«Se non ci fosse stato Don Giacomo Cauda – sottolinea Luca Ferraris, patron della cantina – oggi non esisterebbe il Ruchè. Questo vino ha un crescente successo e non conosce crisi, nonostante il momento di riflessione per il comparto enologico. Oggi se ne producono poco più di 1 milione di bottiglie vendute in tutto il mondo a un prezzo sempre crescente. Merito anche dell’introduzione della tipologia Riserva, che noi produttori abbiamo fortemente voluto».
IL RUCHÈ VIGNA DEL PARROCO
Don Giacomo Cauda è artefice della riscoperta, a inizio anni Sessanta, del Ruchè. Una piccola perla enologica che non conosce crisi, prodotta in sette comuni dell’astigiano – Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi – e inclusa nel novero delle denominazioni gestite dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Una denominazione speciale, con una storia speciale. Il suo artefice, Don Giacomo Cauda, è una figura a metà strada tra Dom Pérignon – che la leggenda vuole artefice della nascita dello Champagne – e Don Camillo, per il suo carattere eccentrico.
Don Cauda diede una nuova speranza a un piccolo territorio del Monferrato che rischiava di essere abbandonato. È questa la storia che oggi festeggia il vino Vigna del Parroco Ruchè di Castagnole Monferrato Docg. A celebrare questo traguardo è Luca Ferraris che la ereditò quasi “in dote” nel 2016, con la promessa di portare avanti e continuare a valorizzare questo vigneto, parte delle proprietà della parrocchia un tempo gestita da Don Giacomo Cauda. Pochi filari di un vitigno allora rude ma che, nel tempo, il religioso seppe trasformare in un prodotto straordinario, inconfondibile per le sue note speziate e floreali.
IL RUCHÈ, DAGLI ESORDI ALLA DOCG
Gli esordi non furono facili tanto che, all’acquisto della Vigna del parroco, si fece promettere dai parrocchiani che, se necessario, avrebbero acquistato dieci vendemmie delle uve per non mandare in bancarotta la chiesa. Lavorando duramente, salendo sul trattore anche il Venerdì Santo e dedicando ogni momento libero alla coltivazione della vigna, riuscì a costruire con i proventi delle vendite del vino servizi per la comunità locale, facendo rifiorire il paese. Un impegno che lo portò ad arrivare fino a Roma, al Ministero, per richiedere la Doc, evoluta in Docg nel 2010 grazie al sindaco di Castagnole Monferrato Lidia Bianco.
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