Nel 2021 la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% rispetto all’anno precedente), facendo del nostro paese il suo primo fornitore. Lo stesso vale per l’Ucraina, con circa 56 milioni. Ecco perché la guerra in corso tra Russia e Ucraina, sottolinea Nomisma Wine Monitor, vede l’Italia del vino in testa alla classifica dei Paesi “top exporter” più penalizzati.
Con 400 milioni di euro, i due paesi dell’Est Europa contano quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese. Ma al di là del dato aggregato, gli effetti del conflitto si riverberano soprattutto sui singoli vini.
Nel caso dell’Asti, Russia e Ucraina pesano congiuntamente per oltre un quarto del proprio export. Per gli altri top exporter, gli impatti sono invece marginali: per il Cava spagnolo o i Cremant francesi, l’incidenza di questi due mercati è inferiore al 2%.
Se il mercato russo è (era) ben consolidato, sono più ridotti ma fortemente in crescita (+200% negli ultimi cinque anni) gli acquisti dall’Ucraina: 56 Milioni di euro, per un valore aggregato, appunto, di circa 400 milioni di euro.
GUERRA RUSSIA-UCRAINA: GLI EFFETTI SUL MERCATO DEL VINO
Per Francia e Spagna, gli altri top exporter che vendono vino a questi due mercati, il “danno emergente” derivante dal conflitto è più ridotto: 217 milioni di euro per i francesi, 146 milioni per gli spagnoli, vale a dire rispettivamente il 2% e 5% dell’export totale di vino.
«Al di là degli impatti aggregati, i danni più consistenti legati a questa tragica guerra sono riconducibili ad alcune denominazioni e categorie di vini italiani. Nel caso dell’Asti Spumante parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti», dichiara Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.
È infatti risaputo come i consumatori russi e dell’est Europa prediligano vini frizzanti e spumanti dolci e con prezzi competitivi. Un gradimento che finisce inevitabilmente per colpire i produttori specializzati in queste tipologie, Italia in primis.
FRANCIA E SPAGNA MENO PENALIZZATE
Andando a vedere gli impatti sulle altre denominazioni o tipologie di vini francesi e spagnoli – conclude Pantini – non si riscontrano infatti analogie simili a quelle italiane.
Cava spagnolo, Cremant francesi o spumanti generici di entrambi i paesi vendono in questi due mercati meno del 2% del relativo export di categoria e lo stesso si evince per i vini fermi Dop come Bordeaux, Borgogna, Rioja dove l’incidenza è inferiore all’1%».
Anche per i vini fermi Dop italiani, Russia e Ucraina presentano fortunatamente incidenze marginali sulle relative esportazioni. Quelle più alte si riscontrano per i vini fermi siciliani Dop (8%) e per i vini bianchi Dop veneti (4%).
Nel caso del Prosecco, prima denominazione italiana esportata nel mondo, il peso di Russia e Ucraina per le relative esportazioni è inferiore al 5%. Anche se va detto che negli ultimi tre anni, in piena pandemia, le vendite della nostra più famosa “bollicina” in questi due mercati erano raddoppiate.
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