Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump minaccia di imporre dazi del 200% su vino, Champagne e alcolici europei. Lo fa attraverso un “tweet”, o meglio su Truth Social , il social network americano creato della Trump Media & Technology Group. Le nuove “tariffs”, spiega il Tycoon, sarebbero una risposta alla decisione dell’Unione Europea di introdurre dazi del 50% sugli alcolici statunitensi, in particolare sul whiskey, in ritorsione contro i dazi Usa del 25% su acciaio e alluminio. Francia e UE hanno annunciato una decisa opposizione. I mercati azionari soffrono per l’escalation della guerra commerciale, mentre l’industria statunitense degli alcolici teme gravi perdite economiche. Nelle scorse settimane, come annunciato da Winemag, erano stati gli stessi importatori americani di vini esteri a dare il via a una raccolta firme per fermare possibili, nuovi dazi di Trump. https://x.com/realdonaldtrump
LE REAZIONI ITALIANE ALLA MINACCIA DI DAZI SUL VINO EUROPEO
Numerosi esperti avvertono che l’escalation potrebbe portare a un blocco totale dell’importazione dei vini europei negli Stati Uniti. Intanto, le minacce di Donald Trump di applicare dazi del 200% sul vino europeo scatenano forti reazioni nel settore. Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale del Comité Vins – CEEV, sottolinea il rischio di una «devastante» perdita, dato che gli Usa rappresentano il 27% delle esportazioni Ue. Coldiretti e Filiera Italia parlano di «misura estrema» che comprometterebbe un mercato italiano da 1,94 miliardi di euro. Mettendo, tra l’altro, in difficoltà tutta la filiera, dai produttori ai consumatori americani. Confagricoltura chiede una «negoziazione urgente», mentre Confcooperative e Consorzio Valpolicella invocano interventi diplomatici immediati. «Siamo al sonno della ragione, che genera mostri – commenta il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi -. Speriamo in un pronto risveglio da questo incubo, perché il vino è il simbolo dell’amicizia tra i due popoli».
Si rinnova sabato 26 aprile 2025 l’appuntamento con Ossola in Cantina, giunto alla terza edizione. Un affascinante percorso enologico tra i vigneti eroici delle Alpi piemontesi, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola. Otto cantine, tutte aderenti ad APAO – Associazione Produttori Agricoli Ossolani apriranno le loro porte dalle 11 alle 18, offrendo degustazioni di vini Doc locali accompagnate da assaggi gastronomici tipici, rigorosamente serviti con materiali compostabili per un’impronta green voluta dagli organizzatori.
Attraverso un unico voucher (acquistabile dal 15 marzo sul sito APAO, al costo di 30 euro), i partecipanti potranno scegliere quali cantine visitare. Percorrendo in autonomia un itinerario tra strade, mulattiere e sentieri di montagna, ideali per riscoprire il patrimonio vitivinicolo locale. Protagonista assoluto il Nebbiolo tradizionale, il Prünent, citato sin dal 1309 per il suo particolare sentore di prugna.
Le cantine coinvolte da Ossola in Cantina 2025 sono distribuite lungo tutta la valle, da Pieve Vergonte a Crodo, passando per Domodossola e Trontano. Si tratta di Ca’ da l’Era Azienda Agricola, La Cantina di Tappia, Edoardo Patrone, Agriturismo La Tensa, Villa Mercante, Cantine Garrone, DEA – Agricoltura Eroica in Val d’Ossola e Istituto Agrario Fobelli di Crodo. I vini saranno presentati in ogni cantina e raccontati dai sommelier Ais Verbania. Per un’esperienza ancora più completa, APAO offre la possibilità di escursioni guidate a piedi o in e-bike, a pagamento.https://www.facebook.com/apao.associazione.produttori.agricoli.ossolani
A partire dal 2025 le birre prodotte dal Birrificio Cascina Motta di Sale (Alessandria) saranno “Gluten Free”. L’intera produzione è stata infatti convertita ad una metodologia di trasformazione che garantisce l’assenza di glutine nel boccale. Il processo, accuratamente perfezionato, si basa sull’impiego di un sistema naturale che consente la conversione del glutine in proteine più semplici e non allergeniche.
Il tutto senza nulla togliere in termini di composizione e complessità organolettica alle bevande. Fin dal 2019 Birrificio Cascina Motta ingloba in un’unica azienda agricola la produzione diretta di tutti i cereali, i luppoli e gli aromatizzanti per le proprie birre. Una filiera, certificata Bio, 100% aziendale in cui sono direttamente gestiti maltazione e la brassatura. Elementi che rendono la birra dell’azienda piemontese non solo “artigianale” e “agricola” ma anche “contadina”. https://www.winemag.it/birrificio-2-sorelle-nuovo-design-per-il-birrificio-al-femminile/
CASCINA MOTTA GLUTEN FREE ANCHE CON LA IPA SIVERA
Oltre alle nuove Gluten Free, per la primavera il birrificio propone Sivera, una birra ispirata allo stile Indian Pale Ale, anch’essa totalmente da filiera e senza glutine. Una IPA dal contenuto alcolico moderato, caratterizzata da schiuma candida e compatta, profumi erbacei ed agrumati e una luppolatura intensa e piacevolmente amara. Al palato si percepiscono note citriche di pompelmo e di frutta esotica come litchi e frutto della passione. Cascina Motta
Torna Derthona Due.Zero, appuntamento centrale per i vini ottenuti dal vitigno Timorasso, in provincia di Alessandria. Sabato 29 marzo, domenica 30 marzo e, con una giornata esclusivamente dedicata agli operatori del settore, lunedì 31 marzo 2025, il Museo Orsi di Tortona ospiterà la quinta edizione dell’evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. Un’occasione unica per conoscere e valorizzare il vitigno Timorasso, simbolo della rinascita vinicola di questo affascinante territorio. Oltre cinquanta produttori saranno presenti al banco d’assaggio, offrendo in degustazione l’annata 2023 in anteprima assoluta, insieme a una selezione di preziose Riserve che esprimono chiaramente il grande potenziale evolutivo del Derthona. https://www.collitortonesi.com/registrazione-operatori-del-settore
DERTHONA DUE.ZERO 2025: UN GIORNO IN PIÙ PER DEGUSTARE I TIMORASSO 2023 IN ANTEPRIMA
Quest’anno, per rispondere al crescente successo della manifestazione, il Consorzio ha scelto di estendere l’evento con una giornata aggiuntiva, il lunedì, dedicata esclusivamente ai professionisti. «Una decisione che rappresenta uno sforzo importante, ma essenziale, per rispondere con efficacia alle necessità di operatori, appassionati e stampa», commenta Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. «Derthona – aggiunge – continua a riscuotere sempre più consensi, confermandosi portabandiera della qualità e dell’identità dei vini dei Colli Tortonesi». La manifestazione prevede anche quest’anno appuntamenti di approfondimento con due masterclass, programmate sabato e domenica alle ore 16:00. Registrazioni sul sito web del Consorzio.
Si è tenuta ad Atri (Teramo) l’Anteprima Colline Teramane 2025. Un evento che, per la prima volta dalla fusione del Consorzio Colline Teramane con il Consorzio Vini d’Abruzzo, ha abbracciato non solo il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg, ma anche gli altri vini del territorio: Cerasuolo, Trebbiano e Pecorino che, nella versione Superiore, portano la sottozona Colline Teramane in etichetta. Un format innovativo, che mette al centro i vini bianchi, rosati e rossi del territorio in occasione delle celebrazioni dei 30 anni dall’istituzione della sottozona Colline Teramane, riconosciuta nel 1995 e promossa Docg nel 2003. Una prima edizione – dopo le “prove generali” dell’Anteprima 2024 – a cura del Comitato di denominazione Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg. Un organismo che opera sotto l’egida del Consorzio Vini d’Abruzzo, nel nome di un’autonomia che esalta le peculiarità dei vini prodotti tra il massiccio del Gran Sasso e il mare Adriatico. In sinergia con la Camera di Commercio Gran Sasso, del Gal Terreverdi Teramane e con il patrocinio del Comune di Atri.
FOCUS COLLINE TERAMANE
“Focus” il termine voluto dal Consorzio per descrivere l’Anteprima Colline Teramane 2025. Scelta che deriva dal desiderio di presentare il territorio non solo attraverso “la nuova annata”, ma come un mosaico di espressioni figlie di annate differenti, e vitigni differenti. Libertà, quindi, per i produttori di presentare vini dell’annata che intendono mettere in commercio, non necessariamente quella “da disciplinare”. Ecco in batteria etichette che coprono un arco temporale di ben 5 anni. Tanto per i “base” quanto per i “riserva”.
«Il valore sono la storia, le persone e l’ambiente di questa porzione d’Abruzzo. Punto centrale è l’identità, il nostro saper lavorare insieme». È lo stesso presidente del Comitato di denominazione Colline Teramane Enrico Cerulli Irelli a rimarcare come il futuro della sottozona sia «da ricercarsi nel territorio e non nel vitigno».
“Sei personaggi in cerca d’autore” verrebbe da dire, scomodando Pirandello. Una denominazione che nella sua riscoperta territorialità sta, forse, ancora cercando la propria rotta. Sono solo 4, infatti, i Trebbiano presentati. Lo stesso vale per i Pecorino. Mentre il numero di campioni di Cerasuolo si ferma ad 8. Sintomo di come la nuova estensione “non rossista” non sia ancora così fortemente sentita e vissuta da chi, il vino, lo produce.
I restanti 41 campioni, i “Montepulciano”, raccontano storie differenti e, a tratti, discordanti tra loro. Fra chi marca un po’ più la botte e chi meno, chi punta più al frutto e chi più sui terziari. Fra concentrazioni e scorrevolezze, il panorama è a macchia di leopardo. Appare però evidente, rispetto alle edizioni precedenti, il desiderio e la ricerca di un’identità più moderna del Montepulciano. Identità fatta di meno “pesantezze” ed un approccio più vicino agli attuali trend del mercato enoico.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Apollo 2022, Ausonia
Naso pimpante che apre fresco ed invitante. Frutto rosso maturo e note floreali di geranio e ginestra. In bocca è croccante, agile, gioioso. Il tannino è ben presente e forse un po’ troppo astringente, ma è un errore di gioventù. Persistenza pulita.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Colle Sale 2022, Barone di Valforte
Naso su note di frutta rossa e spezie, con quel tocco di pepe che fa da contorno a prugna, ribes e mora. Fresco in bocca con un tannino vellutato che rende il sorso pieno ma scorrevole.
Campione da vasca che si presenta già particolarmente pronto. Forse ancora leggermente chiuso al naso lascia intuire belle note di frutta rossa e nera ed una piacevole presenza speziata. In bocca è già assolutamente godibile col suo tannino ben integrato e la freschezza che guida la bevuta.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Verso Sera 20222, Velenosi
Naso fresco di frutta matura e spezie morbide. In bocca è croccante e scorrevole. Forse più semplice dei precedenti ma è in questo che risiede la sua forza. Piacevole la persistenza.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Terra Bruna 2021 (cdv), Podere Colle San Massimo
Altro campione da vasca che dimostra grande agilità e prontezza. Freschezza e complessità da botte entrambi presenti e ben armonizzati. Un assaggio da ripetere post imbottigliamento.
Naso “scuro” con note di frutta molto matura, ricchezza di spezie e cuoio. Sorso pieno, importante, asciutto. Tannino molto presente, quasi insistente, ma comunque non aggressivo.
Apre immediatamente su note terziarie. Spezie, tabacco, cacao. Ciò nonostante il naso resta verticale e fresco grazie ad una componente di frutto rosso (ribes) non soffocata dal passaggio in legno. Sorso vellutato ed elegante.
Agile, fresco. Belle note fruttate ed un piacevole terziario che non sovrasta gli altri sentori. In bocca si comporta bene con una bella nota di geranio nel retro olfattivo. Bel frutto maturo a centro bocca ed una leggera spezia a contornare il tutto. Tannino educato.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Riserva Docg Luigi Lepore 2020, Lepore
Altrettanto ricco al naso rivela note maggiormente orientate al frutto. Tannino vellutato ed una freschezza agile a croccante accompagnano il sorso.
Incuriosisce già dal naso. Si avverte la maggiore evoluzione e sono ben chiare le note date dal passaggio in legno. Legno però ben integrato nel quadro olfattivo. La componente fruttata vira verso note di marmellata di prugne e more. Composto ed equilibrato in bocca.
Note di radice di rabarbaro che catturano subito il naso. Seguono note di susina, mirtillo, rosa passita. Elegante al sorso invita alla bevuta e all’abbinamento gastronomico.
Colline Teramane Trebbiano d’Abruzzo Superiore Doc Le Murate 2024, Nicodemi
Naso che gioca su note di fiori bianchi e gialli e frutta fresca. Molto sapido in bocca, pulito, invogliante al sorso successivo. Vino a suo modo semplice ma goloso.
Naso ricco. Pienezza del frutto tanto a livello olfattivo quanto gustativo. Sapido quanto basta per renderlo goloso.
MIGLIORI COLLINE TERAMANE CERASUOLO D’ABRUZZO DOC
Colline Teramane Cerasuolo d’Abruzzo Superiore Doc Le Murate 2024, Nicodemi
Colore carico e luminoso. Naso ricco di frutti rossi. Lampone e melograno. Ricco e pieno nel centro bocca gioca più sulle morbidezze che sulle durezze.
Naso coinvolgente su sentori terziari ed una particolare fragranza di brace. Leggermente torbido si dimostra di gran corpo in bocca.
Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva Colline Teramane Luigi Lepore 1998, Lepore
Frutta surmatura e marmellata al naso. Naso che trae in inganno, ci si aspetta un sorso piacione ed invece lui si rivela verticale al sorso nonostante l’età.
Colomba 2025 Iginio Massari Anche quest’anno, la Pasqua di Iginio Massari Alta Pasticceria è un inno all’eccellenza artigianale, con una gamma di prodotti esclusivi disponibili in quantità limitata sullo shop online iginiomassari.it, nelle pasticcerie e nei Pop-Up Store in tutta Italia. «A Pasqua il dolce principe è la Colomba, simbolo di primavera e rinascita», raccontano il Maestro Iginio Massari e i figli Debora e Nicola. Un dolce che richiede tempo, dedizione e l’utilizzo delle migliori materie prime. Accanto alla Colomba, protagoniste sono anche le Uova di cioccolato, veri capolavori di gusto che esaltano la qualità del cacao più pregiato.
LA COLOMBA 2025 DI IGINIO MASSARI
Colomba Tradizionale
L’icona della Pasqua per eccellenza, lavorata con un processo di quattro lievitazioni e due impasti, per un totale di 65 ore di lavorazione. L’impasto soffice è arricchito da scorza d’arancia candita selezionata, mentre la glassa alle mandorle è impreziosita da granella di zucchero e mandorle intere grezze.
Colomba al Cioccolato e Lampone – Edizione Limitata
Un impasto al cacao arricchito con pepite di cioccolato fondente e al latte, insieme a lamponi canditi. La glassa al lampone e la rifinitura con zucchero cristallino rendono questa edizione una vera chicca per i palati più raffinati.
Colomba al Pistacchio
Un impasto che combina cremini al pistacchio e cubetti di arancia candita, con una copertura di glassa al pistacchio e granella di pistacchi e zucchero.
Colomba al Cioccolato – Nuova Versione
La versione 2025 prevede un impasto arricchito con pepite di cioccolato fondente e al latte, insieme a cubetti di arancia candita. Il tutto è ricoperto da una glassa alle mandorle e cacao.
Colomba Senza Canditi Colomba 2025 Iginio Massari
Pensata per chi preferisce un impasto privo di scorze d’arancia, questa versione mantiene la stessa sofficità dell’originale, riequilibrata con più vaniglia e miele.
Colomba Senza Lattosio – Novità 2025
Una grande novità per chi ha esigenze alimentari specifiche: una Colomba senza lattosio che non rinuncia a morbidezza e sapore autentico.
LE UOVA DI CIOCCOLATO DI IGINIO MASSARI PER PASQUA 2025
Le Uova di Pasqua Iginio Massari Alta Pasticceria nascono dalla selezione dei migliori cacao, offrendo un’esperienza sensoriale pura ed elegante. Ogni uovo contiene una sorpresa esclusiva.
Uova Pralinate: l’incontro tra cioccolato e frutta secca
Cioccolato al Latte 38% e Nocciole IGP
Cioccolato Bianco 34% e Pistacchi
Cioccolato Fondente 70% e Nocciole IGP
Ovetti di Croccante
Una delizia unica con un cuore di mandorle e nocciole selezionate, avvolte in un guscio croccante dal gusto intenso.
DOVE ACQUISTARE
I prodotti della gamma Pasqua 2025 sono disponibili sul sito iginiomassari.it, nelle Pasticcerie di Brescia, Milano, Torino, Verona, Firenze e Roma, nei Pop-Up Store di Bologna, Bolzano, Genova, Milano, Monza, Napoli, Pesaro, Roma Termini, Roma Tiburtina, Torino, Venezia Mestre, Verona, e presso MARITZ in Corso di Porta Ticinese 40 a Milano.iginiomassari.it
Enoturismo Italia. Si è tenuta a Roma, presso Palazzo Giustiniani, la presentazione della prima indagine del Movimento Turismo del Vino (MTV) e del CESEO – Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo dell’Università LUMSA. L’evento ha segnato l’avvio ufficiale del nuovo osservatorio sul settore, con un panel di esperti tra cui Donatella Cinelli Colombini (direttore CESEO), Violante Gardini Cinelli Colombini (presidente MTV) e Antonello Maruotti (ordinario di Statistica presso LUMSA).Movimento Turismo del Vino (MTV)CESEO – Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo
enoturismo italiaUn settore in espansione, ma con criticità
Secondo il rapporto “Turismo del vino: tra nuove sfide e opportunità”, l’enoturismo registra una crescita del 13% annuo a livello globale (fonte FMI). Il 53% delle cantine analizzate ha registrato un aumento del fatturato nel 2023, con un incremento a doppia cifra per 1 azienda su 4. Tuttavia, l’81% delle cantine segnala un aumento dei costi di gestione, con incrementi tra il 5% e il 25% che riducono i margini, colpendo soprattutto le micro-imprese (64% del campione) e le piccole imprese (31%). Solo il 9% delle cantine supera i 2 milioni di euro di fatturato annuo.
Competenze e formazione: un gap da colmare
Uno degli aspetti più critici emersi riguarda la professionalizzazione dell’accoglienza: solo il 38% delle cantine dispone di personale specializzato in Wine Hospitality, mentre nel 63% dei casi è il titolare stesso a occuparsi dei visitatori. La mancanza di figure dedicate è dovuta alla difficoltà di sostenere costi aggiuntivi, nonostante la crescente richiesta di esperienze di alta qualità.https://www.winemag.it/valpolicella-7-aziende-su-10-intendono-investire-in-enoturismo/
Hospitality e diversificazione dell’offerta
Il Movimento Turismo del Vino, da oltre trent’anni, ha contribuito a trasformare l’esperienza in cantina, rendendola più inclusiva e accessibile.
Il 43% delle aziende è certificato BIO e il 38% adotta pratiche di agricoltura sostenibile, dati ben superiori alla media italiana del 19,8% (Fonte Metes).
Il 33% delle cantine organizza pic-nic in vigna, il 30% passeggiate tra i filari, il 25% cene con il produttore e il 20% corsi di cucina.
Il 38% delle aziende ha spazi dedicati ai bambini, con fattorie didattiche e aree gioco.
Il 26% delle cantine offre stazioni di ricarica per auto elettriche, segnale di attenzione alla mobilità sostenibile.
Le wine experience hanno un costo medio di 25 euro, con un range che va dai 15 ai 150 euro.
Il 68% delle cantine accetta visitatori senza appuntamento, mentre l’85% è aperto tutto l’anno. enoturismo italia
Enoturismo Italiano tra digitale e intelligenza artificiale: il futuro è qui
La ricerca evidenzia una forte presenza delle cantine sui social media:
Facebook (97%) e Instagram (96%) sono i canali più usati.
LinkedIn (37%) è ancora marginale, mentre TikTok è adottato solo dal 7%.
Il 42% delle aziende registra meno di 1.000 visite al mese sul sito web, segnale di un potenziale di digitalizzazione ancora inespresso.
Solo il 21% utilizza un CRM (Customer Relationship Management) per fidelizzare la clientela.
L’Intelligenza Artificiale (AI) è impiegata solo dal 20% delle aziende, principalmente per marketing (63%), comunicazione digitale (70%) e gestione delle prenotazioni (35%). Solo l’8% la utilizza nei processi produttivi. L’adozione dell’AI è ancora frenata dalla percezione di costi elevati e dalla tradizionale gestione familiare di molte cantine. enoturismo italia
Migliori Alta Langa 2021.Se l’Alta Langa fosse un treno, sarebbe un JR-Maglev MLX01. Modello che forse non dice nulla, in Italia. Ma che, in Giappone, si vede sfrecciare a 531 chilometri orari, lungo la tratta sperimentale della Yamanashi Maglev Test Line. Bollicine piemontesi ad “alta velocità”, sui mercati. Pronte ora a conquistare l’export, che ha raggiunto il 15% nel 2024 grazie all’aumento della produzione e alle prime mosse del Consorzio per far conoscere – anche fuori dai confini nazionali – le cuvée di Pinot Nero e Chardonnay. Il numero record di cantine presenti alla Prima dell’Alta Langa 2025 – 82 a La Centrale di Nuvola Lavazza, a Torino – dimostrano che la velocità è nulla senza convogli. Ben 180 le cuvée in degustazione all’anteprima di un millesimo, il 2021, che si rivela il più omogeneo di sempre. Per il livello della qualità, molto alta. Ma, ancor più, per l’uniformità tra le espressioni delle varie cantine. Pardon, maison. Gli Alta Langa 2021 da non perdere? Ecco la Top 15, in rigoroso elenco alfabetico.https://www.altalangadocg.com/wp-content/uploads/2025/03/Elenco-vini-La-Prima-dellAlta-Langa-2025-3.pdf
MIGLIORI ALTA LANGA 2021: top 15 ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA 2025
Anna Maria Abbona, Alta Langa Docg Clara Rose Extra Brut 2021
Cascina Fonda, Alta Langa DocgExtra Brut 2021
Cerrino, Alta Langa Docg Pas Dosé 2021
Colombo, Alta Langa Docg Blanc de Blancs Brut 2021
Coppo, Alta Langa Docg Luigi Coppo Pas Dosé 2021
Daffara & Grasso, Alta Langa Docg PN CH Brut 2021
Ettore Germano, Alta Langa Docg Extra Brut 2021 (Best of Show)
Gallo, Alta Langa Docg 1831 Brut 2021
Garesio, Alta Langa Docg Pas Dosé 2021
Marco Capra, Alta Langa Docg Seitremenda Extra Brut 2021
Mauro Sebaste, Alta Langa Docg Avremo Extra Brut 2021
Paolo Berutti, Alta Langa Docg Rosé Brut 2021 (Magnum)
Roberto Garbarino, Alta Langa Docg Le Radipe Extra Brut 2021
Sara Vezza, Alta Langa Docg Extra Brut 2021
Tenuta Carretta, Alta Langa Docg Airali Blanc de Blanc Extra Brut 2021
CASTELLETTA: «IL SEGRETO DELL’ALTA LANGA? IL RIGIDO DISCIPLINARE DELLA DOCG»
Ventimila i brindisi alla Prima dell’Alta Langa 2025, settima edizione della degustazione annuale organizzata dal Consorzio Alta Langa. La più grande di sempre per numero di produttori presenti, etichette di Alte Bollicine Piemontesi in assaggio (circa 200), e professionisti accreditati (circa 1700). Immancabile la presidente Mariacristina Castelletta di Tosti1820. La cantina, al pari dell’altro noto brand Gancia, ha portato in degustazione i vini del millesimo più vecchio presente alla Prima dell’Alta Langa 2025. Si tratta, rispettivamente, dell’Alta Langa Docg Riserva Giulio I Blanc de Noirs Pas Dosé 2010 e dell’Alta Langa Docg Riserva Cuvée 120 Mesi Brut 2010.migliori alta langa 2021
Presidente Mariacristina Castelletta: Alta Langa sempre più a gonfie vele?
Direi di sì. Siamo cresciuti con un’eredità molto preziosa. Siamo il primo Metodo classico che è nato in Piemonte, a metà del 1800. Ma la denominazione è ragionevolmente molto più giovane, perché è nata nel 2002. Questi 23 anni sono stati molto importanti per la denominazione. A dirlo sono i numeri. Se pensiamo che nel 2021 mettevamo insieme 600 mila bottiglie e nel 2024 abbiamo raggiunto i 2 milioni di bottiglie contrassegnate dalla Docg, capiamo la portata del fenomeno.
“Fenomeno Alta Langa”, appunto. Ogni anno nuovi produttori, nuove cuvée e nuove espressioni di una Docg che dimostra di avere una grandissima dinamicità interna.
La cosa sorprendente e che ci riempie di orgoglio è la crescita dei produttori. Nel 2018 eravamo 18 e ora, qui alla Prima dell’Alta Langa 2025, settima edizione, ci ritroviamo con 82 produttori e circa 200 etichette di Alta Langa. L’andamento della denominazione si potrebbe spiegare semplicemente con questo confronto. I nostri numeri, comunque, rimangono relativamente piccoli se li paragoniamo alla globalità del mondo degli spumanti italiani e, ancor più, internazionali, come per esempio alla Champagne.
Un mondo in cui l’Alta Langa si distingue in maniera chiara. Come state gestendo la crescita?
La nostra volontà è quella di crescere in valore a livello internazionale, restando saldi e fedeli alle caratteristiche che sono insite nel nostro DNA. Vogliamo fare un Metodo classico di altissima qualità e vogliamo che questo concetto sia scalfito nella pietra. Abbiamo intenzione di portarlo avanti crescendo insieme a un territorio che ha delle sorprendenti capacità ancora non completamente espresse. Un territorio piuttosto vasto, che include le “alte terre” delle tre province di Asti, Alessandria e Cuneo. Abbiamo la possibilità di diventare più grandi, sì. Ma vogliamo farlo da tutti i punti di vista. Soprattutto da quello del valore.
“Al di là della collina”, per usare un eufemismo utile a identificare l’Oltrepò pavese, il Consorzio sembra aver preso una piega completamente diversa rispetto al passato. Ora, per statuto, i “piccoli” contano. In Alta Langa non sembra esserci questa necessità, nonostante la presenza di colossi e grandi cantine in Consorzio come la sua Tosti1820, o Fratelli Gancia. La differenza è solo nel peso dei brand dei due territori?
L’Alta Langa, sin dagli esordi, punta a diventare riferimento assoluto del Metodo classico in Italia. In confronto ad altri territori, credo sia importante sottolineare una delle caratteristiche più peculiari: in Alta Langa non ci sono “grandi” e “piccoli” produttori, dal momento che tutti insieme produciamo circa 2 milioni di bottiglie annue. Qui da noi c’è sempre stata una grande unione, dettata dal fatto che iniziare a produrre Alta Langa è una scelta coraggiosa, alla base della quale serve convinzione e grandi investimenti. Il nostro segreto? Abbiamo scelto di dotarci di un disciplinare da Champions League e di percorrere, tutti insieme, una strada comunque per nulla banale. Le regole di produzione dell’Alta Langa Docg dicono chiaramente che vogliamo primeggiare nel panorama enologico del Metodo classico. migliori alta langa 2021
Terreni con altitudine non inferiore ai 250 metri sul livello del mare. Solo millesimati. Ma anche 30 mesi minimi di affinamento sui lieviti per l’Alta Langa, a differenza dei 18 della Franciacorta (che ammette i non millesimati) e dei 15 mesi del Trento Doc. È così che si vince la Champions League del Metodo classico, insomma?
Di certo, questo è un buon inizio ed è la nostra intenzione! I produttori di Alta Langa devono essere molto determinati nel volersi approcciare alla denominazione e nel voler proseguire il percorso intrapreso. Fare Alta Langa è una scelta, non una conseguenza dei trend di mercato. E il fatto che il numero di produttori di Alta Langa stia crescendo così tanto, dimostra che abbiamo fatto le scelte giuste sin dal principio, quando abbiamo scritto le “regole del gioco”. Senza usare altri giri di parole, vorrei davvero cogliere l’occasione di questa intervista per dire ciò che penso profondamente di questo nostro Metodo classico: ovvero che è veramente un’espressione dell’orgoglio piemontese, per le nostre origini. Il Metodo classico è nato da noi, in Piemonte, nell’Ottocento. E quindi dobbiamo per forza dare del nostro meglio. Affinché rimanga nella storia.
Un viaggio sensoriale tra il vino e la pizza. Con questa premessa, il Sannio Consorzio Tutela Vini ha dato il via a Pizza&Falanghina nel Sannio Doc, progetto di valorizzazione e promozione che celebra il legame tra la Falanghina delSannio Doc e la pizza contemporanea. Un’iniziativa che rientra nel più ampio progetto Nel Sannio coltiviamo emozioni, che punta a esaltare due eccellenze della tradizione gastronomica campana in un connubio capace di conquistare anche i palati più esigenti. Obiettivo primario dell’iniziativa è accrescere la notorietà della Falanghina del Sannio Doc, il vino a denominazione di origine più prodotto e certificato in Campania, attraverso un percorso di abbinamenti con una delle preparazioni più iconiche della cultura culinaria italiana: la pizza.https://www.winemag.it/il-vino-con-la-pizza-il-catalogo-di-metro-che-stuzzica-i-ristoratori-italiani-e-provoca-le-cantine/https://www.sannio.wine/
Riconosciuta dall’Unione Europea come Specialità Tradizionale Garantita, la pizza non è solo un simbolo del gusto, ma anche una rappresentazione dell’eccellenza delle materie prime e delle tecniche di lavorazione, lievitazione e cottura. Il progetto mira quindi a esplorare la versatilità della Falanghina del Sannio Doc nell’abbinamento con le diverse tipologie di pizza contemporanea, esaltandone le peculiarità e offrendo un’esperienza gustativa completa.
LE PRIME TRE TAPPE DEL TOUR PIZZA & FALANGHINA DEL SANNIO
Il tour si articolerà attraverso una serie di degustazioni itineranti, coinvolgendo, oltre alla Falanghina del Sannio Doc, anche altri prodotti simbolo del territorio campano, come la Mozzarella di Bufala Campana Dop, il pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop e l’olio extravergine di oliva Campania Igt. L’iniziativa si rivolge a un pubblico ampio e variegato. Dagli operatori del settore ai giovani foodies e agli appassionati di enogastronomia, desiderosi di scoprire le infinite sfumature di questo vino e la sua perfetta armonia con la cucina mediterranea.
Le prime tre tappe del tour, che prevede un totale di dodici appuntamenti fino a fine giugno, si terranno il 20 marzo ad Arpaia, presso la Pizzeria Di Stora. A seguire, il 28 marzo ad Apollosa, presso la Pizzeria Pascià. Poi, 2 aprile a Pietrelcina, presso la Pizzeria Agricola Radici. Gli eventi avranno inizio alle ore 20:00 e saranno concepiti come momenti di convivialità e divertimento, offrendo agli ospiti l’opportunità di immergersi in un’esperienza sensoriale unica. Per partecipare, è necessario prenotarsi contattando direttamente le pizzerie selezionate.
Timossi Experience torna a Genova con la sua sesta edizione. L’appuntamento è per il 25 e 26 marzo 2025 ai Magazzini del Cotone. L’evento biennale, organizzato da Timossi Beverage & Food Solution, rappresenta un appuntamento dedicato non solo ai professionisti del settore Horeca, con oltre 180 espositori tra vino, birre, spirits e food, ma anche ai winelovers.https://www.timossi.it/.
NOVITÀ E OLTRE 4 MILA MQ DI ESPOSIZIONE
Oltre 4 mila i metri quadrati di area espositiva. La Timossi Experience 2025 offrirà l’opportunità di scoprire le ultime tendenze del mercato, degustare prodotti d’eccellenza e creare nuove connessioni professionali. Per la prima volta, l’evento aprirà anche al pubblico di appassionati mercoledì 26 marzo, dalle 14 alle 18 (biglietto d’ingresso 20€ fino a esaurimento posti). «La Timossi Experience cresce, ampliando la partecipazione delle aziende e divenendo sempre più occasione di incontro e confronto tra gli attori della filiera», spiega Raffaele Timossi, titolare e responsabile commerciale dell’azienda.
ARENA TALK: FOCUS SU FORMAZIONE, TENDENZE E NETWORKING
Uno dei punti di forza dell’evento sarà l’Arena Talk, uno spazio di confronto dedicato ai trend di settore, alla formazione e al networking. Durante le due giornate interverranno esperti, opinion leader e rappresentanti istituzionali su temi cruciali per il comparto. Il 25 marzo, dopo i saluti istituzionali, si discuterà di ospitalità e formazione con interventi di Alessandro Cavo (Ascom ConfCommercio), Giovanni Ferrando (Hotel Bristol Palace) e Roberto Costa (Camera di Commercio italiana a Londra).
Nel pomeriggio, focus sui trend degli spirits con Massimo Barboni, Gianluca Grandoni e Niccolò Grassi, seguito da un approfondimento sull’intelligenza artificiale nel digital marketing. Il 26 marzo si parlerà di sostenibilità e economia circolare con interventi di rappresentanti dell’IIT, AzzeroCO2 e Comune di Genova. Nel pomeriggio, spazio alle tendenze del mercato birrario con Teo Musso (Birra Baladin) e un incontro sulle tecniche di coaching nel settore Horeca.
TIMOSSI AWARDS: PREMI AI MIGLIORI PRODOTTI DELLA MANIFESTAZIONE
A concludere le due giornate saranno i Timossi Awards, che premieranno i migliori prodotti della manifestazione attraverso degustazioni alla cieca, coinvolgendo sia gli operatori del settore sia il pubblico. Fondata nel 1952, Timossi Beverage & Food Solutions è una realtà di riferimento per la distribuzione HoReCa in Liguria e nel Nord-Ovest. Fatturato di oltre 70 milioni di euro per una società che include diversi marchi, tra cui 1492 Coloniale Group (import-export spirits) e MOG Mercato Orientale Genova L’azienda offre oltre 3.500 referenze, con particolare attenzione ai prodotti liguri. Oltre alla distribuzione, si occupa di formazione attraverso la Timossi Academy e investe in sostenibilità, utilizzando energie rinnovabili e promuovendo il riciclo.
TIMOSSI EXPERIENCE 2025
Magazzini del Cotone Calata Molo Vecchio n. 15 Modulo 5, 16128 Genova
Non c’è solo Rapitalà nelle carte dell’inchiesta della Dda di Palermo sul mandamento mafioso di San Giuseppe Jato e sulla famiglia mafiosa di Camporeale. Nelle carte compare anche il nome di Alessandro di Camporeale, cantina “vicina di casa” di Tenuta Rapitalà, mai menzionata da altri organi di stampa, sino ad ora. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Lirio Conti, acquisita e analizzata nel dettaglio (forse solo) da Winemag, compare sì quella che è una delle più importanti cantine della Sicilia, parte del Gruppo Italiano Vini (GIV), il cui ruolo viene ampiamente dibattuto nelle oltre 400 pagine dell’inchiesta.
Ma c’è anche l’azienda agricola oggi guidata dai tre cugini Benedetto – “il nero” e “il rosso” – ed Anna Alessandro. Il gip definisce «di estremo rilievo» le evidenze investigative su Rapitalà, raccolte sin dal 2019. «Gli interessi economici di Cosa Nostra camporealese nel settore della produzione e della vendita di prodotti vinicoli», sarebbero tuttavia evidenti nei rapporti dei mafiosi con «diverse cantine della zona».https://www.alessandrodicamporeale.it/chi-siamohttps://www.gruppoitalianovini.it/it/brand/tenuta-rapitala
RAPITALÀ E ALESSANDRO DI CAMPOREALE: NESSUN INDAGATO
Tra gli indagati non figura alcun dirigente delle due aziende vinicole. Ma dalle carte dell’inchiesta appare evidente chi – e cosa – leghi Rapitalà e Alessandro di Camporeale. Si tratta dell’intermediario di Cosa Nostra Giuseppe Bologna, che figura con il fratello Pietro Bologna nella lista degli indagati per i quali sono stati emessi gli ordini di custodia cautelare (solo 6 su 33 indagati totali). Con loro Antonino Sciortino, capo della famiglia mafiosa, già detenuto a Saluzzo, in provincia di Cuneo, in Piemonte; il reggente Antonino Scardino; e i “bracci operativi” della cosca, Giuseppe Vinci e Raimondo Santinelli. Giuseppe Bologna, secondo quanto scrive il gip Conti, avrebbe ricevuto con largo anticipo la notizia di ispezioni nelle due cantine Rapitalà e Alessandro di Camporeale. Consentendo a queste di prepararsi per tempo, evitando eventuali sanzioni amministrative. Il tutto grazie ai contatti (di Bologna) con Leonardo Caruso, funzionario dell’Azienda sanitaria provinciale ASP di Palermo.
DIPENDENTI DI RAPITALÀ ASSERVITI ALLA MAFIA DI CAMPOREALE
È possibile stabilire con esattezza chi fossero i sodali dell’esponente di Cosa Nostra all’interno della cantina Rapitalà. Più nebulosa la posizione della cantina Alessandro di Camporeale, sempre secondo quanto risulta dagli atti ufficiali. «L’attività di indagine – si legge nell’ordinanza – permetteva di accertare come la contiguità dei dipendenti dell’azienda Tenuta Rapitalà di Camporeale ad esponenti della locale famiglia mafiosa fosse funzionale al godimento, da parte dell’azienda stessa, di un trattamento di favore anche da parte di pubblici dipendenti».
Emergeva chiaramente infatti come Giuseppe Bologna fosse riuscito, grazie all’interessamento di Leonardo Caruso, dipendente dell’Asp di Palermo preposto ai controlli sanitari presso le aziende vinicole presenti nell’agro di Camporeale o nei comuni limitrofi, ad avvisare Alfio Tomarchio di un imminente controllo amministrativo, facendo da tramite tra i due per la consegna di documentazione utile per sanare alcune irregolarità aziendali. Ed, in tal modo, consentendo di fatto alle Tenuta Rapitalà di sottrarsi ad eventuali sanzioni».
Alfio Tomarchio, deceduto l’11 gennaio 2022 a causa di un carcinoma, è stato sostituito da Ignazio Arena. Il gip Lirio Conti parla di un loro «sostanziale asservimento agli interessi del gruppo criminale capeggiato da Antonino Scardino». Entrambi i dipendenti «erano soliti fissare degli incontri periodici ed abituali, ripetuti con scrupolosa cadenza mensile con Scardino, nonché con altri affiliati tra cui i fratelli Bologna, al fine di garantire loro cospicue forniture di vino e nafta agricola provenienti dall’azienda (Rapitalà). Ed, in alcune occasioni, anche di somme di denaro». Soldi che, tra l’altro, sarebbero serviti anche a finanziare le spese legali del capo detenuto Antonino Sciortino – si parla di almeno una transazione da 7 mila euro – finendo direttamente nelle casse della moglie, Anna Maria Colletti, “colomba nera” utile a veicolare all’esterno del carcere i messaggi del capomafia, soprattutto rivolti al reggente Antonino Scardino.
VINO E MAFIA A CAMPOREALE: IL RUOLO DEL DIPENDENTE DELL’ASP DI PALERMO
Dall’analisi di alcune conversazioni ambientali e di intercettazioni a bordo della Jeep Cherokee di Giuseppe Bologna, emerge come l’esponente di Cosa Nostra abbia condiviso informazioni fornite dal funzionario provinciale Leonardo Caruso, noto come “Dino”, «in favore dei direttivi delle aziende vinicole Rapitalà ed Alessandro. Quest’ultima azienda, attiva dal 2017 nel settore vinicolo con sede a Camporeale in contrada Mandranova, aveva un capitale sociale pari a 3.000,00 euro». Il dipendente pubblico risulta di fatto indagato.
Il faldone del Tribunale di Palermo fornisce dettagli sullo stesso Leonardo Caruso, palermitano classe 1963: «Coniugato con Acquaro Paola, nipote di Acquaro Salvatore […] arrestato in data 20/03/1997 dai Carabinieri della Provincia di Palermo per violazione dell’art. 416-bis c.p. […] e, con sentenza della Corte d’Appello di Palermo, irrevocabile il 07/03/2003, condannato per il reato a lui ascritto alla pena di 2 anni di reclusione. Acquaro Salvatore è altresì cognato di La Fata Antonino, classe 1955 nato a Partinico, appartenente alla locale famiglia mafiosa. Con sentenza della Corte d’Appello di Palermo, irrevocabile il 06/12/2009, La Fata Antonino veniva condannato per il reato di associazione mafiosa alla pena di 7 anni di reclusione».
LE INTERCETTAZIONI DEL DUO BOLOGNA-CARUSO
Particolarmente significativo risulta uno stralcio dell’ordinanza, riferito a un’intercettazione – avvenuta nel luglio 2021, ancora una volta sulla Jeep Cherokee in movimento sulle strade di Trappeto, sulla costa del Golfo di Castellammare – tra Giuseppe Bologna e Leonardo Caruso. «Quest’ultimo – scrive il gip Lirio Conti – oltre ad informare il primo che nel breve periodo funzionari dell’ASP di Palermo avrebbero effettuato dei controlli sanitari presso le cantine vinicole Alessandro e Tenuta Rapitalà, gli consegnava dei documenti da recapitare allo “zio Alfio”, identificato in Alfio Tomarchio, e ad Alessandro, da identificarsi nella proprietaria della omonima cantina vitivinicola Alessandro Anna, per metterli in condizione di apportare i necessari correttivi al fine di evitare di incorrere in sanzioni conseguenti all’imminente attività ispettiva».
Niente, ti sto dando questi due fogli uno glielo dai allo zio… (rumori di fogli di carta) allo zio Alfio… E l’altro glielo dai… a… No! Stanno facendo questi controlli, devono fare questi controlli in tutte le cantine. Non lo so se già da loro ci sono arrivati, siccome non ci siamo potuti vedere… Io non ho avuto tempo… sono apparecchiature a pressione. La comunicazione di messa in esercizio. Hai capito? Li devono fare… Se non l’hanno fatto, che li facciano perché stanno controllando tutte le cantine sotto questo aspetto qua… Va bene? Qua ci sono gli articoli di legge e tutte cose. Questo è già un verbale che hanno fatto a uno… È sempre l’ufficio quello mio ma non siamo noi è un altro tipo… un altro gruppo! Sì… sì controllano queste apparecchiature, queste cose e ci fanno subito la messa in esercizio all’Inail. Non ti scordare a darglieli, hai capito?».
Giuseppe Bologna, scrive il giudice per le indagini preliminari, «garantiva il suo impegno per veicolare la notizia riservata alle due cantine rappresentate da Alfio Tomarchio e Anna Alessandro, come caldamente sollecitato dal suo interlocutore: “Uno ad Alessandro e uno a quello, hai capito? A me degli altri non mi interessa niente. Poi loro, se lo vogliono dare agli altri glielo danno”». Ulteriori conversazioni telefoniche intercettate dimostrerebbero l’impegno di Caruso nel veicolare informazioni riservate attraverso Bologna: «”Quella cosa gliel’hai passata?”, chiedeva (Caruso) ricevendo risposta negativa (da Bologna): “No! Perché… intanto quel… non c’era quel, quel cristiano che io cercavo capito? Lunedì mattino ci passo, va bene Dino? Ciao!”. Il Caruso – scrive ancora il gip – si raccomandava di portare a termine l’incarico assegnato: “Va bene! Fammi sapere se già loro questo certificato lo hanno già avuto e magari…”».
ESPONENTI DI COSA NOSTRA A CASA DEI VITICOLTORI
C’è di più. Sempre nel luglio 2021, Bologna avrebbe incontrato il marito di Anna Alessandro, Giuseppe Camarda detto “Mauro”, dipendente della farmacia di Camporeale, presso la sua abitazione. «Oltre ad affidargli alcuni documenti che il giorno prima aveva ritirato da Leonardo Caruso – si legge nell’ordinanza del Tribunale di Palermo – lo invitava a consegnarli quanto prima a sua moglie Alessandro Anna, in modo tale da metterla in condizione di apportare i necessari correttivi in azienda, per evitare di incorrere in sanzioni conseguenti all’attività ispettiva preannunciata».
Nelle carte dell’inchiesta, pur completamente estraneo ai fatti, compare anche il nome dell’enologo siciliano Vincenzo Bambina, consulente di Bio Fattoria Augustali a Partinico (Palermo), della calabrese Statti a Lamezia Terme (Catanzaro) e di Manni Nössing in Alto Adige (Bressanone, Bolzano). Ancora una volta è il dipendente dell’ASP di Palermo a parlare con Giuseppe Bologna, pizzicato in un’intercettazione telefonica.
Stanno facendo tutte le cantine! L’altro giorno mi ha chiamato Vincenzo Bambina! Ci sono andati la settimana scorsa… inc… Ieri sono andato a farglielo e immaginavo che era questo. Stanno facendo tutte le cantine a livello regionale, quindi. Si sono accorti che mancano i certificati. Controllare tutte le apparecchiature a pressione e dovevano fare… Il problema è che quelli che hanno quelli vecchi ora gli viene difficile a metterli in regola! Hai capito?… Perché devono vedere pure chi è lo spessore del… i contenitori…».
RAPITALÀ: «COLLABORIAMO CON GLI INQUIRENTI»
«Lo stesso funzionario – scrive ancora il gip Lirio Conti – chiariva infine di aver pilotato la scelta degli obiettivi da controllare a favore delle due aziende di Camporeale, ovviamente per occultarne eventuali irregolarità e per evitare che altri funzionari dell’ASP meno compiacenti potessero irrogare nei loro confronti dure sanzioni: “Ma più che altro per questo per evitare che ci va un altro capito?”».
Gli accertamenti, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, hanno dunque svelato il ruolo centrale di Cosa Nostra nel controllo di attività economiche nel settore dell’agricoltura – così come dell’allevamento, dell’edilizia e del fotovoltaico – anche grazie a stretti rapporti con la politica locale (tra gli indagati c’è anche il sindaco di Camporeale, Luigi Cino, rieletto nel 2022 con il 64,28% delle preferenze e vicino al partito Sud chiama Nord di Cateno De Luca). L’assenza di indagati appartenenti alle due cantine lascia intendere che il loro ruolo non sia stato considerato “attivo” dagli inquirenti. Bensì espressione del profondissimo radicamento della cosca negli affari della zona. A confermarlo è quanto dichiarato dal presidente di Rapitalà Spa, Laurent Bernard de la Gatinais.
«In relazione all’operazione giudiziaria che ha portato all’esecuzione di misure cautelari nel comprensorio di Camporeale, Tenuta Rapitalà afferma la propria estraneità a contesti mafiosi. E dichiara di essere a disposizione degli investigatori e degli inquirenti per ogni accertamento opportuno e necessario». Il numero uno dell’azienda è, tra l’altro, il presidente uscente di Assovini Sicilia, l’associazione che riunisce 100 aziende vitivinicole dell’isola – di cui fa parte anche Alessandro di Camporeale – che più di tutte si spende nella promozione del vino siciliano nel mondo, organizzando eventi di richiamo internazionale come Sicilia en Primeur. Entrambe le cantine prenderanno parte all’edizione 2025, in programma dal 6 all’11 maggio a Modica.
BENEDETTO ALESSANDRO: «SIAMO ESTRANEI A CONTESTI MAFIOSI»
Pronto anche il commento di Benedetto Alessandro. «Innanzitutto precisiamo fermamente di essere completamente estranei a contesti mafiosi – sottolinea il presidente del Cda di Alessandro di Camporeale -. Nessuno dei membri della nostra azienda, né tra i dirigenti, né tra i soci né tra i dipendenti, risulta indagato. Abbiamo immediatamente comunicato alla Dda di Palermo la nostra estraneità ai fatti e la piena disponibilità ad ogni accertamento, ove si rendesse necessario. In merito all’episodio in cui un dirigente dell’ASP di Palermo si sarebbe attivato per informarci di un controllo su specifici macchinari a pressione, desideriamo chiarire che non abbiamo mai richiesto avvisi di controlli. Quello in questione era già stato effettuato presso la nostra azienda circa un mese prima. Il documento cui si fa riferimento, contenente le procedure per l’adeguamento – conclude Alessandro – ci era già stato consegnato da un ispettore ASP, durante un precedente controllo dell’ente». https://www.assovinisicilia.it/
Alta Langa Docg è Vino piemontese dell’Anno 2025 per la Regione Piemonte. Lo spumante metodo classico Alta Langa Docg è stato scelto dalla Regione Piemonte come Vino dell’Anno 2025. Rappresenterà la regione nel corso dei principali eventi istituzionali. L’annuncio ufficiale verrà dato nella conferenza stampa che si terrà domani, 10 marzo 2025, nell’ambito dell’evento La Prima dell’Alta Langa 2025, in programma a La Centrale di Nuvola Lavazza di Torino (via Ancona 11/A). Saranno presenti, insieme all’assessore Paolo Bongioanni, il presidente del Consorzio Alta Langa Mariacristina Castelletta e il direttore Paolo Rossino.
Si tratta di un’iniziativa ideata da Regione Piemonte nel 2019, con l’istituzione dell’iniziativa “Vitigno dell’Anno“, per valorizzare i vitigni autoctoni del territorio.Ogni anno, un vitigno viene selezionato come protagonista di attività promozionali, degustazioni ed eventi sia in Piemonte che fuori regione. Ecco l’elenco dei vitigni nominati negli anni precedenti. Nell’elenco figurano già Dolcetto (2020), Cortese (2021), Freisa (2022), Erbaluce (2023) e Brachetto (2024). Con l’Alta Langa, dunque, l’iniziativa viene allargata nel 2025 a una cuvée, o meglio agli spumanti prodotti nell’areale della Docg con i vitigni Pinot Nero e Chardonnay.
VINO PIEMONTESE DELL’ANNO 2025: CELEBRAZIONI ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA
Quella di domani non è l’unica novità che riguarda il metodo classico piemontese per eccellenza. Regione Piemonte ha infatti recentemente pubblicato un bando per l’assegnazione dell’idoneità alle superfici vitate ai fini della rivendicazione della denominazione di origine controllata e garantita “Alta Langa” per l’anno 2025. «Una testimonianza dell’impegno continuo nella promozione e valorizzazione di questo vino», fa sapere la Regione. Confagricoltura Cuneo chiarisce i dettagli del bando, aperto dallo scorso 17 febbraio. Le domande possono essere presentate dai viticoltori fino al 20 marzo 2025 alle 23:59, esclusivamente in modalità telematica attraverso il servizio Grape – Gestione Procedimenti Vitivinicoli.
Il bando prevede un incremento del potenziale viticolo della Docg Alta Langa di 20 ettari per il 2025, parte di un più ampio programma triennale che mira a un aumento complessivo di 220 ettari nel triennio 2023-2025. Questa espansione risponde all’elevata domanda e alla crescente popolarità degli spumanti metodo classico prodotti nelle colline piemontesi, note sul mercato come “Alte bollicine piemontesi”. Possono partecipare al bando le aziende agricole iscritte all’Anagrafe agricola del Piemonte. Ciascuna azienda può presentare una sola domanda e ottenere l’idoneità per un massimo di 3 ettari durante il triennio 2023-2025. Una volta ottenuta, l’idoneità può essere utilizzata per diverse tipologie di impianto.https://www.regione.piemonte.it/web/
NUOVO IMPIANTO O REIMPIANTO: COSÌ CRESCE L’ALTA LANGA DOCG
Tra queste, il “nuovo impianto“, che permette di utilizzare un’autorizzazione ancora valida rilasciata dalla Regione Piemonte, e il “reimpianto”, sia sulla stessa superficie che su una diversa, utilizzando autorizzazioni già concesse. C’è anche la possibilità del “reimpianto anticipato“, con l’impegno a estirpare una superficie equivalente entro quattro anni dalla data dell’impianto. Il bando consente inoltre la variazione dello schedario. Sarà dunque possibile convertire superfici già iscritte con vitigni come Chardonnay, Pinot Nero o altri vitigni non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Piemonte, in superfici idonee alla produzione di Alta Langa Docg.
Questa iniziativa rappresenta un’importante opportunità per le aziende vitivinicole piemontesi per contribuire alla crescita e alla valorizzazione della Docg Alta Langa. Una denominazione che sta acquisendo sempre maggiore rilevanza nel panorama enologico nazionale e internazionale. Come sottolineano le organizzazioni di settore, l’espansione delle superfici idonee risponde non solo all’aumento della domanda. Ma anche all’obiettivo della Regione Piemonte di sostenere la qualità e l’eccellenza dei propri vini, rafforzando ulteriormente la posizione dell’Alta Langa Docg come simbolo di prestigio e qualità nel mondo degli spumanti italiani.
L’industria birraria, uno dei settori di trasformazione alimentare più rilevanti, è anche una delle principali generatrici di sottoprodotti. Tra questi, le trebbie, residue della produzione di birra, rappresentano una risorsa preziosa ma ancora poco sfruttata. Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici artigianali indipendenti, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, ha organizzato un workshop, che si terrà martedì 11 marzo, dedicato al recupero di questo “scarto”. Un ingrediente alimentare salutare e funzionale riutilizzabile attraverso l’applicazione di processi di economia circolare.
L’evento, che si terrà in diretta streaming su UBACADEMY e Youtube, affronterà le opportunità di trasformare le trebbie in ingredienti alimentari innovativi grazie a tecniche avanzate di fermentazione, essiccazione a basso consumo energetico e utilizzo delle micoproteine. Un’importante occasione per esplorare il futuro della sostenibilità nell’industria alimentare.
Tra i relatori del workshop il prof. Roberto Foschino (Università degli Studi di Milano), la prof.ssa Carmen Lamacchia (Università degli Studi di Foggia) e la prof.ssa Marilena Budroni (Università degli Studi di Sassari) che presenteranno il progetto di ricerca “Microbial processes to valorise brewer’s spent grain for innovative ingredients and healthy foods”, finanziato dal Ministero dell’Università nell’ambito del bando Progetti di Rilevante Interesse Nazionale 2022.
C’è un’anima ancora sconosciuta tra le colline del Romagna Doc Sangiovese della sottozona Modigliana. Rullo di tamburi: è quella del Cabernet Franc. Ne è una riprova Floss 2020, prima annata del Cabernet Franc di Cantina Maurizio Costa di Modigliana. Un vino di razza pura, venduto solo in un (curioso) formato da litro, in tiratura limitata: solo 1.050 bottiglie. Profondo nella speziatura, matura. Molto setoso nel tannino, pur presente e di prospettiva. Polposo nel frutto, che spazia dall’arancia rossa alla prugna, dalla ciliegia alla mora. Floss 2020 sfodera un allungo sapido, teso, che accompagna in una persistenza da campione. Cercando (pur inutili) contraltari, riporta alla mente la Rive Droite di Bordeaux, decisamente più della Loira.https://www.consorziovinidiromagna.it/le-sottozone-del-romagna-sangiovese-doc/#2
E contribuisce, dal canto suo, in maniera esemplare, ad avvicinare due territori che si sono sempre guardati dall’alto al basso: la Toscana e la Romagna (del Sangiovese – Predappio docet – e, ora, persino del Cabernet Franc). Le sottozone volute dal Consorzio Vini di Romagna nel 2011 sono uno dei progetti più riusciti, in campo enologico e viticolo, degli ultimi 20 anni d’Italia. Ma il Cabernet Franc Floss 2020 di Cantina Maurizio Costa mostra come, nel cuore di Modigliana, si possano produrre anche bordolesi di altissima gamma, da varietà in purezza. Pur fuori dalla Doc e dalle sottozone – riservate a vini con un minimo del 95% di Sangiovese – Floss 2020 è l’eccezione che non conferma la regola. Nel quadro (un po’ storto) di una Igt da grandi volumi e prezzi stracciati, come la Rubicone.
CANTINA MAURIZIO COSTA DI MODIGLIANA
Per inquadrare ancora meglio Floss 2020, occorre fare un passo indietro e capire chi lo produce e perché. Cantina Maurizio Costa di Modigliana è il nome scelto per il “rebranding” di Torre San Martino società agricola. Con questa denominazione, l’azienda fondata nel 2001 dal compianto architetto Maurizio Costa ha operato sino al 2019. Le difficoltà della pandemia e, ancor più, la scomparsa stessa del fondatore, avvenuta nel novembre 2022, hanno portato Torre San Martino a uno stop di quattro anni, culminato col passaggio di mano ai figli Angelo e Francesco. Loro l’idea di un “rebranding” che ha del celebrativo. La società agricola continua a chiamarsi Torre San Martino, ma sull’etichetta frontale appare chiara la scritta Cantina Maurizio Costa di Modigliana. Nome, cognome e località, nel segno di quel genius loci – i francesi direbbero terroir – che il fondatore ha sempre voluto valorizzare.
Una missione che spetta ai discendenti, nonché all’enologo Donato Lanati, chiamato a Modigliana proprio da Maurizio Costa, prima della sua scomparsa, per sostituire Francesco Bordini. Accanto a Lanati, l’agronomo toscano Andrea Paoletti. Tra passato e futuro, la cantina ha svolto e intende ancora svolgere un ruolo chiave nella riscoperta e valorizzazione del Sangiovese di Romagna, grazie al recupero di un antico vigneto risalente al 1922, considerato tra i più vecchi d’Italia.Le vigne da cui nasce il nobile Sangiovese oggi chiamato Cento – l’ex Vigna 1922 di Torre San Martino – sonoallevate con la tradizionale forma ad alberello su suoli prevalentemente marnosi. E a 20 anni di distanza dall’avvio dell’avventura enologica, oggi la famiglia Costa coltiva un altro sogno: una catena di ristoranti-pizzeria, Crazy Pizza, in collaborazione con il noto imprenditore Flavio Briatore.https://crazypizza.com/
C’è molto di non ancora detto nella decisione di Bertani di entrare nelle Famiglie Storiche e uscire dal Consorzio Vini Valpolicella. La disdetta ufficiale non è comunque ancora avvenuta, stando a quanto riferito dallo staff di Christian Marchesini. A chiarire meglio i contorni della vicenda, in un’intervista esclusiva rilasciata a Winemag, è Alberto Lusini, Ceo di Angelini Wines & Estates, il gruppo farmaceutico alla guida della cantina di Grezzana (Verona).https://www.bertani.net/it/chi-siamo/
Perché Bertani ha deciso di uscire dal Consorzio Valpolicella e di aderire alle Famiglie Storiche?
Bertani aderisce alle iniziative delle Famiglie Storiche con l’intento di unire le forze nella promozione e nella comunicazione con le cantine più iconiche del territorio. La partecipazione al Consorzio rimane per la parte Erga omnes, ma non può rimanere sulla parte promozionale.
Ciò equivale a dire che uscite dal Consorzio…
Certo. Non avremmo potuto aderire alle Famiglie Storiche senza uscire dal Consorzio Valpolicella. Prima di questa decisione, aderivamo al Consorzio da tantissimi anni, tanto da non riuscire a risalire all’anno esatto, secondo una veloce ricerca effettuata.
Cosa non va nel Consorzio Valpolicella? Al momento del raggiungimento dell’accordo tra Famiglie e Consorzio, nel 2023, si era parlato di adesione a progettualità comuni, sul fronte promozionale. Non è così?
L’adesione ai programmi promozionali delle Famiglie Storiche, al momento, è alternativo a quella del Consorzio. In un momento complesso per il mondo del vino la comunicazione è fondamentale. Occorre fare sistema con aziende che hanno obiettivi simili ai nostri e presenza sulle carte vini di tutto il mondo. Una logica di qualità a difesa del territorio.
Dunque c’è qualcosa che non va…
La decisione di Bertani di uscire dal Consorzio e aderire alle Famiglie Storiche non è per nulla una polemica contro qualcosa. Certo che, parlando di ristorazione e vini premium, parliamo una lingua comune a quella delle Famiglie. La nostra è stata solo una scelta coerente.
Non direi. La nostra è più una scelta per “affinità elettiva” con le Famiglie Storiche, che per mancanza di condivisione della programmazione del Consorzio. Parliamo con il mondo cooperativo e speriamo che nel giro di qualche tempo si costruiscano dei ponti e non dei muri.
Un’aspettativa molto ottimistica, non crede? Non sarebbe meglio parlare di convivenza impossibile per le Famiglie Storiche in Consorzio, nonostante l’apertura – anzi, sarebbe meglio di meglio parlare di aspettative – del presidente Christian Marchesini?
Non sono così negativo. Ma ci vorrà del tempo e menti aperte. Associazioni di produttori e Consorzi convivono altrove. E, anzi, dialogano.
Possibile, dunque, prevedere un ruolo di Bertani da “ponte” tra Famiglie Storiche e Consorzio Valpolicella?
Non vogliamo fare “da ponte”. Speriamo solo che le posizioni si avvicinino e mettano da parte quello che è successo con le cause legali. Non desideriamo alcuna polemica. Alla Valpolicella serve serietà, non polemiche. Servirà del tempo e spero faccia bene alla Denominazione.
Famiglie Storiche (fu “dell’Amarone“), ciack si gira: dentro Bertani (Angelini Wines & Estates), fuori Venturini. È un vero e proprio walzer quello che si sta registrando all’inizio del 2025 in Valpolicella. Dopo la valanga di nuove adesioni al Consorzio, tra cui quella di Marilisa Allegrini con la sua cantina Villa della Torre, marzo si apre con una novità per le Famiglie Storiche, l’associazione fondata nel 2009 da dieci storiche cantine della Valpolicella. Questa transizione arriva in un momento significativo, segnato dalla recente fine della lunga querelle legale con il Consorzio Vini Valpolicella riguardo all’utilizzo della Docg Amarone della Valpolicella. La disputa giudiziaria, iniziata nel 2015, si è chiusa nel 2023.
Oggi, l’obiettivo condiviso (dichiarato) è la tutela della Docg Amarone della Valpolicella e delle altre denominazioni, con iniziative promozionali coordinate nei mercati internazionali. Nel commentare l’accordo nel 2023, il Consorzio – che rappresenta oltre 2.400 aziende su un territorio di 19 comuni della provincia di Verona – non nascondeva il sogno di riuscire a riunire sotto la propria egida gli 800 ettari di vigneti delle Famiglie Storiche, responsabili del 15% della produzione annua di Amarone. Nello specifico, oltre alla subentrante Bertani: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti e Zenato.
BERTANI NELLE FAMIGLIE STORICHE: ESCE VENTURINI
«A nome di tutti i soci – dichiara Pierangelo Tommasi, presidente di Famiglie Storiche - desidero ringraziare la Famiglia Venturini per il contributo dato in questi anni all’associazione, nel pieno rispetto della loro scelta di proseguire il proprio percorso al di fuori del gruppo. A loro va il nostro augurio di continuare con successo il prezioso lavoro portato avanti finora. Allo stesso tempo, esprimiamo grande soddisfazione nell’accogliere Bertani tra i membri di Famiglie Storiche. Un marchio di riferimento per la Valpolicella e per l’Amarone, che porterà ulteriore valore al nostro impegno comune».
Con questa nuova adesione, si legge in una nota del gruppo, «Famiglie Storiche rafforza il proprio percorso, mantenendo vivo il dialogo e la collaborazione tra alcune delle realtà più rappresentative della Valpolicella, nel segno della qualità e della promozione del vino simbolo del territorio». Mai menzionato, nel comunicato delle Famiglie Storiche, il Consorzio Vini Valpolicella. «Le scelte dei soci – commenta il presidente Christian Marchesini – sono sempre rispettate, Bertani è un nostro associato e il nuovo amministratore delegato è libero di prendere le decisioni che crede. Il Consorzio è impegnato a unire, non a dividere, così si spiegano i 51 nuovi ingressi dello scorso anno. Ed è pronto ad accogliere nuovi soci, a partire dalle imprese che aderiscono alle Famiglie Storiche: in momenti come questi se si sta uniti si ha maggior forza».
Crisi dei vini rossi? Fermi tutti e Rewind, per dirla con Vasco. Ad uscire dal seminato è la Valle d’Aosta, per bocca di uno dei suoi principali produttori. «Qui da noi si può parlare di un trend di bilanciamento tra vini rossi e vini bianchi, non certo di crisi dei vini rossi», riavvolge il nastro Stefano Celi di La Source, passeggiando nella sua vigna di Syrah. Tra i 700 e i 950 metri di altitudine c’è anche il Petit Rouge che dà vita al Vallée d’Aoste Doc Torrette: un altro rosso valdostano che non vede crisi, al pari di Cornalin, Fumin e dei meno noti Vien de Nus e Mayolet. «La nostra regione viene erroneamente considerata “bianchista” da molti – continua Celi – ma in realtà è il Petit Rouge, vitigno principe del Torrette Doc, a dominare con oltre 50 ettari, su un totale regionale di circa 450 ettari».
Microclima e suoli consentono di produrre vini molto freschi, sapidi e senza eccessi di alcol. Proprio quelli che cercano oggi i consumatori. «Contrariamente a quanto sta avvenendo in molte altre regioni – evidenzia Celi, past president del Cervim, l’istituto aostano che promuove la viticoltura eroica – i vini rossi valdostani continuano ad essere apprezzati senza che i produttori siano dovuti intervenire sullo stile dei vini, alleggerendone il profilo come in altre denominazioni». Insomma, in Valle d’Aosta non solo i rossi tengono strette le briglie del mercato, ma sono rimasti fedeli al loro profilo originario. E i bianchi? Crescono nell’apprezzamento al pari della loro qualità, migliorata a livelli esponenziali negli ultimi decenni, soprattutto grazie a varietà simbolo come il Petite Arvine.
TORRETTE, LA SOTTOZONA DEI VINI ROSSI VALDOSTANI CHE SFIDANO IL MERCATO
Basta addentrarsi tra i calici di La Source per comprendere le ragioni di questo “contro-trend”, nella terra della fonduta, del caffè nella grolla, del Lardo d’Arnad o delle mele a caccia di una promozione a Igp. La cantina fondata da Stefano Celi a Saint-Pierre nel 2003, dopo l’iniziale avventura di Domaine Champagnole con altri due soci, produce circa 40 mila bottiglie annue ed è parte della Federazione italiana vignaioli indipendenti – Fivi.
Non solo cantina, ma anche ristorante-agriturismo con stanze disponibili per gli appassionati di sci che scelgono gli impianti di risalita di Courmayeur, Pila e La Thuile, o per i tanti turisti a caccia di relax alle QC Terme di Pré-Saint-Didier, convenzionate con La Source Wine Farm. Il cuore dell’attività vinicola è la sottozona Torrette, che dà vita ai vini rossi più interessanti prodotti da Stefano Celi. Non solo un Syrah di gran freschezza e sapidità, ma anche un Vallée d’Aoste Doc Torrette che, nella versione “base”, si rivela essere il classico “vino da merenda”. Perfetto per accompagnare salumi e antipasti.
NON SOLO SYRAH E TORRETTE: IL CORNALIN DA FAVOLA DI LA SOURCE
Si sale in complessità con il Torrette Superieur, come dimostra la verticale 2006-2018 sfoderata da Stefano Celi. A colpire, oltre alla perfetta evoluzione del 2006 – esempio di quanto la denominazione possa sfidare il tempo – è la grande freschezza e precisione del frutto della 2013. Benissimo anche l’annata in commercio, la 2020: la densità delle note di frutta rossa matura bilancia l’estrema sapidità e freschezza (di nuovo loro, sì), che sfocia in ricordi di arancia sanguinella.
Più sulla confettura la 2016, tanto da portare alla memoria, in maniera netta, la confettura di fragole. Al di là del Torrette, tra le annate più recenti dei vini rossi di La Source spicca uno straordinario Cornalin 2018 (polpa succosa, balsamicità da vendere e nota fumé sul finale). L’ennesima «espressione di godimento» dei vini rossi valdostani, che non vedono crisi. Roba alla Vasco. Da Rewind.https://www.vinivalledaosta.com/
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2022 Ergo, Mirizzi (14,5%).
Fiore: 8.5 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 8 Freschezza: 8.5 Tannino: 0 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 8 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling è la nuova proposta di Martin Foradori Hofstätter nel segmento degli spumanti dealcolati premium. Prodotto al 100% da Riesling Kabinett, questo spumante si presenta con un packaging elegante e molto curato nei dettagli, che punta a trasmettere raffinatezza e qualità. La novità sarà presentata ufficialmente al Vinitaly 2025 e sarà distribuita esclusivamente nel canale Horeca, con l’obiettivo – dichiarato, ma evidente – di posizionarsi nella fascia alta del mercato. Un prodotto, il Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling, che porta con sé almeno due novità. La scelta del Riesling Kabinett come base per lo spumante è tanto semplice quanto geniale, nel segmento dei dealcolati. Una tipologia che sintetizza eleganza e rotondità glicerica, nel segno di un perfetto equilibrio tra freschezza, acidità e dolcezza naturale: quella di cui ha bisogno la tipologia degli “Zero Alcol”, per trovare armonia e bilanciamento gusto-olfattivo.
La seconda è il packaging, destinato ad elevare all’ennesima potenza la percezione del vino dealcolato agli occhi dei consumatori. Sino ad equipararlo a quello tradizionale, con l’alcol. Del resto, Martin Foradori Hofstätter conosce profondamente non solo il Riesling, ma anche le sue potenzialità in versione “Alcohol Free”: «I risultati di mercato ci hanno dato grandi soddisfazioni per la nostra linea di vini dealcolati Steinbock Zero. La più grande è vedere i più scettici operatori del settore trasformarsi in clienti entusiasti. Un altro segnale che ci riempie di orgoglio è l’interesse crescente dei ristoranti stellati, che ci contattano per conoscere le condizioni di vendita e procedere con ordini. Questo – conclude il produttore altoatesino – dimostra che il lavoro svolto negli ultimi anni per innovare il settore e offrire alternative senza alcol di qualità sta davvero dando i suoi frutti».https://www.hofstatter.com/it/vini/steinbock-zero/
L’ETICHETTA (SOFISTICATA) DEL DR. FISCHER ZERO RIESLING SPARKLING
L’etichetta spicca per il design essenziale, ma sofisticato. Il fondo bianco, arricchito da leggere trame che ricordano le onde, sembra voler richiamare la freschezza del Riesling. Il blu petrolio, utilizzato per il nome del prodotto e per l’ancora stilizzata al centro, crea un contrasto cromatico equilibrato. La scritta “Zero” chiarisce subito la natura dealcolata dello spumante. Senza risultare “invasiva”. Questa scelta grafica appare pensata per comunicare un’immagine premium, puntando su sobrietà e coerenza visiva. Indicativa anche la presenza stessa dell’ancora sull’etichetta, simbolo di stabilità e tradizione: un richiamo al legame di Martin Foradori Hofstätter con la Mosella, regione nota per la produzione di Riesling di qualità.
DA “VIRGOLA ZERO” A DR FISCHER ZERO RIESLING SPARKLING
La texture leggermente ruvida dell’etichetta aggiunge un elemento tattile che può contribuire a rafforzare la percezione di artigianalità e cura nei dettagli. Anche la capsula, sobria e in linea con i colori dell’etichetta, conferma l’intenzione di posizionare il prodotto tra le proposte di fascia alta. La bottiglia, di un vetro scuro e da un collo slanciato, richiama volutamente i grandi Riesling della Mosella. Tutto, insomma, porta a legare questo prodotto all’origine del vitigno Riesling e alla volontà di proporre uno spumante che, pur essendo dealcolato, possa trasmettere un’idea di qualità e tradizione.
Non a caso, a differenza dell’altro spumante dealcolato di Foradori presente nei supermercati Esselunga – il Virgola Zero – il Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling è esclusiva del canale Horeca. Il tutto in un contesto di mercato che sembra favorevole. Gli ultimi dati indicano una crescita costante nel segmento dei vini e degli spumanti senza alcol, alimentata sia da motivazioni legate alla salute sia dalla ricerca di esperienze di degustazione più diversificate. In questo scenario, la proposta di uno spumante dealcolato basato su un vitigno come il Riesling, in versione Kabinett, potrebbe rappresentare una risposta intelligente a una domanda che ogni giorno diventa più segmentata. E, ancor più, attenta alla qualità.
A partire dal 1° agosto 2025, tutte le bottiglie di vini Emilia Igt saranno dotate di una nuova fascetta di Stato anticontraffazione. Un’innovazione che punta a rafforzare la trasparenza e la sicurezza per i consumatori. L’iniziativa, promossa dal Consorzio Tutela Vini Emilia, prevede l’applicazione di un contrassegno speciale, realizzato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che garantirà l’autenticità e la tracciabilità dei prodotti vinicoli del territorio emiliano. Sebbene l’uso della fascetta sia obbligatorio per i vini Docg, per le categorie Doc e Igt rimane facoltativo.
Primo ad introdurla sui vini a Indicazione geografica è stato il Consorzio del Sannio, in Campania, per espressa volontà del presidente Libero Rillo. Una vera e propria conquista, osteggiata da organismi come Federdoc. Evidente, tuttavia, la disparità tra i numeri dell’Igt campana e di una corazzata come l’Emilia Igt, che col solo Lambrusco arriverà a “fascettare” ben 120 milioni di bottiglie. Più in generale, la zona di produzione comprende il territorio di numerosi comuni nelle province di Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e parte della provincia di Bologna.https://www.ipzs.it/ext/index.html
La fascetta, stampata su carta filigranata, integra sofisticati elementi di sicurezza come microtesti, numerazioni progressive e codici di controllo, rendendo ogni bottiglia unica e facilmente identificabile. Questo sistema consentirà di verificare la corrispondenza tra le quantità di vino prodotte e imbottigliate, grazie all’attività di controllo svolta dagli organismi certificatori che monitoreranno la corretta applicazione del contrassegno su ogni singola bottiglia. L’introduzione di questa misura rappresenta un passo significativo nella lotta alla contraffazione. E un ulteriore livello di garanzia per chi sceglie i vini Emilia Igt, tra cui il notissimo Lambrusco.
Un elemento innovativo della nuova fascetta è la presenza di un QR code, attraverso il quale i consumatori potranno accedere al “Passaporto Digitale” del vino. Scansionando il codice con uno smartphone, sarà possibile ottenere informazioni dettagliate sul prodotto, come il codice seriale e di controllo del sigillo, l’anno di produzione, il lotto e la certificazione. Inoltre, la sezione digitale fornirà dati sul produttore, sul Consorzio di tutela e sull’organismo certificatore, arricchendo l’esperienza di acquisto con suggerimenti su abbinamenti gastronomici e ricette in grado di esaltare le caratteristiche dei vini Emilia Igt.
IL CONSORZIO EMILIA IGT: «FASCETTA DI STATO? UN PASSO AVANTI»
Davide Frascari, Presidente del Consorzio Tutela Vini Emilia, ha espresso grande soddisfazione per l’introduzione della fascetta di Stato, sottolineando come questa scelta rappresenti un ulteriore passo avanti nell’impegno per la qualità e la tutela dei consumatori. Frascari ha evidenziato che la possibilità per i consumatori di accedere a tutte le informazioni essenziali sul vino attraverso il QR code non solo rafforza la fiducia nei confronti dei prodotti emiliani, ma valorizza anche il territorio e le sue eccellenze. L’obiettivo è quello di garantire una tracciabilità completa del prodotto, offrendo a chi acquista una panoramica dettagliata sulla qualità e la storia della bottiglia scelta.https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/dop-igp/vini-docg-doc-igt-emilia-romagna/elenco-vini-doc-docg-igt/emilia
Anche Francesco Soro, amministratore delegato dell’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato, ha espresso orgoglio per l’accordo siglato con il Consorzio, sottolineando il ruolo fondamentale della Zecca e del Poligrafico nella lotta alla contraffazione e nella tutela delle eccellenze italiane del settore agroalimentare. Soro ha posto l’accento sulle tecnologie avanzate impiegate per la realizzazione dei contrassegni, in grado di garantire standard elevati di sicurezza e autenticità per i vini Igt.
VALORITALIA E MASAF, FRONTE COMUNE PER LA FASCETTA SUI VINI EMILIA IGT
Francesco Liantonio, presidente di Valoritalia, ha commentato positivamente la scelta del Consorzio, definendola un segnale di grande rilevanza, soprattutto considerando i volumi significativi prodotti sotto l’Igt Emilia. Liantonio ha evidenziato come l’adozione della fascetta, seppur facoltativa, conferisca un valore aggiunto ai prodotti, rafforzando la loro credibilità sul mercato. Sulla stessa linea si è espresso l’onorevole Marco Cerreto della Commissione Agricoltura, che ha sottolineato l’importanza della sinergia nel sistema Italia per innovare e, al contempo, preservare le specificità del territorio.
Cerreto ha lodato la scelta del Consorzio di aderire volontariamente a un sistema di tracciabilità così rigoroso, interpretandola come una dimostrazione concreta di trasparenza e tutela dei consumatori. Oreste Gerini, direttore generale degli uffici territoriali e dei Laboratori Masaf, ha ribadito come «ogni sistema che garantisca un controllo rigoroso sulla qualità delle produzioni sia un fattore determinante per orientare le scelte dei consumatori. La decisione di adottare la fascetta di Stato per l’Igt Emilia, con tutte le garanzie offerte dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e dai controlli dell’Icqrf, rappresenta quindi un passo significativo verso una maggiore sicurezza e tracciabilità dei vini emiliani».
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Roero Arneis Docg 2016 Sette Anni, Angelo Negro (13,5%).
Fiore: 8 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 8 Freschezza: 9 Tannino: 0 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 9 A tavola: 8.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Ansonica Doc Costa dell’Argentario 2021 Eroica barrique, Santa Lucia (14%).
Fiore: 8.5 Frutto: 9 Spezie, erbe: 9.5 Freschezza: 8 Tannino: 3 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 7 A tavola: 9 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
EDITORIALE – Il mercato vinicolo tedesco sta affrontando una fase di profonda trasformazione, caratterizzata da un calo nei consumi e da un cambiamento nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Questa tendenza potrebbe influenzare significativamente – anzi, ulteriormente, negli anni a venire – l’attrattività di ProWein Düsseldorf 2025, fiera alle prese con evidenti sforzi per restare tra più rilevanti del settore, a livello internazionale. All’estero, in primis in Italia, si inizia a guardare con occhi diversi in direzione Berlino, lasciandosi piuttosto affascinare dalle sirene parigine. Ma i guai, per Messe Düsseldorf, sono in primis quelli di casa. Secondo i dati del Deutsches Weininstitut (DWI), nel 2024 il consumo di vino in Germania è diminuito del 4%, con una contrazione del fatturato del 5%.
MERCATO DEL VINO IN CRISI IN GERMANIA
Le vendite di vini tedeschi hanno subito un calo del 5%, mentre il fatturato è sceso del 6%. Monika Reule, direttrice generale del DWI, attribuisce questa tendenza ai cambiamenti demografici, alla crescente attenzione al prezzo e alla mutata situazione economica. «Lo scorso anno – spiega – il 4% in meno delle famiglie ha acquistato vino, con un’attenzione particolare ai costi. La riduzione della spesa ha portato a un lieve calo dei prezzi medi al litro per la prima volta dal 2010, con una diminuzione di quattro centesimi. Tuttavia, i vini internazionali, con un prezzo medio di 3,72 euro al litro rispetto ai 4,47 euro dei vini tedeschi, hanno mantenuto un leggero vantaggio competitivo». https://www.winesofgermany.com/news-media/news/news/1423/wine-consumption-in-germany-declining-in-2024
Di conseguenza, la quota di mercato dei vini domestici è diminuita di un punto percentuale, scendendo al 41% in termini di volume di vendite e al 45% in termini di fatturato. Tra i vini esteri, quelli italiani hanno mantenuto la quota di mercato più alta con il 18%, seguiti dagli spagnoli (14%, -1 punto percentuale) e dai francesi (11%, +1 punto percentuale). Anche il consumo pro capite di vino ha subito una flessione, attestandosi a 22,2 litri annui (-0,3 litri rispetto al 2023). Il mercato totale del vino in Germania, tra agosto 2023 e luglio 2024, ha raggiunto 15,9 milioni di ettolitri, mentre quello degli spumanti si è fermato a 2,6 milioni di ettolitri, confermando una contrazione generalizzata.
TANTE INCOGNITE SU PROWEIN 2025
La crisi del mercato tedesco si riflette così anche sull’attrattività di ProWein 2025. Già nelle edizioni precedenti si erano registrati segnali di declino, con una riduzione del numero di espositori e visitatori. Secondo l’ultimo comunicato stampa della fiera, sono attesi circa 5.400 espositori da oltre 65 nazioni. Ma, a metà febbraio, il database online ne elencava solo circa 4000. A farlo notare è niente meno che l’agenzia di comunicazione, marketing e pr Wine+Partners, con sede a Vienna. Questo pone ProWein in una posizione di crescente competizione con Wine Paris, che nel febbraio 2025 ha ospitato quasi 5200 espositori, consolidando la sua rilevanza nel panorama internazionale.
Quel che è certo è che l’industria vinicola sta cambiando focus. Molti operatori trovano il format di ProWein sempre meno moderno, sostenibile ed economico. Tra le problematiche più evidenti ci sono i disagi nei trasporti (in particolare gli scioperi della Deutsche Bahn), l’aumento esponenziale dei prezzi degli hotel e la necessità di ripensare l’organizzazione generale dell’evento. Messe Düsseldorf sta cercando di rispondere a queste difficoltà con una piattaforma di prenotazione alberghiera dedicata. Dal punto di vista dei contenuti, ProWein sta cercando di reinventarsi con il nuovo motto “Discover the Taste of Tomorrow“, che prevede un restyling visivo e la riorganizzazione degli spazi espositivi. https://wine-partners.at/en/news/prowein-2025?utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_campaign=w+p&utm_content=beitrag+1
PROWEIN COME PIATTAFORMA DI FORMAZONE PROFESSIONALE?
Tra le novità, vi sono le aree “Organic World” e “World of Zero“, dedicate rispettivamente ai vini biologici e a quelli a basso contenuto alcolico, in risposta ai trend emergenti del settore. Inoltre, verrà dato maggiore spazio agli abbinamenti cibo-vino, con workshop e dimostrazioni di cucina dal vivo. In un’ottica di lungo periodo, ProWein punta a diventare una piattaforma di formazione continua per i professionisti del settore. Attraverso i “ProWein Business Talks“, che hanno preso il via nell’ottobre 2024 con un focus sulla digitalizzazione dell’industria vinicola. Non solo.
Attraverso il forum “Shaping the Future of Wine“, la fiera vuole promuovere un dialogo costante tra gli operatori. Per la prima volta, nel 2025 verrà inoltre allestito un forum specifico dedicato ai temi di business. Questo sarà dunque un anno cruciale per capire se ProWein riuscirà a mantenere la sua posizione di leader nel panorama fieristico internazionale. Tra contrazione del mercato tedesco, concorrenza sempre più forte di Wine Paris e necessità di rinnovarsi per soddisfare le nuove esigenze dell’industria vinicola, il ripensamento strategico è un must.
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Aglianico del Vulture Docg Superiore 2020 Don Anselmo, Paternoster (14%).
Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 8.5 Freschezza: 7.5 Tannino: 7.5 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 9 Facilità di beva: 7.5 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Vittoria Doc Frappato 2023 Vigna Biddine Sottana 2023 – Vino di Contrada, Valle dell’Acate (13,5%).
Fiore: 8.5 Frutto: 9.5 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 7.5 Tannino: 6.5 Sapidità: 7.5 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 9.5 Facilità di beva: 9 A tavola: 9 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Taurasi Docg Riserva 2015 Duecape, De’ Gaeta – Az. Agr. Kumor Bozena (14%).
Fiore: 8.5 Frutto: 9 Spezie, erbe: 9 Freschezza: 8 Tannino: 7.5 Sapidità: 8 Percezione alcolica: 6 Armonia complessiva: 8.5 Facilità di beva: 7 A tavola: 9.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Casavecchia di Pontelatone Dop Riserva 2021 Trebulanum, Cantine Alois (13%).
Fiore: 8.5 Frutto: 8.5 Spezie, erbe: 7 Freschezza: 7.5 Tannino: 7.5 Sapidità: 6.5 Percezione alcolica: 5.5 Armonia complessiva: 8 Facilità di beva: 7 A tavola: 8.5 Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni
Vinarium Wine Contest Romania Păduraru. Lui è un ex attore. Il classico bell’imbusto, con la postura e la voce che buca lo schermo. Lei è sempre stata al suo fianco, instillando nella figlia la passione per l’antropologia. Loro sono Cătălin, Daniela e Ruxandra Păduraru: la famiglia del vino che organizza Vinarium – International wine contest, concorso enologico internazionale che si tiene ormai da 22 anni in Romania, con il patrocinio dell’Oiv e di Vinofed. Dati alla mano, si tratterebbe della più importante competizione enologica dell’Est Europa. In vista della prossima edizione, in programma dal 22 al 25 maggio 2025, ecco l’intervista all’affiatatissimo trio di organizzatori, sempre unito tra famiglia e lavoro.
Cătălin (C), Daniela (D) e Ruxandra (R) Păduraru: qual è la vostra principale occupazione oltre all’organizzazione di Vinarium?
R: Sono un’antropologa e attualmente una dottoranda. Insegno presso la Facoltà di Sociologia e Lavoro Sociale, dove mi occupo di ricerca, organizzo workshop interdisciplinari e scrivo molto. Il mio lavoro si concentra sull’antropologia sociale, con l’obiettivo di tradurre la ricerca accademica complessa in una comprensione accessibile a tutti.
D: Sono sempre stata la Direttrice Esecutiva di tutte le operazioni del gruppo, che comprendono la distribuzione nazionale di vino, la vendita al dettaglio specializzata e l’organizzazione di una competizione enologica internazionale. L’Associazione Vinarium Wine Institute va oltre la competizione internazionale. Include ricerche storiche, sociologiche e antropologiche, corsi di valutazione sensoriale, degustazioni, trasmissioni televisive e radiofoniche, pubblicazioni di letteratura specializzata e una serie di progetti unici. Tra questi ci sono il Wine Neurofeedback, The Sound of Wine, Enovart (upcycling di materiali del settore vitivinicolo) e la nostra nuova iniziativa, Wine Highway/Vineyards Highway.
C: Nel 2010 abbiamo effettuato un’uscita strategica dalla più importante azienda specializzata nella commercializzazione di vino dell’epoca. Da quel momento, ci siamo concentrati completamente sulla ricerca, l’innovazione applicata, i corsi, la pubblicazione di libri, la conduzione di programmi radiofonici e televisivi e la scrittura per riviste. Curiosamente, circa 30 anni fa scrivevo per Playboy, che all’epoca aveva una rubrica sul vino. Oggi scrivo per Ziarul Financiar e Revista Fermierului. In sintesi, il mio lavoro consiste nel concettualizzare, implementare, coordinare e comunicare progetti diversi.
Attualmente, la nostra ricerca si concentra su una prospettiva storica che si discosta dalla narrazione ufficiale, mettendo in luce l’antico legame della Romania con la Vitis Vinifera. Inoltre, esploriamo il marketing multisensoriale, il neurofeedback, l’intelligenza artificiale e, più recentemente, lo sviluppo del settore enoturistico attraverso camper lungo la nuova A7, chiamata “Wine Highway”, o “Vineyards Highway”. Con queste iniziative, vogliamo creare modelli non solo per i produttori e viticoltori, ma anche per i turisti e per l’amministrazione statale, che finora non ha colto appieno questa opportunità.
Quali sono i vostri rispettivi ruoli in Vinarium?
R: Siamo un team molto piccolo, quindi tutti indossiamo più “cappelli”. Io mi occupo principalmente dell’organizzazione pre-evento, gestendo il sito web e coordinando le giornate della competizione. Durante l’evento, mi occupo della logistica: comunicazione con i giudici, fotografi e videomaker, rapporti con la stampa, preparazione di diplomi, badge e regali, traduzioni e risoluzione di eventuali problemi. Detto questo, il mio ruolo non si limita a questi compiti. Dall’assistenza nello scarico dei campioni dal camion prima della competizione alla gestione del magazzino dei vini, do una mano ovunque sia necessario. https://www.winemag.it/schengen-esultano-italiani-producono-vino-romania-e-bulgaria/
D: Mi occupo principalmente degli aspetti tecnici, inclusa la raccolta dei campioni sia dalla Romania che dall’estero. Coordino inoltre l’organizzazione della sede e tutti i dettagli logistici.
C: Il mio ruolo è stato, e continua a essere, quello di creare un format unico, dinamico e competitivo, capace di raggiungere i vertici europei e mondiali. Oltre a questo, serve rigore e coraggio. Forse, riesco anche a creare coesione nel team e ad attrarre giudici che si innamorano della Romania.
Ruxandra e Daniela, come vi siete avvicinate al mondo del vino?
R: Quando cresci in una famiglia che opera nel settore da sempre, è inevitabile [ride]. Sono una persona curiosa e volevo capire di più già prima di poter legalmente “bere” vino. Ho partecipato a eventi con i miei genitori, visitato cantine e ascoltato innumerevoli conversazioni sul vino. A casa nostra, il vino è sempre stato visto come un prodotto culturale, non solo come una bevanda alcolica, ed è proprio questo aspetto che mi ha affascinata di più. https://www.iwcb.ro/
D: Ho una formazione in ingegneria e inizialmente volevo diventare una creatrice di prodotti di lusso in pelle. Poi ho incontrato Cătălin e, attraverso di lui, ho scoperto… il vino. Dopo tre anni di lavoro come giovane ingegnere, ho deciso di costruire qualcosa insieme a Cătălin. E con un team di giovani imprenditori a noi vicini, abbiamo sviluppato e fatto crescere brand noti.
Catalin, come è nata l’idea di organizzare Vinarium Wine Contest e quando?
C: Un momento davvero magnifico è stato quando, nel 2011, ho detto “sì” a una sfida.
Come è cresciuta la competizione dalla prima edizione?
C: Quando ho preso in mano l’Iwcb (International Wine Contest Bucharest), era una piccola competizione a rischio di chiusura. Oggi, Vinarium è cresciuto più di dieci volte rispetto alla sua forma iniziale e ha introdotto innovazioni uniche. Ad esempio, durante la pandemia, siamo stati l’unica competizione al mondo a svolgersi regolarmente, sperimentando con successo il formato ibrido (in presenza e online), che nessun altro ha saputo replicare.
Perché la Vinarium Wine Contest è importante per la Romania e non solo?
R: Vinarium non è solo una competizione, ma una vetrina della Romania vitivinicola al mondo. Oltre a certificare la qualità dei vini, la competizione rafforza l’identità culturale, economica e turistica del paese.
C: La Romania è tra i maggiori produttori europei di vino e ha un mercato aperto alle etichette di tutto il mondo. Vinarium aiuta i produttori a posizionarsi in questo mercato e a comprendere le tendenze del consumo.
Essere una “famiglia del vino” rende più facile gestire il lavoro?
R e D: Non sempre è facile separare il lavoro dalla vita familiare, ma abbiamo imparato a farlo. Lavorare insieme ha rafforzato il nostro legame e Vinarium è parte della nostra identità.
C: Siamo una famiglia con competenze diverse, che converge nell’esperienza vinicola. Questa complementarietà ci rende più forti.
denny de vito classese. Mille dubbi e una certezza assoluta. Per l’Oltrepò pavese che, ieri pomeriggio, ha scelto il nome Classese per rilanciare il Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, oggi è un risveglio “da vigilia di Natale”. Nel toto-nomi da affibbiare solo e solamente alle bollicine Docg, quello prescelto dall’assemblea del Consorzio ha già un ambasciatore d’eccezione. Sua maestà Denny De Vito. In una scena centrale di Ops! È già Natale – A Sudden Case of Christmas, remake di Improvvisamente Natale diretto da Peter Chelsom, l’attore e regista statunitense, di chiare origini italiani, imbraccia una magnum di Classese di Quaquarini. E la stappa, per celebrare la (presunta) notizia dell’arrivo di un altro bebè in famiglia. Non importa se la trama svelerà un’altra storia. La Magnum di Classese esplode. E la spuma schizza sul volto dei protagonisti, seduti a tavola. Una scena che, oggi, brilla negli occhi di Umberto Quaquarini, patron della cantina-gioiello di Canneto Pavese che ha deciso di cedere quel nome al Consorzio. «Per il bene del territorio».
UMBERTO QUAQUARINI: «HO DONATO IL CLASSESE, UN PEZZO DI FAMIGLIA, ALL’OLTREPÒ»
«Il nome Classese – spiega il vignaiolo a Winemag – è storico per lo spumante dell’Oltrepò pavese. Negli ultimi anni, tuttavia, siamo rimasti solo in due ad utilizzarlo: noi dell’Azienda agricola biologica Francesco Quaquarini e l’azienda Monterucco della famiglia Valenti. Un nome bellissimo, secondo me, che è sempre piaciuto anche a mio padre. Negli anni abbiamo proposto molte volte al Consorzio Oltrepò di utilizzarlo come nome collettivo degli spumanti Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, come brand collettivo, ma ci hanno sempre detto di no. Le ultime ricerche affidate dal Consorzio ad enti esterni, per trovare un nuovo nome con cui chiamare la Docg, non hanno convinto. E così, prima con l’ex direttore Carlo Veronese e poi con il benestare dell’attuale direttore Riccardo Binda, abbiamo trovato la quadra».
Quaquarini e Monterucco hanno così ceduto al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese il “marchio”. Il gruppo di aziende oltrepadane guidato dal presidente Fabiano Giorgi ha poi ceduto, a sua volta gratuitamente, il nome al Consorzio. Classese è diventato così il nome assunto ieri pomeriggio dall’assemblea dei soci del Consorzio per lo spumante Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese. «Non volevo diventasse una transizione economica a nessun livello – garantisce Umberto Quaquarini a Winemag – bensì una cosa per tutti. Classese è un nome nato liberamente e tale deve rimanere. L’unica cosa che ho chiesto è fosse strettamente legato alle sole bollicine metodo classico da Pinot Nero, ovvero alla gemma del nostro territorio. E così è stato. Qualcuno, invece, proponeva di poterlo usare anche per il Vsq o per gli spumanti con lo Chardonnay». denny de vito classese.
DUBBI (FUGATI) SULL’APPROVAZIONE DEL NOME CLASSESE DA PARTE DEL MINISTERO
«Oggi mi sento un po’ strano – ammette Quaquarini, evidentemente commosso – perché è come se avessi “ceduto” qualcosa di famigliare, a cui ero molto legato, insieme a mio padre. In realtà, se ci penso bene, ho donato a tutti i produttori un nome che diventerà ancora più importante e conosciuto. Simbolo degli spumanti metodo classico di qualità dell’Oltrepò pavese, solo da uve Pinot Nero. I produttori pavesi hanno così un nome unitario, così come altri grandi territori dediti alla produzione di spumanti come Franciacorta, Alta Langa e Trento Doc». Del resto, il Classese di Quaquarini resta una chicca. Prodotto al massimo in 15 mila bottiglie annue, è ottenuto da solo due vigneti selezionatissimi. In commercio c’è l’annata 2016, che lascerà spazio al millesimo 2017 a Vinitaly 2025.
«Il nome Classese – assicura il produttore – rimane in testa facilmente. È facile da ricordare e da pronunciare, anche se non abbiamo particolare evidenze all’estero, vendendolo poco fuori dai confini italiani».y de vito classese. Quanto alla possibile censura del nome da parte del Ministero, che potrebbe bloccare l’iter di approvazione del provvedimento, il Consorzio guidato da Francesca Seralvo si è già mosso per trovare garanzie legali. «Anni fa – rivela Umberto Quaquarini – il Ministero dell’Agricoltura aveva bocciato il nome Classese perché era troppo uguale a “metodo classico” e creava confusione. Il Consorzio fece ricorso e lo perse, ma nessuno portò avanti la discussione. Già con Carlo Veronese, negli anni scorsi, l’argomento fu ripreso in mano. Il nuovo direttore Riccardo Binda assicura di aver già effettuato i controlli legali necessari, per assicurarsi che nessuno possa bloccare più questo nome».
IL CONSORZIO: LA FAMIGLIA QUAQUARINI HA GARANTITO LA CONTINUITÀ DEL CLASSESE
«La continuità commerciale del Classese – conferma Riccardo Binda – è stata garantita dalla caparbietà della famiglia Quaquarini nel tenerlo vivo negli anni. Sul nome non ci sono dubbi. Il Ministero aveva dato un parere contrario, nel 1991, perché ammiccava a “metodo classico”, ma il Classese è ora esclusivamente Metodo classico! La certezza, quando si fanno modifiche di nomi di denominazione, non c’è mai. Ma niente, in questo momento, può dare più garanzie di Classese. Ed era l’unica scelta praticabile – conclude il direttore del Consorzio -. Tutte le altre sono boutade lanciate da chi non ha ben chiari tutti i meccanismi del sistema delle Doc». Mal che vada, uno squillo a Denny De Vito. E via.
Angelo Gaja Erbaluce Oltre alle Langhe c’è di più. Angelo Gaja pianta Erbaluce e sperimenta sul vitigno tipico del Canavese, che sta vivendo un momento di riscoperta e rinascita. Secondo le informazioni in possesso di Winemag, il produttore piemontese ha fatto impiantare un vigneto sperimentale in uno dei Comuni in cui è autorizzata la produzione di Alta Langa Docg. A confermalo è lo stesso Angelo Gaja. «È una piccola prova che facciamo», ammette prima di riagganciare la cornetta. Sonia Franco della Segreteria di Angelo Gaja fornisce ulteriori dettagli.https://gaja.com/
«Il minuscolo vigneto di Erbaluce è stato piantato nel 2024. Per avere le uve idonee a fare delle prove – scrive a Winemag – ci vorrà qualche anno. In viticoltura occorre sapere attendere». Ma cosa c’entra l’Alta Langa Docg con l’Erbaluce? A prima vista nulla, dal momento che il disciplinare di produzione del nobile spumanti piemontese non autorizza l’utilizzo del vitigno originario della zona di Caluso, nel Canavese (sperimentazioni sono state invece avviate sul Pinot Meunier dalla cantina Enrico Serafino). Il link tra Angelo Gaja, l’Erbaluce e l’Alta Langa può essere spiegato da una delle versioni di maggiore successo del vitigno: quella “Spumante”.
ANGELO GAJA SULLE ORME DI REMO FALCONIERI DI CIECK?
Chiedere per credere a Remo Falconieri, l’uomo che è riuscito a trasformare una passione in una rivoluzione: portare l’Erbaluce nel mondo degli spumanti Metodo classico. Tecnico Olivetti e figlio di contadini, Falconieri si formò in Francia – fra i vigneti di Champagne – per affinare la tecnica spumantistica. Nel 1985, con appena 2.500 bottiglie, fondò Cieck, oggi punto di riferimento per le bollicine piemontesi. Situata nel cuore del Canavese, la cantina – che celebra nel 2025 i 40 anni dalla fondazione – ha valorizzato l’Erbaluce. Un vitigno antico e versatile, coltivato con la tradizionale pergola e con un sistema brevettato ad hoc, il “Metodo Cieck”, che protegge l’uva dalle gelate, dalle malattie fungine e dallo stress idrico. Vinificandolo in chiave moderna, grazie al duo di enologi Gianpiero Gerbi e Tommaso Scapino. https://www.cieck.it/it/vini-erbaluce-cieck/
Oggi la cantina di San Giorgio Canavese (Torino), guidata da Lia Falconieri e Domenico Caretto, continua l’eredità di Remo con un Metodo classico che esprime al meglio il terroir morenico di Ivrea, tra sapidità e longevità. Una storia di visione, radici e innovazione che ha cambiato il destino delle bollicine piemontesi. Qualcosa che non può passare inosservato. Anche in Langa, o giù di lì. Il clamoroso investimento di Angelo Gaja sull’Erbaluce, di fatto, è un’altra spilletta sul petto di Remo Falconieri. Un sigillo sulla carriera di un vignaiolo che a 92 anni, ancora tra i filari di Cieck, sta scrivendo la storia del vino italiano, nel suo Piemonte.
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