C’è una stanza che racconta più di mille discorsi il nuovo corso della Cooperativa La Guardiense. È la barricaia, ricavata nei sotterranei della cantina di Guardia Sanframondi (BN) da quello che, fino agli anni Novanta, era un serbatoio, utile alla raccolta delle fecce. Gli scarti della lavorazione delle uve finivano per riempire i circa 300 metri quadrati dei locali che oggi ospitano moderne barrique, di diverse tostature e legni.
Non fu una magia quella di Domizio Pigna, attuale presidente della cooperativa, in carica proprio dal quel 1997 che è l’anno di svolta per la cantina campana. Con un po’ di superstizione, potrebbe piuttosto trattarsi dell’influsso benefico delle Janare, le streghe di Benevento a cui La Guardiense ha dedicato un’intera linea di vini.
«La donna – spiega Pigna – ha un ruolo centrale nella nostra realtà. La cooperativa è stata fondata nel 1960, in una data particolare: l’8 marzo, Festa della Donna. Una centralità rimasta attuale e anzi rinsaldatasi ai nostri giorni, con i soci ormai diventati mille, rispetto ai 33 iniziali».
«La linea Janare – aggiunge Concetta Pigna, Responsabile ricerca e sviluppo de La Guardiense – allude alle Streghe di Benevento, ma ancor più al carattere indomito delle donne di questo lembo d’Italia. Erano le sacerdotesse di Diana, rappresentanti dello spirito femminile indipendente, combattivo. Donne votate alla sapienza, in una società maschilista che le voleva relegate al ruolo esclusivo di mogli e madri».
Amiamo dire che la saggezza, dalle nostre parti, non è stata bruciata come purtroppo è invece avvenuto nella storia a molte donne emancipate, considerate delle streghe.
In onore delle Janare abbiamo creato un brand evocativo. Per fare in modo che su questo territorio la magia non finisca mai, neppure oggi che La Guardiense è una splendida sessantenne».
Per ogni strega uno “stregone” che – scherzano i vertici della cooperativa di Guardia Sanframondi – risponde al nome di Riccardo Cotarella. È il più noto degli enologi italiani a firmare i 15 vini Janare, sin dal 2006. Al suo fianco, il resident winemaker Marco Giulioli.
LA LONGEVITÀ DELLA FALANGHINA DEL SANNIO
Tutte le etichette sono prodotte con i vitigni simbolo della zona e della Campania. Falanghina e Aglianico, ma anche Fiano, Greco, Piedirosso e il più raro Coda di Volpe. La vera scommessa è però sulla Falanghina.
«Un vitigno che dovremmo iniziare ad apprezzare per la sua longevità», sottolinea Cotarella. Un concetto sul quale La Guardiense si sta concentrando, anche dal punto di vista commerciale.
«Ho una passione personale per vini complessi e profondi – rivela Roberto Ravelli, responsabile vendite Horeca Nord Italia della cooperativa – e il mercato sta maturando in questa direzione. Più lentamente rispetto a quanto vorremmo, ma pian piano i consumatori stanno capendo che alcuni vini migliorano dopo due o tre anni».
Fondamentale il ruolo della ristorazione. «Il muro incredibile delle nuove annate da avere in carta a tutti i costi sin da gennaio – continua Ravelli – si sta pian piano sgretolando. Le difficoltà di comunicazione non mancano, ma dobbiamo siamo decisi a portare avanti questo concetto, sperando nella collaborazione di chi propone il vino nei ristoranti, nei wine bar e in tutti gli esercizi che vogliono fare cultura in campo enologico»
«Siamo consci che la variabilità dei suoli dei 3.636 singoli appezzamenti a disposizione dei soci de La Guardiense sia una vera ricchezza – sottolinea l’enologo Marco Giulioli (nella foto sopra) – e ci consenta di proporre vini capaci di affrontare il tempo senza paura».
«Tra questi – aggiunge – c’è proprio la Falanghina, uno dei vitigni su cui abbiamo avviato ormai da diversi anni un progetto di zonazione, per la valorizzazione dei “Cru del Sannio” della linea Janare».
JANARE LA GUARDIENSE, LA VERTICALE DI FALANGHINA DEL SANNIO
Falanghina del Sannio Dop 2020 Janare Senete
Giallo paglierino, luminoso. Al naso bel frutto tropicale e vena minerale, tocco erbaceo, ricordi agrumati. In bocca l’ultima “release” de La Guardiense entra larga e tesa, spessa, cremosa, burrosa, ma pur sempre fresca e tesa. Un calice giocato sull’equilibrio tra intensità aromatica e freschezza. Vino che darà certamente soddisfazioni nella sfida con le lancette dell’orologio.
Falanghina del Sannio Dop 2019 Janare Senete
Giallo paglierino poco più intenso del 2020. Naso ancora più cremoso, pieno, burroso, tropicale. Sorso che conserva una buona freschezza e guadagna punti in termini di sapidità, qui ancora più marcata. In chiusura, un tocco leggero di caramella mou e una chiusura amaricante chiamano il sorso successivo.
Falanghina del Sannio 2018 Janare Senete
Giallo paglierino carico. Naso che si è evoluto mettendo il microfono alla frutta esotica e alle tinte tropicaleggianti. Non solo. Tocco di sciroppata, in particolare di albicocca. La 2018, in provincia di Benevento, fu un’annata piovosa e complicata. Ne risulta un nettare dalla pienezza meno esplosa, dotato comunque di una buona freschezza e, soprattutto, di un tono di mandorla amara che consente al sorso di reggersi in equilibrio, verticale.
Falanghina del Sannio 2017 Janare Senete
Alla vista si presenta di un giallo dorato. Al naso un tropicale netto. È frutta a polpa gialla più che bianca, con un tocco prezioso di arancia candita. In bocca è una pregevole vena sapida a fare da spina dorsale. La nota burrosa e cremosa percepita al naso fa capolino in chiusura di sorso, controbilanciando la nota fresca d’arancia.
Falanghina del Sannio 2016 Janare Senete
Giallo dorato, luminoso. Al naso inizia a muoversi su venature sulfuree. Non manca, al naso, una nota di mandorla. Arancia e burro salato costituiscono il fil rouge col resto dei campioni della verticale. Buona la freschezza, che inizia fisiologicamente ad attenuarsi.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.