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degustati da noi vini#02

Etichetta Nera La Scolca: il Gavi più famoso del mondo, in verticale dal 1989


Abitino nero spezzato da una luminosa cintura Gucci. Giacca dal taglio vagamente maschile, addolcito dall’inconfondibile chioma bionda. Se Chiara Soldati fosse un vino, vestirebbe l’Etichetta Nera La Scolca.

Un “Gavi dei Gavi” capace di stupire, anche col passare degli anni. Lo ha dimostrato la straordinaria verticale organizzata dalla cantina piemontese a Vinitaly 2019. Indietro fino al 1989, passando per 1999, 2009 e un ancora embrionale 2018.

Un’etichetta, la “Black Label” de La Scolca, che è ormai più di un monumento nazionale al bere italiano nel mondo. E anche più di un semplice vino. In realtà, quest’Etichetta nera è un simbolo dell’Italia, senza bisogno della bandiera.

LA DEGUSTAZIONE

Gavi dei Gavi Docg 2018 Bianco Secco Etichetta nera, 2018
Annata piuttosto classica per la Denominazione. Colore giallo paglierino, con riflessi verdolini. Vino che sin da subito appare giovane, anzi giovanissimo.

Al naso fiori bianchi, agrumi, richiami d’albicocca e una mineralità spiccata. Ingresso di bocca piuttosto morbido, ma dura giusto un attimo.

La fase centrale, di fatto, è spiccatamente minerale e salina. Anticipa una chiusura lunga, su ritorni fruttati precisi.

Gavi dei Gavi Docg 2009 Bianco Secco Etichetta nera
Vendemmia anticipata a fine agosto, per via di un’annata molto calda. La percezione del frutto, di fatto, è più matura rispetto a quella della vendemmia 2018. La nota minerale non cambia in termini di intensità, ma certamente è diverso il suo apporto a un corredo che ha avuto modo di amalgamarsi meglio, nel corso degli anni trascorsi in bottiglia.

La mente corre in Francia, alla finezza degli Chablis. Gran freschezza al palato, in un quadro di perfetto equilibrio con la parte glicerica. Un vino che si è evoluto in maniera gentile, distinta, elegante, perfetta per essere accostata alla migliore gastronomia internazionale.

Gavi dei Gavi Docg 1999 Bianco Secco Etichetta nera
Chablis qui è di casa. Un naso che viaggia tra note di albicocca e agrumi, ma anche su risvolti cremosi. Questi ultimi danno il benvenuto anche al palato: una percezione morbida iniziale che ricorda quella della vendemmia 2018, qui in maniera ancora più accentuata.

Un fil rouge che si ripete alla perfezione. Il centro bocca, di fatto, è più che mai verticale, dritto, senza fronzoli. La chiusura sorprende per il leggero richiamo al pepe bianco, a coronamento di una freschezza che maschera l’anno presente in etichetta. Chapeau.

Gavi dei Gavi Doc 1989 Bianco Secco Etichetta nera
Pare di assistere alla sostanziale condensazione dei precedenti assaggi. Tanto è vero che il colore si tiene stretto al punto di giallo, tra il paglierino e il dorato, delle vendemmie più recenti. E pare già di per sé un miracolo.

Il naso si porta dietro il corredo fruttato, impreziosito però da richiami leggeri di zenzero. E quel pepe bianco già avvertito, qui si fa più accennato. La leggera nota fumè è quanto di più bello ci si possa aspettare, in un vino bianco del 1989 della zona di Gavi: un’evoluzione della mineralità che contraddistingue i vini da uve Cortese dell’Alessandrino.

In bocca, la Black Label 1989, entra quasi in punta piedi. Timida, garbata ed elegante. Man mano si fa coraggio. Diviene fresca, poi salina, poi balsamica. Poi di nuovo quel tocco speziato, di gran fascino, che condensa un finale senza fine. Sarà così anche per questo vino che, se ben conservato, ha davanti almeno altri 10 o 15 anni di vita.

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degustati da noi news vini#02

Champagne eterno: degustazione 1985-2006 da Carlo e Camilla

Nove calici. Cinque piccoli produttori. Un arco di tempo di 22 anni (34 se contiamo dal 2018). Questo lo scenario della degustazione organizzata da Bollicine Mon Amour lo scorso 11 giugno da Carlo e Camilla in Segheria, a Milano.

L’ennesima riprova che le bollicine che nascono in quel fazzoletto di terra gessosa possono sfidare i decenni. La dimostrazione che non solo le grandi maison sanno produrre vini longevi, ma anche piccoli produttori attenti ed appassionati. Nove millesimi (rarità in Champagne) in grado di farci riflettere tanto sulle annate quanto sui produttori.

LA DEGUSTAZIONE
Collard-Chardelle 1985. Maison fondata nel 1974 nella Valée de la Marne. 40% Chardonnay, 40% Meunier, 20% Pinot noir. Sei mesi in botte grande prima dell’imbottigliamento. Dégorgement nel 1990,  3g/l il dosaggio.

Figlio di un’annata che ha donato grandi millesimi anche in Italia si presenta di colore dorato con perlage fine, ancora ben presente e cremoso in bocca. Leggera nota ossidativa al naso, non fastidiosa ma che anzi completa ed integra i profumi di marmellata di mela cotogna e crema pasticcera.

Una leggera nota di torrefazione accompagna i sentori di frutta secca. L’acidità è ancora molto via e supporta bene il sorso, sorso ricco della pienezza del frutto, pienezza probabilmente dovuta alla grande presenza di bacca rossa nella cuvée.

Chiude su note di miele e di erbe aromatiche. Uno Champagne in grado di stupire e coinvolgere col suo alternarsi di note tipiche dell’invecchiamento e freschezza di beva.

Champagne de la Renaissance 1989. Siamo ad Oger, Cotes de Blancs. 100% Chardonnay di Oger. Nessun utilizzo di legno. Sboccatura e dosaggio non conosciuti.

Nettamente più verticale del precedente. Evidente il lisato che anche qui si declina in tostatura e note di pasticceria. Leggero sentore balsamico che ricorda la mostarda. Teso in bocca.

Seppur meno acido del precedente regala tutta l’eleganza e l’irruenza di un Blanc de blancs nettamente più giovane. Chiude morbido e mediamente persistente sui sentori fini ed eleganti tipici dello Chardonnay.

Champagne de la Reinassance 1993. 100% Chardonnay di Oger. Nessun utilizzo di legno. Sboccatura 2013. Dosaggio non conosciuto.

Profumi netti. Inconfondibilmente blanc de blanc da chardonnay. Sentori di banana e frutta a polpa bianca matura. In bocca grande acidità e mineralità. “Dritto” come si suol dire. Il tostato si percepisce solo in retro olfattivo sulla persistenza, accompagnato da una piacevole sensazione di caramella d’orzo.

Collard-Chardelle 1993. 50% chardonnay, 25% meunier, 25% pinto noir. Sei mesi in botte grande prima dell’imbottigliamento. Dégorgement nel 2001,  3g/l il dosaggio.

Al primo naso sembra più giovane del suo coetaneo precedente. Poi ecco sentori di fungo e sottobosco, crema e pane appena sfornato che riportano alla complessità del prodotto. perlage ed acidità supportano molto bene il sorso.

Dopo 4 assaggi una cosa appare chiara: più che il millesimo (1993 o 1985-89) il fil rouge è da ricercarsi nella mano del produttore. Evidente infatti il legame 1985-1933 Collard-Chardelle e 1989-1933 La Reinassance più che quello fra i due ’93.

Gustave Goussard 1995. Les Riceys, Cotes de Bar. 60% chardonnay, 40% pinot noir. Dégorgement 2008. 10 g/l. Naso fresco. Frutta ed erbe aromatiche. Prevale la parte “blanc”, il Pinot noir emerge solo quando il calice si scalda un poco.

In bocca entra morbido e morbido sta, si sente il maggior dosaggio. In bocca è pieno, ricorda il precedente 1985 ma con meno note aromatiche. Buona la persistenza.

Guy de Forez 1996. Les Riceys, Cotes de Bar. 100% pinot noir. Sboccatura 2000. 8 g/l. Stesso terroir, millesimi prossimi, dosaggi simili. il Gustave Goussard 1995 e Guy de Forez 1996 sono diversi e rivali.

Naso generoso, profondo, balsamico. Frutti rossi, crema pasticcera, erbe aromatiche. Croccante in bocca, molto sapido. Uno champagne austero, quasi tannico, figlio di un’annata perfetta. Un vino che ha ancora molto da dare e raccontare, da dimenticare in cantina ancora per chissà quanto.

Gustave Goussard, 1998. 60% chardonnay, 40% pinot noir. Dégorgement 2013. 10 g/l.

Meno articolato del 1995. Più teso. Grande freschezza tanto al naso quanto in bocca. Molto fruttato con leggera nota di miele d’acacia. Bella sapidità. Non esageratamente persistente.

Fresnet-Juillet 2000. Verzy, Montagne de Reims.  60% chardonnay, 40% pinot noir. Dégorgement 2004. 10 g/l. Frutta matura e miele al naso, quasi dolce. Evidente la complessità post sboccatura che lo pone in netta contrapposizione al Gustave Goussard 1998. Sottobosco e nocciola che si rincorrono anche nel retro olfattivo e nella discreta persistenza.

Guy de Forez 2006. 100% pinot noir. Sboccatura 2012. 10 g/l. Immediato il confronto col suo omologo millesimo 1996.

Qui il calice è ancora più austero, ancora più chiuso. Appare evidente come questi vini andrebbero aspettati per essere goduti a pieno. Qui ancor più del ’96. Il 2006 è uno champagne che appare semplice ed immediato ma che scalcia sotto la superficie. Ottimo questo paragone a 10 anni di distanza.

Quanto tempo sarà passato dall’inizio della degustazione? Spiacenti, non abbiamo guardato l’orologio, troppo coinvolgenti i vini. Una cosa però è certa: tutti i bicchieri si sono scaldati e nessuno degli champagne si è scomposto. Ottimo indizio di grande qualità ed attenzione produttiva.

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