Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Roero Arneis Docg 2016 Sette Anni, Angelo Negro (13,5%).
Fiore: 8 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 8 Freschezza: 9 Tannino: 0 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 9 A tavola: 8.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Trento Doc Riserva Extra Brut 2016 Altinum, Cantina Aldeno (12,5%).
Perlage: 10 Fiore: 9 Frutto: 9 357 Freschezza: 9 Sapidità: 6.5 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 8 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
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Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Amarone della Valpolicella Docg 2016 La Parte, Piccoli (16,5%).
Fiore: 8.5 Frutto: 9 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 9 Tannino: 7 Sapidità: 7 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 9 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
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Miglior vino dolce italiano 2024 Colli Piacentini Passito 2016 Le Virtu della Pioggia Sensazioni d Inverno La Conchiglia Claudio Terzoni guida top 100 migliori vini italiani davide bortone
Il Miglior vino dolce italiano 2024 è il Colli Piacentini Doc Malvasia Passito 2016 “Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno” della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni Vini. Il punteggio assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 (acquistabile a questo link) è di 96/100. Un passito che conferma le grandissime potenzialità del territorio dei Colli piacentini, chiaramente in provincia di Piacenza, in Emilia Romagna, nella produzione di grandissimi vini dolci da uve Malvasia.
LE VIRTÙ DELLA PIOGGIA – SENSAZIONI D’INVERNO MIGLIOR PASSITO ITALIANO 2024
Alla vista, il Passito 2016 “Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno” della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni Vini si presenta di uno splendido colore ambrato carico, luminoso. Conquista sin dal primo naso con i suoi ricordi di frutta fresca, dall’albicocca sotto sciroppo alla pesca, passando per note più esotiche di ananas, papaia. A fare da sfondo, elegantissime erbe mediterranee come mentuccia, salvia e timo, con accenni di verbena. Concerto di spezie come cardamomo e coriandolo, che poi virano su memorie di liquirizia fusa e rintocchi di rabarbaro, cola e zenzero.
Il miglior vino dolce italiano 2024 per la Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it è in continuo mutamento nel calice. Sfodera un ingresso di bocca e uno svolgimento di equilibrio magistrale. Densità da vendere, srotola una dopo l’altra le note già avvertite al naso, sul filo di una decisa freschezza e di una marcata e corroborante vena sapida. La beva del passito Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni è tattile, carezzevole e decisa, morbida come cotone e al contempo verticale. Persistenza infinita.
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Brunello di Montalcino Riserva Docg 2016 La Togata e1673714044266
Il Brunello di Montalcino Riserva Docg 2016 della cantina La Togata è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Un Brunello Riserva, questo de La Togata, che premia la piacevolezza di beva, senza perdere di vista l’eleganza e raffinatezza del Sangiovese. Vino già godibilissimo, degno di grandi occasioni e abbinamenti strutturati, ma al contempo capace di non stancare mai, anche da solo.
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Il Ghemme Docg 2016 “Leblanque” della cantina Vigneti Valle Roncati è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Nebbiolo in purezza, che si presenta nel calice di un rubino dai riflessi granati. Naso avvolgente, fiori di viola, ciliegia tendente al maturo, speziatura elegante. In bocca corrispondente, tannino presente, unito a una golosa matrice sapida. Vino giovanissimo, di gran prospettiva.
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Tra i migliori Brunello di Montalcino 2016 della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it ecco quello di Pietroso. Si tratta del vino bandiera della cantina di via Podere Pietroso 257, Montalcino (SI).
Il Brunello Pietroso si distingue per la spiccata personalità. Naso ricco di sottobosco e frutta rossa matura, tendente al surmaturo, che non soffoca una viva freschezza sanguigna e agrumata. Note di spezie dolci e un tocco di pepe nero rendono ancora più intrigante il quadro olfattivo.
In bocca, il Brunello di Montalcino 2016 di Pietroso è molto presente, pieno. Il sorso è potente, con un tannino molto presente e di sicura prospettiva. Finale lunghissimo, in perfetta corrispondenza naso-bocca.
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Lessini Durello Doc Riserva 36 mesi Brut 2016 Casarotto
Il Lessini Durello Doc Riserva 36 mesi Brut 2016 di Casarotto è uno degli spumanti Metodo classico presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it. Supera brillantemente i tasting alla cieca, confermandosi quale ennesimo pezzo da novanta della cantina di Montecchia di Crosara (VR).
LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino luminoso per questo Champenoise simbolo dei Monti Lessini, ottenuto con l’uva autoctona Durella. Perlage finissimo, persistente. Naso croccante e d’un frutto voluttuoso, attorno alla crosta di pane.
Risvolti floreali e mielati, albicocca, agrumi, vena tropicale. E, soprattutto, una vena minerale-vulcanica pronta a far da fil rouge e da spina sorsale al sorso, sin dall’ingresso del Lessini Durello Doc Riserva 36 mesi Brut 2016.
La beva si dipana su sentori corrispondenti al naso, con altrettanta generosità ed eleganza tropicale. È il trionfo di un Metodo classico che riesce ad esaltare primari e terroir.
GLI ABBINAMENTI
Un punto di riferimento assoluto, questa etichetta di Casarotto, nel contesto della denominazione spumantistica veneta, al top tra gli spumanti italiani.
Come suggerisce la cantina, il Lessini Durello Doc Riserva 36 mesi Brut 2016 risulta versatile nell’abbinamento. Ottimo come aperitivo, sposa antipasti e portate a base di pesce, cotto e crudo. Si abbina bene a sopressa e formaggi locali. Eccellente con il baccalà alla vicentina.
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«L’abbraccio del relais e il calore della famiglia», recita il claim de I Tamasotti. Un abbraccio, caldo e stretto, sembra anche l’Amarone della Valpolicella Docg 2016 prodotto da questa giovane realtà (con le idee chiarissime) di Mezzane di sotto, in Valpolicella.
Giacomo Brusco e Sabrina Zantedeschi, uniti nella vita e nel lavoro, tornano nella Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it a distanza di due vendemmie, dopo l’esordio in guida con l’Amarone 2014. Il “millesimo” 2016 si presenta alla vista di un rosso impenetrabile.
Naso sulla confettura di prugna e ciliegia, con pregevoli sferzate di spezia nera (pepe) e dolci carezze di cannella. In bocca, l’Amarone della Valpolicella Docg 2016 I Tamasotti rivela una stratificazione rara, nell’incedere di frutto, terziari e sapidità.
Chiusura infinita, su ricordi eleganti di vaniglia, vegetali di fava Tonka e caldi, di cioccolato. Un manifesto all’Amarone, re dei vini rossi del Veneto, e a una complessità in grado di non stancare mai.
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Il Franciacorta Docg Satèn 2016 Barone Pizzini è uno degli spumanti Metodo classico presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Alla vista si presenta di un giallo paglierino e rivela un perlage fine, persistente.
Un Satèn di estrema ricchezza ed eleganza, simbolo fulgido di quanto lo Chardonnay possa raggiungere punte di eccellenza assoluta anche nella formulazione del Satèn, tipologia notoriamente relegata a canoni di “setosa” morbidezza ed avvolgenza.
Le note iodate, saline e cremose risultano in perfetta fusione con quelle tostate e fruttate-agrumate. A colpire è proprio la preponderanza dei sentori minerali, salini, freschi, d’arancia e pompelmo rosa. Frutta estremamente croccante e, al contempo, di grande concentrazione nel Franciacorta Docg Satèn 2016 di Barone Pizzini.
Bocca felpata da un perlage cremosissimo, che accompagna il sorso sino alla chiusura asciutta. Nella preziosa gamma della cantina di Provaglio d’Iseo (BS), un vino da non perdere. Pezzo da novanta, anche nel rapporto qualità prezzo.
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Chianti Docg Riserva 2016 Puro senza solfiti aggiunti Fattoria Lavacchio
Dopo il primo Chianti Docg senza solfiti aggiunti, ecco il vino della “sfida nella sfida” di Fattoria Lavacchio: il Chianti Docg Riserva 2016 “Puro”. «Un vino nato per dimostrare che, anche in assenza di solfiti, il vino può invecchiare», per dirla con le parole della famiglia Lottero.
«L’importante è che l’uva sia matura, sana e incontaminata», aggiungono FayeLottero e Dimitri Sidorinko, marito e moglie che conducono l’organic farm di Pontassieve (FI) dal 1999. “Puro” è un Sangiovese in purezza vinificato in acciaio e affinato in legno per 12 mesi, senza la minima aggiunta di solfiti, i “conservanti” del vino.
LA DEGUSTAZIONE
Anno domini 2021, 5 anni dalla vendemmia. Nel calice, il Chianti Riserva 2016 di Fattoria Lavacchio si presenta di un rubino intenso, dal quale si elevano note floreali di violetta e fruttate di amarena e lampone selvatico maturo.
Il legno aggiunge complessità al nettare e appare ben integrato, attraverso le sue attribuzioni speziate dolci. Un tocco di spezia finissima completa un quadro tendenzialmente morbido e voluttuoso, conferendo l’auspicata verve.
Il palato è in perfetta corrispondenza con il naso. Sorso morbido ma animato dalla corretta freschezza, a sorreggere un frutto rosso che si conferma succoso, pienamente maturo. Non manca un tannino fine e ancora non del tutto addomesticato: ennesima dimostrazione di come questo Chianti Riserva abbia davanti ancora 3, 4 anni di positiva evoluzione.
A tavola si abbina alla perfezione con piatti, anche elaborati, a base di carni rosse. Si può spaziare dai primi ricchi di ragù ai secondi come grigliate e brasati. Bene anche in accompagnamento a formaggi stagionati.
LA VINIFICAZIONE
La vinificazione del Chianti Riserva “Puro” prevede innanzitutto la diraspatura delicata delle uve Sangiovese, in ottimo stato di maturazione fenolica. Seguono poi fermentazione spontanea e macerazione a temperatura controllata in acciaio per circa 10 giorni, con numerosi rimontaggi e delestages, utili ad estrarre le componenti più morbide.
Dopo la fermentazione malolattica, che avviene molto rapidamente data l’assenza di solfiti, il vino viene travasato in barrique. L’affinamento si prolunga nei piccoli contenitori di legno per circa 12 mesi.
Dei 110 ettari complessivi di cui può disporre Fattoria Lavacchio a Pontassieve, a una ventina di chilometri da Firenze, solo 21 sono destinati a vigneti, tutti certificati biologici. Vitigno principe è ovviamente il Sangiovese, che affonda le radici in terreni ricchi di scheletro e galestro, a 450 metri di altezza rispetto al livello del mare.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Benvenuto Off tutti i voti al Brunello di Montalcino 2016 1
È andato in scena nel weekend il primo appuntamento con la stampa di Benvenuto Brunello Off, l’evento organizzato dal Consorzio per presentare i Brunello di Montalcino 2016, Brunello Riserva 2015, Rosso di Montalcino 2019, Moscadello e Sant’Antimo di 140 cantine.
Strettissime le misure di sicurezza adottate in una Montalcino blindata, deserta e silenziosa, avvolta addirittura da una coltre di nebbia nelle mattinate di sabato 6 e domenica 7 marzo 2021.
Si accede ai tavoli di degustazione allestiti al Chiostro del Museo di Montalcino con ordine, previa misurazione della temperatura corporea e consegna di un tampone Covid negativo. Ad accogliere i 25 giornalisti, oltre allo staff del Consorzio, la squadra – molto ben organizzata – dell’Associazione italiana sommelier, scelta per il servizio.
L’attenzione di WineMag.it si concentra su tutti i Brunello di Montalcino 2016 e su tutte le selezioni di vigna di Brunello 2016. Ben 193 campioni, cui abbiamo assegnato un punteggio sulla base di considerazioni che tengono conto sì dell’auspicabile “futuribilità” dell’etichetta, ma anche dell’attuale precisione, equilibrio tra componenti e, non ultimo, dell’attuale “godibilità”.
Quello che colpisce è di fatto un’annata 2016 in cui è evidente il lavoro di squadra dei produttori di Montalcino, ben oltre le caratteristiche climatiche della vendemmia. Al di là di qualche (rara) espressione più “commerciale”, raccontata da un utilizzo pesante del legno (tostature e balsamicità un po’ troppo preponderanti), sorprende in positivo il fil-rouge tra i vari campioni.
In tal senso, Montalcino può dirsi una delle poche Doc(g) d’Italia in cui la Denominazione vada oltre alla scelta “di etichetta”. Nel Bel paese si assiste di fatto, ormai da anni, a una sorta di svuotamento del valore organolettico delle Denominazioni, sfruttate per penetrare i mercati per la riconoscibilità del “nome”, più che per sintetizzare (ed esaltare, uniformemente) le caratteristiche di un preciso territorio.
Ecco dunque una perfetta riconoscibilità del Brunello nell’annata 2016, che si presenta nel calice così come ha fatto sui mercati, anche in un anno difficile e segnato dalla pandemia come il 2020: una vera e propria “corazzata”, in cui tutti marciano, con coscienza e rispetto, nella stessa direzione.
Dal punto di vista strettamente tecnico, molti Brunello 2016 sorprendono per “prontezza”m abbinata – chi più chi meno – a ottime prospettive di ulteriore affinamento e positiva evoluzione.
I Brunello di Montalcino 2016 (annata “5 Stelle”) sono genericamente vini con ottimo equilibrio tra le componenti. In particolare, sono dotati di un tannino elegante, in cravatta. Piuttosto “dolce”, ma tutt’altro che arrendevole. Cosa manca per far dire sempre “wow”?
Forse un po’ di “materia”, un po’ di polpa. Un po’ di “riserve di grasso” da sfoderare nell’allungo, nella sfida con le lancette dell’orologio. Vini che, nel rispetto delle caratteristiche tradizionali della denominazione, possono avere una marcia in più sin da subito, tra i competitor dei Fine Wines internazionali.
BRUNELLO DI MONTALCINO 2016: LA DEGUSTAZIONE
A
Agostina Pieri: 89/100
Aisna – Camponovo: 94/100
Aisna: 91/100
Albatreti: 93/100
Altesino – Montosoli: 94/100
Altesino: 92/100
Argiano: 93/100
Armilla: 91/100
B
Baccinetti: 87/100
Banfi – Poggio alle Mura: 94/100
Banfi – Vigna Marrucheto: 95/100
Banfi – Castello Banfi: 89/100
Barbi – Vigna Del Fiore: 93/100
Barbi: 91/100
Baricci: 94/100
Beatesca: 88/100
Belpoggio: 86/100
Bonacchi: 85/100
Bottega: 82/100
C
Camigliano – Paesaggio Inatteso: 91/100
Camigliano: 89/100
Campogiovanni: 88/100
Canalicchio di Sopra – La Casaccia: 95/100
Canalicchio di Sopra: 91/100
Canneta: 88/100
Cantina di Montalcino: 84/100
Capanna: 90/100
Capanne Ricci: 92/100
Caparzo – Vigna La Casa: 92/100
Caparzo: 90/100
Caprili: 88/100
Carpineto: 91/100
Casa Raia: 87/100
Casanova Di Neri: 93/100
Casanuova Delle Cerbaie: 88/100
Casisano: 91/100
Castello Romitorio: 92/100
Castello Romitorio – Filo di Seta: 94/100
Castello Tricerchi – “A.D. 1441”: 94/100
Castello Tricerchi: 92/100
Castiglion Del Bosco – Campo Del Drago: 90/100
Castiglion Del Bosco: 88/100
Cava D’Onice – Colombaio: 89/100
Cava D’onice: 88/100
Celestino Pecci – Poggio al Carro: 91/100
Celestino Pecci: 91/100
Cerbaia: 89/100
Ciacci Piccolomini d’Aragona – Pianrosso: 92/100
Ciacci Piccolomini d’Aragona: 90/100
Col D’orcia – Biologico: 90/100
Col Di Lamo – Diletta: 90/100
Col Di Lamo: 89/100
Collemattoni: 94/100
Collosorbo: 91/100
Cordella: 89/100
Corte Pavone Loacker Wine Estates – Fior Di Meliloto: 90/100
Corte Pavone Loacker Wine Estates: 88/100
Corte Pavone Loacker Wine Estates – Campo Marzio: 91/100
Corte Pavone Loacker Wine Estates – Fiore Del Vento: 90/100
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(4 / 5) Rosso lo conosciamo tutti, rosato un po’ meno. E in versione Metodo classico rosé? Soggetto, il Nebbiolo. Spinti dalla nostra missione di affiancare il consumatore di vino in Gdo, aiutandolo a fare scelte sempre più consapevoli, non poteva che finire nel nostro calice il Metodo Classico Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro di Novello (sboccatura 2019).
Una interpretazione particolare del nobile vitigno piemontese dal quale nasce il noto e pregiato Barolo, ovviamente con un altro procedimento o, per meglio dire, “Disciplinare di produzione”.
Uno spumante disponibile nei supermercati Iper, la Grande i (Finiper), ultima scelta “coraggiosa” di un’insegna che ha ormai abituato a etichette un po’ più di nicchia. Del resto, bisogna farsene una ragione: la cultura del vino passa anche (“a-n-c-h-e”, a scanso d’equivoci) da qui: dai supermercati.
LA DEGUSTAZIONE Color rosa buccia di cipolla molto luminoso, il Metodo Classico Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro ha un perlage esuberante, di grana piuttosto fine, così come la persistenza. Naso pulito e piuttosto semplice, che si sviluppa tra note fruttate di mela, agrumi come il limone, cenni di frutta secca e lievito.
Al palato si conferma agrumato e molto rinfrescante. Acidità equilibrata, “bollicina” pastosa, per un sorso teso ma cremoso. Forse leggermente scarico il centro bocca, comunque godibile. Discreta anche la persistenza gustativa e, soprattutto, buona la stabilità del prodotto riassaggiato a distanza di ore.
Perfetto per l’aperitivo o con pietanze a base di pesce, il Nebbiolo d’Alba Rosè San Silvestro va servito intorno agli 8 gradi. Il prezzo, va detto, potrebbe scoraggiare, soprattutto se comparato (erroneamente) ad altre denominazioni.
A concorrere alla formulazione del pricing sono molte variabili: tra questi il metodo di vinificazione (in questo caso il Metodo classico o Champenoise, lo stesso dello Champagne), il posizionamento della Denominazione e i volumi. Lo abbiamo trovato in promozione a 8,90 euro, cifra che sancisce un buon rapporto qualità prezzo.
LA VINIFICAZIONE
Il Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro è ottenuto con uve Nebbiolo al 100% allevate nella Langhe. La vinificazione avviene con macerazione delle uve in pressa, pressatura soffice.
Fermentazione a temperatura controllata con blocco della stessa ad un residuo di 25 gr/lt di zuccheri. Presa di spuma con permanenza sulle fecce fini per 24 mesi.
Cantine San Silvestro si trova a Novello, in provincia di Cuneo, nel cuore delle Langhe. È stata fondata nel 1871 ed oltre ai 7 ettari vitati di proprietà si avvale di uve di conferitori.
Lavora da sempre i vitigni tipici del territorio come Barbera, Nebbiolo, Dolcetto, Grignolino, Arneis e Moscato, oltre a autoctoni recentemente riscoperti come Favorita e Nas-cëtta di Novello.
Prezzo: 14,90 Acquistabile presso: Iper La Grande I
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(5 / 5) Uno spumante “spumeggiante”, consentiteci il gioco di parole. Spensierato ma di carattere ed “empatico” come chi gli dà il nome. Sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper l’Oltrepò pavese Metodo Classico Docg Extra Brut 2016 Gerry Scotti, prodotto da CantineGiorgi a Canneto Pavese (PV).
LA DEGUSTAZIONE Giallo paglierino dorato, si presenta nel calice con un perlage fine e persistente. Il naso è molto fresco, con sentori di frutta bianca, mela, pesca tabacchiera, accenni di fieno e pasticceria. All’assaggio conferma la freschezza espressa all’olfatto.
Il frutto diventa più maturo, il sorso è cremoso e di buon corpo. Dosaggio Extra brut, ha l’acidità ben bilanciata dal corpo e dagli zuccheri. Lo spumante Gerry Scotti risulta molto armonioso e piacevole. Il rapporto qualità prezzo è buono, anche se fuori dalla fascia prezzi medio bassa della Gdo.
Un Metodo classico, insomma, che valica – seppur di poco – la linea Maginot dei “vini democratici” da 10 euro, con cui Scotti e Cantine Giorgi hanno presentato l’iniziativa nel 2017. Ma 12,90 euro sono un prezzo ampiamente giustificato per un Metodo classico Docg dell’Oltrepò pavese.
Buona anche la versatilità del nettare in cucina: lo spumante di Gerry Scotti è apprezzabile come aperitivo, su piatti a base di pesce e, perché no? Anche in accompagnamento a una buona pizza. Il piatto più democratico che sia. Cracco a parte, s’intende.
LA LINEA DI GERRY SCOTTI
L’Oltrepò Pavese Metodo Classico Extra Brut Gerry Scotti è la prima etichetta ad essersi aggiunta alle tre del progetto originale dell’accoppiata Scotti-Cantine Giorgi, nel 2017. Dal lancio sono cambiate un po’ di cose.
È stato accantonato il nome di fantasia “Nato in una vigna” presente in etichetta frontale, una “vigna” che allora aveva fatto discutere. Inoltre, il viso dello zio Gerry non occupa più la scena, sulle bottiglie: un’immagine che, forse, rischiava di distogliere l’attenzione dalla qualità del prodotto, facendo presupporre a una mera operazione di marketing.
La gamma di vini di Gerry Scotti si è evoluta ulteriormente con un Buttafuoco Doc, il ’56, come la data di nascita del noto conduttore televisivo. Un vino prodotto in tiratura limitata: 1956 bottiglie, chiaramente un po’ meno “democratiche” nei prezzi.
All’orizzonte c’è una Bonarda e chissà quale altra sorpresa, per una linea e un progetto che sono tutto, tranne che di immediata comprensione per il pubblico dei supermercati. Sul sito della Cantina Giorgi, partner e produttore dei vini, alla voce “Linea Vini Gerry Scotti”, il tempo si è fermato ai primi tre vini, dell’annata 2016.
“In tv chi usa meno il copione dura di più”, sostiene Gerry Scotti. Diversi film di successo sono stati scritti senza un copione, o addirittura senza un finale. Non resta che seguire la “scalata” di Gerry, nel mondo del vino al supermercato targato Oltrepò pavese.
LA VINIFICAZIONE
L’Oltrepò pavese Metodo Classico Docg Extra Brut 2016 Gerry Scotti è ottenuto da uve Pinot Nero e Chardonnay allevate su terreno calcareo-argilloso, a 250-400 metri sul livello del mare. Le vigne sono esposte a sud, sud-est.
La vendemmia viene compiuta manualmente, con la scelta dei migliori grappoli riposti in piccole cassette, portate immediatamente in cantina per preservare le caratteristiche organolettiche delle due varietà.
Dopo la pressatura soffice avviene la prima fermentazione in acciaio a temperatura controllata, seguita dalla seconda fermentazione in bottiglia, secondo il Metodo classico (lo stesso di Champagne e Denominazioni italiane come la Franciacorta). L’affinamento in bottiglia è di almeno 30 mesi.
Il vino di Gerry Scotti è prodotto dalla Cantina Giorgi a Canneto Pavese, partner del progetto dal 2017. L’azienda storica del territorio è nata nel 1875 ed oggi esporta in 59 paesi del mondo.
Prezzo pieno: 12,90 euro Acquistabile presso: Famila
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Alto Adige Doc Pinot Nero Riserva 2016 Vigna Ganger Girlan
Colore inconfondibilmente “Pinot Nero“. Naso intenso. Fragolina di bosco, spezia nera, sottobosco verde, sasso bagnato. Equilibrio splendido tra la frutta matura e la componente balsamica. Nel retro olfattivo caramello salato, caramella mou, ed il sempre presente frutto di bosco. Infinita la persistenza.
Abbiamo voluto non a caso partire dalla degustazione per descrivere l’Alto Adige Doc Pinot Nero Riserva 2016 “Vigna Ganger” di Girlan. Un’etichetta che si racconta da sola, per la capacità di rappresentare un vitigno, un territorio, una regione. Una nazione. Uno dei volti più prestigiosi del Pinot Nero italiano.
L’uva selezionata viene raccolta a mano a metà settembre e riposta in piccoli contenitori per il trasporto nella cantina Girlan. Qui, un quinto del Pinot Nero viene vinificato a grappolo intero. Passa per gravità nei tini d’acciaio inox, in cui avviene la fermentazione. Un processo durato 25 giorni in occasione della vendemmia 2016.
A fermentazione malolattica avvenuta, Girlan procede con l’affinamento per 20 mesi in barrique e successivamente ad un ulteriore affinamento in bottiglia, che si protrae per 18 mesi. Un vino, il Pinot Nero Riserva 2016 “Vigna Ganger” di Girlan, inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it 2021.
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(3,5 / 5) Intendiamoci subito. Il Bordeaux Abc 2016 Léo de la Gaffelière di Maison Bertrand Revache e in vendita nei supermercati Auchan internazionali, non è uno di quei vini francesi da strapparsi i capelli.
In compenso, è un vino rosso che tiene bene il piatto in un pranzo informale, senza troppe pretese. Un vino degno del prezzo al quale viene proposto a scaffale ai clienti dell’insegna francese.
LA DEGUSTAZIONE
Il Bordeaux Léo de la Gaffelière 2016 si presenta di un rubino poco trasparente nel calice, dai riflessi granati. Al naso sentori di netti di fiori di viola, rosa e frutta matura: ciliegia e lampone in particolare, ma anche fragola stramatura. Un tocco di vaniglia e liquirizia, su ancor più vaghe memorie di cuoio.
Più frutta che spezie e terziari anche in un palato che non soddisfa appieno per presenza e lunghezza. La frutta matura, densa e “marmellatosa”, non brilla in precisione e gioca, specie nel finale, con ricordi di cioccolata fusa. Alcol, in compenso, ben integrato e per nulla disturbante.
Un vino da consumare nei primi anni di vita, per godere al massimo di una struttura, di un corpo e di una freschezza che man, mano vanno scemando.
LA CANTINA
Léo de la Gaffelière ha deciso nel 1999 di intraprendere la strada della viticoltura a Bordeaux fondando Maison Bertrand Revache, di comune accordo con il Léo de Malet Roquefort e il figlio Alexandre.
Da allora si pone come obiettivo quello di rappresentare il terroir locale, con due linee di prodotto: la prima, di cui fa parte il Bordeaux in degustazione, è riservata ai supermercati come Auchan; la seconda è invece dedicata alla ristorazione, alle enoteche e all’hotellerie, ovvero all’Horeca.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Aspetta il Gavi che lui taspetta verticale Gavi Marchese Raggio 2015 2016 e 2017 1
Tre annate di Gavi del Comune di Gavi Docg di Marchese Raggio – La Lomellina (2017, 2016 e 2015) che dimostrano l’assunto: aspetta il Gavi, che lui t’aspetta. Il bianco piemontese, per l’esattezza alessandrino, “invecchia” bene. Il tasting in verticale.
Gavi del Comune di Gavi Docg 2017, Marchese Raggio – La Lomellina (14%): 89/100
Giallo paglierino tenue, ottima luminosità. Primo naso intenso e da subito elegante, fiori bianchi freschi e agrumi, buccia di lime, pesca, ananas e un tocco di radice di liquirizia. In bocca un’ottima freschezza, ingentilita a dovere dai 14% d’alcol in volume. Il sorso si allunga su note di pesca tabacchiera (quella a polpa a bianca) che ricordano il melone bianco, su un sottofondo agrumato e iodico. Bel vino, anche dal punto di vista della gastronomicità.
Gavi del Comune di Gavi Docg 2016, Marchese Raggio – La Lomellina (13%): 87/100
Giallo paglierino pieno, primi flebilissimi riflessi dorati. Naso più profondo, con le note di radice di liquirizia ancora più in primo piano. La frutta non manca. Sono i ricordi di pesca, in particolare, a farsi largo con l’ossigenazione. Ancora più evidente la mineralità, che asciuga il sorso, nonostante il buon apporto glicerico (13%). Il sorso è più snello del precedente, ma salinità e freschezza fungono ancora da spina dorsale. Altro bel vino con cui giocare in cucina. Va detto: fra i 3 in batteria, il più stanco.
Gavi del Comune di Gavi Docg 2015, Marchese Raggio – La Lomellina (13%): 90/100
Giallo paglierino netto, accenni dorati sarcastici. Primo naso su uno sbuffo di idrocarburo, ma è la parte vegetale che sorprende maggiormente. Alla consueta nota di radice di liquirizia si abbinano ricordi di verbena, mentuccia e un tocco mediterraneo, di rosmarino fresco.L’ossigenazione lascia spazio a ricordi umami (per intenderci la salsa di soia o il “mono-glutammato di sodio”, per i tecnici all’ascolto). La complessità olfattiva è degna di un’ulteriore attesa dell’espressione globale del nettare nel calice, a costo che si scaldi un poco.Un rischio che vale la pena di correre, per poi rinfrescare il bicchiere prima dell’assaggio, con un altro goccio. Qualche minuto ancora e nasce un fiore bianco dal giallo luminoso di cui si è ormai vestito il calice: più biancospino che glicine. Un gesto di coraggio, che dà il largo ad altri slanci “giovanili”. Si distingue nettamente una bella componente fruttata, esotica: ananas e pesca sui ricordi d’agrume perfettamente maturo.Ingresso di bocca piuttosto morbido, prima di una buona tensione dettata dall’acidità, ancora viva: il sorso è in definitiva fresco, all’insegna di un vino che ha ancora molto da raccontare, nella sfida col tempo. L’ultima parola, prima della chiusura del sipario, è su un ritorno delle morbide note fruttate avvertite in ingresso, senza che la freschezza ceda affatto il passo.
LA VINIFICAZIONE
L’area di produzione, come suggerisce l’etichetta, è quella del Comune di Gavi, nell’Alessandrino, in Piemonte. I vigneti di Cortese, con esposizione a Sud-Est, si trovano a un’altitudine compresa tra 250 e 280 metri sul livello del mare.
Il suolo è composto da marne sabbiose che conferiscono una resa di 70 quintali per ettaro. Le uve Cortese, utili alla produzione del Gavi del Comune di Gavi Marchese Raggio, vengono raccolte solitamente nella seconda metà di settembre. La vendemmia è manuale, in cassette forate da 20 kg.
Riguarda solo i migliori grappoli che, una volta in cantina, vengono sottoposti a una pressatura soffice e a una successiva fermentazione in recipienti di acciaio inox. La temperatura viene mantenuta costantemente bassa, fino all’esaurimento di tutti gli zuccheri, al fine di preservare gli aromi primari del Cortese.
Il mosto non svolge la fermentazione malolattica e il vino atto a divenire Gavi del Comune di Gavi di Marchese Raggio affina tra i 4 e i 6 mesi in acciaio prima di essere imbottigliato. Per l’immissione in commercio dell’ultima annata occorrono solitamente altri 4 mesi.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sulla scia della stagionalità, che richiede vini freschi che ben si adattano alle temperature estive, ecco l’ottimo Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2016 di Emidio Pepe. Un grande produttore abruzzese, fermo difensore (dal 1964) dei suoi “terroir”, rispetto alle veloci evoluzioni della chimica in viticoltura.
Un fautore, pertanto, di una filiera agricola totalmente biologica. Una filosofia produttiva vincente, che ha permesso alla cantina Emidio Pepe di essere conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
LA DEGUSTAZIONE
Alla vista, quella del Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2016 di Pepe è una delle più belle rappresentazioni di “rosa” della tipologia. Al naso spicca tutto il frutto demandato dalla bacca rossa del Montepulciano d’Abruzzo. Lampone e fragole mature, quasi da confettura, si abbinano al melograno.
Presente anche una parte floreale, dalla trama fitta e delicata. Al palato, il Cerasuolo 2016 di Emidio Pepe si dimostra un vino dalla forte predisposizione alla gastronomia, anche quella più complessa.
Un frutto pertanto persistente, ricco ed intenso a livello aromatico, che contribuisce al bell’equilibrio del vino. L’espressione massima, in tema di abbinamento, può ricercarsi in secondi a base di carne bianca, brodetto di pesce abruzzese, oppure salumi e formaggi (specie dell’Abruzzo) di media stagionatura.
LA VINIFICAZIONE Come da tradizione, le uve della cantina Pepe vengono pigiate ancora con i piedi, in tini di legno, per poi essere vinificate in bianco con una fermentazione senza bucce, in vasche di cemento vetrificate.
L’imbottigliamento e il successivo affinamento avviene senza alcuna filtrazione e conferisce al Cerasuolo autenticità e territorialità. Quella più vocata, per tradizione, all’artigianalità abruzzese.
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Un vino rosato fuori dagli schemi per numero di vitigni assemblati, ben 7, che regala un sorso di grande freschezza, ampio e persistente, nonostante i quattro anni trascorsi dal suo imbottigliamento. Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it l’annata 2016 del Colline Pescaresi Igp Rosato “Plenus Rosa Rosae” prodotto dall’azienda Marina Palusci.
Una tipologia di vino, quella dei rosati, che negli ultimi anni sta vivendo un trend positivo di crescita, che incontra sempre più il favore dei consumatori grazie alla facilità di abbinamento e alla fresca beva. Caratteristiche ritrovate anche in questo calice.
LA DEGUSTAZIONE Dall’assemblaggio dei 7 vitigni nasce un vino di un colore rosa piuttosto scarico, ma di buona consistenza. Il naso è dominato al primo impatto da chiari sentori fruttati di fragoline di bosco e ciliegie, per poi virare su sentori più floreali, intensi e nitidi, con un filo di fumè in sottofondo.
In bocca è ampio, avvolgente, fresco e in perfetto equilibrio grazie all’ottima struttura e alla buona acidità. A tratti al palato ricorda la tessitura e l’austerità del Montepulciano d’Abruzzo ma mantiene una sua identità, con un finale che ricorda la rosa.
Davvero versatile negli abbinamenti in cucina. Plenus Rosa Rosae si accosta bene a fritture di pesce o a pizze gourmet. Si tratta infatti di un rosato che ben sostiene piatti anche mediamente strutturati, grazie alla sua ampiezza e alla sua persistenza.
LA VINIFICAZIONE Questo particolare rosato di Marina Palusci è prodotto con uve Montepulciano d’Abruzzo, Sangiovese, Malvasia, Pecorino, Lambrusco Salamino, Trebbiano e Moscato Rosa. La fermentazione avviene in maniera spontanea, con lieviti indigeni presenti naturalmente sulle bucce.
Le uve raccolte, diraspate e pressate, vengono messe in serbatoi di acciaio dove sostano fermentando per circa 18 giorni. Segue un periodo sulle proprie fecce di circa 10 mesi. Prima dell’immissione in commercio, il Colline Pescaresi Igp “Plenus Rosa Rosae” affina 6 mesi in bottiglia, imbottigliato con tappo a vite.
L’azienda Marina Palusci si trova a Pianella sulle dolci colline dell’entroterra pescarese ed è capitanata da Massimiliano D’Addario, un giovane dalle idee chiare e vincenti. Produce principalmente olio extravergine di oliva di grande qualità (12 tipi) in regime di agricoltura biologica e biodinamica.
Dal 2008 l’azienda ha avviato anche la produzione di vini, in un raggio di vigneti che si estendono complessivamente per circa 2 chilometri. Otto appezzamenti allevati principalmente a Montepulciano, Passerina e Pecorino dai quali nascono vini non filtrati, non stabilizzati e senza nessun additivo chimico in cantina.
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Bianchi e rossi i migliori assaggi allAnteprima Sagrantino 2016 9
Dal nuovo logo del Consorzio alla prova del calice, passando per la “formula” della degustazione, aperta per la prima volta ai vini bianchi. Mai così ricca di novità l’Anteprima Sagrantino, andata in scena lunedì 24 e martedì 25 febbraio in Umbria. Protagonista la vendemmia 2016 del Montefalco Sagrantino Docg 2016 secco e passito, oltre a Montefalco Rosso Doc (2013/2018), Montefalco Rosso Doc Riserva (2014/2017), Montefalco Bianco Doc (2018-2019), Montefalco Grechetto Doc (2018-2019) e agli altri bianchi rientrati di recente sotto l’egida del Consorzio Tutela Vini Montefalco: Spoleto Doc Trebbiano Spoletino (2018-2019) e Spoleto Doc Trebbiano Spoletino Superiore (2017).
Dagli assaggi traspare lo “sguardo dritto verso il futuro” dei produttori che hanno preso parte ad Anteprima Sagrantino 2016. Nei calici tante interpretazioni, più o meno convincenti, di una modernità stilistica che non vuole “tralasciare radici e storia”.
Cifra riassunta nel restyling del logo consortile affidato a Michela Bastianelli, con l’obiettivo di “conservare e rafforzare l’identità dell’ente, attraverso una veste grafica contemporanea”. Il tutto riassunto nella fierezza del falco, animale scelto per comunicare la solidità e affidabilità di un ente che si pone grandi obiettivi per il futuro.
Il primo è certamente quello di continuare sul percorso di affermazione di un Sagrantino godibile sin dai primi 4-5 anni dalla vendemmia, a dispetto delle grandi “concentrazioni” del passato. Il lavoro sul tannino di aziende simbolo del territorio come Arnaldo Caprai la dice lunga sull’argomento.
Un fenomeno che avvicina l’Umbria al Veneto, coi produttori di Amarone della Valpolicella impegnati da anni nella stessa direzione, sul loro vino “da appassimento”. Tra le sfide delle aziende associate al Consorzio anche la consacrazione dell’anima bianchista, col Grechetto che si conferma su buoni livelli all’Anteprima, nella media.
È ancora tutta da scrivere, invece, la storia del Trebbiano Spoletino. Impossibile, al momento, tracciarne un profilo univoco, tra macerazioni più o meno spinte e la possibilità di ascriverlo – da un minimo del 50% fino alla vinificazione in purezza – anche nel Montefalco Bianco (come ha fatto Tenuta Alzatura con “Aria di Casa“).
“La vera forza del Trebbiano Spoletino è proprio questa, la diversità”, dice senza mezzi termini a WineMag.it Devis Romanelli. “Andranno piuttosto risolti i problemi dell’imbottigliamento fuori zona – continua il vignaiolo di Colle San Clemente – dal momento che il percorso per l’ottenimento delle deroghe è lungo e insidioso”.
Godono comunque di buona salute i vini di Montefalco, che rappresentano il 16,7% della produzione di vino in Umbria. Posizione dominata in particolare da Montefalco Sagrantino Docg (6,3%) e Montefalco Doc (10,4%).
Non a caso, la superficie di vigneto iscritta a Docg ha visto un incremento significativo dal 1992 al 2018, pasando da 66 ettari a 760 ettari. Dal 2000 ad oggi la produzione del Sagrantino è quasi triplicata: da 660 mila a circa 1.5 milioni di bottiglie.
Sul territorio operano 164 viticoltori e 75 imbottigliatori, sempre più interessati anche alla produzione di Sagrantino Passito, aumentata del 17% nel 2019, rispetto all’anno precedente (7% del totale della Docg).
Interessante la crescita dei bianchi, che rappresentano il 10% della Doc: 8% Montefalco Grechetto e 2% Montefalco Bianco. Vini, quelli perugini, che registrano tassi di export del 35%, con Stati Uniti (13%), Germania (5%), Giappone (3%), Inghilterra (3%), Svizzera (3%), Cina (3%), che si dividono i primi gradini del podio, seguiti da altri 40 Paesi nel mondo.
BIANCHI E ROSSI: I MIGLIORI ASSAGGI ALL’ANTEPRIMA SAGRANTINO 2016
Montefalco Bianco Doc 2018 Scacciadiavoli: 90/100 Vino che gioca sulla larghezza, più che sulla verticalità. Frutto preciso e bella salinità su note burrose.
Montefalco Bianco Doc 2018 “Aria di Casa”, Tenuta Alzatura: 91/100 Naso complesso, tra fiori di campo e richiami esotici, di frutta a polpa bianca e gialla. Non mancano ricordi di nocciola, derivanti dal legno. Gran salinità e freschezza su ritorni cremosi. Vino di prospettiva.
Montefalco Grechetto Doc 2018 “Nido del falco”, Vignabaldo Group (Broccatelli Galli): 90/100 Direttamente dalla linea “Selezioni”, un Grechetto a dir poco sorprendente. Naso complesso, tra il frutto esotico e i freschissimi ricordi di mentuccia, finocchietto, anice e salvia. Al palato un bel frutto, pieno, polposo, supportato da mineralità e freschezza. Ottima la persistenza.
Montefalco Grechetto Doc 2019, Colle Ciocco – Agricola Spacchetti: 89/100 Una interpretazione ben riuscita, che nobilita il vitigno nel suo impiego a tavola: un vino di gran gastronomicità.
Montefalco Grechetto Doc 2019, Scacciadiavoli: 88/100 Bella materia al sorso, polpa, succo. Non disdegnerà qualche mese in più sulle spalle.
Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Anteprima Tonda” 2018, Antonelli: 93/100 Giallo dorato, anice, finocchietto, frutto. Gran materia al palato, lungo, corrispondente, sale dosato sul frutto. Un bianco che, come pochi, riesce a coniugare percezioni marine a ricordi “montani”.
Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Trebium”, Antonelli: 91/100 Tra le espressioni più schiette di Trebbiano Spoletino dell’Anteprima Sagrantino 2016: portabandiera del vitigno, utile a comprenderne le ottime doti “immediate” e quelle d’allungo.
Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018, Terre di San Felice: 91/100 Sorso pieno, di struttura, eppure cremoso: ottimo compromesso tra durezze e morbidezze. Sale, frutto, materia. Giovanissimo.
Trebbiano Spoletino Spoleto Doc Superiore 2017, Le Cimate: 89/100 Vino che ha tutto. Bella l’espressione del frutto, pieno e carnoso, sulla mineralità. Vino di gran gastronomicità.
Montefalco Rosso Doc 2018, Agricola Mevante: 89/100 Gran prova sul frutto, per un vino che troverà la sua migliore forma solo dopo essersi stiracchiato per bene in bottiglia, al termine dell’ulteriore (necessario) affinamento. Etichetta, però, su cui scommettere sin d’ora.
Montefalco Rosso Doc 2017, Montioni: 90/100 Vino profumatissimo e dalla gran beva. Sorprende appunto al palato, per la capacità di coniugare una gran presenza e un tannino di prospettiva a una freschezza assoluta, che chiama un sorso dopo l’altro, oltre all’abbinamento con i piatti della migliore tradizione locale e italiana.
Montefalco Rosso Doc 2017, Fongoli: 89/100 Gran lavoro sui primari e sulla maturità del tannino. Ne risulta un vino gradevolissimo, tutto frutto (preciso), materia, succo. Uno di quei rossi da bere col secchio, capaci di rispecchiare l’anima gentile di un territorio tendenzialmente ruvido, grazie a una grande capacità agronomica ed enologica.
Montefalco Rosso Doc 2017, Arnaldo Caprai: 88/100 Gran bel naso complesso, tra frutto maturo e radice, talco, mentuccia. In bocca una gran scorrevolezza, tutt’altro che banale. Tannino elegante e di prospettiva.
Montefalco Rosso Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 91/100 Naso molto intrigante, tra frutto succosissimo e accenni goudron. Ottima corrispondenza gusto olfattiva per una beva piena, su un frutto precisissimo. Tannino disteso ma ancora in grado di dire la sua nel sorso, prima di una chiusura vagamente salina. Complessità ed eleganza.
Montefalco Rosso Doc 2016, Romanelli: 89/100 Grandissimo lavoro sul tannino, di estrema eleganza. Allungo sul frutto, succosissimo. Ritorni goudron e liquirizia in chiusura. Beva instancabile.
Montefalco Rosso Doc 2016 “Boccatone”, Tabarrini: 90/100 Bel naso, tutto sull’espressività assoluta del frutto, rinvigorito dalla spezia. In bocca un tannino fitto, elegante. Nettare capace di abbinare una certa robustezza a una gran freschezza e bevibilità. Gastronomico.
Montefalco Rosso Riserva Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 92/100 Vino di gran pienezza, importante, godibile oggi ma di prospettiva. Frutto maturo, succoso (amarena, prugna) tannino in integrazione, elegantissimo. Bei ritorni speziati, in chiusura, su un allungo fresco.
Montefalco Sagrantino Docg 2016 2016 “Colle alla Cerqua”, Tabarrini: 95/100 Chicca assoluta dell’intera Denominazione. Naso e palato si litigano le lodi su un frutto carnoso, tutto da mordere e succhiare. Non viene assolutamente meno l’eleganza, tratteggiata da una certa mineralità e ancor più da un tannino pregevolissimo. Ritorni speziati in un allungo di gran persistenza.
Montefalco Sagrantino Docg 2016, Romanelli: 92/100 Splendida interpretazione, a cavallo fra tradizione e modernità. Un Sagrantino pieno ed elegante: frutto di grandissima precisione, così come il tannino. Fresca e lunga la chiusura.
Montefalco Sagrantino Docg 2016 “Valdimaggio”, Arnaldo Caprai: 91/100 Naso suadente, tutto su un frutto preciso, tra la ciliegia, il lampone e la fragolina, oltre a sbuffi speziati, preziosi. Ottima la corrispondenza gusto olfattiva. In bocca gran pienezza, ma soprattutto un tannino di estrema eleganza.
Montefalco Sagrantino Passito Docg 2016, Il Torrione: 94/100 Parola d’ordine “equilibrio” per questo splendido passito, unico a rientrare tra le nostre menzioni: freschezza da vendere sull’esplosività e concentrazione del frutto. Persistenza infinita.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Circa sessanta produttori nazionali ed internazionali hanno animato la due giorni di “Viva la Vite” 2020 all’ex Aurum di Pescara. La manifestazione, giunta alla terza edizione il 16 e 17 febbraio, ha l’obiettivo di “valorizzare i vini artigianali e naturali“. Spazio anche allo Champagne.
Organizzazione sempre più ricca, a cura dell’omonima Associazione Culturale pescarese “Viva la Vite”. Ottima la risposta del pubblico ai banchi di assaggio, ma anche alle conferenze e ai laboratori che hanno visto protagoniste etichette italiane ed estere.
I MIGLIORI ASSAGGI A VIVA LA VITE 2020
Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2015, Praesidium Praesidium si conferma un punto fermo a livello regionale delle filiere naturali. L’azienda ha sede a Prezza (l’Aquila). Le sue coltivazioni sono esclusivamente biologiche per il tramite del sovescio e del favino. In degustazione il Montepulciano Doc Riserva 2015.
Dalla macerazione a contatto con le bucce delle uve Montepulciano d’Abruzzo e dal lungo periodo di maturazione nascono le Riserve, si tratta di vini rossi longevi e complessi. Il 2015 degustato, seppur ancora giovane, appare già ben delineato grazie alla vinificazione con fermentazione spontanea in botti di acciaio e macerazione di 12 giorni.
Affinamento di circa 24 mesi in botti di rovere di Slavonia. Ulteriori 6 mesi in bottiglia. Al naso profumi che ricordano la frutta rossa matura con note speziate e balsamiche. Al palato è un vino avvolgente, caldo, con tannino amalgamato nella massa e con un ottima persistenza. Sarebbe interessante degustarlo tra qualche anno.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2016, Amorotti Azienda ubicata a Loreto Aprutino, notoriamente famosa per le celebri produzioni dell’azienda agricola Valentini. Caratteristica dell’azienda risiede nell’ utilizzo di soli cristalli di rame e zolfo, con esclusione di diserbanti e concimi chimici.
Abbiamo degustato la produzione di Montepulciano annata 2016. Alla vista il vino si presenta rosso rubino; e al naso invaso da chiari profumi di frutta rossa ben matura, riempie la bocca per la sua pienezza ed il suo corpo con evidenti sfumature fruttate e minerali. Un vino artigianale di grande prospettiva.
Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018, Nic Tartaglia
Azienda estesa per una decina di ettari presso Alanno (Pescara). Produzioni sincere e senza fronzoli, potremmo definirli “come natura crea”. In degustazione abbiamo scelto il Cerasuolo d’Abruzzo Doc vendemmia 2018.
Caratteristico il suo colore rosato di media intensità, al naso gradevoli note di frutta sia bianca che rossa, in particolare pesche ed amarene. In bocca di buona morbidezza ed intensità.
Si potrebbe ben accompagnare a preparazioni che prevedano anche l’utilizzo di pomodoro, ad esempio brodetti di pesce non molto elaborati del vastese oppure pizza.
Spumante Metodo classico Brut Nature Rosé Viktorija, Slavcek Ci spostiamo virtualmente in Slovenia, su una produzione “Triple A”. Azienda condotta da Franc Vodopivec. Questo spumante viene realizzato con i vitigni Rebosco 90% e Merlot 10%. La macerazione per 6 ore con le bucce, fermentazione spontanea in contenitori di acciaio e affinamento negli stessi per 1 anno sulle fecce fini.
La vendemmia successiva avviene con rifermentazione in bottiglia con mosto fresco di Merlot proveniente dalla stessa vigna. Sboccato dopo circa 7/8 mesi con una piccola aggiunta dello stesso vino.
Un classico vino spumante rosato, dal naso marcatamente fruttato a tratti vinoso. In bocca il sorso è fresco e minerale. Lo immaginiamo di facile abbinamento con pesce, crostacei e salumi. Azienda che merita senz’altro una sosta.
Trebbiano d’Abruzzo Doc 2018, Azienda Agricola Santoleri
Siamo a Guardiagrele (CH), più precisamente in località Crognaleto, azienda ora diretta da Giovanni Santoleri che oltre alle produzioni vitivinicole cura anche delle eccellenti produzioni di farine ed oli. I cicli naturali della vigna sono alla base della filosofia per la realizzazione di ottimi vini.
Il Trebbiano d’Abruzzo doc 2018 degustato si presenta alla vista giallo paglierino ed al naso fruttato e floreale, si distingue in modo marcato l’acacia. In bocca il vino risulta sin da subito armonico e con una punta di sapidità non invadente. Un vino di corpo ed armonico reso elegante anche da una giusta freschezza.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2008, Azienda Agricola Santoleri
Altra produzione dell’azienda di Santoleri in rassegna a Viva la Vite 2020 di Pescara: sotto i riflettori il vitigno principe della regione, dodici anni trascorsi ma questo Montepulciano è ancora longevo.
Il suo colore rosso rubino invita ad una lunga bevuta, confermata in bocca grazie ad un gusto pieno, con un tannino ancora equilibrato e con alcuni piacevoli sentori conferiti dal legno, anticipati in precedenza all’olfatto, vaniglia su tutti.
Annata difficile quella 2008 a causa delle insistenti piogge ma che in tal caso ha messo in risalto tutte le potenzialità del nobile vitigno abruzzese. Una certezza regionale, da provare anche gli altri prodotti dell’azienda.
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Anteprima Amarone 2016 meglio le prove di botte delle bottiglie. Ed è un bene 18
VERONA – Diciotto vini già in bottiglia e trentasei “prove di botte”, ancora in affinamento. Questi i numeri di Anteprima Amarone 2016, l’annuale kermesse che ha visto protagonista il rosso simbolo della Valpolicella nella giornata di ieri, sabato 1 febbraio.
Dopo l’esordio con la stampa, il Palazzo della Gran Guardia apre oggi al pubblico di appassionati, dalle 10:00 alle 20:00. Si potrà degustare l’ultima annata immettibile per legge in commercio, la 2016 per l’appunto.
La prova del calice dimostra quanto l’Amarone della Valpolicella sia una Denominazione in profonda trasformazione, che non ha ancora trovato un’uniformità stilistica definitiva. I tanti tentativi di alleggerire il sorso, per venire incontro ai desiderata dei nuovi consumatori, non vanno sempre a buon fine.
Dall’analisi dei 54 campioni in degustazione emerge una buona percentuale di vini scheletrici, senza materia. Vini che si perdono al naso e scivolano via troppo in fretta, al palato. Il tentativo esasperato di mettere “a dieta” l’Amarone ha effetti devastanti su alcuni dei vini della vendemmia 2016.
In questo quadro poco consolante, c’è ancora chi riesce a fare grandi Amaroni, capaci di abbinare materia, frutto, succosità e freschezza, senza sforare nelle esuberanze delle confetture o nelle penitenze monastiche delle strutture. Vini, questi, che convincono parlando pressoché al futuro.
Già, perché ad Anteprima Amarone 2016 sono proprio le “prove di botte” a raccontare le cose più belle, immaginandone le prospettive. Un buon segno se si considera qual è la dimensione cui aspira l’Amarone, pur nella fase di riassestamento della Denominazione.
Ovvero restare un vino rosso da lungo affinamento, capace di regalare emozioni a distanza di molti anni dalla vendemmia. Di seguito i migliori assaggi e tutti i punteggi assegnati da WineMag.it in occasione della degustazione alla cieca.
19. Domini Veneti by Cantina Valpolicella Negrar, Classico (bottiglia): 85/100
20. Falezze di Luca Anselmi (bottiglia): 85/100
21. Fasoli Gino, “Alteo” (botte): 85/100
22. Fattori (botte): 88/100
23. Gamba, Classico “Campedel” (botte): 86/100
24. Giovanni Ederle (bottiglia): 88/100
25. I Tamasotti (botte): 93/100
26. Ilatium Morini, “Campo Leon” (botte): 85/100
27. La Collina Dei Ciliegi, Valpantena (bottiglia): 86/100
28. Lavagnoli (bottiglia): 85/100
29. Le Bignele, Classico (botte): 83/100
30. Le Guaite Di Noemi (botte): 93/100
31. Monte Del Frà, Classico “Tenuta Lena di Mezzo” (bottiglia): 89/100
32. Monteci, Classico (botte): 92/100
33. Cantine Giacomo Montresor, Classico “Capitel della Crosara” (botte): 90/100
34. Novaia, Classico “Corte Vaona” (botte): 89/100
35. Pasqua Vigneti e Cantine (botte): 89/100
36. Riondo – Collis (botte): 88/100
37. Roccolo Grassi (bottiglia): 88/100
38. Santa Sofia, Classico (botte): 87/100
39. Santi, Classico “Santico” (botte): 86/100
40. Sartori, Classico “Reius” (botte): 92/100
41. Secondo Marco, Classico (botte): 94/100
42. Selùn di Marconi Luigi, Classico “Fiori del Pastello” (botte): 88/100
43. Tenuta Chiccheri (bottiglia): 84/100
44. Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani, Classico Riserva (botte): 90/100
45. Tinazzi, “Ca’ de’ Rocchi – La Bastia” (bottiglia): 89/100
46. Valentina Cubi, Classico “Morar” (botte): 84/100
47. Vigna ‘800, Classico (botte): 91/100
48. Vigneti Di Ettore, Classico (bottiglia): 87/100
49. Villa Rinaldi, “Corpus” (botte): 83/100
50. Villa San Carlo (botte): 88/100
51. Zanoni Pietro (botte): 84/100
52. Zeni 1870, Classico “Vigne Alte” (bottiglia): 88/100
53. Zýmē di Celestino Gaspari, Classico (botte): 91/100
54: F.lli Degani, Classico “La Rosta” (bottiglia): 82/100
IL COMMENTO DEL CONSORZIO
Per Andrea Sartori, presidente del Consorzio Tutela vini Valpolicella: “Archiviamo un’edizione che ha sancito, tra le altre cose, il successo di vendite dello scorso anno sia all’estero che in Italia”.
“Guardiamo al 2020 consapevoli di poter contare su un’eccellente nuova annata – continua il massimo rappresentante dell’ente veronese – ma anche preoccupati per il moltiplicarsi di incognite sulle principali piazze internazionali. Servirà per questo intensificare gli sforzi e le professionalità con l’obiettivo di monitorare e ascoltare sempre di più i mercati e le tendenze dei consumi globali”.
Per il direttore del Consorzio Tutela vini Valpolicella, Olga Bussinello: “In questa ottica, anche il Consorzio lavorerà ancora di più sull’osservazione delle dinamiche socioeconomiche del territorio per combinare nel migliore dei modi le caratteristiche produttive con quelle dell’offerta. Il protocollo d’intesa che faremo a breve con Avepa va in questa direzione e ci fornirà un outlook importante e aggiornato per le politiche di filiera da adottare in Valpolicella”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ci sono legami profondi rimasti inspiegabilmente nascosti, oscuri. Custoditi nelle pieghe dei libri di storia, più che tra le colonne di inchiostro delle pagine, lasciate in testamento ai posteri. È il caso del Gamay del Trasimeno, vitigno della famiglia dei Grenache, diverso da quello di Borgogna. Se ne ha notizia, in Umbria, dalla metà del XV secolo. Col Colli del Trasimeno Doc Gamay 2016 “C’osa” di Madrevite si fa pace coi libri e con la storia. Un’etichetta manifesto di un movimento in crescita, che va ben oltre il marketing. Nel segno della qualità.
LA DEGUSTAZIONE
Rosso rubino luminoso, trasparente, dall’unghia che tende al rosato. Ampie lacrime segnano come graffi il petto del calice: unico segnale tangibile dei 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, che al naso prima e al palato poi, paiono impercettibili e integrati al corredo.
Avvicinando il naso al calice, col passare dei minuti, si comprende la natura estremamente cangiante del nettare: “C’osa” gioca a regalare nuovi sentori ogni 2, 3 minuti. Fino a che la bottiglia svanisce, senza neppure accorgersene.
Il naso si apre sui fiori e sulla frutta. Percezioni ammalianti di rosa e di violetta, unite a croccanti ricordi di ribes e di lampone maturo, anticipano sbuffi leggeri di pepe nero. Giunge in un secondo momento l’agrume, che porta la mente dritta a certi Beaujolais della Moulin à Vent.
Mentre la spezia si fa sempre più viva, ecco avanzare sentori terziari di vaniglia bourbon e liquirizia dolce, così come note di brace e fondo di caffè. Non manca, nel Gamay del Trasimeno di Madrevite, la macchia mediterranea, concentrata tra l’alloro e il rosmarino.
L’assaggio è carico di aspettative, che non vengono deluse. Si evolve come il naso, dalla frutta ai terziari, fino a guadagnare ricordi vegetali. Dal succo alla leggera percezione tannica, in un quadro di perfetta armonia ed equilibrio. A fare da sottofondo, una venatura salina che da un lato tende il sorso, dall’altro rende irresistibile la beva.
Il Colli del Trasimeno Doc “C’Osa” 2016 di Madrevite è un vino moderno, sincero e unico, perfetto per un consumo a tutto pasto, specie se in abbinamento a pietanze a base di carne. Per la precisione dei sentori e l’intrinseca concettualità, si presta a un consumo in solitaria, prima del pasto, condito da chiacchiere e sorrisi. Un vino spensierato, che fa pensare.
LA VINIFICAZIONE
Si tratta dell’etichetta di punta della cantina umbra Madrevite. “C’Osa” 2016 è stato affinato un anno in barrique francesi di secondo passaggio. La commercializzazione è iniziata a 6 mesi dall’imbottigliamento, per consentire al nettare di stabilizzarsi e iniziare a trovare a il suo equilibrio.
A tre anni dalla vendemmia, ottenuta tramite un’attenta selezione delle uve Gamay del Trasimeno raccolte nei vigneti di proprietà della cantina, nell’areale di Castiglione del Lago (PG), il vino si presenta in una interessante fase di pienezza evolutiva.
Il nome Madrevite riprende quello dell’omonimo strumento che veniva usato dai vignaioli umbri per fissare l’usciolo, la porticina frontale delle botti di legno. Un legame con il passato che guida la famiglia Chiucchiurlotto da tre generazioni, a partire dal 2001.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Puglia Top Wines Road Show i 10 migliori assaggi a Milano
MILANO – Si è aperto ieri, con il banco di degustazione di 60 etichette al The Westin Palace e una buona risposta del pubblico, il Puglia Top Wines Road Show. Il “tour metropolitano” dei vini pugliesi a Milano, organizzato dal Movimento Turismo del Vino Puglia, prosegue fino al 17 novembre (qui il calendario), per promuovere le etichette dei soci di Mtv Puglia. Tra i 10migliori assaggi di WineMag.it qualche conferma e qualche novità assoluta.
I MIGLIORI ASSAGGI DEL PUGLIA TOP WINES ROAD SHOW
VINI BIANCHI – Salento Igt Verdeca 2018 “Askos”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR) È della cantina rivelazione del Puglia Top Wines Road Show a Milano il vino bianco che convince maggiormente al The Westin Palace. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, si mostra generosa al naso, su ricordi esotici, agrumati e leggermente speziati. Alla cieca, potrebbe essere scambiato per un altoatesino.
In bocca una Verdeca che mostra di avere molte più carte da giocarsi della semplice freschezza. A convincere è tutta la linea di questa realtà brindisina, che ha avviato un progetto di ricerca, selezione e valorizzazione dei vitigni autoctoni pugliesi.
– Gravina Dop Bianco 2017 “Poggio al Bosco”, Cantine Botromagno (Gravina di Puglia, BA) Una dama. Greco Mascolino, Greco e Malvasia per un vino riconoscibile tra mille nel panorama dei bianchi pugliesi. A un naso di mare e di frutta esotica polposa, abbina un palato di buona struttura, gran freschezza e sensazionale gastronomicità.
Una vera e propria chicca, frutto di un cru situato a 600 metri sul livello del mare; una zona incontaminata, al confine con il più importante polmone verde della Puglia Centrale, il Bosco Difesa Grande. Un vigneto impiantato nel 1991 con uve selezionate in collaborazione con l’Università di Agraria della Basilicata.
VINI ROSATI
– Salento Rosato Igp 2016 “Diciotto Fanali”, Apollonio (Monteroni di Lecce, LE) Una vecchia conoscenza dei lettori di WineMag.it: la vendemmia 2015 è infatti tra i migliori 100 vini 2018 della nostra testata. La casa di Monteroni di Lecce si conferma ad altissimi livelli anche con la vendemmia 2016. Un Negramaro in purezza, vinificato in rosa, ottenuto da vecchie vigne ad alberello. Frutto, consistenza, struttura.
– Nero di Troia Igp Murgia Rosato 2018, Azienda Agricola Mazzone (Ruvo di Puglia, BA) Altra nostra vecchia conoscenza, il “Dandy” di Mazzone. Fa parte della linea “Trendy”, con “Trousse”. Anche la vendemmia 2018 dimostra che, oltre al marketing, c’è la sostanza. Un rosato materico, che a una freschezza esemplare abbina il frutto croccante del vitigno (ciliegia, ribes) e un’ottima persistenza.
VINI ROSSI
– Castel del Monte Rosso Riserva Docg 2013 “Il Falcone”, Azienda Vinicola Rivera (Andria, BT) Fuori di metafora, vino che annata dopo annata si conferma al top della produzione di vini rossi della Puglia, in termini di finezza, eleganza e tipicità. Ottenuta da una base di Nero di Troia, la Riserva di Rivera si rivela suadente al naso, su ricordi di viola e ciliegia. Corrispondente al palato, dove dà il meglio di sé in un quadro di ottima corrispondenza. Tannini finissimi, struttura importante ma non prepotente, ha una lunga vita davanti.
– Primitivo Salento Igt 2017 “Askos”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR) Delicatezza, eleganza, potenza. Può un vino coniugarle? La riposta è nel calice di “Askos”, Primitivo giocato sulla sottigliezza dei sentori, più che sulla classica grassezza e polposità del frutto. Dopo un naso preciso e giocoso, tra ciliegie, mirtilli e cannella, il palato regala un sorso mutevole: l’ingresso è una spremuta, un frullato. Ma già in centro bocca, freschezza e tannino, uniti a ricordi di pepe, riportano la beva su canoni seriosi. Il finale è lungo ed elegante.
– Negroamaro Salento Igp 2015 Collezione Privata Cosimo Varvaglione, Varvaglione (Leporano, TA)
Eleganza e potenza per questo Negroamaro che fa parte della collezione privata di casa Varvaglione. Pregevole, al naso, la pulizia delle note fruttate spiccatamente mature, sferzata da richiami pepati, di spezie dolci e di liquirizia. Al palato il vino si conferma “importante” e strutturato. La freschezza compensa le note fruttate mature e la vena balsamica regala una beva corposa ma agile. Vino di assoluta gastronomicità.
– Salento Igt 2017 “Mlv”, Masseria Li Veli (Cellino San Marco, BR)
Il “taglio” con percentuale di vitigni internazionali più centrato del Puglia Top Wines Road Show di Milano. In questo caso Cabernet Sauvignon al 30%, completato da Primitivo (40%) e Negroamaro (30%).
Naso intenso e profondo, sui frutti di bosco e sulla spezia. Al palato rivela una struttura potente ma elegante. Il tannino tiene a bada la grassezza del frutto e la chiusura risulta così asciutta, giocata su pregevoli ritorni terziari, tra la liquirizia e il fondo di caffé.
– Castel del Monte Doc Nero di Troia 2017 “Violante”, Azienda Vinicola Rivera (Andria, BT) Frutto abbinato a una struttura non banale per uno dei rossi di Rivera che conduce verso il top di gamma, costituito da “Il Falcone”. La base vitigno, del resto, è sempre il Nero di Troia. L’affinamento in cemento, dopo un naso floreale, fruttato e leggermente speziato, regala freschezza e piacevolezza al sorso.
– Nero di Troia Puglia Igp 2016 “Sico”, Cantine Le Grotte di Pasquale dell’Erba (Apricena, FG) Giovane cantina fondata nel 2014 nella provincia foggiana. Mora netta al naso per il Nero di Troia “Sico”, con spolverate di spezia nera. Buona corrispondenza al palato, morbido e goloso, ma senza risultare banale. Buona anche la persistenza, su ricordi di erbe e macchia mediterranea.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Cembrani Doc un vino al giorno per scoprire la Val di Cembra in una settimana 8
È il regno dei muretti a secco, con ben 708 chilometri che si rincorrono tra le viti verticali, ma soprattutto di grandi vini bianchi, degni del ricco panorama del Made in Italy enologico. La Val di Cembra, in Trentino, rappresenta uno dei territori dal maggior potenziale di crescita, nel Bel paese. Merito anche del Consorzio Cembrani Doc.
Sette i vini proposti in degustazione dall’associazione di produttori trentina in occasione della XXXII Rassegna Internazionale Müller Thurgau. Tutte etichette “di territorio”, rispettose di un logo – quello, appunto, del Consorzio Cembrani Doc – che rappresenta un bicchiere di vino stilizzato, composto dalle iniziali “C” e “D”, riempito con i profili dei muretti a secco, circondati dalle viti e lambiti dal fiume Avisio, che nei secoli ha eroso i declivi.
“Abbiamo scelto un prodotto per azienda in degustazione – spiega Mara Lona, referente dei Cembrani – per mostrare che Valle di Cembra non significa solo Müller Thurgau, ma che la varietà di vitigni meritevoli d’attenzione nella nostra zona è più ampia”.
SETTE VINI PER SCOPRIRE LA VALLE DI CEMBRA
1)Spumante Metodo Classico Brut 2011 “Cimbrus”, Alfio Nicolodi: 88/100
Sboccatura luglio 2018 per questo Champenoise prodotto con l’antica uva Lagarino bianco, salvata dalla scomparsa da produttori attenti e appassionati come Alfio Nicolodi. Basti pensare che nell’intera Valle di Cembra se ne lavorano annualmente 15 mila quintali.
Perlage fine alla vista per questa bollicina non convenzionale. Al naso i marcatori tipici degli spumanti di montagna: alla frutta tendente al maturo (pesca) si affianca una nota burrosa, cremosa, oltre a freschi sbuffi di erbe alpine.
In bocca colpisce per la gran freschezza, balsamica, che sorregge il sorso verso una chiusura mentolata, piena, molto più dell’ingresso fruttato. In centro bocca, la nota minerale segna un punto di stacco di questo Metodo classico ancora in evoluzione.
I vigneti di Lagarino bianco di Nicolodi si trovano a 600 metri sul livello del mare e affondano le radici su terreni porfirici, anche se il vignaiolo ha già impiantato a mille metri di altezza. La varietà si distingue infatti per l’altissima resistenza alle temperature rigide invernali, alle sferzate di vento e alla peronospora più che all’oidio.
Per questo è presente in Valle di Cembra, oltre che per la notevole vigoria produttiva. Può arrivare tranquillamente a 150 quintali per ettaro, ma Alfio Nicolodi contiene la produzione tra i 95 e i 105 quintali ettaro.
La caratteristica che rende il Lagarino bianco perfetto per la spumantizzazione è però la notevole acidità, misurabile analiticamente. La raccolta avviene tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre, a piena maturazione.
Il grappolo – tra i 16 e i 22 centimetri di lunghezza e i 6, 7 di circonferenza – è a spirale, con un’aletta. La buccia degli acini e sottilissima. Un vitigno da valorizzare, che merita grande attenzione.
Approfitta ora della promozione per i lettori di WineMag.it
2) Igt Vigneti delle Dolomiti 2017 “708 chilometri Cembrani Bianco”, Cembrani Doc: 89/100
È stata messa sul mercato da pochi giorni questa etichetta prodotta grazie a una selezione di uve del 90% degli associati del Consorzio Cembrani Doc. Il nome del vino richiama l’estensione dei muretti a secco in Valle di Cembra.
Solo 2500 bottiglie: una tiratura limitata per questo blend di Müller Thurgau (60%) e Riesling (40%). Giallo paglierino pieno, luminoso.
Naso balsamico, di talco e fiore del sambuco, accenno di radice di liquirizia e di idrocarburo. Sorso piuttosto rotondo e morbido, dominato da frutta matura come pesca e litchi.
Salinità e freschezza controbilanciano le percezioni fruttate “grasse” e accompagnano verso un retro olfattivo pieno. Prima annata nel 2013 per questa etichetta “di Consorzio”. Si passa poi a 2015, 2016 e, appunto, 2017.
3) Vigneti delle Dolomiti Igt Müller Thurgau 2018, Azienda Agricola Simoni: 85/100 Vino che si distingue per la gran facilità di beva: un’espressione di Müller Thurgau sincera, tradizionale e artigianale. Naso suadente e palato che mostra la gioventù del nettare. Bei risvolti minerali in chiusura, che allungano la persistenza e complessità del sorso. Quattromila le bottiglie complessive.
L’Azienda Agricola Simoni è stata fondata nel 1918 da Giuseppe Simoni, che ha trasmesso la sua passione alle successive tre generazioni. I vini prodotti sono frutto dei vigneti del Comune di Giovo, contraddistinti da un terreno calcareo che contribuisce ad esaltare le note minerali.
4) Trentino Doc Müller Thurgau 2016 “Vigna delle Forche”, Cembra Cantina di Montagna: 93/100
Si tratta di uno dei progetti di vigneto di “alta quota” di Cembra Cantina di Montagna, situato a 872 metri di altezza. Uno studio svolto in collaborazione con l’Istituto agrario di San Michele all’Adige (TN), che ha mappato tutta la Val di Cembra nell’ottica di una sua zonazione.
Colore invitante e tipico – giallo paglierino con riflessi verdolini – e naso molto intrigante. Origano, macchia mediterranea, salvia, nota talcata, sambuco e burrosa. In bocca salino e verticale in ingresso.
Gioca su note corrispondenti, in un quadro di perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Chiude minerale e balsamico, su un’infinita persistenza. Seimila bottiglie complessive per l’ottimo “Vigna delle Forche”.
5) Igt Dolomiti 2016 “Kròz Bianco”, Villa Corniole: 92/100
“Kròz Bianco”, ovvero il Monte Corona. Terrazzamenti da 500 a 800 metri sul livello del mare. È qui che nasce uno dei migliori uvaggi della Valle di Cembra, su iniziativa di Villa Corniole. Chardonnay per il 75% e Müller Thurgau per il 25%, in anteprima.
Giallo paglierino carico, alla vista. Al naso fiori di camomilla, frutto pieno, a polpa bianca e gialla, splendidi richiami di salvia e verbena che portano la mente a quelle alture. Gli sbuffi minerali conducono invece al terreno, prettamente calcareo.
In bocca “Kròz Bianco” entra dritto e al contempo largo, come pochi vini bianchi italiani sanno fare. A un’ottima salinità e freschezza risponde il frutto, giustamente maturo e di grandissima precisione. Un equilibrio giocato sulla pienezza, che a sorso compito si tramuta in un ottimo allungo, su note corrispondenti.
Solo 4 mila bottiglie per questa vera e propria chicca della Val di Cembra, ottenuta in maniera molto sapiente da Villa Corniole, realtà famigliare di 10 ettari complessivi che mostra così grande abilità in cantina, oltre che in vigneto.
Lo Chardonnay fermenta per tre quarti in barrique prima di essere unito al Müller, dopo circa un anno. Un altro anno di “vetro” precede la commercializzazione. L’annata in commercio è proprio la 2016.
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6) Trentino Doc Riesling 2016, Zanotelli Azienda Agricola: 94/100 Sul mercato da un paio di mesi, questo strepitoso Riesling trentino che per la prima volta si presenta in renana bassa. Un altro vino capace di sfoderare un’anima sia larga che verticale, con note di frutta esotica a polpa gialla e di agrumi, tra la buccia e il succo, oltre agli accenni di idrocarburo.
Gran talco e balsamicità, macchia mediterranea che si snoda sul rosmarino. Slancio salino dal centro bocca alla lunga chiusura, freschissima e nuovamente balsamica. Leggera percezione di tannino in chiusura, che asciuga assieme a un minerale in gran evidenza, capace di ricomporre nel calice la matrice calcarea del terreno.
I vigneti si trovano a Saosènt (Cembra), tra i 600 e i 750 metri di altezza. La resa è pari alla metà di quanto consentito dal disciplinare di produzione: 70 quintali per ettaro. Fermentazione in acciaio inox a temperatura controllato e lungo affinamento in bottiglia per questo Riesling, elegante e fine.
7) Trentino Doc Chardonnay 2016 “Ror”, Cantina Corvée: 88/100
Prima annata di “Ror” per questa nuova realtà della Valle di Cembra, vicina per filosofia alla famiglia dei Cembrani Doc. Nome curioso “Corvée”, che riporta al feudalesimo francese. I vassalli chiamavano così le giornate di lavoro, spesso non retribuite, nei campi del loro signore. In Val di Cembra fu costruita così gran parte dei muretti a secco.
Il progetto della Cantina Corvée vede impegnati otto viticoltori della zona. Naso prezioso, intenso e ampio per lo Chardonnay “Ror”, prodotto in particolare da Michele e Mauro Nardin: i chiari richiami di chiodi di garofano ed erbe alpine si fondono alla perfezione con le note fruttate di pesca gialla e mela farinosa. Non manca un accenno di pietra focaia.
Colpisce anche al palato per la gran struttura, data da una freschezza dirompente. Il sorso, tuttavia, lascia spazio alle note fruttate di esprimersi, accanto alla mentolata acidità. La chiusura vira su una leggera spezia e sul verde alpino.
Ottenuto dalla vigna ai piedi del Monte Avvoltorio, nel Comune di Altavalle (località Faver), a 560 metri sul livello del mare, lo Chardonnay “Roré” viene vinificato in acciaio e sosta sui lieviti 8 mesi prima di essere imbottigliato.
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***DISCLAIMER*** L’articolo è frutto di un accordo tra la nostra testata e l’associazione Cembrani Doc. I commenti espressi sono comunque frutto della completa autonomia di giudizio della nostra testata, nel rispetto assoluto dei nostri lettori
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Solo 1.330 bottiglie, zero solfiti aggiunti e un livello di anidride solforosa “ridicolo”, pari a 0,002 grammi litro. Eppure, descrivere il Vino rosso 2016 “Il Barocco” di Perego & Perego come un vino semplicemente “sano”, è ampiamente riduttivo.
Siamo in Oltrepò pavese, per l’esattezza a Rovescala (PV), per un blend che ha nella Croatina il suo forte (50%), completato da un 40% tra Moradella e Vespolina e da un 10% di Barbera. Si tratta del fiore all’occhiello della gamma del vulcanico vignaiolo Giorgio Perego: “Mr Croatina”, per l’abilità di dare del tu al vitigno.
LA DEGUSTAZIONE
Alla vista si presenta di un viola impenetrabile, che rimanda in maniera coerente alla carica di antociani – ovvero le componenti che determinano il colore del vino – della varietà. Al naso è l’alcol (15,2% vol.) a spingere verso l’esterno del calice il ricco bouquet di “Barocco”.
Un naso coi fronzoli della viola mammola e il frutto che richiama la mora, ma anche gli agrumi come il bergamotto, dalla buccia al succo. I terziari sono disegnati da una trama di spezia nera (pepe), calda (cannella) e per certi versi orientale (the verde) oltre che dal cuoio e dal fumo di pipa.
L’ossigenazione aiuta questo vino rosso oltrepadano nell’espressione delle sue sfumature più nude e crude, commoventemente tipiche dei vitigni che compongono il blend e, in particolare, della Croatina: quel richiamo selvatico che impreziosisce l’olfatto, senza far arricciare il naso.
E poi la liquirizia, il suo cuore, nelle migliori espressioni pure, calabresi. In bocca, l’ingresso è fruttato e piuttosto agile, su una nota diretta sulla mora e sulla prugna disidratata. Ma dura un attimo. Il corredo si amplia ai terziari.
È il centro bocca il momento esatto in cui “Barocco”di Perego & Perego diventa “barocco”. Guadagnando in larghezza e lunghezza, con le sue tinte di liquirizia, spezia, macchia mediterranea e leggero sale.
Il tannino gioca un ruolo fondamentale, nel suo essere ancora giovane e in fase di integrazione, ma non disturbante. Lascia una traccia in chiusura, dove il marcatore della regolizia scura si fa radice. Lungo il retro olfattivo, dove la novità sono le sensazioni fumè, tra la brace e l’incenso.
Perfetto l’abbinamento con le carni, in particolare con la selvaggina (delizioso immaginarlo col cinghiale, d’inverno, davanti a un caminetto). Una piccola versione di Brunello – concedete il paragone – prodotta in Oltrepò pavese.
LA VINIFICAZIONE
Dieci giorni di appassimento in pianta per tutte le uve che compongono il blend di “Barocco”. Un’operazione delicatissima, che evidenzia la maestria – oltre alla pazienza – di Giorgio Perego.
Quando Croatina, Moradella, Vespolina e Barbera sono mature, il vignaiolo schiaccia con un’apposita pinza dal lungo becco l’apice superiore di ogni singolo grappolo, in modo da inibire parzialmente il passaggio linfatico.
Un intervento chirurgico, dall’effetto assimilabile a quello di un laccio emostatico. Serve a ottenere la corretta concentrazione degli aromi di ogni acino, senza ricorrere all’appassimento sui graticci, che risulterebbe molto più invasivo in termini organolettici. Una volta in cantina, la massa macera un mese sulle bucce.
Seguono due settimane in acciaio. La fermentazione alcolica si conclude in tonneau, dove si svolge anche la malolattica. Il vino riposa sempre in tonneau, per circa un anno. Dopo un mese in acciaio, utile all’illimpidimento naturale, “Barocco” viene travasato e imbottigliato, senza filtrazione.
***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta non è stata richiesta a WineMag,it dall’inserzionista. È stata redatta in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza i nostri giudizi, anche quando la recensione viene richiesta da una cantina***
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4,5 / 5) Il Colli Berici Doc Barbarano 2016 di Casa Defrà è prodotto con il vitigno autoctono di questa straordinaria area vinicola della provincia di Vicenza, il Tai Rosso. Un vino dal buon rapporto qualità prezzo, reperibile in diversi supermercati del Veneto e, in particolare, nei punti vendita Iperal.
LA DEGUSTAZIONE
Bel rosso rubino alla vista, mediamente trasparente, luminoso. Naso molto intrigante e preciso. Dal nettare si elevano intense e piacevoli note di piccoli frutti maturi, a bacca rossa e nera: dunque lampone, ribes, mora e succo di mirtillo. Non mancano accenni speziati e un bouquet “verde” che ricorda la macchia mediterranea.
Al palato, il Barbarano di Casa Defrà entra piuttosto morbido, sulla scorta delle note fruttate giustamente mature già avvertite al naso. In centro bocca il vino si erge su una buona freschezza che, assieme alla spezia e alla salinità, costituisce la spina dorsale del sorso.
Tanto da riuscire a compensare una struttura non corpulenta e un alcol che, pur essendo molto ben integrato, sale sul palco nella sua veste più setosa e avvolgente (13,5% vol). Interessante la chiusura, leggermente amaricante e profonda, terrosa e balsamica, tra la radice di liquirizia e la mentuccia selvatica.
Un vino, questo Tai Rosso di Casa Defrà, capace di accompagnare bene tutto il pasto, dagli antipasti ai primi a base di ragù, sino ai secondi a base di carne, non troppo elaborati.
Piuttosto ampio il range delle temperature di servizio, vista la sofficità dei tannini: si può bere dai 10-12 ai 16 gradi. Bella, più in generale, la prova di questa vendemmia 2016, che a tre anni di distanza si mostra ancora viva.
LA VINIFICAZIONE
L’uva Tai Rosso utile alla produzione del Barbarano Doc viene raccolta a partire dalla terza settimana di settembre. Seguono una diraspatura soffice e una macerazione sulle bucce di qualche giorno. La fermentazione avviene in acciao inox, a temperatura controllata. Segue l’imbottigliamento.
Casa Defrà è una delle aziende leader in Italia nella Grande distribuzione organizzata. Fa parte di Cielo e Terra – Gruppo Cantine Colli Berici, di cui è il primo tassello in una storia iniziata nel 1908, proprio dall’omonimo podere della Valle del Chiampo, fra le Piccole Dolomiti e i Monti Lessini, in provincia di Vicenza e al confine con la provincia di Verona.
Prezzo pieno: 5,20 euro
Acquistabile presso: Iperal
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Ebbene sì. Il vino rosato “invecchia” e lo fa benissimo se si tratta del Toscana Igt “Operandi” di Piandaccoli. La vendemmia 2016 di questo rosato da uve Sangiovese offre il meglio di sé, nel 2019. Provare per credere.
LA DEGUSTAZIONE Un vino invitante già dal colore: buccia di cipolla luminoso, con riflessi aranciati, che non cade affatto nei facili richiami delle sirene provenzali e commerciali. Al naso è intenso e piuttosto complesso, nel susseguirsi tra note precisissime di piccoli frutti a bacca rossa e nera, macchia mediterranea ed agrumi (arancio e buccia di lime).
Il vitigno e le sue caratteristiche risultano preponderanti al palato, segno di una lavorazione più che mai rispettosa del varietale. Un altro punto in più, in un mondo di rosati slavati e uniformati. Già, perché quella dei rosati, in Italia, è una professione. Mica un hobby.
E allora ecco la bocca riempirsi del rosso Sangiovese a tutti noto, in tutti i suoi risvolti. Compresi i tannini, che si avvertono ancora pur essendo perfettamente integrati al resto dei descrittori.
Quanto al corredo di “Operandi”, ancora agrumi, frutta rossa, macchia mediterranea e una gran freschezza, impreziosita da una chiusura tra l’agrumato, il frutto rosso e lo speziato finissimo. Non manca la sapidità.
Una nota iodica che si avverte chiaramente nei Chianti di Piandaccoli, realtà toscana guidata da un imprenditore illuminato come Giampaolo Bruni, che può contare su un parco vigneti invidiabile dal punto di vista vocazionale e qualitativo, oltre che su evidenti abilità enologiche in cantina.
LA VINIFICAZIONE
Uve Sangiovese grosso in purezza per il rosato “Operandi” 2016, frutto dell’assemblaggio dei vignetiFattoria e Pozzo. La vinificazione avviene in maniera piuttosto classica, con breve contatto sulle bucce, affinamento in acciaio di 12 mesi e ulteriore maturazione in vetro di 4 mesi, prima della commercializzazione. Solo 4 mila le bottiglie prodotte.
Novanta ettari complessivi per Piandaccoli, che ha sede a Calenzano, a pochi chilometri da Firenze. I suoli dei vigneti sono estremamente variegati: ciottolosi, ricchi di minerali, limo e sabbia e tendenti all’argilla.
I vitigni allevati sono prevalentemente autoctoni toscani: Sangiovese, Foglia Tonda, Pugnitello, Barsaglina, Mammolo, Colorino, Malvasia Toscana e Chardonnay. Il terroir è caratterizzato da profondi “borri”, ovvero spaccature più o meno profonde del suolo, che concorrono alla formazione di un microclima unico.
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(5 / 5) Fa parte della “Prestige Line” di Cantina Bolzano – Kellerei Bozen il Südtirol Alto Adige Doc Lagrein Riserva 2016 Grieser. Non è un nome di fantasia, bensì la menzione geografica di una delle aree più vocate per il Lagrein dell’Alto Adige: Gries-San Quirino, una delle cinque circoscrizioni di Bolzano, la seconda per estensione e la più popolata.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Lagrein Riserva Grieser si presenta di un rosso rubino intenso, impenetrabile, con unghia violacea. Al naso salgono immediatamente richiami netti ai frutti di bosco come i mirtilli e le more, ma anche di ciliegia nera e prugna matura.
Un’impronta marcatamente fruttata, intensa, cui fanno eco ricordi di vaniglia e cioccolato bianco, assieme a leggere spolverate di spezia e di resina. Un naso decisamente invitante e preciso nella sua abbondanza e ricchezza di sentori.
La stessa che poi si ritrova al palato, dove il Lagrein Riserva Grieser di Cantina Bolzano riesce ancora a stupire. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva, che si arricchisce di un elemento fondamentale e premiante: una gran freschezza, che dona il perfetto equilibrio a un sorso che, altrimenti, sarebbe stato solo grasso e banale.
La frutta, golosa e succosa, unita a un tannino morbido e setoso, si fa quasi masticare mentre i richiami salini e balsamici accompagnano verso un retro olfattivo lungo, altrettanto preciso ed efficace nella sua capacità di chiamare il sorso successivo.
Un vino perfetto da bere oggi, ma che può essere tranquillamente lasciato in cantina per svariati anni, ad affinare ancora. Oggi si presta in abbinamento a primi e secondi ricchi di sugo di pomodoro, come la carne alla pizzaiola, ma riesce a sostenere senza problemi anche piatti ben più strutturati come la selvaggina. Ottimo anche con i formaggi stagionati.
LA VINIFICAZIONE
Si tratta di un’etichetta ottenuta al 100% da uve Lagrein, tra le varietà più preziose e tipiche di Bolzano e dell’Alto Adige. I terreni, nella zona di Gries, sono di tipo alluvionale e sabbioso. La vendemmia avviene a metà ottobre.
Le uve del Lagrein Riserva Grieser fermentano in botti di legno e affinano per circa un anno in barrique di rovere francese e botti grandi. Cantina Bolzano è una cooperativa nata nel 1908 dall’unione di 30 viticoltori locali. Nel 1930 si uniscono a questo folto gruppo altri 18 produttori della collina di Santa Maddalena. Oggi Kellerei Bozen è una realtà che riunisce 220 famiglie.
La nuova struttura, inaugurata il 5 aprile 2019 in via San Maurizio 36 a Bolzano, è costata 35 milioni di euro, ricavati in gran parte dalla vendita delle due vecchie cantine. Un edificio interamente scavato nella montagna, il cui impatto ambientale è ridotto al minimo.
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I migliori Schioppettino di Prepotto Associazione vino rivelazione di Vinitaly 2019 in 12 etichette 1
VERONA – Ci sono storie, nel mondo del vino, che hanno titoli strani. E trame complicate. Prendi lo Schioppettino di Prepotto e prova a premere “Play”, sul telecomando. Il titolo pare un’onomatopea. E infatti, bum. Nella prima scena “scoppietta” un acino.
Un bell’acino. Di quelli gonfi e maturi. Con la buccia tesa, sottile. Pronto per un’accurata vendemmia. Il film si gira a Prepotto. Dall’inizio alla fine. A Prepotto soltanto. In provincia di Udine. Settecentosessantanove abitanti. Dieci più, dieci meno.
Seconda scena, la camera allarga lo zoom. Eccoli. Siamo sui Colli Orientali del Friuli, che danno la Doc allo Schioppettino di Prepotto. Close up improvviso. Scena numero tre. Consiglio comunale in corso in municipio, nel piccolo borgo udinese.
LA STORIA
Sindaco, giunta e consiglieri sono riuniti in seduta straordinaria. Un solo punto all’ordine del giorno: la difesa dello Schioppettino, che sta scomparendo. L’alzata di mano non lascia spazio a interpretazioni. All’unanimità si vota per inserirlo nell’elenco dei vitigni autorizzati. Sullo schermo appare l’anno: è il 1977.
Quattro anni dopo, nel 1981, quel plebiscito si concretizza nero su bianco. E nel 1987, dopo l’avallo della Comunità Europea, lo Schioppettino di Prepotto – noto sul posto anche come “Ribolla Nera” o “Pokalça” – diventa Doc.
Ancora oggi, a Prepotto, qualcuno non ha cambiato canale. Sono i 30 produttori locali che lavorano circa 40 ettari, distribuiti in maniera longitudinale tra i 100 e i 150 metri sul livello del mare. La media annuale si aggira sui 130 ettolitri, che equivalgono a 80-90 mila bottiglie complessive.
Venti le cantine che fanno parte dell’Associazione Produttori Schioppetino di Prepotto, che a Vinitaly ha proposto a WineMag.it una degustazione di 12 etichette: 7 della vendemmia 2016 e 4 della vendemmia 2015. Un film mai visto prima, che vede i vignaioli impegnati nella comune promozione dell’antico e raro vitigno.
L’associazione, presieduta dalla produttrice Anna Muzzolini, condivide il disciplinare produttivo che prevede una versione “base” dello Schioppetino di Prepotto (in commercio non prima di due anni dopo la vendemmia) e una versione Riserva (4 anni minimo di affinamento in cantina).
LA DEGUSTAZIONE
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Ronco dei Pini: 87/100 Rosso rubino. Vino fresco, in fase giovanile ma già molto piacevole ed equilibrato. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, giocata sul frutto rosso come il ribes, accenni di macchia mediterranea e pepe nero. Gran beva. Vino di gran precisione, scultoreo.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Marinig Valerio: 84/100 Rosso rubino. Primo naso più sulla spezia che sul frutto di bosco. Accenni vinosi e “foxy” dosati, che rendono il quadro olfattivo piacevolmente verticale e scalare. In bocca sorprende ancora, per il gioco tra frutto e mineralità salina. Chiusura speziata rinfrescante. Vino vivo, in evoluzione.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Antico Broilo: 88/100 Rosso rubino. Naso molto intenso e profondo, su spezia e macchia mediterranea, con l’immancabile frutto di bosco. Bella beva, tra il salino spiccato e il fruttato preciso, masticabile. Chiusura nuovamente sulla spezia, tra il pepe verde e quello nero. Vino decisamente complesso e fase crescente.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Vigna Lenuzza: 86/100 Rosso rubino. Spezia in primo piano, al naso. Pepe nero e richiamo netto di origano, sul frutto di bosco che tende al maturo, senza sforare nella confettura. Completa l’olfatto un marcatore vinoso, che poi si ritrova in un palato piuttosto giovane e scontroso, sferzato da un tannino giovane. Vino futuribile.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Vie d’Alt: 84/100 Rosso rubino. Meno freschezza del frutto al naso rispetto ai precedenti campioni, anche se conserva la venatura speziata. Tende alla confettura il palato, anche troppo scorrevole. Vino pronto.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Stanig: 87/100 Rosso rubino. Si torna sul consueto standard di frutto e di spezia, ma il naso qui rivela caratteristiche uniche: di terra, di muschio, di fungo, in un contorno di pepe nero e frutto come ribes e mirtillo. Un quadro molto piacevole, come piacevole è il sorso, che rivela per di più un’ottima freschezza.
Schioppettino di Prepotto Doc 2016, Grillo Iole: 86/100 Rosso rubino. Vino che nella sua semplicità si rivela molto tipico: scorrevole ma consistente la beva, su tinte corrispondenti al naso: frutto giustamente maturo, tannino che gioca a smorzare la spinta glicerica. Di prospettiva.
Schioppettino di Prepotto Doc 2015, Vigna Traverso: 87/100 Mora selvatica e spezia nera al naso. Sentori molto chiari, netti, precisi. Palato corrispondente. Chiusura leggermente amaricante, sul disegno tratteggiato da un tannino vivo, in fase di integrazione. Giovanissimo.
Schioppettino di Prepotto Doc 2015, RoncSoreli: 88/100 Frutto tendente al maturo al naso, ma in maniera precisa. Accenni vinosi ed evolutivi come il cuoio, che evidenziano l’anno in più sulle spalle. In bocca frutto e spezia, con il corredo della macchia mediterranea, rimasto appena accennato all’olfatto. Chiude su note di liquirizia dolce. Un vino di gran gastronomicità.
Schioppettino di Prepotto Doc 2015, La buse del lôf: 84/100 Ovvero “la tana del lupo”. Un vino che si rivela di beva piuttosto agile e semplice, anche se non banale, sul frutto e sulla spezia leggera. Buona corrispondenza tra naso e palato.
Schioppettino di Prepotto Doc 2015, Vigna Petrussa: 89/100 Vino di gran equilibrio, giocato più sull’eleganza che sulla potenza. Frutto e spezia sottile, quasi sussurrata. Chiusura preziosa, su note precise, minerali e saline, nonché di liquirizia. Una vino con ottimi margini di positivo affinamento.
Schioppettino di Prepotto Doc 2015 “Gli Stormi”, Colli di Poianis: 85/100 Naso elegante, dal taglio enologico internazionale, giocato sul ribes e sul frutto di bosco giustamente maturo. Non è questo che lo “porta” all’estero ma l’esuberanza dei tratti vagliati. In bocca un tannino felpato, setoso, con la frutta un po’ penalizzata dai ritorni della tostatura.
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