La genetica applicata ai nuovi vitigni fa bene al Pianeta, ma le normative non favoriscono il diffondersi della “viticoltura resistente“. È quanto emerge sull’ultimo numero dell’Informatore Agrario. I vitigni resistenti, noti come Piwi, necessitano di un minor uso di agrofarmaci.
La notizia è la quantificazione del risparmio, in termini ecologici. Per difendere un vitigno resistente, infatti, si impiegano 0,85 kg/ha di rame, 16 kg/ha di zolfo, 40 litri di gasolio e zero prodotti sintesi.
Meno della metà rispetto al vigneto convenzionale, per il quale sono vengono utilizzati 1,6 kg/ha di rame, 32 kg/ha di zolfo, 140 litri di gasolio e 24 kg/ha prodotti sintesi. L’indagine è stata realizzata nel corso del 2018 nel Trevigiano, su vigneti di collina a medio rischio.
La tendenza “ecologica” dei vitigni resistenti è dimostrata da diversi parametri. Molti dei quali risultano “quattro volte meglio di quelli biologici”: 4 kg/ha di rame, 59 kg/ha di zolfo 220 litri di gasolio e zero prodotti di sintesi.
I dati riportati dal settimanale si inseriscono nell’ambito di un confronto sulle nuove tecniche di miglioramento genetico tra Mario Pezzotti, presidente della Siga – Società Italiana di Genetica Agraria, e l’europarlamentare Paolo De Castro.
“Pur trattandosi di una questione completamente diversa, stando al quadro legislativo europeo attuale, le nuove tecnologie di miglioramento genetico sono considerate alla stregua degli Ogm – evidenzia il settimanale – e quindi risentono di un assetto normativo che ne impedisce lo sviluppo“.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.