fermo, nelle Marche, da uve Sangiovese e Ciliegiolo. Aggiungi il prezzo di appena 5 euro (in cantina) e la ricetta è servita: buon appetito.

LA DEGUSTAZIONE
Il Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa” si presenta di una tonalità che si avvicina al cerasuolo. Ottima corrispondenza tra le note avvertibili al naso e quelle che, poi, connotano il sorso. Un vino facile da bere, tutto sul frutto (melograno, ribes, lampone, fragolina) che sfodera una chiusura salina preziosa, capace di chiamare irresistibilmente il sorso successivo.

Sorprende per la precisione delle note fruttate e per l’intatta freschezza, anche quando la temperatura si alza di uno o due gradi nel calice, rispetto a quella consona per il servizio dei vini rosati (10-12°). Ottima a tutto pasto, questa etichetta di Firmanum si lascia gustare ancor meglio assieme a un brodetto o a un crudo di pesce.

LA VINIFICAZIONE
Un rosato non convenzionale, “Ophirosa”, sin dalle uve con le quale è stato ottenuto. Si tratta infatti di Sangiovese e Ciliegiolo che affondano le radici in terreni di medio impasto, esposti a Sud-Est, a 300 metri sul livello del mare Adriatico.

Le uve, raccolte a mano, vengono pressate in maniera soffice e poi vinificate senza buccia. La fermentazione avviene in acciaio, a temperatura controllata, per preservare tutti gli aromi primari. Anche la maturazione ha luogo in Inox.

“Ophirosa” è solo una delle etichette della “fenice” Vini Firmanum. La cantina, oggi privata, sorge infatti dalle ceneri dell’ex Aziende viticole associate dei Colli Fermani di Montottone, nei pressi di Fermo, nelle Marche: una cooperativa che è arrivata a contare circa 400 soci nel corso della propria storia.

La rinascita che si è concretizzata nel 2011, riducendo del 70% la produzione e dando avvio ai primi imbottigliamenti. La produzione si assesta oggi sulle 70 mila bottiglie annue su tre linee, distribuite nell’Horeca (è il caso di “Ophirosa”) e in Gdo. Prosegue, in parallelo, la produzione di vino sfuso dalle uve di alcuni ex soci.

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Vini al supermercato

Terre Siciliane Igp 2018 Vivitis Bio Rosso Senza Solfiti Aggiunti, Tenuta Gorghi Tondi

(5 / 5) Si fanno sempre più largo nelle scelte dei consumatori i vini biologici, così come quelli senza solfiti aggiunti. Anche i supermercati si adattano ai nuovi trend. Ecco allora sugli scaffali di Esselunga il Terre Siciliane Igp 2018 “Vivitis” di Tenuta Gorghi Tondi. Una realtà raccontata di recente da Vinialsuper (qui l’articolo).

LA DEGUSTAZIONE
Rosso rubino con unghia violacea, buona luminosità. Naso molto preciso, tutto sul frutto: note intense di ciliegia, lampone, mora. Accenno speziato molto gradevole, tra pepe nero, cannella, liquirizia e tabacco dolce. Ottima la corrispondenza gusto olfattiva.

Anche al palato, il Terre Siciliane Igp 2018 “Vivitis Bio Rosso” senza solfiti aggiunti di Tenuta Gorghi Tondi si rivela fruttato. Tannino elegante, perfettamente integrato. Il nettare chiude su un accenno salino piacevolissimo che, unito all’estrema freschezza, chiama il sorso successivo.

Ottima anche la persistenza, su ricordi di liquirizia che giocano sul frutto. Un rosso siciliano ottimo a tutto pasto, servito a una temperatura di 16 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Le uve provengono dalla Sicilia sud-occidentale, per l’esattezza dall’Agro di Mazara del Vallo. La vendemmia di “Vivitis Bio Rosso” inizia generalmente in occasione della terza decade di agosto.

I grappoli vengono selezionati manualmente. La vinificazione prevede la pigiatura senza l’ausilio della solforosa e un rapido avvio della fermentazione in acciaio, per ridurre i rischi microbiologici. Seguono la fermentazione alcolica e malolattica, prima dell’affinamento in acciaio per tre mesi.

Prezzo: 5,69 euro
Acquistabile presso: Esselunga

4.5/5 (2)

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degustati da noi vini#02

I migliori assaggi a “Viva la Vite” 2020, rassegna dei vini artigianali di Pescara

Circa sessanta produttori nazionali ed internazionali hanno animato la due giorni di “Viva la Vite” 2020 all’ex Aurum di Pescara. La manifestazione, giunta alla terza edizione il 16 e 17 febbraio, ha l’obiettivo di “valorizzare i vini artigianali e naturali“. Spazio anche allo Champagne.

Organizzazione sempre più ricca, a cura dell’omonima Associazione Culturale pescarese “Viva la Vite”. Ottima la risposta del pubblico ai banchi di assaggio, ma anche alle conferenze e ai laboratori che hanno visto protagoniste etichette italiane ed estere.

I MIGLIORI ASSAGGI A VIVA LA VITE 2020

Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2015, Praesidium
Praesidium si conferma un punto fermo a livello regionale delle filiere naturali. L’azienda ha sede a Prezza (l’Aquila). Le sue coltivazioni sono esclusivamente biologiche per il tramite del sovescio e del favino. In degustazione il Montepulciano Doc Riserva 2015.

Dalla macerazione a contatto con le bucce delle uve Montepulciano d’Abruzzo e dal lungo periodo di maturazione nascono le Riserve, si tratta di vini rossi longevi e complessi. Il 2015 degustato, seppur ancora giovane, appare già ben delineato grazie alla vinificazione con fermentazione spontanea in botti di acciaio e macerazione di 12 giorni.

Affinamento di circa 24 mesi in botti di rovere di Slavonia. Ulteriori 6 mesi in bottiglia. Al naso profumi che ricordano la frutta rossa matura con note speziate e balsamiche. Al palato è un vino avvolgente, caldo, con tannino amalgamato nella massa e con un ottima persistenza. Sarebbe interessante degustarlo tra qualche anno.

Montepulciano d’Abruzzo Doc 2016, Amorotti
Azienda ubicata a Loreto Aprutino, notoriamente famosa per le celebri produzioni dell’azienda agricola Valentini. Caratteristica dell’azienda risiede nell’ utilizzo di soli cristalli di rame e zolfo, con esclusione di diserbanti e concimi chimici.

Abbiamo degustato la produzione di Montepulciano annata 2016. Alla vista il vino si presenta rosso rubino; e al naso invaso da chiari profumi di frutta rossa ben matura, riempie la bocca per la sua pienezza ed il suo corpo con evidenti sfumature fruttate e minerali. Un vino artigianale di grande prospettiva.

Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018, Nic Tartaglia
Azienda estesa per una decina di ettari presso Alanno (Pescara). Produzioni sincere e senza fronzoli, potremmo definirli “come natura crea”. In degustazione abbiamo scelto il Cerasuolo d’Abruzzo Doc vendemmia 2018.

Caratteristico il suo colore rosato di media intensità, al naso gradevoli note di frutta sia bianca che rossa, in particolare pesche ed amarene. In bocca di buona morbidezza ed intensità.

Si potrebbe ben accompagnare a preparazioni che prevedano anche l’utilizzo di pomodoro, ad esempio brodetti di pesce non molto elaborati del vastese oppure pizza.

Spumante Metodo classico Brut Nature Rosé Viktorija, Slavcek
Ci spostiamo virtualmente in Slovenia, su una produzione “Triple A”. Azienda condotta da Franc Vodopivec. Questo spumante viene realizzato con i vitigni Rebosco 90% e Merlot 10%. La macerazione per 6 ore con le bucce, fermentazione spontanea in contenitori di acciaio e affinamento negli stessi per 1 anno sulle fecce fini.

La vendemmia successiva avviene con rifermentazione in bottiglia con mosto fresco di Merlot proveniente dalla stessa vigna. Sboccato dopo circa 7/8 mesi con una piccola aggiunta dello stesso vino.

Un classico vino spumante rosato, dal naso marcatamente fruttato a tratti vinoso. In bocca il sorso è fresco e minerale. Lo immaginiamo di facile abbinamento con pesce, crostacei e salumi. Azienda che merita senz’altro una sosta.

Trebbiano d’Abruzzo Doc 2018, Azienda Agricola Santoleri
Siamo a Guardiagrele (CH), più precisamente in località Crognaleto, azienda ora diretta da Giovanni Santoleri che oltre alle produzioni vitivinicole cura anche delle eccellenti produzioni di farine ed oli. I cicli naturali della vigna sono alla base della filosofia per la realizzazione di ottimi vini.

Il Trebbiano d’Abruzzo doc 2018 degustato si presenta alla vista giallo paglierino ed al naso fruttato e floreale, si distingue in modo marcato l’acacia. In bocca il vino risulta sin da subito armonico e con una punta di sapidità non invadente. Un vino di corpo ed armonico reso elegante anche da una giusta freschezza.

Montepulciano d’Abruzzo Doc 2008, Azienda Agricola Santoleri
Altra produzione dell’azienda di Santoleri in rassegna a Viva la Vite 2020 di Pescara: sotto i riflettori il vitigno principe della regione, dodici anni trascorsi ma questo Montepulciano è ancora longevo.

Il suo colore rosso rubino invita ad una lunga bevuta, confermata in bocca grazie ad un gusto pieno, con un tannino ancora equilibrato e con alcuni piacevoli sentori conferiti dal legno, anticipati in precedenza all’olfatto, vaniglia su tutti.

Annata difficile quella 2008 a causa delle insistenti piogge ma che in tal caso ha messo in risalto tutte le potenzialità del nobile vitigno abruzzese. Una certezza regionale, da provare anche gli altri prodotti dell’azienda.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

GoVolcanic 2019: i vini vulcanici italiani convincono Budapest. I migliori assaggi

BUDAPEST – I vini vulcanici italiani sono ormai una categoria ben definita, riconoscibile anche all’estero. Un movimento capace di riunire i produttori di alcune delle aree vitivinicole più vocate del Belpaese, accomunate dal terroir vulcanico. La conferma è arrivata lo scorso weekend a Budapest con GoVolcanic 2019, prima edizione del summit che si candida a diventare uno degli appuntamenti chiave per i vini vulcanici internazionali, in Europa.

Sotto lo stesso tetto i vignaioli di Soave, Monti Lessini, Etna e Vulture, ospitati da 40 produttori ungheresi delle regioni di Mátra, Tokaj, Somló, Bükk, Balaton, Ménes e Szerémség. Presenti anche diversi vigneron di Isole Canarie, Azzorre, Slovenia, Israele, Francia (Auvergne) e Slovacchia (Tekov, Tekovského regiónu).

Abbiamo avviato la valorizzazione dei vini da suolo vulcanico ormai 10 anni fa – commenta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave, nonché del Consorzio del Lessini Durello – ed è bello vedere che la nostra idea si sia sviluppata non solo in chiave nazionale, ma anche internazionale”.

“All’evento di Budapest faranno seguito summit in Francia e Germania – annuncia Lorenzoni – ma soprattutto siamo protagonisti come Lessini Durello, assieme al formaggio Monte Veronese e alla cantina Santo Wines di Santorini, del progetto ‘Gli eroi vulcanici d’Europa‘: una misura 1144 dell’Ue che coinvolge 6 Stati, in 3 anni. Momenti, questi, che trasformano i vini vulcanici in una vera e propria categoria”.

Buoni i riscontri in Ungheria, con 738 visitatori registrati in due giorni all’Holdudvar della Margitsziget, l’isola Margherita sul fiume Danubio, tra Buda e Pest. “Siamo entusiasti di aver generato l’interesse internazionale per questo evento – commenta l’organizzatrice Eva Cartwright – e speriamo di aver ispirato il pubblico a visitare di persona gli incredibili paesaggi da cui provengono questi vini vulcanici”.

La macchina organizzativa dell’edizione 2020 è già in moto: “La location sarà più grande – annuncia Cartwright – e accoglierà nello stesso edificio, oltre ai produttori di vino, anche quelli di alcune eccellenze gastronomiche locali. L’intento sarà sempre quello di giocare sul trinomio Vino-Cibo-Esperienza“.

I MIGLIORI ASSAGGI A GOVOLCANIC 2019

SPUMANTI
Lessini Durello spumante Brut “Vulcano”, Zambon: 90/100
La temperatura di servizio non aiuta al momento dell’assaggio, ma l’etichetta in questione è una vecchia conoscenza di WineMag.it. Un Metodo classico che sa abbinare al frutto polposo della Durella la verticalità ed essenzialità tipica dei vini vulcanici.

VINI BIANCHI
Tokaj 2017, Sanzon Rány: 94/100
Furmint, single cru: 6 grammi litro ammortizzati a dovere dall’impronta vulcanica del terreno. Naso che si presenta timido, su note di buccia d’agrumi, per poi esplodere (letteralmente) su frutta esotica, mandarino e macchia mediterranea. Leggera percezione talcata. Spettacolo puro al palato, nel gioco tra larghezza e verticalità, polpa e “vulcano”. Chiusura salina elegantissima, con ritorni leggeri di liquirizia.

Tokaji 2017, Homonna Attila: 93/100
Furmint e Hárslevelű. Minerale da vendere, sia al naso sia la palato. Le note di pietra bagnata si avvicendano col frutto. In bocca una gran verticalità, senza rinunciare ancora al frutto, in un quadro di perfetta corrispondenza gusto olfattiva che si arricchisce di accenni di macchia mediterranea. Splendido.

Soave Doc 2017 “Le Cervare”, Zambon: 92/100
Vino bocciato tre volte dalla commissione di degustazione della Doc, forse per l’utilizzo di lieviti indigeni poco standardizzanti. Eppure “Le Cervare” è uno dei Soave più tipici in circolazione, con le sue note agrumate e l’impronta vulcanica che si manifesta su pietra focaia e polvere da sparo, prima di una chiusura sulla mandorla amara.N

Nagy-Somlói Juhfark 2017, Somlói Apátsági Pince: 92/100

Juhfark è il nome del vitigno che corrisponde al Coda di pecora, autoctono della Campania. Evidente la matrice del terroir, affiancata da note di fiori secchi, agrumi e tè nero. Al palato ricordi di frutta secca e gran sapidità, che accompagna verso un finale lungo e corposo.

Rhine Riesling 2017 “Shop Stop”, Villa Sandahl: 91/100
Un Riesling renano prodotto nella zona del Balaton, in cui i 6 grammi litro di residuo aiutano a riequilibrare la gran verticalità e freschezza del vitigno. Tra i vini più “gastronomici” in degustazione a GoVolcanic 2019.

Olaszrizling Single vineyard 2017, Sabar: 90/100
Naso ampio, talcato, mentolato, agrumato. In bocca verticale, molto salato, in un quadro di apprezzabilissimo equilibrio. Gran bevibilità, tipica del vino semplice ma non banale, e ottima persistenza.

Vinho Branco Verdelho Ig Açores 2017 “Magma”, Adega Cooperativa dos Biscoitos: 90/100
La mano degli enologi Anselmo Mendes e Diogo Lopes è leggerissima in questo vino delle Canarie che rispetta al 100% il terroir vulcanico, senza alcun compromesso “di cantina”. Vino verticale e diretto, dalla gran beva.

VINI ROSSI

Cabernet Sauvignon Red Hills Lake Country 2017, Obsidian Ridge Vineyards: 95/100
Uno dei capolavori della viticoltura americana. Al 96% di Cabernet Sauvignon la cantina accosta un 2% di Petit Verdot e un 2% di Malbec. Il gioco fra terra, frutto e terziari incolla il naso al calice.

Dal muschio al sottobosco bagnato, passando per richiami minerali (la classica pietra bagnata), si passa ai frutti rossi e alla mora, prima di sfociare nella spezia. In bocca pieno, elegantissimo, verticale ma equilibrato, tra frutto, terziari. Il tannino è vivo e di prospettiva, ma non disturba. Il rosso che sbanca l’evento di Budapest.

Etna Doc Rosso 2012 “Millemetri”, Feudo Cavaliere: 93/100
Frutto rosso, agrume, mineralità, pietra bagnata e ricordi goudron. In bocca buona verticalità e gran eleganza. Ritorni di agrumi e frutta rossa anticipano una chiusura salina, lunga e precisa. Da provare anche il rosato di questa nobile cantina siciliana.

Do La Palma Vijariego negro, Viñarda: 92/100
Siamo alle Canarie, per un vino manifesto del terroir. Con questo Vijariego negro metti il naso sul vulcano e inspiri a pieni polmoni il “concetto”. Sintesi per il naso di questa etichetta che gioca su sentori di brace, minerali e di erbe, con buon apporto di polpa. In bocca dritto, stretto, fa salvare la parte minerale. Gran bevibilità.

Etna Rosso 2016 “Scalunera”, Torre Mora: 91/100
Frutto rosso croccante, erbe, liquirizia, radice, bella profondità e pulizia. Corrispondente e lungo. Bella prova sull’Etna quella di Torre Mora, la tenuta etnea del colosso toscano Piccini.

Bükki Zweigelt Mályi – Zúgó – dűló 2018 Organikus Szőlőbirtok és Pincészet, Sándor Zsolt: 89/100
Vino semplice, beverino, tutto frutto e terroir vulcanico. Gran facilità di beva e rispetto della tipicità dello Zweigelt.

VINI DOLCI
Recioto di Soave Docg Classico 2013, El Vegro: 94/100
Naso su goudron ed erbe aromatiche. Bocca dolce e tagliente. Un Recioto di Soave da incorniciare.

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Vini al supermercato

Morellino di Scansano Docg 2018 Valle del Conte, Cantina del Morellino di Scansano

(2 / 5) Torniamo tra gli scaffali del discount Aldi per mettere sotto la lente di ingrandimento un’etichetta della Toscana: il Morellino di Scansano Docg 2018 Valle del Conte della cooperativa locale, la Cantina del Morellino di Scansano. La prova del calice non può certo dirsi superata.

LA DEGUSTAZIONE
Il vino si presenta del tipico rosso rubino, mediamente trasparente. Al naso ricordi di viola, mentre il frutto (mora, ciliegia e lampone) tenta vanamente di farsi largo in un profilo decisamente vinoso.

L’ingresso di bocca, piuttosto morbido, anticipa una fase centrale connotata da un frutto ancora una volta poco preciso. La chiusura vira su una percezione dolciastra, unita a un tannino sgarbato e a un alcol molto invadente. Uno di quei vini, insomma, da lasciare sullo scaffale. A questo link i migliori in vendita al supermercato.

Prezzo: 3,79 euro
Acquistabile presso: Aldi

3/5 (1)

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