Elena Salviucci è la nuova presidente della Strada del Vino Orcia. La giovane produttrice, titolare della cantina Campotondo, guiderà per i prossimi tre anni l’associazione che raggruppa i 12 comuni della denominazione Orcia Doc. Insieme agli enti, cantine e realtà produttive locali. La nomina della 29enne è avvenuta il 9 gennaio durante il primo Consiglio del nuovo corso dell’associazione. Ad affiancarla saranno i vicepresidenti Andrea Francini, sindaco di Trequanda, e Marco Bartoli, sindaco di San Quirico d’Orcia.
Nel Consiglio di amministrazione della Strada del Vino Orcia siedono figure come Giulitta Zamperini, presidente del Consorzio del Vino Orcia. Presenti inoltre personalità locali impegnate nella valorizzazione del territorio. «La mia missione – ha dichiarato Elena Salviucci – sarà consolidare un sistema turistico integrato che unisca Val d’Orcia, Amiata e Valdichiana Senese. Promuovendo un’immagine unitaria per il marketing territoriale, con un focus sull’agroalimentare e sull’integrazione delle offerte turistiche locali».
TURISMO RIGENERATIVO E SOSTENIBILE LUNGO LA STRADA DEL VINO ORCIA
Tra le priorità della nuova presidente della Strada del Vino Orcia c’è lo sviluppo di un turismo rigenerativo. Un modello che mira a creare benefici duraturi per i territori, le comunità e i visitatori. Questo approccio punta a promuovere un’offerta turistica di qualità, sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale, e a rafforzare la rete locale di imprese, migliorando l’accoglienza e incentivando una permanenza più lunga dei turisti.
Fondata nel 2003, la Strada del Vino Orcia comprende località di straordinaria bellezza, tra cui Pienza, Montalcino, Radicofani e San Quirico d’Orcia, e celebra la Val d’Orcia, riconosciuta nel 2004 Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Questo territorio iconico rappresenta la quintessenza della campagna toscana, con paesaggi da cartolina e un invito a immergersi in un luogo dove natura, cultura e tradizioni si fondono armoniosamente.Elena Salviucci cantina Campotondo
La città di Palermo è meta mondiale 2025 di Airbnb. Il turismo esperienziale continua a crescere e a dimostrarlo sono proprio i dati del noto motore di ricerca di alloggi e destinazioni Airbnb. Palermo brilla come unica meta italiana presente tra le destinazioni più trendy per il 2025, insieme a luoghi mozzafiato come Puerto Escondido, Les Deux Alpes e Tokyo. Il capoluogo siciliano, grazie alla sua ricca storia, architettura, arte e cultura, è una delle principali destinazioni per i viaggi di coppia nell’anno nuovo. Con l’introduzione di nuove rotte aeree verso Palermo nel 2025, sempre più turisti potranno esplorare i principali punti di riferimento della città. Naturalmente, senza perdere l’occasione di gustare la prelibata cucina palermitana, in abbinamento ai vini locali. Magari soggiornando in uno dei loft del centro storico disponibili: davvero economico, al momento, quello suggerito da Airbnb.
6 VINI DA NON PERDERE A PALERMO, META 2025 MONDIALE PER AIRBNB
Nella città e nella provincia di Palermo ricadono ufficialmente, secondo i disciplinari produttivi, otto denominazioni di origine dei vini. Oltre alla Doc Sicilia e all’Igt Terre Siciliane, si tratta di Alcamo Doc, Contea di Sclafani Doc, Contessa Entellina Doc e Monreale Doc. Non risultano rivendicate – e dunque disponibili a livello commerciale – altre due denominazioni del vino della provincia di Palermo come Valle Belice Igt e Fontanarossa di Cerda Igt. Ecco 6 vini da non perdere a Palermo, meta 2025 mondiale per Airbnb.
Alcamo DOC: Questa denominazione interessa sia la provincia di Trapani che quella di Palermo. Nella provincia di Palermo, comprende i comuni di Balestrate, Camporeale, Monreale, Partinico, San Cipirello e San Giuseppe Jato. Il vino della Doc Alcamo da assaggiare a Palermo? Alcamo Classico Doc Bio “Vigna Casalj” di Tenuta Rapitalà.
Contea di Sclafani DOC: Coinvolge le province di Palermo, Caltanissetta e Agrigento. Nella provincia di Palermo, include i comuni di Valledolmo, Caltavuturo, Alia, Sclafani Bagni e parte di Petralia Sottana, tra gli altri. Il vino della Doc Contea di Sclafani da assaggiare a Palermo? Rosso del Conte Sicilia Contea di Sclafani Doc di Tasca d’Almerita.
Contessa Entellina DOC: Questa denominazione è circoscritta al comune di Contessa Entellina, situato nella provincia di Palermo. Il vino della Doc Contessa Entellina da assaggiare a Palermo? Contessa Entellina Doc Mille e Una Notte, Donnafugata.
Monreale DOC: Riguarda l’area intorno alla città di Monreale e altri comuni limitrofi nella provincia di Palermo. Il vino della Doc Monreale da assaggiare a Palermo? Il Cataratto “Vigna di Mandranova” di Alessandro di Camporeale.
Sicilia DOC: Questa denominazione copre l’intero territorio della regione Sicilia, includendo quindi anche la città e la provincia di Palermo. Il vino della Doc Sicilia da assaggiare a Palermo? Il “Viafrancia” di Baglio di Pianetto.
Terre Siciliane IGT: Anche questa indicazione geografica tipica abbraccia tutta la regione Sicilia, comprendendo la provincia di Palermo. Il vino della Igt Terre Siciliane da assaggiare a Palermo? “Angimbé” Tenuta Ficuzza di Cusumano.
Futuro dei vini Premium, novità e trend del biennio 2025-2026 sono i temi affrontati dal Prowein Business Report 2025. Ieri la presentazione, con l’intervento, tra gli altri, del produttore campano Piero Mastroberardino. Secondo i dati emersi sul campione di ospiti internazionali della Prowein di Düsseldorf – oltre 30 Paesi coinvolti – l’industria del vino premium e super-premium continua a evolversi, nonostante le difficoltà del periodo a livello internazionale. Il focus crescente dei fine wines, con prezzi superiori a 50 euro, riguarda qualità, sostenibilità e innovazione. I dati del ProWein Business Report 2025, realizzato in collaborazione con Hochschule Geisenheim University, rivelano le strategie e i trend chiave per conquistare i consumatori di oggi e di domani.
FATTORI DI SUCCESSO PER I VINI PREMIUM
Secondo gli esperti, la reputazione del marchio rimane il pilastro fondamentale per il successo di un vino premium, con il 70% degli intervistati che lo considera un elemento cruciale. L’esclusività e la capacità di creare un senso di rarità seguono a ruota (67%), mentre il marketing esperienziale, che include visite personalizzate alle cantine ed eventi di degustazione immersivi, raggiunge il 60%. Altri fattori significativi includono la valorizzazione del patrimonio e del retaggio storico (53%) e l’adozione di pratiche sostenibili (53%). Dimostrato così come la narrazione legata alla tradizione e alla sostenibilità (sociale ed ambientale) sia essenziale per attirare consumatori consapevoli. Punti, questi, toccati proprio dall’intervento di Piero Mastroberardino, a capo di una delle cantine italiane di maggior successo e prestigio nel mondo.
LE OPPORTUNITÀ DELLA PREMIUMISATION
Nonostante le sfide globali, la premiumisation rappresenta una strategia a lungo termine. Circa il 53% degli esperti ritiene che le vendite di vini premium siano resilienti alle crisi economiche. Tuttavia, i prezzi dei super-premium stanno raggiungendo livelli insostenibili (45%), limitando le opportunità di crescita futura. Un dato interessante emerge dalla necessità di adattare il marketing per coinvolgere le nuove generazioni di consumatori. Il 67% degli esperti sottolinea l’importanza di strategie mirate ai giovani, che iniziano ad apprezzare i vini premium man mano che crescono in età e reddito.
IL VINO FRA TREND E NOVITÀ DI PRODOTTO NEL BIENNIO 2025-2026
In un mercato del vino che si sta evolvendo rapidamente, rispecchiando i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e le nuove dinamiche globali, il ProWein Business Report 2025 individua anche trend e novità di prodotto per il biennio 2025-2026. I vini bianchi e gli spumanti, inclusi Champagne e Prosecco, continueranno a guidare la crescita del settore nei prossimi anni, con rispettivamente il 73% e il 71% delle preferenze tra gli esperti intervistati.
Sta inoltre emergendo una forte richiesta per vini a basso contenuto alcolico, che raggiungono un notevole 65%, e per prodotti completamente privi di alcol. Una chiara inclinazione verso opzioni più leggere e salutari. Anche i vini rosati mantengono una posizione rilevante nel mercato, sostenuti dalla loro versatilità e crescente appeal tra i giovani consumatori. Meno rilevante appare, invece, il futuro di categorie più tradizionali come i vini fortificati o quelli aromatici, che insieme occupano solo una piccola fetta delle proiezioni di mercato.
PACKAGING E PRESENTAZIONE DEI VINI: I DATI DEL PROWEIN BUSINESS REPORT 2025
L’innovazione non riguarda solo le tipologie di prodotto ma anche il modo in cui i nuovi vini e le alternative vengono concepiti e presentati. La confezione gioca un ruolo fondamentale: il 76% degli esperti sottolinea l’importanza di un packaging accattivante e memorabile, che non solo catturi l’attenzione sullo scaffale, ma trasmetta anche l’identità del brand. La sostenibilità emerge come un altro pilastro centrale, con il 69% degli intervistati che privilegia l’utilizzo di ingredienti naturali e pratiche rispettose dell’ambiente.
Accanto a ciò, il prezzo rimane un fattore chiave per catturare un pubblico ampio, così come la capacità di presentare un’immagine giovane e dinamica del brand. Fattore apprezzato dal 67% del campione. Altri elementi importanti per il successo dei nuovi prodotti includono l’offerta di sapori unici, che rispondano ai gusti in evoluzione dei consumatori. E una distribuzione capillare, che assicuri la presenza del prodotto sia nei canali retail sia nella ristorazione. Meno determinante, ma comunque significativo nell’ottica di presentazione, è il contenuto alcolico ridotto. Una caratteristica che continua ad attrarre segmenti di mercato più attenti alla salute.
Si preannuncia un’edizione memorabile per Amarone Opera Prima 2025, l’evento organizzato dal Consorzio Vini Valpolicella, in programma dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025 presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona. Con 74 cantine partecipanti e ben 106 giornalisti accreditati provenienti da 26 nazioni, l’iniziativa vedrà il debutto dell’annata 2020 dell’Amarone della Valpolicella. Tutto nel segno di un importante traguardo: i 100 anni del Consorzio Vini Valpolicella, uno degli enti più rappresentativi del Made in Italy enologico nel mondo.
«In questa speciale edizione – sottolinea il presidente Christian Marchesini – Amarone Opera Prima guarda al futuro e, in particolare, ai nuovi margini di potenziale crescita della denominazione in uno scenario evolutivo accelerato, che ci impone un cambio di paradigma fondato su strategie e approcci rinnovati. Un impegno che ci vede sempre più attivi sul fronte della promozione e che le aziende stanno premiando sia in termini di partecipazione record all’evento che di adesioni al Consorzio, con 51 nuovi associati nel 2024».
AD AMARONE OPERA PRIMA 2025 DEBUTTA L’AMARONE 2020
Fulcro dell’evento sarà il debutto ufficiale dell’annata 2020 dell’Amarone, protagonista delle degustazioni tecniche e ai banchi d’assaggio. L’Amarone, simbolo della Valpolicella, si conferma icona della tradizione vinicola italiana, pronta a consolidare il suo posizionamento sui mercati internazionali. L’evento si aprirà venerdì 31 gennaio, con una giornata riservata alla stampa specializzata. Spiccano due masterclass: “Amarone: iconic of fine dining in the world’s 50”, guidata dall’esperto JC Viens, che presenterà una selezione di Amarone presenti nelle carte vini dei 50 migliori ristoranti del mondo (ore 10:30); “La memoria del tempo, un viaggio tra le annate storiche di Amarone”, curata dal MW Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio (ore 15:00).
AMARONE OPERA PRIMA 2025, INGRESSO PUBBLICO E OPERATORI
A rendere ancor più esclusiva la giornata, il pranzo stellato firmato dallo chef Giancarlo Perbellini al Teatro Filarmonico. Sabato 1° febbraio, l’attenzione si sposterà sul focus “Valpolicella: 100 anni tra passato e futuro della denominazione”, con interventi di Christian Marchesini, presidente del Consorzio e Carlo Flamini dell’Osservatorio del vino di Unione Italiana Vini. Seguirà l’inedito spettacolo teatrale “Amarone, epopea in Valpolicella”, scritto e interpretato da Andrea Pennacchi. Dalle ore 12:30, via alle degustazioni ai banchi dei produttori, che dalle 16:00 apriranno le porte anche agli amanti dell’Amarone. Domenica 2 febbraio, l’evento sarà dedicato agli operatori del settore, con degustazioni aperte dalle ore 10:00 alle 17:00. L’ultima giornata di Amarone Opera Prima 2025 si concluderà con un aperitivo tematico: “Valpolicella: freschezza e creatività nel calice”, a cura del Gruppo Giovani del Consorzio.
Ecco i migliori vini bianchi siciliani a meno di 20 euro, grazie agli assaggi alla cieca a Sicilia en Primeur 2024. Le anteprime siciliane sono l’evento enologico di punta dell’isola, che vede la partecipazione delle cantine associate ad Assovini Sicilia. Inauguriamo così le pubblicazioni dedicate al racconto dei vini della Sicilia, attraverso i migliori assaggi a Sep 2024, suddivisi per fascia prezzo.
CANTINA
ETICHETTA
ANNO
UVE
PROV
DOC / IGP
CERT.
PREZZO
CANDIDO VINI
Guardalomu
2023
Grillo 100%
PA
DOC SICILIA
BIO
7,00 €
CANDIDO VINI
Inzolia
2023
Inzolia 100%
PA
IGP Terre Siciliane
BIO
7,00 €
CANTINA CHITARRA
Cutò
2023
Grillo 100%
TP
DOC Sicilia
–
7,50 €
CANTINA CHITARRA
Cutò Inzolia
2023
Inzolia 100%
TP
IGP Terre Siciliane
–
7,50 €
CANTINA CHITARRA
Cutò Zibibbo
2023
Zibibbo 100%
TP
IGP Terre Siciliane
–
7,50 €
CANDIDO VINI
Arridi
2023
Sauvignon Blanc 100%
–
IGP Terre Siciliane
BIO
8,00 €
PRINCIPE DI CORLEONE
Ridente Angelica
2023
Grillo 100%
PA
DOC Sicilia
–
8,50 €
PRINCIPE DI CORLEONE
Bianca di Corte
2023
Insolia, Chardonnay
PA
DOC Sicilia
–
9,00 €
FEUDO ARANCIO
Grillo Feudo Arancio
2023
Grillo 100%
RG
DOC Sicilia
–
10,00 €
PRINCIPI DI BUTERA
Chardonnay
2023
Chardonnay 100%
CL
DOC Sicilia
–
11,00 €
CASA GRAZIA
Per Mari Grillo
2023
Grillo 100%
CL
DOC Sicilia
BIO
12,90 €
VALLE DELL’ACATE
Zagra Grillo
2023
Grillo 100%
RG
DOC Sicilia
–
13,00 €
TENUTE NAVARRA
Allucià
2023
Grillo 100%
CL
DOC Sicilia
–
13,30 €
TENUTE LOMBARDO
Bianco d’Altura
2023
Catarratto 100%
CL
DOC Sicilia
–
13,50 €
TENUTE LOMBARDO
Grillo d’Altura
2023
Grillo 100%
CL
DOC Sicilia
–
13,50 €
MASSERIA DEL FEUDO
Voce di Lago
2023
Grillo 100%
CL
DOC Sicilia
BIO
15,00 €
PRINCIPI DI BUTERA
Serò
2018
Inzolia 100%
CL
DOC Sicilia
–
17,00 €
MASSERIA DEL FEUDO
Hermosa
2022
Grillo 100%
CL
DOC Sicilia
BIO
18,00 €
SANTA TRESA
Vanedda (Az. Cortese)
2019
Grillo, Catarratto, Fiano
RG
IGP Terre Siciliane
BIO
18,00 €
GORGHI TONDI
Rajàh
2022
Zibibbo 100%
TP
DOC Sicilia
BIO
19,00 €
Il focus di Sicilia en Primeur 2024 è stata la vendemmia 2023. Agronomi ed enologi locali l’hanno definita «una vendemmia performante, dal profilo qualitativo e organolettico». I produttori siciliani hanno puntato sulla ricchezza varietale e sulla diversità degli areali siciliani. Mostrando capacità nel saper governare la complessa e sfidante situazione climatica. Nonostante la riduzione della quantità, con un calo certificato del 31% rispetto al 2022, vincono identità, territorio e qualità.
Migliori vini bianchi siciliani a meno di 20 euro Sicilia en Primeur 2024 Assovini
«Il brand di una cantina e i suoi vini premium si costruiscono giorno per giorno»: così Piero Mastroberardino, numero uno della cantina campana divenuta un simbolo del Made in Italy enologico, con 300 anni di storia e 260 ettari di proprietà. L’attuale vicepresidente di Federvini, intervenendo nel primo pomeriggio a “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine“, ha sottolineato l’importanza del branding nel settore vitivinicolo, focalizzandosi sul valore percepito dai consumatori e sulle soluzioni per costruire un’identità aziendale forte.
Secondo Mastroberardino, il valore percepito è l’elemento centrale per costruire un brand di successo. «È necessario proporre valori distintivi che rafforzino costantemente il marchio – ha spiegato il produttore campano durante il talk, moderato da Simone Loose dell’Università di Geisenheim – spostando l’attenzione da un marketing operativo a un marketing strategico, ancora poco diffuso nel mondo del vino. Il settore vitivinicolo, infatti, rispetto a molti altri, si trova ancora a uno stadio iniziale sul fronte del marketing, spesso limitato a comunicazioni generiche e poco mirate. Tutti raccontano le stesse cose, senza emergere. Distinguersi è fondamentale e una delle chiavi è valorizzare l’eredità storica dell’azienda».
HERITAGE AZIENDALE ALLA BASE DELLA COSTRUZIONE DEL BRAND
L’heritage aziendale, sempre secondo Pietro Mastroberardino, non è solo una risorsa distintiva, ma «un pilastro per costruire credibilità e autorevolezza». «Esperienze come le degustazioni verticali, che mettono in luce la continuità e l’evoluzione dei vini – ha sottolineato – sono strumenti efficaci per consolidare la fiducia dei consumatori. Raccontare la propria storia diventa quindi una strategia cruciale, non solo per il presente ma anche per tramandare il valore del brand alle future generazioni.». Mastroberardino ha sottolineato come questo processo virtuoso finisca per includere, in maniera naturale e non artefatta, anche temi «come la sostenibilità sociale e ambientale dell’azienda, garantendo così un futuro solido per l’investimento iniziale».
«La costruzione di un brand forte richiede tempo, almeno dieci anni in molti casi, e un impegno costante. Non è sufficiente – ha ammonito Piero Mastroberardino – concentrarsi sulle vendita immediata e gioire per le cantine vuote. Bisogna piantare radici profonde nel settore. Questo richiede un cambiamento di mentalità: non si può adottare un approccio speculativo, entrando e uscendo dal mercato senza una visione chiara. Il successo del brand e dei vini premium si costruisce giorno per giorno, con scelte ponderate e coerenti».
PREMIUM WINES? «MENO ASPETTI TECNICI, PIÙ COINVOLGIMENTO DIRETTO»
Nonostante il periodo di crisi generalizzata dei consumi, Mastroberardino vede un futuro promettente nel segmento dei vini premium, caratterizzati da un costo medio di 50 euro o superiore. «Tuttavia – ha precisato – è fondamentale spostare l’attenzione negativa che oggi esiste attorno al tema dell’alcol verso l’educazione e l’offerta di esperienze ai consumatori. Coinvolgere il pubblico attraverso il contatto diretto con l’ambiente vinicolo, condividere la storia e le emozioni legate alla produzione, piuttosto che ormai inutili aspetti tecnici come il valore del ph e dell’acidità, permette di rafforzare il legame con il brand e far comprendere che il vero valore non risiede solo nel prodotto, ma in un’esperienza immersiva».
PIERO MASTROBERARDINO: «VINI PREMIUM? ALLE NUOVE CANTINE DICO CHE…»
Del resto, le aspettative dei consumatori sono cambiate. «Oggi le persone cercano esperienze più profonde, emozionali – ha concluso Piero Mastroberardino sempre in occasione del “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine” – che vadano oltre i dettagli tecnici. È qui che entra in gioco la capacità di raccontare la propria storia e la propria eredità, per costruire un dialogo autentico con i consumatori. Cosa suggerirei alle nuove cantine che vogliono produrre premium wines?
La costruzione di una storia e di un’identità di brand richiede tempo e dedizione. È fondamentale iniziare fin da subito con una visione di lungo termine. Investendo in attività che rafforzino il valore percepito, come “librerie di vini”, ovvero lo storico della produzione che consenta di organizzare degustazioni verticali. Ed evitando di pensare solo alla vendita immediata». Il segreto del successo, in sintesi, risiede secondo Piero Mastroberardino nella capacità di unire passato, presente e futuro in un percorso che sia sostenibile. E autentico.Piero Mastroberardino vini premium. VCR421 Antonio Mastroberardino.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Trento Doc Riserva Extra Brut 2016 Altinum, Cantina Aldeno (12,5%).
Perlage: 10 Fiore: 9 Frutto: 9 357 Freschezza: 9 Sapidità: 6.5 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 8 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Una modella di colore, sorridente, regge con la mano destra un calice di vino. Ben salda, nel palmo della mano sinistra, tra i seni nudi, esibisce una bottiglia di vino del Collio. «L’unico bianco che amo» si legge, insieme alla scritta «Collio Bianco del Friuli Venezia Giulia». Ecco spiegato il perché del messaggio di cordoglio diffuso ieri, sui social, dal Consorzio Collio, alla notizia della morte del noto fotografo Oliviero Toscani, all’età di 82 anni Per comprendere le ragioni di questo legame occorre riavvolgere le lancette dell’orologio, indietro fino al 2001. Fu l’allora presidente dell’ente, Marco Felluga, insieme al fondatore, il conte Douglas Attems, a presentare al territorio la campagna pubblicitaria realizzata da Oliviero Toscani. Solo una delle provocazioni di un «genio della comunicazione, maestro delle immagini, provocatore instancabile», come lo descrive nel post il Consorzio Collio.
IL CONSORZIO COLLIO RICORDA OLIVIERO TOSCANI E LA SUA CAMPAGNA PUBBLICITARIA
«Oliviero Toscani – recita ancora il messaggio affidato a Facebook dall’ente oggi presieduto da David Buzzinelli – ci ha insegnato a guardare oltre il semplice scatto. Con le sue campagne, ha sempre saputo accendere dibattiti e suscitare emozioni, unendo arte e messaggio in un modo che pochi sanno fare. Nella collaborazione con il Consorzio Collio, ha portato il suo inconfondibile stile. Una campagna che, come sempre, ha fatto parlare di sé. A prescindere dalle reazioni, resta indiscutibile il suo contributo all’arte visiva e alla comunicazione. Grazie, Oliviero, per averci insegnato che l’immagine è un linguaggio potente, capace di far riflettere e discutere. Il brindisi oggi è per te».
NOEMI CAMPBELL E OLIVIERO TOSCANI: GIALLO COLLIO
A distanza di 20 anni, come rivelato dal Messaggero Veneto, si capì che la modella prescelta da Oliviero Toscani per la campagna sui vini del Collio non era quella – di nazionalità svedese – comparsa effettivamente sui manifesti. Bensì Naomi Campbell. «Dopo il forfait della Campbell – si legge ancora – il budget di Regione e Consorzio venne drasticamente ridotto a 200 milioni e Toscani trovò la modella svedese, sempre di colore, che prestò il suo volto per la campagna. Fece comunque parlare, quella scelta di marketing, e contribuì a far conoscere fuori dal Friuli i vini del territorio. Poi però restò un unicum, che non venne replicato».
Il Consorzio del Collio optò infatti per «vie più tradizionali di comunicazione». E si affidò, in particolare, ai nomi dei suoi produttori. La campagna pubblicitaria suscitò comunque critiche e polemiche. Alcuni la considerarono troppo audace e provocatoria. Altri la interpretarono come inappropriata ed offensiva. Proprio di fronte alle tante reazioni negative, la decisione fu di ritirare la pubblicità. Marco Felluga espresse il suo dispiacere per la conclusione anticipata dell’iniziativa, sottolineando l’importanza di investire nella comunicazione per far conoscere il prodotto e il territorio. Pur senza i social media attivi, all’epoca, quell’immagine divenne “virale”. Tanto da essere riprodotta pure sulle carene degli scooter Vespa della zona. Gialle come il colore simbolo del Collio. Lo stesso che tanto simboleggia, a ben pensarci, il carattere artistico di Oliviero Toscani.
«Creiamo la prima collezione di Rosés de Terroirs al mondo! Un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora ipotizzabile ». La proposta arriva dalla Francia ed è rivolta ai produttori di rosato in Italia e nel mondo. Non una provocazione, ma un invito messo nero su bianco (qui il form per aderire) da Philippe Guigal, presidente dell’Associazione Rosés de Terroirs (Airt), dal 2023 proprietario dello Château d’Aquéria nella Aop Tavel. Si tratta, non a caso, della denominazione di provenienza di alcuni dei rosati più prestigiosi del mondo, nel Rodano meridionale. Teatro del lancio dell’appello «Rosés de terroirs, unissons-nous!», ovvero «Rosés de terroirs, unitevi!», è stata Milano. L’associazione di produttori francesi, che riunisce già 59 aziende e 78 annate di vini rosati provenienti da Francia, Italia, Grecia e Spagna, ha chiamato a raccolta la stampa al Grand Hotel et de Milan, proponendo un percorso di assaggi e abbinamenti tra rosé (e rosati) curato dal sommelier Alfredo Moccia e dallo chef Francesco Potenza.
L’APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE ROSÉS DE TERROIRS AI PRODUTTORI DI ROSATI ITALIANI
«L’ambizione dell’Associazione Rosés de terroir – spiega Philippe Guigal – è quella di essere l’ambasciatrice dei grandi rosé di terroir del mondo. Per questo, in linea con il nostro appello fondativo del febbraio 2020, «Rosés de terroirs, unitevi!», lanciato dalla Dop Tavel, invito i viticoltori che producono i più grandi rosé de terroirs del mondo ad unirsi a noi. Dopo 20 anni di crescita storica, il mercato del rosé sta entrando in una nuova fase del suo sviluppo, con una possibile e auspicabile diversificazione dell’offerta, in particolare attraverso i rosé di terroir posizionati come nicchia di mercato apprezzata o addirittura molto apprezzata. La creazione di un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora addirittura ipotizzabile».
COSA SONO I ROSES DE TERROIRS?
«Per me – continua Philippe Guigal – i rosati di terroir sono prima di tutto dei veri vini. Attraverso i loro sapori e colori, raccontano storie spesso uniche di luoghi e vignaioli e viticoltori. Si abbinano anche a pasti completi e a un’ampia varietà di cucine, come dimostrano le “Rosés de Terroirs experiences” organizzate dall’associazione». Si tratta, per l’appunto, dell’evento andato in scena in mattinata al prestigioso Grand Hotel et de Milan, struttura “mitologica” del capoluogo lombardo, dove visse Giuseppe Verdi. «In secondo luogo – continua il produttore francese – i rosé de terroirs non sono destinati a seguire le mode. Sono rosé senza tempo che abbracciano la loro unicità. La diversità delle cuvée cooptate dall’associazione è quindi fondamentale».
Da qui l’appello a un’unità nella diversità. «Creando la prima collezione di rosé al mondo – suggerisce Guigal – la nostra associazione diventerà un punto di riferimento nel settore. Il punto di riferimento in questo campo. In breve, non solo per il loro carattere ma anche per il modo in cui vengono consumati, i rosati di terroir sono davvero complementari ai rosati dissetanti di tendenza. In questo contesto, la nostra associazione internazionale può e deve assumere il ruolo di guida nell’offerta di una gamma di rosati “diversi e sorprendenti, per natura e nel corso degli anni”, per citare uno dei nostri slogan».
L’EVENTO AL GRAND HOTEL ET DE MILAN
Sono 22 i vini, tra rosé e rosati, presentati durante l’evento di quest’oggi al Grand Hotel et de Milan. Nello specifico: Château de la Selve, cuvée L’Audacieuse 2021 (IGP Coteaux de l’Ardèche); Via Caritatis, cuvée Lux de Caelo 2022 (AOP Ventoux); Château Gassier, cuvée 946 2022 (AOP Côtes de Provence Sainte-Victoire); Château d’Aquéria, cuvée 2020 (AOP Tavel); La Bastide Blanche, cuvée 2021 (AOP Bandol); Domaine Corne Loup, cuvée 2021 (AOP Tavel). E ancora: Château de Manissy, cuvée Langoustière 2019 (AOP Tavel); Domaine de l’Odylée, cuvée Rosé d’Automne 2020 (AOP Côtes du Rhône); Domaine la Suffrène, cuvée Sainte-Catherine 2018 (AOP Bandol); Château Paquette, cuvée Thémis 2022 (AOP Côtes de Provence Fréjus); Château de Pibarnon, cuvée Nuances 2020 (AOP Bandol); Château Pradeaux, cuvée 2019 (AOP Bandol).
TRE CANTINE ITALIANE IN ROSÉS DE TERROIRS
Non ultimi: Domaine Fournier Père et Fils, cuvée Les Belles Vignes 2023 (AOP Sancerre); Domaine Labastidum, rosé 2022 (AOP Fronton); Domaine de la Mordorée, cuvée La Reine des Bois 2020 (AOP Tavel); Domaine Gavoty, cuvée Clarendon 2022 (AOP Côtes de Provence); Le Grand Cros, cuvée Aurélia 2022 (AOP Côtes de Provence), Marquis de Pomereuil, cuvée 2018 (AOP Rosé des Riceys) e Domaine Les Béates, cuvée Terra d’Or 2022 (VSIG). Italia rappresentata da tre vini di altrettante cantine: Villa Calicantus, cuvée Chiar’Otto 2023 (Bardolino Doc classico); Guerrieri Rizzardi, cuvée Keya 2023 (Chiaretto di Bardolino Doc Classico); Le Fraghe, cuvée Traccia di Rosa 2021 (Chiaretto di Bardolino Doc). Se l’ingresso di Villa Calicantus nell’associazione Rosés de Terroir è recente, per Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi non si è trattato della prima volta. Già dal 2021, le due cantine venete rappresentano l’Italia nel prestigioso gruppo d’Oltralpe. Dopo l’appello di Philippe Guigal, il circolo di produttori di rosé d’eccellenza potrà allargarsi ad altre cantine.
Il Consorzio Doc Delle Venezie chiude il 2024 in crescita: +3% di imbottigliamenti e +8% di certificazioni. L’ente si conferma un pilastro per il Pinot Grigio sul mercato internazionale, chiudendo l’anno con un bilancio positivo, nonostante il calo globale dei consumi di vino. Grazie a un modello di integrazione che unisce Veneto, Friuli Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento, la denominazione continua a distinguersi per qualità, controllo rigoroso e stile fresco e dall’alcol moderato.
CRESCONO IMBOTTIGLIAMENTI E CERTIFICAZIONI DEL PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE
Nel 2024, il volume imbottigliato ha raggiunto 1.706.466 ettolitri, registrando un incremento del +3% rispetto al 2023. Particolarmente significativa è stata la domanda di Pinot Grigio Doc Delle Venezie dell’ultima annata, che ha trainato la crescita del settore. «Il 2024 è al terzo posto per performance dal lancio della DOC, dopo i due anni eccezionali della pandemia», commenta Stefano Sequino, direttore del Consorzio.
I dati dimostrano «la capacità del nostro Pinot Grigio di rispondere alle esigenze dei consumatori, consolidando la posizione della DOC Delle Venezie sul mercato». Le certificazioni hanno registrato un incremento ancora più marcato. Il totale è cresciuto del +8% rispetto al 2023, con un picco di +16% a dicembre. La media mensile è passata da 134.420 ettolitri nel 2023 a 146.112 ettolitri nel 2024, secondo i dati di Triveneta Certificazioni.
La crescita si deve anche al sistema di controllo del Consorzio, che assicura alti standard di tracciabilità e conformità grazie all’impiego del contrassegno di Stato su circa 230 milioni di bottiglie annue. «L’efficace gestione dell’offerta e la pianificazione produttiva – conclude Sequino – sono elementi fondamentali per mantenere la stabilità del mercato».Triveneta Certificazioni
Mladen Dragojlovic, l’enologo che firma i vini di Novak Djokovic, è una vera e propria star del settore in Serbia. Un successo che è tutto tranne che riflesso. Grazie alle decine di riconoscimenti internazionali, ottenuti realizzando vini per diverse cantine dei Balcani, il winemaker classe 1983 non poteva passare inosservato agli occhi del campione del tennis, che nel 2020 ha fondato la sua cantina vicino Topola, nella regione vinicola serba di Šumadija. Una collaborazione che ha dato ulteriore spolvero a un giovane capace di trasformare l’uva in oro. Ma il sogno nel cassetto di Mladen Dragojlovic è anche quello di tornare a lavorare in Italia, dopo l’esperienza maturata in Abruzzo con Marina Cvetić (Masciarelli), durante gli studi. Se il Belpaese chiamasse, difficilmente Mladen Dragojlovic direbbe di no. cantina vini Djokovic.
Mladen Dragojlovic, qual è il percorso che ti porta sino ad oggi?
Ho conseguito un master in Biotecnologie alimentari presso l’Università di Novi Sad, in Serbia. Durante i miei studi, ho sviluppato un profondo interesse per la viticoltura. All’epoca, le cantine non erano molto sviluppate in Serbia, così ho deciso di andare all’estero per acquisire conoscenze ed esperienze. Questo viaggio mi ha portato in Italia, dove ho lavorato con Marina Cvetić presso la cantina Masciarelli in Abruzzo, e in Cile, dove ho collaborato con RR Wine e Viña Carmen. Tutte le visite mi hanno fornito una chiara visione di ciò che volevo realizzare in Serbia e, alla fine, sono riuscita a trasformare questa visione in realtà.
Dopo aver completato gli studi, ho deciso di fondare la mia società di consulenza enologica. Ora collaboro con sette aziende vinicole della Serbia e della Croazia. Insieme, abbiamo ottenuto un notevole successo, vincendo numerosi premi prestigiosi e punteggi elevati, tra cui le medaglie di Decanter e il riconoscimento per i migliori vini dei Balcani. Per mia soddisfazione personale, ho avuto l’onore di essere nominato Enologo dell’anno 2023. Questo riconoscimento significa molto per me e mi ha dato la forza e la motivazione per intraprendere un progetto personale e familiare: lanciare il mio marchio, Dragojlovic Winery.
Tra le cantine di cui sei enologo, quella che più salta all’occhio per la popolarità del nome è Djokovic Winery. Come è avvenuto l’incontro e come è nata l’idea di Novak Djokovic di produrre vino?
Persone del settore vinicolo mi hanno raccomandato alla famiglia Djokovic per una potenziale collaborazione. Dopo un paio di incontri, abbiamo scoperto di condividere la stessa energia e la stessa visione, che si allineavano perfettamente. Di conseguenza, abbiamo deciso di lavorare insieme, con reciproca soddisfazione. La cantina Djokovic è guidata dallo zio di Novak, Goran Djokovic, che ha voluto utilizzare il terroir nel modo più unico e prezioso per produrre vini degni del nome Djokovic.
Come descriveresti Novak nel privato, lontano dai riflettori?
Personalmente, devo dire che mi sento molto privilegiato per aver conosciuto Novak. Tutti noi gli siamo profondamente grati per tutto ciò che ha fatto per la Serbia. In privato, lontano dai riflettori, Novak è straordinariamente concreto e genuino. Nonostante la sua fama mondiale, rimane umile e disponibile, mostrando sempre un sincero interesse per le persone che lo circondano.
Novak Djokovic interviene nelle scelte di cantina? Si intende di vino?
Novak è il più grande tennista della storia e ha un’agenda molto fitta. Ma ogni volta che l’ho incontrato, si è sempre dimostrato molto interessato al processo di vinificazione, alla manutenzione dei vigneti e a tutti i dettagli coinvolti nella produzione di grandi vini. È concentrato al 100% sul tennis e non è coinvolto nelle scelte di cantina, ma è sempre interessato a conoscere l’intero processo. Suo zio Goran e io siamo profondamente coinvolti nel processo di vinificazione della cantina Djokovic.Non viene spesso, ma ogni volta che ha tempo si sforza di visitare e offrire il suo sostegno.
Sei anche l’enologo di altre cantine della Serbia che producono grandi vini: Matalj, Matijasevic Vinogradi, Ŝapat Wine Atelier e Kast Vjestina vina in Croazia. Quali sono i punti di forza di ognuna delle cantine, nella regione vinicola in cui operano?
La forza di queste cantine risiede nel loro terroir. È importante sottolineare che il terroir di ogni cantina e i suoi vigneti sono unici e l’approccio produttivo varia di conseguenza. Il mio compito, insieme ai miei colleghi, è quello di massimizzare il potenziale del terroir e di mettere in risalto l’unicità delle uve provenienti da zone specifiche. Spesso dico ai proprietari delle cantine che è impossibile utilizzare la stessa tecnologia in due cantine diverse, perché le condizioni non sono mai le stesse. Ogni regione richiede un approccio personalizzato. Per essere più precisi, Matalj è un’ottima cantina per i vini rossi, Matijasevic produce uno dei migliori Sauvignon Blanc di questa parte del mondo. Sapat si trova su un altopiano di loess e questo tipo di terreno è ottimo per i grandi rossi e gli Chardonnay. Kast, in Croazia, è un’azienda vinicola di pregio della città di Ilok, ben nota per eccellere nella produzione di vini da varietà Grasevina e Gewurtztraminer.
Presso la cantina Matalj state riscoprendo una varietà di uva autoctona che mi ha letteralmente folgorato, ovviamente in positivo: la Bagrina. Credi possa essere l’ennesimo elemento di successo per una cantina che già si è fatta notare con l’etichetta “Kremen Kamen”, grandissimo Cabernet Sauvignon in purezza?
Non sono del tutto sicuro che la reputazione di Kremen Kamen possa essere ripetuta, dato che è diventato un marchio che ha superato quello della stessa cantina Matalj. Tuttavia, credo davvero che la Bagrina possa contribuire in modo significativo al successo complessivo dell’azienda. La tendenza globale si sta spostando verso un ritorno alle varietà locali e autentiche. E la Bagrina si inserisce perfettamente in questo “movimento”. Le reazioni positive di persone come te ci danno la motivazione e la forza per lavorare ancora di più sulla promozione di questo vitigno autoctono. Sono molto felice della Bagrina in questo momento.
Vorrei “scavare” un po’ nella tua quotidianità di enologo. Cosa ti viene richiesto più spesso, a livello tecnico, dai titolari delle cantine?
È una domanda difficile, dato che ci troviamo sempre più spesso ad affrontare le sfide portate dai cambiamenti climatici e dalle condizioni meteorologiche estreme. Di solito, la domanda più frequente è: «Riusciamo a migliorare ulteriormente il livello rispetto alla vendemmia precedente?». Ogni vendemmia presenta nuove domande, ma l’obiettivo rimane lo stesso: ottenere una qualità del vino costante o addirittura migliorarla. Questo può essere molto impegnativo e spesso richiede maggiori sforzi e capacità di adattamento. Ma finora siamo riusciti a tenere tutto sotto controllo.
Ci siamo conosciuti grazie a Wine Vision by Open Balkan, che mi piace ribattezzare “Il Vinitaly dei Balcani”. Come vedi il vino dei Balcani (e, in particolare, quello della Serbia) nei prossimi anni?
Come persona proveniente dai Balcani, zona che spesso guarda all’Italia come a un Paese con un’industria vinicola ben sviluppata, sono molto orgoglioso che tu abbia paragonato Wine Vision by Open Balkan a Vinitaly. Da un punto di vista commerciale, WVbOB è un punto d’incontro cruciale in cui le persone possono entrare in contatto e concludere affari. Per il consumatore medio di vino, questa fiera offre al mondo l’opportunità di scoprire i vini balcanici e di riconoscere la nostra regione come produttore di vino tradizionale. Inoltre, aiuta a sfidare e forse a rompere i pregiudizi sui vini balcanici e sulla loro qualità. Pertanto, sono fermamente convinto che i vini balcanici prenderanno presto il posto che meritano sulla scena vinicola mondiale.
Quali sono i vitigni su cui la Serbia può (e deve) puntare per farsi sempre più riconoscere nel mondo? Gli internazionali oppure le varietà locali, come il Prokupac? Più vini bianchi o vini rossi?
La Serbia dovrebbe concentrarsi sui suoi vitigni locali. Purtroppo, al momento ci troviamo di fronte a problemi legati ai materiali di piantagione. Tuttavia, con il sostegno del governo e degli istituti scientifici, spero che riusciremo a colmare questo divario e a concentrarci maggiormente sulle nostre varietà locali. Questo approccio consentirebbe alla Serbia di presentarsi come veramente autentica sulla scena vinicola mondiale. Abbiamo grandi varietà autoctone come il Prokupac, il Grašac (ovvero il Riesling italico, ndr), la Bagrina, la Smederevka, il Probus e lo Začinak, ma è assolutamente necessario educare i consumatori. Queste varietà sono diverse da quelle internazionali e non ci si può aspettare che un Prokupac assomigli a un Cabernet o a un Merlot. La Serbia è fortunata per quanto riguarda il clima, anche se la situazione varia a seconda della regione. Per esempio, la Serbia settentrionale e centrale è un po’ più fresca, ideale per i vini bianchi e alcuni rossi più freschi. Le regioni meridionali e orientali sono più adatte per i vini rossi più audaci e alcuni bianchi specifici.
Il governo della Serbia sta puntando moltissimo sulla promozione del vino. Basti pensare all’organizzazione maestosa di Wine Vision by Open Balkan. Quanto è fondamentale questo appoggio per il settore del vino serbo e come vengono impiegate principalmente le risorse da parte delle cantine?
Il sostegno dello Stato è molto importante, soprattutto per un settore in così rapida crescita in Serbia. I produttori di vino utilizzano questa fiera, ovviamente, per presentare i loro vini. Ma Wine Vision by Open Balkan serve anche per educare i produttori stessi. Una serie di regole per la vendita del vino si applica al mercato nazionale, mentre altre completamente diverse si applicano ai mercati esteri. In questa fiera, i produttori imparano queste regole. Imparano a presentarsi e imparano a vendere i loro vini in modo più efficace.
Cosa pensi della crisi dei consumi che sembra attanagliare il settore del vino internazionale, soprattutto sul fronte dei vini rossi?
Questo è ovviamente un problema importante, soprattutto lo squilibrio tra il consumo di vini bianchi e rossi. Non conosco la ragione esatta di questo squilibrio. Tuttavia, la crisi generale del consumo di vino è causata dagli sconvolgimenti geopolitici, dalle guerre, dalla diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori. E, allo stesso tempo, dall’aumento dei prezzi del vino dovuto ai maggiori costi di produzione. Quando l’economia globale si stabilizzerà, tutto diventerà più certo, chiaro e prevedibile.
Qual è la tua opinione sui vini senz’alcol? Pensi di produrne uno, un giorno?
Il vino è una sinergia di numerosi componenti, ognuno dei quali svolge un ruolo importante e significativo in questo sistema. L’alcol è uno di questi elementi essenziali. A mio parere, se dovessimo eliminare l’alcol, si interromperebbe questa delicata sinergia. Sarebbe dunque difficile definire e giudicare il vino con i canoni a cui siamo abituati. Tuttavia, sono molto aperto a nuove sfide e possibilità. E chissà che non cambi idea.
Spostiamoci fuori dai Balcani. Qual è il tuo vino italiano preferito?
Questa è di gran lunga la domanda più difficile! Amo l’Italia in generale. Per i suoi vini, la cucina, il caffè, la moda, la passione per lo sport, lo stile sartoriale dello “spezzato”, eccetera. È molto più facile per me rispondere quale sia il mio vino francese, spagnolo o austriaco preferito. Ogni regione italiana ha vini autentici di alta qualità. Per me i migliori bianchi sono quelli dell’Alto Adige, mentre i migliori bianchi e rossi da bere tutti i giorni sono quelli del Veneto. I più grandi esempi di Barolo sono imbattibili. Al Brunello di Montalcino non posso dire di no, lo adoro. Amo la Toscana per molte ragioni. L’Amarone della Valpolicella dei migliori produttori è così ricco e stratificato. E ce ne sono molti, molti altri!
Se potessi lavorare in Italia come enologo, quale regione e denominazione sceglieresti?
Ho lavorato in Abruzzo ed è stata una grande esperienza. Ma credo di essere più orientato verso le zone settentrionali, come il Trentino-Alto Adige o il Friuli-Venezia Giulia. Sarebbe bello anche lavorare in Toscana. Penso che mi troverei benissimo in quelle regioni.
Quali sono i tuoi progetti per il 2025 e gli anni a venire?
Amo quello che faccio e voglio continuare il più a lungo possibile. Voglio continuare a dare il mio contributo all’industria vinicola della regione, cercando di ottenere qualche altro riconoscimento internazionale. Continuare a lavorare come consulente enologico, che è la mia attività principale. E lavorare all’ulteriore sviluppo del progetto della mia cantina di famiglia (cantina Dragojlovic). Essere in salute e felice con la mia famiglia.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Trento Doc Dosaggio Zero Riserva Millesimato 2018 Salísa, Villa Corniole (12,5%).
Perlage: 10 Fiore: 8 Frutto: 8.5 Freschezza: 9 Sapidità: 9 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 8.5 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Il vino Fragolino è legaleo illegale? Cosa ci vendono i supermercati? Il Fragolino, vino aromatico e dolce a base di uva fragola – nota anche come uva americana o Vitis labrusca – è soggetto a restrizioni in molti paesi dell’Unione Europea, inclusa l’Italia. Queste restrizioni non derivano tanto dalla pericolosità del prodotto, quanto da normative specifiche sulla vinificazione e l’uso di certe varietà di vite.
PERCHÈ IL FRAGOLINO È CONSIDERATO ILLEGALE?
Tipologia di uva: L’uva fragola appartiene alla specie Vitis labrusca, diversa dalla Vitis vinifera, che è la specie più comunemente usata per la produzione di vini in Europa. Le normative dell’UE vietano la produzione di vino da Vitis labrusca per motivi legati alla tradizione enologica europea e alla protezione delle varietà autoctone.
Produzione di metanolo: L’uva fragola produce una quantità leggermente più alta di metanolo durante il processo di fermentazione rispetto alla Vitis vinifera. Sebbene le quantità siano generalmente sicure per il consumo umano, questo aspetto è stato utilizzato come giustificazione per limitarne la produzione commerciale.
Denominazioni protette: Le normative UE vietano la vendita di prodotti etichettati come “vino” se non provengono da varietà di vite autorizzate. Questo significa che il Fragolino non può essere commercializzato legalmente come vino, anche se è possibile produrlo e consumarlo a livello privato.
DOVE È LEGALE IL FRAGOLINO E COME SI CONSUMA
Produzione casalinga: In Italia, è legale produrre il Fragolino per uso personale, ma non è permessa la vendita commerciale.
Versioni commerciali: Alcuni prodotti chiamati “Fragolino” sono in realtà bevande aromatizzate che imitano il sapore del Fragolino ma non sono ottenuti dalla fermentazione dell’uva fragola.
Fuori dall’UE: In alcuni paesi extraeuropei, come gli Stati Uniti, l’uva fragola è usata senza restrizioni nella vinificazione.
Dunque, il vino Fragolino è legale o illegale? La risposta, in sintesi, è che il Fragolino non è propriamente “illegale”. Ma la sua produzione e commercializzazione (con questo nome, anche nei supermercati) sono fortemente limitate da normative vinicole specifiche. La prima regola, se lo si acquista in Gdo, è dunque quella di non aspettarsi propriamente un vino, bensì una bevanda aromatizzata che imita il sapore dell’originale, non vendibile al pubblico nella grande distribuzione. Un esempio su tutti? Il Fragolino Duchessa Lia distribuito, tra gli altri, nei supermercati Carrefour a 4,65 euro a bottiglia.Luca Maroni 92 punti al Fragolino di Aldi (che non è un vino)
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Oltrepò pavese Docg Metodo classico Pinot Nero Brut 2013, Oltrenero (12%, 96 mesi sui lieviti).
Perlage: 10 Fiore: 9 Frutto: 9 Freschezza: 9 Sapidità: 6 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 9.5 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Sono considerate «Città di Identità» i Comuni che si distinguono per la produzione di eccellenze agricole legate al territorio, quali: prodotti DOP, IGP, biologici, certificati SQNPI, SQNZ, SQNBA (con almeno il 30% della produzione certificata) e prodotti agricoli con una tradizione consolidata di almeno 50 anni, legata a valori ambientali, storici e culturali. Il Registro delle Associazioni Nazionali delle Città di Identità è «un passo importante per garantire la partecipazione degli operatori del settore agricolo nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e promozione delle eccellenze territoriali».
NASCONO LE CITTÀ DI IDENTITÀ
«Il Registro, introdotto dalla legge Made in Italy – chiarisce il Masaf – rappresenta un chiaro segnale di attenzione verso il mondo delle produzioni agricole di pregio, il paesaggio e tutte le associazioni che custodiscono le tradizioni agricole italiane». Il decreto, firmato dal Ministro Francesco Lollobrigida e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, definisce i requisiti per ottenere la denominazione di «Città di Identità» e stabilisce le modalità per l’iscrizione nel Registro (24A06930 – GU Serie Generale n.303 del 28-12-2024).
Più fenoli nei rossi e più acidità nelle basi spumanti. L’ultima ricerca sui portainnesti M rivela che non fungono solo da barriera contro la siccità e il calcare, ma rappresentano un vero e proprio veicolo «per ottenere una qualità superiore nei vini». Lo studio è stato condotto dal team dell’Università di Milano guidato dai professori Attilio Scienza e Lucio Brancadoro, con il supporto di Winegraft, società che riunisce alcune delle principali realtà vitivinicole italiane.
La nuova generazione dei portainnesti M si sta così rivelando una soluzione efficace non più solo per gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma anche per affrontare in modo diverso il complessivo cambio di orientamenti del gusto da parte dei consumatori in tutti i mercati mondiali. La tipologia contrassegnata dalla sigla M è associata principalmente alla ricerca e allo sviluppo in viticoltura condotto dall’Istituto di Miglioramento Genetico della Vite di Montpellier, in Francia. Grazie al lavoro di Vivai Cooperativi Rauscedo, la diffusione dei portainnesti M è ormai ottimale in tutti i principali territori vitati d’Italia.
PORTAINNESTI M: LA NUOVA FRONTIERA PER LA QUALITÀ DEI VINI
La sorprendente scoperta arriva dopo oltre venti anni di sperimentazioni e microvinificazioni in dieci diverse aree produttive, dal Piemonte alla Sicilia. Lo studio ha dimostrato che i “4 moschettieri” della serie M (M.1, M.2, M.4, M.5) non solo garantiscono resistenza agli stress ambientali, ma offrono anche prestazioni produttive e qualitative superiori, influenzando aspetti chiave come il vigore, la maturazione tecnologica, fenolica e aromatica delle uve. «La portata di questa ricerca è davvero rivoluzionaria», ha dichiarato Marcello Lunelli, presidente di Winegraft,Winegraftla società che da dieci anni sostiene lo sviluppo dei portainnesti M, distribuiti in esclusiva dai Vivai Cooperativi Rauscedo. Vivai Cooperativi Rauscedo
«Da oggi – ha aggiunto – non dobbiamo più considerare i portainnesti solo come una barriera contro fillossera, siccità e altre avversità, ma come strumenti biologici per migliorare la qualità dell’uva e del vino». Attilio Scienza ha sottolineato come questa scoperta porti la viticoltura in linea con altri ambiti delle colture arboree, dove il portainnesto è riconosciuto come un fattore cruciale per il miglioramento qualitativo. «È stato un lavoro complesso e lungo oltre due decenni – ha spiegato – a causa delle molteplici interazioni tra portainnesto, ambiente di coltivazione e vitigni. Tuttavia, abbiamo finalmente dimostrato che il portainnesto può influire in maniera diretta sulla qualità delle uve e dei vini».
Lucio Brancadoro, coautore dello studio, ha evidenziato come la ricerca abbia permesso di chiarire l’impatto dei portainnesti M sulle performance produttive e qualitative della vite. «In diverse combinazioni d’innesto con vitigni rossi e bianchi – ha spiegato – abbiamo osservato non solo l’estrema adattabilità dei portainnesti M ai vari ambienti italiani, ma anche la loro capacità di regolare le risposte della vite agli stress abiotici, sempre più estremi a causa del cambiamento climatico». Questa regolazione permette un decorso maturativo più favorevole, premessa essenziale per ottenere vini di alta qualità.
RISULTATI CONCRETI: FENOLI NEI ROSSI E ACIDITÀ NEGLI SPUMANTI
Le sperimentazioni condotte su vitigni iconici come Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Nero d’Avola e Sangiovese hanno confermato le straordinarie potenzialità dei portainnesti M.
Nel Cabernet Sauvignon, i portainnesti M hanno garantito risultati produttivi bilanciati, con elevati livelli di zuccheri e concentrazione fenolica.
Per lo Chardonnay in Franciacorta e Trento Doc, si è registrata una maggiore acidità titolabile, con prevalenza di acido malico, e un pH inferiore, elementi fondamentali per la produzione spumantistica di qualità. I vini ottenuti sono risultati più intensi, aromatici e con una struttura olfattiva complessa, arricchita da note di frutta tropicale.
Un aspetto determinante è emerso anche nei vini rossi. Nei campi sperimentali, le uve di Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon e Sangiovese hanno mostrato una maggiore concentrazione di polifenoli, una tonalità più accesa delle sostanze coloranti e una persistenza cromatica superiore durante l’affinamento. Questi parametri influenzano direttamente la qualità dei vini, rendendoli più strutturati e longevi.
«PORTAINNESTI M PER VINI DI QUALITÀ SUPERIORE»
Un altro aspetto innovativo riguarda la composizione aromatica delle uve. «I portainnesti M influenzano il metabolismo secondario della vite, con effetti diretti sulla qualità aromatica», spiega Brancadoro. Le analisi su Chardonnay e Sangiovese hanno rilevato incrementi significativi di composti aromatici come tioli, esteri etilici, fenoli e norisoprenoidi, che contribuiscono alla complessità dei vini ottenuti.
«Questa scoperta – conclude Marcello Lunelli – ci porta a riconsiderare completamente il nostro approccio ai portainnesti. La prova scientifica del loro ruolo nella qualità del vino sottolinea l’importanza di una scelta oculata della combinazione d’innesto, che tenga conto non solo delle caratteristiche varietali e ambientali, ma anche degli obiettivi enologici da raggiungere». Con i portainnesti M, una buona parte della viticoltura italiana promette di entrare in una nuova era. In cui sostenibilità e qualità si uniscono, per affrontare le sfide di un mercato sempre più esigente e di un clima in continuo cambiamento.
Questa mattina, presso la sede di Birra Turan, a Viterbo, è stato presentato ufficialmente un emendamento alla manovra finanziaria che conferma un significativo innalzamento delle agevolazioni fiscali per i piccoli birrifici artigianali. La misura prevede una riduzione fino al 50% dell’aliquota di accisa per i microbirrifici con volumi di produzione fino a 10 mila ettolitri annui. Una notizia che rappresenta un concreto segnale di supporto a questo segmento di eccellenza del comparto brassicolo italiano. «Un segnale concreto a questo specifico e pregiato segmento del comparto brassicolo», ha dichiarato il deputato Mauro Rotelli, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera, nonché promotore dell’emendamento. La proposta normativa ha raccolto ampio consenso, sia nel mondo agricolo che in quello produttivo, e punta a incentivare ulteriormente le produzioni dei piccoli birrifici.
RIDUZIONE DELLE ACCISE PER I BIRRIFICI ARTIGIANALI: LE PERCENTUALI
La norma prevede una riduzione strutturale delle accise con un sistema progressivo:
50% di riduzione per i birrifici artigianali con produzione annua fino a 10.000 ettolitri;
30% di riduzione per i birrifici con produzione fino a 60.000 ettolitri annui;
20% di riduzione per le produzioni superiori.
Un rilancio per il settore brassicolo artigianale. «Questa misura è pensata per rilanciare il settore delle birre artigianali, valorizzando la qualità, l’innovazione e il legame con il territorio e il made in Italy», ha spiegato Rotelli durante la conferenza. «Supportare i piccoli birrifici significa anche promuovere la produzione di materie prime italiane, incentivandone non solo il consumo interno ma anche l’esportazione sui mercati internazionali», ha aggiunto il deputato, sottolineando il crescente interesse dei consumatori verso prodotti di alta qualità e sostenibili.
L’IMPEGNO DI UNIONBIRRAI PER LA RIDUZIONE DELLE ACCISE
Un plauso alla misura è arrivato anche da Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici artigianali indipendenti, che ha fortemente sostenuto l’emendamento. «Questo risultato rappresenta un sostegno cruciale per lo sviluppo del potenziale brassicolo nazionale, sempre più riconosciuto nel mondo come parte integrante del made in Italy agroalimentari», ha affermato Ferraris. Grazie alla riduzione delle accise, le aziende del settore avranno a disposizione risorse economiche maggiori da reinvestire in innovazione e crescita. Ferraris ha anche sottolineato l’importanza dell’attenzione riservata dalla politica e dalle istituzioni a un comparto giovane e dinamico, che nonostante le difficoltà dei mercati continua a crescere. «Ci auguriamo di poter proseguire questo percorso di rinnovamento normativo – ha concluso il referente di Unionbirrai – consentendo alle imprese di operare in un contesto più favorevole e competitivo».
L’IMPATTO FISCALE DELLA RIDUZIONE DELLE ACCISE DEI MICROBIRRIFICI
Alla conferenza stampa hanno partecipato anche Antonella Sberna, vice presidente del Parlamento europeo, e Giulio Zelli, presidente della Commissione Agricoltura e Ambiente della Regione Lazio. Entrambi hanno confermato il proprio sostegno, nei rispettivi ambiti istituzionali, alla filiera brassicola. L’evento è stato arricchito dalla presenza di diversi birrifici locali, che hanno testimoniato il valore e l’impatto della misura fiscale per il territorio. Oltre al birrificio ospitante Turan, erano presenti Terre di Faul di Viterbo, Free Lions di Tuscania, Itineris di Civita Castellana, Hilltop Brewery di Bassano Romano e Aut Aut Brewing di Grotte di Castro.
Nel 2025, Breganze celebra il suo vino dolce all’insegna dei 30 anni della Prima del Torcolato. Domenica 19 gennaio, nella cittadina della provincia di Vicenza si taglierà l’importante traguardo dei trent’anni dell’iconico evento che rende omaggio al Torcolato, il vino passito Doc che ha saputo conquistare appassionati e intenditori, diventando simbolo del territorio e della denominazione Breganze.
LA STORIA DEL TORCOLATO DI BREGANZE
Il Torcolato affonda le sue radici nella storia contadina della Pedemontana Vicentina, un territorio in cui tradizione e innovazione convivono in armonia. La prima menzione del termine “Torcolato” risale al 1890, quando venne usato per descrivere il prezioso vino passito ottenuto dall’uva Vespaiola, autoctona di questa zona. Trent’anni fa, questa tradizione secolare ha trovato una nuova espressione nella “Prima del Torcolato”, una manifestazione che celebra pubblicamente il momento della prima spremitura dell’uva appassita. Dopo quattro mesi di paziente appassimento nei fruttai delle cantine, i grappoli vengono torchiati in piazza per ottenere il primo mosto della nuova annata. Un rito che, tra folklore e comunità, rappresenta il cuore pulsante della viticoltura locale.
BREGANZE, 30 ANNI DI PRIMA DEL TORCOLATO: IL PROGRAMMA
La “Prima del Torcolato” 2025 si arricchisce di eventi unici, nel segno della cultura e dell’arte. Le celebrazioni saranno accompagnate dalle note del “Violino Torcolato”, uno strumento artigianale creato dal liutaio Fabio Dalla Costa, un omaggio musicale alla tradizione del vino passito. Non mancherà una parentesi teatrale, curata dall’attore e drammaturgo Diego Dalla Via, che proporrà uno spaccato della vita e delle tradizioni contadine. A rendere ancora più speciale questa edizione sarà la nomina del fumettista vicentino Ivan Bigarella a nuovo Ambasciatore del Torcolato nel mondo per il 2025. Noto per il suo stile narrativo originale, Bigarella avrà il compito di promuovere il Torcolato e il suo territorio. Continuando una tradizione che unisce radici locali e prospettive internazionali.
LE SFIDE DEL TORCOLATO DOC BREGANZE
«Raggiungere i 30 anni della Prima del Torcolato – commenta Giuseppe Vittorio Santacatterina, presidente del Consorzio per la Tutela della Doc Breganze – è motivo di grande orgoglio per tutto il Consorzio e per le cantine associate. Il Torcolato Doc Breganze ha saputo affrontare a testa alta la crisi dei vini dolci in Italia negli ultimi anni, mantenendo una domanda stabile sul mercato. La sua forza risiede nell’unicità, espressione autentica del nostro territorio e dei migliori grappoli di uva Vespaiola». Santacatterina guarda al futuro con determinazione: «La sfida per i prossimi cinque anni sarà portare il nome del Torcolato ancora più in alto, sia in Italia che all’estero. Un obiettivo che potremo raggiungere solo grazie alla collaborazione tra le cantine DOC Breganze e a una comunicazione efficace del valore unico del nostro territorio».
FOTONOTIZIA – Sagna Spa aggiunge alla sua selezione di Champagne Maison Deutz, prestigioso marchio delle bollicine francesi. Tra le etichette incluse spiccano il Brut Classic, il Brut Rosé, le cuvée millesimate, e la linea Hommage à William Deutz, prodotta da singole parcelle. A completare l’offerta, le esclusive cuvée William Deutz, Amour de Deutz e Amour de Deutz Rosé, già protagoniste della gastronomia internazionale di alto livello. Soddisfazione per l’accordo viene espressa da Carlo Alberto Sagna, Direttore Commerciale di Sagna S.p.A. e dal Ceo di Maison Deutz, Marc Hoellinger.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Pienosole, Scuropasso (13%).
Fiore: 8 Frutto: 9 Spezie, erbe: 7.5 Freschezza: 8.5 Tannino: 0 Sapidità: 6.5 Percezione alcolica: 5 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 8 A tavola: 8.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Hai bevuto vino al ristorante e hai paura dell’alcoltest? Nessun problema. Il ristoratore ti porta a casa e la patente è sana e salva. Ad una condizione: devi abitare a Venturina Terme, in provincia di Livorno. L’idea è di Stefano Sinibaldi, titolare del Bistrot Mezzo Km nella frazione di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. Una risposta, anzi una provocazione bella e buona, al nuovo codice della strada (già criticatissimo nel settore). Dal 14 dicembre 2024, pene e sanzioni per chi si mette al volante sopra al limite di 0,5 grammi per litro (tasso alcolemico rimasto comunque invariato rispetto al passato) sono state infatti inasprite. E gli effetti dell’entrata in vigore della stretta (economica) sull’alcol alla guida sono già clamorosi. Ben 38.200 patenti ritirate in seguito a oltre 760 mila alcoltest eseguiti dalla Polizia stradale, sul territorio nazionale.
NUOVO CODICE DELLA STRADA: TI PORTA A CASA IL RISTORATORE
Numeri che fanno un baffo al ristoratore livornese intervenuto ieri sera su Rete 4, durante la trasmissione Dritto e Rovescio condotta da Paolo Del Debbio. «Ho un bistrot a Venturina Terme, in provincia di Livorno – ha spiegato Stefano Sinibaldi di “Mezzo Km” – e con il nuovo decreto ci è calata moltissimo la vendita di vino. Non sono contro il decreto, ci mancherebbe. Anzi, sono contro quelli che bevono troppo. Ma, con il mio servizio di cortesia, permetto ai clienti che prenotano di essere riportati a casa, a fine cena. Lo posso fare solo nel Comune. Visto che la cosa funziona, la prossima settimana avrò una riunione con i ristoratori del mio Comune per estendere il servizio e meglio organizzarlo, inserendo ncc o taxi». A quel punto, «i ristoranti che aderiscono all’iniziativa potranno portare a casa la gente».
CONSUMI DI VINO E ALCOL CALATI AL RISTORANTE: TROPPA PAURA PER LA PATENTE
L’intervento del ristoratore Stefano Sinibaldi è stato anticipato dal servizio di Lorenzo Caroselli. Protagonisti alcuni ristoratori di Milano, che hanno confermato il calo drastico dei consumi di vino e alcolici da parte dei clienti, dall’entrata in vigore delle nuove norme del codice della strada. Le multe da 573 euro per un tasso alcolemico da 0,5 a 0,8, si spingono fino a 6 mila euro. E la sospensione della patente arriva fino a due anni. Abbastanza per fungere da ulteriore deterrente. Una vera e propria mazzata per gli operatori Horeca.
«I consumi sono più che dimezzati – riferisce al giornalista di Dritto e Rovescio un ristoratore – non beve più nessuno. Si beve meno della metà rispetto a prima». «Andiamo ad acqua perché è entrato in vigore il nuovo codice della strada», confermano due clienti di un’altra attività. «La gente di zona che va a casa piedi, beve. Però – sottolinea il secondo ristoratore milanese intervistato – lavoro anche con gente fuori zona, che ha il terrore addosso di bere un bicchiere di vino e poi andare a casa in macchina». In studio, opinionisti divisi tra detrattori e sostenitori delle nuove norme caldeggiate dal ministro Matteo Salvini. Finale melanconico per il giornalista Lorenzo Caroselli, costretto a tornare a casa in taxi dopo aver consumato, tra un’intervista e l’altra, uno Spritz, un bicchiere di vino bianco e un Gin Tonic.
Il Verband Deutscher Prädikatsweingüter (VDP) inizia il 2025 accogliendo due nuovi membri tra le sue fila. A partire dal 1° gennaio, Sektgut Reinecker (VDP Baden) e Weingut Dr. Hermann (VDP Mosel-Saar-Ruwer) entrano a far parte della comunità VDP. Questo porta a 202 le aziende associate alla VDP, tutte accomunate dall’impegno nei confronti degli standard di origine e qualità della VDP.
SEKTGUT REINECKER: GLI ECCEZIONALI SPUMANTI DEL MARKGRÄFLERLAND
La Sektgut Reinecker, situata ad Auggen, è sinonimo di vini spumanti eccezionali dal 1987. Questi vini sono prodotti esclusivamente con il metodo tradizionale della fermentazione in bottiglia. La famiglia Reinecker coltiva vigneti ad Auggen, Feuerbach, Istein e Badenweiler, i cui terroir conferiscono ai vini base il loro carattere unico. Il portafoglio comprende cinque vini spumanti che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti.
Oltre a produrre i propri spumanti, la Sektkellerei offre anche la produzione di spumanti su commissione per rinomate cantine della regione. Katja e Steffen Reinecker, insieme ai loro genitori Christina e Herbert, guidano l’azienda verso il futuro. «Siamo lieti di dare il benvenuto a Sektgut Reinecker – dichiara Joachim Heger, presidente di VDP.Baden – un’azienda che si distingue per l’eccellente reputazione, la competenza e l’affascinante cordialità». L’ammissione di Sektgut Reinecker sottolinea la crescente importanza dello Statuto VDP.SEKT, che definisce gli standard più elevati per la produzione di vini spumanti tedeschi.
WEINGUT DR. HERMANN: RIESLING CLASSICO A FORTE PENDENZA
La Weingut Dr. Hermann, situata a Erden, è rinomata per i suoi eleganti Riesling provenienti dai ripidi pendii di ardesia della Mosella. Fondata nel 1967, è oggi gestita da Christian e Julia Hermann. I vigneti comprendono siti prestigiosi come i VDP.GROSSE LAGEN® PRÄLAT e TREPPCHEN a Erden e WÜRZGARTEN a Ürzig, che conferiscono ai vini una mineralità e una finezza particolari. La tenuta impiega una viticoltura sostenibile e tecniche di cantina tradizionali, tra cui la fermentazione spontanea e l’affinamento prolungato sui lieviti.
I loro nobili Prädikatsweine dolci sono costantemente classificati tra i migliori della regione. Siamo lieti di dare il benvenuto alla Weingut Dr. Hermann – commenta Carl von Schubert, presidente del VDP.GROSSER RING Mosel-Saar-Ruwer – una cantina il cui stile classico ed elegante di Riesling rappresenta un enorme arricchimento per il GROSSER RING. Entrando a far parte della VDP, Weingut Dr. Hermann conferma la propria dedizione alla conservazione e allo sviluppo dei vigneti storici della Mosella».
Il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame di un disegno di legge annuale dedicato alle piccole e medie imprese, su proposta del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Il provvedimento si inserisce nell’ambito della valorizzazione delle eccellenze del Made in Italy e punta a definire e qualificare i ruoli e le mansioni degli operatori del settore Horeca (Hotel, Restaurant, Catering), che rappresenta l’ampio mercato dei consumi fuoricasa. Tra gli attori chiave di questo settore spiccano i distributori di Food & Beverage, considerati un anello indispensabile tra produttori e punti di consumo. La Federazione dei distributori Horeca, Italgrob, ha svolto un ruolo centrale nella promozione del provvedimento, volto a delineare politicamente e legislativamente il ruolo dei diversi operatori del sistema Horeca.
ITALGROB: DISEGNO DI LEGGE RENDE “VISIBILI” GLI OPERATORI HORECA
«Per gli operatori della distribuzione Horeca – commenta Antonio Portaccio, presidente di Italgrob – un riconoscimento decisivo per far emergere la categoria da quell’anonimato, per non dire da quella invisibilità, nella quale è stata sempre relegata. Un anonimato che non aveva in alcun modo ragion d’essere, visto il ruolo strategico che svolgono i distributori italiani. Una categoria che conta oltre 3.400 aziende e che, con il suo lavoro di distribuzione, garantisce giornalmente forniture agli oltre 330 mila punti di consumo tra bar, ristoranti e pizzerie in Italia. Di fatto, i distributori mettono in moto un settore, quello dei consumi fuoricasa, che è uno degli asset fondamentali per l’economia del Paese. Un riconoscimento era pertanto non solo necessario, ma anche doveroso».
«DISEGNO DI LEGGE IMPORTANTE PER DISTRIBUTORI FOOD & BEVERAGE HORECA»
«Dopo l’iter parlamentare che la proposta di legge dovrà seguire – aggiunge Dino Di Marino, Direttore Generale di Italgrob – si aprirà uno scenario molto importante per la categoria dei distributori Horeca, anzitutto perché sarà stato circoscritto un perimetro identificato e identificabile nel quale potremo agire. In questo modo, a seconda delle esigenze, delle circostanze e delle necessità del momento, sarà possibile incidere a livello politico istituzionale e avviare iniziative per la valorizzazione di una categoria di rilievo, quale è appunto la distribuzione Horeca». Questo disegno di legge rappresenta un passo significativo per il riconoscimento e la tutela di un settore cruciale, che contribuisce in maniera determinante al sostegno del Made in Italy e all’economia nazionale.Italgrob
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Buttafuoco dell’Oltrepò pavese Doc Bio 2018 Vigna Pregana, Quaquarini (14%).
Fiore: 8.5 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 8.5 Tannino: 7.5 Sapidità: 7.5 Percezione alcolica: 7 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 6.5 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
La promozione del settore vinicolo nell’Unione Europea è sostenuta attraverso finanziamenti che provengono principalmente da fondi comunitari e, in parte, da fondi nazionali. Ecco una panoramica delle principali fonti di finanziamento.
1. Fondi dell’Organizzazione Comune del Mercato (OCM) Vino
La Politica Agricola Comune (PAC) dell’UE prevede uno specifico programma per il settore vitivinicolo, gestito attraverso l’OCM Vino.
Ogni stato membro riceve una dotazione finanziaria annuale per il proprio “Programma Nazionale di Sostegno” (PNS), che include misure per la promozione del vino, sia all’interno dell’UE che nei mercati extra-UE.
Obiettivi principali dei fondi OCM per la promozione:
Incrementare le esportazioni.
Aumentare la competitività dei vini europei nei mercati internazionali.
Sostenere la qualità e l’immagine dei vini europei.
2. Cofinanziamento da parte degli Stati Membri
Gli stati membri dell’UE partecipano con una quota di cofinanziamento per le misure di promozione del vino, integrando i fondi europei.
La percentuale di cofinanziamento varia in base alla misura e al paese, ma in generale i produttori devono contribuire con una parte dei costi.
3. Contributi dei produttori e delle organizzazioni del settore del vino
I beneficiari dei fondi per la promozione, come le aziende vinicole o i consorzi, spesso devono coprire una parte dei costi dei progetti di promozione (cofinanziamento).
Questa modalità garantisce un uso più mirato e responsabile dei fondi.
4. Fondi strutturali e di sviluppo rurale
Alcuni programmi di sviluppo rurale nell’ambito della PAC possono includere misure di promozione del settore vinicolo, soprattutto legate al turismo enologico e alla valorizzazione del territorio.
In questo caso, i fondi provengono dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR).
5. Programmi nazionali e regionali
Oltre ai fondi europei, molti paesi e regioni vinicole attivano programmi propri di sostegno alla promozione.
Questi programmi sono spesso finanziati da risorse pubbliche nazionali, da fondi regionali o da consorzi di produttori.
Esempio pratico: promozione nei mercati extra-UE
L’OCM Vino sostiene campagne di marketing, degustazioni, partecipazioni a fiere e altre attività promozionali in paesi come gli Stati Uniti, la Cina o il Giappone.
La copertura finanziaria può arrivare fino al 50% dei costi totali dell’azione promozionale.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Collio Doc Friulano 2023 Azienda agricola Draga Boutique Winery – Miklus Mitja (13,5%).
Fiore: 6 Frutto: 7 Spezie, erbe: 7 Freschezza: 8 Tannino: 1 Sapidità: 7 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 8 Facilità di beva: 7 A tavola: 8 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
FOTONOTOZIA – Champagne Boizel entra nel portfolio di Allegrini Wine Distribution, il ramo d’azienda di AW Allegrini Wines dedicato alla distribuzione in Italia «di realtà vitivinicole affini per filosofia e rispetto della tradizione, sia italiane che straniere». «Questa partnership commerciale, spiega l’azienda simbolo della Valpolicella e dell’Amarone, non solo arricchisce l’offerta di Allegrini, ma rappresenta anche un chiaro segnale di intenti: portare in Italia un simbolo dell’arte dello Champagne attraverso una strategia focalizzata su qualità e prestigio». (nella foto Matteo Allegrini e Florent Boizel)
All’inizio del 2025, il settore del vino italiano evidenzia una crescente domanda di diverse figure professionali. È quanto emerge dalle offerte di lavoro pubblicate su vari portali specializzati, come Indeed. Lavorare nel mondo del vino nel 2025 non è dunque un sogno impossibile, ma richiede alcune competenze. Ecco la situazione aggiornata, sulla base dell’analisi di oltre 100 posizioni aperte.
LAVORO NEL SETTORE DEL VINO IN ITALIA nel 2025
Cantiniere: Responsabile delle operazioni in cantina, dalla vinificazione all’imbottigliamento. Questa posizione richiede competenze tecniche specifiche e una profonda conoscenza dei processi produttivi del vino.
Wine Specialist: Professionista dedicato alla promozione e vendita dei vini, spesso impiegato in enoteche o punti vendita specializzati. È fondamentale una solida conoscenza dei prodotti e, preferibilmente, certificazioni come sommelier o Wset.
Addetto al Wine Shop: Figura che si occupa dell’accoglienza dei clienti, organizzazione di degustazioni e gestione delle vendite dirette in cantina o negozi specializzati. Richieste competenze in comunicazione e, spesso, la conoscenza di lingue straniere per interagire con una clientela internazionale.
Agente di Commercio: Professionista incaricato della vendita e distribuzione dei vini in specifiche aree geografiche, con l’obiettivo di ampliare la rete commerciale dell’azienda. È preferibile un’esperienza pregressa nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso.
Hospitality Manager: Responsabile dell’organizzazione e gestione delle attività di ospitalità in cantina, inclusi tour, degustazioni ed eventi. Questo ruolo richiede eccellenti capacità organizzative e relazionali, oltre a una profonda conoscenza del settore enologico.
Operaio Agricolo Specializzato: Addetto alle attività nei vigneti, come la potatura, la vendemmia e la manutenzione generale. È richiesta esperienza nelle pratiche agricole vitivinicole e, spesso, l’abilitazione alla guida di mezzi agricoli.
LE COMPETENZE RICHIESTE PER IL LAVORO NEL SETTORE DEL VINO NEL 2025
Competenze linguistiche: Per ruoli a contatto con il pubblico, come l’addetto al wine shop o l’hospitality manager, è spesso richiesta la conoscenza di lingue straniere, in particolare l’inglese, per interagire efficacemente con clienti internazionali.
Certificazioni: Possedere qualifiche riconosciute, come quelle rilasciate da Ais, Fisar, Onav o Wset, può rappresentare un vantaggio competitivo per candidati in posizioni legate alla degustazione e vendita del vino.
Esperienza pregressa: Molte offerte di lavoro privilegiano candidati con esperienza nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso. Importante una conoscenza approfondita del mercato e delle sue dinamiche.
Il settore del vino italiano all’inizio del 2025 offre diverse opportunità professionali, con una particolare enfasi su ruoli tecnici e commerciali che richiedono competenze specializzate e, in molti casi, esperienza consolidata nel campo. La crescente attenzione per il biologico offre inoltre opportunità di lavoro nel mondo del vino per chiunque sia in possesso di competenze legate a precision farming e pratiche di agricoltura biologica.vino biologico italianoed
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Venezia Giulia Igt Bianco Malvasia 2018, Azienda agricola Il Carpino (15%).
Fiore: 8 Frutto: 9 Spezie, erbe: 7 Freschezza: 8 Tannino: 3 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 7 A tavola: 8 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
(5 / 5) L’Appassimento Rosso Salento Igp 2021Notte Rossa è una delle ultime novità della gamma della cantina pugliese Terre di Sava. Un vino morbido, che conquista con i suoi profumi intensi, il suo sapore pieno e la lunga persistenza. Un nettare ottenuto da una selezione di uve a bacca rossa tipiche del territorio salentino, raccolte quando gli acini risultano lievemente appassiti. Un modo per “concentrare” in maniera del tutto naturale le fragranze, arricchendo il profilo aromatico.
Grazie a questo procedimento, le uve che arrivano in cantina con 10-15 giorni di ulteriore attesa rispetto all’epoca di maturazione ottimale – sul finire del mese di settembre – sono dotate di una struttura maggiore, in grado di reggere un breve affinamento in barrique di legno francese e americano. Il risultato è quello di aumentare, nel calice, l’armonia e la piacevolezza. Un appassimento cercato, voluto e sperimentato dalla cantina salentina per regalare ai clienti delle maggiori insegne di supermercati – dove questo vino è reperibile – un’etichetta che trasporta ovunque il sole della Puglia.
APPASSIMENTO ROSSO SALENTO NOTTE ROSSA: LA DEGUSTAZIONE
Alla vista, Appassimento Rosso Salento Igp 2021Notte Rossa si presenta di un colore granato intenso. Al naso ricordi di ciliegia e frutta più rossa che scura (prugna), tendente alla confettura. Note terziarie – ovvero quel ventaglio di aromi dati dall’affinamento in legno – molto ben integrate, che aggiungono complessità al bouquet. Evidenti i ricordi di spezie come cannella e vaniglia. Al palato siamo in presenza di un vino di una certa densità, eppure di gran beva. Tannino integratissimo e sorso morbido, setoso, addirittura dissetante, ben oltre le attese. Un vino che non stanca mai e che fa proprio della piacevolezza e della beva un punto forte. A proposito di abbinamenti, l’Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa accompagna bene primi piatti ricchi, carni rosse e formaggi di media stagionatura.
APPASSIMENTO NOTTE ROSSA: UNA TRADIZIONE ANTICA
L’appassimento delle uve rosse nel Salento, proprio come nel caso Notte Rossa, è una pratica tradizionale che mira a concentrare zuccheri, aromi e polifenoli, esaltando le qualità naturali dei vini della zona. Questa tecnica sfrutta il clima caldo e ventilato della regione e può avvenire direttamente in vigna, attraverso una vendemmia tardiva, o con il taglio del peduncolo (ovvero della parte più alta del “gambo” del grappolo), che blocca il flusso della linfa, favorendo un appassimento naturale. In alternativa, le uve vengono essiccate su graticci o in cassette ben aerate. Le varietà autoctone più utilizzate includono il Negroamaro, il Primitivo e la Malvasia Nera, che offrono rispettivamente struttura, morbidezza e complessità degli aromi.
L’Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa è un emblema dei vini che si possono ottenere con questa tecnica. Generalmente sono ricchi e avvolgenti, con note di frutta matura, confettura e spezie dolci, oltre ad essere caratterizzati da corpo pieno e lunga persistenza. Negli ultimi anni, la tecnica dell’appassimento si è evoluta grazie a metodi di cantina più controllati e scientifici, come l’appassimento in stanze condizionate. Ma molte cantine, come Terre di Sava, vogliono mantenere viva la tradizione. Combinando sapere antico e innovazione, per valorizzare il territorio e creare autentici vini del Salento.
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