Dopo più di quarant’anni di attività, Merotto ha inaugurato sabato 7 settembre il “Merotto Space“. Una vera e propria finestra sulle colline del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, divenute patrimonio Unesco.
Non solo un punto vendita, ma uno spazio in cui accogliere i visitatori, enoturisti, winelover e clienti abituali, in modo informale e coinvolgente. Merotto Space, a Col San Martino (TV), nasce in una vecchia casa contadina in pietra locale, risalente a circa 200 anni fa.
Un progetto di recupero in linea con la direttiva della Regione Veneto, che non prevede nuove edificazioni nell’area ma una riconversione e riqualificazione di strutture già esistenti: le tipiche case coloniche tradizionalmente composte da un unico ambiente in cui abitazione, stalla e fienile erano integrati in un unico edificio.
IL MEROTTO SPACE
Una struttura collegata alla storica cantina di vinificazione, attraverso un sentiero di poche centinaia di metri, che attraversa le vigne. Al piano inferiore un piccolo ma completo show room e un angolo adibito a wine bar. Luogo dal design minimal e pulito, in cui conoscere ed acquistare i prodotti aziendali.
Al piano superiore una grande sala degustazione e ricevimenti; un ambiente unico e spazioso con grandi vetrate ai lati in cui la vista apre sulle colline vitate italiane che danno vita allo spumante italiano più bevuto al mondo. Un unicum visivo in cui il “dentro” ed il “fuori” si fondono coinvolgendo il visitatore a 360 gradi.
È Graziano Merotto, patron e fondatore dell’azienda, a fare gli onori di casa e ad introdurre alla degustazione delle etichette della cantina. Sguardo sereno, sorriso appena accennato, ma nel quale leggi grande apertura d’animo.
Mani grandi, dalla stretta possente ma accogliente. Una storia che parte da lontano la sua, legata al territorio come le radici di quelle viti che fanno l’occhiolino da sotto la pioggia.
Diploma alla Scuola Enologica di Conegliano e una avventura che inizia nel 1972, quando Graziano Merotto fonda la sua cantina, anche se l’amore per la terra gli era già stato trasmesso tempo addietro, dal nonno Agostino.
Già l’anno seguente, nel 1973, l’acquisto di un appezzamento, la Particella 86, ancora oggi fiore all’occhiello dell’azienda. Anni a produrre vini col fondo a rifermentazione naturale in bottiglia, rigorosamente da uve Glera, fino all’introduzione, nel 1979, della prima autoclave in azienda.
Sempre con un obiettivo, allora come oggi – ci tiene a precisare Graziano Merotto – che è quello di fare un prodotto di una certa qualità…”
Un totale di 600 mila bottiglie annue, divise fra le varie etichette commercializzate al 70% sul mercato italiano. L’estero si concentra in Europa, Stati Uniti e Russia con una recente apertura verso Giappone e Messico.
Trenta ettari, suddivisi in 9 località differenti (tutte collinari), croce e delizia di questa realtà come dice Mark Merotto enologo della cantina. La fortuna di poter vinificare da areali diversi, la sfortuna di non poter gestire tutto in un’unica soluzione.
Alle uve di proprietà si affiancano quelle acquistate dai conferitori, seguiti dallo stesso perito agrario per garantire uniformità qualitativa. Parlare con Mark è un modo per conoscere non solo la realtà di Merotto ma anche le differenze e le sfumature di un territorio spesso non compreso fino in fondo dal consumatore.
Diventa così chiaro come forse sarebbe più corretto parlare “dei Prosecchi” più che “del Prosecco“. Perché sono profonde le differenze fra le uve e i vini prodotti in pianura e quelli prodotti nell’area collinare e prealpina (quella ormai famosa come patrimonio Unesco).
Differenze legate a terreni, clima, età delle viti, tecniche di coltivazione e raccolta. Differenze fondamentali che generano, inevitabilmente, vini diversi. Non solo macro differenza fra collina e pianura, ma anche micro differenze fra i vari mappali in collina.
Ecco quindi la scelta di Merotto di vinificare separatamente per zona di provenienza delle uve. Macerazione pellicolare direttamente in pressa per evitare l’intervento di organi meccanici, decantazione statica e 30 ora di ossidazione.
Il tutto alla ricerca della pienezza del frutto e dei suoi sentori. Differenze di terroir, tecniche di vinificazione e scelte produttive che ci attendono al varco perchè, al solito, è “il calice” ad avere l’ultima parola.
LA DEGUSTAZIONE
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut 2018 “Integral”. Ultimo nato in casa Merotto, presentato a Vinitaly 2019, rappresenta la sfida delle cantina nel voler produrre un Prosecco dallo scarsissimo residuo zuccherino: solo 2,7 g/l, praticamente un Pas Dosè. Integaralmente Glera da un unico vigneto di oltre 40 anni, fermentazione in autoclave di 60 giorni ed ulteriori 120 giorni di permanenza sui lieviti per cercare struttura anche in assenza di zuccheri aggiunti.
Paglierino e brillante ha naso fresco e floreale ma è in bocca che da il meglio di se dove si dimostra più ricco e generoso. Perlage piacevole, quasi croccante, un buon retro nasale di frutti bianchi ed un chiusura sapida e minerale che le rendono pericolosamente beverino.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Bareta”. Espressione Brut (8 g/l) della gamma Merotto prende il nome da un nomignolo locale, essendo “Merotto” un cognome assai comune in zona. Si presenta delicato al naso con note di fiori bianchi ed un piacevole fruttato di mela verde. Sapido e ben equilibrato, aromatico quanto basta, è una bolla che può trovare piacevole collocazione a tavola.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry “Colbello”. Extra Dry “alto” da 16 g/l è forse quello che nell’immaginario collettivo è l’idea del “Prosecco”. Delicato al naso e dai sentori primaverili, dal sapore abboccato quel tanto da non essere stucchevole. Morbido e non molto persistente incarna il concetto di “aperitivo”, di “vino dell’accoglienza”.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry 2018 “Castè”. Nome preso dalla zona di produzione nota come “Colle il Castello”, collina dalle forti pendenze in cui la Glera ha ricavato il proprio spazio vitale. Extra Dry “basso” (12 g/l) è ottenuto con un’unica vinificazione. È il mosto infatti ad essere direttamente vinificato in autoclave eseguendo in un unica ripresa vino base e presa di spuma.
Più pieno di Colbello, più coinvolgente col suo naso più intenso dai vivi richiami alla mela golden ed alla pera matura. Facile e scorrevole al sorso ha un buon corpo ed una viva acidità che maschera piacevolmente il residuo zuccherino. Piacevole ed ordinata la persistenza.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Dry 2018 “La Primavera di Barbara”. Dedicato alla figlia di Graziano, Barbara per l’appunto, si compone al 90% di Glera ed al 10% di Perera. Un Prosecco dall’importate residuo zuccherino di 21 g/l pensato per essere morbido ed avvolgente. E cosi è, con profumo dolci di frutta matura ed un sorso in cui è la morbidezza a vincere sull’acidità senza però sforare nella grassezza, senza perdere di nerbo.
Valdobbiadene Prosecco Superiore di Cartizze Docg Dry 2018. Vellutato e fragrante come un Cartizze deve essere se la gioca sulle note di pesca e pera Williams. Viva freschezza che sposa i 26 g/l rendendolo largo ma non pastoso ne tanto meno stucchevole.
LA VERTICALE DI “CUVEE DEL FONDATORE”
Vino emblema della volontà di Graziano Merotto di creare un Prosecco d’alto livello, un brut che non abbia nulla da invidiare ai più blasonati Metodo Classico. Anni di prove e ricerche culminati nella prima vendemmi utile nel 2009, proprio l’anno di creazione della Docg.
Le uve provengono da un unico vigneto, proprio quella Particella 86 proprietà aziendale dal 1973 e parte della storia della cantina. Uve che subiscono un processo particolare di maturazione noto come DMR (Doppia Maturazione Ragionata), una tecnica nata in Nuova Zelanda e qui adottata ed adattata alla Glera.
In sintesi il 20 giorni prima della vendemmia il 20% dei tralci viene reciso lasciando però i grappoli in pianta. Questi grappoli subiscono così un leggero processo di appassimento concentrando gli aromi senza però perdere di acidità.
Il restante 80% dei grappoli per contro matureranno ricevendo più sostanze nutrienti dovendo la pianta “distribuirle” a 20 grappoli su 100 in meno. Una doppia maturazione che porta le uve allo stato ideale per un processo di vinificazione e presa di spuma in unico passaggio, direttamente da mosto come per Castè.
Lunga giacenza sui lieviti per arricchire il vino grazie all’auto lisi, dosaggio di 6,9 g/l ed un contenuto di solforosa fra i più bassi (inferiore agli 80 g/l) per un Prosecco che si accinge a sfidare il tempo. Cinque le annate proposte: 2018, 2016, 2014, 2012, 2010.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2018. Figlio di un’annata climaticamente “normale” è un Prosecco potente, aromatico, ricco. Colpisce subito al naso mostrando non solo una certa presenza di aromi ma anche una leggera nota verde, acerba, che fa subito pensare che si tratti ancora di “un bambino”. Sensazione confermata in bocca dove l’acidità seppur non fastidiosa risulta viva e quasi “dura”.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2016. L’annata si rivelò un poco calda sul finale in generale dall’andamento regolare. In questo calice tutta la potenza e l’eleganza che la Glera può offrire.
Il colore leggermente più marcato rispetto al ’18 e gli aromi vivi e freschi di frutta bianca ed agrumi confermano l’impressione precedente: forse questo Fondatore ha bisogno un paio d’anni di bottiglia per potersi esprimere al meglio, a dispetto di ciò che solitamente si dice dei prosecchi.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2014. Annata notoriamente difficile, bestia nera per la maggior parte di vignaioli ed enologi specialmente da queste parti. Ne risulta il vino più minerale della batteria carico di quelle note che i sommelier amano definire di “pietra focaia” o “idrocarburo”. Nonostante tutto morbido ha una chiusura di sorso lievemente amaricante.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2012. Caratterizzata da un ritardo in fioritura, come il 2019, l’annata ha generato il vino più coinvolgente della batteria. Naso ricco di note evolute come miele d’acacia e frutta molto matura con una leggera nota di marmellata d’arancia. Rotondo in bocca ma supportato da una buona acidità e da grande mineralità che donano una verticalità non trascurabile. La prova provata che anche un Prosecco può invecchiare e può farlo bene.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2010. Al naso risulta un po’ stanco, come se si stesse approntando alla sua parabola discendente. Ricco di note mielose e fruttate non ha difetti o cattivi sentori ma manca un pizzico di slancio. In bocca invece si mantiene vivo. Le note terziarie donano calore e rotondità, la freschezza resta presente anche se meno vivace. Piacevolissima la persistenza.
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